La crisi finanziaria negli Usa ed il suo impatto in America Latina

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La crisi finanziaria negli Usa ed il suo impatto in America Latina
Forum: La crisi finanziaria negli Usa ed il suo impatto in America Latina
Caracas, 08 ottobre 2008
La crisi finanziaria dell’economia statunitense è qualcosa che interessa indirettamente l’America
Latina e tutte le realtà economiche legate in un modo o nell’altro al suo evolversi. La
Commissione Finanze dell’Assemblea Nazionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela
ha aperto un forum per iniziare un dibattito sulla questione. Per seguire la situazione e per
studiare le soluzioni politiche, l’Assemblea Nazionale (www.asambleanacional.gob.ve) ha
creato una Commissione Mista, visto che la crisi ha dei risvolti che vanno ben oltre il campo
finanziario. Nel corso dell’evento tenutosi nel nell’Hemiciclo Protocolar del Palacio Federal
Legislativo di Caracas sono intervenuti quattro economisti venezuelani, i quali hanno fatto
un’analisi della crisi statunitense e del suo impatto in America Latina. Riassumo gli interventi.
Pedro Palma
Da anni negli Stati Uniti vengono concessi dei prestiti ipotecari per l’acquisto della prima casa,
senza che questi godano di garanzie sufficienti. Con il rialzo dei tassi di interesse molte famiglie
non sono state capaci di pagare. Negli USA ci sono istituzioni finanziarie che hanno come fine
quello di comprare gli attivi delle banche che concedono questi prestiti, di conseguenza queste
banche possono disporre di una maggiore liquidità per concedere altri prestiti per l’acquisto
della prima casa. Una volta acquistati gli attivi, questi vengono immessi sul mercato. All’inizio
era molto conveniente acquistare questi titoli, perchè le condizioni agevolate spingevano molte
famiglie a chiedere un credito per l’acquisto della prima casa. Ora, di fronte all’impossibilità da
parte delle famiglie di pagare il debito, la redditività di questi titoli è incerta e quindi c’è una
corsa alla loro vendita. Già a metà marzo del 2008 caddero le prime banche statunitensi, quelle
che avevano esagerato nell’emissione di questi crediti alle famiglie. L’acquisto dei titoli degli
attivi delle banche in crisi ha poi creato un effetto a catena.
Il pacchetto di 700 mila milioni di dollari -proposto dal Governo Statunitense- servirebbe a
comprare gli attivi delle mele marce, di quelle banche che hanno esagerato nell’emissione di
crediti. Lo Stato interviene con fondi pubblici affinchè questa crisi non coinvolga una serie di
organizzazioni finanziarie internazionali. Nel 1929 lo Stato decise di non intervenire di fronte alla
crisi provocata dai crediti concessi per comprare azioni; il risultato fu una crisi di tutto il sistema
finanzairio ed una depressione economica che provocò disoccupazione e fame, tanto negli USA
come in Europa. Quindi da questa lezione si è imparato che lo Stato non può stare a guardare
di fronte a queste crisi: deve intervenire per abbassare i tassi d’interesse e tranquillizzare
l’opinione pubblica.
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Nonostane l’intervento di 700 mila milioni di dollari le Borse stanno collassando, poichè la
banche hanno perso parte del loro patrimonio liquido. Gli investitori preferiscono vendere ora i
loro titoli in modo da materializzare le perdite, vendere con un giorno di ritardo significherebbe
perdere altri soldi. Le Borse vogliono fermare il panico e cercano di convincere gli investitori che
ormai si è toccato il minimo possibile e che tra poco i titoli riacquisteranno valore. I discorsi dei
Governi coinvolti nella crisi sono tutti rassicuranti perchè sono in linea con quelli delle Borse. In
ogni caso, le economie coinvolte vivranno un periodo di recessione, perchè le banche saranno
più restie nel concedere prestiti, dal momento che i destinatari non offrono garanzie sufficienti.
La recessione è quindi dovuta ad un restringimento dell’attività economica.
