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ALLE ORIGINI DELLA
CRISI
DELL’ UOMO
Fedor Dostoevskij nacque a Mosca nel 1821 da una famiglia bigotta e autoritaria.
Frequentò la scuola del genio Militare a Pietroburgo, ma seguì di malavoglia tali studi di carattere
tecnico, avendo interessi già nettamente indirizzati verso la letteratura; muore nel 1881.
Nell’estate del 1862 compie un viaggio in Europa, dalla cui esperienza ricava Note invernali su
impressioni estive; opera pubblicata nel 1863 in cui espone, per l’appunto, le proprie impressioni e i
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propri
pensieri
concentrandosi in particolar modo su Parigi e Londra, con brevi, ironiche
annotazioni sulla Germania, mentre l’Italia e la Svizzera rimangono quasi completamente fuori
dalla trattazione.
La sua attenzione venne attratta particolarmente dalla città di Londra, città che racchiudeva in se gli
elementi più contrari e, per questo, capace di sollecitare la sua mente visionaria , che coltivava le
antitesi, i contrasti e le contraddizioni.
Andò a Kensington, dove era stato costruito il Palazzo dell’Esposizione Universale del 1851, subito
ribattezzato Palazzo di Cristallo per il tipo di materiali utilizzati nella costruzione : ghisa e vetro.
Queste le parole di Dostoevskij di fronte a quello spettacolo:
“Vi percepite una forza tremenda che ha lì riunito in un unico gregge tutto quell’incalcolabile numero di persone giunte
da ogni parte del mondo ]…[ percepite che lì qualcosa è già stato raggiunto, che lì è la vittoria, lì è il trionfo.
Cominciate persino a temere qualcosa.]…[“Non è forse questo, realmente, l’ideale raggiunto?”così viene da
pensare .“Non è questa la fine ?”]…[E non bisognerà dunque accettare tutto ciò come la completa verità, e tacere per
sempre ?”1
Tutti gli ideali che non amava del proprio tempo, erano incarnati lì, nel Palazzo di cristallo: la
Ragione, il Progresso, la Materia , l’Industria, l’Utile, l’Interesse e il Numero.
Una volta indagata la parte razionale ,“pulita”, espressione massima della fiducia nel progresso,
volle conoscere l’altra faccia della città, volle conoscere il sottosuolo dell’immensa città di fumo.
Gli avevano detto che ogni sabato mezzo milione di operai e operaie coi loro bambini si riversavano
come un mare per l’intera città festeggiando fino al mattino il riposo dal lavoro ingozzandosi e
ubriacandosi.
Una notte, fra l’una e le due andò a Whitechapel e vide una moltitudine di gente ubriaca riversata
nelle strade e nelle birrerie grandi come palazzi , ma stranamente la gente non era allegra, era cupa,
opprimente e silenziosa, intenta ad ubriacarsi il prima possibile, fino a perdere coscienza:
“Queste milioni di persone abbandonate ed escluse dal banchetto dell’umanità accalcandosi e pigiandosi l’uno all’altro
nella tenebra sotterranea in cui sono stati gettati dai loro fratelli maggiori, a tentoni picchiano a qualsiasi portone e
cercano un’uscita per non soffocare in quelle buie segrete.”2
Un’altra sera andò a Hay-Market, il quartiere delle prostitute. Le vie erano affollate di gente e
rischiarate da fasci luminosi di gas, vi erano ad ogni passo caffè sontuosi, adorni di specchi e d’oro,
punti di riunione, rifugi.
Tra le donne scorse delle orribili vecchie e delle delicate bellezze , donne vestite con abiti eleganti e
costosi e donne vestite con abiti quasi fatti di soli stracci, madri che accompagnavano le figlie
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Note invernali su impressioni estive , F. Dostoevskij
Note invernali su impressioni estive, F. Dostoevskij
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dodicenni, e in questa terribile folla si facevano largo il vagabondo ubriaco e anche il ricco con
tanto di titolo.
Intravide in questa moltitudine di gente una bambina di sei anni, sudicia, scalza, vestita di stracci,
col corpo coperto di lividi; scuoteva di continuo la testa come se stesse ragionando di qualche cosa
tra se e se, allargava le piccole braccia gesticolando tra loro e poi le giungeva insieme e le stringeva
al petto nudo. Allora Dostoevskij le diede mezzo scellino, lei lo guardò con sospetto e timore e ,
dopo averlo preso se ne scappò via.
