Leggi il racconto

Transcript

Leggi il racconto
Matteo Milani cl. 1B LA VERA STORIA DI FRANKIE, OVVERO COME UNA BUZZ COLA SALVO’
IL MONDO
Era un giorno come gli altri sulla terra e Frankie, diciannovenne basso, stolto e grasso oltremisura passeggiava per le strade borbottando per i prezzi troppo alti dei videogiochi. Frankie era il quinto figlio di Hippolyte Strazzacapa, galantuomo di origine francese che, fermamente convinto che il nome fosse lo specchio della persona, aveva chiamato i primi quattro figli Achille, Telemaco, Cassandra e Menelao. Poi, a causa delle insistenze del fratello, si era visto costretto a battezzare con questo strano nome l’ultimo figlio. Diversamente dagli altri fratelli, Frankie non aveva la passione per la letteratura e le arti e preferiva giocare ai videogames e ascoltare musica rap. Quel giorno, come molti altri, Frankie stava tornando da scuola parlando da solo e agitando le mani. Come d’abitudine prima di prendere la via che portava a casa, si fermò dal paninaro Joe, del quale aveva la fidelity card, per prendere un triplo hamburger con senape e maionese. Uno schizzo di salsa finì sui vestiti punk di Frankie. Li aveva ereditati da suo zio Ferdinand che, dopo essere stato il miglior chitarrista del condominio, era stato consulente di una grossa banca per essere poi promosso a responsabile dello svuotamento dei vassoi al McDonald. Sulla via del ritorno, proprio mentre Frankie ingoiava (letteralmente) l’ultimo boccone, uno strano fischio ruppe il silenzio: si guardò attorno con aria imbarazzata, ma si rese subito conto che quel rumore non era affatto opera del suo intestino. Uno strano oggetto di forma sferica era appena sfrecciato a tutta velocità sopra la sua testa. Dopo qualche istante di breve rimbambimento, però, prese in considerazione il fatto che Joe gli avesse rifilato una nuova e strana salsa senza che lui se ne accorgesse e che questa gli procurasse delle allucinazioni. Il panino gli aveva procurato una forte sete, così si diresse a passo svelto verso casa già pregustando un pomeriggio di relax sul divano, con in mano il joystick da una parte e una Buzz Cola, la sua bibita preferita, dall’altra. Lungo la via del ritorno si bloccò di fronte alla vetrina di un negozio dove una decina di anziani signori contemplava la televisione intenta ad ascoltare al telegiornale la notizia del rilevamento di un oggetto volante simile ad una grossa sfera che era stato avvistato nella zona della contea di Sweet Grass, proprio dove abitava lui! Inizialmente Frankie si preoccupò, ma poi fu sollevato dal fatto che Joe non lo avesse ingannato. Il giornalista incitava a fare le valigie e a scappare di casa, nascondendosi magari in un rifugio sotterraneo fino a che non fosse stato accertato se gli alieni fossero venuti in pace o meno. Frankie nella fretta prese la chitarra dello zio ma dimenticò lo spazzolino. Fatte le valigie e uscito di corsa da casa si accorse che c’era qualcosa di strano: mancava la sua famiglia! Frankie scrollò le spalle e non se ne preoccupò troppo: non era la prima volta che i suoi genitori lo lasciavano solo. Così si incamminò ma ben presto si rese conto che, preso dall’ansia di andarsene il più velocemente possibile, si era dimenticato di bere e ora sentiva la gola andare in fiamme! Dopo ore di cammino, finalmente giunse in una pianura dove, lontano, scorse un gruppo di uomini che lo portarono nel loro bunker, nel quale venne accolto con gioia dagli altri rifugiati poiché pensavano che potesse allietare la loro permanenza con un po’ di musica. Purtroppo, però, Frankie conosceva solo le note de “L’essenziale” di Marco Mengoni, che Ferdinand era riuscito a spiegargli prima di scomparire durante il turno notturno al ristorante, più precisamente nel suo giro di pulizia dei servizi igienici. Per qualche secondo le note della canzone echeggiarono nel bunker accompagnate dalla stonatissima voce di Frankie. Tuttavia al quarto accordo, si ritrovò disteso nella terra umida davanti all’entrata con ciò che rimaneva della chitarra spaccato in testa. “E ora come faccio? Questi ingrati mi hanno chiuso fuori ma non ho altro che una chitarra rotta… sono solo e dovrò procurarmi un rifugio se non voglio che quegli esseri mi catturino… forse sarebbe meglio andare in città, dove potrei unirmi ad altri sopravvissuti!”