Cosa significa questa situazione per l’America Latina? Significa che si riducono le esportazioni
verso i sistemi in crisi. I paesi latinoamericani vendono prodotti ed incassano dollari. Dunque
incasseranno meno dollari e per questo aumenta la caccia al “dollaro parallelo”, ossia
all’acquisto illegale di dollari ad un prezzo maggiore (circa il triplo). Le esportazioni diminuiranno
perchè i paesi industrializzati stanno soffrendo una crisi che non riguarda solo i ricchi, ma anche
i piccoli risparmiatori ed i fondi pensione. Quindi le perdite dei lavoratori e degli operai
significano anche una contrazione nei consumi dei prodotti importati dall’America Latina. Uno
dei vantaggi per i paesi latinoamericani è che il dollaro si sta rafforzando nei confronti dell’euro
(da un rapporto di 1,6 si è passati a quello di 1,3) ed indirettamente si rafforzano monete come
il Bolìvar Fuerte venezuelano, che ha un cambio fisso di 2,15 col dollaro.
Armando Leòn
Non si tratta di una crisi delle economie emergenti o periferiche: è una crisi finanziaria che viene
dal centro dell’economia mondiale. Non è una crisi del Venezuela. Dal 2001 al 2004 il Fondo
Monetario Internazionale si è sempre pronunciato in favore della deregolamentazione del
mercato finanziario per risolvere le crisi: solo il Venezuela si è sempre opposto a queste
indicazioni del FMI. La realtà ha più volte bocciato il mercato autoregolato ed ora i Repubblicani
ed i Democratici statunitensi stanno studiando politiche settoriali per evitare che la crisi si
trasformi in catastrofe. Questa crisi non ha intaccato la capacità delle imprese venezuelane di
pagare i crediti ricevuti, nonostante negli ultimi anni le relazioni delle agenzie della finanza
mondiale lo mettessero fortemente in dubbio, scoraggiando di fatto gli investimenti. In
Venezuela il sistema finanziario pubblico e privato resta ben finanziato, solo il petrolio può
destabilizzarlo. Abbiamo detto che si prevede una riduzione delle esportazioni dei paesi
latinoamericani. Il Venezuela esporta principalmente petrolio e verrebbe danneggiato da una
caduta del suo prezzo. L’OPEC –l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio- si sta
impegnando per arrivare ad un prezzo che si stabilizzi tra gli 80 ed i 100 dollari al barile, in
modo che i paesi produttori non vengano danneggiati dalle crisi provenienti dai paesi importatori
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di petrolio (USA – UE). Lo scenario: cambieranno i centri della finanza e per questo risulta
sempre più necessario che il polo latinoamericano sia anche un polo finanziario (il riferimento è
al superamento dello stallo nella costituzione del banco del Sur).
Hugo Farìas
Analisi del contesto mondiale attraverso dei grafici: la povertà critica –ossia, non avere i tre
pasti quotidiani- si è ridotta, ma questo non significa che siamo più uguali di prima. Nel 1970 il
17 % della popolazione mondiale viveva con meno di 1 dollaro al giorno, nel 2000 siamo scesi
al 6,7%. Sempre nel 1970 il 41 % viveva con meno di 2 dollari al giorno metre nel 2000 siamo
scesi al 16%. Questi “miglioramenti” sono dovuti all’aumento dei redditi pro-capite. Tuttavia, fino
al 2006 il Venezuela non ha registrato un aumento del reddito pro-capite, anzi: dai circa 10.000
dollari del 1957 si è passati ai 9.000 del 2006. All’estremo opposto troviamo Honk Hong: dai
2.000 dollari del 1957 ai 30.000 del 2006. In questo contesto, la crescita economica del
Venezuela negli ultimi sei anni può essere considerato un miracolo. Quest’anno sarà più del
6%.
