La donna che ha scelto l`eutanasia LA SCELTA DI DOMINIQUE E IL

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La donna che ha scelto l`eutanasia LA SCELTA DI DOMINIQUE E IL
La donna che ha scelto l'eutanasia
LA SCELTA DI DOMINIQUE E IL SENSO DELLA VITA
Vado a letto con un groppo in gola. Il sonno non vuol saperne di arrivare. Penso. Rifletto.
Prego. Mi sforzo di capire. Non voglio giudicare. Non voglio rinchiudermi nelle mie
certezze. Il volto di Dominique Velati mi tormenta. Dominique è morta pochi giorni fa.
Potremmo dire che l’hanno uccisa. O, magari, che si è fatta uccidere. E sarebbe la cruda
verità. Una verità, però, che avrebbe il sapore della polemica. E io voglio tenermi lontano
da
ogni
forma
di
polemica.
Ho visto il video in cui Dominique viene intervistata pochi giorni prima di partire per la
Svizzera dove le sarebbe stata praticata l’eutanasia. La signorina che la interroga lo fa con
garbo e gentilezza. Le domande sono poste con rispetto. Lei parla. Racconta di se stessa,
della sua malattia. Dice che l’ospedale le ha dato al massimo da vivere ancora tre anni di
vita, forse meno. Il cancro spaventa. Di qui la decisione di andare incontro alla morte.
Volontariamente. Liberamente. Prima che il suo corpo si ribelli a ogni suo comando.
Guardo, poi, un altro video, quello del commiato di Emma Bonino. Le sue parole,
rispettose, composte, tradiscono anche una certa emozione. Parla con lentezza. Saluta la
vecchia amica di tante battaglie. Poi conclude con l’augurio: «Che la terra ti sia lieve». Mi
accorgo di rabbrividire. È come cantare il "requiem" al capezzale di un ammalato. Non mi
piace.
Mi
rattrista.
Mi
addolora.
Lei, Dominique, dice di essere serena. Può darsi che lo sia. Racconta di un cugino che si
è proposto di tenerle la mano quando sarà il momento. Lei ha rifiutato. Non voglio entrare
– almeno non adesso – nel dibattito pro o contro l’ eutanasia. Voglio, se ci riesco, rimanere
un uomo del mio tempo. Un credente, un prete, che si sforza di ragionare laicamente. Di
comprendere le ragioni di chi la pensa in modo diverso dal mio. Voglio che i diritti di tutti
vengano riconosciuti e rispettati. I diritti. Ma quali? È un diritto chiedere di morire quando si
ritiene
che
sia
giusto?
Non ho conosciuto Dominique. Nei vari filmati disponibili su Internet, però, la vedo sola.
Troppo sola. Sola con se stessa. Con il suo dolore. Con il suo mistero. Con la decisione
presa. Una solitudine che mi agghiaccia. Gli amici che la sostengono sono troppo
rispettosi della sua libertà. È un bene? A volte sì, altre volte no. «La libertà – scriveva
Charles Peguy – è la più bella invenzione di Dio». È vero. Ma è l’amore il sentimento che
ci fa veramente uomini e donne. Come sarebbe stato bello vedere accanto a quella donna
distinta, fiera, ma impaurita dal dolore e dalla morte che intravede all’orizzonte, una
persona cara che le dicesse: «Non ti scoraggiare. Non essere egoista e io non lo sarò.
Non pensare solo a te. Lotteremo insieme. Conta su di me. Vieni, appoggiati sulla mia
spalla.
Permettimi di alleviare
il
tuo
dolore.
Ho
bisogno
di te...».
C’è un tempo per ogni cosa. C’è un tempo per nascere e uno per morire. C’è il tempo della
spensieratezza e il tempo in cui sei avvolto nel mistero immenso della vita, della
sofferenza, della morte. Ma il dolore gli uomini non lo sconfiggeranno mai. Potranno solo
tentare di alleviarlo. Di curarlo. Di lenirlo. Di assumerlo sulle loro spalle. Il malessere, la
sofferenza, il tedio della vita possono dipendere da tantissimi fattori. A volte è il proprio
corpo che si ammala. Altre volte è quello della persona amata. Altre volte ancora a ferirti è
proprio colui al quale avevi donato il cuore. «Simone, Simone, quando eri giovane ti
cingevi e andavi dove tu volevi, quando sarai vecchio un altro ti cingerà e ti porterà dove
non vorresti», disse Gesù a san Pietro. Cominciamo a esistere essendo un puntino
invisibile che nel tempo si trasformerà milioni di volte. L’ultima grande trasformazione sarà
la morte. Si soffre. È vero. Si soffre in tanti modi. Per tanti motivi. Ma anche si combatte. Si
lotta. Ci si arma per andare in guerra. E in questa guerra "chi ha avuto di più deve dare di
più".
Cara, cara Dominique... mio fratello è morto un anno fa. Era un gigante buono. Aveva la
forza di un leone. La leucemia lo inchiodò in un letto. Presto arrivò la sedia a rotelle. «Ecco
– disse un giorno – appena il tempo è bello mi porterete a fare un giro in carrozzina».
Abbiamo sofferto tanto. Ma quante cose abbiamo imparato stando accanto a lui. Tutto
girava attorno a quel letto di dolore. Gli ultimi giorni li conserviamo come un dono.
Abbiamo pianto insieme come tante volte avevamo gioito insieme. I nostri bambini hanno
imparato che la malattia, la sofferenza, la morte fanno parte della vita. E che sono vita
vera da respirare a pieni polmoni anche gli ultimi granelli di sabbia di una clessidra che
abbiamo ricevuto in dono.
Maurizio Patriciello
Avvenire.it, 23 dicembre 2015