. Così, dopo una breve riflessione sul da farsi si diresse a passo lesto nella direzione in cui gli pareva di ricordare che si trovasse la città. La mattina dopo Frankie si svegliò di soprassalto. La sera prima era arrivato nei pressi della città, ma non gli pareva cortese svegliare gli abitanti nel cuore della notte per chiedere di ospitarlo, così si appostò sotto al piccolo ponticello ai confini della zona. Ora però, qualcosa muoveva la trave sulla quale si era appostato per dormire. Sporgendosi per cercare di intravedere la causa del suo risveglio, per poco riuscì a trattenere un urlo: un enorme massa nera simile ad un robot si stava dirigendo molto velocemente verso di lui. Frankie si ritirò subito nel suo nascondiglio tremando: non aveva mai visto nulla di simile. Lo strano essere era quasi il doppio di Frankie e indubbiamente più forte, così forte che Frankie si pentì di non aver accettato l’invito degli amici ad iscriversi in palestra. Messo da parte quest’ultimo pensiero, si mise a fissare meglio il “…pezzo di lamiera gigante…”. Il nero di quella che sembrava un’armatura che gli copriva gran parte del corpo era talmente scuro che se messo nell’ombra non si sarebbe distinto. Le parti del corpo non nere, erano di uno strano violaceo che sembrava brillare. Sulla cima dell’essere, che ad una prima stima Frankie immaginava alto circa tre metri, un piccolo rigonfiamento era simile ad una testa e Frankie fu sollevato dal fatto che almeno quella fosse piccola. Al fianco aveva un tubo rosso avvitato su se stesso che a intervalli regolari veniva percorso da scariche azzurre simili a piccoli fulmini. Ora che era proprio sopra a Frankie, egli vide che tutto il suo corpo sembrava formato da acciaio, se inossidabile Frankie non lo sapeva. La massa gigante superò il ponte e si diresse verso la città. Frankie prontamente la seguì ma dovette correre per starle dietro. D’un tratto si fermò di colpo facendo aumentare la distanza tra lui e la cosa. Ora che era vicino alla città, poteva vederla bene. Alcune case erano rase al suolo, di altre rimaneva in piedi solo una parete. Le poche abitazioni ancora integre erano cosparse di vetri provenienti da chissà dove e piene di crepe. Recuperò la distanza tra lui e la massa ma dopo pochi minuti si fermarono: erano arrivati al centro della piazza e proprio lì si trovava un enorme sfera nera. Da alcuni fori sulla superficie usciva della luce gialla. “Che parcheggio!” pensò Frankie. All’improvviso un varco nella sfera si aprì e la cosa entrò. La tentazione di inseguirla era fortissima, ma Frankie aveva notato l’insegna del pub da Giordano dall’altra parte della piazza. La sete assaliva la sua gola ormai da due giorni, così corse verso il pub che ovviamente trovò deserto. Aprì il frigo e grazie al cielo rimaneva una Buzz CoIa, confezione maxi. Purtroppo però la bevanda era ghiacciata e a Frankie non rimase che rompere la bottiglia e ingoiare il ghiaccio, cosa a cui non fu del tutto insofferente. Nella pancia sentiva dei grossi blocchi ghiacciati che ballavano ad ogni suo passo procurandogli dei forti dolori. Le urla si sentirono in tutta la piazza e come risvegliata da quegli strilli la navicella prima si illuminò di blu, poi di verde e, infine, si aprì una porticina. Uscirono una decina di ometti, molto simili a quello del ponte ma più piccoli. Presto gli furono addosso e uno di loro gli appoggiò una targhetta di metallo al collo. Dopo di che divenne tutto buio. Frankie si risvegliò in una stanza piena di strane scritte alle pareti. Non era legato ma qualcosa gli impediva di muoversi. Alle suo spalle senti un movimento, uno degli esserini che lo avevano catturato nella piazza ora gli era davanti e gli parlava: “ Noi proveniamo da SMAGD e il nostro obiettivo è quello di conquistare l’universo. Finora abbiamo catturato molti della tua specie, ma per te abbiamo in serbo un destino un po’ diverso, dopo averti ucciso, dissezioneremo il tuo corpo per esaminarlo: che grande privilegio! Non indugiamo oltre… comunque, avrai l’onore di essere eliminato per mano di niente meno del nostro comandante in persona. Il nostro cervello è collegato direttamente al suo e se il egli andasse in tilt… sarebbe la fine per tutti noi! Ma bando alle ciance… ecco a te, l’incredibile, l’inimitabile, l’unico, l’eccezionale, l’incommensurabile… capitan XC156FG!” “Ch’è? Na targa?” “Fai meno lo sbruffone e preparati a fare gli adeguati saluti al capitano!”