Foglio n. 339 - Parrocchia Sant`Angela Merici

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Foglio n. 339 - Parrocchia Sant`Angela Merici
Quaresima 2005
a Quaresima, tempo di preparazione alla Pasqua di morte e di resurrezione di
Cristo, è per eccellenza tempo di conversione e di grazia, teso ad unire sempre
più la nostra esistenza a quella di Gesù, per morire con Lui alla creatura vecchia e rinascere con Lui alla vita nuova di figli nel Figlio. Questo passaggio si
snoda, secondo la sapienza della liturgia della Chiesa, attraverso il deserto.
Nella Bibbia il deserto costituisce un luogo importante: è nel deserto che si preparano le grandi decisioni, è lì che Dio pone l’alleanza con il suo popolo. Il popolo ebreo,
affrancato dalla schiavitù egiziana, cammina quarant’anni nel fuoco del deserto alla
ricerca della Terra Promessa.
Elia il grande profeta, schiacciato dall’angoscia, va errando lui stesso per quaranta
giorni nell’aridità del deserto della montagna dell’Horeb in cerca di Dio.
Gesù stesso, appena battezzato dal Battista, viene irresistibilmente spinto nella solitudine del deserto per quaranta giorni.
Cifra misteriosa il numero ‘quaranta’, nella Bibbia annuncia la lenta germinazione di
nuove fecondità. È infatti il numero di una generazione, così come occorrono quaranta settimane per vedere nascere un bambino.
La metafora del deserto interroga la nostra condizione oggi: in quale deserto, uomini e donne di questo XXI secolo, dobbiamo camminare? Che cosa significa per noi
che abitiamo la grande città, che viviamo nella complessità vivere la quaresima come l’attraversamento del deserto?
Il deserto è il luogo della solitudine, del silenzio e della sete.
In queste tre parole incontriamo tre direzioni complementari per vivere la Quaresima.
L
IL DESERTO È ANZITUTTO LUOGO DI SOLITUDINE
Non di una solitudine imposta, ma di una solitudine volontariamente scelta, ‘spiritualmente’
scelta. Quando siamo soli, non siamo più sotto lo sguardo degli altri, non abbiamo più un
ruolo sociale da sostenere, non possiamo più definirci per le cose che facciamo.
Entrare nella solitudine è uscire dall’ordine dell’apparire, è osare la nudità dell’essere.
La solitudine fa cadere le maschere e misura lo scarto esistente tra la fede che noi professiamo e la vita che conduciamo, una distanza che ci separa di fatto dall’amore.
Osiamo momenti di solitudine.
IL DESERTO È ANCHE IL LUOGO DEL SILENZIO
Viviamo buona parte del nostro tempo, e sempre di più, immersi nei rumori. Mai nella storia l’uomo ha avuto a disposizione tanti strumenti tecnici capaci di soffocare la
ricerca interiore. C’è stato bisogno di quaranta giorni perché il profeta Elia potesse
scoprire che Dio gli parlava, non in modo tonitruante, ma per mezzo di una ‘voce di
silenzio sottile’.
Il rumore che facciamo con noi stessi è un ostacolo essenziale al regno di Dio. Quando le parole non bastano più, quando ogni sforzo a servizio della verità e della pace
sembra spegnersi di fronte alla sordità della follia terroristica e della risposta ad essa delle armi, il silenzio smaschera la falsità dei calcoli del mondo, che non stanno sotto il fascio di luce dell’Eterno.
La Quaresima è invito a ‘digiunare’ dalle logiche del potere e della forza (la cui tentazione in stagione elettorale può essere più forte che mai…) per entrare nella logica
dell’amore e del servizio. Osiamo il digiuno dal rumore, dalle parole, dalle immagini, osiamo il silenzio che favorisca l’ascolto.
IL DESERTO È INFINE IL LUOGO DELLA SETE
Laddove la Bibbia parla delle sete, parla in realtà del desiderio. Quando san Benedetto
parlava della quaresima ai suoi monaci, non parlava anzitutto di mortificazione e di
privazioni. La sua preoccupazione principale non era di sapere quello che i suoi confratelli avevano sui loro vassoi, ma quello che avevano nei loro cuori. San Benedetto dava una indicazione precisa: Ritrovate la gioia del desiderio spirituale!
Osiamo dischiudere in noi questa sorgente di un rinnovato desiderio spirituale.
Solitudine, silenzio e sete sono i tre gradini della scala della quaresima.
Una scala di umiltà che bisogna imparare a discendere per lasciarci rialzare l’alba del
mattino di Pasqua: allora la nostra solitudine si farà Solidarietà, il nostro silenzio Parola e la nostra sete Sorgente. Per crescere in questa triplice dimensione invito tutti
a pregare con le parole di Karl Rahner, uno dei più grandi teologi del secolo appena
concluso, che ci fanno riflettere sull’importanza del deserto per nutrirci del gemito del
desiderio, proprio della vera speranza:
Allora tu sarai l’ultima parola,
l’unica che rimane
e non si dimentica mai.
Allora quando nella morte tutto tacerà
e io avrò finito di imparare e di soffrire,
comincerà il grande silenzio,
entro il quale risuonerai Tu solo,
Verbo di eternità in eternità.
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Allora saranno ammutolite tutte le parole umane;
essere e sapere,
conoscere e sperimentare
saranno divenuti la stessa cosa.
Conoscerò come sono conosciuto,
intuirò quanto Tu mi avrai già detto da sempre:
Te stesso.
Nessuna parola umana
e nessun concetto sarà tra me e Te.
Tu stesso sarai
l’unica parola di giubilo dell’amore e della vita,
che ricolma tutti gli spazi dell’anima.
(Karl Rahner, Tu sei il silenzio, Brescia 1988)
Che sia una Quaresima di solitudine, di silenzio e di sete!
p. Giuseppe
2005
Quaresimale
PASSIONE PER DIO, PASSIONE PER L’UOMO
IL CAMMINO SPIRITUALE DI CINQUE FIGURE BIBLICHE:
Rut, Giobbe, Osea, Geremia, Giovanni
VENERDÌ 18/02
Rut la moabita, la straniera credente
Matteo Crimella
VENERDÌ 25/02
Il cammino spirituale di Giobbe: angoscia e speranza
VENERDÌ 4/03
Osea: il profeta innamorato
VENERDÌ 11/03
Geremia: sperare in un tempo di crisi
Marco Bove
VENERDÌ 18/03
La testimonianza di Giovanni, il discepolo amato
Marco Bove
F. Gallivanone
Antonio Torresin
Il Quaresimale inizia alle ore 21.00 in chiesa e si conlude con la preghiera di compieta
Ritiro spirituale - SABATO 19 FEBBRAIO
PAOLO L’INCREDULO STUPORE DI UN APOSTOLO
don Franco Brovelli
Il ritiro spirituale inizia con la preghiera delle Lodi alle ore 9.00
cui seguono due meditazioni, per conludersi intorno alle 12.30
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Parrocchia
S. Angela Merici
Astinenza e digiuno: in che
consistono, quando e chi
Accanto al richiamo continuo alla conversione del cuore abbiamo l’invito e alcune volte l’obbligo di compiere atti penitenziali. Essi sempre dovranno esprimere l’atteggiamento interiore e la volontà di rinnovarsi e ritornare al Signore. “Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a suo proprio modo...”. Tale obbligo
stabilito dal Codice di Diritto Canonico (Canoni 1249-1253), richiamato più volte nel Catechismo della Chiesa Cattolica, era stato rivisto e aggiornato dalla Costituzione apostolica “Poenitemini” di Papa Paolo VI del 17 febbraio 1966.
Il digiuno (inteso come “privazione sostanziale del nutrimento”) e l’astinenza dalla carne sono previsti il mercoledì delle ceneri (rito romano) o il primo venerdì di quaresima (rito ambrosiano) e il venerdì santo. L’astinenza dalle carni è raccomandata tutti i
venerdì di Quaresima, mentre non si digiuna mai di domenica, giorno memoriale della risurrezione di Cristo.
