giugno 2007 - Nuova Informazione Cardiologica
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LA NUOVA INFORMAZIONE CARDIOLOGICA 2007 - N. 1 ANNO 27°- FOGLIO ELETTRONICO DOMICILIARE Immagine di copertina Cripte Inferosettali nella Cardiomiopatia Ipertrofica (1) In soggetti con mutazioni geniche della cardiomiopatia ipertrofica (CMI) che non abbiano ancora sviluppato la ipertrofia miocardica si possono individuare nella parte inferiore del setto interventricolare dei tunnel o delle cripte mediante la risonanza magnetica cardiaca. 2 Queste cripte rivelano alterazioni da cattivo adattamento miocardico e rappresentano un segno precoce che predispone allo sviluppo della caratteristica ipertrofia dei pazienti con CMI. In questa donna di 30 anni, asintomatica, portatrice di mutazioni CMI, e con uno spessore massimo della parete settale di soli 6 mm, le cripte erano molto prominenti e quindi erano ben visibili sia nelle immagini della risonanza magnetica cardiaca che in quelle dell’ecocardiografia (Figura 1A e 1B) situate nel setto inferiore basale; è dimostrato anche il flusso ematico nelle cripte mediante l’ecocardiografia color Doppler (Figura 1C). Figura 1 Figura 1. Cine della risonanza magnetica cardiaca che in una proiezione dedicata 2-camere di una portatrice di mutazione di cardiomiopatia ipertrofica (A). Teste di frecce nere indicano cripte nel setto inferiore. Queste cripte possono anche essere osservate con l’ecocardiografia bi-dimensionale, come è indicato dalle teste di frecce bianche (B). Il flusso ematico nelle cripte (blu) può essere visualizzato con l’ecocardiografia color Doppler (teste di frecce bianche in C). Le immagini cardiache simulano nell’ecocardiogramma quelle di una cardiomiopatia noncompatta, dalla quale si distinguono perché, a differenza di quest’ultima, le cripte sono localizzate nel setto infero-basale, penetrano fino agli strati del miocardio epicardico, non compromettono la funzione contrattile e non aumentano il rischio di complicazioni tromboemboliche .(1) Germans T, Dijkmans, PA, Wilde AA, et al. Prominent Crypt Formation in the Inferoseptum of a Hypertrophic Cardiomyopathy Mutation Carrier Mimics Noncompaction Cardiomyopathy Circulation. 2007;115:e610-e611. (PR) INDICE PROSPETTIVE CLINICHE Rilevanza clinica della funzione e della disfunzione endoteliale di Paolo Rossi FLASH Defibrillatori Auotomatici Esterni MEDICINA ED ETICA L’esercizio della professione medica tra consuetudine e responsabilità di Cleto Antonini Pag. 17-20 LA NUOVA INFORMAZIONE CARDIOLOGICA è inviata gratuitamente secondo una mailing list si può essere cancellati o essere iscritti per riceverla, inviando la propria e-mail a: [email protected] Direttore Responsabile: Prof. Paolo Rossi - [email protected] Direttore Scientifico: Dott. Eraldo Occhetta - [email protected] Segretario Scientifico: Dott. Gabriele Dell’Era - [email protected] ASSOCIAZIONE PREVENZIONE CARDIOPATIE Autorizzazione del Tribunale di Novara n. 19 del 15 settembre 1079 Pagina 3 Prospettive Cliniche di Paolo Rossi Rilevanza clinica della funzione e della disfunzione endoteliale L’aterosclerosi inizia nell’infanzia, progredisce silenziosamente attraverso un lungo stadio pre-clinico, ed eventualmente inizia a manifestarsi clinicamente, dalla media età. Negli ultimi 30 anni, si è capito che l’inizio e la progressione della malattia, e la sua più tardiva attivazione fino all’aumento del rischio di eventi morbosi, dipendono da profondi cambiamenti dinamici in biologia vascolare 1 . L’endotelio è emerso come il regolatore chiave della omeostasi vascolare, in quanto non svolge semplicemente una funzione di barriera ma agisce anche come un dinamico trasduttore di segnali o messaggi designati per influenzare la funzione circolatoria e che modificano il fenotipo della parete vasale 2 . L’alterazione della funzione endoteliale precede lo sviluppo delle moficazioni morfologiche aterosclerotiche e può anche contribuire allo sviluppo delle lesioni e più tardi alle complicazioni cliniche 3. Il riconoscimento del ruolo centrale svolto dall’endotelio in tutta la progressione della malattia aterosclerotica ha condotto allo sviluppo di una serie di metodi per