Attualità - Edizioni Dehoniane
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Attualità - Edizioni Dehoniane
2014 quindicinale di attualità e documenti 22 Attualità 753 Continuare a essere una nazione 763 Francesco: dopo il Sinodo, la curia 766 Successi in Turchia e a Cuba 794 L’Osservatore delle donne 797 Studio del Mese Un nuovo ordine simbolico Sul pontificato di papa Bergoglio Anno LIX - N. 1179 - 15 dicembre 2014 - IL REGNO - Via Scipione Dal Ferro 4 - 40138 Bologna - Tel. 051/3941511 - ISSN 0034-3498 - Il mittente chiede la restituzione e s’impegna a pagare la tassa dovuta - Tariffa ROC: “Poste Italiane spa - Sped. in A.P. - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna” quindicinale di attualità e documenti A ttualità 15.12.2014 - n. 22 (1179) Caro lettore, due settimane fa la Segreteria generale del Sinodo dei vescovi ha reso note le 46 Domande per la recezione e l’approfondimento della Relatio Synodi: insieme alla Relatio, costituiscono i Lineamenta per il prossimo appuntamento sul tema della famiglia dell’ottobre 2015 (cf. in questo numero a p. 763). Come già nel 2013-2014, la redazione si offre da tramite per i lettori – singoli o gruppi – che desiderano partecipare all’«ampia consultazione» voluta nuovamente da papa Francesco: il testo delle domande, come tutti i documenti e i commenti relativi al Sinodo, si trova sul nostro blog L’Indice del Sinodo (www.ilregnoblog.blogspot.it). Questo spazio, assieme al restyling complessivo di www.ilregno.it – che sarà on-line all’inizio del 2015 –, alla pagina Facebook e all’account Twitter, va ad ampliare l’offerta della rivista Il Regno, che dal 2015 sarà leggibile su tutte le piattaforme, mantenendo il suo punto di riferimento nel fascicolo cartaceo. Cari lettori, rimandandovi alla lettera che il direttore vi ha rivolto e che abbiamo allegato ai numeri 20 e 21, dove avete trovato tutte le informazioni sui numerosi progetti della rivista per il nuovo anno, vi formuliamo i più cordiali auguri per un 2015 in cui «la pace di Dio, che supera ogni intelligenza», custodisca «i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù» (Fil 4,7). R 753 (G. Brunelli) 781 (D. Maggiore) 754 (D. Rosati) 782 (D. M.) Politica in Italia – Quirinale: continuare a essere una nazione Italia – Scandali a Roma: tra noncuranza e indignazione { Per un’autocritica cattolica } 757 (D. Pompili) Chiesa in Italia – Comunicazione: i media siamo noi { Le nuove prospettive a dieci anni dal Direttorio } 760 (M.M. Morfino) Italia – Religiosi: donne e uomini «del di più» { Indetto da papa Francesco, l’Anno della vita consacrata } 763 (G. Brunelli) Francesco – Riforma ecclesiale: dopo il Sinodo, la curia { Inviati i Lineamenta per il 2015, stigmatizzate le piaghe della Chiesa } 765 (M. B.) Dialogo – Convegno Religioni e conflitti 766 (C. Monge) Africa – Kenya Cadute le accuse Centrafrica – Guerra civile Un paese lacerato Libri del mese 783 (S. Morandini) Riflesso della Sapienza { La teologia cosmica di Denis Edwards } 786 Schede (a cura di M.E. Gandolfi) Segnalazioni 792 (S. Noceti, R. Repole) L. Girardi, A. Grillo, D.E. Viganò, Sacrosanctum concilium, Inter mirifica 793 (M.E. G.) F. Garelli, Famiglie; I. Ingrao, Amore e sesso ai tempi di papa Francesco; A. Spadaro, La famiglia è il futuro 793 (S. Numico) Chiavi di lettura Nati per leggere Papa – Ad Ankara e a Istanbul: tra carisma e istituzione { La Turchia sorpresa, i cattolici incalzati, gli ortodossi complici } 794 (M. Veladiano) 769 (Ioann [G. Guaita]) 795 (D. Sala) Dibattito – Il papa e gli ortodossi: non si può aspettare { Da Mosca una riflessione sulla visita del vescovo di Roma a Costantinopoli } 772 (P. Parolin) Anniversari – Casaroli: il mediatore { Ostpolitik: gli obiettivi pastorali dell’opera della sua vita } 774 (G. Brunelli) Diplomazia – Cuba e gli USA: todos americanos { I «buoni offici» vaticani e il fattore Francesco } 776 (M. Faggioli) Stati Uniti – Teologi cattolici: giustizia razziale { La polizia è violenta, i neri ne sono vittime } 778 (D. Metelli) America Latina – Pew Research: è suonata una sveglia { Da cattolici a evangelici: analisi di Guzmán Carriquiry } Riletture L’Osservatore delle donne Diario ecumenico 796 (L. Accattoli) Agenda vaticana Studio del mese { Papa Francesco e i pontificati precedenti } 797 (K. Appel) Un nuovo ordine simbolico della Chiesa 804 (W. Kasper) Una cesura storica: le linee teologiche del pontificato 811 (P. Stefani) Parole delle religioni La fede di Gesù ebreo 813 (L. Accattoli) Io non mi vergogno del Vangelo Colla, Rodano, Mazzolari e Barsotti 815 Indici Attualità 2014 Colophon a p. 812 e ditoriale Politica in I ta l i a Quirinale Continuare a essere una nazione Con il preannuncio delle sue dimissioni come imminenti, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha posto il tema della nomina del nuovo capo dello stato entro gennaio 2015. Prassi inevitabilmente inconsueta, come lo fu il secondo mandato, venti mesi fa. Si tratta di un evento politico e istituzionale di primaria grandezza. Come sempre. Ma ora la situazione italiana presenta tali novità e incognite da caricare l’evento di significati sistemici. Il sistema politico italiano non è fuoriuscito dal modello dei partiti di massa, che lo aveva sostenuto e condizionato per tutto il secondo dopoguerra, entrando in un orizzonte nuovo della modernità, dandosi un sistema di regole nuove, reinterpretando la lezione dei valori fondativi della nostra democrazia. Dalla fine della «Repubblica dei partiti» (1994) a oggi, si è prodotta una lunga transizione che, non dando risposte strutturali, ha determinato un progressivo franamento. Basti pensare ai mutamenti dei soggetti politici, vecchi e nuovi – non solo dei loro nomi, ma delle loro identità; alla ridefinizione, ancorché parziale, dei diversi campi elettorali; all’allontanamento dei cittadini dalla dimensione pubblica, dalla politica come sentimento e responsabilità collettiva. Astensionismo elettorale, illegalità diffusa, egoismo sociale, cinismo individuale sono i sintomi di un sistema disgregato in tutti i suoi punti. Non è solo (e non è poco) questione di crisi economica. Stiamo cessando di essere una nazione. Stiamo vivendo una crisi nazionale, somma di tante crisi. Il sentimento di sfiducia e di disillusione verso il principio comunitario, l’assenza di orgoglio collettivo degli italiani verso sé stessi corrisponde all’immagine di inaffidabilità, al giudizio negativo che gli altri paesi hanno dell’Italia e degli italiani. Stiamo inverando in noi stessi il pregiudizio che storicamente gli altri hanno avuto su di noi. C’è da chiedersi – e lo faccio qui per inciso, ma meriterebbe qualche considerazione a sé – che fine abbiano fatto i cattolici in questo paese. Essi sembrano altrove. E come sia possibile che nel documento preparatorio del prossimo Convegno ecclesiale nazionale di Firenze quasi non vi sia traccia dell’Italia. E quale dismissione di responsabilità sia questa, nonostante una storia, certo contradditoria, ma sostanzialmente di segno opposto, di rapporti costitutivi tra il cattolicesimo e l’Italia. Renzi alla prova decisiva Renzi è ancora un caso dubbio. Egli può essere l’avvio di una fase nuova, rifondativa, necessaria al paese, oppure l’estremo epigono di un fallimento. Compito immane che nessuno può immaginare di svolgere da solo. Compito quant’altri mai da condividere e da guidare, mobilitando tutte le energie residue del paese. In questo senso la nuova elezione del presidente della Repubblica corrisponde a un appuntamento decisivo. Carico di significati simbolici. Non una pratica da sbrigare nell’equilibrio instabile tra le correnti di potere, come nella «prima Repubblica». Figure salvifiche non ve ne sono. E tuttavia, immaginare l’elezione di un presidente come parte di un patto politico temporaneo (come il «patto del Nazareno»), o all’opposto come occasione per ridimensionare quel patto con il concorso di pezzi della sinistra, o ancora, come passaggio attraverso il quale zittire la minoranza interna al proprio partito, in tutti questi ca- si significherebbe non solo ricadere nello schema fallimentare sperimentato dall’allora segretario del Partito democratico, Bersani, ma soprattutto non cogliere la sfida che ci sta di fronte e che nell’elezione del nuovo presidente assume un significato simbolico, da rito collettivo. Significherebbe dare la risposta sbagliata, riduttiva a una domanda decisiva: come vogliamo e possiamo continuare a essere una nazione. Renzi ha qui l’occasione unica per dimostrare una sua diversa caratura. Non solo l’abile politico che ha dimostrato di essere, o il giovane «rottamatore» di una classe politica decotta, ma l’uomo di stato e di governo che sa ridare fiducia all’Italia perché sa ridare fiducia agli italiani. Il paese ha bisogno di un presidente di caratura internazionale, là dove Renzi si è dimostrato particolarmente debole e improvvisato. Basta fare il bilancio della presidenza italiana del semestre europeo per rendersene conto. Il paese ha bisogno di un presidente di garanzia, che, proprio perché forte della propria parzialità, possa chiudere «le guerre civili» di questi venticinque anni. Il paese ha bisogno di un presidente che ridia spessore e credibilità al linguaggio della politica per ritessere la trama dei valori collettivi. Il presidente Renzi ha la responsabilità principale di questo passaggio decisivo. Scelga un metodo che rifletta con trasparenza questa responsabilità. Scelga un solo nome, fin dall’inizio, nonostante i veti possibili, e lo porti fino in fondo in Parlamento. Qui sta la responsabilità e la forza del suo partito e del suo Governo. Qui sta la responsabilità e la forza di un leader. Gianfranco Brunelli Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 753 I ta l i a t L a sensazione è quella del già vissuto. L’esplosione di uno scandalo a Roma può essere una sorpresa solo per chi non ha memoria. Con due varianti: o perché l’ha perduta o perché l’ha cancellata. Possono mutare le modalità e, naturalmente, i protagonisti, ma c’è una continuità di fondo che si fa evidenza storica per chi abbia la pazienza di prelevare dal passato, anche a caso, qualche campione significativo. Si va dalla remota sentenza di Giugurta, il re di Numidia, che descrive l’antica Urbs repubblicana come pronta a vendersi se avesse trovato un compratore, all’incredibile avventura post-papalina di quella Banca Romana che stampava due volte la stessa cartamoneta e teneva a libro paga i rappresentanti del popolo. Si passa da un Medioevo popolato di avventurieri senza Don Luigi Di Liegro, fondatore e storico direttore (1979-1997) della Caritas diocesana di Roma. 754 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Scandali a Roma ra noncuranza e indignazione A ppunti per un’autocritica cattolica scrupoli e simoniaci senza ritegno per giungere alle penultime poco memorabili gesta «palazzinare» e relativi manutengoli capitolini e/o ministeriali. È un succedersi di episodi che si interrompe solo di quando in quando, allorché la città sembra voler uscire dal suo costume di pigra indifferenza. Si odono allora altissime grida di sincera esecrazione per il malaffare dilagante e si registrano solenni propositi di mutamento. «Capitale corrotta, nazione infetta»: questo titolo de L’Espresso suonò come la denuncia laica della metà del secolo scorso e mise sotto accusa un’intera classe dirigente che ricapitolava, modernizzandoli, atti e comportamenti patologici in una tranquilla fisiologia dell’abitudine. Così l’acuminata satira di Giuseppe Gioacchino Belli era ammortizzata dall’olimpica noncuranza di Giulio Andreotti. Senza sottovalutare l’importanza delle analisi in corso sull’ultima edizione del fenomeno, nonché delle inchieste giudiziarie aperte e delle misure adottate dal Governo, pare quindi necessario considerare l’esistenza e l’influenza di questa corrente sotterranea che riduce le manifestazioni di contrasto a episodi passeggeri, a paragone della persistenza di condizioni strutturali di segno contrario. Ma, se l’ipotesi regge, non ci si può fermare alla segnalazione delle esplosioni di indignata protesta e delle reazioni immediate. Esse provocano commissariamenti, rafforzamento delle pene, ampliamento delle fattispecie di reato; ma nulla rivelano su quel che avviene negli intervalli, anche lunghi, che intercorrono tra le manifestazioni visibili del malaffare. Nulla cioè di quel che si fa, o non si fa, per impedire che esso si riproduca, reincarnandosi in modalità che appaiono nuove agli immemori ma restano con ogni evidenza variazioni sul medesimo tema. Con tale approccio si possono considerare anche le analisi che raccontano della simbiosi tra il fenomeno antico, la corruzione, e una sua attuale variante presuntivamente mafiosa o che, addirittura (come ha scritto Tommaso Caldarelli, un giovane che si definisce «metalmeccanico dell’informazione online»), l’avvento di una mafia inedita, dislocata in un «sistema in franchising, che lucra soldi, relazioni e clientele appoggiandosi sulla parte non solo più buona della società civile – il che sarebbe ancora poco – ma su quella più lodevole, più impegnata, più commovente e in grado di creare un impatto positivo sul mondo circostante».1 Il meccanismo perverso, infatti, si sarebbe consolidato proprio in concomitanza con la massima espansione di quella catena economico-sociale che parte dal volontariato, si prolunga nel non profit, si accampa nel terzo settore e si compendia nell’impresa sociale: un mondo sul quale, soprattutto da parte cattolica, si è compiuto un grande investimento culturale fino a costruire su di esso un modello di «economia civile» tale da emendare il mercato dalle sue tendenze speculative e sfruttatrici, se non proprio da renderlo virtuoso. Dal volontariato al non profit È giusto perciò soffermarsi su responsabilità penali e implicazioni politiche, nonché sulle rispettive cause prossime, per ciascuna delle quali vanno ponderate la natura e l’incidenza. È altresì doveroso tener conto del fatto che i soggetti che sono oggi al proscenio dell’attualità – le cooperative sociali – traggono origine da un impulso legislativo che, all’inizio degli anni Novanta, si espresse in tre provvedimenti: il riconoscimento del volontariato di solidarietà sociale, la legge quadro sull’handicap e, appunto, l’istituzione delle cooperative sociali. Queste ultime composte da soci volontari affiancati ai tradizionali cooperatori per una finalità di «promozione umana e integrazione sociale» da realizzare, tra l’altro, mediante l’inserimento lavorativo di «persone svantaggiate». Occorre però notare che il quadro di riferimento di quegli anni era ancora quello del «compiuto sistema di sicurezza sociale» previsto dal piano quinquennale 1965/70, mentre ben presto le vicende economiche costrinsero a lavorare attorno a ipotesi di restrizione della protezione sociale, in particolare quella di diretta emanazione pubblica. Così la penuria di risorse spinge per un verso gli assessori comunali a trovare interlocutori operativi disposti a costituirsi in cooperative per la gestione di servizi socio-sanitari e di altra natura; e nella realtà sociale si creano sacche di disponibilità impensabili in regime di pieno impiego. Lo stesso volontariato, immaginato per esplorare nuove piste del welfare o per integrare servizi insufficienti (era il pensiero di Luigi Di Liegro, pioniere della Caritas di Roma) diventa, oggettivamente, vettore di un’occupazione di secondo rango, molto appetita dalle istituzioni a corto di risorse. Di modo che, per una via che si direbbe omeopatica, si verifica uno slittamento, che non è solo semantico, dal volontariato, che esige la gratuità, al non profit che esclude il profitto (e non è la stessa cosa), fino alla dilatazione omnicomprensiva di un «terzo settore» in cui scompaiono i caratteri della spontaneità e della gratuità e si smarrisce talora anche quello della solidarietà. Ultimamente se ne è occupato Giovanni Moro in un pamphlet dal titolo provocatorio,2 ma già prima Achille Ardigò aveva segnalato una «deriva economicistica del volontariato» come effetto di un rapporto con le istituzioni che imponeva, tra l’altro, di farsi impresa per ottenere commesse in regime di concorrenza economica con altre agenzie «sociali».3 Constatando gli esiti di tale deriva c’è da chiedersi se non sia stata riposta un’eccessiva fiducia nella capacità del «privato sociale», nelle sue molteplici forme, di rimanere integro rispetto alle esigenze e alle abitudini e anche ai vizi del contesto in cui andava a operare. A questo punto l’attenzione si sposta sull’interfaccia istituzionale: l’amministrazione (nel caso quella romana), con la sua permeabilità allo scambio politico e al traffico monetario con erogazioni a carico del pubblico e saldi a vantaggio del privato, dimensione criminale inclusa. Se si siano adottate nel tempo misure adeguate di prevenzione tali da chiamare in causa la lealtà civica dei singoli addetti alla gestione; se ad esempio si siano immaginate procedure paragonabili a quelle di tipo americano, basate su un’autocertificazione minuziosa con sanzioni automatiche in caso di accertata menzogna; o se si siano escogitate modalità di trasparenza adeguate con l’attivazione di penetranti controlli istituzionali e politici: sarebbe questo l’indice di un’attività da svolgere con assiduità per evitare l’infarto o ridurne gli effetti. C’era modo di farlo in tempo utile? Una riflessione cattolica: a partire dal 1974 Il tema riguarda anche la comunità cristiana che è in Roma, quella che oggi il cardinale Vallini invita alla riflessione e che lo storico Andrea Riccardi spinge a farsi «costituente» per una controffensiva generale che debelli il malaffare.4 Ma una ricerca siffatta sarà utile e risolutiva se non si esaurirà nell’illustrazione della più recente epifania del marcio, ma saprà inoltrarsi nelle zone più oscure, cioè degli «intervalli» che separano la successione nel tempo delle deflagrazioni del male. Qui il punto di partenza obbligato non può che essere il grande Convegno diocesano del febbraio 1974, universalmente conosciuto come dedicato ai «mali di Roma». Il patrocinio della sua memoria è stato ultimamente assunto dallo stesso Riccardi, il quale ha rilevato, non senza accenti nostalgici, che allora «emerse un sogno su una città-comunità» che andrebbe ripreso con il compimento di un gesto impegnativo: chiedere scusa a tutti quelli che sono stati offesi dalla trascuratezza e/o dalla incultura della politica: le periferie, gli immigrati, i rom e tutti gli emarginati di allora e di oggi. Un invito che trova il consenso di chi ritiene che ogni verifica del presente non sia attendibile se trascura le lezioni del passato prossimo: un difetto che si riscontra in particolare nei convegni cattolici, dove i «precedenti» non vengono evocati e ogni volta si riparte da zero. Ma se ci si riferisce alla grande convocazione del 1974 non si può ignorare che quel convegno sulle «attese di carità e di giustizia» della città di Roma ha subìto un destino di rimozione che ha pochi precedenti nelle vicende ecclesiali italiane. Esso aveva compiuto un’aperta denuncia delle responsabilità della classe dirigente cattolica per lungo tempo insediata in Campidoglio. Sicuramente allora s’erano gettate le premesse per una revisione del rapporto tra la base «osservante» romana e il partito della Democrazia cristiana (DC), non più considerato da molti come agenzia di riferimento naturale. Forti furono le sollecitazioni innovative espresse dai promotori, il cardinale vicario Ugo Poletti ma soprattutto don Luigi Di Liegro e mons. Clemente Riva, con il supporto sociologico di Giuseppe De Rita e Luciano Tavazza. Esse però non trovarono un seguito corrispondente alle aspettative suscitate. E presto i «sèguiti» di quell’incontro vennero relegati nella bacheca della «contestazione», all’op- Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 755 posto delle intenzioni iniziali che puntavano a realizzare un’esperienza di Chiesa veramente popolare, aperta sulla realtà effettiva – le tristezze e le angosce – di una difficile condizione umana. Se si eccettuano le imprese della Caritas locale nell’esplorazione dei territori più marginali della città, non si può dire che si sia inverato lo spirito di quel convegno. La routine delle abitudini del «vicariato» (il nome con cui si indicava la diocesi del papa) si riprodusse senza discontinuità. Alcuni dei protagonisti si allinearono, altri mantennero una diversità pagata con l’isolamento. E scarsi riscontri si ebbero quanto al rinnovamento dei metodi di governo e alla definizione delle risposte di giustizia reclamate dalla gente. Inoltre, con la fine dei governi di «solidarietà nazionale» dopo l’assassinio di Aldo Moro (1978) venne meno anche la spinta connessa a un auspicato mutamento degli equilibri politici generali, sicché i governi locali, pur nel variare delle composizioni e dei colori, né mostrarono capacità inventiva propria né la ricevettero da impulsi esterni. I casi del Sinodo diocesano del 1992 Per avere una nuova occasione di presa di coscienza del disagio esistente nell’Urbe si dovette aspettare il 1992, data della solenne celebrazione del Sinodo diocesano. Un intervallo di quasi vent’anni e un clima agitato, non solo a Roma, per le scosse di «tangentopoli». Ma proprio mentre la situazione spingeva a riprendere il discorso del 1974, anche per rivendicarne il merito, si manifestò ai vertici una volontà assolutamente contraria a ogni evocazione di quel precedente. Di fatto ogni riferimento a esso fu cassato dagli atti preparatori, né se ne trova cenno nelle relazioni ufficiali e nei documenti finali. Ai delegati si fece sapere che tale era la «mente» superiore, che non era più il card. Ugo Poletti ma il card. Camillo Ruini che gli era subentrato. Con il suo avvento l’intero processo preparatorio, per quanto disordinato ma già molto avanzato, era stato revisionato; e con esso gli strumenti di lavoro e le dinamiche del confronto, con la forte riduzione delle dinamiche assembleari. Di più: il card. Poletti, che non era stato neppure nominato nella 756 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 relazione introduttiva del successore, si produsse in un pubblico intervento di rivendicazione del proprio operato, i cui toni autorizzarono un cronista a descriverlo come «un cardinale fuori dalla grazia di Dio»… Fu poi papa Woityla a «recuperare», nominando Poletti nella sua omelia e procurandogli un fragoroso, prolungato applauso della platea lateranense. Ad ogni modo lo svolgimento del Sinodo rivelò che c’era materia per rilanciare analisi e proposte volte a fronteggiare i processi degenerativi che inquinavano la città e al contempo segnalò che mancava la disponibilità a recepire tali istanze nelle indicazioni terminali dell’assemblea. Due casi possono essere ricordati come emblematici. Il primo riguarda il destino della proposta, formulata in assemblea, di domandare scusa alla città per le colpe dei cristiani nella gestione locale: la stessa idea evocata oggi. Ma non ci furono le condizioni per portarla al voto; si fece infatti circolare nei gruppi di lavoro una singolare motivazione… teologica. La diocesi di Roma, si argomentò, ha una propria natura apostolica e, come tale, non può essere chiamata a scusarsi di alcunché senza che venga lesa tale sua immagine, ricapitolata nell’icona della «città sul monte». Fu chiaro che non si voleva apparire aggressivi verso la DC malgrado i dubbi sull’attendibilità della sua leadership romana, quella di Vittorio Sbardella, appena risultato campione di preferenze nelle elezioni di aprile. Più pragmatico al riguardo si mostrò papa Woityla quando raccomandò di esercitare «la sana critica», che «si esprime in modo da non rompere con le esperienze del passato»; era lo stesso papa che qualche anno dopo avrebbe chiesto solennemente perdono per altri storici misfatti dei cattolici. Il secondo caso investe direttamente il problema del contrasto alla corruzione. Nella commissione che si occupava della responsabilità sociale e politica dei cattolici venne al pettine il tema della partecipazione dei fedeli in tali ambiti; e si pose in particolare l’accento sulle potenzialità di un controllo sull’operato degli eletti che coinvolgesse, in forme debite, anche il popolo delle parrocchie. Fu largamente condivisa una proposta che impegnava le comunità a verificare la congruità delle scelte attinenti a famiglia e servizi sociali, fino alla denuncia di situazioni di illegalità, di spreco e di inefficienza.5 Su tali questioni i consigli pastorali erano abilitati a chiamare i membri della comunità eletti nelle istituzioni a «render conto del proprio operato». Ma quando uscì dalla supervisione superiore – la «stireria», come veniva chiamata confidenzialmente – la dinamica proposta venne esattamente rovesciata: non più i cittadini cristiani che convocano i loro rappresentanti e li interrogano ma – come è scritto nelle conclusioni – «quanti ricoprono cariche elettive si preoccupino di informare periodicamente sul proprio servizio».6 Ecco: la riflessione che si propone non sarà utile se ignorerà i precedenti richiamati o ne aggirerà il significato. Essendo comunque trascorsi altri vent’anni e più da quegli episodi, è doveroso notare che a livello di base non s’è manifestato un corso impetuoso né del primo percorso (quello dialettico dell’interrogare) né del secondo (quello più rassicurante del rendicontare). E forse anche per questo, oltre che per la complessa evoluzione dei fatti e delle tendenze dell’economia, della politica e dell’etica pubblica, s’è prodotto un altro intervallo al termine del quale la più recente esplosione è salutata e/o deprecata come una cosa nuova in tutto, mentre lo è solo per una parte. Fu De Gasperi a ricostruire le tappe di formazione della dottrina sociale cristiana scrivendo de «I tempi e gli uomini che prepararono la Rerum novarum»: per la materia assai meno nobile descritta in queste note il titolo potrebbe essere: «I tempi e gli uomini che fecero i mali di Roma». Sarebbe una liberazione se a scrivere il libro, stavolta, fosse il popolo di Dio di queste contrade. Domenico Rosati 1 T. Caldarelli, «A Roma e’ nata la mafia in franchising», in Lungoibordi 7.12. 2014. 2 G. Moro, Contro il no profit, Laterza, Bari 2014. 3 A. Ardigò, Volontariati e globalizzazione, EDB, Bologna 2001. 4 A. Riccardi, «Costituente per Roma», in Avvenire 13.12.2014. 5 Chi scrive faceva parte della Commissione sinodale in qualità di delegato parrocchiale. 6 Libro del Sinodo della diocesi di Roma, 324. Chiesa in I ta l i a i I n un suo testo meno noto, La luce e il mezzo, McLuhan scrive che «il ruolo dell’umanista cattolico consiste nel coltivare una riverenza non ordinaria verso il passato e la tradizione mentre esplora ogni sviluppo a lui contemporaneo cercando le cose dell’uomo, che il passato non ha ancora rivelato». Questa citazione mi pare estremamente appropriata per festeggiare e rilanciare il Direttorio sulle comunicazioni sociali Comunicazione e missione, a dieci anni dalla sua pubblicazione. Un testo dove le comunicazioni sociali sono un crocevia di cambiamento e dove si auspica per i cattolici un passaggio «da spettatori a protagonisti della nuova cultura mediale» (c. I). In realtà, molte trasformazioni sono avvenute dal 2004 e nuovi modi di essere protagonisti sono oggi possibili e diffusi. Per certi versi, dunque, il Direttorio parla di un contesto ormai in parte superato, per la velocità dei mutamenti tecnologici e culturali di questi dieci anni. Ma, per altri versi, è ancora estremamente attuale e molte delle indicazioni metodologiche in esso contenute, proprio alla luce del nuovo contesto, possono essere ulteriormente riprese e sviluppate. È forse venuto il momento di un’integrazione che aggiorni questo strumento, per renderlo operativamente ancora più utile oggi. Come contributo alla riflessione vorrei proprio soffermarmi brevemente sulle singole parole che compongono il titolo del Direttorio: «comunicazione», «missione», e, last but not least, la congiunzione «e». Comunicazione Esplorare gli sviluppi della contemporaneità significa, prima di tutto, prendere Comunicazione media siamo noi Le nuove prospettive a dieci anni dal Direttorio sulle comunicazioni sociali atto che il contesto della comunicazione è profondamente cambiato tra il 2004 e oggi. La digitalizzazione dei media, sempre più convergenti tra loro, perennemente attivi e sempre più pervasivi e integrati nei nostri ambienti quotidiani, rende oggi forse superata l’idea, presente nel Direttorio, di «cultura mediatica» o di «comunicazioni sociali che plasmano una nuova cultura» (c. I) o di «società mediatica» (c. IV). Non perché i media non siano importanti: al contrario, perché sono diventati una componente imprescindibile del nostro ambiente, indipendentemente dal fatto che li usiamo o no. Società mediatica è quasi una tautologia. I media sono ormai parte costitutiva dell’ambiente, non sono isolabili come variabile a sé stante. Anzi, ogni tentativo di enuclearli come variabile autonoma non fa che favorire interpretazioni deterministiche del loro funzionamento, sia nella variante euforica (ci rendono socievoli e liberi) sia in quella disforica (ci rendono soli e manipolabili). Sarebbe come voler immaginare una società senza strade, o senza elettricità. Ne esistono, ma non è così quella in cui viviamo. Un contesto, quello di oggi, dove i dispositivi non si attivano solo quando li facciamo funzionare, ma interagiscono tra loro in un sistema sempre più integrato: è il cosiddetto Internet of things, dove tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo e «dialogare» tra loro grazie al collegamento alla Rete. Sempre meno strumenti e sempre più ambiente. Se questo è il dato di partenza, a noi decidere se adattarci semplicemente a questo ambiente, o abitarlo e renderlo abitabile, dandogli una forma dove la nostra umanità possa esprimersi e fiorire. È questa direzione dell’abitare, formulata già a partire dal convegno «Testimoni digitali» del 2010 e ora divenuta espressione di uso comune, che si sta cercando sempre più di esplorare e sviluppare in tutte le sue implicazioni. In questo mutato contesto, assume una nuova centralità la relazione, che è l’elemento veramente qualificante il passaggio da un ambiente web 1.0 a uno 2.0. La rivoluzione dei media personali, degli smartphone che consentono di emanciparsi dal personal computer e poter essere sempre connessi, in mobilità, ha reso possibile una nuova centralità dell’interazione. Rispetto alla fase precedente, dell’accessibilità a ogni tipo di contenuto, ora – come sostengono autori come Manuel Castells e Henry Jenkins, è il pubblico stesso a diventare il contenuto. Oggi il web, con l’enorme diffusione dei social media (ancora totalmente assenti nel 2004) è il regno della conversazione e della condivisione. Diventano sempre più importanti le storie individuali, le esperienze, l’implicazione, il coinvolgimento. Che li si chiami grassroots media, citizen media, media partecipativi, essi sono sempre facilitatori di uno scambio continuo tra chi produce un messaggio e chi lo riceve e rielabora. Come scrive Pierre Lévy, le comunità oggi sono sempre più cementate dalla mutua produzione di conoscenza e dal suo reciproco scambio. In altre parole, si è passati dal computer come medium interattivo al web come spazio partecipativo. Sono proprio questa partecipazione, il coinvolgimento, la centralità della re- Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 757 lazione e della condivisione (tra le persone) che tessono un continuo legame tra territori materiali e digitali (tra i mondi), rendendo la contrapposizione online/offline non solo poco vicina alle pratiche e ai vissuti, soprattutto dei giovani, ma origine di un dualismo che ostacola comprensione e azione responsabile nel nuovo ambiente «misto». Il problema non è dover scegliere tra vita online o vita offline, come fossero antagoniste; la vita è una, e siamo sempre noi a navigare tra i diversi ambienti: onlife. Un aspetto del Direttorio più che mai attuale e meritevole di ulteriore sviluppo è proprio la centralità del «fattore umano» rispetto alla dimensione tecnologica e l’idea di «responsabilità diffusa e condivisa» (anche dagli utenti); o, detto con un linguaggio diverso, dei media come sistemi multi-agente, in cui a ciascuno è chiesto di fare la sua parte. Questo è fondamentale, perché solo a partire da una prospettiva antropologica si possono scongiurare dualismi e determinismi, discernere le insidie del nuovo ambiente e valorizzare le nuove opportunità a favore dell’umano. Il passaggio decisivo da una prospettiva orientata all’umano ma focalizzata sui media a una pienamente centrata sull’umano, e sui media solo in seconda battuta è tracciabile, a posteriori, leggendo in successione i titoli degli ultimi due messaggi per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (l’ultimo di Benedetto