Il Dio del Mare

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Il Dio del Mare
IL DIO DEL MARE
La Luna danzava sul pelo dell'acqua e splendeva come il diadema di una regina; mille stelle,
accanto a lei, parevano tuffarsi negli scuri flutti, ed il mare sembrava non avere alcun confine
con il cielo. Il bambino camminava sulla sabbia, stringendo forte la mano della mamma. Il
buio gli faceva paura, gli facevano paura le ombre della notte che serpeggiavano sul mare,
sulla sabbia fredda, che lo faceva rabbrividire ad ogni passo. Ben presto la sabbia lasciò
spazio alla nuda e fredda roccia, ed i piedi scalzi del bambino furono accarezzati dalla lieve
danza dei fili d'erba che, colti dalla brezza marina, si lanciavano in dolci e leggiadri balli,
parevano quasi spiriti verdi che danzavano al ritmo della musica dell'Universo. L'erba lasciò
spazio al legno, e la mamma ed il suo bambino si trovarono a camminare su di un ponte.
<<Dove siamo?>>domandò il piccolo, spaventato. Non era mai stato in quel tratto della
spiaggia, così lontano dalla piccola casetta in legno dove abitavano, ed i neri flutti sotto di
loro, che si agitavano in balia del vento, lo inquietavano. In lontananza poteva scorgere la
pineta, con i suoi tetri alberi, le cui chiome scure ondeggiavano lugubri tra le stelle del cielo.
Il legno lasciò spazio alla fredda sabbia, e poi di nuovo alla nuda roccia. <<Siamo sugli
scogli dell'isoletta, piccolo mio, siamo arrivati.>> rispose lei. Si sedettero sugli scogli, e lo
spettacolo che si manifestò loro dinnanzi li lasciò senza parole. Le stelle parevano moltiplicate
nell'immenso specchio d'acqua, parevano spiriti del cielo discesi sulla terra con un messaggio
di pace e di immenso per gli uomini. <<Mamma... è bellissimo...>> mormorò il bambino,
trattenendo il fiato, ed allungando le manine, cercando invano di afferrare quei piccoli
bagliori.<<Ssh, piccolo mio, ascolta.>> Ed il bambino fece silenzio, tendendo l'orecchio per
captare il minimo rumore. Ad un tratto, però, nel cielo, tra le stelle, trasportato dalla brezza
del mare, si fece largo un canto così bello, sublime, che non può essere descritto. Un canto,
che pareva provenire da quelle piccole fiammelle che si posavano sul mare, così soave, che
avvolse l'anima di madre e figlio in un abbraccio, un canto che aveva in sé qualcosa di
magico, non terreno. Stettero in silenzio ad ascoltare. Al bimbo, in lontananza, parve di vedere
qualcosa, muoversi nel mare, ma forse era solo un'illusione, forse erano solo le onde... o forse
aveva visto colui – o colei- che aveva intonato quel canto che ora andava svanendo nell'etere.
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<<Quando potremo sentirlo di nuovo?>>Il bambino strattonò il braccio della madre. <<Solo
alcune notti, piccolo mio, agli uomini è dato di sentire questo canto. E non a tutti è dato di
sentirne la magia.>> La madre prese il figlio per mano e lo condusse via da lì. E mentre si
allontanavano verso casa, la loro anima ed il loro cuore erano rimasti prigionieri di
quell'isoletta. Per sempre. Quella notte il bambino suggellò il suo patto con l'infinito che prima
che nascesse gli aveva portato via il padre; anche lui sarebbe stato suo. Quella notte il
bambino suggellò il suo patto con le stelle del cielo, e le onde del mare.
L'ombra del faro si allungava su quel tratto di spiaggia, stendendosi lieve sulla sabbia. <<Non
dovremmo essere qui, lo sai vero, Lucas?>> mormorò Irène, stringendosi all'amico. Lui annuì,
rigirandosi tra le mani la conchiglia che aveva appena trovato. <<Siamo stati fortunati, però,
no?>> le domandò di rimando, mostrandole la sua scoperta. <<Sì, ma ho paura... Lucas,
andiamo via da qui...>> mormorò la bambina, prendendo per mano l'amico. Lui si fece
trascinare, ben conscio della paura dell'amica. Non era tanto il faro a spaventarla, quanto il
fatto che in paese si dicesse che fosse abitato da uno spettro. In realtà a Grado tutti sapevano
chi era il guardiano del loro faro, ma siccome questi non si faceva mai vedere in pubblico, tra i
bambini si mormorava fosse un fantasma. Tuttavia quella magia che circondava il faro, anche
se li spaventava, in fin dei conti ai bambini piaceva. Tutti i bambini hanno bisogno della loro
magia quotidiana. I due bambini sentirono uno scalpiccio dietro di loro e sobbalzarono.
<<Antenore!>> esclamarono voltandosi e riconoscendo il vecchio pescatore che li aveva
raggiunti. <<Ciao ragazzi! Che cosa avete trovato oggi?>> domandò lui in tono affettuoso,
abbracciandoli. Lucas gli mostrò la conchiglia, e Antenore finse di stupirsi, per non deludere il
ragazzo. Poi gliela avvicinò all'orecchio, e lo invitò ad ascoltare. <<Uffa... Io ascolto sempre,
ma non riesco mai a capire.>> sbuffò il bambino. <<Lucas, le parole sono già nel tuo cuore;
quando sarai pronto riuscirai a capirle. Secondo una vecchia storia, il mare deposita ogni notte
sulla spiaggia una conchiglia diversa. Si dice che ogni conchiglia mormori il Destino di uomo
diverso, e solo il vero destinatario della conchiglia potrà comprenderne le parole. Vedi? Le
parole sono già nel tuo cuore.>> sorrise Antenore. <<È un messaggio del mare?>> domandò
curiosa Irène. Antenore sorrise. <<Più o meno...>> rispose alla bambina. <<Ma allora come fa
ad intrappolarlo in una conchiglia?>> lo incalzò lei. <<Oh beh, questo nessuno lo sa... è il
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segreto del mare.>> replicò lui <<E a proposito di segreti... vi va di soprirne uno?>> domandò
il vecchio pescatore. I bambini cominciarono a saltellare per la gioia, pregustando chissà quale
sorpresa. Allora i tre si incamminarono lungo la spiaggia, finché non giunsero davanti al faro.
