52 “Sugo finto” è il ritratto straziante, triste e
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52 “Sugo finto” è il ritratto straziante, triste e
52 CULTURA E SPETTACOLI Martedì 13 marzo 2012 Applausi e lacrime per la piéce di Clementi in mini tournée a Le valli del teatro Storia di due zitelle e una vita a metà “Sugo finto” è il ritratto straziante, triste e violento di esistenze grigie senz’amore condannate ad una sconfitta perenne di FRANCESCO ALTAVISTA SATRIANO DI LUCANIA - Straziante, triste e violento. Si potrebbe anche sintetizzare con questi tre aggettivi lo spettacolo “Sugo finto” che per quattro giorni ha emozionato il pubblico della rassegna “Le valli del teatro”: a partire da Santarcangelo, per poi passare a Moliterno e Marsicovetere, fino ad arrivare al teatro Anzani di Satriano di Lucania. Si potrebbe, il condizionale è d'obbligo quando la parola sintesi viene affiancata ad un'opera di uno degli autori più interessanti del panorama italiano, Gianni Clementi. È la prima cosa che si apprezza quando a fine spettacolo si hanno ancora gli occhi umidi e il cuore a pezzi, la testa in subbuglio per le bastonate che l'autore cinquantaseienne non risparmia al pubblico. La sua è una scrittura realmente stimolante che non solo naviga nella realtà, ma di quest'ultima ne esamina le sfumature, i rapporti tra le cose, l'attimo di quanto per esempio una carezza diventa brivido d'amore oppure l'istante esatto, quando cambia colore un bacio dato sulla bocca innamorata. “Sugo Finto” è l'ennesimo esempio del suo genio senza confini. Mettere insieme due anime a metà che coincidono per sconfitta, alla fine non ne fanno una sola completa. Come se le due anime impoverite di vita si confondessero una con l'altra, senza coprire mai una metà vuota, una mancanza sentita, un'angoscia imponderabile e indefinita che si muove nel nulla. Il pubblico in un teatro” Anzani” quasi pieno è disorientato per quasi tutta la prima parte della piéce dove ride, si allieta, si perde nella voluttà della contraddizione di due zitelle in costretta convivenza. Eppure nella splendida regia di Ennio Coltorti, lo spettacolo comincia sulle parole corsare di sentimenti di Maria De Filippi, di quei programmi alla televisione che tanto piacciono ai poveri di spirito, come una delle protagoniste della piéce Addolorata. Quest'ultima con il mezzo televisivo costruisce una sua realtà parallela, arida di sentimenti e di passione, si nutre della falsità televisiva, di sentimenti di cartone; preferisce che questi si brucino e rimanga almeno la cenere, al nulla che avvolge la sua vita. Ad interpretarla una superlativa ed energica Paola Tiziana Cruciani. Vicino a lei, in una scenografia formata da mobili appoggiati alle quinte nere, c'è l'altra sorella Rosaria interpretata da una sorprendente Rosaria Costanzo: è posata , attenta alle spese in modo eccessivo, fulcro e culmine della piccola famiglia, dominatrice fatua della sorella. Come un sugo detto | A MATERA | Arte e astronomia in mostra in Biblioteca finto perchè senza carne, senza sostanza, la vita scorre così senza emozioni, con piccoli litigi in romanesco che tanto divertono, con elementi di attualità come i cinesi, la crisi, i matrimoni di convenienza eppure si incomincia a scorgere la tristezza in dialoghi curatissimi che nella seconda parte esplodono con tutta la loro violenza. Lo spettacolo prende un po' in giro il pubblico; Clementi va a mettere la sua penna intinta per strada sul foglio sporco dei sogni infranti. Rosaria è colpita da un male che la costringe sulla sedia a rotelle, la piéce si dimostra poco parsimoniosa di destino e con l'alibi dell'attualità, va ad intaccare uno dei momenti che tra le sorelle sembrava il più felice, dopo un divertente criticare di un matrimonio di un cugino con una giovane badante Moldava, finito poi male. Le due sorelle allora si dimostrano al pubblico per quel che erano sin dall'inizio, un piccolo mondo in una realtà molto grande posti in una situazione di incomunicabilità. Addolorata a questo punto da vera e propria carnefice forse di sé stessa dilapida il patrimonio che la sorella aveva raccolto con la sua avarizia; nel frattempo Rosaria non parla più, in terribili momenti di straziante resa alla vita sembra aspettare la morte, non mangiando. Il pubblico quasi in lacrime aspetta il lieto fine, ma Gianni Clementi e la sua penna cinica consegna un mezzo finale di una mezza storia vissuta in due. Un piccolo barlume di amore sembra mostrarsi in Addolorata che chiede scusa, ma è solo un'altra costruzione metaforica di Clementi, non è amore perché Addolorata si abbandona a parole mendaci a fin di bene, ma il fatto che l'universo di vita di entrambe si riconosce