testare differenti aspetti della sua funzionalità, che includono misurazioni sia di danneggiamento endoteliale che della riparazione. Ciò non solo ha permesso di acquisire nuovi concetti di fisiopatologia, ma ha anche prodotto una opportunità clinica di riconoscere nei pazienti stadi precoci di malattia, di quantificare il rischio, di giudicare le risposte ad interventi designati a prevenire la progressione di stadi precoci di malattia, e ridurre gli eventi avversi più tardivi. L’endotelio nella omeostasi vascolare normale L’endotelio in buona salute è abile a rispondere a segnali fisici e chimici mediante la produzione di una ampia gamma di fattori che regolano tono vascolare, adesione cellulare, trombo-resistenza, proliferazione di cellule muscolari lisce, e infiammazione della parete vasale. L’effetto sul tono vascolare è ottenuto mediante produzione e liberazione di Pagina 4 Titolo documento numerose molecole vaso-attive che rilasciano o contraggono il vaso, che si aggiungono come risposta alle variazioni di mediatori circolanti vaso-attivi quali bradichinina e trombina. Tale vasomozione esercita una funzione diretta nel bilancio dell’offerta di ossigeno ai tessuti e della domanda metabolica mediante regolazione del tono e diametro vasale, ed è anche coinvolta nella modellazione di struttura vascolare e di perfusione dell’organo a lungo termine 4. Gli esperimenti pionieristici di Furchgott e Zawadzki dimostrarono un fattore di rilasciamento di origine endoteliale che fu poi dimostrato essere ossido nitrico (NO) 5. NO è generato da L-arginina con l’azione della sintasi endoteliale NO (eNOS) in presenza di cofattori quali tetraidrobiopterina lisce vascolari e 6 . Questo gas diffonde verso le cellule muscolari attiva la guanilate ciclase, che pilota una vasodilatazione cGMP-mediata. Lo stress da sfregamento è un attivatore chiave di eNOS in fisiologia normale, e ciò adatta la perfusione dell’organo ai cambiamenti della portata cardiaca 7. Inoltre, l’enzima può essere attivato da molecole segnali quali bradichinina, adenosina, fattore accrescimento vascolare endoteliale (in risposta ad ipossia), e serotonina (liberata durante aggregazione piastrinica) 8 . L’endotelio media anche la iperpolarizzazione di cellule muscolari lisce vascolari via un sistema NO-indipendente, che accresce la conduttanza del potassio e susseguente propagazione di depolarizazione alle cellule muscolari lisce vascolari, per mantenere il tono vasodilatatore 9 . Il Fattore Iperpolarizzante Endotelio-Derivato può compensare la perdita di tono vasodilatatore NO-mediato, particolarmente nella microcircolazione, e ciò appare essere importante nel caso in cui sia ridotta la bio-disponibilità di NO 10 . Prostaciclina, derivata dall’azione del sistema cicloossigenasi, è un altro vasodilatatore endotelioderivato che agisce indipendentemente da NO limitato nell’uomo. Figura 1 11 , ma con un ruolo più Pagina 5 Figura 1. Sinistra, Lo stato quiescente dell’endotelio, nel quale NO (cerchi verdi) è generato dall’isoforma endoteliale di sintasi di ossido nitrico (eNOS) nella sua configurazione a balzo sulla membrana. Lo NO liberato raggiunge i gruppi cisteina in molecole regolatorie chiavi quali NF B (p50/p65) e i mitocondri, ciò provoca la quiete (silenzio) dei processi cellulari. Destra, Lo stato di attivazione endoteliale nel quale predomina il segnale dell’ossigeno reattivo (cerchi rossi). I ROS come H2O2 sono generati da ossidasi in aggiunta allo stato svincolato di eNOS. Come NO, colpiscono nelle proteine molecole regolatorie chiavi, quali NF B e fosfatasi, ciò provoca l’attivazione della cellula endoteliale. Tale attivazione può verificarsi fisiologicamente nel contesto di una difesa del padrone di casa o in condizioni pato-fisiologiche in presenza di fattori di rischio cardiovascolare(32). L’endotelio modula la vasomotilità, anche mediante un incremento del tono costrittore via la generazione di endotelina e prostanoidi vasocostrittori, ed anche via conversione sulla superfice endoteliale di angiotensina I ad angiotensina II 12,13 . Tali agenti vasocostrittori agiscono localmente, ma possono anche esercitare alcuni effetti sistemici ed avere un ruolo