Ora, per l’Italia, la Conferenza Episcopale, il 4 ottobre 1994, con una Nota pastorale, dopo
aver richiamato il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza, ha anche dato alle nostre
Chiese alcune disposizioni normative e orientamenti pastorali che in parte riportiamo.
DALLE DISPOSIZIONI NORMATIVE (N. 13)
1) la Legge del digiuno “obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non
proibisce di prendere un po’ di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate”.
2) La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, a un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi.
3) Il digiuno e l’astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il Mercoledì delle ceneri (il primo Venerdì di Quaresima, per il rito ambrosiano) e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo; sono consigliati il Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale.
4) L’astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che
coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le
solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.
5) Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato; alla
legge dell’astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età.
6) Dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare
una ragione giusta, come ad esempio la salute. Inoltre, “il parroco, per una giusta
causa e conforme alle disposizioni del Vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall’obbligo di osservare il giorno (...) di penitenza, oppure commutarlo in al-
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tre opere pie; lo stesso può anche il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, relativamente ai membri e agli altri che vivono nella loro casa” (dal n. 13).
Dagli orientamenti pastorali: [...] I giovani siano istruiti anche circa l’obbligo morale
e canonico del digiuno, che ha inizio con i 18 anni. Ai fanciulli e ai ragazzi si propongano forme semplici e concrete di astinenza e carità, aiutandoli a vincere la mentalità non poco diffusa per la quale il cibo e i beni materiali sarebbero fonte unica e sicura di felicità e a sperimentare la gioia di dedicare il frutto di una rinuncia a colmare la necessità del fratello: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35).
Letture consigliate
per la Quaresima
Isacco di Ninive, Un’umile speranza, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose 1999
Semplice monaco, eletto vescovo di Ninive e dimessosi dopo soli cinque mesi per
ritornare alla vita anacoretica, Isacco – vissuto in Assiria nel VII secolo- è stato un
padre spirituale nel senso più profondo del termine. Uomo provato dalla grazia di
Dio, avendo gustato la dolcezza del perdono, è capace di generare alla fede indicando alla creatura che geme il cuore stesso di Dio e predicando con insistenza l’amore della misericordia.
Giuseppe Dossetti, La Parola di Dio seme di vita e di fede incorruttibile, EDB Bologna 2002
“La frequentazione abituale della parola di Dio ci muta completamente come sensibilità, intuito, gusto, sapienza: perché ci dona continuamente… quello che ci comanda di fare. Al centro, quindi, vi è la Parola e il suo culmine, l’incarnazione della Parola: cioè l’Eucaristia”.
Maurice Bellet, Invito. Elogio della gratuità e dell’astinenza, Ed. Messaggero Padova 2004
Il libro è come un invito alla dissidenza ed è indirizzato a tutti, senza eccezione.
Contesta il doppio principio secondo cui vive la nostra società: l’uno, tecnologico
– tutto ciò che è possibile noi lo faremo –, l’altro, economico – tutto ciò che vogliamo, noi l’avremo –. Due atteggiamenti rivoluzionari ci aiuteranno: coltivare la
gratuità e l’astinenza. Non per tristezza e repressione ma per ritrovare il valore del
senza prezzo, del desiderio più grande e della fame.
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Parrocchia
S. Angela Merici
Il digiuno nelle varie
culture religiose
Per accompagnare lo sforzo di preghiera, di conversione e di condivisione, la Chiesa propone in Quaresima il digiuno e l’astinenza dalla carne affermando in tal modo un legame
tra nutrimento e vita spirituale presente anche in altre culture religiose.
Il digiuno non ha peraltro lo stesso significato per tutti. Come nota P. Christian de Chergé,
priore trappista di Tibhirine: “Digiuno, Quaresima o Ramadan, cristiani, musulmani ed ebrei,
senza dubbio non percorriamo questa via nella stessa maniera, ma ciò che significa è
ben al di sopra del cammino stesso.”
Gli ebrei osservano giorni di digiuno legati alla loro storia. Per loro, parlare di digiuno, è
prima di tutto evocare lo Yom Kippùr, giorno di digiuno assoluto durante il quale è proibito mangiare e bere dall’alba al tramonto. Questa principale celebrazione del giudaismo è
preceduta da dieci giorni di preghiera e di penitenza che iniziano con il Rosh Hashanà, il capodanno ebraico. Durante questi “temibili giorni”, ogni uomo si rimette al giudizio di
Dio e rende conto dei peccati commessi durante l’anno trascorso, poi rinnova la propria fede in Dio e l’attesa del Grande Perdono. Oltre al Kippùr, gli ebrei osservano altri giorni di digiuno durante l’anno, tutti strettamente legati alla storia del loro popolo: nel mese di Tevèt fanno memoria della distruzione del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme,
mentre il “digiuno di Ester” ricorda come questa donna di grande bellezza si offrì al re
persiano Assuero per salvare il suo popolo.
Per i musulmani, il digiuno del Ramadam costituisce il quarto pilastro dell’islam. Essenzialmente legato al ricordo della rivelazione del Corano da parte dell’angelo a Maometto
(Mohammed), le sue modalità sono definite specificatamente nella sura II che inizia così:
“Voi che credete! Il digiuno vi viene prescritto come è stato prescritto alle generazioni che
vi hanno preceduto. Abbiate timore di Dio“.
Occasione privilegiata di purificazione interiore, di riflessione sulla grandezza dell’Onnipotente e sulla sua legge, il digiuno del Ramadan “permette di indicare attraverso la fame fisica, la propria fame di Dio e la presa di coscienza della fame dei poveri”, precisa il docente Ghaleb Bencheikh. Louis Massignon, nel suo commento dei versetti 25-27 della sura XIX rivolti a Maryam (“mangia, bevi e smetti di piangere. Quando vedrai qualche mortale, digli: ho fatto voto di digiuno al Misericordioso; non parlerò a nessuno oggi”), considera tuttavia una lettura più ampia del digiuno musulmano. “Per l’islam come per il cristianesimo primitivo, – scrive l’islamista – digiunare non è soltanto astenersi dal nutrimento
e dai rapporti sessuali. Ma nel caso precisamente esaminato nel Qu’rn (Corano) della Vergine Maria, astenersi dal parlare per un voto di silenzio permette alla parola divina di essere concepita in lei ed è l’inizio di tutta la mistica”.
Gandhi fece del digiuno un segno della sua protesta. Questo digiuno, nello stesso tempo transito e salita, cammino e speranza, si ritrova anche nell’induismo. La Bhagavadgita, testo fondamentale della tradizione indu, indica chiaramente la via da seguire: “Non
bisogna affatto rinunciare ad atti di sacrificio, di oblazione e di ascesi; occorre compierli
perché purificano il saggio. E queste stesse azioni, certamente occorre farle lasciando
da parte l’attaccamento e il profitto.” Gandhi, pensando che una disciplina ascetica rigorosa purificasse l’anima e il corpo, peraltro fece del digiuno il segno più eclatante del-
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la sua protesta, fondata sulla non violenza, la compassione e la verità.
Il digiuno nella tradizione cristiana è vissuto sia nel suo significato penitenziale, sia nel suo
esprimere un desiderio diverso dal nutrimento terreno: il desiderio dell’Altro, il desiderio
di Dio. Allora fare penitenza non è rimediare alla propria colpevolezza, ma è vivere con
tutto sé stesso il desiderio di tornare a Dio. Digiunare, confidarsi l’uno nell’altro, mi aiuta
a riconoscere la mia debolezza e la mia lontananza da Dio e insieme mi aiuta a volermi riconciliare con Lui. Mi ritrovo faccia a faccia con me stesso, con Dio, con la tentazione e supplico: ”Crea in me un cuore puro, Dio, e rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 51, 12). Così
i cristiani vivono il digiuno, come un tempo di conversione vissuto da Israele, riproposto
attraverso Cristo (Mt 4,2; 6, 16-18; 9,15) e accolto dalla grande tradizione ecclesiale.
Il digiuno è per i cristiani un tempo di conversione, un invito a seguire Cristo che ha conosciuto la prova del deserto. La quaresima, tempo di prova e di purificazione, è un tempo
privilegiato per questo affinamento dell’anima e dei sensi, per la lotta spirituale e la “custodia del cuore”. Dopo di che, “l’anima ha fame dell’Agnello pasquale”, come scrive un
monaco cistercense.