Fattori che hanno determinato l’attuale crisi finanziaria. 1) La Banca Federale degli Stati Uniti
negli ultimi anni ha dato vita ad una svalutazione del dollaro, immettendo per le strade molti
dollari grazie ai bassi tassi d’interesse. I consumatori ne approfittavano soprattutto per
l’acquisto della prima casa. 2) L’acquisto delle ipoteche che generano le banche. C’è una
responsabilità politica di questa crisi statunitense: dagli anni ’90 – e soprattutto dal 2004 – il
Congresso statunitense ha consigliato di comprare anche le ipoteche sulle persone con scarse
risorse economiche; nel 1977 è stata varata la Legge di Reinvestimento Comunitario, che
incentivava ad emettere crediti nelle regioni statunitensi più depresse, in modo da dare crediti
alle persone con scarse risorse economiche. Le responsabilità politiche risiedono precisamente
nell’aver creato degli incentivi assurdi. La deregolamentazione propugnata dal neoliberismo è
stata, paradossalmente, quella che ha permesso il salvatagio di quelle banche che hanno
diversificato i loro investimenti, ossia quelle banche meno colpite dalla crisi odierna.
Effetti della crisi sull’America Latina. Anche Hugo Frìas mette in guardia dal difendere il prezzo
del petrolio, in quanto la recessione dei paesi importatori porterà ad una diminuzione della
domanda. Per non avere problemi interni, i paesi importatori cercheranno di abbassare il prezzo
del petrolio e quindi il ruolo dell’OPEC sarà fondamentale per mantenere un prezzo stabile
intorno ai 90 dollari.
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Rodrigo Cabezas
Per un economista ciò che sta succedendo accresce la passione, perchè bisogna cercare una
risposta ad una crisi dai risvolti incerti, tutti da studiare e da seguire. La crisi negli USA non è
una crisi totale, ma è “una crisi di guadagni per le accumulazioni di capitale”. Carattere della
crisi: la politica economica statunitense delle ultime tre decadi ha creato un’accumulazione del
capitale nel settore finanziario. Il capitalismo finanziario si è imposto su quello industriale. A tal
propostio Cabezas cita un libro del 1992 dal titolo “Capitalismo contro capitalismo”. Dietro la
speculazione sul mercato dei crediti si è creato un consumo supportato dall’indebitamento. Già
negli anni ’70 si era creata una piccola crisi dei crediti ipotecari sulla prima casa, il che ha
prodotto uno spostamento della speculazione finanziaria verso questo settore.
L’insolvenza attuale creata da questo capitalismo speculativo non ha ancora mostrato le sue
conseguenze più drammatiche. Oggi sono circa 2 milioni gli statunitensi che non riescono a
pagare il credito ricevuto e per questo viene loro ipotecata la casa. Attualmente sono tantissime
le persone che si riuniscono in dei parcheggi e dormono nelle loro macchine, dal momento che
non hanno più una casa. I media internazionali tacciono questa situazione e tacciono altersì le
164 manifestazioni di protesta che ci sono state sinora. Di fronte a questa situazione, il Governo
statunitense corre in aiuto delle banche e degli istituti di credito. Vero è che si tratta di una crisi
dei ricchi e del sistema finanziario, ma questa crisi ha anche una grave conseguenza sul piano
sociale. La soluzione politica per aiutare i 2 milioni di famiglie che stanno dormendo per strada
sarebbe quella di rinegoziare i loro crediti, in modo da permettere loro di pagarli e tornare nelle
case ipotecate.
Effetti sull’America Latina. I Paesi latinoamericani stanno diversificando ed ampliando il loro
commercio con l’estero, così facendo hanno ridotto la loro dipendenza dagli Stati Uniti.
Strumenti come il Mercosur, l’ALBA e Petrocaribe hanno fatto in modo che il Venezuela
aumentasse dal 5% al 15% le sue importazioni dai paesi latinoamericani. Il sistema finanziario
dei paesi latinoamericani non è legato al sistema nordamericano dei crediti per la prima casa.
Solo il petrolio rappresenta il grande vincolo con quel sistema e per questo il ruolo dell’OPEC è
fondamentale. I paesi latinoamericani più esposti alla crisi finanziaria degli Stati Uniti e
dell’Unione Europea sono quelli più aperti agli investimenti provenienti da queste economie;
stiamo parlano anzitutto del Messico e di tutti i paesi firmatari dei TLC (Trattati di Libero
Commercio).
Fabio Avolio
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