Di nuovo i due bambini furono assaliti da un gran timore che il vecchio pescatore poteva ben
comprendere. Allora fece loro coraggio, e li invitò ad andare avanti. <<Ma Antenore... quel
posto è stregato... non so se sia una buona idea...>> mormorò Irène, stringendosi al piccolo
Lucas. Allora Antenore raccolse da terra una piccola conchiglia, e gliela mise vicino
all'orecchio. <<Senti, Irène, cosa dice?>> le domandò. La bambina scosse la testa.
<<Coraggio, va' avanti...>> le sussurrò all'orecchio il vecchio pescatore. La bambina si
rincorò e quando giunsero alla porta del faro Antenore bussò; i due bambini si nascosero dietro
di lui. Quando aprì un vecchio dall'aria buffa, con uno strambo cappello da marinaio ed una
vecchia blusa blu, i due sembrarono un po' delusi. I due bambini si aspettavano veramente un
fantasma. <<Antenore, vecchio mio, ti trovo in forma dall'ultima volta!>> esordì il vecchio
guardiano del faro, abbracciando l'amico. <<Neppure io ti trovo male, Phil!>> replicò il
vecchio pescatore. Poi ridacchiando, disse ai bambini che era andato a trovarlo la settimana
prima, ma che ormai quella era una frase di rito, tra i due. I genitori di Phil erano originari
dell'Austria, ma Phil aveva da sempre vissuto a Grado, e spesso scherzava dicendo di non
sapere cosa ci facesse lì un uomo di monti come lui. <<E questi chi sono?>> domandò il
guardiano, accorgendosi dei due bambini che erano spuntati con timore da dietro la schiena di
Antenore. <<Amici miei>> spiegò Antenore, presentando i due ragazzini. <<Bene, gli amici
tuoi sono anche amici miei. Venite, venite, accomodatevi!>> esclamò Phil, conducendoli
all'interno del faro. Li fece accomodare ad una tavola rotonda e servì loro da bere. <<E così
non sei un fantasma?>> domandò curioso Lucas. Ridendo, Phil rispose al ragazzino. <<No,
non ancora almeno.. anche se sono palliduccio, lo ammetto!>> Antenore sorrise: Lucas gli era
parso un po' deluso da quella risposta. Dopo un po' Phil li portò in cima al faro. Da là sopra la
visuale era magnifica: accanto a loro volteggiavano i gabbiani, che strillavano ogni qualvolta
passavano sulle loro teste. Soffiava un forte vento, che scompigliava i capelli a
quell'improbabile gruppetto di persone. I ragazzini si precipitarono nella cabina dove la
grandissima lampada proiettava la luce sul mare, nelle notti buie e di nebbia, e e ne
esplorarono ogni singolo meandro di quel luogo. Quando però videro il Sole in procinto di
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calare, si dovettero congedare, e salutarono i due vecchi amici, ringraziando entusiasti e
chiedendo quando sarebbero potuti tornare. <<Quando volete>> ammiccò loro Phil; sapeva
che i due bambini avrebbero voluto esplorare tutto l'edificio in lungo e in largo, ora che non
avevano più paura. Quando se ne furono andati, Antenore e Phil rimasero con le spalle al
tramonto sul mare, a scrutare un punto lontano, al di là delle nubi che s'addensavano dietro di
loro. <<Senti, Antenore, devo dirti una cosa.>> mormorò Phil <<Hai mai pensato a cosa c'è al
di là di quelle nuvole, al di là di quelle montagne che vediamo lungo l'orizzonte?>> domandò
il vecchio guardiano. <<No, Phil, perché?>> rispose il vecchio pescatore, incuriosito.
<<Perché mi è capitato molto spesso di pensarci.>> spiegò lui << Mi sento in qualche modo
chiamare, Antenore; so che quando sarà l'ora, quando questo faro non servirà più a nulla, allora
io me ne andrò. Andrò fino a quei monti, e scoprirò qual è il Destino che serbano per me.>>
<<Oh Phil, io credo che non accadrà mai. Tuttavia un pescatore mi ha detto che per ognuno di
noi il mare ha una conchiglia in cui mormora il suo Destino.>>
<<Me l'hai già raccontata, Antenore.>> l'interruppe lui. <<Lo so. Spero solo che tu abbia
trovato la tua.>> replicò Antenore. Perché io ancora non ho trovato la mia, pensò tra sé e sé; i
due stettero in silenzio per lungo tempo, cullati dallo sciabordare delle onde, in cima a quel
faro che congiungeva il mare, il cielo e la terra. Antenore se ne andò che la notte era già calata.