I monaci che hanno attraversato la terra inospitale del deserto e hanno conosciuto tutte le tentazioni, mettono però in guardia: “È meglio mangiare della carne e bere del vino, piuttosto
che divorare di maldicenza la carne dei propri fratelli”, avverte uno di loro, e consiglia un altro:
“Se praticate l’ascesi secondo le regole, quando digiunate non gonfiatevi affatto d’orgoglio”.
a cura di Luigi Mapelli
Quaresima di carità
e di condivisione
Anche quest’anno il ricavato della raccolta quaresimale sarà destinato alla missione dei Padri Sacramentini di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo.
Dopo avere dedicato diverse campagne quaresimali, negli anni scorsi, a sostenere la realizzazione di scuole primarie e secondarie, quest’anno la richiesta che ci arriva da Kinshasa riguarda l’impegno ad attrezzare, completare e allargare il
CENTRO DI FORMAZIONE E PROMOZIONE FEMMINILE
finalizzato all’alfabetizzazione e alla formazione professionale di diverse decine di ragazze, in una realtà sociale in cui la popolazione femminile è ancora fortemente penalizzata anche in materia di istruzione di base.
Vorremmo riuscire a raccogliere 15.000 € da inviare a padre Giovanni Cividini per
questa iniziativa. Come gli anni scorsi abbiamo cercato di rendere in qualche modo
“visibile” il progetto nella cappella laterale con l’allestimento di un locale-laboratorio per l’attività di taglio e cucito. Sulla parete della chiesa accanto all’ingresso, attraverso le immagini e le didascalie delll’album fotografico che p. Cividini ci ha mandato, è possibile farsi un’idea di quanto la stessa comunità di Kinshasa ha finora realizzato, a livello scolastico, anche con il nostro contributo degli anni scorsi.
la Commissione Caritas
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Parrocchia
S. Angela Merici
I drappi quaresimali:
la pace e lo straniero
Sono questi i due grandi temi rappresentati nei drappi quaresimali che fanno da
sfondo al laboratorio allestito in chiesa nella cappella laterale.
Quello di sinistra, intitolato Sguardi di pace, presenta 36 volti con lo sguardo rivolto
verso lo spettatore. I colori – rosso chiaro, ocra, nero e blu intenso – ci catturano e il
mondo ci appare come un tappeto tessuto di volti e attraversato da una grande croce. Su tutti i visi sono impressi dei segni: il tridente della violenza, la corona della saggezza, lucertole, lettere alfabetiche, fiori che sbocciano dalle bocche. In questi volti non
c’è rappresentato soltanto l’uomo e il suo passato, ma è presente simbolicamente tutta la creazione.
Il punto centrale della riflessione è il desiderio dell’uomo di ritrovare un nuovo inizio dopo esperienze traumatiche di violenza e di guerra. Un problema questo che, anche per responsabilità del nostro mondo ‘sviluppato’, tocca in maniera particolarmente drammatica gli uomini e le donne del continente africano. La sfida che attende noi e loro insieme
è quella di ricostruire la dignità del vivere e di ritrovare le strade di una convivenza pacifica e giusta, senza lasciarsi sopraffare dal dolore, dalla violenza, dall’ingiustizia.
Il drappo esposto sulla destra, invece, si intitola Ritrovarsi nello straniero e si compone di sei immagini, tutte in bianco e nero, che alternano episodi biblici e temi contemporanei:
1. Rimani con noi straniero. I discepoli di Emmaus: due uomini con sacche da viaggio invitano lo straniero a fermarsi a casa loro. Riconoscono Gesù nello spezzare
del pane, ma poi Egli sparisce dalla loro vista.
2. L’inferno sulla terra. Il quotidiano per milioni di persone: un gruppo di schiavi in catene, una donna sola con tanti bambini al collo e attaccati alla gonna, stranieri che
stazionano davanti alla porta di una specie di capanna: sono alcune immagini della miseria quotidiana che continua ad affliggere oggi la vita di milioni di uomini,
donne e bambini che abitano il nostro pianeta.
3. Partenza verso una nuova vita. La storia di Abramo: Abramo lascia il suo paese, per
un paese straniero, con la moglie Sara e il nipote Lot con i bambini, le capre, le pecore, persino gli ammalati che vengono trasportati in barella. Abramo, lo straniero di Ur, è il prototipo dell’uomo senza casa, che è solo ospite sulla terra ed è garante della promessa di Dio, che in ogni straniero noi incontriamo il Signore.
4. La struttura della morte. Cultura della vita: una grande ragnatela piena di uomini
senza speranza, rappresentati come uova di ragno, alcune delle quali dischiuse dalle quali fuoriesce il veleno, stanno a significare la struttura del peccato e del male,
che può avvelenare un popolo intero. Nonostante ciò esiste la speranza: un piccolo gruppo di uomini e donne lavora la terra, circondato da una catena umana che
protegge la loro vita nella libertà.
5. Fuga verso la libertà. La storia di Mosè: Mosè e Aronne sono dal faraone e lo supplicano di lasciare libero il loro popolo . Il serpente di Aronne è il segno che Jahwe
è più potente del faraone e il popolo viene liberato.
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6. Vivere insieme allo straniero. La Gerusalemme celeste: la nuova Gerusalemme è rappresentata come delle case con tanti appartamenti: il Regno di Dio, simile ad un granello di senape minuscolo e insignificante, quando cresce diventa un grande albero.
E come gli uccelli fanno il nido tra i rami, così tutti gli uomini, a qualsiasi razza, cultura o religione appartengano, possono vivere all’ombra dell’ albero del regno di Dio.
(traduzione dal tedesco di Maurizia Cannarella)
IL MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA QUARESIMA
“È Lui la tua vita
e la tua longevità”
(Deut 30,20)
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Ogni anno la Quaresima ci si propone come tempo propizio per intensificare la preghiera e la penitenza, aprendo il cuore alla docile accoglienza della volontà divina. In
essa ci è indicato un itinerario spirituale che ci prepara a rivivere il grande mistero della morte e risurrezione di Cristo, soprattutto mediante l’ascolto più assiduo della Parola di Dio e la pratica più generosa della mortificazione, grazie alla quale poter venire più largamente in aiuto del prossimo bisognoso.
È mio desiderio proporre quest’anno alla vostra attenzione, carissimi Fratelli e Sorelle,
un tema quanto mai attuale, ben illustrato dai seguenti versetti del Deuteronomio: “È
Lui la tua vita e la tua longevità” (30,20). Sono parole che Mosè rivolge al popolo per
invitarlo a stringere alleanza con Jahvè nel paese di Moab, “perché viva tu e la tua
discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito
a lui” (30, 19-20). La fedeltà a quest’alleanza divina è per Israele garanzia di futuro,
“per poter così abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe” (30,20). Giungere all’età matura, nella visione biblica, è segno di benedicente benevolenza dell’Altissimo. La longevità appare così uno speciale dono divino.
Su questo tema vorrei invitare a riflettere durante la Quaresima per approfondire la
consapevolezza del ruolo che gli anziani sono chiamati a svolgere nella società e nella Chiesa, e disporre così l’animo all’amorevole accoglienza che ad essi va sempre riservata. Nell’odierna società, anche grazie al contributo della scienza e della medicina, si assiste a un allungamento della vita umana e a un conseguente incremento del
numero degli anziani. Ciò postula un’ attenzione più specifica al mondo della cosiddetta “terza” età, per aiutarne i componenti a vivere appieno le loro potenzialità, ponendola al servizio dell’ intera comunità. La cura degli anziani, soprattutto quando attraversano momenti difficili, deve stare a cuore ai fedeli, specialmente nelle Comunità ecclesiali delle società occidentali, ove il problema è particolarmente presente.