Dostoevskij individua a Londra la dualità della società nel periodo vittoriano, che è particolarmente
evidente nella città di Londra e che venne descritta da diversi autori come Dickens in Hard Time e
Stevenson in The strange case of Dr, Jekill and Mr. Hide.
Dostoevskij, a Londra, aveva scorto il “sottosuolo” della società moderna, aveva visto il vuoto, la
distruzione, il caos, l’ipocrisia e l’alienazione e ora il suo compito era quello di portare alla luce il
“sottosuolo” che si celava nel cuore, nell’intelligenza, nella lingua degli uomini, il riflesso interiore
di quella società.
L’indagine che Dostoevskij condusse sull’uomo moderno lo portò alla creazione di un personaggio
senza nome: l’uomo del sottosuolo .
Pietro Citati definisce quest’ultimo il primo “uomo vuoto” che sia apparso nella letteratura
mondiale.
Egli spiega che il protagonista di Memorie dal sottosuolo3 (1864) essendo vuoto non può possedere
un carattere definito, qualsiasi definizione si cerchi di dargli è errata.
Infatti l’uomo del sottosuolo per coprire quel vuoto conosce una sola risorsa: recita.
Finge sentimenti che non prova, si offende, si innamora, ostenta la propria bile, declama; verità e
menzogna si intrecciano inesauribilmente e si confondono nello scambio rapido delle maschere che
il protagonista utilizza nella sua recita .
Fin dalle prime pagine, dalle parole del protagonista, inizia a delinearsi
uno dei caratteri
fondamentali che accompagnerà il personaggio per tutto il libro; cioè un certo compiacimento nel
denigrarsi e nel provare dolore :
“Sono un uomo malato…sono un uomo cattivo. Non sono un uomo attraente. Credo che mi faccia male il fegato…non mi curo e non
mi sono mai curato…se mi fa male il fegato, ebbene, mi faccia ancora più male.” 4
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Il racconto è diviso in due parti: nella prima parte, intitolata “ Il sottosuolo”, il protagonista espone i suoi pensieri
maturati nel corso degli anni nel suo cantuccio, “il sottosuolo”, polemizzando senza interruzione contro l’ideologia
progressista ed esaltando il libero arbitrio dell’uomo; nella seconda, “ A proposito della neve bagnata” , egli rievoca tre
episodi della sua giovinezza riportando le sue sensazioni all’epoca dei fatti e confrontandole con quelle di oggi , circa
vent’anni dopo, nel momento in cui si sta raccontando.
Il protagonista si esprime in prima persona e sembra rivolgersi direttamente ad un pubblico di persone, rispondendo
anche, ad immaginarie reazioni di quest’ultimo; come se si trovasse su un palcoscenico.
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Memorie dal sottosuolo, F. Dostoevskij
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E’ un uomo sofferente e deluso, vendicativo nei confronti della società. Il suo corpo, come spiega
Resnik5, “non ha mai smesso di prendere appunti”; ha vissuto ed interiorizzato ogni cattiveria, ogni
ingiustizia , ogni parola e gesto maligno e accumula tutto questo nella memoria dei propri organi.
Questo “narcisismo autoerotico e distruttivo”, non si traduce soltanto nel trattare male il proprio
corpo, il proprio fegato, ma, anche , nel trattare male la gente che veniva al suo sportello. Così si
consola, vendicandosi :
“Ero un impiegato maligno. Ero villano e ci provavo piacere . Quando si accostavano dei postulanti per informazioni, provavo un
godimento inesauribile quando mi riusciva di amareggiare qualcuno.”6
Questa affermazione verrà immediatamente rivalutata dal protagonista in quanto poco dopo
affermerà ,che, in realtà, non era mai riuscito a diventare veramente cattivo , si limitava
semplicemente a fare delle “birichinate” .Questo è un altro carattere che denota bene la
natura del protagonista: afferma qualcosa per poi negarla subito dopo.
L’uomo del sottosuolo non è privo di un pensiero proprio, anzi, è in grado di analizzare con
una lucidità impressionante la società in cui vive e gli uomini che ci vivono; ma, ogni volta
che imbastisce un discorso brillante, una volta terminato, lo distrugge spiegando ai lettori
che, in realtà stava scherzando o che in realtà ha mentito e che non pensa realmente quelle
cose . Questo comportamento, più volte ripetuto nel libro,sembra evidenziare la scarsa
considerazione che il protagonista ha di sé e l’incapacità di sostenere e portare avanti le
proprie tesi sia per mancanza di volontà di agire ,sia per paura di immaginarie reazioni da
parte di chi legge ed ascolta e quindi per proteggersi se ne distacca il più possibile.
