N.16 26.04.2016

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N.16 26.04.2016
1.
Redditi Internazionali in UNICO 2016
N.16
26.04.2016
• Dividendi
• Lavoro all’estero
• Pensioni estere
• Immobili esteri
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Sommario
DIVIDENDI ........................................................ 1
1. Dividendi da LTD USA ...................................... 5
2. Direttiva Madre-Figlia ....................................... 5
3. L’applicazione della ritenuta sui dividendi
corrisposti a soggetti non residenti ................ 6
4. Distribuzioni di dividendi alla società madre
Svizzera ............................................................. 6
5. Dividendi da Paesi Black List........................... 7
6. Imposta sostitutiva dividendi percepiti
dall’estero ......................................................... 7
LAVORO ESTERO .............................................. 8
1. La residenza fiscale e il lavoro all’estero ........ 8
2. Retribuzioni convenzionali anche con datore di
lavoro estero ................................................... 11
3. Credito imposte estere .................................. 11
4. Lavoro subordinato in Francia ....................... 12
PENSIONI ESTERE .......................................... 13
1. Pensione Canadese ....................................... 14
2. Pensione AVS Svizzera .................................. 15
3. Pensione Belga ............................................... 15
4. Pensione tedesca ........................................... 15
5. Pensione francese ......................................... 16
6. Pensione argentina, inglese, spagnola,
americana o venezuelana .............................. 16
LOCAZIONE IMMOBILI ESTERI ....................... 17
1. Immobile locato in Francia ............................ 19
2. Immobile in Australia ..................................... 19
3. Convenzioni contro le doppie imposizioni .... 19
4. Immobile in Gran Bretagna ............................ 19
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DIVIDENDI
Le modalità di imposizione dei dividendi sono rinvenibili:
•
nell’art. 47 del D.P.R. 917/1986, relativamente alle persone fisiche non imprenditori;
•
nell’art. 59 del D.P.R. 917/1986, relativamente alle persone fisiche imprenditori e società
di persone commerciali;
•
nell’art. 89 del D.P.R. 917/1986 relativamente alle società ed enti commerciali
assoggettati ad IRES.
I redditi di capitale non sono imponibili per “competenza”, bensì seguendo il “principio di cassa”,
momento in cui effettivamente avviene la loro percezione monetaria.
1. Persone fisiche non imprenditori
Per definire in maniera puntuale le modalità di tassazione dei dividendi percepiti da persone
fisiche non imprenditori fiscalmente residenti in Italia, è necessario far riferimento:
 alle provenienza del dividendo, ovvero società italiana o società estera, e all’interno dei
soggetti esteri distinguere ulteriormente tra soggetti a fiscalità ordinaria e soggetti a
fiscalità privilegiata;
 all’individuazione della caratteristica delle partecipazioni. Infatti, la partecipazione può
essere qualificata o non qualificata; in particolare, si considerano qualificate le
partecipazioni che rappresentano complessivamente una percentuale di diritti di voto
esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% ovvero una partecipazione al
capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25%, a seconda che si tratti di titoli negoziati
in mercati regolamentati o di altre partecipazioni 1.
2. Persone fisiche imprenditori
Qualora il contribuente persona fisica eserciti un’attività d’impresa è esclusa l’applicazione di una
ritenuta d’imposta sugli utili come stabilito dall’art. 27 c. 5 D.P.R. 600/1973.
Il citato articolo stabilisce infatti che “le ritenute di cui ai commi 1 e 4, primo periodo, non sono
operate qualora le persone fisiche residenti e gli associati in partecipazione dichiarino all’atto della
percezione che gli utili riscossi sono relativi all’attività d’impresa o ad una partecipazione qualificata
ai sensi della lettera c) del comma 1 dell'articolo 67 del citato Testo Unico.”
1
Art. 67 c. 1 lettera c del T.U.I.R.
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In tal caso quindi, il trattamento fiscale degli utili da partecipazioni italiane ed estere è disciplinato
dall’art. 59 del TUIR che richiama l’art. 47.
L’art. 59 del T.U.I.R. prevede che “Gli utili relativi alla partecipazione al capitale o al patrimonio delle
società e degli enti di cui all’articolo 73, […] concorrono alla formazione del reddito complessivo,
nella misura del 40% (49,72% dal 2008) del loro ammontare, nell’esercizio in cui sono percepiti. Si
applica l’articolo 47, per quanto non diversamente previsto dal periodo precedente.”
Sugli utili derivanti da partecipazioni qualificate e non qualificate, facenti parte del patrimonio
aziendale dell’imprenditore individuale, non si applica quindi la ritenuta a condizione che sia
dichiarata all’atto della percezione, la sussistenza dei requisiti di partecipazione relativi
all’impresa.
L’importo va indicato in dichiarazione.
In sintesi:
•
i dividendi percepiti da persone fisiche nell’esercizio di attività d’impresa subiscono lo
stesso trattamento previsto per gli utili da partecipazioni qualificate percepiti da soggetti
privati non imprenditori;
•
la tassazione avviene sul 49,72% (40% per gli utili maturati al 31.12.2007) e si ha
un’assenza di ritenute alla fonte;
•
non si distingue tra partecipazioni qualificate e non qualificate.
Si ricorda infine che esiste una presunzione assoluta di prioritaria distribuzione delle riserve di utili
che opera a prescindere dal percettore.
3. Società di persone
I dividendi di fonte italiana, percepiti da una società di persone, concorrono alla formazione del
reddito nella misura del 49,72% dell’importo percepito.
I dividendi di fonte estera:
•
se provengono da soggetti residenti in paesi a fiscalità ordinaria concorrono a formare il
reddito nella misura del 49,72%;
•
se erogati da soggetti residenti in paesi a fiscalità privilegiata (utili non già imputati per
trasparenza ai sensi della disciplina CFC) concorrono a formare il reddito nella misura del
100%.
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Percipiente
Di fonte
Di fonte estera
italiana
Soggetti residenti in paesi a fiscalità ordinaria:
Concorrono
alla
formazione
S.n.c.,
S.a.s.
del reddito
nella misura
del 40%
(49,72%)
dell’importo
percepito.
•
concorrono a formare il reddito nella misura del 40%
(49,72%).
Il credito per imposte pagate all’estero è attribuito per
trasparenza ai soci, che lo possono scomputare nella misura
del 40% (49,72%).
Soggetti residenti in paesi a fiscalità privilegiata (utili non già
imputati per trasparenza ai sensi della disciplina CFC):
•
concorrono a formare il reddito nella misura del 100%.