nella regolazione e rimodellamento di Pagina 6 strutture arteriose. In fisiologia vascolare normale, NO svolge un ruolo chiave per mantenere la parete vascolare in un stato quiescente mediante inibizione di infiammazione, proliferazione cellulare, e trombosi. Ciò è in parte ottenuto con s-nitrosilazione dei residui di cisteina in un ampio spettro di proteine, che riduce in tal modo la loro attività biologica14. Le proteine bersaglio includono la trascrizione del fattore NF B, proteine controllanti ciclo cellulare, e proteine coinvolte nella generazione di fattore tessutale15. Inoltre, NO limita fosforilazione ossidativa mitocondri16. Lo nei probabilmente il principale stress fattore che di attrito laminare mantiene tale è fenotipo 17 endoteliale quiescente, dominato da NO . Attivazione Endoteliale ed Aterosclerosi L’attivazione endoteliale (erroneamente riferita come una disfunzione) si verifica in un cambio del fenotipo da uno quiescente in un altro che mette in atto la risposta difensiva del padrone di casa (Figura 1). Infatti, la gran parte dei fattori di rischio cardiovascolare attivano nell’endotelio meccanismi molecolari che sfociano in espressioni di chemochine, citochine, e molecole di adesione allo scopo di interagire con leucociti, piastrine e obiettivi infiammatori in tessuti specifici per eliminare microorganismi18. Il cambiamento fondamentale coinvolto in questo processo è uno spostamento della segnaletica dalla quiete dei processi cellulari mediata da NO verso l’attivazione per mezzo del segnale redox. Specie reattive di ossigeno (ROS), in presenza di superossido dismutasi, provocano generazione di perossido d’idrogeno (H2O2), il quale, come NO, può diffondersi rapidamente in tutta la cellula e reagire con gruppi cisteina nelle proteine e alterare la loro funzione19: Tuttavia, a causa delle differenti chimiche coinvolte, ciò provoca conseguenze molto diversificate, quali fosforilazione di fattori di trascrizione, induzione al rimodellamento di cromatina nucleare e di geni di trascrizione, e attivazione di proteasi. È stimolante il fatto che eNOS, il quale normalmente aiuta a mantenere lo stato quiescente dell’endotelio, può cambiare in circostanze appropriate per generare Pagina 7 ROS come parte di attivazione endoteliale. Questo si chiama disconnessione di eNOS, e determina formazione di superossido se non è presente il cofattore chiave tetrahydrobiopterin, o generazione di perossido d’idrogeno se è deficiente il substrato L-arginina6. Se attivazione endoteliale e messaggi redox sono parte della normale difesa del padrone di casa, è interessante considerare le circostanze nelle quali i due processi possono contribuire a aterogenesi ed eventi clinici. La differenza fra normale difesa e nociva attivazione cellulare può ben essere una conseguenza della natura, estensione, durata, e combinazione degli stimoli pro-infiammatori. Lesione e riparazione endoteliale Esposizioni protratte e/o ripetute a fattori di rischio cardiovascolare possono alla fine estenuare la efficacia protettiva di sistemi endogeni anti-infiammatori entro le cellule endoteliali. Come conseguenza, l’endotelio non soltanto diviene disfunzionale, ma cellule endoteliali possono anche perdere integrità, procedere a senescenza, e staccarsi nel sangue circolante20 (Figura 2). Figura 2. Messaggi ROS persistenti inducono senescenza della cellula endoteliale. Sinistra, Ciò provoca distacco di cellule endoteliali o parti della membrana di cellule endoteliali (microparticelle endoteliali). Destra, Aumentando età e messaggi ROS persistenti, la capacità di cellule endoteliale adiacenti a riparare la lesione endoteliale è limitata, e la integrità vascolare è legata alla incorporazione di cellule progenitrici Pagina 8 circolanti (CE per cellule endoteliali . (32) I markers circolanti delle cellule endoteliali danneggiate sono costituiti da microparticelle endoteliali derivate da cellule attivate o apoptotiche, e da cellule intere endoteliali 21 . Tali markers sono risultati essere aumentati nella malattia aterosclerotica sia periferica che coronarica, come anche in altre condizioni infiammatorie associate con accresciuto rischio vascolare sistemico 