nell'altra che diventa l'unica vita possibile anche se non completa. Non amano, non vengono amate, disprezzano il mondo degli altri perché questi ha disprezzato loro; la terribile pianta dell'odio sembra nascere intorno alla bolla che le rinchiude in una realtà propria ma non reale. Sembra di assistere alla inconfutabile e immutabile condizione pirandelliana della maschera, una condizione che non si può cambiare. Per vivere forse basta avere l'illusione che possa mutare, l'illusione che si possa guarire dalla terribile malattia dell'indifferenza e della superficialità, l'illusione che la fine non esista. In quei gesti di carino affetto che Addolorata solo nel finale dedica a Rosaria, si riconoscono momenti che stringono il cuore ma che spezzano una frase a metà, una frase in cui si preferisce evitare un finale che già si conosce. MATERA - Domani, alle ore 17, nella sala Ragazzi della Biblioteca provinciale in piazza Vittorio Veneto a Matera l'Unitep presenta “Arte e astronomia, mostra di fotografia e pittura e astronomia: sintesi di 30 anni di astrofilia di Mario Staffieri”. Dopo il successo riscontrato nei corsi di astronomia condotti dal professor Mario Staffieri, l'Unitep ha ritenuto opportuno presentare alla comunità, attraverso questa mostra, la produzione pittorica e fotografica elaborata in oltre trent'anni di attività amatoriale da uno dei docenti che fanno parte dell'Università della terza età e dell'educazione permanente di Matera. L'appassionato di astronomia Mario Staffieri ha deciso di esporre in occasione della mostra “Arte e astronomia” alcune produzioni che fanno parte della sua preziosa collezione: due meridiane in legno e un orologio stellare. «La mostra Arte e astronomia di Mario Staffieri - dichiara il presidente dell'Unitep Antonio Pellecchia - rientra tra le iniziative promosse sul territorio materano dall'Università della terza età e dell'educazione permanente di Matera per affermare il principio della promozione della cultura per tutti e con tutti anche in vista della candidatura della città dei Sassi a capitale europea della cultura nel 2019». [email protected] Tra le pagine di Lucio Saggese Viaggio tra le “Meridiane di Basilicata” in un saggio “MERIDIANE di Basilicata” (Adafor Edizioni, 151 pagine, 12 euro), di Lucio Saggese, è un viaggio in una Basilicata poco conosciuta, ma proprio per questo il libro può utilmente essere usato come una guida per rintracciare i 73 “quadranti” illustrati con precisione nelle sue pagine, con informazioni anche su altri dieci che invece «risultano scomparsi». Una guida, quindi, a partire dalla presentazione del libro, a Pietragalla, ispirata forse dal notaio Domenico Antonio Zotta, che ha voluto un orologio solare sulla facciata della nuova sede del suo studio, in via Cavour, a Potenza. La “meridiana Zotta” è un arric- chimento per il palazzo ottocentesco che ospita lo studio notarile. Saggese - che ha realizzato i calcoli e ha ideato la meridiana seguendo “l'idea” del notaio, «da sempre appassionato cultore dell'astronomia» - ne spiega le caratteristiche, così come ha fatto per tutti gli altri strumenti individuati in Basilicata. La “meridiana Zotta”, datata 2008, segna le ore dalle 7 del mattino alle 6 del pomeriggio e reca il motto “ubi signo lex”, che già indica la professione di chi opera nel palazzo. Il segno viene da uno gnomone (cioè lo stilo che serve a segnare l'ora nelle meridiane) che è una penna d'oca di 15 centimetri, fissa- ta in una calamaio: l'ha realizzata, in ottone, l'artigiano Giovanni Berterame di Pietragalla. Ma a Potenza vi è anche una «quadrante analemmatico», cioè un orologio solare che non ha lo gnomone. Quindi anche una persona può da sola, posizionandosi come stilo, calcolare l'ora: si trova al Covo degli Arditi, è stato realizzato nel 2003 e Saggese segnala nel volume la necessità di un «intervento per ripristinare i pezzi mancanti e per evitare che il continuo passaggio delle auto possa danneggiare quanto resta». Nel capoluogo di regione, poi, è interessante l'orologio solare, poco visibile, posto su un palazzo all'inizio di corso 18 Agosto. Saggese, originario di Castelgrande (, docente di matematica e fisica nelle scuole secondarie di secondo grado, ha stabilito che sono 31 i comuni lucani «con almeno un quadrante», 22 nel Potentino e nove nel Materano. Il comune con il maggior numero di orologi solari è Matera, che ne ha 12. Quarantuno quadranti, secondo l'autore del libro (corredato da una parte occupata da fotografie), «presentano uno stato di conservazione buono perchè costruiti di recente o restaurati», mentre 13 orologi solari sono in «stato di abbandono» e altri 19 sono «danneggiati, mancanti di alcune parti o poco leggibili».