Il sonno non si decideva a venire, così decise di passeggiare per le calli di Grado. Grado era un
isolotto situato in una pescosa laguna all'estremità nord orientale del Mar Adriatico. Il paese era
un insieme di casucce di pescatori che parevano abbarbicate a caso lungo le calli, piccole
stradine che si perdevano in quella scacchiera di case colorate, per poi incrociarsi dinnanzi ad
un'immagine della Madonnina del Mare. Le casucce erano piccole e strette, ma così carine in
sé, perché decorate da mille fiori o vecchie reti da pesca inutilizzate. Anche gli scuri delle case
erano graziosi, di un legno dipinto di un blu acceso, come le porte, che risaltava in tutto quel
grigio delle pietre ed in quel rosso dei mattoni a vista. Di giorno Grado era animata da un via
vai di gente d'ogni tipo; pescatori e mercanti che venivano dall'entroterra o dall'Austria, ma
soprattutto di donne che andavano alla fonte per lavare i panni o per approvvigionarsi
dell'acqua. Di notte, però, dopo che le tenebre scendevano e cingevano l'isoletta con il loro
manto, tutto era avvolto dal silenzio, interrotto solo dalle onde del mare che si infrangevano
sulla costa. Ad Antenore piaceva passeggiare di notte tra le calli; si faceva condurre dai propri
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passi, senza pensarci troppo, assaporava la luce fioca delle lanterne ed il buio tenue della notte.
Quella penombra tra le calli rischiarava i suoi pensieri, lo faceva sentire libero di vagare al di là
dell'orizzonte di quel mare. Quella notte pensò alla prima volta che aveva visto Irène e Lucasavevano dieci anni quei due bambini, e sembravano non aver perso ancora quegli occhi da
sognatori. Allora i bambini erano molto piccoli e, chissà come, si erano persi. Allora lui li
aveva riportati alle proprie case, con il loro aiuto, e per ripagarlo di quel favore immenso,
spesso i genitori di Lucas ed Irène mandavano i figli a trovarlo. Pian piano lui era diventato un
po' il loro nonno; ora viveva solo per loro. Tornò a casa, Antenore, perché pensare a quanto
tempo fosse passato lo incupiva.
<<Secondo te questa sera verranno?>> sussurrò Lucas all'orecchio di Irène. I due ragazzi erano
seduti sugli scogli dell'isoletta, e guardavano con insistenza l'orizzonte, aspettando che si
facesse buio. <<Forse...>> replicò lei <<Magari dipende da noi.>> I due tacquero come la
prima stella comparve in cielo. Erano passati cinque anni da quando i due ragazzi avevano
visitato con Antenore il faro per la prima volta, e loro si erano fatti grandi. Dopo la prima
stella, anche la seconda fece capolino nella volta celeste, poi la terza, ed infine il cielo si riempì
di piccoli fulgidi diademi. <<Eccole...>> mormorò Lucas, subito azzittito con un pugno
dall'amica. Lui sbuffò. Odiava non poter parlare. Pian piano li avvolse il silenzio ininterrotto
delle onde del mare, del vento, e le stelle, ad una ad una, parvero scendere dal cielo, per andare
a posarsi delicatamente sul mantello del mare, intrecciando con le onde una danza. << È
stupendo...>> mormorarono i due ragazzi, dinnanzi a quello spettacolo. Pian piano, una lieve
melodia cominciò a diffondersi nell'aria facendosi largo nei cuori dei due giovani ragazzi, una
canzone che sembrava rivolgersi al cuore di ciascuno, con parole solo per lui. Quella canzone
che pareva intonata con amore, le stelle sul mantello del mare parevano danzarla,
amalgamandosi con le onde, laggiù, all'orizzonte, dinnanzi agli occhi di Lucas ed Irène.
<<Allora è vero, quello che ci aveva raccontato Phil...>> mormorò Irène, stringendosi forte a
Lucas. Quella notte lui però non la guardava, perso nei meandri della sua anima. Anche
Antenore era sveglio quella notte, ma ben lontano dagli scogli su cui erano seduti i due ragazzi.
La sua barca rollava in balia delle onde, ma lui non si preoccupava. Di lì a poco, ne era certo, la
luce di Phil avrebbe rischiarato le tenebre di quel mare. Quando cominciarono a spuntare le
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prime stelle, lui non se ne accorse; non si accorse nemmeno dell'imbarcazione di Gianmarco
che gli si accostava per chiedergli se c'era bisogno d'aiuto. Antenore gli disse di no, ma lui
decise ugualmente di rimanere a tenergli compagnia; non gli andava di lasciarlo solo. Mentre
tirava su le reti, ad un tratto, si arrestò. Fu come se si trovasse di nuovo in quel suo ricordo; le
stelle parvero cominciare a scendere dal cielo, in una lenta danza, come fiocchi di neve fatti di
polvere d'oro. E si posarono sul mare, oscillando leggiadre, accompagnati dalle onde. <<Non
avevo ancora visto nulla di simile.>> mormorò Gianmarco. <<Questa è la magia del nostro
mare>> replicò Antenore. Proprio mentre diceva quelle parole, dalle reti arrivò un grande
strattone, che per poco non lo fece finire in mare. Cominciò a tirare, e Gianmarco, udendolo
ansimare per la fatica, passò sulla sua barca per aiutarlo. Adagiarono il pesce pescato sullo
scafo della barca, ma nessuno dei due riusciva a vedere di cosa si trattasse. Proprio allora Phil
si sporse dalla sommità del faro, e ne accese l'enorme lampada. L'intenso fascio di luce solcò il
mare, come una freccia, fendendo le tenebre. Quando la luce si posò sulla creatura, lasciò a
bocca aperta i due uomini. Gianmarco cominciò ad agitarsi, lodando Dio e la sorte che lo
avevano fatto attardare quella notte, ammaliato dalla possibile ricchezza che sarebbe derivata
da quella scoperta. Antenore no. Non riusciva a distogliere gli occhi da quella enorme creatura
argentea, con una grande macchia a forma di stella sulla testa, e due grandi occhi neri come
l'abisso. Dicono che quando guardi l'abisso, prima o poi lui guarderà dentro di te. Per Antenore
fu così. Ad un tratto una dolcissima melodia, soave, cominciò a levarsi al cielo, lieve come la
neve, e ad Antenore parve che fosse proprio quella creatura a intonare quel canto stupendo. Lo
stesso canto che anni prima aveva udito con la madre. Ed egli si rivide a stringersi alla madre, a
camminare con lei in riva al mare, accompagnati dalla loro melodia, che sussurrava solo e
solamente nei loro cuori. <<Uccidilo, svelto! È enorme, guadagneremo tantissimo! Oh grazie a
Dio!>> continuava a gridare Gianmarco. Antenore non riusciva a staccare i suoi occhi da quelli
della creatura, mentre il canto si faceva più intenso. Nelle sue reti era impigliato il suo ricordo
più bello: e chi potrebbe mai uccidere il proprio ricordo più bello? Antenore lo gettò in mare. Il
cantò svanì. Le stelle parvero sbiadire, la notte si fece più buia. La luce del faro tornò ad
illuminarli. In lontananza, sulla costa, due ombre si allontanavano. Anche Antenore si
allontanò, mentre Gianmarco imprecava. Ma il vecchio pescatore più non lo sentiva, sparito
nelle tenebre di quella notte.