22 quali artrite reumatoide e lupus eritematoso . Microparticelle endoteliali circolanti e cellule endoteliali possono essere quantificate, e costituire promettenti candidati per essere utilizzate in prove cliniche di laboratorio. L’integrità endoteliale dipende non solo dall’estensione del danno, ma anche dalla endogena capacità di riparazione. Recentemente sono stati identificati due mecchanismi che intervengono in tale processo di riparazione. Cellule endoteliali adiacenti mature possono replicarsi in loco, e rimpiazzare le cellule perdute e danneggiate. Le cellule endoteliali locali sarebbero sufficienti a mantenere l’integrità vascolare per tutta la vita in circostanze di buona salute, ma non in presenza di fattori di rischio progenitrici 23 . Più recentemente, si è chiarito che cellule endoteliali circolanti rappresentano un meccanismo alternativo per il mantenimento e la riparazione dell’endotelio 24 . Tali cellule sono reclutate dal midollo osseo, circolano nel sangue periferico e si possono differenziare in cellule mature con caratteristiche endoteliali. La mobilizzazione di queste cellule è in parte NOdipendente, e può perciò essere pregiudicata nei pazienti con fattori di rischio cardiovascolare 25 . Al contrario, fattori per i quali si è dimostrata la proprietà di migliorare la funzione endoteliale e la biodisponilità di NO, come esercizio e statine, hanno anche mostrato di svolgere un potente effetto positivo sulla mobilizzazione di cellule progenitrici endoteliali 26-28 . Inoltre, dati recenti hanno evidenziato che fattori di rischio non soltanto interferiscono con il reclutamento di cellule progenitrici endoteliali circolanti, ma anche con la differenziazione e funzione di tali cellule. Ad esempio, importanti proprietà cellulari quali migrazione, adesione, e formazione di tubuli in cellule coltivate possono essere pregiudicate in presenza di fattori di Pagina 9 rischio e di malattia aterosclerotica cellule progenitrici endoteliali 29 . È interessante notare che circolanti possono differenziarsi in differenti linee tessutali, e, quando vengono esposte a citochine infiammatorie specifiche, sviluppare caratteristiche di altre cellule mieloidi quali macrofagi e cellule dendritiche 30 . Pertanto, la biologia di queste cellule progenitrici circolanti endoteliali possono svolgere un ruolo importante nella patogenesi di malattie vascolari sia mediante un effetto sulle lesione endoteliale che con la capacità di riparazione endoteliale. La importanza del bilanciamento tra esposizione a fattori di rischio e la capacità di riparazione nella determinazione del fenotipo clinico endoteliale è stata evidenziata dalla dimostrazione che soggetti con più numerose cellule progenitrici endoteliali circolanti presentano una preservata funzione endoteliale, nonostante l’esposizione ad elevati livelli di fattori di rischio 31 . Prof. Paolo Rossi primario cardiologo Via Verdi, 18 Novara e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Ross R. Atherosclerosis: an inflammatory disease. N Engl J Med. 1999; 340: 1928–1929. 2. Vita JA, Keaney JF. Endothelial function: a barometer for cardiovascular risk? Circulation. 2002; 106: 640–642. 3. Ross R. The pathogenesis of atherosclerosis: a perspective for the 1990s. Nature. 1993; 362: 801–809. 4. Schechter AN, Gladwin MT. Hemoglobin and the paracrine and endocrine functions of nitric oxide. N Engl J Med. 2003; 348: 1483–1485. 5. Furchgott RF, Zawadzki JV. 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In molti locali pubblici, come i centri commerciali, gli uffici e le scuole, possono essere presenti defibrillatori automatici esterni (AED, auto- mated external defibrillators). Alcuni pazienti potrebbero chiedere al proprio medico informazioni sulla necessità o meno di acquistare un AED per uso personale. Negli Stati Uniti, uno di questi apparecchi è stato approvato dalla US Food and Drug Administration (FDA) per essere venduto come prodotto da banco (HeartStart Home Defibrillator - Philips); l'acquisto di tutti gli altri AED per utilizzo in luoghi pubblici o per uso domestico deve essere autorizzato da un medico: ln Italia la legge 120 deL 3 aprile 2001 (e successiva