Questo perenne stato di inerzia del protagonista crea un’atmosfera paralizzante,di noia, in
cui il tempo sembra statico e sembra seguire il ritmo del solo tempo interiore, ponendo
l’uomo del sottosuolo in una realtà slegata completamente da una realtà esterna.
Il continuo ripiegarsi su se stesso e la paura dell’esterno portano il personaggio a trattenere
tutti suoi pensieri, le sue paure, la sua rabbia, i suoi dubbi e questo genera un travaglio
interiore che non ha fine , una sorta di “ruminazione” mentale , che lo rende simile ad un
topo dalla “coscienza ipertrofica” :
“Lo sventurato topo, a parte l’infamia iniziale, ha già fatto in tempo ad ammucchiare intorno a sé, sotto forma di domande e dubbi,
una quantità di altre infamie; ad un’unica domanda ha aggiunto una tale quantità i domande irrisolte, che senza volere intorno a lui si
raccoglie una sorta di brodo fatale, una sorta di fanghiglia fetente consistente nei suoi dubbi, nelle sue inquietudini e, infine, negli
sputi, lanciati su di lui dagli attivi ed immediati, che sono lì solennemente in cerchio, a guisa di giudici e dittatori, e che sghignazzano
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Psichiatra e psicanalista argentino (Buenos Aires, 1920)
Memorie dal sottosuolo, F. Dostoevskij
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su di lui a piena bocca. S’intende, non gli resta che mandare tutto a quel paese con la zampina e con uno studiato sorriso di disprezzo,
al quale lui stesso non crede, strisciare vergognosamente nella sua fessuretta. Là, nel suo schifoso, fetente sottosuolo il nostro topo
offeso, battuto e deriso, affonderà in una fredda, velenosa e ,soprattutto, eterna rabbia. Per quarant’anni di fila ricorderà fin negli
ultimi e più vergognosi particolari la propria offesa e intanto ogni volta aggiungerà di suo ulteriori particolari ancora più vergognosi,
stuzzicandosi ed irritandosi malignamente con la propria fantasia. Lui stesso si vergognerà della su fantasia , ma comunque ricorderà
tutto, si inventerà contro di se delle fandonie, con la scusa che anche quelle potevano succedere, e non perdonerà nulla. Magari
inizierà anche a vendicarsi, ma quasi a spizzichi e bocconi, per inezie, da dietro la stufa, in incognito, senza credere al suo diritto di
vendicarsi, né al successo della propria vendetta e sapendo in anticipo che da tutti i suoi tentativi di vendetta lui sopporterà sofferenze
cento volte maggiori di colui del quale si vendica, e quello, magari non muoverà nemmeno un dito .”7
Nella citazione si noti la presenza di quegli uomini che il protagonista definisce “attivi ed
immediati”.
Infatti, l’uomo del sottosuolo nelle sue elucubrazioni divide gli uomini in due categorie : gli
uomini cosiddetti “d’azione” , cioè coloro che sebbene in alcuni casi “muggiscano come
tori, a squarcia gola”, di fronte all’impossibile, ad un muro di pietra, cioè alle leggi della
natura, i risultati delle scienze naturali e la matematica, si calmano subito ; e il topo dalla
“coscienza ipertrofica, di fatto l’ “uomo del sottosuolo”, che non accetta di fermarsi davanti
al due per due quattro, si spinge oltre , non ha paura di cercare risposte , a costo di venir
attaccato da mille dubbi e domande .
Con il muro del due per due quattro l’uomo del sottosuolo intende criticare la cultura
positivistica che si stava espandendo in quegli anni in tutta Europa e che considerava valido
solo tutto ciò che poteva essere indagato attraverso il metodo scientifico e che quindi poteva
essere considerato certo.
Quindi, ciò che il positivismo si prefiggeva di fare era quello di organizzare la realtà
attraverso moduli razionali, compresa la realtà interiore, la quale doveva essere anch’essa
studiata attraverso il metodo scientifico. Per questo motivo la nascita del positivismo
potrebbe essere letta come la conseguenza di quelle nuove paure ed inquietudini, tipiche di
quel periodo storico, che gli uomini non riuscivano a controllare .