L'indomani a Grado v'era il mercato, e la voce si diffuse
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velocemente tra tutti gli abitanti; e c'era chi si domandava il perché dell'azione di Antenore, e
chi, la maggior parte, gongolava, pensando alla fortuna che si era lasciato sfuggire e che
aspettava solo lui. Antenore, scosso dall'incontro aveva bisogno di star solo, o di vedere un
amico. Camminando incontrò per caso Irène e Lucas, diretti pure loro da Phil. <<Antenore,
vieni con noi da Phil; andiamo a bere una tazza di thè assieme, dobbiamo raccontarvi una cosa
fantastica!>> esclamò Lucas. Il vecchio si fece trascinare dall'entusiasmo dei due ragazzi, e li
seguì. Anch'io avrei una cosa da raccontarvi...pensò l'uomo tra sé e sé, ma tacque. Giunsero al
faro, e Phil venne ad aprir loro. Li fece accomodare, come sempre, attorno ad una tavola
rotonda. Il thè era già nel bollitore, e quando questo cominciò a fischiare Phil lo versò caldo
caldo nelle tazze dei suoi amici e nella sua. <<Allora ragazzi, ho sentito che dovete raccontarci
qualcosa...>> mormorò Antenore, stringendo tra le mani la tazza fumante di thè. Irène e Lucas
raccontarono dello spettacolo della scorsa notte, lasciando allibito Antenore: mai avrebbe
pensato che i due ragazzi avrebbero potuto assistere al suo stesso ricordo. Alla fine Irène
guardò Phil <<Avevi ragione...>> disse, sorridendo al vecchio. <<Su cosa?>> domandò
Antenore, ancora più curioso. <<Oh, gli ho semplicemente raccontato quella tua vecchia storia
sulle stelle, Antenore. Ma non me la ricordavo tutta. Potresti tornare a narrarla ora, perché te lo
leggo negli occhi, amico mio, hai qualcosa che ti tormenta, e che vorresti raccontare. >> A Phil
non poteva sfuggire nulla, Antenore lo sapeva; e allora cominciò a raccontare. “Una volta una
stella si innamorò del Dio del mare. Ogni notte scendeva dalla volta del cielo ed il Dio
intonava per lei le sue più belle melodie. Affascinata lei danzava per lui sulle scure onde, ed a
volte qualche fortunato pescatore poteva vederli assieme, a danzare. Il loro amore era così
grande, che lei abbandonò il cielo, in una notte d'estate, per tuffarsi tra i flutti. Le sue sorelle,
allora, scesero dal cielo per cercarla tra neri flutti, invano. Una sera, però, il Dio del mare,
mosso a compassione verso quelle amorevoli sorelle, decise di venire a galla e di cantare loro
tutto l'amore che provava per la loro sorella. Incantate, le stelle decisero di lasciare la sorella.
Qualche notte d'estate, però, le stelle scendono da cielo per ascoltare quel canto che le aveva
tanto ammaliate.” Quando terminò il raccontò, Antenore li rese partecipi del suo ricordo, e
narrò loro quanto gli era successo la sera prima. <<Quindi hai visto il Dio del mare?>>
esclamò Lucas, incredulo. Antenore annuì. Sarebbe potuta sembrare una storiella inventata ai
più, ma i due ragazzini, ed anche Phil, sapevano che il loro vecchio amico non scherzava su
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queste cose. Perché gli appartenevano. Perché facevano parte del patto che quell'uomo aveva
siglato con l'immenso quella lontana notte d'estate.