Il credito per imposte pagate all’estero è attribuito per
trasparenza ai soci, che lo possono scomputare nella misura
del 100%.
Soggetti residenti in paesi a fiscalità ordinaria:
Concorrono
alla
formazione
Società
semplice
del reddito
nella misura
del 40%
(49,72%)
dell’importo
percepito.
•
concorrono a formare il reddito nella misura del 40%
(49,72%).
Il credito per imposte pagate all’estero è attribuito per
trasparenza ai soci, che lo possono scomputare nella misura
del 40% (49,72%).
Soggetti residenti in paesi a fiscalità privilegiata (utili non già
imputati per trasparenza ai sensi della disciplina CFC):
•
concorrono a formare il reddito nella misura del 100%.
Il credito per imposte pagate all’estero è attribuito per
trasparenza ai soci, che lo possono scomputare nella misura
del 100%.
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4. Società di capitali
I dividendi percepiti dalle società di capitali fiscalmente residenti in Italia, sia in caso di
partecipazioni qualificate sia in ipotesi di partecipazioni non qualificate, sono esenti per il 95%
del loro ammontare e la tassazione a cui sono soggetti è il 27,5% del 5% quindi l’1,375%.
La tassazione avviene generalmente per cassa, in deroga al principio generale della competenza
e i dividendi sono tassati nell’esercizio in cui sono percepiti.
Se il dividendo è incassato in un periodo d’imposta successivo rispetto a quello in cui è imputato
per competenza, deve essere operata una variazione in diminuzione per l’intero importo;
successivamente, nel periodo d’imposta in cui il dividendo è incassato, andrà invece operata una
variazione in aumento nel quadro RF per la parte percentuale imponibile.
Tabella riepilogativa:
SOCIETÀ
SOCIO
EROGANTE
PARTECIPANTE
PF NO P.IVA
Qualificato
Residente
RITENUTE
NO
IMPONIBILE PER IL
PERCETTORE
40% fino al 2007 o 49,72%
dal 2008
PF NO P.IVA
26% imposta sul 100%
Non qualificato
del dividendo
DITTE INDIVIDUALI
NO
SOCIETÀ DI PERSONE
NO
SOCIETÀ DI CAPITALI
NO
5%
NO
5%
ENTI NON
COMMERCIALI
NON RESIDENTE
26% imposta sul 100%
del dividendo
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----40% fino al 2007 o 49,72%
dal 2008
40% fino al 2007 o 49,72%
dal 2008
-----
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1.
Dividendi da LTD USA
Una persona fisica residente in Italia ha una
partecipazione non qualificata in una LTD con
sede negli Stati Uniti. L'eventuale reddito da
partecipazione da distribuzione di utili deve
essere sottoposto a tassazione in Italia?
L’art. 27, co. 4, D.P.R. n. 600/1973 prevede
che i dividendi provenienti da partecipazioni non
qualificate in soggetti non residenti sono soggetti
ad una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del
26% (20% per i dividendi percepiti dal 1° Luglio
2014) sull’intero ammontare dei dividendi percepiti
che viene operata dall’intermediario che interviene
nella riscossione, sull’importo al netto della
ritenuta operata dal soggetto non residente.
In sostanza, sugli utili derivanti da partecipazioni
non qualificate in soggetti non residenti,
l’intermediario applica la ritenuta del 26% a titolo di
imposta sul netto frontiera.
Se non interviene un intermediario nella
riscossione, l’art. 18 D.P.R. 917/1986 stabilisce
che i redditi di capitale corrisposti da soggetti non
residenti sono soggetti a un’imposta sostitutiva
che si applica con la stessa aliquota prevista per la
ritenuta a titolo di imposta.
Il contribuente dovrà quindi versare un’imposta
sostitutiva pari al 26% (20% per i dividendi percepiti
dal 1° Luglio 2014) e compilare un apposito rigo
della dichiarazione dei redditi. Nel Modello Unico
2016 Persone Fisiche va compilata la Sez. V del
quadro RM ed in particolare il rigo RM12.
Per completezza d’analisi si segnala che l’art. 10
della Convenzione contro le doppie imposizioni tra
Italia e Stati Uniti non prevede una disciplina di
maggior favore.
In particolare, il paragrafo 1 dell’art. 10 attribuisce
la potestà impositiva sui dividendi allo Stato di
residenza del beneficiario.
Tuttavia, mancando l’avverbio “soltanto”, si tratta
di una potestà impositiva concorrente con il paese
di residenza della società erogante.
2.
Direttiva Madre-Figlia
Quali sono le modalità di tassazione dei
dividendi percepiti da una società italiana da una
società controllata residente in Francia? La
società francese erogante non deve operare
alcuna ritenuta sui dividendi distribuiti, in
applicazione della Direttiva Madre-Figlia?
Nel caso di dividendi erogati da società
residenti nell’UE a società residenti nel territorio
dello Stato, la norma di riferimento è l’art. 89 del
TUIR che prevede l’esenzione sul 95% degli stessi.
Tuttavia, un aspetto aggiuntivo da tenere in
considerazione è che quando le controllate estere
erogano dividendi alla casa madre italiana, questi
generalmente scontano una ritenuta (dal 10% al
30%) a seconda della normativa fiscale del paese
di residenza della società controllata.
Tuttavia, l’applicazione delle ritenute in uscita sui
dividendi da parte dello Stato Estero è subordinata:
- alla possibile applicazione della Direttiva
Madre-Figlia (Direttiva 2011/96/UE che
rifonde la Direttiva 90/435/CEE);
- all’analisi della Convenzione contro le
doppie imposizioni stipulata tra il paese di
residenza della casa madre (percettore) e
il paese di residenza della società
controllata (soggetto erogante).
Affinché trovi applicazione la Direttiva Madre-Figlia
è necessario che vengano rispettati i criteri sanciti
dall’articolo 2 e 3 della Direttiva n. 2011/96/UE, di
seguito riportati:
1. le società estere rivestono una delle forme
previste nell'allegato I, parte A, della
Direttiva 2011/96/UE;
2. il possesso di una partecipazione diretta
non inferiore al 10 per cento del capitale
della società che distribuisce gli utili;
3. la società estera risiede ai fini fiscali, in
uno Stato membro dell'Unione Europea;
4. le società estere sono soggette, nello
Stato di residenza, senza possibilità di
fruire di regimi di opzione o di esonero che
non
siano
territorialmente
o
temporalmente limitati, ad una delle
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imposte indicate nell'allegato della
predetta Direttiva;
5. la
partecipazione
sia
detenuta
ininterrottamente per almeno due anni.