legge 69 del 15 marzo 2004; G.U. n. 88 del14 aprile 2001 e G.U. n. 66 del 19 marzo 2004) ha esteso l’uso dei defibrillatori semiautomatici in sede intra- ed extraospedaliera anche al personale sanitario non medico e al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica in rianimazione cardiopolmonare. In diverse città italiane i defibrillatori semiautomatici sono entrati nelle dotazioni di Polizia, Vigili del Fuoco e di personale abilitato che lavora in luoghi a grande affluenza di pubblico, ad esempio uffici, stadi, cinema, teatri e metropolitane. Nel marzo 2006 a Roma ha preso il via un gettopilota del Ministero della Salute che prevede l'in stallazione di 80 defibrillatori a bordo di taxi urbani (comunicato stampa n. 9 del 7 febbraio 2006; www.ministerosalute.it/imgs/C_17_comunicati_892_testo.rtf). COME FUNZIONANO - Gli AED sono dispositivi alimentati a batteria in grado di riconoscere una fibrillazione ventricolare o una tachicardia ventricolare rapida, con un'alta sensibilità (circa 90%) e specificità (quasi 100%). Segnalazioni acustiche e visive guidano l'utilizzatore nei vari passaggi dell’operazione. Una memoria interna registra gli eventi e consente il recupero successivo dei dati. ACCESSOPUBBLICO AGLI AED - Diversi studi suggeriscono che l'uso tempestivo di un AED da parte di persone comuni può salvare la vita (2, 3). In un'ampia indagine prospettica, oltre 19.000 volontari addestrati che operavano in 993 strutture ad alta affluenza (centri commerciali, alberghi, condomini, ecc.) sono stati assegnati in modo random a intervenire in episodi di arresto cardiaco utilizzando la normale rianimazione cardiopolmonare (RCP)da sola oppure la RCP + un dispositivo AED. Un numero maggiore di pazienti è sopravvissuto fino alla dimissione dall'ospedale nel gruppo RCP+ AED rispetto al gruppo solo-RCP (23% contro 14%), senza differenze nello stato funzionale (4). In uno studio prospettico della durata di due anni sull'uso di AED ad accesso pubblico in tre aeroporti di Chicago, la percentuale di sopravvivenza a lungo termine con buoni esiti neurologici è stata del 56% in 18 pazienti con arresto cardiaco dovuto a fibrillazione ventricolare e che sono stati sottoposti a shock elettrico; la maggior parte dei soggetti defibrillati con successo era stata soccorsa da persone comuni che non erano state in precedenza addestrate all'uso di AED (5). Nel corso di uno studio similare condotto in Europa sono stati collocati AED in 110 luoghi pubblici ad alta affluenza di pubblico; il personale non sanitario che lavorava in queste sedi era stato addestrato alle manovre di supporto vitale di base (BLS)e all'utilizzo di AED. Dei 134 pazienti che hanno ricevuto shock elettrici con un AED, 38 (28%) sono sopravvissuti alla di missione dall'ospedale; il dispositivo non ha funzionato in un caso (6). I risultati migliori sono stati ottenuti nei Casinò, dove i frequentatori erano strettamente controllati entro un'area limitata e il personale addetto alla sicurezza era stato adestrato ad eseguire la defibrillazione: è stata segnalata una sopravvivenza alla dimissione del 53% in pazienti con fibrillazione ventricolare che erano stati sottoposti all'applicazione di uno shock elettrico (7). - AED DOMICILIARI - Non sono disponibili studi adeguati che dimostrino la validità degli AED domiciliari. È attualmente in corso un'ampia indagine randomizzata su pazienti con pregresso infarto miocardico per valutare se l'utilizzo di un AED domiciliare in aggiunta alla risposta standard all'arresto cardiaco improvviso (chiamata al ser pro- vizio di emergenza e somministrazione della RCP)fornisca vantaggi in termini di sopravvivenza rispetto alla sola risposta standard (8). PROBLEMI - Possibili problemi derivanti dall'utilizzo "allargato" degli AED comprendono il fatto che chi interviene dimentichi di chiamare anche i servizi di emergenza (sugli apparecchi è applicato un autoadesivo con il numero da chiamare), che possa essere compromessa la qualità e il momento di applicazione della RCP,e che l'AED venga utilizzato su un soggetto portatore di un defibrillatore cardiaco impiantabile (9). Si sono verificate ustioni cutanee durante la rianimazione con un