Quell'anno giunse in paese un forestiero dalla Germania. Il signor Krähe era arrivato
silenziosamente, con una carrozza, e lo si poteva vedere passeggiare tranquillamente per le
calle, mentre cercava di socializzare con gli abitanti. I Gradesi non erano abituati alla presenza
di una persona importate, come dava idea d'essere il signor Krähe, ma parvero accettarlo di
buon grado. Solo Antenore lo guardava con sospetto; glielo leggeva negli occhi, il vero scopo
della sua venuta, mentre questi camminava con indifferenza tra la folla. Si confidava con
Lucas, Irène e Phil, e anche i primi due concordavano con lui; dietro quegli occhi corvini, ne
erano certi, c'era una perfidia spaventosa. Ben presto, dunque, Antenore scoprì, a malincuore,
di aver avuto ragione. Una domenica, uscendo da messa, lui, Lucas ed Irène notarono un certo
trambusto davanti alla basilica. Nella piazzetta davanti alla chiesa tutti gli abitanti si erano pian
piano radunati attorno ad un palchetto in legno, su cui troneggiavano il signor Krähe ed il
sindaco. <<Signori!>> esordì il tedesco <<Desidero parlare a tutti voi, questa domenica, per
spiegarvi le ragioni della mia presenza nella vostra stupenda isoletta. Voglio creare, signori,
con il vostro aiuto, una lega di pescatori, al fine di trovare quella creatura che abita il vostro
mare. Ci renderà ricchi, perché una creatura del genere non s'è mai vista! E pensate, magari
vive in un branco! Ed ora, seguitemi al porto, dove troveremo imbarcazioni più moderne e
veloci che ho fatto venire dalla Germania. Poi mi recherò dal guardiano del vostro faro, perché
anche lui, come tutti voi, verrà ricompensato!.>> gridò l'uomo, per sovrastare il brusio che si
era creato. E detto ciò, si avvio verso il porto; Antenore rimase basito nel vedere che tutti,
eccetto loro tre, seguivano il tedesco verso il porto. Quando tutti se ne furono andati Lucas si
volse verso il vecchio pescatore, ed il suo sguardo pareva dire: ed ora cosa si fa?Antenore non
lo sapeva e così, istintivamente, sentì la necessità di parlare con Phil. Allora disse a Lucas e ad
Irène di precederlo dal vecchio guardiano e di raccontargli tutto ciò che era successo. La realtà
era che aveva bisogno d'un attimo per stare solo. Quando vide i due ragazzi sparire tra le calle,
gettatisi a capofitto nella corsa, allora si mise a camminare. E mentre camminava riemerse,
vivido, il ricordo di lui bambino e di sua madre dinnanzi al Dio del mare; non poté fare a meno
di rammentare con un brivido quella notte in cui lo aveva visto impigliato nelle sue reti; non
poté non ricordarsi del patto che aveva suggellato con l'infinito. Non poteva scordarselo, era
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stato siglato quella notte, tra lui, e le stelle, ed il mare; quello spettacolo sarebbe rimasto il suo
ricordo più vivido, e lui ne sarebbe stato prigioniero per sempre. Lui sarebbe stato di quel
ricordo. Gli sarebbe appartenuto e avrebbe alimentato la sua vita. E così, infatti, era stato. Ed
ora era giunto qualcuno a strapparglielo via con la forza; un uomo che pretendeva d'avere il
diritto di farlo. Lui, però, sentiva, mentre camminava lungo la spiaggia, verso il faro, che
avrebbe fatto di tutto perché non gli strappassero via quel ricordo, quella parte di sé che abitava
nei recessi del mare. Quella parte che gli ricordava la madre, e l'amore che lei gli aveva donato.
Quella creatura che aveva vegliato su di lui ogni notte insonne, cullandolo con la sua canzone
d'amore, cullandolo ed imprigionandolo in quell'eterno ricordo che non s'era ancora infranto
sullo scoglio della vita, per spezzarsi in mille frammenti, al pari di come vanno in frantumi i
sogni e le favole per i bambini quand'essi diventano grandi. Egli però rimaneva un bambino
eterno, prigioniero di quel ricordo, ed era questo che difficilmente riusciva a spiegare, era per
questo che aveva lasciato andare la creatura quella notte. Lei doveva essere libera perché lui
potesse essere prigioniero del suo sogno. Ma d'altronde cos'è un sogno se non la prigione in cui
il cuore umano si nasconde, per non vedere calare attorno a sé le tenebre della notte? Mentre
rifletteva in questo modo, Antenore giunse dinnanzi al faro. Lì vide Phil, Lucas ed Irène. Lo
aspettavano. Il vecchio pescatore notò subito qualcosa che non andava. Phil impugnava tra le
mani un bastone ed in spalla aveva la sacca che qualche giorno prima Antenore aveva visto
sull'uscio della sua casa. Affrettò il passo per raggiungerli. <<Phil, che succede? Cosa vogliono
dire il bastone e la sacca?>> esclamò Antenore, in preda all'angoscia. I due si guardarono a
lungo, cercando risposte l'uno negli occhi dell'altro di domande che non riuscivano a porsi tra
loro. Lucas ed Irène guardavano la scena con le lacrime agli occhi. Loro sapevano già.
<<Amico mio, il mio tempo qui è finito. È giunta l'ora che io parta e me ne vada....>> spiegò
Phil. <<No, Phil, non puoi farlo....>> mormorò sommessamente il vecchio pescatore. <<Sì
Antenore; non ho intenzione di illuminare il mare perché quel farabutto ti strappi ciò cui tu più
di tutti tieni. Non farò questo all'amico della mia vita. Devo partire, Antenore; sento che è
giunta la chiamata del mio Destino. Scoprirò cosa c'è al di là di quelle montagne all'orizzonte,