2. La vita dell’uomo è un dono prezioso da amare e difendere in ogni sua fase. Il comandamento “Non uccidere!” domanda di rispettarla e promuoverla sempre, dal suo
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Parrocchia
S. Angela Merici
inizio sino al suo naturale tramonto. È un comando che vale pure in presenza di malattie, e quando l’indebolimento delle forze riduce l’essere umano nelle sue capacità
di autonomia. Se l’invecchiamento, con i suoi inevitabili condizionamenti, viene accolto serenamente nella luce della fede, può diventare occasione preziosa per meglio
comprendere il mistero della Croce, che dà senso pieno all’umana esistenza.
L’anziano ha bisogno di essere compreso ed aiutato in questa prospettiva. Desidero
qui esprimere il mio apprezzamento a quanti si adoperano per venire incontro a queste esigenze ed esorto anche altri volenterosi a voler profittare della Quaresima per
recare anche il loro personale contributo. Ciò consentirà a tanti anziani di non sentirsi
un peso per la comunità e talora perfino per le proprie famiglie, in una situazione di
solitudine che li espone alla tentazione della chiusura e dello scoraggiamento.
Occorre far crescere nell’opinione pubblica la consapevolezza che gli anziani costituiscono in ogni caso una risorsa da valorizzare. Vanno, pertanto, potenziati i sostegni economici e le iniziative legislative che permettano loro di non essere esclusi dalla vita sociale. Per la verità, negli ultimi decenni la società si è fatta più attenta alle loro esigenze, e la medicina ha sviluppato cure palliative che, con un approccio integrale al malato, risultano particolarmente benefiche per i lungodegenti.
3. Il maggior tempo disponibile in questa fase dell’esistenza offre alle persone anziane
l’opportunità di affrontare interrogativi di fondo che forse erano stati trascurati prima
a motivo di interessi stringenti o ritenuti comunque prioritari. La consapevolezza della vicinanza del traguardo finale induce l’anziano a concentrarsi su quanto è essenziale, dando importanza a quello che l’usura degli anni non distrugge.
Proprio per questa sua condizione l’anziano può svolgere un suo ruolo nella società.
Se è vero che l’uomo vive del retaggio di chi lo ha preceduto e il suo futuro dipende
in maniera determinante da come gli sono trasmessi i valori della cultura del popolo a cui appartiene, la saggezza e l’ esperienza degli anziani possono illuminare il suo
cammino sulla strada del progresso verso una forma di civiltà sempre più completa.
Quanto è importante riscoprire questo reciproco arricchimento tra diverse generazioni!
La Quaresima, con il suo forte invito alla conversione e alla solidarietà, ci conduce quest’anno a focalizzare queste importanti tematiche che interessano tutti. Cosa succederebbe se il Popolo di Dio si arrendesse a una certa mentalità corrente che considera quasi inutili questi nostri fratelli e sorelle, quando sono ridotti nelle loro capacità dai disagi
dell’età o dalla malattia? Come, invece, sarà diversa la comunità, a partire dalla famiglia,
se cercherà di mantenersi sempre aperta e accogliente nei loro confronti !
4. Carissimi Fratelli e Sorelle, durante la Quaresima, aiutati dalla Parola di Dio, riflettiamo su quanto sia importante che ogni Comunità accompagni con amorevole comprensione quanti invecchiano. Occorre, inoltre, abituarsi a pensare con fiducia al mistero della morte, perché l’incontro definitivo con Dio avvenga in un clima di pace interiore, nella consapevolezza che ad accoglierci è Colui “che ci ha tessuto nel seno
materno” (cfr Sal 139,13b) e ci ha voluti “a sua immagine e somiglianza” (cfr Gn l, 26).
Maria, nostra guida nell’itinerario quaresimale, conduca tutti i credenti, specialmente gli anziani, a una conoscenza sempre più profonda di Cristo morto e risorto, che è
la ragione ultima della nostra esistenza. Lei, la fedele serva del suo divin Figlio, insieme con i Santi Anna e Gioacchino, interceda per ciascuno di noi “adesso e nell’ ora
della nostra morte”. A tutti la mia Benedizione !
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CATECHESI QUARESIMALI CON L’ARCIVESCOVO CARD. TETTAMANZI
Telenova ore 20.45 – Circuito Marconi 21.00 (94.750 FM)
SE TU CONOSCESSI IL DONO DI DIO!
La s.Messa, l’incontro di Cristo salvatore con la sua Chiesa e con ogni uomo
Martedì 15 febbraio
Martedì 22 febbraio
Martedì 1 marzo
Martedì 8 marzo
Martedì 15 marzo
Signore io non sono degno. Riti di introduzione e atto penitenziale
Leggi nel nome del Signore. Lettura e ascolto della Parola
Cibo e bevanda di salvezza. Offertorio e Consacrazione
Chi mangia di me vivrà per me. La Comunione
Andiamo in pace. La chiamata alla missione.
Da Kinshasa il messaggio
di due Chiese sorelle
Lo scorso novembre la Conferenza Episcopale Italiana ha convocato a Kinshasa, capitale
della Repubblica Democratica del Congo, i missionari italiani che vivono nella parte sudoccidentale del paese, tra i quali alcuni religiosi sacramentini. A noi, laici, che non viviamo in un paese lacerato da conflitti e violenze indicibili, devastato da decenni di gestione
corrotta delle risorse pubbliche, dove il reddito pro capite è di soli 110 dollari l’anno, a noi
certamente non suscita grande interesse un incontro tra missionari italiani. Eppure si è trattato di un evento di grande portata per chi vi ha partecipato. Lo si comprende dalle e-mail
inviate dai missionari in quei giorni, dal dispiacere di chi, essendo in Italia per un periodo
di riposo, non ha potuto parteciparvi. Possiamo immaginare le ragioni di tale emozione:
avere per la prima volta l’opportunità di incontrare tutti coloro che, a volte a centinaia di chilometri di distanza, vivono nella quotidianità le medesime fatiche, incontrano le medesime
difficoltà, coltivano le medesime speranze, potersi confrontare con loro sul senso dell’esperienza missionaria. Ma soprattutto, scrive padre Remo Rota, missionario sacramentino
da molti anni nella Repubblica Democratica del Congo, “è stata una iniziativa molto significativa per sentirci inseriti nella Chiesa italiana e universale, incoraggiati dalle nostre
diocesi e parrocchie e più vicini l’un l’altro”. (a cura di Cristina Bocca)
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CONGO
Kinshasa, 15-18 novembre 2004
Sorpresa, gioia, entusiasmo, profonda gratitudine: sono i sentimenti che ci hanno fatto sperimentare “Quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!” (Sal 132,1).
Al Centro pastorale “Nganda” di Kinshasa, convocati dalla Conferenza Episcopale Italiana e dai vescovi della Chiesa congolese, abbiamo vissuto tre giorni di spiritualità e fraternità che hanno rinvigorito la gioia del servizio missionario affidatoci. La vastità del Paese,
e le difficoltà di spostamento che ancora esistono, hanno suggerito che a questo incontro
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Parrocchia
S. Angela Merici
fossero invitati soprattutto i missionari dell’area geografica che fa capo a Kinshasa e Lubumbashi, in attesa che altri incontri si possano svolgere nella zona di Kisangani e di Bukavu. A questa prima condivisione delle ansie e delle attese di gran parte del popolo congolese ci siamo ritrovati in 102 tra religiosi/religiose e laici italiani, provenienti da trenta differenti Istituti, Associazioni e Movimenti missionari.
L’ascolto della Chiesa che ci ha accolto ha fatto emergere come essa abbia sempre accompagnato i grandi avvenimenti della storia di questo Paese. Soprattutto dopo la proclamazione dell’indipendenza (1960), ispirata dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II ed
animata dall’intrepido cardinale Joseph-Albert Malula, arcivescovo di Kinshasa dal 1964 al
1989, la Chiesa del Congo ha aiutato il suo popolo nella ricerca della propria identità nazionale, culturale e spirituale. Scelte decisive sono state e rimangono: il cammino di evangelizzazione più comunitario ed incarnato, la nascita e crescita del clero locale, la valorizzazione del ruolo del laicato, la promozione di una liturgia più inculturata. Quelli trascorsi
sono stati però anni non facili, segnati da tante sofferenze. Il martirio di non pochi operatori pastorali, fra cui numerosi missionari, ha drammaticamente accompagnato l’inizio del
periodo post-coloniale, i lunghi anni della dittatura, il travaglio della sua caduta e l’avvio
della fase di transizione verso la pacificazione nazionale tutt’ora in atto.