Al verificarsi delle suddette condizioni, i soggetti in
possesso dei requisiti richiesti dalla Direttiva
Madre-Figlia hanno il diritto di chiedere
all’amministrazione il rimborso della ritenuta
eventualmente operata dalla società che effettua
la distribuzione (comma 1), o, in alternativa,
possono chiedere direttamente alla società figlia la
non applicazione della ritenuta alla fonte sugli utili
distribuiti (comma 3).
Qualora non fosse possibile applicare la Direttiva
Madre-Figlia, in luogo della tassazione prevista
dalla normativa interna, potranno trovare
applicazione le convenzioni contro le doppie
imposizioni che, come noto, essendo accordi tra
più Stati prevalgono sulla norma interna.
3.
L’applicazione della ritenuta sui dividendi
corrisposti a soggetti non residenti
Nel caso una società italiana corrisponda
dividendi ad un socio residente in Francia, dovrà
provvedere all’applicazione della ritenuta? Se si,
in che misura?
L’art. 27, co. 3, D.P.R. 600/1973, prevede
l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta del
26% (20% per i dividendi percepiti dal 1° Luglio
2014) sui dividendi corrisposti a soggetti non
residenti.
La normativa interna dovrà essere coordinata con
le disposizioni Convenzionali.
In particolare, il par. 2 dell’art. 10, della
Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia
e Francia prevede che i dividendi corrisposti da una
società italiana ad un privato francese sono
imponibili anche nello Stato di cui la società che
paga i dividendi è residente ed in conformità della
legislazione di detto Stato, ma, se la persona che
percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario,
l'imposta così applicata non può eccedere:
a) il 5 per cento dell'ammontare lordo dei
dividendi, se l'effettivo beneficiario è una
società assoggettabile all'imposta sulle
società che ha detenuto direttamente o
indirettamente, nel corso di un periodo di
almeno 12 mesi precedenti la data della
delibera di distribuzione dei dividendi,
almeno il 10 per cento del capitale della
società che paga i dividendi;
b) il 15 per cento dell'ammontare lordo dei
dividendi, in tutti gli altri casi.
Di conseguenza, si dovrà rispettare quanto indicato
in art. 10 comma 2 della Convenzione contro le
doppie imposizioni tra Italia e Francia, applicando
una ritenuta non superiore al 15%.
4.
Distribuzioni di dividendi alla società madre
Svizzera
È possibile non applicare la ritenuta a titolo
d’imposta sugli utili corrisposti da una S.r.l.
italiana alla società Svizzera controllante?
L’art. 27, co. 3, D.P.R. 600/1973, prevede
l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta del
26% (20% per i dividendi percepiti dal 1° Luglio
2014) sui dividendi corrisposti ai soggetti non
residenti.
L’ UE ha stipulato con la Svizzera un accordo che
riflette la Direttiva Madre-Figlia, entrato in vigore il
1° luglio 2005.
I dividendi non saranno soggetti a tassazione nel
Paese della fonte qualora si verifichino le seguenti
condizioni:
 la società madre ha una partecipazione
minima del 25 per cento al capitale della
società figlia da almeno due anni;
 entrambe le società sono soggette ad
imposizione e sono costituite come limited
company;
 una società è residente in uno Stato membro
mentre l'altra è residente in Svizzera;
secondo una Convenzione contro la doppia
imposizione nessuna società è considerata
residente in uno Stato terzo.
L'accordo stabilisce misure equivalenti a quelle
contenute nella Direttiva 90/435/CEE (Direttiva
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Madre/Figlia originaria come modificata dalla
Direttiva 2003/123/CE).
5.
Dividendi da Paesi Black List
Una
società
italiana
detiene
una
partecipazione al 100% di una società malaysiana
soggetta alla CFC rule. Come vanno tassati i
dividendi erogati dalla società malaysiana?
Nel caso in cui i redditi della società estera
siano stati già tassati per trasparenza, in base
all’art. 167, co. 7, del TUIR “i dividendi non
concorrono alla formazione del reddito dei soggetti
residenti fino all’ammontare del reddito
assoggettato a tassazione, ai sensi del medesimo
comma 1, anche negli esercizi precedenti”.
6.
Imposta sostitutiva
dall’estero
dividendi
Per fruire del credito per le imposte estere in caso
di dividendi da partecipazioni non qualificate, al
rigo RM12 va barrata la colonna 6, così da optare
per la tassazione ordinaria, in tal caso compete il
credito per le imposte eventualmente pagate
all'estero. Nel rigo RM15, qualora il contribuente
abbia optato per la tassazione ordinaria deve
indicare:
- nella colonna 1, il totale dei redditi per i
quali è stata effettuata l'opzione;
- nella colonna 2, l'ammontare delle ritenute
relative a tali redditi.
percepiti
Un soggetto fiscalmente residente in Italia,
ha percepito nel corso del 2014 dividendi, in
relazione ad azioni di società estere acquistate sul
mercato azionario, per una quota insignificante
rispetto al flottante. Come è possibile recuperare
nel Modello Unico 2016 relativo al 2015 l'imposta
sostitutiva trattenuta sui dividendi ricevuti, il cui
accredito è confluito sul conto corrente della
banca tedesca in Germania, già al netto di tale
imposta sostitutiva?
Per quanto attiene agli interessi e ai dividendi
esteri, la tassazione avviene indicando i redditi
nella sezione V del quadro RM del Modello Unico.
Il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del
regime sostitutivo, e in tal caso compete il credito
d'imposta per le imposte pagate all'estero.
La tassazione secca al 26% è invece obbligatoria
per i dividendi esteri non qualificati, come peraltro
previsto per gli analoghi redditi di fonte italiana.
I dividendi esteri qualificati (ad esempio una quota
pari al 25% di una Gmbh tedesca) vanno invece
riportati nel quadro RL insieme a quelli di fonte
italiana, seguendone il regime impositivo.
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LAVORO ESTERO
Le persone fisiche fiscalmente residenti in Italia che prestano attività di lavoro subordinato in un
Paese estero sono tenuti, in via generale, a dichiarare tali redditi anche in Italia, sempreché le
Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con il Paese estero in cui viene
effettivamente svolta l’attività lavorativa non preservino la potestà impositiva esclusiva allo Stato
in cui tale attività viene svolta.
Una volta stabilità l’imponibilità in Italia del reddito da lavoro subordinato prestato in un Paese
estero, è necessario individuare le modalità di calcolo dell’imponibile.
Le regole da seguire sono identiche a quelle previste per i redditi di lavoro subordinato prestato in
Italia e sono dettate dall’art. 51, co. 1-8, D.P.R. 917/1986.