amico mio, è la chiamata del mio Destino. Tu troverai la tua, ne son certo. Ad ogni modo, ci
rivedremo al di là dell'orizzonte. Sappilo. È la che si congiungono i nostri sogni, nelle
sembianze di gabbiani che spiegano al vento le loro ali. Perché un giorno noi saremo così:
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liberi di spiegare le nostre ali ovunque lo vorrà il vento del nostro cuore. E lì cavalcheremo le
correnti dei nostri sogni. E siederemo, Antenore, a raccontarci di quanto questa vita è stata
bella per noi. Al di là dell'orizzonte.>> Scoppiò a piangere, e con lui Antenore. Si
abbracciarono, stringendosi forte, piangendo, poiché, lo sapeva, si sarebbero rivisti veramente
al di là dell'orizzonte. Lucas ed Irène abbracciarono il vecchio guardiano tenendo a stento a
freno le lacrime. Vedevano andarsene, con lui, parte della loro infanzia, dei loro sogni, delle
loro speranze... ancora si ricordavano di quel giorno in cui avevano visitato il faro per la prima
volta, e avevano quasi sfiorato il cielo con la punta delle loro manine. Quanti anni erano
passati? Si staccarono dall'abbraccio, e Phil cominciò ad incamminarsi. Si allontanò a passi
lenti lungo la spiaggia, salutando con un cenno, per l'ultima volta, coloro che avevano
rallegrato i suoi ultimi anni di vita a Grado. Si incamminò lungo le calle, per giungere ad un
lungo lembo di terra che collegava Grado al resto d'Italia. Era stato costruito da pochi anni, e
aveva finalmente messo fine all'isolamento di Grado. Non molti lo percorrevano, però. E così,
su quel sentiero di nessuno, Phil mosse i suoi primi passi verso il Destino che sentiva di
appartenergli. Le ricerche della creatura proseguirono a pieno regime nei giorni successivi,
mentre Antenore temeva sempre di più che qualcuno la trovasse. Così ogni notte lui usciva
lungo la spiaggia, si attardava sino all'alba sull'isoletta, per aspettarne un segno, ma di lui
alcuna traccia. Non riusciva a levarsi dalla testa l'idea del signor Krähe che stringeva tra la
mani il Dio del mare. Una notte le stelle brillavano alte nel cielo e la Luna piena faceva
capolino tra le onde come un pallido fantasma che scivolava nelle tenebre. Antenore sedeva
sugli scogli dell'isoletta, cercando di star sveglio. Morfeo, però, si stava impadronendo di lui,
avvolgendolo nelle sue dolci spire. Si accasciò pian piano sul suolo roccioso, e le tenebre lo
sopraffecero. Si svegliò, non avrebbe saputo dire dopo quanto, investito da un'intensa luce
bianca. Si stropicciò gli occhi, ed in quel gesto si ritrovò bambino. Si guardò attorno; era
disteso sulla sabbia dell'isoletta, ma era avvolto da una luce accecante. Sugli scogli, accanto a
lui, sedeva una donna dagli abiti bianchi ed un viso delicato quasi quanto la neve, su cui
scendevano dei capelli biondi, pagliuzze d'oro sparse al vento. La donna guardava verso
l'orizzonte, di spalle rispetto ad Antenore, ma pareva che fosse proprio lei a irradiare quella
luce intensissima. Antenore si alzò in piedi, e provò ad avvicinarsi. Lei si voltò a guardarlo, e
lui si immobilizzò: quel viso, candido, pareva quello di sua madre, che sembrava sussurrargli,
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come quella notte, di non aver paura. La donna allungò la mano, ed il vecchio pescatore la
afferrò. Sentì il suo pugno stringersi attorno a qualcosa, ma non riuscì a capire. Prima che
potesse parlare la donna sparì, inghiottita dalla luce, ed egli sprofondò nelle tenebre. Si
risvegliò stringendo tra le mani una conchiglia, stringendo tra le mani quella parvenza di
sogno. Alzandosi il vecchio pescatore la portò alle orecchie, ma ciò che udii fu solo un tenue
sussurrio, un vociferare imprigionato tra le spire di quel guscio apparentemente vuoto.
Antenore la rigirò tra le mani: era mai quella la sua conchiglia, quella dove era contenuto il
messaggio del mare per lui? La portò nuovamente all'orecchio destro, ma non udii nulla. Si
arrese al fatto che quella non fosse veramente la sua conchiglia, magari, forse, era quella di
Irène o di Lucas. Eppure la mise in tasca, e si incamminò verso casa.
Da quando Phil se n'era andato, per i tre il tempo aveva preso a scorrere assai lentamente. Era
giunto l'inverno, ma nonostante ciò Lucas ed Irène non smettevano mai di incamminarsi lungo
la spiaggia per andare a trovare Antenore. Quel giorno Lucas aveva indossato una mantellina
per uscire, e aveva calato sul viso un cappuccio, per tenere al caldo le orecchie. Irène si
divertiva a toglierglielo di sorpresa, scompigliandoli i capelli castani, e lui andava su tutte le
furie. Allora cominciavano ad inseguirsi, e spesso finivano a rotolarsi sulla sabbia. Quando si
accorgevano però che era fredda e che si insinuava nei loro vestiti facendoli rabbrividire, si
rialzavano e si ripromettevano di non farlo più. Raggiunsero il faro, che pian piano era stato
avvolto dall'edera. Uno stormo di corvi vi aveva fatto il nido, e li si poteva spesso vedere
volare in circolo attorno al cono del faro, gracchiando a quel cielo plumbeo. Quando sentirono
i passi dei due si levarono in volo gridando al cielo, stormendo e librandosi in volo tra le
nuvole. Quando furono al di là del faro, Lucas ed Irène videro un'ombra in piedi sugli scogli.