. Con passo lento e pesante, da un angolo in ombra uscì il capitano. Frankie era sicuro: era lo stesso del ponte! Il capitano aveva in mano quello strano arnese rosso e ora non prometteva nulla di buono. Ormai i due erano faccia a faccia quando, contro ogni previsione di Frankie, l’altro gli fece: “Pss…psss.. oh tu, sono disposto a lasciarti andare, ma prima voglio chiederti una cosa… sai da noi… i tipi come te… bassi e grassi… sono… molto attraenti… ecco io volevo sapere il tuo segreto per mantenerti in forma, se me lo dirai sarò disposto a portarti con me sul mio pianeta e lì diventerai una star! Ma bada bene che se non me lo vorrai dire o mi prenderai in giro ti ucciderò con le mie stesse mani!”. Frankie resto un attimo confuso, l’idea di seguire il capitano lo allettava: lui, basso e grasso, sicuramente poco attraente, su SMAGD sarebbe diventato un sex simbol, già si vedeva in televisione e intervistato dai più importanti giornalisti! E così stava per rispondere di sì, che avrebbe voluto senza dubbio, ma in quel preciso momento, una serie di situazioni tutte insieme… l’emozione… la tensione… la posizione… ma soprattutto una cosa, la BUZZ COLA… L’intera confezione maxi di bibita ghiacciata si era ormai sciolta nella sua pancia. Frankie sentì come un formicolio che saliva... su, su, fino alla bocca e dalle sue labbra uscì un rumore all’inizio come di un temporale lontano e poi, la risposta di Frankie non somigliò per niente ad un sì, ma più ad un vulcano che eruttava! Perché in quel preciso momento, con la bocca così vicina all’orecchio del comandante… perché in quell’istante, la Buzz Cola liberò tutto il suo potere distruttivo in una volta sola, come un unico getto, dopo del quale nulla fu più come prima. Nella stanza regnava la calma assoluta. Gli alieni erano tutti per stesi per terra ammassati in gruppetti di qua e di là immobili, compreso il capitano. Frankie si sentì subito libero da ciò che lo teneva e corse subito da XC: “Hei… capitanooo… si svegli, mi deve portare con lei, devo essere bello e famoso!”. Frankie non otteneva nessuna risposta e, rassegnato, cercò l’uscita. “Possibile che questa volta che potevo diventare famoso e bello, mi si inceppa il capitano?!”. “Un’altra fregatura” pensò mentre scendeva la scaletta dell’astronave. Ma mentre rimuginava sulla sua iella, si ritrovò circondato da urla di gente festante. Le onde sonore prodotte da Frankie avevano sbloccato le serrature magnetiche liberando così i prigionieri degli alieni, che erano stipati in una cella invisibile a mezz’aria sopra la navicella, ed ora lo acclamavano con cori ed esultanze esagerate e tra la folla si udivano commenti del tipo “Ma che bel fisico!” “Guardalo che affascinante!”. Coloro che gli avevano rotto la chitarra in testa vennero di persona a scusarsi, ma gli regalarono anche degli spartiti con altre canzoni più orecchiabili. L’onore più grande fu tuttavia il suo nome scritto sotto all’insegna del pub Giordano, proprio tra i cartelli che recitavano “L’eroe è stato qui” e “Prova il menù di Frankie a 5.99$!”. Il padre Hippolyte Strazzacapa, arrivato di corsa, appena saputo delle gesta del figlio, decise immediatamente di scrivere un poema intitolato “Compendio della vita e delle opere di Frankie Strazzacapa, distruttore di alieni”… ma questa è un’altra storia. Ovviamente Frankie non rivelò mai la mossa segreta che lo portò alla vittoria, ma basti dire che da quel giorno, per ogni evenienza, nel suo frigo non mancano mai due bottiglie ghiacciate di Buzz Cola!