XVI e il primo di Francesco), che sono sempre le bussole che orientano il cammino dei nostri uffici e dei nostri media: dalle «reti sociali» (2013) alla «cultura dell’incontro» (2014). I media hanno senso e segno positivo laddove contribuiscono, si pongono al servizio di questa cultura. Essi sono quella strada da Gerusalemme a Gerico, quei grandi connettori e moltiplicatori di mobilità che oggi costituiscono il nostro ambiente. Di per sé ci offrono più possibilità di muoverci e di incontrare i lontani: ma non è la strada che ha impedito al sacerdote e al levita di fermarsi, né costretto il samaritano a interrompere il suo cammino. È la responsabilità che ci prendiamo: se esistere per noi stessi o fare spazio all’altro, prendendocene cura. Questa postura esistenziale, che i media in sé né abilitano né disabilitano, offre poi uno sguardo di libertà su tutto questo mondo ipermediale che altrimenti tenderebbe a sedurci e a risucchiarci nelle sue logiche: come il samaritano che, in quan- 758 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 to straniero, è più libero dalle categorizzazioni e dalle convenzioni sociali, e sa cogliere l’unità della famiglia umana al di là delle differenze apparenti. Abbatte i muri che ci dividono, invece che darli per scontati. Il fattore umano si esprime dunque nell’essere-in-relazione: non una relazione qualunque, ma una relazione di ascolto e sollecitudine premurosa, come l’icona del comunicatore scelta da papa Francesco ci suggerisce. Paradossalmente, l’era ipertecnologica è l’era della scommessa sull’umano: o abitiamo questo tempo e questi nuovi spazi con attenzione e premura per l’umano, o saremo assorbiti da un modello tecnico che ci sfuggirà di mano, perché va molto più veloce della nostra capacità di elaborarne i significati. Una terza via non c’è. Missione Cosa significa oggi, in un mondo segnato dalla mobilità, parlare di missione? E quale relazione con la comunicazione oggi? Anche su questo il Direttorio è prezioso, perché mette a tema in maniera esplicita la presenza dei cristiani nei media. Una presenza che oggi possiamo rileggere alla luce delle nuove possibilità offerte dalla convergenza, che non é solo un aspetto tecnologico. Ma anche alla luce della continua sollecitazione di papa Francesco verso «una Chiesa in uscita» (cf. Evangelii gaudium, n. 24). La comunicazione, che è relazione e riduzione di distanze nella sollecitudine per l’umano, deve essere sempre «in uscita». Il che significa rompere continuamente i perimetri rassicuranti, compresi i muri che troppo spesso erigiamo per difenderci e non contaminarci: aprirsi per incontrare. Alla luce del nuovo contesto, non ha più senso una rigida divisione dei ruoli e soprattutto un’aspirazione a un controllo verticistico della comunicazione. Il termine «missione» è quello che dà la giusta prospettiva al termine «direttorio», che di per sé potrebbe suonare oggi come una parola un po’ anacronistica: nell’era in cui siamo tutti prosumers, capaci di produrre e condividere contenuti oltre che riceverli e consumarli, più che al controllo e conformità a modelli ideali occorre fare appello al senso di responsabilità, alla reciprocità, alla capacità di mettere in circolo quello straordinario «contenuto generato dall’utente» che è la testimonianza. Siamo tutti comunicatori in missione, auspicabilmente testimoni. Anche il no- stro contributo alla formazione dell’opinione pubblica non dev’essere quello di schierarsi da una parte o dall’altra (dove le opposte fazioni sono per lo più definite sulla base di cornici formulate da altri) ma quello di rompere gli schemi precostituiti e le gabbie riduttive, per far emergere tutta la ricchezza dell’umano, che è sempre sorprendente: lo si è visto bene con la comunicazione sul Sinodo, e il tentativo di incapsulare la questione nello sterile e ideologico schema conservatori/ progressisti. La comunicazione più fedele all’evento è stata quella capace di uscire da questa cornice pretestuosa. Un altro aspetto della missione riguarda più da vicino i nostri media. Rispetto al 2004 il contesto oggi offre opportunità che allora parevano impensabili. Intanto, quella di approfittare della convergenza per poter uscire uno incontro all’altro, superando il modello tayloristico e obsoleto della «divisione del lavoro» per promuovere quello ecologico dell’«unità nella differenza». L’ecosistema dei media cattolici (Avvenire, TV2000, Radioinblu, SIR) va sempre più integrato, e la tecnologia è un grandissimo aiuto per passare, in fatto di sinergia, dalle parole ai fatti. Da questo punto di vista, il portale che come UNCS abbiamo avviato a realizzazione per il prossimo mese di gennaio, è una notizia su cui tornare presto. Il portale sarà una piattaforma tecnologicamente avanzata, ma di facile accesso, per consentire in uno sguardo sinottico di rilanciare i contributi di ciascun medium, potenziando così la voce e l’immagine della comunicazione ecclesiale. Si tratta di un fatto concreto per «uscire» dalle nostre abitudini settoriali e poterci veramente incontrare tra noi, prima ancora che poter incontrare il mondo. Una terza questione riguarda il rapporto centro/periferia. Una questione sulla quale i nostri media diocesani (giornali, radio e tv locali) hanno moltissimo da insegnare, per il loro essere profondamente radicati nei contesti locali: radicamento che consente uno sguardo premuroso «da accanto» e non solo analitico «dal di fuori». Per la missione comunicativa della Chiesa queste realtà sono preziosissime e vanno sempre più ascoltate e valorizzate. Tenendo conto che, in tempi di crisi, sempre meno si può attendere un aiuto dal di fuori e sempre più bisogna imparare a sostenerci tra di noi. I giornali locali, di cui si fa interprete la Federazione italiana settimanali catto- lici (FISC), le radio e le tv locali, di cui il Consorzio radio-televisioni libere locali (CO.RA.L.LO) è l’organo di collegamento operativo, stanno sempre più diventando degli interlocutori abituali della Chiesa italiana. La fitta serie di realtà che spaziano poi dalla tv alla radio fino al web, così come dal cinema al teatro, dicono di un impegno che si è moltiplicato e si è affermato anche in ambito sociale e culturale. L’Ente dello spettacolo, ad esempio, è un riferimento obbligato anche per il mondo laico per capire che cosa è oggi il cinema; l’Associazione cattolica esercenti cinema (ACEC) all’interno delle sale della comunità rende possibile un servizio intelligente prossimo a parrocchie e città; l’Unione cattolica stampa italiana (UCSI), affrancatasi da storiche dipendenze politiche, fa opinione e diventa punto di incontro per i giornalisti di qualunque sensibilità; l’Associazione italiana ascoltatori radio e televisione (AIART) è una delle poche voci pensose e critiche rispetto a uno scenario che sembra aver rinunciato a qualsiasi valutazione; il Coordinamento per la comunicazione (COPERCOM) è diventato un tavolo di confronto per tutte le realtà ecclesiali che si interrogano su come comunicare al meglio; e ancora i «Teatri del Sacro» sono una rassegna che ha ossigenato un mondo nobile, ma in via di estinzione, accreditandosi come una sponda affidabile per attori professionisti e amatoriali; l’Associazione webmaster cattolici italiani (WECA) ha fatto crescere nelle parrocchie la percezione della rete e il suo risvolto pastorale. Tutte le realtà evocate non sono più, 10 anni dopo il Direttorio, sigle conosciute dentro il circuito ecclesiale, ma hanno rilevanza e visibilità ben al di là dei nostri confini. Per questo ciascuna di queste realtà va ascoltata se veramente si vuole una Chiesa in uscita e si cercano mappe per muoverci in modo consapevole nelle tante «periferie» di oggi. «E»: in relazione e in movimento Nel titolo Comunicazione e missione la «e» potrebbe sembrare una congiunzione innocua e insignificante, eppure è decisiva. Non si tratta, infatti, di una semplice giustapposizione di due termini, ma di una vera e propria relazione che consente loro di illuminarsi a vicenda: una «e» che qui svolge la funzione fondamentale di «connettivo», ovvero di elemento che collega due porzioni di testo assicurando la coesione semantica: la comunicazione non può non essere missionaria; la missione di per sé comunica, anche senza bisogno di grandi enunciazioni. Il Direttorio riporta le indicazioni emerse dal Convegno ecclesiale di Palermo: «Promuovere in ogni diocesi una pastorale organica della comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e animatori ben preparati, per curare la formazione dei sacerdoti, dei comunicatori e degli utenti»; (c. V) auspica anche la realizzazione di un «piano “integrato” per le comunicazioni sociali, a partire dal quale realizzare una programmazione pastorale non limitata al solo ufficio diocesano per le comunicazioni sociali o ai media, ma capace di coinvolgere tutti gli ambiti pastorali» (ivi). Forse oggi, in spirito di servizio e non di protagonismo, l’ufficio delle comunicazioni sociali può essere una componente importante di questa «e», di questa connessione missionario-comunicativa, per promuovere azioni sempre più integrate. In altre parole, «non si tratta tanto di inventare cose nuove, quanto di cominciare a dare nuovo vigore a ciò che in molti casi già esiste» (ivi). L’ufficio comunicazioni sociali ai suoi diversi livelli, diocesano, regionale, nazionale rappresenta soltanto una invisibile congiunzione, una «e» appunto, ma a ben pensare è un passaggio decisivo se si vuole rendere la comunicazione sensata e l’evangelizzazione pensata. Una seconda sottolineatura riguarda proprio l’animatore della comunicazione e della cultura, figura istituita dal Direttorio che ha trovato in questi anni centinaia di persone che l’hanno resa concreta. Si tratta di un tassello importante della comunicazione missionaria della Chiesa, che bisognerebbe valorizzare molto di più. Figure in grado di animare i contesti locali, ovvero alimentare il circuito prezioso e vitale tra parrocchia e quartieri, tra diocesi e paesi/città, tra dimensione locale e globale. L’animatore non è prima di tutto un geek, né tantomeno un nerd. Non è la perizia tecnologica che lo caratterizza, anche se la competenza serve. Piuttosto, etimologicamente, suo tratto specifico è la capacità di percepire e far sentire nel vento del cambiamento il soffio dello spirito. Facendosi, quindi, attivatore di risorse, facilitatore di vicinanze e scambi, lievito comunicativo nei contesti locali. La centralità dell’educazione di que- sto decennio deve essere incentivo anche a valorizzare questo peculiare percorso educativo, capace di coltivare una sensibilità permanente per l’umano nel contesto ipertecnologico di oggi. E perché non pensare a una sorta di esplicito «mandato», in analogia a catechisti o operatori della Caritas? Forse che sarebbero meno necessari per una Chiesa in uscita, estroversa e non ripiegata su sé stessa? Comunicazione e missione, in realtà, consegna un mandato a tutta la Chiesa. Il Direttorio non è un sistema di norme e indicazioni da rendere operative, ma uno stimolo all’impegno. Negli anni a venire siamo chiamati a star dentro un mondo sempre più liquido, pervasivo e istantaneo, offrendo la solidità, la prossimità e la pacatezza della testimonianza cristiana. La maniera di incarnare questo impegno però vorrebbe essere la leggerezza. Leggeri non significa superficiali né tantomeno effimeri. Vuol dire la scioltezza e l’immediatezza che non fa velo a quello che ci sta a cuore e lascia emergere quel che ci preme. Per mettere «vino nuovo in otri nuovi» occorrono «persone nuove», che talora significherà pure «nuove persone», nel senso di un avvicendamento di responsabilità e di ruoli che facilita l’assecondare dello spirito del tempo. Alla fine, lo abbiamo compreso, i media oggi smettono progressivamente di essere quello che sono, perché rinunciano a svolgere la loro funzione di mediazione tra gli esseri umani e la realtà per diventare dei protagonisti a pieno titolo della società. Degli attori sociali potenti con i quali è necessario confrontarsi. I media, insomma, sono sempre più simili a noi. I media siamo noi. Domenico Pompili* * L’autore, che è sottosegretario della CEI e direttore dell’Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali (UNCS), ha pronunciato questo intervento – che riproduciamo con minimi tagli redazionali – in occasione dell’incontro «La comunicazione della Chiesa nell’era della convergenza mediale» (Roma, 12.12.2014), organizzato dalla CEI nel decennale della pubblicazione del Direttorio Comunicazione e missione e nel corso del quale hanno preso la parola, oltre a mons. Pompili: mons. N. Galantino (segretario generale CEI), mons. C. Giuliodori (presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali), D. Delle Foglie (SIR), P. Ruffini (Tv2000/Radio InBlu), M. Tarquinio (Avvenire) e F. Zanotti (FISC), introdotti da don I. Maffeis (vicedirettore UNCS). Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 759 I ta l i a d A nnunciato da Francesco nel novembre 2013, preparato dall’intenso lavoro della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica e infine indetto con una lettera apostolica datata 21.11.2014 (Regno-doc. 21,2014,683), l’Anno della vita consacrata – che, scrive il papa, «non riguarda soltanto le persone consacrate, ma la Chiesa intera» – si è aperto il 30 novembre scorso e si concluderà il 2 febbraio 2016. Ne accompagniamo l’avvio con questo intenso messaggio che mons. Mauro Maria Morfino, salesiano, vescovo di Alghero-Bosa, ha scritto «per i monaci, le monache, le religiose, i religiosi, le società di vita apostolica, gli istituti secolari, l’Ordo virginum» della Sardegna in qualità di delegato della Conferenza episcopale sarda per il clero e la vita consacrata. Donne e uomini del magis Sorelle e fratelli cari che nella vita consacrata avete deciso di appartenere magis/di più a Dio, magis/di più ai fratelli e alle sorelle della vostra comunità, magis/di più a ogni volto umano acceso sulla terra, magis/di più a tutti coloro che il vostro particolare carisma fondazionale custodisce come realtà più preziosa, su tutti e su ciascuno la gioia del Regno che viene e che preme e che è sempre Regno di amore, di giustizia, di pace, di verità, di libertà. La sapiente pedagogia della madre Chiesa ci ha ricondotto alle porte dell’Avvento per introdurci nel mistero del Natale del Signore Gesù e riconse- 760 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Religiosi onne e uomini «del di più» I n d e t t o d a p a p a Fr a n c e s c o , comincia l’Anno della vita consacrata gnarci alla certezza di essere gratuitamente amati e di essere definitivamente fatti figli nel Figlio e, in lui, consanguinei di Dio e consanguinei di ogni respiro umano. Con voi donne e uomini «del di più», discepoli del Figlio e Signore casto, povero e obbediente, in questo anno che la Chiesa dedica alla vita consacrata, con gratitudine ringraziamo il Padre di ogni dono perfetto, perché ci offre, per bocca di papa Francesco che «presiede nella carità» a ogni Chiesa, un tempo e uno spazio ulteriore per crescere nella consapevolezza del «vaso di elezione» che ciascuno di voi è, in seno alle rispettive famiglie di appartenenza, per ogni Chiesa di Sardegna. L’incipit di questo anno particolare, provvidenzialmente coincide con l’inizio dell’Avvento e di un nuovo anno liturgico. Ma per ciascuno di noi può essere l’incipit di quel sogno, da tutti sognato, di quel sorprendente «di più», di quell’eccedenza di amore che è cifra del passaggio dello Spirito nell’abisso del cuore e che ha trascinato dietro di sé le nostre vite. Donne e uomini vigilantes Il tempo santo dell’Avvento riporta alla soglia della nostra attenzione di credenti quell’atteggiamento che i testi biblici e liturgici indicano come vigilanza. È interessante notare che quanto il Primo Testamento offra tanta importanza al sonno e ai sogni come «orizzonte profetico» privilegiato da Dio per svelare le sue intenzioni, tanto il Nuovo Testamento inviti pressantemente a non dormire, non ubriacarsi, a non dis- siparsi, non distrarsi, a vegliare, a essere pronti. Possiamo proprio dire che la vigilanza appare come peculiarità del credente. Ma se ogni battezzato può a pieno titolo rivendicare per sé la funzione di vigilante, per voi donne e uomini «del di più», profeti di un amore più grande e gratuito che cercate di tradurre lo sguardo e la parola di Dio nell’oggi del tempo, l’essere vigilantes vi identifica, vi racconta, vi spiega. Riunificati nel cuore dall’ascolto della Parola, interiormente attenti alle sue esigenze, voi vigilantes diventate non-indifferenti a Dio, non-indifferenti agli altri, non-indifferenti alla storia. Diventate decisamente coscienti di dovervi prendere cura di altro-da-voi, vigilando su altre donne e altri uomini per custodirli. La familiarità con i testi biblici ci insegna che le espressioni «vigilare», «essere pronti», «essere svegli» – ben diversamente dall’uso corrente – non evocano diffidenza, sospetto, impaurimento. Nulla hanno di inquietante spauracchio o di minaccioso ammonimento. Al contrario, nella logica della rivelazione ebraico-cristiana, la vigilanza rivendica, per la persona umana, la capacità di saper e poter cogliere e accogliere Dio che si offre come dono di gratuità, come visita inattesa e sempre salvifica, come eccedenza di Vita che irrompe nelle vite. Il nucleo infuocato, la «buona notizia» del discepolato cristiano, è proprio questo: accogliere il dono che è Dio, accogliere Dio come dono. La nostra chiamata non è a fare o a non fare qualcosa, quanto piuttosto a spalancare cuore, mani e spazi vitali per diventare aperti e disponibili a questo dono. Capiamo dunque perché questo tempo liturgico di ad-ventus, di ad-divenire del dono ci spinga a vigilare. Nella sacra Scrittura, il contrario di vigilare non è tanto il dormire, quanto piuttosto la distrazione, la dissipazione, la fuga dal centro dimenticando l’essenziale perché non (più) intravisto. È il sonno e l’ottundimento dello spirito. Quanti testi profetici, sapienziali ed evangelici ci ricordano che Dio stesso vigila, è «sentinella», è all’erta perché sempre cura, mai dimentica, mai abbandona! Dio vigila sull’umanità per accompagnarla, per recuperarla, perché non si rassegna che qualcuno vada perduto. Dio vigila perché è pastore buono che non vuole che il lupo gli sbrani le pecore. Dio vigila perché nulla ha di più caro che l’umano. Dio vigila perché il suo cuore solo ama, sempre ama. Se Dio mai si dimentica, la vigilanza riproposta dall’Avvento è dunque apertura e risposta attiva e dinamica al Vigilante, a Dio che vigila. Mi pare di scorgere in questo divino vigilare la metafora più eloquente ed efficace di voi donne e uomini «del di più». È di questa vostra diuturna imitatio Dei che la Chiesa gioisce, la Chiesa vi ringrazia, la Chiesa vi chiede di non desistere! La trama d’oro Ma vigilare perché il Signore è veniente, è il Veniente, non significa trascurare il qui-e-ora, deprezzare o peggio disprezzare il «nostro» tempo. Al contrario. Dobbiamo vigilare per tenerci pronti per gli interventi ravvicinati di Dio nella nostra quotidianità, lui che ci passa accanto rivestito della ferialità del tempo umano e mai nell’appariscenza, nell’eclatanza, nella prepotenza sì da attrarre l’attenzione. Vigilare è l’unico antidoto contro il trascurare: Dio, gli altri, noi stessi. Solo chi vigila diventa responsabile verso la storia, dà risposta a ogni segmento di storia incrociata. Chi vigila lo fa innanzitutto su di sé perché il vero nemico è in sé stessi, non fuori. Chi vigila aderisce alla realtà senza sgattaiolare nell’immaginazione e nell’idolatria. Chi vigila lavora e non ozia. Chi vigila ri-conosce gli indizi e le orme del Dio vivente dentro le pieghe e le piaghe della storia. Chi vigila sa pren- dere adeguatamente tra le dita le trame dell’esistenza quotidiana vivendola non come storiella o come storiaccia, ma come storia di salvezza. Storia salvata. Chi vigila può permettersi il lusso di vivere il presente, ma tenendo lo sguardo rivolto all’incontro definitivo. Chi vigila non svaluta né presente né passato e può diventare libero cittadino del futuro perché scarcerato dall’ansia per il domani. Chi vigila si accoglie senza compiacersi di sé e così fiorisce al cambiamento, alla conversione. Chi vigila ha il domicilio in un’illuminata pazienza e, contemporaneamente, in un’urgenza quasi impaziente perché ormai libero prigioniero della speranza. Chi vigila sa che l’unico tempo su cui ha effettivo potere è solo il presente. Presente di cui sa cogliere il senso delle cose e del tempo, leggendovi in trasparenza le attese e le speranze terrene, illuminandole proprio nel loro essere penultime, nella loro peculiare dignità che è sempre quella di rinviare a un Altro. Chi vigila vive capace di ascolto, trovando sempre la scelta più umana e umanizzante tra le molteplici e discutibili che la storia pone sotto gli occhi. Chi vigila fa di tutto per farsi compagno della verità, ma non dimentica che la verità si può solo servire senza mai servirsene. Chi vigila non si consegna a corpo morto al torpore dell’immediato e allo scintillio dell’apparenza perché il suo domicilio è l’ulteriorità di Dio. Chi vigila sa che Dio c’è e c’è da Dio e che ha urgenza di incontrarci. Nella carne gloriosa del Figlio Gesù la vigilanza del credente diventa certezza dell’amato. Non è stata forse questa la trama d’oro che ha intessuto le vite di tanti noti e sconosciuti fratelli e sorelle che lungo i secoli hanno vigilato nella Chiesa e per la Chiesa, custodendo altri come umili eroi per solo gratuito amore? Non ha forse vissuto così la folla innumerevole e silenziosa di monache, monaci, religiose, religiosi, membri delle società di vita apostolica, di istituti secolari e dell’Ordo virginum nella nostra isola? Non sono stati forse questi «illuminati» tramite l’immersione battesimale esplosa nella professione dei consigli evangelici, donne e uomini «del di più» e «figli della luce» chiamati a illuminare e che hanno aderito alla parola del Maestro e Signore: «Risplenda la vostra luce da- vanti agli uomini affinché, vedendo il vostro operare la bellezza, rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,6)? Le Chiese di Sardegna lo possono confessare con gioia e con verità: è così! Amen! Vieni Signore Gesù! Donne e uomini dell’hodie Come ogni anno, l’Avvento mette in crisi il nostro presente, l’oggi. C’è un hodie da ripesare, da ripensare, da purificare e convertire. Il salmo 84, quasi colonna sonora di questo tempo liturgico, ammonisce un presente saturo del giudizio di Dio: «Rialzaci, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi, di età in età estenderai il tuo sdegno?» (Sal 84,5-6). Emerge incandescente l’identità e la missione della comunità cristiana e – se possibile a più pieno titolo – di ogni consacrata e consacrato che, in comunità, vive il suo di più per Dio e il suo di più per ogni altro da sé: offrire al nostro tempo un giudizio critico, ma non di critica su un presente ancora impoverito di umanità e perciò stesso impoverito di Dio e della sua forza risanante; un presente che, proprio perché depotenziato di umanità, frena e smentisce l’irruzione salvifica del Regno nella persona di Gesù di Nazaret. Il beato Paolo VI parlava della Chiesa come di «esperta in umanità». Non credo ci possa essere più felice espressione per identificare le donne e gli uomini «del di più». No. Non può esserci. Non deve esserci. Ogni vostra comunità può dunque mettere in crisi senza criticare un oggi dis-umanizzato e privo di speranza, solo a patto di vivere, nel presente, una misura alta – la più alta – di umanità tra voi e con coloro che il Signore vi dona da amare e servire. Ogni vostra comunità così umanizzata umanizza, e così, rifiuta di smentire la gioiosa corsa che il Regno già compie negli aridi solchi del presente. Come i profeti, così nella Chiesa, ogni comunità tutta datasi per il Vangelo annuncia nell’oggi inquieto degli uomini il giudizio di Dio, giudizio che salva e che traccia strade per il ritorno a lui: «Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe. Hai perdonato l’iniquità del tuo popolo, hai cancellato tutti i suoi peccati. Hai deposto tutto il tuo sdegno Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 761 e messo fine alla tua grande ira» (Sal 84,1-4). Come Maria, ogni vostra comunità incarna il Verbo della vita nel tribolato oggi dei popoli, in un presente che è sempre gravido di un Dio da generare non fuori dell’oggi, non oltre l’oggi, non nonostante l’oggi. Ma oggi. Come Giovanni, ciascuno di voi – ma voi insieme – lo indica presente come «Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», nell’oggi incerto del mondo e mai altrove. A patto che ogni vostra comunità di uomini e donne «del di più» cresca come esperta in umanità. È anche questo un lusso che vi potete permettere perché sempre riumanizzati dal Verbo della vita e dal salvifico corpo del Signore. È ciò che auguro a ciascuno di voi: che il vostro appartenere di più a Dio e di più ai fratelli parli al nostro oggi. È dono e compito di ogni profeta che deve accompagnare fratelli e sorelle dalla schiavitù alla libertà, dire nell’oggi il progetto di Dio già carico di futuro; è dono e compito di ogni assemblea liturgica di divenire più consapevole di essere convocata oggi, non ieri né domani; è dono e compito di ciascuno di voi, che dell’amore di gratuità ha fatto la sua scelta di vita, non distogliere – oggi – i suoi occhi da chi vive miserie, fallimenti, fatiche, paure e disinganni. Solo vivendo intensamente, e così l’Avvento, e finalmente travolti da intima gioia, potrete giungere a cantare nel giorno santo del Natale, insieme all’intera Chiesa dove siete stati seminati come frumento buono e nutriente: «Oggi sapete che il Signore viene a salvarci» (Introito della messa vespertina della Vigilia); «Oggi è nato per voi un salvatore» (Vangelo della notte); «Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore» (Introito della messa dell’aurora); «Oggi Cristo è nato, è apparso il Salvatore; oggi sulla terra cantano gli angeli… oggi esultano i giusti» (antifona al Magnificat dei secondi Vespri di Natale). Donne e uomini del cras Ma la santa liturgia dell’Avvento ci ricorda anche che ogni hodie muore e diventa cras, ogni oggi tramonta e diventa domani. È proprio il tempo di Avvento, sobrio e teso all’ulteriorità, che si fa carico di ri-cor-darci, di resti- 762 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 tuire alla memoria del cuore, che non tutto si chiude nell’oggi, nel presente, anche se tutto si gioca qui e non altrove. Non esiste un solo giorno che si avviti e si accartocci su se stesso, ma di oggi in oggi, Dio modella la storia e la conduce a un inedito – ma quanto atteso! – domani. L’intera liturgia di Avvento trasuda di cras, fino a erompere in quel grido vigiliare che fa scoppiare il cuore di esultanza: «Domani si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo vedrà la salvezza del nostro Dio» (Antifona alla comunione della messa della vigilia di Natale; Is 40,5). Il luogo sacro, il vero roveto ardente e inestinguibile dove ogni oggi tramonta e diventa domani è la nostra stessa vita di donne e uomini «del di più»: nei nostri affetti, nelle nostre scelte, nei nostri stili di vita, nella nostra fraternità sempre rilanciata, nel perdono tenacemente offerto e ricevuto, nella nostra solidarietà sempre riscelta «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio». Ecco anche perché il futuro è il tempo verbale più caro alle pagine bibliche e ai testi liturgici dell’Avvento: verrà; sorgerà; apparirà; Sion sarai rinnovata; ogni uomo vedrà la salvezza di Dio; il Signore farà sentire la sua voce… È certo: domani! E così, Parola e liturgia, ci educano e ci abilitano a un’attesa gioiosa e non depressa: «Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino» (Fil 4,4.5). Il binomio attendere-gioire, nel nostro tempo, non pare essere vincente. Anzi. Ci siamo quasi convinti che si gioisce solo se si possiede e si trattiene, solo se si fagocita impadronendoci. Attesa e desiderio li si vive come fonte di ansia e di incertezza se non come frustrazione e smacco. L’attendere e il gioire guardano decisamente al domani e plasmano discepoli ed evangelizzatori capaci di puntare il dito per indicare la via nuova e appianata che Dio solo sa aprire nella steppa e nel deserto per condurre altrove il suo popolo. Questi indicatori di percorso verso un Oltre e verso un Altro, credibili perché gioiosi e gioiosi perché tesi all’incontro, siete voi uomini e donne «del di più». Voi potete essere questi testimoni che possono permettersi un annuncio non intriso e incupito di no- stalgia, ma entusiasta e coinvolgente perché coerente, perché scelto, perché voluto. Della Parola, dell’eucaristia, della fraternità Ma chi vi formerà per questo ministero di indicatori del Veniente, quando, perché e come levare il dito per additarlo? C’è forse un tempo di sosta che abilita all’attesa gioiosa? C’è da qualche parte uno spazio santo che nutre la gioia senza consumare il cuore? C’è traccia di una parola che illumini senza abbagliare e di un viatico che nutra senza appesantire? C’è un clima che rinfranchi il respiro e sostenga il passo? C’è. E le vostre vite di donne e uomini «del di più» lo rivelano a tutta la Chiesa: Parola, eucarestia, fraternità sono quel «tempo sospeso» e quello spazio già abitato dal cras, che permette di stare dentro la storia che scorre e attendere e invocare l’avvento del Regno nella certezza che è già tra noi. Parola, eucarestia, fraternità sono la cattedra da cui apprendere il come, il quando e il perché alzare il dito, con parresia e umiltà, per indicare il Signore presente nella storia. Parola, eucarestia, fraternità sono il cibo sostanziale e la luce «alla cui luce vediamo la luce», senza accecarci. Parola, eucarestia, fraternità danno sostegno e ritmo a passi talvolta lenti, talvolta insicuri, talvolta maldestri. Possiate tutti, voi donne e uomini «del di più», con questa forza rinnovata e sempre offerta da Dio, «preparare la via del Signore» e «raddrizzare i sentieri», e ancora e sempre stupirci per i doni di grazia e di creatività apostolica che il Padre ancora sparge a larghe mani nelle vostre vite. Con tutti i fratelli Vescovi della Sardegna vi ringrazio del dono che siete per le nostre Chiese e vi chiedo l’insostituibile offerta della vostra testimonianza evangelica e della vostra fraterna intercessione. Invoco su voi la benedizione del Signore e lo sguardo di tenerezza della Vergine Madre. Santo Avvento per un santissimo Natale. Anno benedetto di grazia perché il di più si faccia storia. Tutti abbraccio fraternamente. Mauro Maria Morfino P a pa F r a n c e s co d A bbiamo qualificato la celebrazione del Sinodo sulla famiglia, nelle sue modalità, nelle decisioni di trasparenza e nell’esercizio della collegialità effettiva avviato, come la prima grande riforma di papa Francesco. Dopo la pubblicazione (9 dicembre) delle 46 domande poste a tutte le Chiese, quel giudizio trova conferma. I Lineamenta della XIV Assemblea generale ordinaria (4-25.10.2015), con la quale si concluderà il processo sinodale, sono composti, come indicato dal papa nel Discorso conclusivo della III Assemblea straordinaria (18.10.2014), dalla stessa Relazione finale e dalla nuova serie di domande. Il cui scopo è facilitare la recezione del documento sinodale e l’approfondimento dei temi in esso trattati. Le risposte, che dovranno essere inviate alla Segreteria del Sinodo entro il 15 aprile, saranno alla base della preparazione dell’Instrumentum laboris della prossima assemblea. Tutta la Chiesa è di nuovo e più ampiamente coinvolta. Così recita il comunicato della Segreteria del Sinodo che accompagna il testo delle domande: «Il documento così composto (…) viene inviato alle conferenze episcopali, ai sinodi delle Chiese orientali cattoliche sui iuris, all’Unione dei superiori religiosi e ai dicasteri della curia romana». Questi organismi dovranno coinvolgere «le diverse componenti delle Chiese particolari e istituzioni accademiche, organizzazioni, aggregazioni laicali e altre istanze ecclesiali, allo scopo di promuovere un’ampia consultazione sulla famiglia secondo l’o- Riforma ecclesiale opo il Sinodo, la curia Inviati i Lineamenta per il 2015, stigmatizzate le piaghe della Chiesa rientamento e lo spirito del processo sinodale». Recezione, approfondimento, dibattito aperto a tutti sono modalità che vanno decisamente nella direzione di non tornare indietro e anzi di un ampliamento delle tematiche trattate o sottaciute anche dal recente Sinodo. Se da un lato si vuole ampliare il significato ecclesiologico della figura familiare, per non chiuderla in una nuova casistica, dall’altro non si possono tacere problemi come una più generale e rinnovata comprensione della sessualità, della relazione omosessuale o della pratica della contraccezione. Il percorso avviato indica la necessità di approfondire e oltrepassare il quadro teologico e morale tracciato dall’Humanae vitae. Alla curia romana Un secondo evento, che va nella direzione di una profonda riforma spirituale, ecclesiale e strutturale della Chiesa, è il discorso che il papa ha tenuto il 22 dicembre alla curia romana, in occasione dei tradizionali auguri natalizi. Si tratta del discorso più duro sin qui pronunciato da papa Francesco e uno dei più duri nella storia della Chiesa, almeno in età moderna. Tradizionalmente gli interventi dei papi in questa occasione sono rilevanti – Benedetto XVI utilizzò il suo primo discorso alla curia per ripensare l’ermeneutica del Vaticano II sotto il segno della continuità – ma raramente sono stati così dirompenti. Il catalogo dei mali, redatto in 15 punti (più del doppio dei vizi capitali), è proposto dal papa sulla scorta di quanto i padri del deserto stigmatizzarono di fronte alla crisi spiri- tuale del cristianesimo e della Chiesa del loro tempo. A due anni dall’inizio del suo pontificato Francesco misura tutta la distanza di una parte della curia da sé e dal suo modello di Chiesa. Il segnale è chiaro: una distanza che egli vuole colmare in fretta. Dopo questa vera e propria invettiva contro i mali della Chiesa e segnatamente della curia, non potrà non giungere in tempi ravvicinati anche una riforma strutturale della curia e un cambiamento ai vertici di molti dicasteri. Tra le 15 piaghe indicate dal papa spiccano soprattutto quelle del potere, del narcisismo, della ricchezza e della maldicenza. Esse si configurano come una radicale perdita di Dio nella propria vita e un tradimento della propria missione. Non resta che leggerle, almeno in sintesi. Quindici malattie 1. La malattia del sentirsi «immortale», «immune» o addirittura «indispensabile» trascurando i necessari e abituali controlli. Una curia che non si autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo. Un’ordinaria visita ai cimiteri ci potrebbe aiutare a vedere i nomi di tante persone, delle quale alcuni forse pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili! È la malattia del ricco stolto del Vangelo che pensava di vivere eternamente (cf. Lc 12, 13-21) e anche di coloro che si trasformano in padroni e si sentono superiori a tutti e non al servizio di tutti. Essa deriva spesso dalla patologia del potere, dal «complesso degli eletti», dal narcisismo che guarda appassionatamente la propria immagine. Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 763 2. Un’altra: la malattia del «martalismo» (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, «la parte migliore»: il sedersi sotto i piedi di Gesù (cf. Lc 10,38-42). Per questo Gesù ha chiamato i suoi discepoli a «riposarsi un po’» (Mc 6,31), perché trascurare il necessario riposo porta allo stress e all’agitazione. Il tempo del riposo, per chi ha portato a termine la propria missione, è necessario, doveroso e va vissuto seriamente: nel trascorrere un po’ di tempo con i famigliari e nel rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica; occorre imparare ciò che insegna il Qoèlet che «c’è un tempo per ogni cosa» (3,1-15). 3. C’è anche la malattia dell’«impietrimento» mentale e spirituale: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e un «duro collo» (At 7,51-60); di coloro che, strada facendo, perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando «macchine di pratiche» e non «uomini di Dio» (Eb 3,12). È pericoloso perdere la sensibilità umana necessaria per farci piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono! È la malattia di coloro che perdono «i sentimenti di Gesù» (Fil 2,5-11) perché il loro cuore, con il passare del tempo, si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il Padre e il prossimo (cf. Mt 22,34-40). 4. La malattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo. Quando l’apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose effettivamente progrediscano, diventando così un contabile o un commercialista. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo, che rimane sempre più grande, più generosa di ogni umana pianificazione (cf. Gv 3,8). 5. La malattia del cattivo coordinamento. Quando i membri perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. 6. C’è anche la malattia dell’«alzheimer spirituale»: ossia la dimenticanza della «storia della salvez- 764 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 za», della storia personale con il Signore, del «primo amore» (Ap 2,4). Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. 7. La malattia della rivalità e della vanagloria. Quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di san Paolo: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,1-4). È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso «misticismo» e un falso «quietismo». 8. La malattia della schizofrenia esistenziale. è la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il sevizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete. 9. La malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Di questa malattia ho già parlato tante volte ma mai abbastanza. È una malattia grave, che inizia semplicemente, magari solo per fare due chiacchiere e si impadronisce della persona facendola diventare «seminatrice di zizzania» (come satana), e in tanti casi «omicida a sangue freddo» della fama dei propri colleghi e confratelli. 10. La malattia di divinizzare i capi: è la malattia di coloro che corteggiano i superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo, onorano le persone e non Dio (cf. Mt 23,8-12). Sono persone che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo (cf. Gal 5,16-25). 11. La malattia dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a sé stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. Quando il più esperto non mette la sua conoscenza al servizio dei colleghi meno esperti. 12. La malattia della faccia funerea. Ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arroganza. In realtà, la severità teatrale e il pessimismo sterile sono spesso sintomi di paura e di insicurezza di sé. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia ovunque si trova. Un cuore pieno di Dio è un cuore felice che irradia e contagia con la gioia tutti coloro che sono intorno a sé: lo si vede subito! 13. La malattia dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro. In realtà, nulla di materiale potremo portare con noi perché «il sudario non ha tasche» e tutti i nostri tesori terreni – anche se sono regali – non potranno mai riempire quel vuoto, anzi lo renderanno sempre più esigente e più profondo. A queste persone il Signore ripete: «Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo ... Sii dunque zelante e convertiti» (Ap 3,17-19). 14. La malattia dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un cancro che minaccia l’armonia del corpo e causa tanto male – scandali – specialmente ai nostri fratelli più piccoli. L’autodistruzione o il «fuoco amico» dei commilitoni è il pericolo più subdolo. 15. E l’ultima: la malattia del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri. è la malattia delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per tale scopo sono capaci di calunniare, di diffamare e di screditare gli altri, perfino sui giornali e sulle riviste. Naturalmente per esibirsi e dimostrarsi più capaci degli altri. Gianfranco Brunelli Dialogo interreligioso Convegno U Religioni e conflitti n appuntamento che ha inteso essere sia un approfondimento di studio sul tema del conflitto interreligioso sia una testimonianza di pace, «ma soprattutto un seme di speranza per superare un momento storico molto difficile. Un momento storico nel quale appunto le religioni, anziché una forza di pace, sono diventate un motivo di divisione, di conflitto e di guerra». Si è aperto con queste parole di Paolo Trianni, organizzatore dell’evento per conto dell’Accademia di Scienze umane e sociali (ASUS) di Roma, il convegno nazionale «Religioni e conflitti. Conoscere la divisione per progettare l’incontro in un mondo in guerra nel nome di Dio» (35.12.2014). L’evento è stato pensato in tre momenti: uno spazio dedicato alla riflessione filosofica sul conflitto interreligioso; una sorta di mappatura «geografico-contestuale» dei conflitti religiosamente motivati; una presentazione di Roma come città del dialogo interreligioso, attraverso la convocazione di numerose associazioni con sede nell’Urbe, invitate a presentare la propria attività (Sant’Egidio; Movimento dei Focolari; COREIS; Comunità Dzogchen; Istituto «pro-dialogo» Tevere; San Francesco Saverio; American Jewish Committee; Religions for peace; Dialogo interreligioso monastico; la rivista Confronti; John Cabot university interfaith initiative). Sede del convegno, l’Università di Roma Tre, che ha patrocinato l’evento insieme al Corso di laurea in Filosofia dell’Università di Roma «Tor Vergata» (grazie alla collaborazione del presidente, Giovanni Salmeri), e alla sezione italiana dell’associazione Religions for peace. «Pensare» il conflitto L’idea di occuparsi dell’accusa mossa alle religioni di essere causa inevitabile di conflitto, in quanto portatrici di visioni ideologiche inconciliabili sposate a forme di adesione fanatiche o «fondamentaliste», è parsa quanto mai opportuna nel panorama geopolitico attuale, costellato di notizie e immagini relative a violenze e soprusi, anche molto efferati, perpetrati sotto le insegne di un qualche credo religioso. Il tutto, paradossalmente, in un’epoca che si avverte «secolarizzata» quanto mai e nel cui ethos pluralista la presenza di tali «pretese» (essere «portatori» di una verità), e dei conflitti che ne derivano, alimenta un movimento di scetticismo crescente – quando non di aperta insofferenza – verso la presenza di ogni espressione pubblica della dimensione religiosa (come emblema di questa corrente, che si spinge fino a forme di «laicismo» non meno ideologico e fondamentalista, basti ricordare il titolo del noto saggio di C. Hitchens, Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa, Einaudi, Torino 2007). Gli stimoli alla riflessione, offerti dai numerosi relatori che si sono succeduti nelle diverse sessioni, non sono mancati. Si è partiti dai «fondamenti», dal «pensare» il conflitto interreligioso, ricorrendo soprattutto all’analisi filosofica. Dopo l’apertura, dedicata alla dichiarazione conciliare sul diritto alla libertà religiosa, Dignitatis humanae, quale possibile documento di «base» per cercare una soluzione stabilmente fondata al conflitto tra religioni (Trianni), il tema è stato sviscerato lungo diverse direttrici filosofiche: facendo ricorso all’opera di Tommaso d’Aquino, ci si è domandati circa la pertinenza dell’accusa «classica», secondo la quale affermare la verità di una sola religione è causa inevitabile di conflitti (De Ceglie); sono state presentate laicità e religione come due facce di una sola realtà, che si garantiscono a vicenda, e che non possono prevaricarsi senza pregiudizio per entrambe (Pezzimenti); si è immaginato un solo «monoteismo radicale» quale spazio positivo di espressione e di incontro di tutte le religioni monoteistiche, senza svalutazione di nessuna (Baccarini). Il tema del fondamentalismo religioso è stato un po’ il trait d’union tra le prime due giornate. Ha trovato spazio nella sessione inaugurale, dove i fondamentalismi (fenomeno da coniugare sempre al plurale) sono stati presentati come «modi distruttivi di intendere la fede» (Bongiovanni), che vanno compresi bene al fine di progettare risposte adeguate. È stato sottolineato, ad esempio, come gli aderenti a tali gruppi religiosi radicali (che «nascono dentro sistemi “in crisi” e contro quei sistemi», per «rifondare la società attraverso la riproposizione violenta della loro fede») non siano affatto classificabili come figu- re «retrograde», perché possiedono non di rado una formazione di tipo scientifico (spesso acquisita in Occidente) e sanno utilizzare al meglio gli strumenti e le tecnologie più recenti. È stato suggerito un diverso approccio al fenomeno, che includa un approfondimento ulteriore della riflessione critica sulla nostra modernità, insieme a nuovi strumenti psicologici e teologici. «Mappare» il conflitto Con uno sguardo alle origini del fondamentalismo evangelical negli USA, «prototipo di tutti i fondamentalismi» (Naso), e alla vicenda della Chiesa-partito di Ian Paisley in Irlanda del Nord (Di Sanzio), la riflessione sul fondamentalismo è proseguita anche nella seconda giornata. In essa gli interventi hanno avuto un carattere più composito: dal «cristianesimo come religione violenta» (Salmeri), ai «nuovi scenari del confronto interreligioso in Europa» (Keramidas), alla testimonianza di persone provenienti dai luoghi di conflitto o impegnate in essi per conto di organizzazioni internazionali. Si è qui inteso soprattutto offrire una «mappatura geopolitica» dei conflitti, interessandosi anche di alcuni casi notevoli del secolo scorso le cui conseguenze sono ferite ancora aperte e condizionanti, come nel caso del genocidio armeno (Pogossian). Nel giro del mondo che il convegno si prefiggeva, uno spazio congruo è stato dedicato alla situazione del Medio Oriente (in particolare al conflitto arabo-israeliano e alla Siria) e all’Africa subsahariana (Nigeria e Ruanda), continente nel quale le violenze, spesso sanguinarie, mescolano il dato religioso alle differenze etnico-tribali interne agli stati, veri e propri «mosaici» di differenti gruppi socio-linguistici (per cui, ricordava Enzo Pace, di fronte a un conflitto è sempre opportuno chiedersi: che cosa c’entrano le religioni?). Un accenno al tema fondamentalismo e violenza è stato fatto anche per riferimento alle tradizioni asiatiche, induiste e buddhiste. È parso, inoltre, opportuno «sostare» sul rapporto tra «jihad e dialogo» (Pallavicini), denunciando forme di estremismo – «che abusano di alcuni elementi decontestualizzati e male interpretati dell’islam» – ancora sottostanti a situazioni drammatiche, diverse e distanti, come il sedicente «Stato islamico» e le milizie di Boko Haram. In questa carrellata, il numero elevato di relatori non ha purtroppo consentito di andare oltre una prima presentazione delle questioni. Nell’insieme, tuttavia, il convegno è riuscito a offrire una sorta di status quaestionis e a iniziare sul tema un cammino di incontro interreligioso e interculturale, che richiederà ulteriori tempo ed energie. Gli atti del convegno saranno presto pubblicati dall’editrice Aracne. M. B. Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 765 P a pa F r a n c e s co t I risultati, appena pubblicati, di un’inchiesta condotta dal Pew Research Center e che verte sul grado di popolarità nel mondo di papa Francesco, parlano di un 60% di consensi, contro solo un 11% di insoddisfatti e un 28% di senza opinione. Il consenso europeo sembra curiosamente ancora più convinto di quello latinoamericano (contesto di provenienza del pontefice), un 84% contro un 72% e, manco a dirlo, il Medio Oriente risulta come il fanalino di coda: qui i consensi e i dissensi sono equamente divisi, 25% a testa, per un deciso primato dei senza opinione, assestati al 41%. È un dato, quest’ultimo, che corrisponde bene alla percezione della Turchia, dove un buon 54% di persone non si esprime e dove, comunque, il consenso al santo padre si assesta su un 34% di tutto rispetto, se si considera che i cristiani in genere non raggiungono lo 0,1% della popolazione totale del paese. Siamo stati spesso interrogati sull’impatto che la visita del papa ha avuto nella terra dei sultani. Ora, sarebbe bastato uno sguardo previo ai dati del sondaggio testé evocato per capire che, al di là di un numero assai limitato di addetti ai lavori, il turco medio non poteva sentirsi particolarmente interpellato da una visita che, al di là della giornata introduttiva più protocollare, per volontà non facilmente comprensibile dei responsabili cristiani, è stata gelosamente limitata a un ambito «privato confessionale» (per quanto possa essere privata una visita che comporta il dispiegamento 766 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Ad Ankara e a Istanbul ra carisma e istituzione L a Tu r c h i a s o r p r e s a , i c a t t o l i c i i n c a l z a t i , gli ortodossi complici interessati di qualcosa come 6.000 poliziotti per l’ordine pubblico, nella sola megalopoli di Istanbul). Forse pesava ancora la memoria della poco confortevole attenzione mediatica che la visita di Benedetto XVI, svoltasi in ben altro contesto storico (la crisi internazionale delle caricature di Maometto e le tensioni islamo-cristiane a seguito alla famosa lectio di Ratisbona di papa Ratzinger), aveva suscitato. Tuttavia, la Turchia, abituata a declinare il potere in termini imperiali (la doppia eredità bizantino-ottomana) e con solennità ostentata, è stata colta di sorpresa dal profilo semplice, sorridente e decisamente informale di papa Francesco. I giornali turchi, nei pochi accenni al viaggio papale, sono stati unanimi nel sottolineare, con non celata ammirazione, i tratti umili di un «capo di stato» e leader religioso che sceglie una piccola vettura non blindata per i suoi spostamenti e che cerca il contatto con la gente, malgrado le severe disposizioni di sicurezza. Probabilmente quest’ammirazione è cresciuta ulteriormente alla notizia, quasi contemporanea, che Mehmet Görmez, presidente del Diyanet e massima autorità religiosa del paese, aveva appena scelto una modesta Mercedes S500, da 120.000 euro, per i suoi spostamenti... Intanto, il neo-presidente turco Erdogan, anche lui poco sensibile alla informalità papale, ha inaugurato, proprio con papa Francesco, le visite ufficiali nella sua nuova reggia: quel palazzo bianco – Ak Saray in turco – delle mille polemiche, per l’insultante faraonicità di- spiegata con sperpero di denaro pubblico e scempio di un polmone verde, vecchio dono di Mustafa Kemal Ataturk alla nazione. Lo scenario era perfetto per evidenziare la radicale differenza di approccio e di statura morale tra i due interlocutori. La pace pregata Tuttavia, nel discorso congiunto, seguito a un breve incontro privato, il peso specifico davvero politico l’hanno avuto le parole del papa. Bergoglio infatti, impiegando un terzo del tempo accaparrato del presidente turco (troppo occupato a denunciare «l’islamofobia occidentale» e il «terrorismo di stato» siriano, per ricordarsi di dire come il suo paese intenda esercitare quel ruolo diplomatico da sempre rivendicato come essenziale nella regione), con parole quasi sussurrate, in forte contrasto con la verve retorica dell’arringatore di folle, ha toccato tutti i temi principali di attualità. Prima di tutto, ha rivolto un accorato appello affinché la Turchia continui a essere degna della sua storia di crocevia di civiltà e religioni, favorendo pari diritti ai suoi cittadini musulmani, ebrei e cristiani. Con l’utilizzo del termine «cittadini», il papa ha, tra l’altro, riaffermato implicitamente la necessità che i credenti minoritari contribuiscano anch’essi alla costruzione di una «cittadinanza inclusiva», fatta di diritti ma anche di doveri, per gli individui come per le comunità di fede, uscendo definitivamente dal sistema dei «privilegi confessionali». È guardando poi al Medio Oriente in fiamme che papa Francesco ha chiesto un radicale cambio di politica: il rispetto dei diritti umani e investimenti per lo sviluppo dei popoli e non per i traffici di armi che alimentano guerre fratricide sulla pelle degli innocenti. Parlando dell’importanza del dialogo interreligioso e interculturale ha, infine, implicitamente puntato il dito su un uso ideologico e strumentale delle religioni, per alimentare fanatismi e fondamentalismi. Insomma, richiami che, solo apparentemente generici, erano in realtà più che pertinenti anche per il governo di Ankara, oltre che in perfetta continuità con i temi già ribaditi nel corso del viaggio in Terra santa. Il papa è l’unico a ricordare che gli interventi umanitari, pur indispensabili, sono condannati alla sterilità se non si ridà una statura etica alle politiche internazionali. «Signore, finiamola con la guerra...», quel grido interiore che ha abitato, per sua stessa ammissione, la preghiera di Francesco davanti al Mihrab della Moschea Blu di Istanbul, dà lo spessore dell’angoscia dell’attuale pontefice nel seguire da vicino i drammi di quella «terza guerra mondiale a pezzi» che continua a denunciare instancabilmente. A proposito di Moschea Blu, si spera che questo ulteriore viaggio papale in terra islamica abbia definitivamente chiuso il dibattito ozioso, «curial-giornalistico», che si protrae da anni sul tema: «Può un papa pregare in un luogo di culto islamico?». Dopo gli equilibrismi dialettici che hanno portato a parlare prima di «meditazione silenziosa» e successivamente di «adorazione silenziosa» (l’insistenza sul silenzio, tratto per altro nobilissimo della pratica spirituale, punta forse, in questo caso, a esprimere implicitamente un ritegno necessario in un ambiente «non convenzionale» di preghiera), ci voleva la schiettezza poco diplomatica di Bergoglio per svelare l’arcano ai giornalisti sul volo di ritorno verso Roma, ai quali ha assicurato: «Ho pregato davvero!». Con buona pace degli pseudo-intellettuali che ancora bacchettano il papa perché non si rende conto di aver pregato rivolto alla Mecca: ricordate quegli sciocchi che quando mostri loro la luna guardano il dito? Se la liturgia è inter-rituale Tornando al viaggio papale, l’intima preghiera di papa Francesco nella Moschea Blu precedeva di un paio d’ore gli unici momenti d’incontro corale con le comunità cattoliche: avvenimento velocemente derubricato dalle cronache e dai commenti giornalistici (questa volta pure occidentali). È sconcertante, per chi vive in queste terre, constatare che i cristiani fanno notizia più come vittime di turno della violenza che devasta il Medio Oriente che non per gli sforzi, per altro talvolta estremamente miseri, che cercano di fare nel tentativo di essere testimoni coerenti di un Evangelo proclamato e declinato per la prima volta proprio nello loro terre. Ecco perché, ai più, il contenuto dell’omelia pronunciata dal santo padre nel corso dell’eucarestia presieduta nella cattedrale latina dello Spirito Santo risulta, a dir poco, fuori tema... Francesco parla dello Spirito Santo come anima della Chiesa, come colui che dà la vita, che suscita i differenti carismi che arricchiscono il popolo di Dio e, soprattutto, che crea l’unità tra i credenti. Poi la meditazione si fa molto esplicita: «Quando siamo noi a voler fare la diversità – dice il papa – e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa». Accalcati attorno all’altare, i rappresentanti di quattro riti diversi (latino, caldeo, siro e armeno), espressione sì di una indiscutibile ricchezza storica ma che, nel presente, sembra più un ostacolo (prima di tutto linguistico) a vivere in modo davvero comunionale la celebrazione del mistero pasquale. Una liturgia eucaristica inter-rituale è di fatto una contraddizione in termini, perché si è condannati, a turno, solo ad assistere alla indecifrabile preghiera dell’altro, a sua volta concentrato a esprimere la sua singolarità più che a cercare la condivisione attorno all’altare. «È sempre presente in noi – ricor- da ancora papa Francesco – la tentazione di fare resistenza allo Spirito Santo, perché scombussola, perché smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ed è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate». Il giorno seguente, durante la divina liturgia al Patriarcato greco, Bartolomeo I completa implicitamente la meditazione bergogliana con queste parole: «A cosa serve la nostra fedeltà al passato, se questo non significa nulla per il futuro? A cosa giova il nostro vanto per quanto abbiamo ricevuto, se tutto ciò non si traduce nella vita per l’uomo e per il mondo di oggi e di domani? “Gesù Cristo è sempre lo stesso, ieri e oggi e nei secoli” (Eb 13, 8-9). E la sua Chiesa è chiamata ad avere il suo sguardo volto non tanto all’ieri, quanto all’oggi e al domani. La Chiesa esiste per il mondo e per l’uomo e non per sé stessa». Sono riflessioni di un’importanza capitale che toccano al cuore l’essere stesso delle Chiese cristiane orientali, in modo particolare, cattoliche o ortodosse che siano! Perpetuare una semplice memoria, talvolta confusa con un ricordo nostalgico, non significa costruire futuro. Ecco perché papa Francesco, prima ancora di affrontare il profondo, spontaneo e appassionato scambio spirituale con Bartolomeo, sferza i cristiani a lui affidati. Per tragedia e per inedia Molte sono le domande alle quali le Chiese cattoliche di Turchia devono rispondere: che cosa significa ridare senso a una conferenza episcopale inter-rituale ormai paralizzata da personalismi e veti incrociati e da una totale mancanza di visione, men che meno condivisa? Che cosa significa fare della diversità una ricchezza, accogliendo i volti nuovi di comunità che cambiano, stimolando la novità nei modi dell’annuncio e della celebrazione? Che cosa significa, come comunità di una Terra santa del cristianesimo, mettersi al ritmo del respiro di una Chiesa universale, che da queste terre è partita per abbracciare i confini del mondo? Come rimettere in moto la dialettica feconda del rapporto tra carisma e istituzione, per conservare quella «freschezza dello Spirito» che non cessa mai di essere Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 767 creativo, come ricorda papa Francesco? Oggi, come nei secoli passati, i cristiani non muoiono solo per «tragedia», a queste latitudini, ma anche semplicemente di «inedia». Evocando la dialettica «carisma e istituzione», oggi forse più comprensibile nel binomio «profezia e governo», rimandiamo a una sfida che si rinnova: trasformare la tradizionale separazione – e talvolta opposizione – tra Chiesa carismatica e Chiesa istituzionale in una tensione vitale e feconda in cui abitare. In una parola, bisogna rendere più carismatica l’istituzione, perché sia capace di suscitare, e poi mettere in evidenza, doni diversi a servizio dell’unico Regno. Francesco e Bartolomeo hanno imboccato senza esitazioni la via carismatica, lasciando trasparire una grande complicità in questa scelta: utilizzando un’immagine ciclistica, sono scattati in fuga, staccando il gruppo. Ma il loro compito non è arrivare soli al traguardo, bensì quello di portare più velocemente alla meta le Chiese di cui hanno la responsabilità. Il cammino sembra in questo momento arduo, prima di tutto per Bartolomeo, costretto a giocare ad intra su un tavolo molto diverso rispetto a quello frequentato con il vescovo di Roma. La Chiesa in Grecia, in primo luogo, è particolarmente fredda di fronte a questo riavvicinamento con Roma (e non stiamo parlando solo di certe frange più intransigenti del clero secolare, o di una parte dei monaci del Monte Athos), ed è molto riduttivo dire che Mosca sia la sola pietra d’inciampo sul cammino di un riavvicinamento tra Oriente e Occidente cristiano, così come verso il Sinodo panortodosso. Inoltre, tra Oriente e Occidente cristiano il dibattito, ormai, non verte solo sulla legittimità del primato petrino, ma su come esso debba essere esercitato. Non a caso, la Commissione mista cattolico-ortodossa che da molti anni sta esplorando il doppio nodo del «primato» e della «sinodalità», non è, ad oggi, ancora arrivata a produrre un documento davvero condiviso (ultimo tentativo mancato, ad Amman quest’anno, dopo il testo adottato a Ravenna nel 2007 senza il consenso di Mosca, e un altro nulla di fatto a Vienna, nel 2010). L’ostacolo principale è sempre lo 768 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 stesso: il fatto di non tenere conto che la tradizione orientale e quella occidentale rappresentano due modelli diversi di amministrazione della Chiesa. Il primo decentrato e basato sulla nozione di comunione tra Chiese locali autocefale e il secondo centralizzato e basato sul concetto della giurisdizione universale del papato. Come molti osservatori hanno sottolineato negli ultimi mesi, papa Francesco ha aperto simbolicamente una fase nuova presentandosi, nel giorno stesso della sua elezione, come nuovo vescovo di Roma e, cioè, come il pastore di una Chiesa locale ma con il ruolo particolare di favorire la collaborazione con tutti i fratelli nell’episcopato, responsabili delle altre Chiese locali. Questa nuova prospettiva di collegialità, che avvicina il modello ecclesiologico occidentale a quello orientale, ha avuto un grosso impatto in Oriente, prima di tutto espresso dall’apprezzamento incondizionato del patriarca di Costantinopoli (molto più entusiasta, a dire il vero, di un certo mondo cattolico). Metanoia verso la comunione Di qui a dire che siamo entrati nella dirittura finale verso l’unità agognata tra Oriente e Occidente cristiano, ce ne passa davvero molto (a dire il vero, non è così imminente neppure l’unità tra Costantinopoli e Roma, sognata dai successori di Pietro e Andrea). In Occidente, bisognerà accettare di andare fino in fondo nel ripensamento del modo di intendere la diaconia del vescovo di Roma nella «Chiesa universale» (il già evocato ripensamento radicale dell’esercizio del «primato petrino»); in Oriente, la questione si gioca prima di tutto nei rapporti interni tra Chiese autocefale, là dove il nazionalismo ecclesiastico ha iniziato fin dall’Ottocento a incrinare l’unità storicamente fondata sulla fede comune, sull’unica Tradizione, sull’unico insegnamento, sull’unica liturgia, nell’unico pane e calice. Se i primi concili ecumenici affidarono al vescovo di Costantinopoli il ruolo di primus inter pares (un primato d’onore nel coordinamento della comunione dei capi delle Chiese locali autocefale), questo primato storico che Bartolomeo tenta di rinvigorire con il riferimento evangelico al protoapostolo Andrea è oggi tutt’altro che scontato al cuore dell’ortodossia, e l’effettiva capacità del Fanar di arrivare alla tanto agognata convocazione del Sinodo panortodosso per il 2016 può essere considerata una sorta di prova del nove. Sicuramente, questa delicata partita intra-ortodossa si giocherà molto anche nella gestione dei nuovi equilibri determinati dai rapporti tra le Chiese madri e le comunità della diaspora, sempre più importanti non solo per il loro peso economico, ma per il nuovo volto culturale, spirituale e, quindi, anche necessariamente teologico che stanno imponendo a tradizioni secolari. Bartolomeo l’ha capito da tempo, e per questo sta lentamente cambiando il profilo gerarchico della Chiesa che presiede. Le ultime nomine episcopali del Sinodo greco-ortodosso vanno, infatti, nel senso di una sorta di «de-ellenizzazione» (nuovi vescovi che appartengono, in alcuni casi, già alla terza generazione in diaspora) o, per dirla più chiaramente, tentano di arginare un pericoloso ritorno al filetismo e cioè a quella tendenza, condannata come eresiaca ma particolarmente forte nelle comunità diasporiche, alla formazione di autocefalie su base nazionalistica: un vero attentato all’intrinseca universalità del messaggio evangelico. Anche da questo dato si può intuire la crescente complicità tra Bartolomeo e Francesco, il quale, parlando del suo modello di Chiesa, ha più volte evocato (ripetendosi nel recente incontro di Istanbul) la necessità di combattere la malattia spirituale dell’autoreferenzialità. È uno dei motivi per cui l’ormai famoso inchino irrituale di Francesco davanti al Patriarca, al termine dei Vespri ecumenici di Sant’Andrea, con la richiesta una benedizione, non è da interpretarsi come un atto di sottomissione della Chiesa di Roma a quelle di Costantinopoli, come qualcuno ha banalmente detto, ma piuttosto come un rinnovato invito a un comune decentramento delle Chiese per un loro radicale riorientamento a Cristo, cuore e riferimento fondamentale della Chiesa indivisa, senza il quale né Pietro né Andrea, né tutto il collegio degli apostoli esisterebbero. Claudio Monge D i b at t i to n N elle parole rivolte da papa Francesco al patriarca Bartolomeo il 30 novembre scorso (ricorrenza liturgica di Sant’Andrea), alla fine della divina liturgia nella cattedrale patriarcale di San Giorgio al Fanar, sede del Patriarcato di Costantinopoli, il pontefice ha spiegato lo scopo della sua visita: «Incontrarci, guardare il volto l’uno dell’altro, scambiare l’abbraccio di pace, pregare l’uno per l’altro sono dimensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione alla quale tendiamo. Tutto ciò precede e accompagna costantemente quell’altra dimensione essenziale di tale cammino che è il dialogo teologico. Un autentico dialogo è sempre un incontro tra persone con un nome, un volto, una storia, e non soltanto un confronto di idee. Questo vale soprattutto per noi cristiani, perché per noi la verità è la persona di Gesù Cristo» (Regno-doc. 21,2014,669). Con tali parole il pontefice, in modo estremamente semplice e chiaro, ha collegato il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, che negli ultimi tempi sembra trovarsi in una situazione di stallo, con la componente carismatica, personale e spirituale della ricerca dell’unità tra la tradizione cristiana d’Oriente e quella d’Occidente. Secondo il papa, proprio l’esempio di vita dell’apostolo Andrea – il «primo chiamato», cui il Maestro disse «Venite e vedrete» – mostra con chiarezza a tutti «che la vita cristiana è un’esperienza personale, un incontro trasformante con colui che ci ama e ci vuole salvare. Anche l’annuncio cristiano si diffonde Il papa e gli ortodossi on si può aspettare Da Mosca, una riflessione sulla visita d e l ve s c ovo d i Ro m a a C o s t a n t i n o p o l i grazie a persone che, innamorate di Cristo, non possono non trasmettere la gioia di essere amate e salvate». È chiaro, pertanto, ritiene papa Francesco, «che neanche il dialogo tra cristiani può sottrarsi a questa logica dell’incontro personale». Il papa ha detto che anche «il cammino di riconciliazione e di pace tra cattolici e ortodossi» è stato «in qualche modo» inaugurato da un incontro tra due persone, l’abbraccio tra il patriarca ecumenico Atenagora e papa Paolo VI, avvenuto cinquant’anni fa a Gerusalemme, e ha ricordato il proprio incontro, nel maggio dello scorso anno, col patriarca Bartolomeo «nella città dove il Signore Gesù Cristo è morto e risorto». Ha poi fatto notare che «per una felice coincidenza» la sua attuale visita a Costantinopoli avveniva qualche giorno dopo la celebrazione del 50° anniversario della promulgazione del decreto del concilio Vaticano II sulla ricerca dell’unità di tutti i cristiani, l’Unitatis redintegratio. «Si tratta di un documento fondamentale – ha spiegato il pontefice – con il quale è stata aperta una nuova strada per l’incontro tra i cattolici e i fratelli di altre Chiese e comunità ecclesiali. In particolare, con quel decreto la Chiesa cattolica riconosce che le Chiese ortodosse “hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l’eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli” (n. 15)». Il documento del Concilio stabilisce che per custodire fedelmente la pienezza della tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei cristiani di Oriente e Occidente «è di somma importanza conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio delle Chiese d’Oriente, non solo per quello che riguarda le tradizioni liturgiche e spirituali, ma anche le discipline canoniche, sancite dai santi padri e dai concili, che regolano la vita di tali Chiese (cf. nn. 15-16)». Il capo della Chiesa cattolica ha sottolineato con forza l’importanza del rispetto di questo principio «come condizione essenziale e reciproca per il ristabilimento della piena comunione, che non significa né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo». Dall’inizio del pontificato «Voglio assicurare a ciascuno di voi – ha poi dichiarato il papa con convinzione – che, per giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme, alla luce dell’insegnamento della Scrittura e dell’esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze». Poi, facendo riferimento a una nota espressione di sant’Ignazio di Antiochia, il papa ha aggiunto: «L’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come vescovo di Roma, “la Chiesa che presiede nella carità”, è la comunione con le Chiese ortodosse». Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 769 È qui opportuno notare che papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato – ossia, fin dalle prime parole che ha pronunciato il 13 marzo 2013 dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, subito dopo la sua elezione e prima di dare la benedizione urbi et orbi – si è presentato «alla città e al mondo», non come pontefice o papa, ma come il «vescovo della Chiesa di Roma, che presiede nella carità», riferendosi anche qui alle parole scritte nei primi anni del II secolo da sant’Ignazio di Antiochia nella sua Lettera ai Romani. A opinione di chi scrive, quel primo, improvvisato saluto del nuovo pontefice ai romani dalla loggia di San Pietro, non soltanto mostra chiaramente le sue doti umane e spirituali, ma contiene in nuce la sua ecclesiologia. Il papa allora cominciò col dire che il dovere del conclave era «di dare un vescovo a Roma» e ringraziò la folla per «l’accoglienza della comunità diocesana di Roma al suo vescovo»; poi propose ai presenti di «pregare per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI», e dopo aver pregato con la gente disse: «Incominciamo insieme questo cammino del vescovo e del popolo della Chiesa di Roma, che presiede nella carità tutte le Chiese». Infine, prima di impartire la sua prima benedizione apostolica, il nuovo papa chiese un favore alla folla stupita: «Prima che il vescovo benedica il popolo vi chiedo che voi preghiate il Signore che mi benedica. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me». E solo dopo un momento di preghiera in silenzio il nuovo primate della più grande Chiesa al mondo diede la prima benedizione. Mi pare che le parole del primo discorsetto dalla loggia delle Benedizioni della basilica vaticana rappresentino qualcosa di più che la sola espressione dell’umiltà cristiana di Jorge Mario Bergoglio: esse riflettono la sua comprensione del primato come servizio nella carità. Difficilmente nella storia della Chiesa cattolica degli ultimi secoli si potranno trovare altri esempi di pontefici romani che in maniera così esplicita si siano qualificati esclusivamente come «vescovo di Roma». Ciò non significa che papa Bergoglio rinneghi gli altri suoi titoli tradizionali: essi per lui non sono che corollari della sua chiamata essenziale a essere il vescovo di Roma. 770 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Ascoltare i poveri, le vittime, i giovani Ma torniamo al discorso del papa il 30 novembre scorso nella cattedrale patriarcale di San Giorgio a Costantinopoli. Proseguendo il suo intervento, papa Francesco ha fatto notare che nel mondo di oggi si levano con forza tre voci «che non possiamo non sentire e che domandano alle nostre Chiese di vivere fino in fondo l’essere discepoli del Signore Gesù Cristo»: la voce dei poveri, quella delle vittime dei conflitti, compresi quelli confessionali, e quella dei giovani che cercano valori autentici. Secondo il pontefice, la Chiesa non può rimanere indifferente alla voce dei sofferenti che aspettano non solo un aiuto materiale, ma anche solidarietà nella difesa della loro dignità. Essi «ci chiedono di lottare, alla luce del Vangelo, contro le cause strutturali della povertà: la disuguaglianza, la mancanza di un lavoro degno, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi». L’unità dei cristiani, sostiene il papa, è indispensabile per rispondere a queste aspettative, per sconfiggere la «globalizzazione dell’indifferenza» che sembra avere la supremazia e per «costruire una nuova civiltà dell’amore e della solidarietà». La seconda voce cui si riferisce il pontefice è quella delle vittime dei conflitti in tante parti del mondo, tra esse il gran numero dei cristiani perseguitati; il papa ha chiesto a tutti di pregare e fare il possibile per aiutarli. «La voce delle vittime dei conflitti ci spinge a procedere speditamente nel cammino di riconciliazione e di comunione tra cattolici e ortodossi. Del resto, come possiamo annunciare credibilmente il Vangelo di pace che viene dal Cristo, se tra noi continuano a esistere rivalità e contese?» Infine, la terza voce è quella dei giovani. «Molti giovani, influenzati dalla cultura dominante, cercano la gioia soltanto nel possedere beni materiali e nel soddisfare le emozioni del momento. Le nuove generazioni non potranno mai acquisire la vera saggezza e mantenere viva la speranza se noi non saremo capaci di valorizzare e trasmettere l’autentico umanesimo, che sgorga dal Vangelo e dall’esperienza millenaria della Chiesa». D’altra parte, ha fatto notare papa Francesco, «sono proprio i giovani che oggi ci sollecitano a fare passi in avanti verso la piena comunione», e come esempio di una collaborazione di giovani ortodossi, cattolici e protestanti, il papa ha citato gli incontri organizzati dalla comunità monastica di Taizé. Tali incontri sono organizzati «non perché essi ignorino il significato delle differenze che ancora ci separano, ma perché sanno vedere oltre – sono capaci di cogliere l’essenziale che già ci unisce, che è tanto». Rivolgendosi al patriarca Bartolomeo, il pontefice ha detto che il cammino verso la piena comunione è già iniziato, «e già possiamo vivere segni eloquenti di un’unità reale, anche se ancora parziale». Il papa ha concluso esortando tutti a «pregare gli uni per gli altri». Dopo la liturgia, il papa e il patriarca hanno sottoscritto una Dichiarazione congiunta, nella quale rinnovano la «sincera e ferma intenzione, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare» gli sforzi «per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi». La Dichiarazione contiene un appello alla pace in Medio Oriente e in Ucraina; in essa i due capi di Chiesa ripetono il proprio sostegno al dialogo teologico promosso dalla Commissione mista internazionale, che «sta trattando attualmente le questioni più difficili che hanno segnato la storia della nostra divisione e che richiedono uno studio attento e approfondito». Già uniti nel martirio Dopo aver espresso la loro «comune preoccupazione per la situazione in Iraq, in Siria e in tutto il Medio Oriente», il papa e il patriarca dichiarano: «Non possiamo rassegnarci a un Medio Oriente senza i cristiani, che lì hanno professato il nome di Gesù per duemila anni. Molti nostri fratelli e sorelle sono perseguitati e sono stati costretti con la violenza a lasciare le loro case. Sembra addirittura che si sia perduto il valore della vita umana e che la persona umana non abbia più importanza e possa essere sacrificata ad altri interessi. E tutto questo, tragicamente, incontra l’indifferenza di molti». I due leader religiosi evidenziano il valore della sofferenza per il dialogo interecclesiale: «Come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così anche la condivisione delle sofferenze quotidiane può essere uno strumento efficace di unità. La terribile situazione dei cristiani e di tutti coloro che soffrono in Medio Oriente ri- chiede non solo una costante preghiera, ma anche una risposta appropriata da parte della comunità internazionale». La Dichiarazione sottolinea l’importanza «della promozione di un dialogo costruttivo con l’islam, basato sul mutuo rispetto e sull’amicizia» e si conclude con un appello alla pace in Ucraina, «un paese con un’antica tradizione cristiana», facendo appello alle parti coinvolte nel conflitto a «ricercare il cammino del dialogo e del rispetto del diritto internazionale per mettere fine al conflitto e permettere a tutti gli ucraini di vivere in armonia». Durante il volo di ritorno a Roma, rispondendo alla domanda di un giornalista russo sulle prospettive di dialogo col Patriarcato di Mosca, il papa ha fatto riferimento a un colloquio avuto in ottobre col metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa russa, quando questi si trovava a Roma durante il Sinodo dei vescovi cattolici sulla famiglia e parlò col pontefice della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra ortodossi e cattolici. «Prima dirò qualcosa su tutta l’ortodossia, e poi “arriverò”» a Mosca – ha detto papa Francesco al giornalista con la sua solita, sorprendente semplicità. – Io credo che con l’ortodossia siamo in cammino. Loro hanno i sacramenti, hanno la successione apostolica... siamo in cammino. Che cosa dobbiamo aspettare? Che i teologi si mettano d’accordo? Mai arriverà quel giorno, glielo assicuro, sono scettico. Lavorano bene, i teologi, ma ricordo quello che si diceva che avesse detto Atenagora a Paolo VI: “Noi andiamo avanti da soli e mettiamo tutti i teologi in un’isola, che pensino!”. Io pensavo che fosse una cosa non vera, ma Bartolomeo mi ha detto: “No, è vero, ha detto così”. Non si può aspettare: l’unità è un cammino, un cammino che si deve fare, che si deve fare insieme». Il papa ha ricordato le persecuzioni che subiscono cristiani delle più diverse Chiese, e che «i nostri martiri ci stanno gridando: “Siamo uno! Già abbiamo un’unità, nello spirito e anche nel sangue”». Forse qui il papa si è ricordato delle ultime parole del sermone del patriarca Bartolomeo nella cattedrale di San Giorgio: «I problemi, che la congiuntura storica innalza davanti alle Chiese, impongono a noi il superamento della introversione e il fatto di affrontarli per quanto pos- sibile con più strette collaborazioni. Non abbiamo più il lusso per agire da soli. Gli odierni persecutori dei cristiani non chiedono a quale Chiesa appartengono le loro vittime. L’unità, per la quale ci diamo molto da fare, si attua già in alcune regioni, purtroppo, attraverso il martirio». A Kirill ho detto: Io vengo dove tu vuoi Poi, nella conferenza stampa in aereo, il papa ha detto qualcosa «che forse qualcuno non può capire, ma... Le Chiese cattoliche orientali hanno diritto di esistere, è vero. Ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada». In tal modo, colloquiando con i giornalisti il papa, con una sola frase, si potrebbe dire, ha rimosso la pietra d’inciampo tra ortodossi e cattolici, esistente già da molti secoli (la prima Unione, di Lyon, risale al 1274), e che era divenuto negli ultimi tempi l’ostacolo maggiore al dialogo. Per la prima volta un romano pontefice ha espresso su questa diatriba un’opinione che coincide con la posizione degli ortodossi. Questa stessa posizione era già stata elaborata nel corso del dialogo teologico tra ortodossi e cattolici ed era stata espressa in un documento, adottato nel 1993 a Balamand (Libano), dalla VII Assemblea plenaria della Commissione teologica mista. In esso entrambe le parti hanno riconosciuto che «all’epoca attuale l’uniatismo non costituisce un modo accettabile per il raggiungimento dell’unità della Chiesa». Ma il documento di Balamand non è mai stato ratificato dall’autorità ecclesiastica né dell’una, né dell’altra Chiesa, e dopo questo il dialogo si è fermato per diversi anni. Quando le attività della Commissione mista hanno ripreso nel 2005, la questione circa l’uniatismo era stata tolta dall’ordine del giorno. Tuttavia, negli ultimi tempi la Chiesa ortodossa russa insiste sempre più spesso sul fatto che in avvenire la questione del primato, nel quadro della Commissione mista per il dialogo teologico, dovrà essere affrontata parallelamente alla valutazione del fenomeno dell’uniatismo. Si può dire che il 30 novembre 2014 la Chiesa cattolica non soltanto ha accettato le condizioni poste dalla Chiesa russa, ma il suo capo supremo, con la propria inattesa dichiarazione, ha disapprovato il fenomeno dell’uniatismo. Dopo una dichiarazione del genere, senza precedenti, papa Francesco ha proseguito la conversazione con i giornalisti, e in tutta sincerità ha detto: «Adesso, “atterriamo” a Mosca. Con il Patriarca Kirill... io gli ho fatto sapere, e anche lui è d’accordo, c’è la volontà di trovarci. Gli ho detto: “Io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo”; e anche lui ha la stessa volontà. Ma in questi ultimi tempi, con il problema della guerra, il poveretto ha tanti problemi lì, che il viaggio e l’incontro con il papa è passato in secondo piano. Ma tutti e due vogliamo incontrarci e vogliamo andare avanti». Colloquiando con i giornalisti, il papa ha mostrato di aver coscienza del problema dell’opposizione interna da parte degli ultraconservatori, che esiste in entrambe le Chiese, e ha sottolineato l’importanza che ortodossi e cattolici si mettano d’accordo circa la data della Pasqua e la festeggino insieme. In ogni Chiesa, secondo papa Francesco, i conflitti interni nascono in conseguenza di una certa «introversione» spirituale, quando la Chiesa è autoreferenziale, ripiegata su se stessa e i propri problemi. «Quando si rispecchia in se stessa, la Chiesa rinuncia a essere Chiesa per essere una ong teologica». Dunque: «Non si può aspettare: l’unità è un cammino, un cammino che si deve fare, che si deve fare insieme», dice il vescovo di Roma Francesco. Reagirà la Chiesa ortodossa russa a queste parole? Oppure la voce dei problemi interni risuonerà per noi più forte della preghiera del Salvatore per l’unità dei suoi discepoli e dei loro seguaci nei secoli a venire? Egli infatti prima della sua Passione ha chiesto al Padre: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa». E sappiamo che dall’unità dei seguaci di Cristo dipende l’incidenza della loro testimonianza al mondo: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,20-21). hieromonaco Ioann (Giovanni Guaita)* * Chiesa ortodossa russa, Dipartimento relazioni esterne. La versione originale di questo articolo, in lingua russa, è uscita il 4.12.2014 sul sito web ortodosso russo www.bogoslov.ru. Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 771 Anniversari i N el settembre del 2008, predicando nella cattedrale metropolitana di Buenos Aires, l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio ricordava Agostino Casaroli. Lo definiva «quel grande cardinale che ha avuto la Chiesa», citava come sua strada abituale «il martirio della pazienza» e affermava che la sua «grande diplomazia che ha dato tanti frutti alla Chiesa» si era alimentata con la carità. Ad esempio di questa carità portava il suo affetto per i ragazzi del carcere minorile romano: «C’è una cosa, un aneddoto della vita del card. Casaroli che mi ha sorpreso. Ogni sabato pomeriggio il cardinale scompariva, “sta riposando” si diceva. Un giovane prete andava a un istituto correzionale per minori, un riformatorio. Era un cappellano molto buono che andava in autobus con la sua valigetta, e si fermava lì confessando i ragazzi, giocava con loro. Lo chiamavano don Agostino, nessuno sapeva molto di più». Il futuro papa Francesco vedeva in Casaroli il paradigma del «mediatore». Mediatore di bene, di amore. «Instaurare l’amore – rifletteva il card. Bergoglio – è un lavoro di artigiani, di pazienti, di persone che spendono tutto quello che hanno per persuadere, per ascoltare, per avvicinare. E questo lavoro artigianale ha pacifici e magici creatori d’amore. È il compito del mediatore, [che] confondiamo a volte con il termine di “intermediario” e non è la stessa cosa. Il 772 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Casaroli l mediatore Ostpolitik: gli obiettivi pastorali dell’opera della sua vita mediatore è colui che, per unire le parti, paga con il suo stipendio, paga con il suo, si consuma lui stesso. L’intermediario è quel dettagliante che fa sconti ad ambedue le parti per avere il suo meritato guadagno. L’amore ci colloca nel ruolo di mediatori, non di intermediari. E il mediatore sempre perde, perché la logica della carità è arrivare a perdere tutto perché vinca l’unità, perché vinca l’amore (…). La legge del cristiano è la stessa del mediatore, (…) è abbassarsi in questo compito di essere mediatore. Abbassarsi». Da minutante, negli anni Cinquanta, si occupa di America Latina, contribuendo alla costituzione del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM). All’America Latina resterà legato e vi effettuerà missioni anche da segretario di stato, occupandosi tra l’altro della mediazione tra Argentina e Cile per il Canale di Beagle. Sottosegretario agli Affari ecclesiastici straordinari dal 1961, Giovanni XXIII gli affida le prime missioni di quella che sarà l’Ostpolitik vaticana. È l’opera della sua vita. Si tratta di alleviare le condizioni della Chiesa cattolica nei paesi dell’Est comunista. È una preoccupazione pastorale, che passa però per contatti diplomatici e politici in senso lato, poiché i regimi dell’Est non intendono altro linguaggio. Anche per questo la si dirà, nella pubblicistica, «Ostpolitik», per analogia con la politica di Willy Brandt che peraltro era tutt’altro concetto. La si sarebbe potuta chiamare «Ostpastoral», come piaceva a Giovanni Paolo I, perché se la politica era il mezzo, la salute delle anime era il fine. Sono stati i papi a decidere l’Ostpolitik, Casaroli ne era l’esecutore e spesso ne era anche il parafulmine, perché i critici lo prendevano a bersaglio, non osando censurare esplicitamente Giovanni XXIII, Paolo VI o Giovanni Paolo II. Lui, Casaroli, non si offendeva, era serenamente persuaso in Dio che il suo lavoro fosse necessario per soccorrere comunità cristiane boccheggianti, a rischio di estinzione. Le nomine episcopali: il capitolo più delicato All’Est, il suo lavoro consistette soprattutto nell’ottenere beneplaciti governativi alla nomina di vescovi di fiducia della Santa Sede. L’esistenza di una gerarchia era indispensabile per preservare le Chiese, per reclutare il clero, per scongiurare l’appassimento di comunità spesso private dei mezzi di grazia, per evitare il consolidamento in Chiese nazionali fuori dalla comunione cattolica di quelle che erano le associazioni del clero collaborazionista promosse dai regimi contro Roma, ciò che significava degli scismi. Un quarto di secolo prima di impegnarsi nell’Ostpolitik, Casaroli aveva discusso presso la Pontificia università lateranense una tesi in diritto canonico dal titolo De episcoporum nominatione novum ius. Forse, nel trattare con Budapest o Praga, l’esperienza diplomatica di tanti anni lo aiutava ben più di uno studio teorico giovanile. Questo tema di gioventù è nondimeno significativo. Le nomine episcopali costituivano il capitolo più delicato dei vari processi di Ostpolitik (tranne che in Iugoslavia e in Germania orientale). Non era facile per la Santa Sede assumere informazioni sui candidati, lo si doveva fare con infinita pazienza e accortezza per la politica di disinformazione dei regimi. I negoziati con le autorità comuniste, poi, erano tanto difficili da far dire a Casaroli d’essere «quasi impossibili», salvo mettersi, di volta in volta, a lavorare sul «quasi». Il governo cecoslovacco rigettò fin un centinaio di proposte della Santa Sede per nomine episcopali. Gli esiti dei negoziati con i governi comunisti sono stati oggetto di valutazioni discordanti soprattutto in relazione alle nomine ottenute. Secondo un luogo comune della critica all’Ostpolitik, la Santa Sede avrebbe commesso errori nella scelta dei vescovi, in sostanza perché i candidati non erano ferrei oppositori dei regimi. Ma la Santa Sede aveva obiettivi pastorali, non politici. Non desiderava vescovi che d’ufficio facessero i dissidenti, mettendo la politica al centro della loro attività, bensì uomini che fossero dei pastori. Un candidato andava valutato per aderenza al Vangelo e semmai per fedeltà a Roma. Occorrevano uomini spirituali, non personaggi con attitudini gladiatorie sulla scena pubblica. Lo stesso Giovanni Paolo II, giustamente celebrato come il vincitore del comunismo, non giudicava i candidati all’episcopato col metro del loro atteggiamento politico, anche se certamente non voleva candidati collaborazionisti dei governi. Un buon vescovo lo si vedeva dall’azione pastorale, non dalle esternazioni contro i regimi, pur necessarie all’occorrenza. I risultati dell’Ostpolitik erano scarsi, i negoziati erano ardui, i governi applicavano gli accordi in maniera parziale e infedele, ma intanto alcuni vescovi erano nominati, contatti erano riallacciati con preti e presuli di cui si era persa traccia, una comunione riprendeva attraverso la «cortina di ferro», ecclesiastici perseguitati venivano liberati e amnistiati. Si era molto lontani dalla libertà religiosa, ma il deperimento delle Chiese era rallen- tato. La Santa Sede non aveva altre risorse che la diplomazia e il diritto, oltre alla fede e alla speranza. La forza del diritto Casaroli era consapevole di poter contare solo sulla «forza debole» di cui parla san Paolo. Osservava nel 1973 a New York, innanzi al Council on Foreign Relations: «Non possiamo non riconoscere che il margine di possibilità [negoziale] è ridottissimo e che la logica stessa del sistema, per la sua componente ideologica e per le sue caratteristiche di “totalità”, tende piuttosto a ridurlo, se non addirittura a sopprimerlo. D’altra parte si tratta di uno sforzo doveroso. Né pare che lo si debba considerare senz’altro “disperato”. Si tratta di un compito storico di grande respiro, e va affrontato con il coraggio e l’apertura mentale che sono indispensabili quando della storia non si vuole e non si deve essere soltanto spettatori e vittime, ma, nei limiti del possibile, forgiatori». Se questo era lo scenario della diplomazia, quanto alle scienze giuridiche vorrei invece ricordare come i negoziati fossero intesi a costruire una tutela legale per le comunità cattoliche e i singoli fedeli. Casaroli sapeva che nella logica totalitaria dei regimi il fine giustificava i mezzi, tuttavia notava come eventuali accordi, una volta di pubblico dominio, non potevano essere violati senza suscitare comunque una riprovazione dell’opinione internazionale e una perdita di prestigio e legittimità. Per questo il diritto aveva valore per sé stesso. Vale la pena ricordare un episodio al riguardo. La partecipazione della Santa Sede al processo di Helsinki fu oggetto di molte esitazioni. Dai tempi del Congresso di Vienna la Santa Sede non partecipava a un’assise politica multilaterale. Inoltre l’articolo 24 del Trattato del Laterano del 1929 la impegnava a rimanere «estranea alle competizioni temporali tra gli altri stati e ai congressi internazionali indetti per tale oggetto». L’articolo era da interpretare secondo le circostanze. In ogni caso, Paolo VI e Casaroli intravidero nella Conferenza paneuropea una felice chance di riunificazione del continente e di affermazione delle libertà fondamentali entro il blocco sovietico, sulla base di un discorso che era soprattutto giuridico, e per questo accettarono il rischio politico. Come disse il papa a Casaroli: «La Conferenza può essere politica, ma si pone essenzialmente sul piano giuridico e dei principi, sul quale anche la Santa Sede è competente a titolo speciale. E quando il diritto è riconosciuto, anche se poi non è osservato, il diritto ha forza in sé». Era peraltro il mestiere di Casaroli l’ancorare il più possibile il diritto alla storia e alla politica. Lo si vede nel ventaglio di diverse soluzioni esperite nell’Ostpolitik. Le intese raggiunte differivano da governo a governo. Casaroli era fermo nel concedere solo nella misura in cui otteneva. Soltanto con la Iugoslavia si giunse a stabilire relazioni diplomatiche vere e proprie, dopo un periodo di prova. Con gli altri stati non furono riallacciate relazioni diplomatiche, ma furono trovati modi originali di tenere aperte comunicazioni stabili. Come ogni intesa concordataria è unica, particolare, così ciascuna trattativa con governi dell’Est aveva tempi e formule proprie. A Casaroli va infine riconosciuto il rilancio dello strumento concordatario come garanzia di libertà della Chiesa per l’esercizio della propria missione universale. Nel periodo che data dalla sua nomina a segretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari nel luglio 1967 sino alle sue dimissioni da segretario di stato alla fine del 1990, saranno oltre cinquanta gli accordi bilaterali, le convenzioni, i concordati e i protocolli sottoscritti su varie tematiche dalla Santa Sede con nazioni di quasi tutti i continenti. Pietro Parolin* * Il card. Parolin, che da un anno circa è a capo della Segreteria di stato della Santa Sede, ha pronunciato questo intervento al convegno «Agostino Casaroli: lo sguardo lungo della Chiesa», organizzato a Piacenza il 21-22 novembre scorsi dall’Università cattolica del Sacro Cuore in occasione del centenario della nascita del cardinale. Al convegno sono intervenuti anche: il card. G.B. Re; i vescovi G. Ambrosio, C. Giuliodori e J.O. Ruiz Arenas; i proff. G. Dalla Torre, G. Feliciani, F. Margiotta Broglio, C. Mirabelli, R. Morozzo della Rocca, A. Riccardi, G.M. Vian. Riprendiamo le parole del card. Parolin secondo lo stralcio pubblicato su L’Osservatore romano il 23.11.2014. Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 773 Diplomazia t I l comunicato con il quale la Segreteria di stato vaticana saluta la decisione dei governi degli Stati Uniti d’America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche è piuttosto scarno, ma essenziale. Da esso trapela il lavoro di mediazione intenso, diretto che papa Francesco e la diplomazia della Santa Sede hanno svolto per arrivare a questo risultato: «Nel corso degli ultimi mesi, il santo padre Francesco ha scritto al presidente della Repubblica di Cuba, il sig. Raúl Castro, e al presidente degli Stati Uniti, il sig. Barack H. Obama, per invitarli a risolvere questioni umanita- Cuba e gli USA odos americanos I « b u o n i o f f i c i » v a t i c a n i e i l f a t t o r e Fr a n c e s c o rie d’interesse comune, tra le quali la situazione di alcuni detenuti, al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra le due parti. La Santa Sede, accogliendo in Vaticano, nello scorso mese di ottobre, le delegazioni dei due paesi, ha inteso offrire i suoi buoni offici per favorire un dialogo costruttivo su temi delicati, dal quale sono scaturite soluzioni soddisfacenti per entrambe le parti» (17 dicembre 2014). La lunga mediazione Dunque, a seguito dell’incontro di Obama con Francesco, a Roma, nel marzo scorso, la questione umanitaria 27 marzo 2014: Barack Obama incontra papa Francesco. 774 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 del funzionario americano Alan Gross, arrestato cinque anni fa, è diventata l’occasione dalla quale provare a fare ripartire il dialogo. Poi ci sono stati colloqui tra il Vaticano e le diplomazie dei due paesi (la presenza del segretario di stato americano Kerry in Vaticano in almeno due occasioni ne è una traccia), fino a ospitare incontri diretti tra le delegazioni delle due parti. L’amministrazione americana, in particolare proprio con il segretario di stato succeduto a Hillary Clinton, il cattolico John Kerry, si è appoggiata alla diplomazia vaticana, la quale, avendo cercato da sempre il dialogo con il regime castrista, nel tempo aveva progressivamente migliorato i rapporti con Cuba. La Santa Sede ha sempre avuto uno sguardo attento alla situazione cubana, all’interno del suo disegno di Ostpolitik. Senza tornare al ruolo svolto da Giovanni XXIII durante la crisi della Baia dei Porci, basti ricordare che l’isola caraibica fu la meta di uno dei viaggi storici di Giovanni Paolo II, nel 1998. Quella visita di papa Wojtyla significò l’avvio di un riconoscimento reciproco tra la Chiesa cattolica e lo stato cubano, riconoscimento che mirava non solo alla sopravvivenza della Chiesa nell’isola, ma anche alla cooperazione nella gestione della lenta fuoriuscita dal regime castrista. Giovanni Paolo II rimase colpito dal linguaggio di Fidel Castro, non privo di punti comuni con quello della Chiesa. E se il viaggio in Nicaragua del 1983 aveva prodotto nel papa polacco una generale chiusura nei confronti dell’America Latina, il viaggio a Cuba, paradossalmente, ne aveva riaperto la visione. Già allora, dal suo ufficio presso la sezione per i Rapporti con gli stati della Segreteria di stato, mons. Parolin aveva seguito la preparazione della visita papale. Ma un ruolo decisivo nella costruzione di quel viaggio storico lo ebbe il card. Etchegaray. Lo testimonia il fatto che Fidel Castro gli regalò un presepe, simbolo della restituzione della festa natalizia che proprio il dittatore cubano aveva, negli anni successivi alla rivoluzione, abolito. Benedetto XVI, a sua volta, visitò l’isola nel 2012. Incontrò Fidel, ma soprattutto il fratello Raúl, divenuto presidente di Cuba nel 2008. Il viaggio di papa Benedetto era stato gestito dall’allora segretario di stato, card. Tarcisio Bertone, che si recò anticipatamente a Cuba, e preparato dai suoi due vice in Segreteria di stato, il segretario per i Rapporti con gli stati Dominique Mamberti, che a sua volta aveva visitato l’isola caraibica, e il sostituto agli Affari generali, mons. Angelo Becciu, che a Cuba era stato nunzio apostolico. Non meno decisivo il ruolo dell’allora mons. Parolin, che dal 2009 era stato nominato (potremmo dire esiliato) nunzio apostolico in Venezuela: un luogo decisivo per comprendere le fragilità economiche, sociali e politiche dell’intera area. Dopo la fine dell’URSS, il Venezuela di Hugo Chávez era diventato l’unico sostegno economico del regime castrista. Puntello oggi messo a grave rischio per la crisi del prezzo del petrolio e per le forti difficoltà nelle quale versa lo stesso Venezuela. Un ruolo di testimonianza fondamentale lo ha sempre svolto la Chiesa locale, come anche di recente ci ha raccontato mons. Juan de Dios Hérnandez Ruiz, vescovo ausiliare de L’Avana e segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici di Cuba (nel contesto di una più ampia intervista al presidente mons. García Ibañez; cf. Regno- att. 20,2014,730). A pubblicare gli appunti che il card. Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, aveva preparato per il suo intervento nelle congregazioni generali prima del Conclave che lo elesse papa fu, per dire della familiarità dei rapporti con la Chiesa cubana, l’arcivescovo de L’Avana, Jaime Lucas Or- tega y Alamino. è allo stesso arcivescovo che si devono le trattative più delicate tra la Chiesa e il regime, anche per scopi umanitari. Quale panamericanismo? Gli Stati Uniti d’America aprono a Cuba, ristabiliscono le relazioni diplomatiche con L’Avana che erano state interrotte nel 1961 in seguito alla rivoluzione di Fidel Castro. Il disgelo matura «in quarantacinque minuti di colloquio tra Barack Obama e Raúl Castro», rivela la Casa Bianca. «Negoziati rapidi, per una riapertura dell’ambasciata USA in tempi stretti», è l’incarico che Obama affida al suo segretario di stato Kerry. Con un occhio ai diritti umani, che sarà più facile sostenere abbattendo il muro dell’isolamento. Obama inizia anche a smantellare l’edificio delle sanzioni: saranno immediatamente più facili i viaggi e le transazioni finanziarie, le comunicazioni, l’export dagli USA, la cancellazione di Cuba dalla lista dei paesi fiancheggiatori del terrorismo. Si va verso la conclusione formale di un embargo che si è dimostrato inefficace e dannoso per entrambe le parti. Ma per questo Obama avrà bisogno del voto del Congresso. E qui l’esito, nel biennio elettorale delle presidenziali, non è scontato. «Da oggi cambiano i rapporti tra il popolo americano e quello cubano. Si apre un capitolo nuovo nella storia delle Americhe», ha detto Barack Obama, dando lo storico annuncio. Si chiude una crisi durata 53 anni e che ha conosciuto alterne vicende di significato internazionale, anche di tipo simbolico: dal mito di Che Guevara alla prova nucleare tra USA e URSS sull’istallazione dei missili a Cuba, dall’epopea tragica dei Kennedy ai lunghi anni del logoramento. L’annuncio in diretta televisiva del presidente Obama, concluso con quella frase destinata a restare nella storia: «Todos somos americanos», segna la ripresa di una politica panamericana che ha avuto declinazioni diverse. Il progetto d’integrazione delle Americhe, che è stato una delle stelle polari della politica estera americana, ha conosciuto interpretazioni persino opposte se si pensa alla dottrina Monroe (l’America agli americani) o alla strategia di buon vicinato formulata da Franklin Delano Roosevelt, alla creazione dell’Organizzazione degli stati americani (OSA) da parte di Truman o all’Alleanza per il progresso di Kennedy, fino ai vertici delle Americhe convocati da Clinton a partire dal 1992. Come gli USA possano riprendere una leadership nelle Americhe e di che leadership si tratti è questione tutta da scoprire. Certo, dopo gli scandali delle torture praticate dalla CIA, l’America rischia di smarrire il concetto di sé come idealità e non solo come potenza. E la giustificazione della sua potenza è legata a quella idealità. Anche di questo Kerry ha parlato il 15 dicembre scorso in Vaticano. A due anni dalla sua elezione, papa Francesco ha avviato un’intensa azione internazionale a favore della pace, rilanciando il ruolo stesso della diplomazia della Santa Sede. Lo testimonia la geografia dei viaggi effettuati: in Medio Oriente, in Turchia, in Sud Corea, in Brasile, in Albania, in Francia (Europa). Tra un mese andrà in Sri Lanka e nelle Filippine e in autunno negli Stati Uniti. Non è un pontificato politico, il suo, ma ha ben chiara la geopolitica del nostro tempo, così da poter affrontare il nodo decisivo per la Chiesa e per l’umanità dell’annuncio della pace. Che quella visione promani e sia frutto di un’interpretazione legata all’emisfero Sud appare un dato carico di conseguenze. Come per il confronto tra Wojtyla e l’Est europeo aveva giocato in modo decisivo il dato della provenienza del papa dalla Polonia, così, in questo caso specifico, lo storico arrivo di un cardinale argentino sul soglio di Pietro ha certamente impresso un’accelerazione alla questione dei rapporti tra USA e Cuba. Dopo il successo di questa iniziativa, cambia anche il profilo di Francesco negli Stati Uniti. E il prossimo viaggio di Francesco si fa più interessante, carico di possibilità. Un papa latinoamericano, che George Bush aveva apertamente contrastato, pranzando con i cardinali nordamericani alla vigilia del Conclave del 2005, oggi appare come provvidenziale proprio per una nazione in profonda crisi e in difficoltà come gli Stati Uniti d’America. In fondo, «todos somos americanos». Gianfranco Brunelli Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 775 S tat i U n i t i g S ono trascorsi 50 anni dal Civil Rights Act del 1964 che rimosse il sostegno della legge alla discriminazione dei cittadini americani sulla base della razza, colore, religione, sesso od origine nazionale. Ma il razzismo è ben lungi dall’essere stato eliminato dalla società americana. Negli ultimi mesi e anni i media (e i social media prima di tutto) hanno portato alla luce una lunga serie di uccisioni di giovani afroamericani da parte di bianchi – vigilantes privati e poliziotti in servizio: un arco iniziato con l’uccisione di Trayvon Martin da parte di un privato cittadino in Florida nel febbraio 2012 e culminato con i casi di Michael Brown in Missouri e di Eric Garner a New York, entrambi uccisi da poliziotti nell’estate del 2014. In questi ultimi due casi i responsabili non hanno dovuto affrontare neppure un processo: infatti nel sistema americano è un grand jury che decide se le accuse e le circostanze sono tali da rendere necessario il processo. La cosa sconvolgente è che la violenza su Eric Garner è stata integralmente ripresa in video. Nelle grandi città americane si sono avute tra fine novembre e metà dicembre manifestazioni di protesta di rara intensità. Barack Obama, il primo presidente nero degli Stati Uniti, ha dovuto celare il suo evidente stato di shock nelle imbarazzate, ormai rituali dichiarazioni dalla Casa Bianca che seguono questi verdetti di assoluzione preventiva emessi al posto di un processo vero e proprio. 776 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Te o l o g i c a t t o l i c i iustizia razziale La polizia è violenta, i neri ne sono vittime L’8 dicembre 2014, dunque a metà del secondo mandato di Obama, è stata pubblicata una Dichiarazione dei teologi cattolici sulla giustizia razziale, firmata da alcune centinaia di docenti (laici e non) nella vastissima rete di scuole e università cattoliche americane. La lista dei nomi raccoglie il meglio della teologia cattolica americana dalle università di ogni tipo, orientamento e provenienza geografica. Primo firmatario nonché estensore del documento è Tobias Winright (Mäder Chair of Health Care Ethics alla Saint Louis University, dei gesuiti), teologo moralista specializzato in questioni di giustizia sociale e violenza (e con un passato di appartenenza alle forze di polizia). In primo piano tra i firmatari vi è anche il teologo afroamericano cattolico più influente oggi, Bryan Massingale (Marquette University, anch’essa dei gesuiti).1 Il documento si apre con la presa d’atto che l’Avvento 2014 è attraversato da una situazione di tensione. La venuta di Gesù Cristo promette lo shalom (Lc 2,14): ma «la speranza per una pace giusta deve confrontarsi con i flagranti fallimenti di una nazione ancora schiava del peccato, avvolta e complice in una situazione di ingiustizia razziale». La dichiarazione evoca Martin Luther King e le sue Lettere dal carcere di Birmingham (1963): «King sfidò i cristiani “bianchi moderati” che sono più devoti dell’ordine che della giustizia, e che preferiscono una pace negativa, che è assenza di tensione, a una pace positiva che è presenza di giustizia. Questa sfida per la comunità dei cristiani bianchi è rilevante oggi come lo era 50 anni fa». Razzismo e inequità Segue una lunga citazione della Evangelii gaudium di papa Francesco: «Oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè l’ingiustizia, tende a espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamente le basi di qualsiasi sistema politico e sociale, per quanto solido possa apparire» (n. 59; Regno-doc. 21,2013,653). La seconda parte della dichiarazione procede per punti. I firmatari si impegnano a esaminare la loro stessa complicità con un sistema sociale ancora vittima del razzismo, e in particolare ancora caratterizzato dall’idea di una superiorità dei bianchi e di un’inferiorità dei neri; alla pratica penitenziale del digiuno nei venerdì di Avvento e Quaresima; a manifestare concreta solidarietà con i movimenti di protesta contro il razzismo in America. Un secondo punto riguarda il rapporto con la polizia: la dichiarazione chiede «un radicale ripensamento delle politiche di polizia» e delle linee guida per l’uso della forza letale da parte della polizia – per un ritorno al principio dell’uso della forza solo per legittima difesa – e una maggiore trasparenza e accountability da parte delle forze dell’ordine. Un altro punto propone una discussione del conflitto d’interesse esistente tra procuratori e dipartimenti di polizia, alla luce del fallimento dei grand jury nel portare a processo poliziotti chiaramente colpevoli di eccessi nell’uso della forza e delle armi. La dichiarazione auspica anche la convocazione di una «Truth and Reconciliation Commission» che esamini la questione della giustizia razziale in America, prendendo ad esempio il precedente (2004) della «Truth and Reconciliation Commission in North Carolina». Infine, la dichiarazione chiama i vescovi a farsi portavoce di una testimonianza da parte della Chiesa cattolica contro il razzismo: è necessaria una rivisitazione di documenti ufficiali, ormai datati, sul razzismo e una loro riproposizione nelle parrocchie, diocesi e seminari. La dichiarazione dei teologi va letta nel contesto sociale americano. I recenti avvenimenti a danno di giovani di colore sono particolarmente gravi, ma non sono eccezionali dal punto di vista statistico. I dati disponibili dicono che la popolazione di colore è soggetta alla violenza della polizia in misura enormemente maggiore del resto degli americani (specialmente dei bianchi), e che la polizia è raramente chiamata a rendere conto dell’uso della violenza, anche di quella letale, in modo particolare quando le vittime sono afroamericane (in molti casi teenager, talvolta anche bambini) e i poliziotti sono bianchi. L’altra faccia di un establishment legale dai tratti razzisti è poi il sistema giudiziario americano, che persegue, incarcera, condanna a morte (negli stati in cui è legale) gli afroa- mericani in misura sproporzionatamente maggiore rispetto al resto della popolazione. Le responsabilità dei cattolici In tutti gli stati-nazione avvolti dalla crisi del welfare state in Occidente, una delle caratteristiche dominanti è la militarizzazione del controllo sociale. Questo è particolarmente vero negli Stati Uniti. Negli ultimi anni in America le tecniche di polizia si sono sempre più militarizzate, anche a livello locale e non solo federale: certamente frutto della possibilità di utilizzare gratuitamente l’arsenale militare costruito nella paranoia seguita agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, ma anche conseguenza di una svolta «Law and order» che iniziò negli anni Settanta-Ottanta, culminò con la presidenza Clinton e si è intensificata in tutte le presidenze successive (tra il 1973 e il 2007 la popolazione carceraria è aumentata di cinque volte).2 Tuttavia, la vera differenza tra l’America e altri paesi è la permanente rilevanza del colore della pelle e dello status socio-economico quando si ha di fronte l’apparato repressivo e il potere giudiziario. La presidenza Obama ha coinciso con una rinnovata presa di coscienza delle disparità tuttora esistenti – e crescenti – tra le diverse componenti della società americana: in particolare le diverse componenti razziali («razza» è un termine che in America, al contrario che in Europa, non è scomparso dal vocabolario). È ormai evidente che ogni gruppo razziale negli Stati Uniti sta percorrendo un certo cammino sulla scala sociale: i latinos e gli asiatici salgono, gli afroamericani continuano a scendere e i bianchi di discendenza europea resistono dovendo fronteggiare il declino demografico del loro gruppo. I cattolici hanno, come tutti gli altri cittadini americani, qualcosa di cui rendere conto rispetto a questa involuzione della società americana. La Chiesa cattolica negli Stati Uniti è la singola Chiesa più grande (e la somma di tutti gli ex cattolici americani formerebbe il secondo gruppo religioso del paese per numero). Nel corso degli ultimi decenni, inoltre, i cattolici americani hanno asceso la scala sociale, anche in Parlamento e nel sistema giudiziario (attualmente 6 giudici su 9 della Corte suprema federale sono cattolici). Nella crisi morale e giuridica aperta dall’11 settembre 2001 e dalla war on terror, i cattolici americani sono stati in prima linea, sia dalla parte degli oppositori (i teologi e gli attivisti cattolici, un po’ meno i vescovi) della creazione di un national security state dai tratti orwelliani, sia dalla parte degli ideologi e creatori di questa autorappresentazione degli Stati Uniti (parte significativa dei cervelli assunti dalle presidenze Bush e Obama nelle stanze del potere giudiziario, militare, repressivo e dell’intelligence sono cattolici). La pubblicazione, il 9 dicembre 2014, del rapporto del Senato sulle attività della CIA (specialmente le torture) ha poi riproposto la questione delle responsabilità morali dei cattolici di fronte a un paese in cui lo stato di diritto è diventato un principio soggetto a una lunga serie di eccezioni.3 La Chiesa e la teologia cattolica americana condividono con il resto della tradizione della «religione civile» americana un calvinismo spurio che inquadra e relativizza la questione del potere dello stato all’interno della soteriologia. La riflessione teologica sulla questione della violenza legalizzata e sul potere coercitivo dello stato è appena iniziata.4 Massimo Faggioli 1 Pubblicata sul sito Catholic Moral Theology (http://catholicmoraltheology.com). Alla data del 14.12.2014 le firme erano 388. Il sottoscritto, docente in una università cattolica americana, non potuto firmare in quanto non cittadino americano, possessore di una «green card». 2 Cf. National Research Council, rapporto The Growth of Incarceration in the United States. Exploring Causes and Consequences, a cura di J. Travis, B. Western, S. Redburn, National Academies Press, 2014. 3 Nel maggio 2012 la Franciscan University of Steubenville, una delle università cattoliche più tradizionaliste del paese, conferì a Michael Hayden, già direttore della CIA, un dottorato onorario. È iniziata una campagna per chiedere all’università di ritirare quella onorificenza. 4 Cf. W. Cavanaugh, Torture and Eucharist: Theology, Politics, and the Body of Christ, Blackwell, Oxford 1998; G. Schlabach (a cura), Just Policing, Not War: An Alternative Response to World Violence, Michael Glazier, Collegeville 2007; A. Levad, Redeeming a Prison Society: A Liturgical and Sacramental Response to Mass Incarceration, Fortress, Minneapolis 2014. Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 777 A m e r i c a L at i n a è S econdo i risultati di una ricerca realizzata dall’agenzia statunitense Pew Research Center in 18 paesi del continente, il fenomeno dell’abbandono del cattolicesimo da parte di vasti settori della popolazione latinoamericana è massiccio, di portata epocale. L’84% degli adulti interpellati dichiara di aver ricevuto un’educazione cattolica dai propri genitori; ma solo il 69%, oggi come oggi, continua a professarsi cattolico. L’esodo prende la via delle confessioni protestanti di ultima generazione, tra cui spicca il movimento pentecostale. Il 19% della popolazione latinoamericana si dichiara evangelica, ma solo il 9% è nata nell’alveo della fede protestante. Il 68% dei protestanti del Paraguay, il 66% in Perù e il 54% in Brasile proviene dalla Chiesa cattolica. Pew Research suonata una sveglia Il passaggio dai cattolici agli evangelici analizzato dal prof. Guzmán Carriquiry Il fenomeno della «protestantizzazione cattolica» è comune in tutto il subcontinente, con percentuali che vanno dal 74% della Colombia al 15% di Panama. In Brasile, un quinto degli evangelici attuali era cattolico e si distribuisce oggi tra le centinaia di denominazioni evangeliche che pullulano in lungo e in largo all’interno delle frontiere della grande nazione sudamericana di lingua portoghese. Quali sono le ragioni? Gli ex cattolici hanno risposto che le congregazioni evangeliche garantiscono un senso più forte di appartenenza e di relazione personale con Gesù Cristo. «L’America Latina ospita più di 425 milioni di cattolici – scrive il Pew Research Center –, circa il 40% del totale dei cattolici del mondo, e la Chiesa cattolica ha un papa latinoamericano per la prima volta nella sua storia bi- Evoluzione dell’appartenenza religiosa in America Latina: 1910-2014. 100 % 94 92 94 80 Cattolici 69 60 40 Protestanti 19 20 3 4 1950 1970 1 0 1910 Fonte: Pew Research Center 778 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 Senza appartenenza 8 2014 millenaria. Tuttavia, l’identificazione con il cattolicesimo è declinata in tutta la regione», a dispetto dell’immagine positiva di cui il papa sudamericano gode oltreoceano. A tutta prima, dati certamente sorprendenti. Il prof. Guzmán Carriquiry Lecour, segretario incaricato della vicepresidenza della Pontificia commissione per l’America Latina, esamina attentamente i risultati della ricerca. «Benvenuti siano i sondaggi e le inchieste statistiche sull’appartenenza e i comportamenti religiosi in America Latina. Coprono un vuoto che molte Chiese non si sono mostrate interessate o capaci di affrontare». − Qual è la sua prima reazione alla lettura di questi dati? «Non dubito della serietà scientifica del Pew Research Center, ma ho letto che i risultati di questa ricerca si basano su 30.000 interviste ad adulti in tutti i paesi dell’America Latina, con l’eccezione di Cuba e l’inclusione di Puerto Rico. 30.000 interviste in 19 paesi che hanno, grosso modo, una popolazione di un po’ meno di 600 milioni di abitanti! Mi sembra troppo ottimista il margine di errore fra il 3% e il 4% che segnalano gli autori del sondaggio. Ma se anche fosse così le conclusioni potrebbero essere altre. Il New York Times si è affrettato a titolare: “L’America Latina sta perdendo la sua identità cattolica”. Io consiglierei di consultare, allo stesso tempo, un ottimo rapporto della Corporación Latinobarómetro, pubblicato il 16 aprile 2014 a Santiago del Cile, su “Le religioni ai tempi di papa Francesco”, che ha sintetizzato una vasta mole di materiali di tutti i paesi latinoamericani. Ci sono non poche concordanze con le statistiche del Pew Research Center, ma le conclusioni sono che “il cattolicesimo è più resistente rispetto alle apparenze”». Verso gli evangelici del revival − Se la ricerca del Pew Research conferma che Francesco gode di un’immagine positiva tra i latinoamericani, evidenzia pure che il flusso «cattolico» verso le Chiese evangeliche non si arresta. È così? «Secondo il Pew Research, tra il 1970 e il 2014, i cattolici sono passati dal 92% al 69% della popolazione latinoamericana. Se si tiene presente che dal 1910 al 1970 il “peso” dei cattolici è passato dal 94% al 92%, è evidente che negli ultimi decenni c’è stata una forte accelerazione nella loro diminuzione. Allo stesso tempo la ricerca segnala che tra il 1970 e il 2014 la percentuale dei “protestanti” è passata dal 4% al 19%. Questo flusso è evidente, ma mi sembra sproporzionato e forse esagerato affermare che quasi 1 su 5 latinoamericani sia di affiliazione “protestante”». − Che riflessioni le suggerisce questa situazione? «Una prima è ben posta dal rapporto della Corporación Latinobarómetro: l’America Latina ha vissuto negli ultimi decenni movimenti migratori impressionanti verso le città, una crescita disordinata e squilibrata dell’urbanizzazione, un’incorporazione sempre più accentuata alla cultura globale e alla rivoluzione delle comunicazioni; allo stesso tempo, dal 2003 ha vissuto il periodo più prospero della sua storia, che ha trasformato la vita e i consumi di più di 70 milioni di abitanti facendoli uscire dalla fascia della povertà per incorporarli ai nuovi ceti medi popolari. Eppure questi fenomeni di grande portata non hanno provocato una massiccia corrente secolarizzatrice. Soltanto l’8% dei latinoamericani si dichiara agnostico o ateo. Se ai “cattolici” si sommano i “protestanti” arriviamo a un’altissima percentuale di “cristiani” (simile a quella dei “cattolici” del 1910). L’equazione ideologica “sviluppo economico-urbanizzazione-istruzione-secolarizzazione” non dà gli esiti previsti dalle teorie della modernizzazione». − Ciò non relativizza l’auge protestante… «Il termine “protestante” è molto ambiguo, non solo teologicamente, ma anche riferito concretamente a questa crescita in America Latina. Le denominazioni classiche del protestantesimo (luterani, calvinisti, anglicani, presbiteriani, metodisti, ecc.) continuano a costituire piccolissime minoranze in America Latina, in crescita soltanto quando ci sono tra di loro comunità di “revival evangelico”. La stragrande maggioranza della crescita “protestante” si concentra nelle comunità che procedono da questo revival, prima negli Stati Uniti e poi nell’America Latina. Tra di loro si trovano comunità che si richiamano agli “evangelicali”, ai “neo pentecostali”, alle “assemblee di Dio”, ai “battisti”, agli “avventisti”, ecc., in una miriade di comunità “autonome”, spesso senza legami le une con le altre». − Con aree geografiche privilegiate? «Le più forti migrazioni dei cattolici verso queste comunità avvengono nei paesi dell’America Centrale. In pochi anni “cattolici” e “protestanti” saranno alla pari in Guatemala; il Pew Research indica che la Chiesa cattolica ha perso 30 e 29 punti percentuali dal 1970 al 2014 in Nicaragua e Honduras. Sono cifre impressionanti. Ma in Messico i cattolici hanno registrato una lieve crescita durante gli ultimi decenni e nel Sudamerica ispanoamericano una flessione assai contenuta. Preoccupa certamente il Brasile, con 15 punti percentuali di flessione, ma ci sono segni che indicano che questa flessione è molto diminuita negli ultimi dieci anni (grazie anche alla straordinaria fioritura delle correnti cattoliche dei carismatici). Preoccupa la flessione del Cile negli anni recenti, dove gli scandali provocati dai crimini di uomini di Chiesa le hanno fatto perdere credibilità in vasti settori della borghesia e dei ceti medi (Latinobarómetro, al contrario, rileva che questi scandali hanno avuto scarso influsso tra i cattolici degli altri paesi latinoamericani)». Una risposta a portata di mano «C’è poi un dato – prosegue il prof. Carriquiry – che la Corporación Latinobarómetro aggiunge e che a mio pa- rere è assai significativo: i “cattolici” aumentano nella misura in cui aumenta il livello educativo, passando dal 64% nell’educazione di base al 72% nell’educazione superiore, mentre i “protestanti” diminuiscono con la crescita educativa dal 22 al 10%. Quale cambiamento avrà più peso nell’avvenire: il cambio di età che favorisce gli “evangelici” o la crescita dei livelli educativi che favorisce i “cattolici”?». − In che cosa consiste l’“attrattiva” delle Chiese evangeliche rispetto al cattolicesimo? «Penso che le comunità evangeliche siano cresciute maggiormente nei luoghi della convivenza dove c’è stata una certa assenza, anche “fisica”, della Chiesa cattolica: in povere periferie urbane, in nuovi quartieri dalla crescita edilizia sregolata, in alcune zone di campagna e di montagna, in comunità indigene. I loro abitanti hanno trovato la vicinanza di queste comunità, che s’insediavano con grande semplicità e si moltiplicavano velocemente, grazie a una prassi agile e di breve durata nella formazione dei “pastori” e anche in virtù della loro tenace mobilità. Assistere ai loro culti nel garage convertito in tempio, molto vicino a casa, nel quartiere, risulta più agevole che percorrere chilometri sino ad arrivare alla parrocchia cattolica più vicina. La sete religiosa trovava così una risposta a portata di mano. Poco si è fatto in tante realtà della Chiesa cattolica per essere, di fatto, presenti nei nuovi luoghi di mobilità e d’insediamento, e per rilanciare una presenza in quelli più lontani ed emarginati. Inoltre, pesa la sempre maggiore scarsità di sacerdoti in relazione alla crescita della popolazione. Nelle grandi città la Chiesa cattolica è soprattutto presente nei ceti medi urbani; manca quella preferenza delle periferie, come l’ha promossa l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio con la sua “pastoral de las villas”. E così, nonostante la continua reiterazione della scelta preferenziale per i poveri, vasti settori dei poveri finiscono per preferire le nuove comunità “evangeliche”». − A fronte di un’alta percentuale positiva (54%), in Guatemala il 17 % non approva l’operato del papa argentino. Quali possono essere le riserve profonde nei confronti di Francesco? Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 779 Ragioni che motivano l’abbandono della Chiesa cattolica Per quale ragione importante non siete più cattolici? % degli ex-cattolici Ricerca di una relazione personale con Dio 81 Apprezzamento per lo stile delle celebrazioni nelle nuove Chiese 69 Desiderio di un’enfasi maggiore sulla morale 60 Le nuove Chiese aiutano maggiormente i loro membri 59 Impegno sociale delle nuove Chiese 58 Problemi personali 20 Ricerca di un futuro finanziariamente più sicuro 14 Matrimonio con un partner non cattolico 9 Fonte: Pew Research Center «Mi sorprende quel 17% di disapprovazione in Guatemala. Non credo affatto che rappresenti la quinta parte dei latinoamericani. Latinobarómetro registra come molto alta e crescente la credibilità della Chiesa cattolica in questi due anni di pontificato. La stragrande maggioranza dei cattolici latinoamericani sono lieti, fieri ed entusiasti del pontificato di papa Bergoglio. Credo che la percentuale degli “sconcertati”, resistenti e critici, che si sommano a piccoli nuclei di ultra-tradizionalisti, sia molto scarsa. Certo, sia le pubblicazioni degli ultra-tradizionalisti e reazionari sia la stampa liberal lontana dalla tradizione cattolica tendono a diffondere un’immagine falsata del pontefice a proprio uso, consumo e propaganda». Senza aspettare l’«effetto Francesco» − Esiste, secondo lei, una strada percorribile affinché possa realizzarsi un’inversione di tendenza nel flusso delle adesioni cattoliche ai movimenti evangelici? O questa inversione di tendenza è già in atto e si manifesterà in tempi che le statistiche registreranno tra diversi anni? «Già dall’inizio di questo secolo molti hanno avvertito un flusso decrescente nell’espansione proselitista delle comunità evangeliche. Inoltre, né il Pew Research né la Corporación Barómetro hanno potuto ancora registrare l’“effetto Francesco” nella vita dei latinoamericani e nell’evoluzione dei loro comportamenti religiosi. Molti pastori cattolici mettono in rilievo il fatto di in- 780 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 contrare più gente nelle messe domenicali, nelle code presso i confessionali, nelle processioni e in altre manifestazioni di pietà popolare. Non mancano tante singole conversioni. Il manifesto sbandierato da alcuni fedeli durante il passaggio di papa Francesco nelle strade di Rio di Janeiro –“sono evangelico ma amo il papa” – può essere il segno di un possibile ritorno di tanti verso la Chiesa cattolica. Soltanto qualche giorno fa è stato reso pubblico il risultato di un sondaggio intrapreso dalla Pontificia università argentina: nell’ultimo trimestre del 2013, su un campione di 5.698 famiglie nel paese, l’87% si dichiarava cattolico; il rapporto del Pew Research, invece, registrava che soltanto il 71% degli argentini consultati si dichiarava tale. Questa notevole differenza si deve certamente all’“effetto Francesco”. Tuttavia, onestamente, è troppo presto per poterlo verificare; resta il fatto che sia senza dubbio un tempo propizio e favorevole per la Chiesa cattolica in America Latina. Ed è un bene che questi sondaggi e ricerche statistiche suonino almeno come una sveglia, in primis per i pastori e i loro collaboratori in tutte le Chiese locali. Non si può, di fatto, continuare a vivere di presunte rendite di tradizione e di posizione, laddove si soffrono processi di auto-secolarizzazione nella Chiesa. Bisogna, da una parte, saper comprendere gli aspetti positivi delle comunità evangeliche e andare oltre lo scambio di accuse vecchio e superfluo: “Voi siete la mano lunga dell’imperialismo ameri- cano, fate marketing religioso, siete fondamentalisti e settari, sostenitori di un proselitismo aggressivo e ingannevole”, e ancora: “Voi non siete veri cristiani, ma mantenete il popolo in un mix di superstizioni e arretratezza”; occorre altresì imparare a stabilire rapporti di dialogo e di amicizia tra seri interlocutori. D’altra parte, bisogna compiere un serio esame di coscienza su tutti i limiti e le carenze relative all’educazione cristiana – investire molto più nella formazione cristiana del popolo, sulla base dei pilastri fondamentali della sua identità cattolica: la sacramentalità della Chiesa e il Corpus Domini, la maternità di Maria santissima e la venerazione per il successore di Pietro – e alla fragilità di un senso di appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa. Il popolo cattolico deve crescere nella consapevolezza e responsabilità di essere un popolo di discepoli-missionari. Direi anche, e trovo questo fondamentale, che alla riforma del papato – papa Francesco parla spesso di “conversione” – si accompagni una riforma dell’episcopato, una sincera conversione dei ministri della Chiesa. Non possiamo accontentarci di continuare a fare le stesse cose allo stesso modo. La “missione continentale” non può ridursi a retorica ecclesiastica o a programma aggiunto. Deve essere il paradigma di tutta la vita delle nostre Chiese. Papa Francesco non si stanca di ripetere: “Educazione, educazione, educazione”, e al contempo: “Uscita” missionaria, che vuol dire andare incontro alla gente, casa per casa, quartiere per quartiere, ambiente per ambiente, cominciando dai più poveri e bisognosi, senza escludere nessuno. Nella convinzione che questa sia la più profonda e soddisfacente risposta ai desideri del cuore e alla cultura dei popoli, che anelano amore e verità, giustizia e felicità». a cura di Daniele Metelli* * Questo articolo è apparso originariamente il 28.11.2014 sul blog di Alver Metalli Terre d’America. News & Analisi dall’America Latina (www.terredamerica.com). Ringraziamo l’autore e l’editore per aver acconsentito alla sua pubblicazione su questo numero de Il Regno. Africa Kenya F Cadute le accuse ree at last, finalmente libero. Così, riecheggiando addirittura una celebre citazione di Martin Luther King, il quotidiano kenyano Daily Nation titolava il giorno dopo la notizia che il presidente della Repubblica, Uhuru Kenyatta, non era più sotto processo davanti alla Corte penale internazionale (CPI) per le violenze post-elettorali del 2007-2008. Ma l’accusa di essere stato uno degli istigatori degli scontri che provocarono almeno 1.000 morti e 600.000 sfollati, ha avvertito il 5 dicembre scorso la procuratrice Fatou Bensouda, non è cancellata, ma solo «sospesa». «Kenyatta – ha specificato Bensouda – non è stato assolto e il caso potrà essere riaperto o istruito in forma diversa» in futuro. Resta tuttavia la dichiarazione di sostanziale sconfitta della responsabile dell’accusa, che ha riconosciuto «l’impossibilità di provare le presunte responsabilità criminali di Kenyatta oltre ogni ragionevole dubbio». Un’impossibilità che Bensouda attribuisce, innanzitutto, alla mancata cooperazione del governo di Nairobi: questo in effetti non ha fornito i documenti richiesti dall’accusa per dimostrare il ruolo svolto da Kenyatta, come gli estratti conto e i tabulati telefonici dell’attuale presidente, che nel 2007 faceva campagna elettorale per il capo dello stato uscente, Mwai Kibaki. All’atteggiamento delle autorità di Nairobi la Procura della CPI ha attribuito anche la decisione – fondamentale nel portare all’annullamento del processo – di alcuni testimoni chiave di ritrattare le loro dichiarazioni e di non presentarsi in aula. «È chiaro che la lunga tradizione di impunità e di pressioni sui testimoni del Kenya ha rappresentato un ostacolo a un giusto processo davanti alla Corte penale internazionale», ha commentato nelle ore successive al verdetto anche Elizabeth Evenson, dell’organizzazione non governativa internazionale Human Rights Watch (HRW). «I giudici – ha aggiunto – hanno chiarito che