Per i lavori dipendenti che lavorano all’estero, al verificarsi di determinate condizioni, la normativa
interna consente di tassare in luogo del reddito di lavoro subordinato effettivamente percepito le
c.d. "retribuzioni convenzionali", generalmente, inferiori al reddito effettivamente percepito.
Le retribuzioni convenzionali si applicano al verificarsi delle seguenti condizioni:
 lavoratore dipendente fiscalmente residente in Italia;
 svolgimento di lavoro dipendente all’estero in via continuativa;
 il lavoro deve essere oggetto esclusivo del rapporto;
 soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni.
Qualora una delle suddette condizioni non sia verificata non potrà trovare applicazione la
retribuzione Convenzionale ma la tassazione avverrà sul reddito effettivamente percepito.
1.
La residenza fiscale e il lavoro all’estero
Un soggetto persona fisica, non iscritto
all’AIRE, e iscritto alle liste anagrafiche di un
comune italiano, vive dal 2009 in Inghilterra, prima
per motivi di studio e successivamente per motivi
lavorativi.
È bene precisare che la famiglia di origine del
soggetto in esame vive in Italia.
La mancata iscrizione all’AIRE potrebbe indurre
l’Amministrazione Finanziaria a considerare il
soggetto in esame fiscalmente residente in Italia.
Si chiede quale sia il comportamento da adottare
ai fini dichiarativi.
In via preliminare, è bene precisare che l’art. 3,
co. 1 D.P.R. 917/1986 stabilisce che “l’imposta si
applica sul reddito complessivo del soggetto,
formato per i residenti da tutti i redditi posseduti e
per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel
territorio dello Stato”.
In base alla disposizione richiamata, se una
persona fisica è considerata residente in Italia, è
tassata sui redditi ovunque prodotti (worldwide
principle) mentre una persona non residente è
tassata esclusivamente sui redditi prodotti in
Italia.
Dunque, per verificare il paese che detiene la
potestà impositiva sui redditi del soggetto in
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esame, sarà necessario stabilire la residenza
fiscale del soggetto.
A tal fine, è necessario analizzare il disposto
convenzionale ed in particolare la Convenzione
contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e
il Regno Unito.
Infatti, come noto, le Convenzioni essendo
accordi tra più stati prevalgono sulla norma
interna.
La Convenzione contro le doppie imposizioni
stipulata tra Italia e Regno Unito, all’articolo 4,
paragrafo 1 definisce il concetto di “residenza”.
In particolare, la disposizione richiamata afferma
che “l'espressione residente di uno Stato
contraente designa ogni persona che, in virtù della
legislazione di detto Stato, è assoggettata ad
imposta nello stesso Stato a motivo del suo
domicilio, della sua residenza, della sede della sua
direzione e di ogni altro criterio di natura analoga.
Tuttavia, tale espressione non comprende le
persone che sono assoggettate ad imposta in
questo Stato soltanto per il reddito proveniente da
fonti situate in detto Stato”.
La norma in commento detta i principi per la
configurazione della residenza fiscale rinviando
alle norme interne dei paesi contraenti la
puntuale definizione della stessa.
Di conseguenza, è necessario esaminare le
disposizioni italiane ed inglesi sulla residenza
fiscale.
Esamineremo in primis quando un soggetto è
considerato fiscalmente residente in Italia.
L’articolo di riferimento è l’articolo 2 del TUIR.
In particolare, il citato articolo, dopo aver stabilito
al comma 1 che soggetti passivi dell’imposta
sono le persone fisiche, residenti e non residenti
nel territorio dello Stato, dispone al successivo
comma 2 che ai fini delle imposte sui redditi si
considerano residenti le persone che per la
maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte
nelle anagrafi della popolazione residente o
hanno, nel territorio dello Stato, il domicilio o la
residenza ai sensi del Codice civile.
La norma qualifica un soggetto come residente
in Italia quando lo stesso, per la maggior parte
del periodo d’imposta, è in possesso di uno dei
seguenti requisiti:
1.
2.
3.
iscrizione alle liste anagrafiche della
popolazione residente;
domicilio nel territorio dello Stato;
residenza nel territorio dello Stato.
In base all’art. 43 del Codice civile il domicilio è
definito come il luogo in cui una persona ha
stabilito la sede principale dei suoi affari e
interessi.
Il domicilio consiste in una situazione giuridica
che, prescindendo dalla presenza fisica del
soggetto,
è
caratterizzata
dall’elemento
soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e
conservare in quel luogo la sede principale dei
propri affari ed interessi.
Peraltro, la locuzione affari e interessi deve
intendersi in senso ampio, comprensivo non solo
di rapporti di natura patrimoniale ed economica
ma anche morali, sociali e familiari.
La residenza, invece, è intesa come il luogo in cui
una persona ha la dimora abituale; in particolare,
la residenza è determinata dall’abituale
volontaria dimora di una persona in un dato
luogo, sicché concorrono ad instaurare tale
relazione giuridicamente rilevante sia il fatto
oggettivo della stabile permanenza in quel luogo
sia l’elemento soggettivo della volontà di
rimanervi.
Come precisato nella C.M. 2.12.1997, n. 304/E,
dal dettato testuale della norma emerge
chiaramente che i predetti requisiti sono tra loro
alternativi e non concorrenti: sarà pertanto
sufficiente il verificarsi di uno solo di essi
affinché un soggetto sia considerato fiscalmente
residente in Italia.
Nel caso in esame, il soggetto è iscritto alle liste
anagrafiche della popolazione residente e,
pertanto,
sarà
considerato
fiscalmente
residente in Italia.
Si ricorda, infatti, che il verificarsi di uno solo dei
requisiti esaminati fa sì che un soggetto sia
considerato fiscalmente residente in Italia.
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Ai fini della determinazione della residenza
fiscale nel Regno Unito, si dovrà far riferimento
alla normativa interna.
In base alle informazioni in nostro possesso si
può ipotizzare che:
• data la lunga presenza nello stato estero;
• data la produzione di redditi in loco;
anche il paese estero consideri il soggetto ivi
fiscalmente residente.
Di conseguenza, alla luce delle considerazioni
effettuate, il soggetto in esame potrebbe essere
considerato fiscalmente residente in entrambi i
paesi.
Tale fattispecie è espressamente disciplinata
dalle norme Convenzionali.
In particolare, l’articolo 4, paragrafo 2, della
Convenzione con il Regno Unito prevede che
“quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1,
una persona fisica è residente di entrambi gli Stati
contraenti, la sua situazione è determinata”
facendo riferimento ai seguenti elementi
nell’ordine proposto:
•
•
•
•
•
abitazione permanente;
centro degli interessi vitali;
soggiorno abituale;
nazionalità;
comune accordo degli stati.