La critica che l’uomo del sottosuolo rivolge a questa organizzazione del pensiero e della
società , parte da un ragionamento serrato e convulso circa la natura stessa dell’uomo , che
non può sottrarsi alla propria parte irrazionale , anche nel caso in cui questa parte non gli
porti vantaggi, ma anzi, lo porti verso la degradazione, o la morte.
Inoltre, l’avvento del positivismo, con la sua tendenza ad indagare tutto attraverso la ragione
ed il calcolo , nega ed opprime il libero arbitrio, per cui l’uomo non sarà più in grado di
scegliere e volere , seguendo la propria volontà.
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Memorie dal sottosuolo, F. Dostoevskij
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In conclusione l’uomo del sottosuolo sembra essere l’unione di due figure : la figura dell’inetto,
cioè colui che non riesce ad adattarsi alla società in cui vive e che per questo si chiude in se stesso,
isolandosi completamente dagli altri e rifugiandosi nei suoi pensieri; e la figura di quello che
Pirandello definisce “il forestiero della vita”, cioè colui che “ ha capito il giuoco”, che è
consapevole del carattere artificioso e fittizio della società e che per questo si isola dagli altri
osservandoli vivere e osservandoli dall’alto della sua superiorità :
“Ero penosamente evoluto ]…[ Mentre tutti loro erano ottusi e simili l’uno all’altro, come pecore in un gregge.]…[ Mi tormentava
allora un’altra circostanza: cioè il fatto che nessuno mi somigliasse e io non somigliassi a nessuno. “Perché io sono uno solo,mentre
loro sono tutti”, pensavo io e … mi facevo pensoso.”8
Questa apparente alta auto considerazione di sé è quella di colui che non agisce , non si mette alla
prova .
Dopo aver provato a definire le caratteristiche principali ed il pensiero dell’uomo del sottosuolo, ora
è necessario capire le cause che hanno portato l’ “uomo vuoto” ad essere tale.
Si è spiegato che l’intento di Dostoevskij era quello di descrivere un uomo che corrispondesse
all’uomo moderno, figlio dell’industrializzazione e quindi del conseguente processo di alienazione;
ma non è solo questo che ha determinato l’ “uomo vuoto”.
Infatti, vi sono altri fattori che hanno concorso ad allargare quella voragine interiore degli uomini e
che Dostoevskij ha intuito; di questi fattori, ne fa un’analisi approfondita Nietzsche, filologo e
filosofo tedesco successivo a Dostoevskij.
Fino alla fine del 1886 Nietzsche non sa nulla di Dostoevskij.
In una lettera a Franz Overbeck (filosofo e teologo svizzero) datata 23 febbraio 1887, Nietzsche
scrive:
“Fino ad alcune settimane fa non conoscevo neppure il nome di Dostoevskij,da quell’ignorante che sono, che non legge
nessuna rivista! Facendo per caso un salto in libreria mi è capitata sotto gli occhi una sua opera appena tradotta in
francese,L’esprit souterrain…l’istinto dell’affinità (o come dovrei chiamarlo?) si è fatto subito sentire, la mia gioia è
stata straordinaria: devo andare indietro fino alla mia conoscenza con Il Rosso e il nero di Stendhal per rammentarmi
una simile gioia.”
Nietzsche9 individua il crollo della cultura occidentale nell’affermarsi, a partire da Euripide e
Socrate, del pensiero razionale e, quindi del principio apollineo, a discapito del principio dionisiaco.
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Memorie dal sottosuolo, F, Dostoevskij
Friedrich Nietzsche nasce a Rocken in Sassonia nel 884 da un pastore protestante . Compie gli studi universitari a
Bonn e a Lipsia e, giovanissimo, viene chiamato a occupare la cattedra di filologia classica presso l’Università svizzera
di Basilea. La pubblicazione di “La nascita della tragedia dallo spirito alla musica”, nel 1872, gli assicura
l’incondizionata ammirazione del musicista Richard Wagner di cui era amico fin dal 1872. Nel 1879 si dimette
dall’Università e trascorre una vita irrequieta ,fatta di impegno nella scrittura filosofica e di viaggi per l’Europa.
Muore a Weimar nell’Agosto del 1900.