Irène sobbalzò, stringendosi al ragazzo, che invece pareva più calmo, e pareva avere intenzione
di vedere di chi si trattasse. Infatti si avvicinò pian piano, senza che lei si staccasse un attimo
da lui. Camminarono lungo quel ponte di legno, ed i flutti si agitavano sotto di loro. L'ombra
pareva non muoversi, ma quando le furono vicini, Lucas scoprì vide che era Antenore, così lo
chiamò. L'uomo si voltò e li salutò con un cenno della mano. Lucas notò che stringeva
qualcosa tra le mani. <<Hai trovato una nuova conchiglia?>> sorrise Lucas. E allora, in quel
momento, comprese quanto fosse cresciuto, quanto il tempo fosse passato in fretta: ora sapeva
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di non essere più quell'innocente bambino che correva lungo la spiaggia, da piccolo, in cerca di
quella famosa conchiglia che gli avrebbe sussurrato il suo Destino. A quella storia, però,
Antenore pareva credere ancora. Lucas lo dedusse dall'espressione che aveva e da come
stringeva spasmodicamente la conchiglia tra le mani. Allora chiese all'uomo cosa stesse
succedendo. A quella domanda Antenore capì che non sarebbe mai riuscito a nascondere nulla
a quei ragazzi. E fu così che raccontò loro tutto. Quando poi terminò il racconto, guardò dritto
negli occhi i due ragazzi. <<Lucas, Irène, ho deciso; parto anche io.>> mormorò il vecchio
pescatore <<Non posso permettere che lo trovino prima di me. Lui ha vegliato su di me fino ad
ora... ora è giunto il momento per me di vegliare su di lui. Questo è il mio Destino. Io
appartengo al mare..>> continuò Antenore. Lucas capì di non poter far nulla, in quel momento,
per far desistere da quell'impresa il vecchio amico, d'altronde quello era forse il suo Destino,
così semplicemente l'abbracciò forte, e gli sussurrò all'orecchio <<Grazie di tutto amico mio,
non ti scorderò...>>. Anche Antenore lo strinse forte a sé, ed anche la ragazza si unì
all'abbraccio. <<Nemmeno io vi scorderò mai, ragazzi. Mai.>> I tre piansero, stringendosi a
loro in riva al mare, perché sentivano lentamente scivolarsi via tutto ciò che credevano la reale
quotidianità. Phil, se n'era andato; Antenore, presto se ne sarebbe andato. Lucas ed Irène
avevano perso, in poco tempo, tutti coloro che avevano abitato i loro sogni d'infanzia. Il mondo
crollò loro addosso, in quell'istante, in cui si staccarono dal vecchio pescatore, i loro sogni
d'infanzia si infransero, come onde sugli scogli; ed ecco, Irène non reggeva, e corse via, lungo
quella lunga spiaggia che sembrava non finire mai. Lucas guardò Antenore per l'ultima volta, e
lo sguardo dell'uomo pareva dire: stalle vicino, spiegale tu il perché. Allora Lucas si mise a
correre, e ben presto raggiunse Irène. La trovò rannicchiata a terra, che piangeva. Nessuno dei
due credeva che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbero visto il loro vecchio
pescatore. Frattanto Antenore era tornato a guardare il mare. Aveva portato all'orecchio la
conchiglia, e di nuovo udì quella voce profonda, ma altrettanto soave, sussurrargli il suo
Destino: “Quando ero piccolo temevo il mare; ne temevo gli abissi, la forza, ed il silenzio delle
sue notti;quando ero piccolo temevo il mare; ma ora so che è l'unica porta verso l'Infinito”.
Antenore si allontanò dall'isoletta; sparì, avvolto da una coltre di nebbiolina che era calata, per
celare i i ricordi ed i rimpianti che il vecchio pescatore si lasciava alle spalle. All'alba partì, con
le provviste, con la sua sacca, le sue speranze, le sue paure ed i suoi sogni. Sparì all'orizzonte,
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avvolto dai raggi del Sole che sorgeva. Passò il giorno a cercare con lo sguardo tra le pieghe
del mare, in cerca della creatura. E così scese la notte e le palpebre gli si fecero pesanti. Poi ad
un tratto vide un'ombra, scivolare lenta sotto il suo scafo, e decise di seguirla. Ma le tenebre si
fecero più scure, e le palpebre più pesanti; e l'ombra sparì, e lui cadde in un sonno profondo. E
quando, l'indomani, si svegliò, non aveva idea di dove si trovasse: adesso era veramente solo,
lui assieme al Mare. Il tempo passava veloce lungo quella distesa infinita d'acqua, mentre le
onde ed il vento cingevano con un abbraccio il vecchio pescatore e la sua barca. Ogni notte al
vecchio pareva di vedere l'ombra del Dio del mare scivolare lentamente sotto lo scafo della sua
imbarcazione, ed ogni notte la seguiva, in attesa che facesse capolino, sprofondando però ogni
volta in un sonno profondo. Finché non si svegliava investito dalla luce del Sole, e allora
riprendeva a scrutare il mare. Perse ben presto la speranza; un vento freddo e minaccioso aveva
preso ad imperversare in quel tratto di mare, ed egli sedeva sullo scafo della sua imbarcazione
stremato, senza alcuna forza di proseguire. Portò all'orecchio la sua conchiglia, ma questa non
sembrava dirgli più nulla di sensato. Solo e semplicemente un sussurro impercettibile che
andava scemando, trasportato lontano dalla brezza di mare. La notte lo colse così, accasciato
sull'albero maestro, che stringeva tra le mani quel piccolo scrigno che una volta conteneva
parole di speranza. Poi, all'improvviso, una luce accecante, bianca come le stelle, fendette le
tenebre, spazzandole via completamente, ed avvolgendo tutto in un candido manto di luce.
Antenore parve riaversi, e cercò di sollevarsi. Pian piano dal mare salì un canto soave, magico,
che colse nuovamente il cuore del vecchio marinaio. Aveva trovato il Dio del mare. Aveva
trovato il suo Destino. E più il canto si faceva intenso, più Antenore pareva riprendere le forze.
Ad un tratto ad Antenore parve di scorgere un'ombra che incedeva verso di lui. Quando fu
vicina, la riconobbe; era la donna che gli aveva consegnato la sua conchiglia. Antenore pianse
nel vederne il viso; assomigliava a quello della madre. Lei le porse una mano. Lui tentennando
gliela prese e la donna, voltandosi, lo invitò a seguirla. <<Dove andiamo?>> domandò lui.
<<Lui ti aspetta. Al di là dell'orizzonte. Aspetta tutti i coloro che non hanno mai smesso di
credere. Tutti coloro che ha voluto rendere partecipe di quanto può essere meraviglioso questo
mondo se lo si guarda con gli occhi giusti, e lo si ascolta con le orecchie giuste. Ora
andiamo>> concluse la donna. Antenore mosse i primi passi sui flutti, con il terrore di
precipitare negli abissi. Ma non cadde. Camminò sulle acque accanto alla donna, stringendole
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la mano, e sparendo nella luce, al di là dell'orizzonte. Forse avrebbe incontrato Phil. Non aveva
smesso di sperare; era la loro promessa: ci vedremo al di là dell'orizzonte.