AED. Alcuni apparecchi sono stati ritirati dal commercio a causa di difetti di funzionamento. DIFFERENZE TRA I DIVERSI AED - Gli AED differiscono tra di loro per dimensioni, peso, costo, natura dello shock - elettrico, capacità di autotest automatico, materiale di istruzioni all'uso e altre caratteristiche (10). Quando l'AED viene utilizzato da persone comuni scarsamente o per nulla addestrate, la configurazione dei comandi vocali dell' AED e la grafica delle piastre degli elettrodi possono determinare il successo o meno della defibrillazione (11, 12). Gli AED con il tradizionale profilo d'onda monofasico sono programmati per applicare una serie di scariche elettriche con energia scalare (200 J, 300 J, 360 J), in accordo con le linee-guida dell' American Heart Association (13). I più recenti defibrillatori con profilo d'onda bifasico hanno un'efficacia almeno pari a quella dei defibrillatori monofasici e possono essere impiegati scariche a energia più bassa (120-200 J). Un'indagine randomizzata controllata ha rilevato che i pazienti rianimati con scariche bifasiche (150 J) hanno maggiori probabilità di essere in buone condizioni cerebrali al momento della dimissione dall'ospedale rispetto a quelli rianimati con scariche monofasiche (87% contro 53%) (14). CONCLUSIONI - I defibrillatori automatici esterni (AED) possono salvare la vita. I vantaggi ell'utilizzo degli apparecchi AED domiciliari sulla sopravvivenza del paziente non sono noti, ma le preoccupazioni iniziali circa il loro utilizzo da parte di personale non sanitario non sono state confermate. Le differenze tra i diversi AED sono probabilmente meno rilevanti rispetto all'intervallo di tempo che intercorre tra l'arresto cardiaco e l'applicazione della scarica del defibrillatore. Bibliografia 1. T Thorn et al. Heart disease and stroke statistics-2006 update:a report from the American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics Subcommittee. Circulation 2006; 113:e85. 2. TD Valenzuela et al. Estimating effectiveness of cardiac arrest interventions: a logistic regression survival model. Circulation 1997; 96:3308. 3. Defibrillalori esterni automalici. Medicai Lelter 2000; 30:12. 4. AP Hallstrom et al. 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Crit Care Med 2004; 32(9 suppl): 5421. 11. S Callejas et al. Human factors impact successful lay person automated external defibrillator MEDICINA ED ETICA L’esercizio della professione medica tra consuetudine e responsabilità Cleto Antonini L’argomento è ricorrente nel mondo medico quando l’esercizio della professione si confronta con le implicazioni legali. L’interesse è da ricondurre alla natura del rapporto medico paziente che ha assunto un carattere differente non solo in rapporto alle mutate condizioni di esercizio della professione medica, ma anche alle nuove istanze dettate da una società in rapida evoluzione. All’interno di una descrizione paternalistica appariva scontata la proposta terapeutica da parte del paziente che accettava con timida e riverente soggezione dovuta alla suggestione dei ruoli, oggi invece, si delineano delle differenti tendenze che proveremo a descrivere in seguito. L’avvento di una medicina sociale, sulla spinta di un diritto alla salute sancito costituzionalmente, ha messo in evidenza il carattere contrattuale del rapporto medico/paziente e del medico con l’istituzione in cui opera, non solo come contratto d’opera intellettuale ma anche con l’obbligo di mezzi che vincolano al risultato. Per la giurisprudenza è ormai assodata la legittimità del consenso quando è preceduto dall’informazione sui benefici, sulle modalità d’intervento, sui rischi, sulle possibilità terapeutiche, anche alternative, sulla qualità del risultato e sulla probabilità e possibilità di successo. In questo il medico è obbligato a conseguire il risultato e non solo a rispettare la leges artis e se il professionista non ha ravvisato il paziente da possibili margini di insuccesso o se si è reso responsabile di lesioni personali potrebbe essere imputato di omicidio preterintenzionale (Corte di Assise di Firenze, 18 Ottobre 1990, Caso Massimo). Sulla stessa linea esiste l’obbligo per il medico di