l’inazione delle autorità kenyane ha compromesso la ricerca della giustizia: questo caso dovrebbe far partire una discussione su cosa possa fare il tribunale dell’Aja se in futuro i governi dei paesi coinvolti non coopereranno». In generale, HRW ha definito la decisione del 5 dicembre «una sconfitta per la giustizia». Altrettanto deluso l’avvocato delle vittime, Fergal Gaynor, che ha però esortato la procuratrice Bensouda a «non abbandonare» il caso e a individuare almeno i responsabili materiali delle violenze. Quando i teppisti vengono alla porta… Tuttavia c’è anche chi, celebrando la vittoria di Kenyatta, è tornato a mettere in questione il ruolo e l’autorità della Corte penale internazionale. È il caso del presidente ugandese Yoweri Museveni, pronto a ribadire l’accusa ai giudici di aver «preso di mira l’Africa» con le loro azioni. Museveni ha inoltre annunciato l’intenzione di presentare al prossimo vertice dell’Unione Africana una mozione per il ritiro di massa dalla CPI di quegli stati del continente che vi abbiano aderito, a meno che i giudici non rinuncino a mettere sotto inchiesta i capi di stato in carica e anche i loro vice. Per quanto riguarda il Kenya, resta infatti in piedi il caso contro gli altri due accusati per le violenze post-elettorali, l’attuale vicepresidente William Ruto e il conduttore radiofonico Joshua arap Sang, accusati di crimini simili a quelli imputati a Kenyatta. Dalla popolazione, l’annuncio di Bensouda è stato sostanzialmente accettato in maniera pacifica. «I sostenitori di Ken- yatta hanno accolto il verdetto con gioia – ha spiegato da Nairobi all’agenzia MISNA il missionario comboniano p. Stefano Giudici – ma anche gli elettori dell’opposizione si aspettavano questa decisione, perché sapevano che il processo non aveva più possibilità di andare avanti» con le poche prove a disposizione. Al contrario, è sul piano politico che potrebbero verificarsi fratture, dovute proprio alla figura di Ruto. Nel 2007, infatti, era schierato sul fronte opposto rispetto a Kenyatta, a fianco del futuro premier Raila Odinga, e il ticket presidenziale con l’ex avversario è stato visto da molti come funzionale proprio a creare un’alleanza contro la stessa CPI. Non sono quindi pochi, riconosce anche p. Giudici, quelli che pensano che Ruto «potrebbe essere abbandonato al suo destino». Da parte sua, il religioso considera la cosa ancora poco probabile perché per Kenyatta significherebbe «perdere l’appoggio dei kalenjin», la popolazione cui appartiene il suo vice e della regione della Rift Valley, che erano risultate fondamentali nella sua non larga vittoria elettorale del 2013. Dalla Rift Valley arrivano anche molti degli sfollati interni, che vivono, dopo sette anni, ancora nei campi. Sono circa 40.000 quelli che aspettano compensazioni e, soprattutto, una nuova sistemazione meno precaria. Solo alcuni di questi hanno già ricevuto dal Governo la somma necessaria a costruire una nuova casa, ma ancora non sono state assegnate loro le terre dove poterlo fare. È anche a tutti loro che si è rivolta Bensouda quando ha sostenuto: «Non ci scorderemo delle vittime, continueremo a provare» a raccogliere informazioni. Tuttavia, considera p. Giudici, ormai queste persone sono state dimenticate, almeno dall’opinione pubblica: «Non se ne parla più… tranne che al momento delle promesse elettorali». Nessuna sorpresa, dunque, se è proprio tra gli sfollati che la mancanza di unanimità sul verdetto diventa più evidente: molti – favorevoli a Kenyatta – hanno esultato alla notizia della fine del processo, ma altrettanti condividono probabilmente l’opinione di Onyiego Felix, citato dal Daily Nation, che – denunciando una mancanza di processi anche nelle corti locali – invita i suoi connazionali a una consapevolezza maggiore: «Quando i teppisti vengono a bussare alla porta del vostro vicino, ricordatevi che domani notte saranno alla vostra». Davide Maggiore Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 781 Centrafrica Guerra civile D Un paese lacerato ue anni di guerra hanno lacerato un paese. A dicembre 2012, in Repubblica Centrafricana, iniziava l’avanzata della coalizione ribelle nota come Seleka (che significa appunto «alleanza» in lingua sango) e nel marzo successivo il presidente François Bozizé era costretto alla fuga. Da quel momento il paese ha visto succedersi altri due capi di stato: prima Michel Djotodia, dimostratosi incapace di controllare la stessa Seleka di cui era sembrato il leader, poi Catherine Samba-Panza, nominata con il benestare della comunità internazionale. A non cambiare è stato invece lo scenario di conflitto: ai miliziani Seleka, rapidamente spezzettatisi in gruppi e bande, si sono contrapposti i cosiddetti gruppi anti-balaka, altrettanto eterogenei, presentatisi come milizie di autodifesa, ma protagonisti di abusi e violenze identici a quelli di cui accusavano i rivali. Ancora oggi, testimonia da Bangassou, nel Sudest del paese, il vescovo Juan José Aguirre Muñoz, «l’Ovest è in mano quasi del tutto agli anti-balaka, mentre il Centro e il Nord sono controllati dai Seleka, e questo rende la pace molto difficile». Le milizie controllano anche le principali strade, con il risultato che, spiega il vescovo, «per uscire da Bangassou ci sono barriere da passare, prima quelle degli anti-balaka, poi quelle dei Seleka». E a ogni barriera «si verificano abusi, vengono chiesti molti soldi, c’è violenza…». Un clima, purtroppo, comune a molte aree del paese e che non ha risparmiato neanche i religiosi: come p. Mateusz Dziedzic, rapito nei pressi del confine con il Camerun a fine ottobre e liberato un mese dopo attraverso uno scambio di prigionieri. Persino la capitale Bangui, testimonia mons. Aguirre dopo avervi passato dieci giorni tra novembre e dicembre, «è divisa tra gli anti-balaka, i Seleka e una parte li- 782 Il Regno - at t ua l i t à 22/2014 bera in cui si riesce a circolare». Alcune aree, come il quartiere PK5, «sono trasformate in veri e propri ghetti, da cui i musulmani non possono uscire», mentre in altre parti della città spadroneggiano gli anti-balaka, nonostante la teorica presenza di un Governo. Questo, in realtà, controlla solo la zona vicina al palazzo presidenziale e al mercato centrale della capitale. «Qui – conferma il vescovo di Bangassou – la situazione si sta poco a poco normalizzando, ma negli altri quartieri avvengono di tanto in tanto degli scontri e a essere attaccati sono soprattutto quelli che vogliono uscire da PK5 e dagli altri “ghetti”». Poco cambia, in questo senso, la presenza di missioni internazionali forti di migliaia di uomini: anche loro, nota mons. Aguirre, «se devono uscire da Bangui per andare verso il Nord incontrano le barriere degli anti-balaka – o persino di banditi che si fanno passare per anti-balaka – e ci sono scontri, non riportati dalla stampa e a volte mortali». Francia, Europa e Nazioni Unite Attualmente sul territorio centrafricano agiscono tre diversi contingenti militari, a partire dall’Operazione Sangaris francese, dispiegata a dicembre 2013, ma che conta di ridurre i suoi uomini da 2.000 a 1.500 entro la primavera. «Il loro arrivo – riconosce il vescovo di Bangassou – ha evitato un massacro generalizzato, poi col tempo Sangaris è diventata meno efficace, incapace di disarmare i miliziani». Soprattutto a Bangui, invece, ha lavorato EUFOR, il contingente il cui schieramento era stato annunciato ad aprile da Bruxelles; i 1.000 uomini, tra cui, ricorda il vescovo, «anche alcuni italiani», hanno in particolare preso contatto con gli imam locali in modo che si impegnassero in campa- gne a favore della non-violenza. «Però spesso bastava una scintilla per innescare scontri e sparatorie e far crollare tutti questi sforzi». Infine, la missione delle Nazioni Unite MINUSCA, a lungo invocata, che ha di fatto sostituito e notevolmente rafforzato un contingente già presente. I militari africani che la compongono – provenienti dai paesi confinanti – sono 8.500 e dovranno arrivare a 12.000: un numero importante, ma forse ancora non sufficiente. «Dove sono presenti – dice mons. Aguirre – riescono a dare un po’ di tranquillità, ma non sono ovunque, e comunque possono solo rispondere al fuoco se attaccati, quindi il loro ruolo diventa più debole». Non sorprende, dunque, che molti abitanti della stessa capitale abbiano ancora paura, a partire da quelli ospitati nei campi per sfollati. La loro presenza è evidente non appena si arriva a Bangui: uno degli insediamenti più grandi si trova accanto all’aeroporto, ma, al pari di tanti altri, non è percepito come sicuro. Spesso i civili cercano altri rifugi per la notte e questo, secondo il vescovo di Bangassou, «è un termometro dello stato d’animo della gente». La situazione non è diversa nelle aree di frontiera: a Berberati, non lontano dal confine camerunense, diverse centinaia di musulmani – gruppo spesso identificato, in maniera approssimativa, come sostenitore dell’ex Seleka – sono ospitati nella stessa sede della diocesi. In generale, prosegue il vescovo di Bangassou, «guardiamo tutti alle elezioni che forse arriveranno, ma la gente continua a soffrire e a sopportare molto. I prezzi sono altissimi, sia qui sia nella capitale… da questo punto di vista poco è cambiato». Con il voto continuamente rinviato (con ogni probabilità, hanno specificato gli stessi responsabili centrafricani, non potrà tenersi prima dell’autunno 2015) si cerca di concentrarsi su indicazioni positive: come l’annuncio che le forze internazionali, nella capitale, hanno bruciato ed eliminato 8.000 armi leggere, o la situazione che vive proprio la città di mons. Aguirre. «Da un anno – racconta – un comitato di gestione e una piattaforma composta di donne sono riusciti a portare la pace. Esiste un mercato comune a tutti, musulmani e non, a scuola si va insieme, ci sono servizi di consulenza per le madri e i malati di AIDS». Scene che purtroppo, conclude lo stesso presule, «sono ancora difficili da vedere altrove». D. M. L L ibri del mese Riflesso della Sapienza La teologia cosmica di Denis Edwards Creazione del mondo da parte della Trinità, miniatura dalla Bibbia di Lothian, 1220 circa. P urtroppo il teologo australiano Denis Edwards non è molto conosciuto al pubblico italiano: nella nostra lingua è stato pubblicato soltanto il suo L’ecologia al cuore della fede. Il cambiamento del cuore che conduce a un nuovo modo di vivere la terra (Messaggero, Padova 2008), testo di buona qualità, ma dal profilo abbastanza divulgativo. CXCVII Nel mondo anglofono, però, egli è ben noto come sistematico di spessore, coinvolto in diversi progetti di ricerca internazionali e particolarmente attento alla teologia della creazione; all’interno della sua corposa riflessione trovano spazio opere come Creation, Humanity, Community: Building a New Theology (1992); Made from Stardust: Exploring the Place of Human Beings Within Creation (1992); Jesus the Wisdom of God: an Ecological Theology (1995); The God of Evolution: A Trinitarian Theology (1999); Breath of Life: A Theology of the Creator Spirit (2004); Jesus and the Cosmos (2004); How God Acts. Creatio, Redemption and Special Divine Action (2010). Il testo cui ci riferiamo1 è opera matura che si presenta – secondo quanto espresso nell’Introduzione – come approfondimento e ripensamento di testi precedenti, già dedicati a una riflessione in chiave ecologica ed evolutiva (segnatamente Jesus the Wisdom of God e The God of Evolution). La novità della prospettiva viene in buona parte dal fecondo confronto con il pensiero di Atanasio di Alessandria, che già era stato in parte valorizzato precedentemente in How God Acts; qui esso offre un solido radicamento tradizionale a un pensiero della creazione fortemente collocato nel tempo della scienza. Vale la pena sottolineare fin da subito alcune caratteristiche dell’articolata metodologia utilizzata da Edwards, in un testo solido e assieme caratterizzato da un’eccellente leggibilità (anche nell’edizione Kindle, che stiamo utilizzando e a cui faremo riferimento nelle citazioni). Il movimento fondamentale che sostiene il percorso del testo è il tornare ad attingere alla tradizione dei padri (in particolare lo stesso Atanasio, ma anche Origene) e alla lezione di Tommaso, per ritrovare una comprensione autenticamente cosmica della fede cristiana, al di là delle strettoie di una certa modernità. Tale istanza si realizza, d’altra parte, nel quadro di una forte attenzione ermeneutica, sostenuta da un’ontologia di tipo Il Regno - attualità 22/2014 783 L ibri del mese rahneriano, in vista di un’appropriazione non ingenua della tradizione di fede entro un’era secolare profondamente segnata dal discorso scientifico. Se però in Karl Rahner tale dinamica trovava espressione in un linguaggio spesso fortemente metafisico (non sempre di facile accessibilità), l’elaborazione di Edwards si caratterizza invece per una rimodulazione più esplicitamente teologica – trinitaria e biblica – con una scrittura che talvolta si fa quasi narrativa. Da notare anche l’uso di un linguaggio non sessista per nominare il mistero di Dio; in nome dell’analogicità di ogni riferimento a lui, si rivendica ad esempio – accanto al consolidato termine «Padre» – anche la legittimità di quello di «Madre», ricco del resto di corposi riferimenti biblici. Figlio «attrattore» Il testo è molto denso e ci limitiamo a segnalare alcuni punti qualificanti di un percorso ricco e articolato, in un’esposizione che per esigenze di sintesi riorganizza in parte l’ordine dell’argomentazione. Dall’ampio confronto con Atanasio viene in primo luogo una sottolineatura del ruolo di Gesù come parola/sapienza creatrice, secondo la prospettiva emersa nella controversia antiariana: il riferimento alla dimensione cosmica appare condizione essenziale per un pensiero che voglia davvero confessare la divinità del Figlio. Dallo stesso padre alessandrino viene pure il riferimento alla Trinità, come amore traboccante, che liberamente si espande nel dispiegarsi della creazione (come creatio in principio e continua, così come nel concursus all’agire creaturale): la «generatività della vita trinitaria è il fondamento e la sorgente di tutta la fecondità della vita creaturale» (pos. Kindle 431-432). Se, infatti, «la creazione viene all’essere come un libero atto di Dio nel tempo», tuttavia «essa può essere fondata solo nelle eterne possibilità creative del Dio triuno. La fecondità della creazione può sgorgare solo dall’eterna dinamica fecondità della vita divina» (458-459), dalla stessa «sorgente di Tutto, dal divino madre/padre, che senza fine genera la Sapienza/Parola e spira lo spirito di vita e amore» (497). È una realtà che prende forma concreta nella cura di Dio 784 Il Regno - attualità 22/2014 per ogni vivente, quale trova espressione privilegiata nelle parole e nella vicenda di Gesù. È a partire da questo robusto sfondo tradizionale che si dispiega il lavoro di ripresa di Edwards, teso a pensare un mondo colto in prospettiva evolutiva. Da un lato, quindi – in continuità con sue opere precedenti – lo Spirito vivificante viene visto come l’energia dinamica che muove l’evoluzione (ma in forma celata, senza violare la legalità colta dalla scienza): la sua presenza inabitante «abilita il nuovo a emergere dallo stesso mondo naturale, per mezzo di quei processi, relazioni e nessi causali studiati dalle scienze naturali» (1419-1420). Dall’altro, il ruolo del Figlio viene interpretato tramite l’immagine dell’attrattore – una metafora con significativi riferimenti biblici (si pensi al «quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me» di Gv 12, 32), ma anche ricca di suggestioni legate alla matematica dei sistemi complessi. In tale prospettiva la storia evolutiva può essere vista come caratterizzata da un primato del futuro, da un segreto orientamento a un telos.2 Con Rahner, infatti, il suo dinamismo viene interpretato come espressione di un’autocomunicazione di Dio che si realizza entro e attraverso l’autotrascendenza delle creature (ma Edwards preferisce parlare di capacità d’emergenza evolutiva – si potrebbe dire autopoiesi, nel linguaggio delle scienze della complessità). O, per dirla in modo diverso: c’è una dinamica di theiosis a muovere un cosmo in cui ogni creatura è mossa e attratta da un amore che si dona. Non è però il dispiegarsi di una supposta teleologia della natura a permettere di percepire tale movimento, che viene invece colto a partire dalla manifestazione in una storia della salvezza che rivela la condiscendenza di Dio. C’è, infatti, una kenosi della divina sapienza che si dona nella creazione e nella storia d’Israele, per culminare nella vicenda di colui che «umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2, 8). Edwards sottolinea come sia proprio la prossimità vulnerabile di Dio manifestata nel Figlio a essere ambito di rivelazione e condizione di possibilità per un’autocomunicazione a dimensione cosmica: egli trascende la propria stessa trascendenza nella grazia e in un amore appassionato – fino alla Passione – per un mondo, cui destina se stesso senza riserve. Tale movimento non sarebbe peraltro rettamente interpretato da chi vi vedesse una sorta di esodo divino da una precedente condizione di apatheia, pienamente superata solo nell’evento dell’incarnazione. Al contrario, è la stessa realtà trinitaria di Dio – nella distinzione tra Padre e Figlio e nella relazione amante tra di essi che è lo Spirito – che dice di un essere che è gioia e com-passione per l’alterità: «Teologicamente questa passione di amore può essere vista come fondata nell’eterno, mutuo amore delle divine persone nella vita della Trinità. È l’eterno amore della divina comunione che abbraccia le creature, tramite la Parola e lo Spirito» (1770-1). Sublime e umile È cioè quel Dio trino, che da sempre è pàtico, a rischiare se stesso nella creazione, esponendosi alle libertà finite delle creature, ma anche condividendone la sofferenza in un mondo in evoluzione. L’Onnipotente è, dunque, un Dio che si fa vulnerabile e indifeso, non per debolezza, ma per la ricchezza del suo amore vivificante. Egli opera, cioè, come efficace potere-nell’amore, che conduce il creato alla pienezza di vita, a partire dalla Pasqua di Gesù: «Nel Gesù risorto, una parte di questa comunità biologica di vita della Terra, di questa storia evolutiva e di questo universo materiale è già trasfigurata in Dio, come segno e promessa del compimento divinizzante e della trasformazione di tutte le cose in Dio. Nello Spirito creatore, la stessa divina sapienza è già all’opera nell’intero universo delle creature conducendole alla loro liberazione e compimento in Dio» (1149-1152). È dunque un agire che attraversa il cosmo tutto, ma che non avviene «bypassando» le dinamiche creaturali: in Gesù Dio si manifesta come umile, secondo un’espressione che Edwards riprende da E. Schillebeeckx, ma per la quale individua ampi riferimenti nella tradizione cristiana, fino a quella «sublime umiltà / umile sublimità» utilizzata da Francesco d’Assisi nella Lettera all’intero ordine. CXCVIII A essere attraente è, in effetti, proprio la condiscendenza di un amore che si offre e invita senza esercitare coercizione; è un paradosso che richiama quella «santità ospitale» che in C. Theobald caratterizza lo stile di Gesù come spazio aperto che consente a ognuno di dispiegare la propria singolarità. Per Edwards, però, – che riprende qui temi già esplorati in How God Acts – tale dimensione diviene anche paradigma fecondo per pensare un agire creatore nel cosmo che rispetta l’integrità dei processi creaturali e sa attenderne i tempi – un’attesa che è però anche un attendere a essi, nel segno dell’attività e del coinvolgimento. Quello che ci presenta Gesù è, infatti, «un Dio che crea in modo tale che le creature possano partecipare nel processo» (1335-6). Con K. Rahner egli può quindi sottolineare come l’agire di Dio non sia estrinseco alle realtà creaturali, ma, al contrario, sia proprio ciò che consente loro di essere ciò che sono e di operare come operano – così come nell’esperienza della grazia i credenti sperimentano una radicale dipendenza che fonda libertà e autonomia. Tale comprensione in orizzonte cosmico della realtà di Dio fonda pure quella che è una sottolineatura tipica del pensiero dell’autore: una profonda distanza da forme ingenue di antropocentrismo teologico (senza per questo cadere in un indistinto fisiocentrismo). Il Gesù che dice «abbà» non viene, cioè, solo posto in relazione con l’esperienza di Dio vissuta dai credenti, ma anche con il gemito e la lode che attraversano l’intera ktisis. Scopriamo così un amore trinitario che attraversa tutta la creazione, indirizzandosi a ogni creatura (senza per questo ignorare le differenze tra di esse): «ogni creatura sulla Terra, ogni balena, ogni passero, e ogni verme esiste grazie alla partecipazione nella Madre/Padre attraverso la Parola e lo Spirito e “nessuno di essi è dimenticato davanti a Dio” (Lc 12,6)»” (584-5). La nostra stessa esperienza d’affetto per i viventi appare, così, come un ambito in cui percepiamo qualcosa dell’infinita divina compassione per le creature. In quest’orizzonte trova pure pieno significato teologico quell’esperienza empatica d’amore per i viventi che ha attra- CXCIX versato la vita di tanti santi, per trovare alcune espressioni significative nella tradizione teologica del cristianesimo orientale (in un arco che va da Isacco di Ninive a F.Dostojevskji).3 Cristologia e creato La prospettiva appena accennata è significativa anche sul piano morale: una significativa etica interspecifica non dovrà necessariamente essere elaborata come questione di diritti (magari da comparare con quelli umani o addirittura da contrapporre dialetticamente a essi, come fa talvolta il filosofo australiano P. Singer), quanto appunto in termini di com-passione per ogni vivente, da rendere operativa anche sul piano normativo: «Se Dio è immediatamente e amorevolmente presente a ogni creatura, ciò suggerisce un atteggiamento di profondo rispetto per le altre specie e per le singole creature» (541-542). Edwards, poi, evidenzia pure il nesso che va mantenuto tra l’attenzione per i viventi nello loro singolarità e quella per la comunione creazionale e le strutture che la sostengono, rendendola possibile – il collegamento, cioè, tra etica animale ed etica ecologica –. Non entriamo nel merito del capitolo sull’antropologia (con un pur significativo confronto tra considerazione dell’anima e neuroscienze), né discutiamo esplicitamente le implicazioni che Edwards dedica a una lettura teologica della sofferenza non umana (che potrebbe trovare interessanti consonanze in P. De Benedetti). Ci sembra che quanto abbiamo fin qui segnalato basti a indicare la ricchezza di un testo che sa coniugare il riferimento a temi centrali del dibattito contemporaneo – affrontati in un fitto dialogo con alcune grandi figure della teologia novecentesca – con un’approfondita esplorazione di alcune componenti della tradizione cristiana. Un testo, insomma, che meriterebbe senz’altro di essere reso accessibile al lettore italiano da un’adeguata traduzione (auspicabilmente attenta anche a conservare la qualità espositiva del testo). Edwards si conferma come uno degli autori più interessanti tra coloro che sanno pensare la fede nel Dio trino nella sua densa relazione al mondo creato, a partire dal nitido riferimento alla vicenda di Gesù. In lui la forte prospettiva cristologica e trinitaria non cede alla tentazione di tradursi in unilaterale attenzione per l’umano – quasi deducendo la teologia della creazione dall’antropologia teologica – ma sa mantenere un orizzonte cosmico e un’attenzione (anche etica) per ogni vivente. Un testo, quindi, che assume una particolare importanza, in un momento in cui papa Francesco (più volte citato nei capitoli finali del testo) invita la comunità credente ad assumere in tutta la sua complessità quella responsabilità per il creato che è di tutta la famiglia umana. È anche questo, del resto, un modo d’ascoltare la divina sapienza che si rende presente in modo differenziato nel mondo vivente e di custodirne le tracce: «Dio pone in ogni creatura e nella totalità della creazione un segno e un riflesso della Sapienza. Balene, koala, aquile, formiche ed esseri umani sono tutti, in modi distinti e interrelati, riflessi della divina sapienza, che ne portano il segno. Quest’albero che vedo dalla mia finestra, quindi, non solo esiste grazie al Creatore-Sapienza, ma è in se stesso un riflesso creato della Sapienza, che ne porta il segno. E l’universo che conosciamo, questo universo dinamico, in espansione, con i suoi 100 miliardi di galassie, riflette la divina sapienza e ne porta il carattere. E la Terra, la nostra feconda, vulnerabile casa, con la sua storia evolutiva, con le sue meravigliosamente diverse forme di vita e i mari, la terra e l’atmosfera da cui dipende ogni vita, riflette la bellezza della divina Sapienza ed è segnata da essa» (927-933). Simone Morandini 1 D. Edwards, Partaking of God. Trinity, Ecology, Evolution, Liturgical Press, Collegeville (Minnesota) 2014. 2 Chi pratica il linguaggio della complessità si sarebbe atteso da Edwards, così attento anche alla dimensione d’indeterminazione che caratterizza le dinamiche del reale, un’espansione della metafora dell’attrattore in quella di «attrattore strano» – espressione che nella teoria del caos evoca sì una dimensione di convergenza, ma tramite traiettorie non prevedibili, caratterizzate da non linearità e biforcazioni. In tale prospettiva sarebbe stato possibile integrare meglio in essa anche una considerazione della libertà delle creature, rimandando a un Dio che da esse attende libere risposte, pur non cessando d’attrarre ognuna di esse. 3 Una ripresa recente in G. Bormolini, I santi e gli animali. L’Eden ritrovato, Libreria editrice fiorentina, Firenze 2014. Il Regno - attualità 22/2014 785 L L ibri del mese / schede I Libri del mese si possono acquistare: per telefono, chiamando lo 051 3941522 per fax, inviando un ordine allo 0513941577 per e-mail, scrivendo a [email protected] online, acquistandoli presso www.libreriacattolica.it/ per posta, scrivendo a Centro editoriale dehoniano, Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Per la redazione delle Schede di questo numero hanno collaborato: Giancarlo Azzano, Caterina Bombarda, Maria Elisabetta Gandolfi, Francesco Mai, Valeria Roncarati, Domenico Segna. Sacra Scrittura, Teologia Bartolini De Angelis E.L., Di Sante C., Ai piedi del Sinai. Israele e la voce della Torah, EDB, Bologna 2014, pp. 221, € 16,80. 9788810207093 I l popolo d’Israele nasce ai piedi del Sinai quando riceve da Dio la Torah, patto di nozze (ketubah) donato dal Signore e accolto nella libertà. Da quel momento, per comprendere l’ebraismo è necessario fare riferimento alla Legge, al popolo che la mette in pratica quotidianamente e alla terra d’Israele, unico luogo in cui tutti i precetti possono essere vissuti. A questa triade fondamentale è dedicata la I parte del vol., mentre la II si sofferma sulle due dinamiche fondamentali della vita liturgica ebraica: la benedizione, che colloca il rapporto con il creato in una dimensione religiosa, e il memoriale, che attualizza la storia di salvezza rendendola presenza viva per ogni ebreo. Benzi G., La profezia dell’Emmanuele. I testi di Isaia 6-9 tra attesa e avvento della salvezza, EDB, Bologna 2014, pp. 273, € 26,00. 9788810410196 I l vol. propone l’esegesi del così detto «Libro dell’Emmanuele» (Is 6,1 9,6), mettendo in evidenza la coerente redazione di quei testi e cercando di enucleare alcune tematiche di carattere antropologico e teologico che fanno da sfondo: profezia e storia, il figlio, il binomio castigo-salvezza, il corpo del profeta, la testimonianza profetica. Lo studio tiene conto anche della contestualizzazione liturgica dei testi, validi non solo per la preparazione al Natale, ma anche nella loro dimensione «pasquale». La Biblioteca di Qumran. Edizione bilingue. Vol. 2. Torah. Esodo, Levitico, Numeri, EDB, Bologna 2014, pp. XVI+456, € 55,00. 9788810303023 L e scoperte di Qumran rappresentano il più grande evento archeologico del XX sec. I resti più o meno integri di circa 900 rotoli ebraici, databili dal III sec. a.C. al I d.C., sono stati rinvenuti tra il 1947 e il 1956 in undici grotte vicino al mar Morto. Si tratta di una delle più importanti collezioni di testi dell’antichità che ci siano mai pervenute, compresi i più antichi manoscritti della Bibbia ebraica, anteriori di circa mille anni al primo codice completo utilizzato per la redazione del testo biblico, il Codex di Leningrado. L’originalità di questa edizione bilingue risiede nel sistema di classificazione adottato, che privilegia il legame tematico o formale tra i testi del Mar Morto e i libri che più tardi costituiranno la Bibbia ebraica. Il vol. raggruppa i manoscritti qumranici che contengono libri biblici e non biblici che hanno relazione con l’Esodo, il Levitico e i Numeri. Monari L., Sulla stupidità dell’idolatria. Meditazione su Geremia 2, Morcelliana, Brescia 2014, pp. 81, € 10,00. 9788837228323 G eremia è il profeta della contestazione. Messaggero del giudizio del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe la sua missione è quella di annunciare la rovina del regno di Giuda, la conquista e la distruzione di Gerusalemme, la fine della casa di Davide. Fino al momento della distruzione il popolo e il re sentono nelle sue parole ammonitrici l’offerta della conversione da parte di Dio. La sua voce cadrà nel vuoto e la distruzione sarà inevitabile. Inascoltato, messo da parte, disprezzato il profeta resterà sino alla fine con il suo popolo. Del libro di questo profeta l’a. analizza il 2° c., laddove Geremia si scaglia contro la stupidità dell’idolatria: un commento rigoroso, chiaro, utile per il credente per leggere e far proprie parole che risuonano in tutta la loro tragica attualità. 786 Il Regno - attualità 22/2014 Servizio a cura di Maria Elisabetta Gandolfi Stefani P., L’esodo della Parola. La Bibbia nella cultura dell’Occidente, EDB, Bologna 2014, pp. 350, € 30,00. 9788810560105 A ccostarsi alla Bibbia può rivelarsi una straordinaria avventura intellettuale. E per un occidentale, indipendentemente dal suo credo, non conoscere le Scritture significa rinunciare in partenza a comprendere appieno la civiltà in cui vive e molti valori e idee a cui si fa abitualmente riferimento. L’influsso della Bibbia sulle fedi, sui comportamenti, sulle mentalità e i costumi è di una vastità tale da rendere arduo tracciarne i confini. Di analoga entità è il peso delle tematiche in cui ci si imbatte scorrendo le sue pagine. Lungo i secoli queste prospettive bibliche hanno alimentato la fede e plasmato le concezioni di moltitudini di persone e la loro incidenza è stata tale da estendersi anche al di là dei confini strettamente confessionali. Nel contempo, però, le Scritture restano testi largamente ignorati oppure proposti in modo fortemente semplificato per essere messi strumentalmente al servizio di visioni religiose o ideologiche. Tagliaferri M. (a cura di), Teologia dell’evangelizzazione. Fondamenti e modelli a confronto, EDB, Bologna 2014, pp. 393, € 35,00. 9788810450093 I l vol. raccoglie gli atti del convegno del Dipartimento di teologia dell’evangelizzazione della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna, appuntamento nato dal duplice desiderio di fare un bilancio sull’oltre trentennale attività della Scuola teologica bolognese e di riqualificare la riflessione e la ricerca sullo statuto epistemologico della disciplina. L’intento è mettersi in dialogo con le altre scuole teologiche che si occupano della stessa materia, con l’obiettivo di superare la frammentarietà in cui vive la teologia contemporanea. Tonelli D., Immagini di violenza divina nell’Antico Testamento, EDB, Bologna 2014, pp. 187, € 15,00. 9788810415290 L e immagini violente di Dio occupano molte pagine della Bibbia e, tuttavia, suscitano stupore poiché sembrano contrastare con l’eredità della tradizione teologica cristiana. Il disorientamento obbliga a ripensare la prospettiva con la quale ci si accosta al testo e l’analisi delle sue modalità espressive. L’analisi di tre brani poetici (Esodo 15, Giudici 5 e Abacuc 3) consente di fare emergere un’immagine divina complessa, non «monolitica», non riducibile a un attributo dominante, che costringe a ricollocare la questione della violenza divina dal centro a una posizione meno cruciale, ma comunque sintomatica, dell’esperienza di Dio testimoniata dagli autori biblici. Pastorale, Catechesi, Liturgia Centro evangelizzazione e catechesi Don Bosco (a cura di), Scuola per catechisti. Schede per la formazione personale e di gruppo, Elledici, Torino 2014, pp. 351, € 29,00. 