In sostanza, qualora il soggetto venga
considerato fiscalmente residente in entrambi i
paesi, si dovrà far riferimento, in primis, al
concetto di abitazione permanente.
Sul tema, il commentario al Modello OCSE 2010
fornisce utili indicazioni.
In particolare, si prevede che un soggetto
possegga un’abitazione permanente in un paese:
•
•
con riferimento sia ad una casa di
proprietà ovvero posseduta in locazione;
qualora disponga di un’adeguata
organizzazione che gli consenta una
lunga permanenza.
I criteri indicati nel Commentario ci permettono
di ipotizzare la configurazione dell’abitazione
permanente in entrambi i paesi.
Infatti, il soggetto in esame:
•
•
lavora in Inghilterra per la maggior parte
del periodo d’imposta e, pertanto,
disporrà di un’unità abitativa;
dispone di un’unità abitativa in Italia, di
proprietà
del
padre,
che
gli
consentirebbe lunghe permanenze in
Italia.
Il soggetto in esame possiede dunque
un’abitazione permanente in entrambi gli stati.
Si dovrà far riferimento, allora, al centro degli
interessi vitali; il centro degli interessi vitali è
individuato analizzando sia le relazioni
professionali sia le relazioni personali.
Per quanto riguarda le relazioni economiche,
lavorando solo all’estero si potrebbe supporre
che gli interessi professionali siano all’estero 2.
Si evidenzia, tuttavia, che la disponibilità di
risorse finanziarie, immobili, ecc…, potrebbe
attrarre le relazioni economiche in Italia.
Inoltre, per ciò che attiene le relazioni personali
del soggetto, questo:
•
•
non è sposato;
la famiglia di origine risiede in Italia
(relazioni personali).
Dall’analisi
proposta
sembrerebbe
poter
individuare il centro degli interessi vitali in
entrambi i paesi.
Tuttavia, è bene precisare che bisognerà
verificare concretamente e dettagliatamente gli
interessi personali ed economici del soggetto in
Italia.
Ipotizzando che non si riuscisse a stabilire in
modo univoco il paese nel quale è presente il
centro degli interessi vitali, si dovrà far
riferimento alle lettere b) e c), del paragrafo 2
dell’articolo 4 della Convenzione.
2
Si evidenzia, tuttavia, che l’accredito del compenso sul c/c italiano
potrebbe attrarre il centro degli interessi professionali in Italia.
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Tale disposizione prevede, al fine di determinare
la residenza fiscale del soggetto, il riferimento
alla dimora abituale o, in mancanza, alla
nazionalità del soggetto.
La dimora abituale si riferisce alla presenza fisica
del soggetto sul territorio per la maggior parte del
periodo
d’imposta;
questa
sarebbe
presumibilmente rinvenibile nel Paese estero.
Di conseguenza, il soggetto potrebbe dimostrare
la residenza fiscale all’estero.
Sintetizzando, per definire la residenza fiscale
del soggetto (considerato fiscalmente residente
di entrambi i paesi) si deve analizzare, in primis,
dove il soggetto dispone di un’abitazione
permanente; se dispone di un’abitazione
permanente in entrambi gli stati si deve
esaminare dove è presente il centro degli
interessi vitali.
Se non è possibile definire il paese nel quale è
presente il centro degli interessi vitali si deve
verificare dove il soggetto è fisicamente presente
per la maggior parte del periodo d’imposta
(dimora abituale).
Nel caso in esame, si ritiene che lo stesso possa
essere considerato fiscalmente residente
all’estero.
In tal caso, si consiglia l’iscrizione all’AIRE.
2.
Retribuzioni convenzionali anche con datore
di lavoro estero
È possibile applicare le retribuzioni
convenzionali anche se il datore di lavoro è
estero?
Le retribuzioni convenzionali sono applicabili
anche per il contribuente italiano che lavora
all’estero per conto di un datore di lavoro estero
che non assolva a suo favore gli obblighi
contributivi.
Ciò è stato confermato sia con C.M. n. 50/E del
2002, par. 18, che con la C.M. 11/E/2014 , in cui è
stato precisato che il soggetto residente che versi
nelle condizioni previste dall’articolo 51, comma 8bis), del TUIR, è tenuto a dichiarare il reddito
convenzionale nella misura in cui è definito
annualmente con il Decreto del Ministro del Lavoro
e della Previdenza Sociale (ora Ministro del Lavoro
e delle Politiche Sociali), ancorché non sia presente
in Italia alcun soggetto che adempia, in suo favore,
gli obblighi contributivi.
A tal proposito è importante sottolineare che l’art.
23, co. 1–bis, D.P.R. 600/1973, prevede che i
soggetti che adempiono agli obblighi contributivi in
relazione ai redditi di lavoro dipendente prestato
all’estero devono in ogni caso operare anche le
ritenute fiscali e quindi:
 effettuare le operazioni di conguaglio;
 consegnare ai dipendenti la relativa
certificazione;
 presentare all’Agenzia delle Entrate il
Modello 770 semplificato.
3.
Credito imposte estere
Caio, fiscalmente residente in Italia, presta la
propria attività lavorativa all’estero. In tale caso,
sono applicabili le retribuzioni convenzionali.
Il reddito estero ammonta ad euro
50.000,00;
tale reddito, rideterminato secondo la
disciplina italiana, ammonta ad euro
60.000,00;
l’imposta pagata a titolo definitivo nel
Paese estero ammonta ad euro 15.000;
in Italia sconta la tassazione del 35%;
la retribuzione convenzionale ammonta
ad euro 30.000,00;
l’IRPEF lorda ammonti in Italia ad euro
10.500,00 (30.000,00*35%).
A quanto ammonta il credito per le imposte
estere?
In tal caso, secondo le indicazioni della R.M.
48/E/2013, il credito d’imposta massimo fruibile,
nel rispetto delle altre condizioni previste dalla
norma, è determinato dal rapporto tra la
retribuzione convenzionale ed il reddito di lavoro
dipendente che sarebbe stato tassabile in via
ordinaria in Italia.
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In sostanza:
30.000,00/60.000,00= 0,5
0,5*15.000,00=7.500,00
IRPEF NETTA 10.500,00 – 7.500,0 = 3.000,00
4.
nostro caso l’Italia), che soggiace pertanto alle
relative norme di diritto interno.
In particolare:

Lavoro subordinato in Francia
Caio residente a Sanremo si reca tutti i giorni
in Francia in quanto lì svolge attività di lavoro
dipendente.