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Attraverso quella che chiama “filosofia del mattino”, cioè una filosofia capace di liberare gli
uomini dalle “tenebre del passato”, vuole distruggere tutte quelle credenze che dopo Socrate hanno
dominato la cultura europea in tutti i campi: nella religione, nella morale, nella metafisica e nella
scienza.
Egli sostiene che le grandi costruzioni metafisiche e spirituali non sono che costruzioni fittizie che
l’uomo ha edificato in funzione consolatoria nei confronti di chi è in cerca di rassicurazione, non
riuscendo a sopportare il disordine e l’irrazionalità dell’esistere.
L’idea di Dio, uno dei prodotti della tradizione metafisica, è, spiega Nietzsche, “la nostra più lunga
menzogna” , in quanto l a sua creazione deriva da un bisogno di sicurezza degli uomini; ma è per
questo che, se da una parte si tratta di una grande bugia , dall’altra ha svolto l’importante funzione
storica di sostenere gli uomini nella dura condizione umana.
Secondo Nietzsche l’avvento della scienza e della tecnologia hanno portato alla “morte di Dio”,
intendendo per questo l’annientamento di un sistema di valori derivati dalla metafisica. Ben lontano
dal rimpiangere l’annientamento di questo sistema di valori, Nietzsche, si assume il compito,
attraverso il personaggio dell’ “uomo- folle” ( La Gaia scienza) , di rendere cosciente l’umanità
della morte di Dio e delle sue conseguenze .
La “morte di Dio” comporta, secondo Nietzsche, la perdita di ogni alibi morale e la piena
assunzione di responsabilità nei confronti di se stesso e del proprio destino, trovandosi di fronte al
nichilismo radicale .
Se, per Nietzsche, gli uomini non sono ancora in grado di sostenere questo peso , solo un uomo che
è in grado di “farsi Dio” egli stesso potrà reggerlo; questo è l’ “oltreuomo”
L’ “oltreuomo” è un uomo nuovo , che , come detto in precedenza, è in grado di sopportare le
conseguenze terribili della morte di Dio e il crollo di ogni certezza , egli è un essere libero , capace
di trovare in se stesso un punto di riferimento stabile e forte.
A questo punto è possibile ipotizzare l’evoluzione del problematico uomo del sottosuolo nell’
“oltreuomo”, in quanto l’uomo , da uomo schiacciato dalla crisi e ripiegato in se stesso diventa
protagonista e arbitro del proprio destino, accettando lucidamente la crisi e le conseguenze che ne
derivano.
Gli sconvolgimenti sociali ed economici della seconda metà dell’ottocento, non influenzano
soltanto l’indagine filosofica e la letteratura; anche i campo figurativo si verificano movimenti quali
l’espressionismo che hanno per oggetto, in modo anche drammatico, la crisi dell’uomo.
L’atto di denuncia dell’ “uomo del sottosuolo” nei confronti della società potrebbe essere
paragonato all’urlo dell’uomo de “Il grido” di Munch.
Il protagonista di questo dipinto, realizzato nel 1893, con il suo urlo vuole esprimere il dramma
collettivo dell’intera umanità.
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È un essere serpentinato, quasi senza scheletro, quasi privo di consistenza; al posto della testa vi è
un enorme cranio, senza capelli; le narici sono ridotte a due fori e le labbra nere rimandano al tema
della morte; ma ciò che colpisce di più sono gli occhi sbarrati, come se il suo sguardo fosse perso
nel vuoto, nel nulla : è lo sguardo di chi ha perso fiducia nell’oggettività ed in un'unica verità certa e
ha preso coscienza del nulla su cui si fonda l’esistenza.
CONSIDERAZIONI FINALI
In questo breve lavoro si è cercato di illustrare alcuni riferimenti importanti di un periodo storico
che introduce tutti i dubbi, la complessità, gli eventi drammatici che caratterizzeranno tutto il
ventesimo secolo.
Questa complessità è ben rappresentata da due esponenti della cultura europea della seconda metà
dell’ottocento; al di là delle analisi che essi espongono, un dato che emerge è il dubbio, come
elemento fondamentale in grado di indagare e scomporre la molteplicità del reale.
Bibliografia

Memorie dal sottosuolo, F. Dostoevskij

Note invernali su impressioni estive , F. Dostoevskij

Dostoevskij e la crisi dell’uomo , S. Graciotti, V. Strada (a cura di)

Il pensiero contemporaneo A, D.Massaro
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