informare il paziente delle carenze della struttura in cui opera per favorire l’erogazione della migliore assistenza possibile presso un altro centro (Cassazione sez. III civile, sentenza 21/7/2003 n°11316). La giurisprudenza ha recepito un vincolo obbligante per il medico di impegno di mezzi per il risultato più favorevole. Si delinea un rapporto lineare tra la prestazione medica, l’impegno di mezzi e di tecnologie e la sua traduzione in termini di efficacia clinica. Questo comporta la presunzione, favorita dal contenzioso legale e sostenuta dalla domanda di soddisfare l’ottimismo di una medicina dei desideri, che lega il successo terapeutico alla condotta del medico, dove altrimenti, diviene evidente l’imputabilità del professionista con la possibile di rivalsa in ambito civilistico o penalistico del danneggiato. La motivazione di questa possibile interpretazione è riconducibile all’analisi dei contenuti espressi da una società debole che ha perduto la capacità di riconoscere il ruolo di un comportamento virtuoso che opera all’interno dell’esercizio delle professioni, soprattutto di quella medica, per svalutarla a rango di arte o mestiere, dove il successo è misurabile e parametrabile quando connesso al prodotto ottenuto. È il tentativo che nasce da una erronea interpretazione filosofica di stampo materialista che nulla concede al di fuori della dimensione pratica dell’agire. Quindi l’indebolimento o la perdita di quelle relazioni che ruotano attorno al progetto di cura dal punto di vista umano, antropologico, personale e culturale hanno finito per favorire la sola natura contrattuale del rapporto M/P. Per lo stesso meccanismo, la crescita dell’informazione in ambito sanitario a vantaggio di tutti, colmando la lacuna esistente nei confronti del sapere del medico, non ha favorito un atteggiamento di crescita di quel rapporto fiduciario che stimiamo alla base di un confronto costruttivo; al contrario, come verifichiamo in corsia, si rende complice di quel controllo crociato messo in atto sia dal paziente come dai parenti su ciò che il clinico propone. Quindi, al di fuori dell’emergenza, che però deve essere tale da delineare pericolo certo ed attuale alla vita del paziente, in cui lo stato di necessità si rapporta con l’obbligo di assistenza, il medico non può mai imporsi alla volontà libera di chi intende curarsi, pena incorrere nella imputazione di violenza privata (art. 610 c.p.); l’opposizione del paziente mai potrà legittimare l’azione arbitraria del medico anche se opera a sostegno del mobilissimo scopo di fare del bene. Anche il rapporto conflittuale tra scienza ed applicazione scientifica giocato dal punto di vista etico ed epistemologico, ha dei connotati pratici: il medico non è più il protagonista della ricerca scientifica che avviene ovviamente nei grandi laboratori, si sente confinato nel semplice ruolo applicativo di tecniche di cura dettate da altri, dove minore è l’autostima e maggiore il rischio di rivalsa nei suoi confronti per ogni sua scelta terapeutica. È frequente nella pratica clinica che l’operatività sia dettata da un agire minimalista riferita all’adesione sterile e poco argomentata ai protocolli previsti in situazioni analoghe. È necessario, a ragione dell’imperativo procedurale, che ciò che si sceglie sia dovutamente giustificato e documentato in cartella per il timore di una possibile rivalsa giudiziaria. Questo comportamento se da un lato limita gli effetti derivanti dall’abuso professionale, dall’altro rende altrettanto impossibile che l’esercizio della professione avvenga al di fuori di un rapporto contrattuale, quindi oltre schemi e protocolli che potrebbero limitare la proposta di cura, soprattutto nelle patologie cosiddette difficili, dove non è definito o consolidato un progetto terapeutico. Ne deriva che le condotte rischiose vengono automaticamente eluse dal sanitario che non intende mettere in pericolo la propria incolumità professionale. L’esempio è l’aumento della natalità per parto cesareo, dove gli ostetrici, anche se non hanno perso la manualità di pilotare il parto per via naturale, non vogliono far correre il rischio alla paziente o intraprendere una condotta che potrebbe