Caio percepisce redditi in Francia per euro
100.000,00.
Si chiede a chi spetti la potestà impositiva su tali
redditi.
Il lavoratore frontaliero (o transfrontaliero) è
colui che, pur essendo residente in Italia, presta
attività lavorativa in zone di frontiera o in altri paesi
limitrofi e ritorna in Italia, di massima, ogni giorno.
Il reddito generato dal lavoratore transfrontaliero
sarà tassato, generalmente, sia nello Stato di
residenza del soggetto (worldwide principle) che
nello Stato ove il reddito viene prodotto, generando,
di conseguenza, una doppia imposizione.
Generalmente, il reddito generato dal lavoratore
transfrontaliero sarà tassato, sia nello Stato di
residenza del soggetto (worldwide principle) che
nello Stato ove il reddito viene prodotto, generando,
di conseguenza, una doppia imposizione.
Al fine di evitare la doppia imposizione, l’Italia ha
stipulato numerose Convenzioni internazionali
(che, come noto, essendo accordi tra più stati
prevalgono sulla norma interna).
Nel caso di specie, si rende necessario analizzare
la Convenzione contro le doppie imposizioni tra
Italia e Francia.
La Convenzione internazionale contro le doppie
imposizioni stipulata tra Italia e Francia all’articolo
15, paragrafo 4, sancisce che “i redditi derivanti dal
lavoro dipendente di persone abitanti nella zona di
frontiera di uno degli Stati, e che lavorano nella zona
di frontiera dell’altro Stato, sono imponibili soltanto
nello Stato del quale dette persone sono residenti”.
La disposizione richiamata prevede per i redditi dei
lavoratori frontalieri una potestà impositiva
esclusiva nel Paese di residenza del frontaliero (nel

qualora il soggetto frontaliero sia
fiscalmente residente in Francia, verrà
esercitata la potestà impositiva esclusiva
francese;
diversamente, qualora il frontaliero sia
fiscalmente residente in Italia, troverà
applicazione la normativa interna italiana,
precedentemente analizzata, cosicché il
Paese in cui il reddito è prodotto dovrà
astenersi dalla tassazione.
Tuttavia, non viene precisato il limite entro il quale
considerare un lavoratore frontaliero.
Sul tema, il protocollo della Convenzione contro le
doppie imposizioni stipulata tra Francia e Italia,
sancisce al paragrafo 9, che” per quanto concerne
il paragrafo 4 dell'articolo 15, per zone frontaliere si
intendono, per l'Italia, le Regioni, e per la Francia, i
Dipartimenti, confinanti con la frontiera”.
La disposizione presente nel protocollo sembra
definire l’ambito soggettivo dei lavoratori
frontalieri a coloro che risiedono esclusivamente
nelle Regioni o Dipartimenti situati al confine.
Di conseguenza, per l’Italia il confine tocca tre
regioni alle quali sarà limitato l’ambito di
applicazione delle disposizioni convenzionali in
tema di frontalieri:
 Valle d'Aosta;
 Piemonte;
 Liguria.
Per ciò che concerne la Francia, la linea di confine
interessa cinque dipartimenti
 Alta Savoia;
 Savoia;
 Alte Alpi;
 Alpi dell'Alta Provenza;
 Alpi Marittime.
Nel nostro caso, Caio risiede in Liguria e rientra,
pertanto, nella disposizione richiamata.
Di conseguenza, la potestà impositiva spetta
esclusivamente all’Italia.
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PENSIONI ESTERE
Sono pensioni estere quelle corrisposte da un ente pubblico o privato di uno Stato estero a seguito
di lavoro prestato in quello Stato e percepite da un residente in Italia.
Tali redditi, secondo la normativa interna e precisamente secondo l’art. 49, co. 2, lett. a) D.P.R.
917/1986, sono imponibili in Italia. Si potrà usufruire, tuttavia, delle più favorevoli disposizioni
previste nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Le Convenzioni contro le doppie imposizioni, stipulate dell’Italia, generalmente, disciplinano il
trattamento delle pensioni transnazionali negli articoli 18 e 19, distinguendo tra pensioni
pubbliche e pensioni private.
Sono pensioni pubbliche quelle pagate da uno Stato o da una sua suddivisione politica o
amministrativa o da un ente locale. Sono pensioni private quelle corrisposte da enti, istituti od
organismi previdenziali dei Paesi esteri preposti all’erogazione del trattamento pensionistico.
Pagate da uno Stato o da una sua suddivisione politica o
Pensioni pubbliche
amministrativa o da un ente locale.
Corrisposte da enti, istituti od organismi previdenziali dei Paesi
Pensioni private
esteri preposti all’erogazione del trattamento pensionistico.
CONVENZIONE CON ALCUNI PAESI ESTERI
Paese Estero
Pensioni Private
Pensioni Pubbliche
Sono assoggettate a
Argentina, Regno Unito,
Sono assoggettate a
tassazione solo in Italia se il
Spagna, Stati Uniti, Venezuela
tassazione solo in Italia
contribuente ha la nazionalità
italiana
Sono assoggettate a
Belgio, Germania
Sono assoggettate a
tassazione solo in Italia
tassazione solo in Italia se il
contribuente ha la nazionalità
italiana e non anche quella
estera
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Se il contribuente ha anche la
nazionalità estera la pensione
viene tassata solo in tale
Paese
Australia
Sono assoggettate a tassazione solo in Italia
Sono assoggettate a tassazione solo in Italia se l’ammontare
non supera il più elevato dei seguenti importi 10.000 dollari
canadesi o € 6.197,48; se viene superato tale limite le
Canada
pensioni sono tassabili sia in Italia sia in Canada ed in Italia
spetta il credito per l’imposta pagata in Canada in via
definitiva. Nel caso siano state percepite pensioni canadesi
“di sicurezza sociale”, ad esempio la pensione OAS (Old Age
Security), esse sono tassabili esclusivamente in Canada.
Sono tassate solo in Italia se
il contribuente non possiede
Sono tassate solo in Italia
Svizzera
la nazionalità svizzera; sono
tassate solo in Svizzera se il
contribuente possiede
nazionalità svizzera.
Le rendite AVS non devono essere dichiarate in Italia in
quanto assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta
1.
Pensione Canadese
Un soggetto persona fisica fiscalmente
residente in Italia percepisce una pensione privata
Canadese. Tale pensione deve essere tassata in
Italia?
In via preliminare, è bene precisare che l’art. 3,
co. 1 D.P.R. 917/1986 stabilisce che “l’imposta si
applica sul reddito complessivo del soggetto,
formato per i residenti da tutti i redditi posseduti e
per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel
territorio dello Stato”.