<<Lucas, cos'hai visto?>> gridò Irène, per sovrastare il fragore delle onde che si infrangevano
sugli scogli ed il rombare del vento. <<È lei ne sono certo!>> gridò il ragazzo, trascinando
Irène a vedere. Indicò un punto in lontananza, una sagoma di barca che dondolava sulle onde,
che aveva scorto poco tempo prima. <<Lei chi?>> domandò la ragazza, cercando di frenare
l'entusiasmo di Lucas. <<La barca di Antenore! Presto, dobbiamo avvisare i nostri compaesani,
dobbiamo raggiungerlo, dobbiamo fare presto!>> gridò il ragazzo. Tutti, dopo un po', avevano
notato la sparizione di Antenore, ma nonostante le ricerche, nessuno aveva trovato alcuna
traccia del vecchio pescatore. Lucas corse come un forsennato lungo la spiaggia, per poi
precipitarsi nel municipio e cominciare a gridare di aver avvistato la barca di Antenore. Tutto
l'edificio si animò; il sindaco mandò a chiamare il signor Krähe, il quale inviò i suoi assistenti
ad armare la sua barca. Nel giro di un'ora tutti i preparativi erano terminati; Lucas, Irène, il
sindaco ed il signor Krähe salirono sulla barca; il timoniere virò e le vele si gonfiarono; la
barca uscì dal porto diretta verso l'imbarcazione di Antenore. Lucas scalpitava; ogni miglio
solcato la sua agitazione cresceva. Quando furono dinnanzi alla barchetta, per poco non
svenne. Cominciò a mormorare che non era possibile, che doveva essersi sbagliato, che la
barca non poteva essere vuota. Ma era così, la barca era completamente vuota. Di Antenore non
c'era traccia. Lucas passò sulla barca del vecchio pescatore; disperato si accasciò sullo scafo
della barca del suo vecchio amico, e allora la notò. Una conchiglia, blu, delle mille sfumature
del mare. La riconobbe come quella di Antenore, e la strinse tra le mani. Lo issarono sulla
barca del signor Krähe sconvolto; non voleva mollare la conchiglia, e continuava a gridare che
il mare non poteva esserselo portato via. Ma era così. Per Antenore quello era il suo mare, il
mare in cui era cresciuto e per il quale sarebbe morto. Lucas portò la conchiglia all'orecchio, e
sussurrò: ti prego, dimmi dov'è il mio vecchio amico...E questa, sussurrando, rispose: “Credere
fermamente in qualcosa può cambiare chi tu sarai ed il tuo Destino.” E allora Lucas seppe che
il vecchio pescatore adesso era al di là dell'orizzonte, seduto su uno scoglio, ad ascoltare il
dolce canto del Dio del mare. Ma proprio in quel momento, quel canto che Lucas immaginava
appartenesse al mondo di Antenore, oramai, si levò alto e forte verso al cielo, toccando il cuore
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di tutti. Il signor Krähe ed il sindaco, che fino ad un momento prima si stavano domandando
che fine avesse potuto fare il vecchio pescatore, tacquero agitati. <<È lui, ne sono certo, è
lui!>> gridò Krähe, afferrando una fiocina che stava lì appesa al parapetto. Ed in quell'attimo
una creatura argentea maestosa, magnifica, schizzò fuori dal mare, esibendosi in una piroetta
dinnanzi a loro.
<<Il Dio del mare....>> mormorarono Lucas ed Irène. Krähe scagliò la fiocina, ma la creatura
era già sparita negli abissi. E quella fu l'ultima volta che a Grado videro il Dio del mare. Ben
presto Krähe se ne andò, e la storia di quella creatura fu dimenticata da tutti. Eppure, per un
attimo, a loro era sembrato che avrebbe potuto cambiare la loro vita. Ma come ogni fugace
fortuna, dopo un po' la storia andò dimenticata.
Due bambini correvano lungo la spiaggia, in cerca di conchiglie. Si erano allontanati dai loro
genitori, ed erano arrivati dinnanzi ad una grande costruzione cilindrica. Delle grandi macchine
di metallo la stavano demolendo con grandissimi fragori, che ai bambini facevano veramente
paura. <<Non temete, non vi possono fare nulla quei bestioni... sapete, lì, una volta, c'era un
faro stupendo...>> disse loro una voce profonda. I due bambini si voltarono, e videro un
vecchio dalla barba bianca che sorrideva loro. <<Sapete, quel faro, una volta, illuminava le
notti più buie... peccato che se ne stia andando anche lui... ma d'altronde tutto cambia, e questa
era la sua volontà...>> mormorò l'anziano uomo, sbuffando una nuvola di fumo dalla sua pipa.
<<Bambini, con chi state parlando?>> domandò Lucas, arrivando per mano con Irène, davanti
al faro che veniva demolito. Non potevano non esserci quando il luogo della loro infanzia
veniva distrutto, come niente fosse, cancellato completamente dalla faccia della terra. Senza
che chiedessero loro il permesso, quegli uomini si stavano portando via un pezzo di loro due.
Era passato del tempo, era passata la Seconda Grande Guerra, ma quel faro era rimasto, a
simboleggiare per loro che la gioia dei ricordi può vincere ogni cosa. Almeno fino a quel
momento. <<Con quel vecchio signore là>> ridacchiarono i due bambini, indicando un punto
in lontananza. Lucas ed Irène guardarono l'ombra. Sedeva sugli scogli, sbuffando nuvole di
fumo dalla sua pipa. Si voltò a guardarli. L'uomo sorrise loro. Ed essi riconobbero Antenore.
Un'onda si infranse sugli scogli e si portò via con la sua risacca l'ombra del vecchio pescatore.
Antenore, il Dio del loro mare, non aveva mai smesso di vegliare su di loro.
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