facilmente essere pesantemente sanzionata in caso di insuccesso. In generale, operare in una atmosfera in cui è preponderante la visione legalista rende possibile solamente l’assunzione di quei trattamenti obbliganti ed indifferibili che ricadono nella propria competenza professionale per ruolo e grado. L’esempio, a me più diretto tra tanti, è la gestione di un paziente politraumatizzato (in emergenza come in elezione) relativamente alla necessità di evacuare un emotorace: la competenza del rianimatore risulta indubbia nella manovra di posizionare il drenaggio toracico; al contrario, in un ospedale polispecialistico è facile rinviare la manovra al chirurgo toracico, non con l’intenzione riconosciuta e condivisa di controllare le possibili evoluzioni del quadro clinico, che potrebbero portare alla toracotomia, ma per condividere responsabilità di gestione clinica con altri. Se da un lato è accettabile l’ipotesi di condividere con altri specialisti la gestione del caso in modo che il paziente possa valersi della maggiore professionalità possibile, dall’altro il ricorso alla collaborazione dei colleghi può essere vantata per un concorso di colpa nel caso di un intervento non riuscito con la conseguente rivalsa in ambito legale. Sono messaggi subliminali che col tempo trovano facile accoglimento e si consolidano togliendo all’esercizio della professione quel piacere di partecipare alla cura in modo globale, col significato di servizio di cura al paziente. Oppure è il caso della frammentarietà degli interventi specialistici sul controllo dei soli sintomi attribuiti a patologie differenti, come spesso è la diagnosi d’ingresso in ospedale: ad esso è connesso il dramma che ruota attorno all’incapacità di gestire in modo unitario e sintetico la cura del paziente. Ognuno è chiamato a dare il proprio contributo professionale, perché capace di offrire la migliore soluzione nello specifico (il cardiologo, il radiologo, il rianimatore, il chirurgo), però da questo risulta difficile far derivare un comportamento univoco in grado di elaborare una traiettoria di cura valida per quel paziente. Questo a ragione che la settorialità tende a far perdere la visione sull’efficacia globale dell’intervento, come è tipico dei clinici che discutono la proiezione su monitor di tracce registrate, che così facendo perdono la consapevolezza che derivano dal paziente che giace su un letto vicino o lontano che sia, ma non certamente appartenente ad una realtà virtuale, cui si è sempre più catturati dal fascino della tecnologia. È il frutto della crisi dell’uomo di oggi, che ha gli occhi per vedere ma non sa guardare, in medicina, ovviamente, questa realtà assume una connotazione di maggior gravità per ciò che comporta. Una prima debolezza deriva senz’altro dall’insegnamento nelle sedi universitarie: chi ha più anni ricorda il coinvolgimento forte delle lezioni magistrali dei cattedratici più valenti capaci di trasmettere col sapere l’amore e la condivisione di una disciplina vissuta. Gli effetti di una società laica hanno prodotto l’annullamento del privato, come necessità di confinare la morale, come la passione e la formazione personale in un ambito esclusivamente soggettivo, per promuovere solo l’evidenza epurata dal contributo di quanto detto, per erogare semplicemente ed esclusivamente una prestazione professionale a contenuto tecnico scientifico. La spesa e il suo controllo divengono il motore unico e l’incubo di ogni possibile scelta in sanità. Lo stesso disagio è condiviso anche nel mondo della giustizia dove addirittura sono insufficienti gli stanziamenti a copertura degli acquisti di cancelleria, come lamentano gli operatori del settore, la scuola non è da meno, la previdenza lo stesso: l’intera politica sociale è in crisi, sulla quale si fonda l’ordine sociale e il senso civico. Allora resistere, nonostante tutto, con tutta la propria capacità e vigore e proporre un buon servizio diviene per noi un imperativo morale che deve trovarci impegnati personalmente sempre e comunque, se vogliamo che la nostra professione rimanga capace di porsi al servizio della persona, causa di giustificazione e soddisfazione del nostro agire come medici.