In base alla disposizione richiamata, se una
persona fisica è considerata residente in Italia, è
tassata sui redditi ovunque prodotti (worldwide
principle) mentre una persona non residente è
tassata esclusivamente sui redditi prodotti in
Italia e dunque anche sulla pensione canadese.
Tali pensioni sono assoggettate a tassazione
solo in Italia se l’ammontare non supera il più
elevato dei seguenti importi: 12.000 dollari
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canadesi o l’equivalente in euro. Se viene
superato tale limite le pensioni sono tassabili sia
in Italia sia in Canada ed in Canada non può
essere applicata una tassazione superiore al
15%. In tal caso, in Italia spetta il credito per
l’imposta pagata in Canada in via definitiva.
2.
Pensione AVS Svizzera
Un soggetto persona fisica fiscalmente
residente in Italia percepisce una pensione AVS
Svizzera. Tale pensione deve essere tassata in
Italia?
Tali pensioni sono tassate in Italia. Le rendite
corrisposte da parte dell’Assicurazione Svizzera
per la vecchiaia e per i superstiti (rendite AVS) non
devono essere dichiarate in Italia in quanto
assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo di
imposta.
3.
sociale di uno Stato sono imponibili in questo
Stato.
Conseguentemente, nel caso del Belgio, la
pensione sarà tassata solamente in Italia e non
potrà essere assoggettata a ritenuta in Belgio. Ciò
è vero solamente qualora la pensione non sia
pagata in corrispettivo di funzioni pubbliche svolte
a favore dello Stato belga, ad una sua suddivisione
politica o amministrativa o ad un suo ente locale.
In questo caso, in deroga alla previsione generale
dell’articolo 18, la pensione sarebbe tassata
solamente in Belgio, in applicazione dell’articolo 19
della convenzione. Tale pensione privata andrà
inserita nel quadro RC, righi da RC1 a RC3, con
indicazione del codice 1 (redditi di pensione).
Spettano le detrazioni da lavoro dipendente.
Trattandosi di tassazione esclusiva in Italia, non
spetta la detrazione per le imposte pagate
all’estero, ex articolo 165 del TUIR. Qualora l’ente
previdenziale belga dovesse applicare ritenute,
queste andranno chieste a rimborso all’autorità
fiscale belga, ex art. 18 della convenzione.
Pensione Belga
Un cittadino, residente in Italia, nel 2015 ha
percepito una pensione dal Belgio, corrisposta da
un organismo previdenziale belga (l'Office
national des pensions); si ritiene, quindi, che sia
una pensione "privata". Va assoggettata a
tassazione in Italia? Dove va indicata in Unico
2016?
L’articolo 18 della convenzione contro le
doppie imposizioni stipulata tra Italia e Belgio (L. 3
aprile 1989, n. 148) prevede che le pensioni e le
altre remunerazioni analoghe, pagate a un
residente di uno Stato contraente (Italia, nella
fattispecie) in relazione a un cessato impiego,
sono imponibili soltanto in questo Stato. La
convenzione stabilisce quindi, in questa
circostanza, una potestà di tassazione esclusiva
nello Stato di residenza del percettore. Non è
presente una previsione, quale quella che si trova
in altre convenzioni (es. in quella con la Francia),
secondo la quale, le pensioni e altre somme pagate
in applicazione della legislazione sulla sicurezza
4.
Pensione tedesca
Un cliente residente in Italia, che percepisce
una pensione mensile da un ente pensionistico
tedesco, non possiede una certificazione, in
quanto l'ente non è sostituto d’imposta. In
quale quadro del Modello 730 o del Modello Unico
devo inserire tale pensione affinché tale reddito
venga tassato in Italia?
Le istruzioni ministeriali al Modello Unico PF
recitano: "Sono pensioni estere quelle corrisposte
da un ente pubblico o privato di uno Stato estero a
seguito di lavoro prestato in quello Stato e
percepite da un residente in Italia. Con alcuni paesi
sono in vigore convenzioni contro le doppie
imposizioni sul reddito, in base alle quali le
pensioni di fonte estera sono tassate in modo
diverso, a seconda che si tratti di pensioni
pubbliche o di pensioni private". In base alla
vigente convenzione contro le doppie imposizioni
tra Italia e Germania, "le pensioni pubbliche sono
assoggettate a tassazione solo in Italia se il
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contribuente ha la nazionalità italiana e non anche
quella estera. Se il contribuente ha anche la
nazionalità estera la pensione viene tassata solo in
tale paese. Le pensioni private sono assoggettate
a tassazione solo in Italia. La pensione andrà
indicata nel quadro RC del Modello Unico 2016
persone fisiche.
5.
Pensione francese
Un cliente residente in Italia, che percepisce
pensione francese, che deve fare in Unico PF?
Le
pensioni
private
sono
tassate
generalmente solo in Italia (le pensioni erogate in
base alla legislazione di “sicurezza sociale” sono
imponibili in entrambi gli Stati); le pensioni
pubbliche, invece, sono tassate solo in Italia, se il
contribuente ha la nazionalità italiana e non quella
francese, altrimenti sono tassate solo in Francia.
6.
Pensione argentina, inglese,
americana o venezuelana
spagnola,
Un cliente residente in Italia, che percepisce
una pensione argentina (o inglese, spagnola,
americana o venezuelana), che deve fare in Unico
PF?
Le pensioni private sono assoggettate a
tassazione solo in Italia; le pensioni pubbliche sono
assoggettate a tassazione solo in Italia, se il
contribuente ha la nazionalità italiana.
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LOCAZIONE IMMOBILI ESTERI
Ai sensi dell’art. 70, co. 2, D.P.R. 917/1986 “I redditi dei terreni e dei fabbricati situati all'estero
concorrono alla formazione del reddito complessivo nell’ammontare netto risultante dalla
valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di
difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di
quello italiano.
I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero concorrono a formare il
reddito complessivo per l'ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del 15 per cento a
titolo di deduzione forfettaria delle spese”.
In base alla citata disposizione normativa, i redditi derivanti dalla proprietà o il possesso di
immobili esteri da parte di persone fiscalmente residenti in Italia concorrono alla formazione del
reddito complessivo del contribuente.
Per individuare le modalità di concorso al reddito complessivo degli immobili situati all’estero, si
rende necessario distinguere gli immobili esteri non locati e gli immobili esteri locati.