La condizione socio-politica ed economica in cui versa il Paese è all’origine di tanti
mali materiali e spirituali: dalla generalizzata mancanza di lavoro alle retribuzioni inadeguate e incerte, dal fenomeno dei ragazzi di strada al ricorso alle alienanti forme
religiose delle sette.
Se è vero che il Congo è oggi uno dei Paesi più impoveriti nonostante le ricchezze di cui
è favorito, la Chiesa si sente impegnata a dare visibilità all’amore di Dio che salva. Ne fanno fede la presenza attiva su ogni fronte della povertà e l’incessante richiamo ai governanti perché abbiano a cuore gli interessi vitali della gente, evitando di fare della cosa
pubblica un tornaconto personale o di lobby. Inoltre, in attesa delle elezioni politiche generali promesse per il 2005 e nel clima di dialogo per la riconciliazione nazionale, è forte
l’esigenza formativa per una coscienza critica che favorisca in tutti l’assunzione di un nuovo stile di responsabilità. E così che il Congo potrà contribuire non solo alla pacificazione e al progresso propri, ma dell’intera Africa e del mondo.
L’ascolto della Chiesa italiana ci ha aggiornato sulla situazione religiosa e culturale che
impegna le comunità che ci hanno inviato a trovare forme sempre nuove di comunicazione del Vangelo. In questo contesto consideriamo decisivo lo sforzo di assumere una impronta fortemente missionaria, espressa non tanto da ulteriori attività quanto piuttosto dalla ricerca di un nuovo stile di essere e fare Chiesa in Italia.
Chiamata a mantenere viva la ricca tradizione di invio missionario, la nostra Italia vede crescere al proprio interno nuovi areopaghi di evangelizzazione, che non sono estranei neppure a noi: la presenza di “genti nuove”, il confronto con altre professioni religiose, la formazione all’impegno politico, la sfida delle comunicazioni… sono l’altra faccia dell’ad gentes e
rendono molteplici e preziosi i doni che possono essere condivisi tra le nostre Chiese.
Oltre alla testimonianza dei propri santi e dei propri martiri, sono “doni” della Chiesa
congolese a quella italiana: la centralità dell’amore e della riconciliazione di Gesù Cristo nell’opera di evangelizzazione; l’esperienza della comunione propria della Chiesa famiglia, sorgente di identità e servizi personali; il ruolo attivo dei laici nella vita di comunità; le liturgie festose; la vitalità delle comunità di base; l’atteggiamento di fiducia
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nelle difficoltà; l’annuncio e la celebrazione dei sacramenti vissuti con la gente.
Nel servizio alla Chiesa congolese la Chiesa italiana può portare a sua volta più di un
apprezzato aiuto: sensibilizzare sulla situazione in atto nel Paese, approfondendone
le cause; favorire maggiore informazione corretta sull’Africa, mettendone in evidenza anche gli aspetti positivi; sostenere la formazione permanente dei preti e altri
agenti pastorali locali; restare vicina alla Chiesa locale e ai missionari nei momenti di
maggiore difficoltà; continuare a inviare missionari; premere sul governo italiano e
le istituzioni internazionali per la soluzione dei problemi del Congo; coinvolgere i soggetti locali nella realizzazione di progetti, offrendo disponibilità di persone e risorse
alle loro esigenze di formazione tecnica e umana.
Iniziative che tanto più risulteranno utili quanto maggiormente troveranno ispirazione e alimento in una profonda comunione spirituale tra le due comunità. Come missionari infatti possiamo testimoniare che la missione è stata per noi soprattutto un’esperienza di conversione e inizio sempre nuovo di vita con Dio.
La situazione di guerra e violenza che in tanti anni abbiamo condiviso con la gente di questo Paese ci ha fatto vivere nella Chiesa e tra la gente del Congo un’avventura unica di fede. Abbiamo visto e sperimentato la presenza della tenerezza del Padre, al quale ci siamo abbandonati in tanti momenti; abbiamo sperimentato che è solo il Signore che interviene e salva; è Lui che si prende cura di quanti sono abbandonati da tutti. Dalla gente più in difficoltà abbiamo imparato la voglia di vivere nonostante tutto; nei momenti
più forti di pericolo ci hanno difeso fedeli semplici e poveri; sono loro che hanno mantenuto viva la Chiesa anche di fronte alla persecuzione e alle tante distruzioni.
Al di là dei tanti mali che l’affliggono, il ricco cammino di fede della nostra esperienza missionaria in Congo dimostra come non sia affatto questo il momento di abbandonare l’Africa. Occorre però che impariamo a realizzare una presenza evangelizzatrice più incarnata, più umile e più costruita “insieme” alla Chiesa che ci ha accolti.
La nostra icona non può essere che quella suggerita dal Battista: “Che lui cresca”. Un
“Lui” che abbraccia insieme il Signore della storia ed il nostro popolo impegnato nella costruzione del suo nuovo futuro.
Su questa strada comune, la Chiesa italiana e la Chiesa del Congo sono chiamate ancora ad arricchire vicendevolmente la propria vita, riconoscendosi parte di quell’unico popolo di Dio che ovunque vive, annuncia e testimonia le grandi opere del Signore.
Ricchezze e povertà del Congo
La Repubblica Democratica del Congo ha una superficie che è otto volte quella dell’Italia con un numero di abitanti molto vicino a quello della nostra penisola: 50 milioni. L’agricoltura contribuisce al 56% del prodotto interno lordo (rilevanti le esportazioni di caffè) ma ciò che più conta è che il Paese è una vera “miniera” di risorse
naturali: diamanti, oro, petrolio, uranio, cobalto rame, zinco, stagno, e lo “strategico”
coltan (il columbio-tantalio) che serve ad ottimizzare l’uso dell’energia nei telefoni cellulari ed è indispensabile nella produzione di attrezzature spaziali, airbag, aerei, fibre
ottiche, playstation.
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Nonostante tutte queste ricchezze, la Repubblica Democratica del Congo registra un’aspettativa di vita di soli 45 anni, un altissimo tasso di mortalità infantile e una drammatica povertà della popolazione. Una delle ragioni risiede nel fatto che questo paese è stato devastato da ben due conflitti nell’ultimo decennio, il primo dei quali, scoppiato nel
1996, è stato definito la “prima guerra mondiale africana” perché ha coinvolto una mezza dozzina di paesi e ha provocato la morte dai 3 ai 5 milioni di persone, più due milioni di rifugiati e sfollati. La posta in palio di quasi dieci anni di guerra sono state proprio
le risorse minerarie: lo Zimbabwe ha finanziato il suo impegno militare con i contratti sul
legname e i diamanti, mentre nelle province dell’est il coltan ha alimentato l’impegno
bellico ruandese. Gli ugandesi hanno puntato infine all’oro e ai diamanti oltre che allo
sfruttamento della rigogliosa foresta tropicale. Le immense ricchezze naturali della Repubblica Democratica del Congo sembrano dunque essere la sua maledizione fin dal XIX
secolo quando suscitarono gli appetiti di Leopoldo II re del Belgio che sterminò oltre cinque milioni di congolesi.
Per una lettura integrale
della Bibbia
Ignoratio Scripturarum ignoratio Christi est.
L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo.
(S.Girolamo, Commento al profeta Isaia)
Se davvero è così importante per la nostra fede e la nostra vita sapere leggere la Bibbia,
è possibile imparare a farlo?
Quella che di seguito ti presento è una proposta (adattando una analoga iniziativa dell’Associazione Biblica della Svizzera Italiana) che consente di iniziare in questa quaresima la lettura della
Bibbia e di poterla completare nell’arco di cinque anni.
Ecco alcune minime condizioni che rendano questa esperienza costruttiva ed efficace.
• Anzitutto il tempo: è necessario individuare con precisione un momento della giornata (trenta-quaranta minuti) che è verosimile prevedere come costantemente dedicato
a questa lettura;
• In secondo luogo il ritmo di lettura: 1-2 capitoli al giorno;
• Disporre di un’edizione completa e affidabile della Bibbia,
ad es. La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna;
La Sacra Bibbia, UECI, Roma.