9788801056846 C omunicare la fede che Gesù gli dona è per il credente compito quanto mai arduo, a maggior ragione se ci si rivolge alle giovani generazioni. Questo manuale si propone come un corso di base per apprendere le nozioni e gli atteggiamenti di fondo di chi fa catechesi. Il vol., diviso in due parti, affronta alcuni tra i temi di maggior interesse per una catechesi qualificata, così come i problemi più comuni che ogni catechista deve affrontare nel suo ministero. Cittadini G., Introduzione al Padre nostro, Morcelliana, Brescia 2014, pp. 67, € 8,00. 9788837228071 P er «il cristiano il Padre nostro non è una preghiera, ma, piuttosto, la preghiera, quella che Gesù gli ha messo sulle labbra e nel cuore come paradigma di ogni altra preghiera». Grazie a essa, «Gesù non insegna soltanto cosa dire, ma anche e soprattutto come dirlo, come entrare in un rapporto autentico col Padre». Un Padre che è di tutti, non solo dei cristiani, ma dell’intera famiglia umana. Comastri A., Una buona notizia per te! Meditazioni sulle letture dei giorni festivi. Ciclo B, Elledici - Libreria editrice vaticana, Torino - Città del Vaticano 2014, pp. 305, € 15,00. 9788801057072 I l libro «raccoglie le omelie per tutte le domeniche e le feste principali dell’anno liturgico. Esse nascono dal cuore e dalla scienza di un pastore CC LILIA BONOMI universalmente conosciuto e stimato, che coglie il nucleo vitale della liturgia della Parola e lo presenta con un linguaggio semplice e coinvolgente». Il profondo legame con la Bibbia, la serietà teologica e la connessione con la pastorale si uniscono in quest’opera, utile ai predicatori e a tutti quelli che cercano uno strumento per una vera preparazione spirituale alla liturgia della domenica. Grün A., Pensieri e gesti. Per accompagnarti settimana dopo settimana nel corso dell’anno, Queriniana, Brescia 2014, pp. 101, € 10,00. 9788839928221 I n questo agile volumetto, l’a. consiglia alcuni semplici e utili gesti da compiere su base settimanale. Innanzitutto, suggerisce gesti che donano la tranquillità necessaria per vedere la natura con occhi nuovi. Propone poi dei rituali che aiutano a vivere un tempo sacro, cioè libero da condizionamenti di qualsiasi sorta. In terzo luogo, si concentra su quei rituali che intendono portarci a contatto con noi stessi. E suggerisce infine esercizi del corpo e dello spirito che conducono al silenzio. Tutti e quattro questi ambiti si incontrano nel rito settimanale per eccellenza, quello del giorno festivo, (per i cristiani la domenica) inteso come zona franca e, quindi, di pace. von Stülpnagel F., Accanto a te, senza di te. Un aiuto per i giorni del lutto, Queriniana, Brescia 2014, pp. 146, € 14,00. 9788839931573 O Noi come Caino Custodi maldestri dei nostri fratelli V isto da vicino, Caino ci assomiglia in modo impressionante in molti «omicidi» quotidiani, perpetrati nei confronti di chi ci sta intorno e offusca la nostra immagine. Caino è geloso, teme di perdere la predilezione di Dio, ha bisogno di sopprimere il fratello Abele e di superare ogni competizione. Dopo il delitto scoprirà che i suoi guai non sono affatto finiti. «ITINERARI» gni persona umana è costretta nella propria vita ad affrontare un lutpp. 200 - € 15,00 to, legato alla perdita di un famigliare o di un amico. Se il lutto è dunque inevitabile, è possibile però affrontarlo con coraggio, aprendo il cuore a una nuova speranza. In questo testo l’a., che ha sperimentato in prima perDOLORI INUTILI sona la perdita di un figlio suicida, offre una guida, comprensiva di poesie e LE EMOZIONI CHE FANNO MALE testi letterari, per vivere il lutto come un’opportunità di crescita. R1f_Penna:Layout 1 24-07-2014 Edizioni Dehoniane Bologna Zanet L.M., Dai valori alle virtù. Un percorso tra rinnovamento e crisi, EDB, Bologna 2014, pp. 241, € 21,50. 9788810558249 I valori non sono in crisi, ma è difficile trovare uomini capaci di incarnarli a servizio del reale bene della persona e della società. Inoltre nessun nuovo ordo amoris (ordine delle cose significative e prioritarie) può essere proposto solo per sé, perché qualsiasi scelta individuale propone con efficacia una specifica idea di uomo. Dunque ogni etica è di rilevanza pubblica. Solo il virtuoso incarna i valori e per loro mezzo consegue un bene oggettivo, per sé e per gli altri. Egli interseca la libertà di scelta con la libertà di adesione: raccoglie cioè la provocazione, tipica delle etiche dei valori, a eleggere specifici aspetti della realtà escludendone altri, eppure sa anche perseverare nel bene, senza retrocederne, nelle situazioni che valorialmente non approverebbe, ma con cui deve esistenzialmente apprendere a mediare. n occasione del bicentenario della nascita di don Bosco (16 agosto 1815), Elledici pubblica un sussidio per raccontare ai ragazzi di elementari e medie l’attualità del suo messaggio. Il vol. è strutturato su un anno di vita d’oratorio, in 21 giornate. In ognuna di esse viene presentato un episodio della vita del santo, a cui sono collegate altrettante parole chiave che richiamano le note musicali, per invitare ad alzare il volume su ciò che conta. 200dB (decibel) è infatti la misura del suono emesso dal decollo di un razzo: come il messaggio di don Bosco (dB), che spinge a prendere il volo. Caritas italiana, Per una carità senza confini. La carità che accompagna le Chiese sorelle, condivide e si moltiplica, EDB, Bologna 2014, pp. 184, € 8,50. 9788810741221 Spiritualità Bianchi E., Dono e perdono. Per un’etica della compassione, Einaudi, Torino 2014, pp. 104, € 10,00. 9788806222789 L a mercificazione che caratterizza la nostra civiltà ha smarrito il senso del dono. Il nostro calendario è punteggiato di regali che hanno il «do ut des» come suo fondamento. L’a. ci ricorda invece che il dono ha un carattere paradossale che oscilla fra il dovere e la libertà, fra l’utile e il gratuito e ciò ci costringe a rimeditare il valore di questo gesto. Il dono si coniuga con il CCI Il Regno - attualità 22/2014 787 8:28 pp. 176 - € 12,00 Pagina 1 Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 www.dehoniane.it ROMANO PENNA Gesù e Socrate 200 dB. Don Bosco a tutto volume. Per dire ai ragazzi quello che conta! Sussidio per 21 giornate in oratorio, Elledici, Torino 2014, pp. 160, € 16,00. 9788801057225 I DELLA STESSA AUTRICE Cultura greca e impronta giudaica L’ antico confronto tra Gesù e Socrate, ora riproposto nei blog filosofici sui motori di ricerca, solleva l’interrogativo sull’identità del Nazareno. L’eco di influssi culturali greci non si può escludere a priori; tuttavia, Gesù aveva una formazione tipicamente giudaica. Spetterà ad altri il compito di portare il messaggio del vangelo nel mondo della cultura ellenica. PROFILI DI GESÙ Edizioni Dehoniane Bologna «SGUARDI» pp. 48 - € 5,50 DELLO STESSO AUTORE pp. 200 - € 17,20 Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 www.dehoniane.it L ibri del mese / schede per-dono e sono alla base delle relazioni fondate sul comandamento evangelico dell’amore. Realizzare tutto questo non appartiene alla spontaneità ma alla fatica e al coraggio di vivere, grazie a cui possiamo progettare un futuro condiviso. Nella consapevolezza che le ferite che abbiamo subito e che abbiamo prodotto non possono essere dimenticate. Comunità di San Leolino, Alla ricerca del Risorto. Per un ritratto di Gesù di Nazaret, Edizioni Feeria, Panzano in Chianti (FI) 2014, pp. 121, € 12,00. 9788864300771 «L a gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù». Parole, queste di papa Francesco, che danno al credente il compito preciso di mettersi con tutte le forze alla ricerca del Risorto. Ecco, dunque, il senso di queste riflessioni sulla figura storica di Gesù, che intende offrirne un possibile ritratto al di là delle prospettive che insistono sulla distinzione tra il Gesù della storia e il Cristo della fede. Nella certezza che sia più che mai indispensabile mettere al centro l’evento Gesù Cristo se si vuole davvero incontrare il «dramma» dell’uomo moderno. Guadagno T. (a cura di), S. Ignazio di Loyola. Autobiografia, ADP Apostolato della preghiera, Roma 2014, pp. 126, € 8,00. 9788873575740 L’ Autobiografia di s. Ignazio di Loyola (1491-1556), «nota anche come Il racconto del pellegrino, è un testo fondamentale della spiritualità ignaziana e una risorsa indispensabile per conoscere la personalità del fondatore della Compagnia di Gesù». Non è esattamente un’autobiografia, ma la versione scritta del racconto autobiografico, riferito a voce da s. Ignazio e riscoperto dopo varie traversie nel 1731. Il libro, che costituisce un estratto rielaborato da Gli scritti di s. Ignazio (Roma, 2008), fa parte della collana Spiritualità ignaziana ed è curato da p. Tommaso Guadagno, direttore nazionale dell’Apostolato della preghiera italiano. Johan V., La spiritualità di santa Veronica Giuliani (1660-1727). La missione espiatrice di «essere mezzana» nel Diario, EDB, Bologna 2014, pp. 258, € 22,00. 9788810541531 S anta Veronica, vissuta tra il 1600 e il 1700 a Città di Castello, in Umbria, è probabilmente l’esponente più rilevante della mistica barocca in Italia. La sua vita spirituale è stata contrassegnata dalla contemplazione amorosa e dall’esperienza della passione di Cristo, dal mistero della croce, dal desiderio incoercibile dell’immolazione e della sofferenza espiatrice. Fenomeni straordinari, eroicamente chiesti e vissuti nel triplice aspetto compassivo, espiativo e redentivo sono solo il segno esteriore di ciò che la santa visse interiormente. Le pagine del vol. rendono ragione di questo singolare compito, vissuto nella più radicale povertà e umiltà. Lewis C.S., I salmi. A cura di E. Rialti, Lindau, Torino 2014, pp. 172, € 19,00. 9788867081790 «Q uesto non è un lavoro accademico. Non sono un ebraista, né uno storico antico, né un archeologo. Scrivo per gli ignoranti su cose che anch’io ignoro»: con questo incipit, intriso di humour britannico, l’a. di Lettere a Berlicche e delle Cronache di Narnia ci intrattiene sul libro dei Salmi con stile e fascino. Scrittore convertitosi al cristianesimo anglicano, Lewis con tono confidenziale, inconfondibile e ironico da serata trascorsa in una casa immersa in un’atmosfera dal sapore ancora tardo vittoriano, si presenta come uno studente di Oxford a cui capita la ventura di spiegare, meglio del professore, un determinato problema a un altro principiante. Da dilettante, il celebre scrittore introduce il lettore nella bellezza del Salterio colto come un universo multiforme. Piovano A., Scheiba M., Il buon uso del tempo nella vita spirituale, EDB, Bologna 2014, pp. 183, € 17,00. 9788810411445 L’ espressione «vita spirituale» è molto ampia e può essere usata con diverse accezioni, sino a giungere alla rarefazione: pericolo forse inevitabile poiché questa dimensione della vita riguarda ogni uomo nel momento in cui si pone alcune domande fondamentali e nel momento in cui scende in profondità. A partire dalla loro esperienza di monaci, gli aa. evitano d’identificare con troppa facilità vita spirituale e vita monastica. Il monastero favorisce certamente la «vita secondo lo Spirito» come struttura, modello, forma, ma non la garantisce se non c’è la scelta quotidiana di lasciarsi davvero guidare dallo Spirito. 788 Il Regno - attualità 22/2014 Attualità ecclesiale Bianco E., Francesco. Ragazzo d’oratorio diventato papa, Elledici, Cascine Vica (TO) 2014, pp. 166, € 8,00. 9788801056549 T ra le centinaia di libri scritti su papa Francesco, il vol., breve e dal carattere divulgativo, è uno tra quelli che ripercorre gli anni giovanili del papa argentino. Il salesiano e pubblicista Enzo Bianco ripercorre la vita di Bergoglio dagli anni decisivi della formazione anche salesiana fino ai primi giorni di pontificato, passando per gli anni della dittatura di Videla e per la carriera di vescovo prima e cardinale poi. Romanato G., Pio X. Alle origini del cattolicesimo contemporaneo, Lindau, Torino 2014, pp. 577, € 32,00. 9788867082629 N oto per il suo famoso catechismo e per aver fatto tabula rasa del modernismo, condannando insieme a quest’ultimo anche la cultura moderna, chi era Giuseppe Sarto, Pio X? Indubbiamente fu sul crinale di due modi di vedere il rapporto tra fede e mondo. Fu un conservatore o un riformatore? Chiuse gli occhi al credente cattolico o li aprì sulla deriva che stava prendendo l’Occidente? Non volle capire gli ultimi due secoli, quelli che ebbero il loro inizio con la Rivoluzione francese, oppure ebbe l’esatta percezione che proprio quegli ultimi due secoli avevano inghiottito una tradizione millenaria? L’a. risponde presentando la vicenda di un papa che ha fatto la storia del Novecento, presentando la fatica del suo vivere quotidiano e tutte le intrinseche contraddizioni. Santi G., Arte e artisti al concilio Vaticano II. Preparazione, dibattito, prima attuazione in Italia, Vita e pensiero, Milano 2014, pp. 204, € 18,00. 9788834327166 I l concilio Vaticano II non fu un giro di boa della Chiesa cattolica anche perché riattivò i fili che da sempre uniscono quest’ultima al mondo dell’arte. L’a. ripercorre in modo sintetico il «caso Italia» durante il periodo di preparazione al Concilio, passando poi a illustrare le disposizioni che quest’ultimo emanò per quanto concerne l’arte e gli artisti e di come esse siano state recepite e messe in atto. In merito, particolare rilievo viene dato alle chiese e alle opere d’arte realizzate nella diocesi di Milano, la città di papa Montini, che non solo guidò il Concilio dopo la morte di Giovanni XXIII, ma svolse nel capoluogo lombardo tra il 1954 e il 1963 il suo ministero episcopale. Schockenhoff E., La Chiesa e i divorziati risposati. Questioni aperte, Queriniana, Brescia 2014, pp. 258, € 22,00. 9788839908728 I l vol. si rivolge a tutti coloro che hanno una responsabilità nella Chiesa e riflette sulla possibilità della riconciliazione e della piena condivisione dell’eucaristia – che è il vertice della vita ecclesiale – per i credenti divorziati e risposati. Attraverso un esame che riguarda soprattutto la storia della tradizione ecclesiale, l’a. mostra le difficoltà che fin da principio si ebbero nelle comunità cristiane in merito al matrimonio, le incongruenze tra dottrina e prassi ecclesiale ma anche, e soprattutto, il fallimento come categoria chiave della fede e il servizio della riconciliazione come anima della Chiesa. Sodano A., Chiesa e riforme. Una Chiesa da amare, LEV - Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2014, pp. 77, € 10,00. 9788820993290 U n cristiano alle prese con un tema che da sempre coinvolge chiunque ama la Chiesa e per essa s’impegna; un uomo di Chiesa che riflette su quel binomio che dal concilio Vaticano II non cessa di essere all’ordine del giorno. Il piccolo vol. riporta una conferenza del decano del collegio cardinalizio con la quale, oltre a riflettere su un aspetto della vita ecclesiale di cui egli stesso è stato un protagonista, tenta di trasmettere anche una metodologia che distingua i termini in modo da avere più chiaro il quadro d’insieme e, soprattutto, e non confonda piani diversi tra loro. Il filo conduttore è il sottotitolo: «una Chiesa da amare». Sorrentino D., Chiesa come famiglia. Una via di rinnovamento della parrocchia: le «Comunità Maria famiglie del Vangelo», Cittadella, Assisi (PG) 2014, pp. 152, € 12,50. 9788830814059 C ome superare questi tempi di crisi sconfiggendo l’individualismo? Dove reperire un senso autentico di libertà? E come prepararsi ad affrontare la sfida educativa delle nuove generazioni? Il vol. risponde a questi in- CCII terrogativi proponendo l’esperienza delle Comunità Maria famiglie del Vangelo, nate come percorsi di speranza all’interno delle parrocchie. I cc. descrivono con puntualità le comunità, dalla nascita, nel 2006 ai percorsi di riflessione già affrontati proponendo un modello universale di condivisione delle difficoltà personali e di «una Chiesa che si fa famiglia». Tornielli A., L’ultimo miracolo. Perché Giovanni Paolo II è santo, Piemme, Milano 2014, pp. 165, € 13,90. 9788856636529 I l 2.4.2005, accompagnato dalle preghiere dei fedeli, moriva papa Giovanni Paolo II. Il vol. ripercorre il processo di canonizzazione, mescolando il racconto ai documenti, le interviste al fenomeno di profonda devozione nei confronti di uno dei pontefici più amati di sempre. L’a., giornalista e vaticanista, costruisce un resoconto completo sul processo di canonizzazione più rapido della storia della Chiesa. Dalla guarigione miracolosa di Floribeth Diaz, alla malattia, il ritratto di un papa capace «con la fede di superare barriere e pregiudizi entrando nel cuore dei fedeli di tutto il mondo». Yáñez H.M. (a cura di), Evangelii gaudium: il testo ci interroga. Chiavi di lettura, testimonianze e prospettive, Gregorian & Biblical Press, Roma 2014, pp. 293, € 30,00. 9788878392908 I l vol. è il frutto di una riflessione interdisciplinare sul testo magisteriale Evangelii gaudium tra docenti della Pontificia università gregoriana coordinati dal Dipartimento di teologia morale. L’obiettivo, oltre a quello di offrire chiavi di lettura e possibili applicazioni pastorali nate dalla lettura critica del testo, è di rendere feconda la relazione tra magistero e teologia, considerando che in questo caso è proprio il magistero a domandare alla teologia di continuare a pensare con quella creatività che deve essere capace d’armonizzare «prudenza e audacia». Zaccuri A., Francesco. Il cristianesimo semplice di papa Bergoglio, Il Melangolo, Genova 2014, pp. 56, € 6,00. 9788870189353 Q uesto brevissimo saggio getta luce sulle affinità problematiche della religiosità di Francesco d’Assisi, di Ignazio di Loyola e papa Francesco. Ciò che li accomuna è la loro fede radicata in Cristo e nell’altro come apertura al mondo e al rischio, rifiutando la «paranoia della sicurezza». Così la loro religiosità si presenta come una battaglia in cui le ferite possibili sono incluse nella stessa fede. L’a. esamina questi aspetti attraverso un’interessante interpretazione di un quadro di Zurbarán in cui Francesco d’Assisi manifesta il senso della sua scelta di povertà, densa di significati ecclesiali ed esistenziali come per Ignazio e per papa Francesco, che non sono riducibili a schermi retorici come molti detrattori hanno voluto vedere nei loro gesti e nelle loro parole. Comitato preparatorio (CEI), In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno ecclesiale nazionale, EDB, Bologna 2014, pp. 61, € 2,50. 9788810113424 Enchiridion Vaticanum 28. Documenti ufficiali della Santa Sede 2012, EDB, Bologna 2014, pp. XLV+1229+211, € 48,00. 9788810802571 Storia, Saggistica Aa. Vv., Il pallone del tiranno. Storie di calcio e dittature, SEI, Torino 2014, pp. 267, € 15,00. 9788805075058 I regimi totalitari e il calcio: due temi apparentemente distanti, ma che s’intrecciano nella storia del Novecento, secolo in cui le dittature hanno spesso utilizzato lo sport come strumento di propaganda. La I parte del libro racconta le storie di 4 sportivi d’epoca fascista, la II quella di Matthias Sindelar, campione austriaco che rifiutò la maglia della nazionale tedesca per poi morire misteriosamente. A seguire, le vicende dello Spartak di Mosca e dei fratelli Starostin, passati attraverso tutta la parabola del comunismo sovietico, e quella di Alfredo di Stefano, argentino diventato suo malgrado uomo-immagine del Real Madrid e del franchismo. Aa. Vv., Tommaso Moro. A cura di E. Rialti, Lindau, Torino 2014, pp. 184, € 18,00. 9788867082773 I l dramma Tommaso Moro, scritto a più mai nell’Inghilterra di fine Cinquecento inizio Seicento, riscuote ancora oggi il grande interesse tra storici e critici letterari. Ma non tanto per i suoi meriti letterari, quanto piuttosto per CCIII Il Regno - attualità 22/2014 789 la questione che riguarda misura e natura del coinvolgimento di Shakespeare nell’opera. Se è assodato che il grande drammaturgo inglese scrisse la parte centrale del dramma (di 159 versi), diversi critici sostengono che egli sia addirittura l’ispiratore dell’opera. Ipotesi, questa, quanto mai suggestiva, perché rivelerebbe la condivisione della fede cattolica fra due figure straordinarie: il grande umanista martirizzato da Enrico VIII e uno fra i più grandi poeti di ogni tempo. Conte M.L., Un giornalismo per uomini vivi, EMP - Edizioni Messaggero, Padova 2014, pp. 327, € 27,00. 9788825035773 N ell’era di Internet c’è ancora spazio per un giornalismo di contenuti? La società di oggi sembra andare in un’altra direzione, così com’è assediata dai media, complessa e plurale, incalzata dalla velocità di una comunicazione. In questo contesto ha ancora un senso parlare di giornalismo culturale? Una strada c’è – afferma l’a. – ed è ben esemplificata dall’esperienza della Domenica, supplemento culturale del Sole 24 Ore, il «caso» che viene studiato in queste pagine. Così ci si accorge che è stata proprio la capacità di immergersi nel presente a determinare il successo dell’esperimento. «New media, old values», è la formula vincente per Gianni Riotta. I valori di un tempo possono emergere anche sul web. Gregory T., Principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente, Laterza, Roma-Bari 2013, pp. 79, € 7,90. 9788858113196 S correndo la bibliografia del presente vol. ci si rende conto di come la riflessione sulla figura del diavolo, e più in generale sulla demonologia, sia discontinua e pressoché assente dagli studi storici e sociologici da quasi 30 anni; un’assenza registrata peraltro anche dal punto di vista della riflessione teologica. Con rigore storico e filologico, questo breve ma documentato saggio mostra la comprensione del diavolo e del demoniaco in Occidente partendo dalla riflessione esegetica, apologetica e teologica dei padri della Chiesa – soprattutto di Agostino – per arrivare all’uso politico che di questa figura è stato fatto negli ultimi secoli della società medioevale. L ibri del mese / schede O’Reilly B., Dugard M., Killing Jesus. Traduzione di G. Zucca, Piemme, Milano 2014, pp. 275, € 16,50. 9788856638745 P roseguendo la linea dei due precedenti lavori, Killing Lincoln e Killing Kennedey, i due aa. si occupano in questo vol. di un altro celebre e «scomodo» personaggio storico brutalmente ucciso: Gesù di Nazaret. Specificando che non si tratta di un libro religioso e considerando il Nazareno solo come «un uomo che scatenò l’entusiasmo di tanti e l’odio di altrettanti potenti nemici», i due giornalisti cattolici sembrano essere interessati, oltre che alla verità storica, a mostrare l’eterna lotta tra bene e male. Per loro stessa ammissione, questa biografia deve essere considerata come la protologia delle due biografie precedenti riguardanti i due presidenti: «Ferventi credenti nella divinità di Gesù». Rüpke J., Il crocevia del mito. Religione e narrazione nel mondo antico, EDB, Bologna 2014, pp. 50, € 6,50. 9788810558225 L’ idea che al di fuori di noi gli uomini o altri enti possano influenzare il corso delle cose nella natura e nella storia è presente in tutte le culture. Ma è nel bacino del Mediterraneo, nel corso del I sec. a.C., che diviene popolare la pratica di rappresentare gli dèi in forma umana. Poiché essi compiono azioni destinate ad avere effetto sugli uomini, vengono ricordati i grandi avvenimenti in cui non manca l’intervento di un dio chiamato in soccorso. La cultura greca offre la possibilità di rendere pubblici questi racconti sia nel teatro che nelle espressioni tradizionali della poesia e del canto. È in questo contesto che i miti si configurano come storie o, più semplicemente, come «esposizioni». Smolin L., La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica al futuro dell’universo. Traduzione di S. Frediani, Einaudi, Torino 2014, pp. XXX + 300, € 32,00. 9788806206970 I libri di cosmologia riescono sempre a stupire e in particolar modo quelli pubblicati negli ultimi decenni. Questo saggio ne è una conferma. Le nostre opinioni sulla struttura del mondo sono legate ancora a tesi aristoteliche e newtoniane che oggi risultano false o fuorvianti. Infatti, la fisica antica e quella classica si fondano su principi deterministici che pretendono di avere un valore atemporale e di non essere quindi soggette a mutamenti come gli enti naturali. Diversamente l’epistemologia contemporanea sostiene il carattere temporaneo della validità dei paradigmi scientifici. Certo la lettura può risultare ostica, ma il lettore può tuffarsi in questo mondo fantastico liberandosi dall’antropocentrismo che regolano molte delle sue convinzioni ed è portato a riflettere su paradossi come il «futuro del tempo». Valadier P., I sentieri della bellezza. Arte, morale e religione, EDB, Bologna 2014, pp. 171, € 18,50. 9788810560075 C on la liquidazione della cornice e del concetto di bellezza qualunque oggetto rischia di essere considerato, in quanto tale o perché disposto da mano umana, un’opera artistica. La giustificazione di ogni singolarità porta con sé l’imprevisto della banalizzazione e l’arte contemporanea viene interpellata sull’inaridimento delle proprie fonti d’ispirazione e sul presunto desiderio di sostituire la religione prendendone il posto. Il vol., che si colloca all’intreccio tra le dimensioni politica, morale e religiosa, s’interroga sulla realtà e sulla vitalità delle arti contemporanee senza nulla concedere a inclinazioni pessimistiche, apocalittiche o «declinistiche». L’a., uno dei maggiori studiosi del pensiero di Nietzsche, si propone d’individuare alcune «pagliuzze» nella paccottiglia, memore della reazione di Diderot ai sistematici detrattori dell’arte contemporanea: «Tu rimesti la sabbia di un fiume che trasporta pagliuzze d’oro, e ne ritorni le mani piene di sabbia, lasciando le pagliuzze». Politica, Economia, Società Belardelli G., La catastrofe della politica nell’Italia contemporanea. Per una storia della seconda Repubblica, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2014, pp. 97, € 12,00. 9788849840582 L 790 a «catastrofe della politica» che dà il titolo al vol. è quella avvenuta in Italia negli ultimi anni, quando la politica ha perso terreno rispetto Il Regno - attualità 22/2014 all’etica e al diritto. Questo fenomeno è sicuramente legato alla peculiarità di una seconda Repubblica incentrata sulla «guerra civile» tra berlusconismo e antiberlusconismo. Ma precede la discesa in campo di Berlusconi e persino Tangentopoli, determinando l’attuale situazione di stallo della politica italiana. Il 1° c. del vol. è inedito, mentre gli altri 3 riproducono saggi pubblicati in precedenza dall’a. Brooks A.C., La via della libertà. Come vincere la battaglia per la libera iniziativa. A cura di F. Felice e F. Martini, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2014, pp. 233, € 15,00. 9788849838688 N onostante il 70% degli americani abbia fiducia nel sistema fondato sulla libera iniziativa, negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno conosciuto un incremento dell’intervento statale in economia. Per questo nel contesto statunitense stanno fiorendo studi e ricerche volti a far riscoprire le virtù del capitalismo. Tra questi figura il testo dell’a., noto e influente analista economico statunitense, che spiega come il capitalismo non sia solo superiore dal punto di vista scientifico e materiale, ma soprattutto sotto il profilo morale. Il vol., pubblicato durante la campagna elettorale presidenziale del 2012, esce in italiano in versione riveduta e aggiornata. Giacomantonio F., Sociologia dell’agire politico. Bauman, Habermas, Žižek, Studium, Roma 2014, pp. 121, € 10,00. 9788838242922 L’ agire politico costituisce una delle forme di agire sociale più difficilmente esplicabili in maniera univoca, perché esso non si può ridurre né a una pura logica di razionalità, né a una mera forma di passione e coinvolgimento emotivo. Se la sua analisi dal punto di vista sociologico appare dunque complicata, nondimeno risulta impossibile, come dimostra questo testo, in cui l’a., dottore di ricerca in Filosofie e teorie sociali contemporanee, analizza i contributi di tre grandi sociologi contemporanei, quali Bauman, Habermas e Žižek. Giannatempo S., Il vangelo secondo Tolkien. Dalla Terra di Mezzo alla teologia pop, Claudiana, Torino 2014, pp. 112, € 11,50. 9788870169867 M olti equivoci e molte manipolazioni hanno caratterizzato la vicenda del grande scrittore britannico di confessione cattolica: di essere stato narratore fantasy, vale a dire quel genere di letterato influenzato da elementi magici e fantastici, e, ancor peggio, di essere stato nel nostro paese per anni catturato da una sedicente «cultura di destra» razzista e neofascista con cui il raffinato letterato inglese, professore a Oxford e autore del notissimo Il Signore degli Anelli, non aveva e non ha nulla a che fare. Tolkien, in realtà, come acutamente illustra l’a., in formazione verso il pastorato nella Chiesa valdese, è stato essenzialmente un cristiano che per tutta la sua esistenza si è lasciato interrogare, influenzare dalla Bibbia trasfondendo le sue storie in un affresco narrativo in cui rivivono pagine bibliche. Osservatorio internazionale card. Van Thuân sulla dottrina sociale della Chiesa, Un paese smarrito e la speranza di un popolo. Appello politico agli italiani, Cantagalli, Siena 2014, pp. 85, € 6,00. 9788868790325 D i fronte alla desolante assenza di una proposta politica organica e unitaria da parte dei cattolici in Italia, l’Osservatorio rivolge agli italiani un accorato «appello politico». Un testo che, come spiega mons. Giampaolo Crepaldi, fondatore e presidente, nonché vescovo di Trieste, vuole essere Appello, perché nasce dalla percezione di una drammatica urgenza; proposta perché presenta a tutti gli italiani un quadro di idee politiche concrete, nella convinzione che «la fede cattolica possa e debba entrare in aiuto alla ragione politica». Toyoda N., Fukushima. L’anno zero. Traduzione di Y. Saito, M. Forti, Jaca Book, Milano 2014, pp. 159, € 35,00. 9788816605046 P rima del disastro dell’11 marzo 2011 alla centrale atomica di Fukushima, in Giappone, era stato martellante il «mito della sicurezza», secondo cui un incidente nucleare in Giappone non sarebbe mai potuto accadere. Dopo che la catastrofe è però avvenuta, le forze filonucleari nipponiche hanno tramutato il «mito della sicurezza» in «mito della rassicurazione», minimizzando gli effetti delle radiazioni. Questo libro intende ricondurre il lettore alla realtà dei fatti, tramite un ricco contributo fotografico e di testimonianze. CCIV Pedagogia, Psicologia Clericetti G., Il primo pinocchio, Mimep-Docete, Pessano con Bornago (MI) 2014, pp. 86, € 14,00. 9788884242938 S i tratta del «rifacimento, con l’aggiunta di nuovi disegni» di un testo che «ho pubblicato ben 36 anni fa» – dice l’a., l’umorista Guido Clericetti, – con la «piccola casa editrice Città armoniosa, su richiesta dell’editore, il mio amico Giovanni Riva». È stato intitolato così perché la filastrocca che accompagna le 40 tavole è stata pensata per la lettura da parte di un adulto ai bambini che non sanno ancora leggere. Così le numerose avventure del burattino più famoso del mondo nate nel 1883 possono essere conosciute prima e più approfonditamente delle riduzioni che il potente mondo dell’animazione ne ha fatto De Vanna U., Noi, gli adolescenti. I grandi temi che più li coinvolgono affrontati da soli o insieme, in gruppo o in classe, Elledici, Torino 2014, pp. 144, € 14,90. 9788801056945 L’ adolescenza è un’età complessa, difficile da decifrare e da comprendere per chi, come genitori ed educatori, accompagna i ragazzi nel loro cammino di crescita. Questo testo può aiutare gli adulti a comprendere che cosa pensano gli adolescenti dell’amicizia e dell’amore, ma anche della fede e della preghiera. Ed è pure utile ai ragazzi stessi, che possono trovarvi molte domande su cui riflettere, da soli o insieme, in gruppo o a scuola. Ianes D., L’evoluzione dell’insegnante di sostegno. Verso una didattica inclusiva, Erickson, Trento 2014, pp. 159, € 17,00. 9788859004356 N ella scuola italiana si è ormai definitivamente affermato il principio dell’integrazione dell’alunno con disabilità, eppure, denuncia l’a., la sua applicazione concreta non può ritenersi soddisfacente. Il libro parte enunciando i risultati di molte ricerche sul campo in Italia per arrivare ad avanzare una proposta shock di riforma che elimini la figura dell’insegnante di sostegno. Al suo posto, un sistema che aumenti il numero di docenti curricolari, più ore di compresenza, una didattica veramente inclusiva e un numero ridotto di insegnanti esperti nella didattica speciale. Mastrofini F., Né castello né prigione. Come affrontare i problemi della vita in famiglia, EDB, Bologna 2014, pp. 132, € 12,50. 9788810809525 I l vol. si rivolge a tutte le persone che si domandano perché le relazioni possono diventare difficili, che si chiedono come è possibile migliorare la vita di coppia e della famiglia, che non si arrendono di fronte alla conflittualità e intendono trasformare i dissapori in opportunità di cambiamento. La I parte illustra 3 approcci teorici che inquadrano le relazioni interpersonali, la II analizza le più comuni difficoltà della vita familiare e la III si propone di offrire indicazioni pratiche per considerare la propria famiglia non un romantico castello o una prigione soffocante, ma un luogo in cui poter maturare e crescere. Pralong J., Come liberarsi dal senso di colpa, EDB, Bologna 2014, pp. 138, € 12,00. 