Immobili esteri
(Imposizione diretta)
Immobili esteri non locati
Immobili esteri locati
Per quanto riguarda gli immobili esteri non locati:
 se lo Stato estero tassa gli immobili ai fini dell’imposizione diretta, l’Italia userà la stessa
base imponibile;
 se lo Stato estero non li tassa, saranno esenti anche in Italia.
Immobile estero non locato
Se tassato nello
Stato estero
Se non tassato nello
Stato estero
In Italia si utilizza la medesima
base imponibile
Non viene tassato in Italia
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Le istruzioni al quadro RL, rigo RL 12, colonna 2 (dove tali redditi vanno inseriti), precisano che
“per gli immobili all’estero adibiti ad abitazione principale dai soggetti residenti nel territorio dello
stato, in forza delle regole ordinarie, ed anche per gli immobili non locati per i quali è dovuta l’IVIE,
non viene applicato il secondo comma dell’articolo 70 del TUIR (comma 15-ter, dell’articolo 19 del
D.L. n. 209 del 2011)”.
Dunque, per gli immobili esteri non locati sussiste un effetto sostitutivo tra IVIE e IRPEF.
Pagata l’IVIE, non sussisto ulteriori obblighi impositivi, ma continueranno a sussistere obblighi
dichiarativi, da assolvere sia nel quadro RL che nel quadro RW.
I redditi dell’immobile estero infatti, pur NON concorrendo alla formazione del reddito
complessivo, dovranno essere indicati nel quadro RL, rigo R12, colonna 1.
In merito al secondo caso (immobile estero locato), sempre in base alle disposizioni dell’art. 70,
co. 2, del TUIR, si possono quindi verificare due casi:
→ lo Stato estero tassa i canoni;
→ lo Stato estero esenta i canoni.
Nel primo caso in Italia bisognerà utilizzare la stessa base imponibile dello Stato estero, mentre
nel secondo caso si utilizzerà il canone di locazione ridotto del 15%.
Per ovvie ragioni, solo nel primo casi si potrà usufruire del credito per le imposte estere.
Per l’immobile estero locato, si dovrà dunque compilare il quadro RL, rigo RL 12, colonna 2 (da
ripotare anche nel quadro RN, rigo RN50, colonna 3).
In questo caso, tuttavia, il contribuente potrà fruire del credito d’imposta per le
imposte pagate all’estero.
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1.
Immobile locato in Francia
Sono proprietario di un immobile in Francia.
Il suddetto immobile è locato per tutto l’anno.
Sempre su questo immobili pago l’IVIE e sconto la
tax foncière. Posso dedurre la tax foncière dalle
imposte sul reddito pagate in Italia?
La risposta è negativa. Infatti la tax foncière,
come indicato nella C.M. 28/E/2012, è un’imposta
sul patrimonio ed è scomputabile ai fini IVIE ma
non ai fini delle imposte sul reddito dovute in Italia.
2.
Immobile in Australia
Sono proprietario di un immobile in Australia.
In Australia l'anno fiscale va dal 1/7/2014 al
30/6/2015.
In Australia i redditi degli immobili sono stati
tassati nel periodo fiscale 01.07.2014 –
30.06.2015, mentre risultano esenti da tassazione
nel periodo d’imposta successivo. I redditi da
locazione degli immobili in questione, vanno o non
vanno tassati in Italia?
In tale situazione si dovrà far riferimento al
periodo d’imposizione estero che scade nel corso
di quello italiano e dunque nel nostro caso al
periodo 01.07.2014 – 30.06.2015 (periodo nel
quale l’immobile era soggetto a tassazione nel
paese estero).
In caso d’immobile estero locato, in base alle
disposizioni dell’art. 70, co. 2, del TUIR, e lo Stato
estero tassa i canoni, l’Italia utilizzerà la stessa
base imponibile dello Stato estero,
3.
Convenzioni contro le doppie imposizioni
Nel caso d’immobile non locato in Romania,
possa evitare la tassazione sui redditi in Italia in
base alle Convenzioni contro le doppie
imposizioni?
L’art. 6 della Convenzione contro le doppie
imposizioni tra Italia e Romania prevede che “i
redditi derivanti da beni immobili, compresi i redditi
delle attività agricole o forestali, sono imponibili
nello Stato contraente in cui detti beni sono
situati”.
Le suddette disposizioni si applicano ai redditi
derivanti dall’utilizzazione diretta, dalla locazione o
dall'affitto, nonché da ogni altra forma di
utilizzazione di beni immobili.
Come si evince dalla disposizione Convenzionale
citata, i redditi immobiliari realizzati su un
immobile sito in Romania da una persona fisica
fiscalmente residente in Italia sono tassati nello
Stato in cui gli immobili sono situati e dunque in
Romania. Tuttavia, mancando l’avverbio “soltanto”
non si esclude la potestà impositiva italiana.
Pertanto, tali redditi dovranno essere tassati anche
in Italia.
Le istruzioni al quadro RL, rigo RL 12, colonna 2
(dove tali redditi vanno inseriti), precisano che “per
gli immobili all’estero adibiti ad abitazione
principale dai soggetti residenti nel territorio dello
stato, in forza delle regole ordinarie, ed anche per gli
immobili non locati per i quali è dovuta l’IVIE, non
viene applicato il secondo comma dell’articolo 70
del TUIR (comma 15-ter, dell’articolo 19 del D.L. n.
209 del 2011)”.
Dunque, per gli immobili esteri non locati sussiste
un effetto sostitutivo tra IVIE e IRPEF.
Pagata l’IVIE, non sussisto ulteriori obblighi
impositivi, ma continueranno a sussistere obblighi
dichiarativi, da assolvere sia nel quadro RL che nel
quadro RW.
I redditi dell’immobile estero infatti, pur NON
concorrendo alla formazione del reddito
complessivo, dovranno essere indicati nel quadro
RL, rigo R12, colonna 1.
4.
Immobile in Gran Bretagna
Caio è proprietario di un immobile nel Regno
Unito il cui costo d’acquisto è di euro 130.000,00.
L’immobile è locato. I canoni percepiti (euro
10.000) non sono tassati in Gran Bretagna.
Su tale immobile si paga la Council Tax per la
fascia 52.001 – 68.000 sterline. Come bisogna
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comportarsi nella dichiarazione dei redditi in
Italia?
Nell’esempio proposto, si dovrà indicare nel
quadro RL, rigo RL12, colonna 2, il reddito
dell’immobile estero, pari ai canoni percepiti ridotti
del 15% a titolo di deduzione forfettaria.
Si potrà in tal caso usufruire del credito per le
imposte estere limitatamente alle imposte sul
reddito pagate in Gran Bretagna a titolo definitivo e
dunque irripetibili.
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