In questo percorso sono importanti altri due strumenti:
• il cosiddetto quaderno biblico: ciascuno è invitato a registrare giorno per giorno tutte
le osservazioni che la lettura suscita. Fissare tutto ciò per iscritto può essere un utile
modo per perdere il meno possibile delle acquisizioni che l’esperienza in corso offre e
di confrontarsi con un prete, un esperto.
• Alcune introduzioni alla lettura della Bibbia, come quella di Bruno Maggioni, Attra-
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verso la Bibbia, Cittadella, Assisi 2003; oppure di A.Sacchi, Cos’è la Bibbia, ed. San
Paolo, Cinisello Balsamo 1999; oppure anche il Vademecum per un lettore della Bibbia, della Morcelliana di Brescia.
I periodo
(feb-apr)
anno 1
Genesi/Esodo
(90 capitoli)
anno 2
Levitico
Numeri
Deuteronomio
(97 capitoli)
anno 3
Giosuè/Giudici
(45 capitoli)
anno 4
I/II Samuele
(55 capitoli)
anno 6
I/II Re
Ester
Daniele
(71 capitoli)
II periodo
(mag/lug)
III periodo
(ago/ott)
IV periodo
(nov/gen)
Geremia
Lamentazioni
(57 capitoli)
Matteo
Galati/Romani
(50 capitoli)
Giobbe/Rut
1/2 Maccabei
(77 capitoli)
Isaia
(66 capitoli)
Marco
I/II Corinzi
I/II Tessalonicesi
Filemone (54 capitoli)
Salmi
(150 capitoli)
Ezechiele
(48 capitoli)
Luca/Efesini
Filippesi/Colossesi
I/II Timoteo/Tito
(51 capitoli)
Siracide
Cant. Cantici
(59 capitoli)
Osea/Gioele/
Amos/Abdia
Giona/Michea
Naum/Abacuc
Sofonia/Aggeo
Zaccaria/Malachia
(67 capitoli)
Atti
Ebrei/Giacomo
1/II Pietro/Giuda
(55 capitoli)
Proverbi
Qohèlet
(43 capitoli)
1/2 Cronache
Esdra/Neemia
(88 capitoli)
Giovanni
I/II//III Giovanni
Apocalisse
(50 capitoli)
Sapienza
Giuditta
Tobia/Baruch
(55 capitoli)
Ti auguro buona lettura, una lettura che ti riguarda profondamente, perché come dice Roberto Benigni: “La Bibbia è l’unico libro e l’unico esempio in cui l’autore del libro è anche l’autore dei lettori”.
p. Giuseppe
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S. Angela Merici
L’istruzione femminile
nel rapporto Unicef 2004
Il Rapporto Unicef 2004 individua nell’istruzione delle bambine una delle sfide più decisive che la comunità operante nello sviluppo internazionale è chiamata ad affrontare. Il rapporto lancia un appello all’azione in nome dei 121 milioni di bambini – dei
quali 65 milioni sono bambine – che oggi nel mondo sono esclusi dall’istruzione. Il
rapporto evidenzia i costi che tale esclusione comporta per le bambine, ma anche per
le loro famiglie, comunità e Paesi.
I leader mondiali si sono impegnati a raggiungere entro il 2015 una serie di obiettivi,
noti come Obiettivi di sviluppo del Millennio: l’eliminazione della fame e della povertà
estrema, la realizzazione dell’istruzione primaria universale, la promozione della parità di genere e dell’empowerment delle donne, la riduzione della mortalità infantile,
il miglioramento della salute delle madri, la lotta all’HIV/AIDS, alla malaria e ad altre
malattie, la salvaguardia della sostenibilità ambientale e la creazione di un’alleanza
globale per lo sviluppo.
Tra gli obiettivi di sviluppo, due in particolare sono considerati determinanti per il raggiungimento di tutti gli altri: l’istruzione universale e la parità di genere e l’empowerment delle donne. Come primo passo verso l’istruzione universale, si è stabilito
di anticipare al 2005 il traguardo della parità di genere nella scuola primaria e secondaria, dieci anni prima della scadenza fissata per gli obiettivi restanti. Oltre a essere un obiettivo in sé, questo traguardo del 2005 è un elemento chiave per tut ta l’agenda dello sviluppo, e costituirà una prima verifica dell’impegno del mondo per rompere la morsa della povertà.
Alla luce di queste considerazioni, l’istruzione femminile è presentata come l’obiettivo più urgente di tutti.
LA DISCRIMINAZIONE DI GENERE
Dal Rapporto emerge il peso ancora molto forte della discriminazione di genere nella teoria, nella pratica e nella politica dello sviluppo. Troppo spesso l’istruzione universale è
stata ritenuta un lusso anziché un diritto umano e i programmi di sviluppo si sono concentrati più sui risultati economici che sul benessere delle persone. Se è vero che per
qualsiasi bambino essere privato della possibilità di istruirsi è una catastrofe, non si può
ignorare che per una bambina il danno è ancor più grave, e comporta costi sociali non
solo per la bambina stessa, ma per la famiglia, la comunità e il paese.
Rispetto ai maschi, le bambine sono più esposte ai rischi dell’HIV/AIDS, dello sfruttamento sessuale e del traffico di minori. Sono più vulnerabili alla povertà e alla fame. Se si negano alle bambine le conoscenze e le competenze sociali che la scuola
può offrire, questi rischi aumentano nel breve periodo e vengono trasmessi anche alla generazione successiva.
Al contrario, la scuola può dare a una bambina una più chiara percezione del proprio
potenziale e una maggiore fiducia in se stessa, una maggiore possibilità di guadagno
e una migliore capacità di difendersi dalla violenza e dalle malattie.
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UN APPROCCIO ALLO SVILUPPO BASATO SUI DIRITTI UMANI
Gli investimenti per lo sviluppo non hanno mai attribuito priorità all’istruzione delle
bambine. Storicamente, si è sempre ritenuto che la crescita economica generasse
progressi sociali quasi automaticamente. Ma le esperienze negative accumulate negli anni nei paesi in via di sviluppo hanno dimostrato l’inadeguatezza di questo modello, né sono emerse prove evidenti che la crescita economica possa da sola ridurre la povertà o la disuguaglianza.
In realtà, sembra vero il contrario: è lo sviluppo umano a promuovere la crescita economica. Secondo uno studio dell’UNICEF, i paesi che negli anni ‘90 mostravano i più
alti tassi medi di crescita annuale erano quelli che nel 1980 presentavano risultati migliori negli indicatori di sviluppo umano. Oggi è ampiamente accettato che l’economia dello sviluppo deve essere inquadrata in una prospettiva che tenga conto delle
disparità di genere e che non è possibile ridurre la povertà in maniera sostenibile senza promuovere l’empowerment delle donne.
L’istruzione delle bambine è strettamente legata ad altre componenti dello sviluppo
umano, tanto che farne una priorità vuol dire anche avanzare su vari altri fronti:
• la salute e la condizione delle donne;
• la cura della prima infanzia;
• l’alimentazione, l’acqua e i servizi igienici;
• la riduzione del lavoro minorile e di altre forme di sfruttamento;
• la risoluzione pacifica dei conflitti.
Tata Tanara
P. Dante Maranta dal mese di febbraio ha lasciato la comunità dei Padri Sacramentini e si è trasferito presso l’Associazione Casa di Accoglienza “Madre della Pietà Celeste” a Besate (MI).
EUCARISTIA: I GESTI E I SEGNI DELLA CELEBRAZIONE/2
PERCHÉ NON SI ACCLAMA IL GLORIA DURANTE L’AVVENTO E LA QUARESIMA?
Il canto del “Gloria” è una solenne acclamazione in cui si esalta la grandezza e la misericordia di Dio Padre e del Figlio nell’unità dello Spirito Santo.
Si tratta di un canto di lode e di adorazione alla Trinità e per meglio comprendere
il significato e il valore che va attribuito a tale inno è utile osservare che nella liturgia, poche parole ritornano con tanta frequenza e con varie sfumature di significato come quella di “gloria”. Nell’Eucaristia della domenica, infatti, questa parola ritorna almeno sette volte: nei riti d’inizio ”Gloria a Dio nell’alto dei cieli…”; al
momento del vangelo – “Gloria a te, o Signore!”; nel Credo – “E di nuovo verrà nella gloria…”; nel Santo – “I cieli e la terra sono pieni della tua gloria…”; nella dossologia (letteralmente “parola di gloria”) al termine della preghiera eucaristica
“Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente… ogni onore e glo17
Parrocchia
S. Angela Merici
ria”; dopo il Padre nostro – “Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli”.
Il significato biblico di questo termine è un po’ diverso da quello del nostro linguaggio comune. La parola ebraica originale kabòd indica ciò che ha “peso” in una persona e fa riferimento non tanto al riconoscimento da parte di altri, quanto piuttosto
al valore e all’importanza reale e oggettiva di qualcuno o qualcosa. Nella Bibbia la parola “gloria” viene usata il più delle volte in riferimento a Dio e di conseguenza il termine “gloria” passò a significare la realtà di Dio, ciò che lui è e ciò che fa per l’uomo.
Per conoscere Dio però è necessario che egli si manifesti in qualche modo e noi sappiamo che Dio si manifesta nella creazione (“I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento” – Sal 18,2) e soprattutto nella storia del popolo di
Israele (“io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore!” – Es 14,4). Nel Nuovo Testamento poi, la gloria
di Dio raggiunge la sua manifestazione massima in Gesù: nella sua incarnazione (“E il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre” – Gv 1,14), nei suoi miracoli (“Gesù diede inizio ai sui
miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”
–Gv 2,11), nella passione e sulla croce, momento culminante della manifestazione dell’amore di Dio (“Padre, è giunta l’ora: glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te…
Io ti ho glorificato sopra la terra…. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse” Gv 17, 1-5).
Allora “… rendere gloria a Dio non è un semplice gesto umano spontaneo, un dire a parole la sua grandezza, ma significa percepire, vedere, accogliere la sua manifestazione
e aderire a lui, dove e come si rende a noi manifesto, soprattutto nella morte e risurrezione di Cristo, nella sua croce “gloriosa”. (R. Falsini “Gesti e parole della Messa”).
Il Gloria che si canta nella celebrazione dell’Eucaristia è la forma abbreviata di un lungo e antichissimo inno “Laus Angelorum Magna” con il quale la Chiesa glorifica e
supplica Dio Padre. Il nome è l’esatta traduzione del titolo dato a tale inno nella tradizione greco-bizantina.
Nell’antica liturgia delle ore ambrosiana la Laus era l’inno conclusivo delle lodi. Solo successivamente (attorno al VI secolo) essa venne introdotta in forma abbreviata
come inno (il Gloria in excelsis) nella messa di Natale; fu il papa Simmaco a ordinare che il canto del Gloria fosse esteso anche alle domeniche e alle feste dei martiri,
ma solo quando presiedeva il vescovo.
Il Gloria era dunque diventato il canto solenne non solo a Natale, ma anche a Pasqua
e successivamente esteso anche alle domeniche (Pasqua settimanale).
Alla fine del XIII secolo si trovano una serie di ordinamenti che limitano il canto del
Gloria e lo proibiscono in certi tempi dell’anno e in alcune celebrazioni.
Ora, sia nel messale romano, sia in quello ambrosiano, il Gloria viene cantato o proclamato tutte le domeniche e nelle solennità e feste, tranne in Avvento e in Quaresima: la liturgia omette in questi tempi forti la proclamazione di questa solenne acclamazione di lode per suggellare con la ripresa di questo canto nella notte di Natale la memoria della nascita del Signore e osservare l’austerità del tempo di Quaresima nel quale il popolo di Dio si prepara alla celebrazione della Pasqua.
Mirella Del Zoppo e Luigi Mapelli
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PERCORSO EUCARISTICO A MILANO
Il presbiterio del Duomo di Milano/1
Cuore della diocesi, sede del magistero del vescovo e del suo ministero sacramentale, luogo privilegiato della solenne liturgia eucaristica, la cattedrale a sua volta ha,
al centro, un nucleo più particolarmente sacro, riservato esclusivamente all’esercizio
di queste funzioni: il presbiterio, un’area assai più articolata e più espressiva di quella esistente in qualsiasi altra chiesa.
Il Duomo ebbe il suo primo presbiterio nel 1418, quando al centro del coro, sulla verticale della serraglia del semicatino absidale (dopo sei anni impreziosita dal Padre
Eterno, in bronzo dorato di Jacopino da Tradate e Beltramino da Rho, preceduta dalle serraglie del Battista e della Vergine con il Bambino) fu traslato l’antico altare di
Santa Maria Maggiore, rimosso dalla sua originale posizione, pressoché coincidente, anche in altezza, con il centro della grande campata posta all’intersezione della navata con il transetto, in corrispondenza con il lanternino del tiburio.
L’altare, ancora l’attuale, in marmo broccatello di Verona, risale ala ricostruzione della basilica di Santa Maria Maggiore dopo l’incendio del Barbarossa, quindi è databile attorno al 1185-1187, forse ad opera dell’arcivescovo Uberto Crivelli, poi papa con
il nome di Urbano III.
Il più antico presbiterio del Duomo era rialzato di soli tre gradini rispetto al pavimento
della chiesa e limitato alla zona poligonale, delimitata dal deambulatorio retrostante
e dall’inizio della navata centrale.
La presenza dell’altare maggiore e di ciò che su di esso avveniva, cioè la transustanziazione, era sentita in continuità con il fondo determinato dai tre finestroni absidali.
Il finestrone centrale (ideato dal parigino Nicolò del Bonaventis alla fine del 1390, po
portato a perfezione da Filippino degli Organi da Modena entro il 1402) sviluppa il tema della storia della salvezza; esso è dominato dalla gran raza (raggera) posta al centro, figura del sole di giustizia, Gesù Cristo, posto tra le statue dell’angelo Gabriele e
di Maria (la prima attribuita a Paolino da Montorfano, la seconda a Isacco da Imbonate), sormontato da un tondo con il bassorilievo dell’Eterno Padre (Filippino da Modena) e quello dello Spirito Santo (Maffiolo da Cremona). Inginocchiati con il volto rivolto verso l’altare, in adorazione dell’Eucaristia, le statue di Sant’Ambrogio e San
Galdino, più sotto gli stemmi dei Visconti e dei quartieri milanesi, partecipi di questa
attiva azione salvifica che dal sì di Maria investe tutta la storia e si rinnova nel sacrificio eucaristico.
Ma all’epoca delle origini del Duomo dove era custodita l’Eucaristia?
In quegli anni non usava conservarla sull’altare, ma essa era custodita in un primo tempo in una delle due sacrestia, poi nel Quattrocento nel piccolo tabernacolo situato presso l’altare di Santa Caterina, accanto all’attuale altare della Madonna dell’Albero.
Anna Maria Roda
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Parrocchia
S. Angela Merici
Agenda della comunità
Date le numerosi adesioni al pellegrinaggio in Israele dal 20 al 28 aprile e date le numerose richieste rimaste in lista d’attesa, annunciamo che un ulteriore pellegrinaggio è preannunciato per il prossimo anno 2006.
LUNEDÌ 14 FEBBRAIO
– Incontri a gruppi con p. Giuseppe per i genitori dei bambini nati nel ‘94 del percorso di
catechesi differenziata.
MERCOLEDÌ 16 FEBBRAIO
– Alle ore 21 p. Giuseppe incontra i genitori dei bambini nati nel ‘95 del percorso di catechesi differenziata.
DOMENICA 20 FEBBRAIO
– Alle ore 10 rito di ammissione ai Sacramenti per i bambini nati nel ‘94 del percorso di
catechesi differenziata.
MARTEDÌ 22 FEBBRAIO
– Alle ore 21 p. Guglielmo incontra i genitori dei bambini nati nel ‘94 del percorso di catechesi tradizionale.
GIOVEDÌ 24 FEBBRAIO
– Alle ore 21 primo incontro per i genitori dei bambini nati nel ‘97 che iniziano a settembre il cammino di catechesi.
LUNEDÌ 28 FEBBRAIO
– Alle ore 21 p. Giuseppe incontra i genitori dei bambini nati nel ‘96 del percorso di catechesi differenziata.
– Sempre alle ore 21 si riunisce il gruppo giovani coppie 2.
DOMENICA 6 MARZO
– Alle ore 10 memoria del Battesimo per i bambini nati nel ‘94 del percorso di catechesi
differenziata.
– Alle ore 17 adorazione comunitaria
MARTEDÌ 8 MARZO
– Alle ore 21 si riunisce il Consiglio per gli Affari Economici.
LUNEDÌ 14 MARZO
– Alle ore 21 si riunisce il Consiglio Pastorale Parrocchiale.
– Sempre alle ore 21 p. Guglielmo incontra i genitori dei bambini nati nel ‘96 del percorso di catechesi tradizionale.
MERCOLEDÌ 16 MARZO
– Alle ore 21 p. Guglielmo incontra i genitori dei bambini nati nel ‘95 del percorso di catechesi tradizionale.
GIOVEDÌ 17 MARZO
– Alle ore 21 si riunisce il gruppo giovani coppie 1.
SABATO 19 MARZO
– Giornata di ritiro per i bambini nati nel ’95 del percorso di catechesi tradizionale che riceveranno la Prima Comunione il 3 aprile prossimo.
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Centro culturale
VISITE GUIDATE
mercoledì 23 febbraio – Milano nell’età dei Lumi: visita ai Palazzi Reale e Belgioioso
e al Teatro alla Scala. Ritrovo alle ore 9.30 davanti a Palazzo Reale.
INCONTRI CULTURALI
giovedì 17 e 24 febbraio e giovedì 3 e 10 marzo ore 18 – Ciclo di conferenze sul Rinascimento. Relatrice Elena Marchente Mancili.
CINEMA INSIEME
martedì 15 febbraio ore 15 – La cena di Babette (drammatico)
martedì 1 marzo ore 15 – Mio zio (comico)
INFORMAZIONI E ISCRIZIONI
Presso la segreteria del CENTRO CULTURALE, martedì, mercoledì e giovedì dalle ore
18 alle 19.30 (tel. 02.690 123 318). Per evitare il rischio di annullamento per insufficiente numero di partecipanti si invita a prenotarsi almeno 3 giorni prima per le visite in Milano e gli incontri culturali.
Incontri pomeridiani
per la terza età
Questo il calendario degli incontri promossi dal Movimento Terza Età (ore 15.30):
giovedì 17 febbraio – “Viviamo la musica”: La trilogia popolare di Giuseppe Verdi (Rigoletto, Trovatore, Traviata). Interviene la prof. Adriana Schifano
martedì 22 febbraio – incontro biblico
giovedì 24 febbraio – incontro di catechesi sull’Eucaristia guidato da p. Cirillo. A conclusione si festeggeranno i compleanni del mese.
giovedì 3 marzo – giornata di ritiro a Caravaggio, guidata da don Mauro Radice, con
le parrocchie del decanato. Ritrovo alle ore 8.30 sul piazzale. Iscrizioni entro il 24 febbraio presso la Segreteria parrocchiale (quota di partecipazione 20 €).
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Parrocchia
S. Angela Merici
da lunedì 14 a domenica 20 febbraio ore 21
Spazio Umano con il sostegno di Teatro Litta
Edipo 2005
Regia di Paolo Scheriani – Traduzione di Raul Montanari – Video di Dimitris Statiris
Con: Simone Ricciardi, Nicoletta Mandelli, Maurizio Desinan
domenica 27 febbraio ore 16
Duo Full House (Svizzera)
Leo on tour
spettacolo per ragazzi con Henry Camus & Gaby Schmutz
Prenotazioni: Pensieri e Colori Coop. Sociale
tel. 02 2682 4782 (dal lunedì al venerdì 9-13 / 14-18)
[email protected] – www.teatroblu.org
In città
MERCOLEDÌ 16 FEBBRAIO
– Alle ore 21, presso il Chicobar di via Ollearo 5, Legambiente Milano invita a una serata
sul tema Mentre l’acqua scorre – Cuba: risorse idriche, uso non abuso. La serata si colloca nell’ambito del ciclo I sensi della cooperazione, cinque incontri per parlare, sentire,
vedere, toccare e fare esperienze di altri luoghi e altre realtà.
MERCOLEDÌ 23 FEBBRAIO
– Alle ore 19, presso la parrocchia di S. Fedele, piazza San Fedele, lettura a due voci (ebraica e cristiana) dedicata quest’anno al libro di Giosuè. Tema della serata: “E ora temete
il Signore e servitelo con integrità e fedeltà” (24,14) la struttura dell’alleanza? Dall’oltrefiume alla terra: fedeltà di Dio e servizio di Israele: quale rapporto? capp. 23-24. Intervengono il rabbino Giuseppe Laras e Armido Rizzi.
– Alle ore 21, presso il Chicobar di via Ollearo 5, primo incontro del ciclo I diritti dimenticati organizzato dai volontari di Emergency. Tema della serata: Il diritto all’informazione. Ne discutono Ada Zangara di Emergency, Maso Notarianni di Peacereporter, Massimo Rebotti di Radio Popolare, Mario Portanova di “Diario”.
MERCOLEDÌ 2 MARZO
– Alle ore 20.30, dalla parrocchia di S. Protaso al PIME Via Crucis cittadina presieduta
dall’Arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi.
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GIOVEDÌ 3 MARZO
– Alle ore 17.30, presso la Sala Conferenze della Camera di Commercio, via Meravigli 9/B, incontro con Ali Abu Awwad, palestinese, e Aaron Barnea, israeliano, dell’associazione “Parents
Circle”, composta da genitori israeliani e palestinesi in lutto per la perdita di un qualche familiare a causa del conflitto e impegnata a promuovere pace, riconciliazione e tolleranza.
SABATO 5 E DOMENICA 6 MARZO
– A partire dalle ore 15 di sabato, presso l’Università Cattolica, largo Gemelli 1, si terrà
l’Assemblea diocesana dell’Azione Cattolica. Nella mattinata di domenica è previsto l’intervento dell’Arcivescovo, cui seguiranno la relazione del Presidente e le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Associazione.
SABATO 12 MARZO
– Alle ore 15, presso il Centro San Fedele, tavola rotonda sul tema La spiritualità sorgente
di dialogo, promossa dal Segretariato Attività Ecumeniche (SAE). Intervengono il pastore Paolo Ricca, padre Tecle Vetrali e padre Vladimir Zelinsky.
Nella comunità parrocchiale
SONO ENTRATI
Alessandra Didoni – 6 febbraio 2005
Samuele Marconi – 6 febbraio 2005
Matteo Crespi – 6 febbraio 2005
Anna Bruna Fousek – 6 febbraio 2005
Sofia Heinen – 6 febbraio 2005
Angelica Ciarafoni – 6 febbraio 2005
Alessia Zanoni – 6 febbraio 2005
SI SONO UNITI IN MATRIMONIO
Fabio Radaelli e Laura Tettamanti – 29 gennaio 2005
Francesco Castagnetto e Roberta Cassani – 5 febbraio 2005
Donato Begotti e Cristina Monterosso – 12 febbraio 2005
CI HANNO LASCIATO
Giuseppe Maggioni – 17 dicembre 2004 (anni 81)
Ilda Bossi – 24 dicembre 2004 (anni 85)
Giuseppe Marchetti – 31 dicembre (anni 95)
Antonia Bezzegato – 1 gennaio 2005 (anni 83)
Renata Bellandi – 6 febbraio 2005 (anni 91)
S. AngelafoglMerici
o
Parrocchia
nformativo
Direttore responsabile – p. Giuseppe Bettoni
Capo Redattore – Tata Tanara
Impaginazione – Pensieri e Colori
Stampa – Francesco Canale
Un ringraziamento particolare
a tutti coloro che collaborano
con gli articoli, alla fascicolatura e
alla diffusione del Foglio Informativo
Trovate il Foglio Informativo anche su:
www.americisss.it
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