9788810571163 I l senso di colpa mette allo scoperto la paura viscerale di non essere amati. Spesso ci sentiamo colpevoli e ci pieghiamo a giochi di ruolo per pacificare la nostra coscienza e piacere a coloro che ci giudicano senza pietà. Questa commedia contribuisce a privarci del diritto a essere noi stessi e camuffa la nostra autentica personalità. Affrontato nel dialogo con persone competenti, il senso di colpa può diventare un’occasione di crescita e maturazione. Quaglia S., Testimoni di umanità nella condizione postmoderna, EDB, Bologna 2014, pp. 83, € 6,50. 9788810605103 L a riflessione generale sull’educazione sembra essersi dissolta e polverizzata in ambiti specialistici di intervento, caratterizzati più da aspetti tecnici che da visioni di sistema. Tuttavia, come non ci si può sbarazzare facilmente della filosofia, necessaria al respiro della nostra interiorità, così è CCV inevitabile che l’urgenza educativa si faccia sempre più pressante quanto più si avverte lo smarrimento di fronte alla indecifrabilità di un presente così vasto e così complesso da scoraggiare ogni tentativo di comprensione unitaria. Nuove edizioni - ristampe Barbaglio G. (a cura di), Schede bibliche pastorali. Volume 1. A-L. Volume 2. M-Z. Nuova edizione riveduta e corretta, EDB, Bologna 2014, pp. XIV + 2227 e XIV + 2190, € 176,00. 9788810201671 - 9788810201688 D ue voll. per un totale di 430 voci bibliche, che coprono tutti i temi di teologia biblica, i personaggi più importanti dell’AT e del NT, e tutti i libri della sacra Scrittura. Ogni voce raccoglie ed espone il messaggio teologico e pastorale della Bibbia sull’argomento, è arricchita da lunghe citazioni bibliche, nella nuova versione della CEI 2008, esegeticamente analizzate e spiegate. Come suggerisce il titolo, si tratta di una riedizione, in parte rielaborata e per lo più nuova e originale, organizzata rispettando l’impianto conferitole da Giuseppe Barbaglio nella 2a edizione. Un’opera di grande respiro, da tempo esaurita. Cavrotti G. (a cura di), Primo Mazzolari. Con libertà e audacia apostolica. La collaborazione con «La vita cattolica» di Cremona, AVE, Roma 2013, pp. 368, € 18,00. 9788882847333 I l vol. pubblica in una nuova edizione, con note di commento, 78 articoli inizialmente editi dalla Fondazione Don Primo Mazzolari nel Quaderno n. 5 del 1990. Si tratta di articoli apparsi sul settimanale diocesano cremonese La voce cattolica nel trentennio – 1927-1959 – di collaborazione di don Primo Mazzolari col giornale; 59 di questi uscirono a sua firma, altri 2 anonimi ma sicuramente suoi, i restanti scritti da persone che avevano presenziato a sue conferenze. L’Introduzione illustra brevemente il contesto storico degli articoli, il profilo del periodico e i tratti salienti dei testi successivamente riportati, onde ricavarne alcune delle peculiarità di don Mazzolari. Cognet L., Storia della spiritualità/10. La scuola spagnola (1500-1650). Nuova edizione, EDB, Bologna 2014, pp. 258, € 28,00. 9788810304358 I l XVI sec., che segna l’emancipazione della cultura dalla tutela del clero, offre nel campo della spiritualità un impressionante abbondanza di materiale scritto, favorita anche dall’invenzione della stampa. Accanto alla frattura protestante e alla reazione cattolica, la Chiesa assiste in questo periodo anche a una riforma dall’interno suscitata da un gran numero di «santi» impegnati a fare rifiorire una religiosità più autentica. 3 di queste grandi figure segnano il «secolo d’oro» della spiritualità spagnola: Ignazio di Loyola (1491-1556), Teresa d Avila (1515-1582) e Giovanni della Croce (1542-1591), protagonisti, assieme alle loro scuole, del vol. Macchi P., Paolo VI nella sua parola. Nuova edizione, Morcelliana, Brescia 2014, pp. 405, € 25,00. 9788837228033 I l vol. è una riedizione – ampliata con una Postfazione del card. Capovilla – del testo, uscito nel 2001 a firma di colui che fu il segretario di Montini dal 1954. Esso apre la collana «Montiniana» che raccoglie i testi del papa beatificato il 19 ottobre scorso. In questo 1o vol. Macchi dissemina delle «tracce, dei richiami che attingono agli anni del periodo milanese e molto di più a quelli del sommo pontificato, e vogliono delineare la luminosa e paterna figura di questo papa». Nei voll. successivi sono presentati l’Ecclesiam suam, l’Evangelii nuntiandi, la Populorum progressio, il Pensiero alla morte e prossimamente l’Humanae vitae: le parole dirette del pontefice che portò a termine l’immenso compito del Vaticano II. Il Regno - attualità 22/2014 791 L L ibri del mese / segnalazioni L. Girardi, A. Grillo, D.E. Viganò, Sacrosanctum Concilium inter mirifica Commentario ai documenti del Vaticano II, a cura di S. Noceti e R. Repole. 1 EDB, Bologna 2014, pp. 416, euro 42,00. 9788810408452 Le parole con cui i padri conciliari concludono il loro insegnamento sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes, n. 91) rappresentano una preziosa suggestione che orienta alla successiva fase di recezione postconciliare consegnandone alcuni criteri fondamentali, che oltrepassano chiaramente la sola costituzione pastorale. Come dopo ogni concilio, infatti, anche dopo il Vaticano II si è aperto il processo di recezione. Lungi dall’essere una mera applicazione della lettera dei documenti, esso è un processo d’accoglienza viva, da parte delle Chiese, di quanto l’evento conciliare e i suoi testi, hanno maturato e consegnato. Profondo rinnovamento. Ciò è particolarmente vero nel caso del Vaticano II. È noto infatti che l’ultimo Concilio ha avuto un’intenzione «pastorale» e ha avviato un necessario rinnovamento ecclesiologico ed ecclesiale, nel più vasto orizzonte di un ripensamento della stessa rivelazione divina e, più in generale, della dottrina cristiana. Il rinnovamento ecclesiologico è stato incentrato sull’idea di popolo di Dio; apre quindi a una comprensione della recezione come fatto che coinvolge tutti i soggetti ecclesiali. La riscoperta, dopo secoli, del valore delle Chiese locali, fa poi sì che la recezione sia un processo d’aggiornamento e inculturazione che rende la Chiesa effettivamente mondiale. Ciò non toglie che punto di riferimento costante rimangano i documenti promulgati. Senza di essi ogni discorso sulla recezione sarebbe privo di senso. Ciò appare ancora più rilevante a cinquant’anni dalla conclusione del Concilio, mentre assistiamo a un cambio generazionale: non ci sono più i protagonisti (padri conciliari e periti); sta scomparendo la generazione di chi ha vissuto in prima persona il mutamento conciliare e ne ha custodito finora la memoria; sta svanendo anche la voce di quanti, accogliendo la lezione conciliare, si sono adoperati per una profonda rielaborazione teologica. Per quanti sono «nati» dopo il Concilio, i documenti costituiscono un punto di riferimento imprescindibile, una preziosa eredità ricevuta e da trasmettere, un faro anche per le 792 Il Regno - attualità 22/2014 future fasi di recezione. Ciò è tanto più vero per coloro che sono investiti del ministero teologico: una generazione nuova, che ha già beneficiato, nei propri itinerari formativi, del rinnovamento teologico postconciliare. È in questo quadro che si comprende la necessità di un lavoro di commento ai testi del Concilio. All’indomani del Vaticano II, ci fu la pubblicazione di numerosi commentari ai documenti, in molti casi redatti da coloro che furono protagonisti – in qualità di padri conciliari o di periti – della loro elaborazione. Questi testi hanno accompagnato la prima fase postconciliare, contribuendo non poco alla diffusione delle novità teologiche emerse e dei processi di riforma che ne erano scaturiti. A cinquant’anni di distanza dall’evento, in un contesto di vivace dibattito sulle ermeneutiche – che ha visto come protagonisti sia il magistero sia la teologia – si avverte la necessità di un ritorno alla lettura puntuale dei testi conciliari per offrirne un commento teologico-sistematico, che goda della novità di prospettiva che la distanza temporale ormai permette. Infatti, la pubblicazione degli Acta Synodalia, la ricostruzione della storia dell’evento conciliare e della redazione dei documenti (in particolare quanto espresso dalla pubblicazione della preziosa ricerca coordinata da G. Alberigo con la Storia del concilio Vaticano II), le sinossi, gli innumerevoli studi monografici dedicati ai testi controversi, agli orientamenti teologici e ai dibattiti conciliari, richiedono – e allo stesso tempo permettono – una lettura critica di taglio filologico dei singoli documenti, collocati nel quadro complessivo e unitario rappresentato dal «corpus testuale-dottrinale» del Vaticano II. Tale unitarietà è comprensibile alla luce della finalità che il Concilio si è dato, che i due pontefici hanno indicato ad apertura della prima e della seconda fase e che i padri conciliari hanno rimodulato durante i lavori, grazie ai dibattiti e alle stesse dinamiche del convenire conciliare. Sarà questa la prospettiva fondamentale in cui si colloca il presente commentario: su tale approccio metodologico ed ermeneutico si radica l’impianto che è stato assunto dai diversi autori e caratterizzerà questo lavoro, distinguendolo da altri commentari di recente pubblicazione. Rispetto a essi, la novità è data pertanto dal fatto che: si assumono gli scritti del Vaticano II come un unitario corpus letterarioteologico; si offre, di ogni singolo testo, un commento di stampo filologico, che si avvalga degli studi storico-teologici finora realizzati; si legge ciascun testo, tenendo conto – per quanto possibile – della recezione che esso ha all’interno di altri passi conciliari o di importanti testi magisteriali successivi. In concreto, i primi otto volumi saranno perciò dedicati all’introduzione e al commento puntuale delle costituzioni, dei decreti e delle dichiarazioni, secondo una successione che tenga conto dello svolgersi delle sessioni conciliari e, per ogni fase, di affinità tematica. Il dibattito e le ermeneutiche. Proprio la collocazione di ogni documento nell’evento conciliare e nell’intero corpus testuale-dottrinale motiva la scelta di svolgere un commento puntuale di ogni paragrafo, che tenga presente i dibattiti avvenuti in fase redazionale, segnali punti di contatto con altri passi conciliari in cui sono presenti gli stessi temi e indichi – eventualmente – citazioni magisteriali postconciliari ermeneuticamente significative. Ciascuno di questi volumi si avvale inoltre di un’Introduzione generale ai singoli documenti, che ne esamina l’impianto teologico, la formazione letteraria, i riferimenti culturali, i presupposti biblici, patristici, filosofici ecc., insieme alle linee di recezione teologica, ponendo particolare attenzione alle implicazioni ecumeniche. La ricchezza degli studi postconciliari è richiamata nella bibliografia generale, ma soprattutto in quella riferita ai singoli paragrafi: data l’ampiezza del materiale oggi a disposizione, i richiami sono selezionati, senza alcuna pretesa di esaustività. Con questa impostazione s’intende accogliere le principali acquisizioni che vengono dal dibattito sui criteri ermeneutici dei testi conciliari, che ha visto come protagonisti studiosi quali Ratzinger, Kasper, Congar, Theobald, O’Malley... Il nono volume motiverà la scelta di riferirsi a un corpus testuale-dottrinale, individuando e dibattendo i principali snodi teologici emergenti da una lettura trasversale dei documenti. Il confronto tra una siffatta analisi dei testi e le traiettorie della recezione ed ermeneutica postconciliari permetterà di cogliere, altresì, quali siano state le questioni rimaste aperte alla chiusura del corpus testuale: in particolare quelle che, ancora oggi, chiedono ulteriori elaborazioni. Il Commentario, che beneficia dell’apporto di oltre trenta studiosi, donne e uomini, è espressione della volontà dell’Associazione teologica italiana di servire – come indicato dallo stesso Statuto – la memoria viva del Vaticano II. In tal modo s’intende rispondere alla richiesta di quanti – studiosi, ricercatori, studenti e docenti di discipline teologiche – desiderano uno strumento scientifico adatto all’attuale contesto culturale, ecclesiale e teologico. Serena Noceti, Roberto Repole* * Questo testo, che pubblichiamo per gentile concessione degli autori e dell’editore, costituisce l’Introduzione generale all’opera, della quale a oggi è uscito il primo dei 9 voll. previsti. Il comitato scientifico del Commentario è composto da Pierluigi Cabri, Giacomo Canobbio, Piero Coda, Vincenzo Di Pilato, Massimo Faggioli, Angelo Maffeis, Serena Noceti, Roberto Repole, Gilles Routhier. CCVI Famiglie I testi principali dell’Assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, EDB, Bologna 2014, pp. 117, € 11,50. 9788810565070 I. Ingrao, Amore e sesso ai tempi di papa Francesco Le coppie, le famiglie, la Chiesa, Piemme, Milano 2014, pp. 194, € 14,50. 9788856644944 A. Spadaro, La famiglia è il futuro Tutti i documenti del Sinodo straordinario 2014, Àncora – La Civiltà cattolica, Milano 2014, pp. 236, € 15,00. 9788851415136 L’ occasione del Sinodo era ghiotta. La discussione, i documenti, il rapporto con i media… Tutto andava nella direzione di rendere disponibili su carta questi materiali per favorire una riflessione su tempi più distesi e preparare quella in vista del 2015. E, dopo i fascicoli a punto metallico – quello di EDB ha riportato utilmente nella Relatio Synodi i placet/ non placet sotto a ogni numero – e a un ebook pubblicato da Repubblica (!), sono anche arrivati i libri. Il titolo più «sparato», quello del volume a firma del vaticanista di Panorama Ignazio Ingrao, è stato anche il primo ad arrivare in libreria: a dispetto del titolo, si tratta di un documentato e gradevole excursus dall’indizione dei due Sinodi (ottobre 2013) fino a quello celebrato nell’ottobre 2014, con in Appendice la Relatio Synodi. È poi venuto il libro curato da p. Antonio Spadaro, che aveva partecipato al Sinodo come esperto nominato da papa Francesco. Il suo commento all’intero percorso sinodale accompagna la pubblicazione di tutti i documenti del Sinodo, dal documento di lavoro all’allocuzione finale di papa Francesco, passando dalle relazioni dei circuli minores (in lingua originale). E infine il libro EDB, che presenta i 7 documenti principali dell’assise con una breve introduzione del sociologo Franco Garelli. Le nuove 46 domande, pubblicate il 9 dicembre scorso e che, assieme al Messaggio al popolo di Dio, alla Relatio Synodi e al discorso finale del papa, costituiscono il documento di lavoro per il 2015, danno il via ai nuovi materiali per il Sinodo ordinario: gli editori sono avvisati… chiavi di lettura F. Garelli, Nati per leggere L e ultime cifre diffuse proprio in questi giorni da Save the children Italia, con il 5° Atlante dell’infanzia, parlano di 1 milione 434.000 under 18 (13,8% del totale dei minori) in povertà assoluta, cioè senza il necessario per vivere una vita quotidiana dignitosa; 2 milioni 400 mila minori in povertà relativa, cioè in famiglie con un reddito molto basso e quindi costrette a tagliare dove possibile. E ribadiscono che «la deprivazione culturale va di pari passo con quella economica». Leggere queste e le tantissime cose raccolte nell’Atlante fa esplodere la domanda «chi se ne occuperà?» e un affannosa ricerca di squarci di positivo, che esistono. E sono promettenti. Come lo è l’esperienza di Nati per leggere, progetto costituito nel 1999 dalla sinergia tra l’Associazione culturale pediatri, l’Associazione italiana biblioteche e il Centro per la salute del bambino. Il cuore del progetto è semplicissimo: se hai a che fare con un bambino, sia tu genitore, pediatra, insegnante, operatore socio-educativo o altro, mettiti vicino a lui e inizia a leggergli un libro ad alta voce. La lettura ad alta voce è infatti un elisir dai molteplici benefici: rafforza la relazione adulto-bambino, arricchisce il vocabolario dei più piccoli che sapranno esprimersi meglio, crea l’abitudine all’ascolto, aumenta i tempi d’attenzione, accresce il desiderio d’imparare a leggere e conoscere, regala momenti di piacere. Molto consistente ormai è la letteratura scientifica che descrive come la lettura con i bambini fin dalla più tenera infanzia favorisca e sostenga la crescita armoniosa ed equilibrata dei piccoli sia sul piano cognitivo, sia su quello affettivo-relazionale. Modelli ispiratori di Nati per leggere sono le esperienze anglosassoni di Bookstart e quella americana di Reach out and read. In Italia oggi Nati per leggere si può incontrare in 1.200 comuni, attraverso circa 500 progetti e migliaia di volontari, spina dorsale del progetto, che nelle biblioteche, asili nido, consultori, ospedali, librerie prestano la loro voce ai libri, perché sempre più bambini tra i 6 mesi e i 6 anni possano entrare in contatto con l’esperienza meravigliosa della lettura e sempre più genitori possano essere coinvolti in questo esercizio. Infatti l’obiettivo del progetto è che si legga in famiglia, perché il libro è uno strumento utile, facile da usare ed efficace anche in mano ai genitori per entrare in relazione con il proprio bimbo, condividere emozioni, comunicare. Così Nati per leggere mette a disposizione attraverso i suoi «presidi» (e online) consigli su come, che cosa e quando leggere, con bibliografie ragionate, corsi di formazione, veri e propri laboratori di lettura o il semplice allestimento di spazi, presso gli studi dei pediatri ad esempio, riforniti di libri e del necessario per non fare altro che leggere. Se fino a qui Nati per leggere si è occupata di tutte le famiglie «normali» che arrivano dal pediatra o in biblioteca, ora la necessità è d’intercettare in modo più sistematico le famiglie straniere e quelle con fragilità economiche, sociali e culturali, perché stimoli offerti precocemente possono incidere in modo determinante sul destino di un bambino che vive in situazioni di disagio. Questa di fatto era l’esperienza americana che utilizzava la lettura per rompere il ciclo della povertà, offrendosi alla popolazione povera che affluiva al City Hospital di Boston. Così ad esempio a Napoli nel 2012 è nato il primo «punto.lettura», in collaborazione con l’amministrazione comunale, presso il Palazzo delle arti. Si tratta del primo spazio di lettura, educativo e di socialità per bambini in una città che non ha biblioteche né troppi servizi per la prima infanzia. E il mercoledì pomeriggio, un bus raccoglie mamme e bambini dai quartieri periferici o più fragili per portarli in centro, al «punto.lettura». L’esperienza sta contagiando altre realtà campane. In Lombardia, invece si sta preparando una bibliografia di libri per bambini provenienti da paesi stranieri nelle 7 lingue maggiormente parlate in regione (tra cui albanese, arabo, cinese, romeno). L’Abruzzo cerca di far arrivare a più famiglie possibile il messaggio del progetto attraverso la formazione di educatori dei nidi e insegnanti della scuola dell’infanzia, perché in questi luoghi la lettura diventi consapevole pratica sociale e attività quotidiana educativa. Sarah Numico M.E. G. CCVII Il Regno - attualità 22/2014 793 L iletture Mariapia Veladiano ibri del mese L’Osservatore delle donne Il primo numero è un fuoco d’artificio: la santa è Giovanna d’Arco, l’articolo di attualità parla di schiave del sesso e suore, il pezzo di cultura è su Artemisia Gentileschi (c’era la mostra a Parigi). Son quasi tre anni da che L’Osservatore romano pubblica l’inserto «Donne Chiesa mondo». Così il titolo, tre parole scritte senza maiuscole e senza virgole. Quel che conta è la sequenza senza soluzione di continuità. Si parte dalle donne, donne importanti e no, importanti in modo canonico e no, si racconta il loro vivere la Chiesa e il mondo. Quel primo numero fece gran parlare soprattutto la stampa straniera. Più distratta quella italiana. Sospettosa. O, semplicemente, forse serve la distanza per vedere meglio le proporzioni della novità. E il quotidiano della Santa Sede che pubblica un inserto mensile dedicato alle donne è sì una notizia. L’inserto è nato nel maggio 2012, il giorno della Visitazione, memoria di Maria ed Elisabetta, due donne che hanno conosciuto l’eternità dell’istante arrivato come dono. Un bel dipinto di Isabella Ducrot le mostra abbracciate, in prima pagina, in un girotondo sospeso di abiti e veli. Portate. Si vedono due donne ma in loro c’è il mondo nuovo che viene. Elisabetta e il suo bambino Giovanni riconoscono Maria e il suo bambino Gesù e lo cantano con parole che tutto il mondo canterà. Sta nella donna questo cambiare il mondo. Un prima e un dopo assoluti abitano ogni nascita. Difficile immaginare qualcosa di più assoluto. E che sia questo, esattamente, il loro compito nella Chiesa, cioè ricordare e realizzare il suo essere che è inaugurare la vita nuova, rovesciare ogni ingiustizia, i potenti giù dai troni, i ricchi a mani vuote, i miti a ereditare la terra, già questa nostra terra, che sia questo il compito della donna è stato detto nel bene e nel male. Il bene di una teologia e storia che hanno riconosciuto l’immensità del materno. Il male di una teologia che ha voluto fissare le donne nel loro essere appunto solo madri, nel corpo o nello spirito, ma madri e se non son questo quasi manca il linguaggio per dirle. Come se non bastasse essere donna. Ma esiste un lungo, documentato, faticoso, esaltante percorso di donne credenti e non credenti che ci consegnano questa consapevolezza del valore della donna, percorso già fatto e però sempre pronto a essere dimenticato perché nella Chiesa come nel mondo il potere e la visibilità sono ancora scritti al maschile e le tentazioni sono infinite, al maschile e al femminile: malafede, piaggeria, ambizione, imitazione. Prevaricazione. Potere, alla fine è il potere il nemico. E rimane «tutt’altro che facile identificare posizioni 794 Il Regno - attualità 22/2014 autorevoli, alternative a quelle occupate dagli uomini», lo scrive Gian Paolo Salvini nell’ultimo numero. Ma poi, quando si tratta di uscire dalla denuncia e di tracciare una strada, Salvini non ci aiuta a immaginare come la «fantasia» che pure attribuisce alla Chiesa possa aprire davvero strade nuove fra «canoni e rigide norme intoccabili». L’inserto tiene saldamente il filo di una storia di presenza, intelligenza, affermazione delle donne che c’è stata, c’è e però non è (ancora) storia accettata e condivisa nella Chiesa come fuori. Chi ha seguito l’inserto in questi quasi tre anni ha trovato teologhe, musiciste, ballerine, architette, attrici, suore, donne fuori dagli stereotipi opachi che avvelenano tanto immaginario anche credente. Non c’è un’unica luminosa univoca scolpita unanimità di posizioni nell’inserto. A volte viene un brivido a leggere di posizioni tutto sommato ancora segnate da una subalternità paternalistica eppure sostenute da donne di Chiesa. Certo la linea editoriale è invece chiara, «Lavorare di più per fare una profonda teologia della donna», secondo le parole di papa Francesco riportate in prima pagina. È un parlare conoscendo e ricordando la storia. Per cui anche i libri e i film recensiti non sono necessariamente le novità, mentre le sante proposte in ciascun inserto (ora anche nel volume Donne @ moderne, EDB, Bologna 2014) rivivono dentro un’attualità ricercata. Ci sono uomini in redazione, ma l’inserto è pensato completamente da Giulia Galeotti, caporedattrice della cultura de L’Osservatore romano, Lucetta Scaraffia, storica, e Ritanna Armeni, giornalista. L’ultimo anno «Donne Chiesa mondo» si è dedicato alla teologia della donna, con interventi di segno molto diverso. Il percorso si è concluso con un dibattito riportato nel numero di dicembre in cui Luisa Muraro, con il suo dire scolpito e sempre un poco abrasivo, dice quel che del movimento femminista deve restare, ovvero l’ispirazione originaria che non si vuole conquistare il potere ma «disfare dall’interno il potere, per sostituirlo con l’energia simbolica della parola e delle relazioni, cioè quello che si chiama autorità». Bello questo ricordare che non è la conservazione la nostra vocazione di cristiani, uomini e donne. La conservazione è una tentazione. La conversione è vita nuova ritrovata. Peccato per le vignette di Cinzia Leone, sparite a metà strada perché turbavano qualche sensibilità. Non solo della donna si ha ancora paura, ma anche dell’ironia. Un po’ di (im)paludamento la Chiesa ancora lo soffre. CCVIII diario ecumenico Novembre Italia – Convegno dei Focolari sull’ecumenismo. Al 33° Convegno di vescovi amici del movimento dei Focolari, che si svolge a Castelgandolfo dal 3 al 7 novembre, partecipano 39 vescovi da 29 nazioni e da 8 diverse Chiese cristiane – tra cui quelle luterane, metodiste e anglicana –, per riflettere sul tema centrale «L’eucaristia, mistero di comunione». Il vescovo luterano tedesco Christian Krause, già presidente della Federazione luterana mondiale (FLM) e firmatario nel 1999 della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, riferisce all’agenzia NEV del 12 novembre: «Il fatto che i cristiani non condividano la cena del Signore e la celebrino separatamente è una realtà estremamente dolorosa. Nel mio intervento al Convegno ho presentato la possibilità dell’ospitalità eucaristica che consiste nell’invitare alla propria mensa cristiani appartenenti ad altre Chiese, senza tuttavia chiedere a quest’ultimi di condividere la concezione sacramentale della Chiesa ospitante». Il 7 i partecipanti al convegno incontrano papa Francesco, al quale Krause dice: «Fra tre anni avremo l’occasione di manifestare insieme con maggiore chiarezza e incisività la nostra unità in Cristo davanti al mondo intero: si celebrerà allora il cinquecentenario della Riforma del 1517. Vorremmo celebrarlo insieme a lei nel segno dell’amore di Dio come una testimonianza rivolta a tutta la cristianità della terra». Il pastore Gottfried Locher, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Svizzera, dichiara poi alla NEV: «Mi potrei immaginare molto bene di organizzare qualcosa in occasione del giubileo della Riforma insieme a papa Francesco». Oslo – Carta per la libertà religiosa e di credo. L’8 novembre a Oslo presso il Centro Nobel per la pace viene firmata da una trentina di deputati di diverse fedi e paesi – riuniti nella Coalizione internazionale di parlamentari impegnati a favore della libertà religiosa – una Carta per la libertà religiosa e di credo, che esprime l’impegno a promuovere ovunque la piena applicazione dell’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. L’iniziativa è promossa dalla US Commission on International Religious Freedom. Luterani tedeschi – Nuovo presidente. L’11 novembre il Sinodo della Chiesa evangelica in Germania (EKD) riunito a Dresda elegge come nuovo presidente, dopo il ritiro anticipato di Nikolaus Schneider, il vescovo luterano Heinrich Bedford-Strohm, 54 anni, della Chiesa evangelica luterana della Baviera, con i due terzi dei voti. Teologo esperto di etica sociale e di tematiche sulla globalizzazione, Bedford-Strohm ha avuto diversi incarichi sia nel Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) sia nella Comunione di Chiese protestanti in Europa (CCPE), e sarà sotto il suo mandato che la Chiesa luterana tedesca celebrerà nel 2017 il Giubileo della Riforma (cf. Regno-att. 16,2014,589). Chiesa d’Inghilterra – Arrivano le donne vescovo. Il 17 novembre il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra approva il provvedimento che permette alle donne di essere ordinate vescovo nella Chiesa madre della Comunione anglicana. Il varo formale della legislazione è conseguenza del voto del Sinodo generale dello scorso 14 luglio (cf. Regno-att. 16,2014,589), a seguito del quale la nuova formulazione è stata approvata in Parlamento e ha ricevuto l’approvazione reale (la regina è il capo della Chiesa d’Inghilterra). Il 17 dicembre il primo ministro annuncia il nome della prima donna vescovo: sarà Libby Lane, attualmente vicaria di St. Peter’s Hale e St. Elizabet’s Ashley nella diocesi di Chester, che verrà consacrata vescovo di Stockport il 26 gennaio. È una delle otto donne prete elette come osservatori partecipanti nella Camera dei vescovi. Unitatis redintegratio – 50° anniversario. In occasione della ricorrenza, il 21 novembre, del 50° anniversario della promulgazione del decreto Unitatis redintegratio del concilio Vaticano II sull’ecumenismo, la Sessione plenaria del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che si tiene dal 18 al 21 novembre, verte sul tema «La meta dell’ecumenismo: principi, opportunità e sfide a cinquant’anni da Unitatis redintegratio». Il 20 il papa consegna una lettera ai membri del Consiglio: «Mentre rendiamo grazie – afferma –, dobbiamo riconoscere che tra cristiani siamo ancora divisi, e che divergenze su nuovi temi antropologici ed etici rendono più complicato il nostro cammino verso l’unità. Tuttavia, non possiamo cedere allo sconforto e alla rassegnazione, ma continuare a confidare in Dio che pone nei cuori dei cristiani semi di amore e di unità, per affrontare con slancio rinnovato le sfide ecumeniche di oggi: per coltivare l’ecumenismo spirituale, per valorizzare l’ecumenismo del sangue, per camminare insieme nella via del Vangelo. (...) Riguardo all’ecumenismo del sangue, proprio Unitatis redintegratio invitava a valorizzarlo riconoscendo, nei fratelli e nelle sorelle di altre Chiese e comunità cristiane, la capacità – donata da Dio – di dare testimonianza a Cristo fino al sacrificio della vita (cf. n. 4). (…) In questi mesi, incontrando tanti cristiani non cattolici, o leggendo le loro lettere, ho potuto vedere come, malgrado questioni aperte che ancora ci separano, esiste un diffuso e forte desiderio di camminare insieme, di pregare, di conoscere e amare il Signore, di collaborare nel servizio e nella solidarietà con i deboli e i sofferenti. Sono convinto di questo: in un cammino comune, con la guida dello Spirito Santo e imparando gli uni dagli altri possiamo crescere nella comunione che già ci unisce». Bose – Convegno «Storicizzare l’ecumenismo». Dal 26 al 28 novembre si tiene presso il Monastero di Bose un convegno internazionale su «Storicizzare l’ecumenismo», che avvia il progetto di ricerca internazionale «Storicizzare l’ecumenismo: l’aspirazione cristiana all’unità delle Chiese tra il XIX e il XX secolo», lanciato dalla Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna. L’impostazione della ricerca sarà interdisciplinare. Si analizzerà l’evoluzione dell’atteggiamento delle Chiese cristiane anche in relazione agli eventi politici nelle successive fasi storiche. Tra i relatori del convegno il priore della comunità di Bose Enzo Bianchi, il prof. Alberto Melloni, storico del cristianesimo e del concilio Vaticano II e direttore della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, Maximos Vgenopoulos, grande arcidiacono del Patriarcato di Costantinopoli, Karim Schelkens della Facoltà di teologia e studi religiosi dell’Università di Lovanio, e il teologo ortodosso Vladimir Shmaliy, dell’Accademia teologica di Mosca. Dichiarazione congiunta tra Francesco e Bartolomeo I. Il 30 novembre durante il viaggio di Francesco in Turchia, presso la sede del Patriarcato Ecumenico a Istanbul il papa e il patriarca ortodosso Bartolomeo I leggono e firmano una Dichiarazione congiunta in cui ribadiscono l’impegno per l’unità e lanciano un appello di pace per il Medio Oriente e l’Ucraina (Regno-doc. 21,2014,669). Papa Francesco e Bartolomeo riaffermano con forza la volontà di «continuare a camminare insieme al fine di superare, con amore e fiducia, gli ostacoli» che ancora dividono la Chiesa cattolica e quella ortodossa. «Esprimiamo la nostra sincera e ferma intenzione – si legge nella Dichiarazione congiunta – in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi». Cf. in questo numero alle pp. 766-771. Daniela Sala Il Regno - attualità 22/2014 795 a agenda vaticana NOVEMBRE Non devastare il creato. «Noi siamo capaci di devastare meglio degli angeli [dell’Apocalisse] e questo lo stiamo facendo: devastare il creato, devastare la vita, devastare le culture, devastare i valori, devastare la speranza. E quanto bisogno abbiamo della forza del Signore per fermare questa pazza carriera di distruzione»: così Francesco il 1° novembre durante la celebrazione al cimitero del Verano. Burke – Mamberti – Gallagher – Sarah. L’8 novembre il papa nomina patrono dell’Ordine di Malta il card. Raymond Leo Burke, finora prefetto della Segnatura apostolica; prefetto della Segnatura l’arcivescovo Dominique Mamberti, finora segretario per i rapporti con gli stati; segretario per i rapporti l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, finora nunzio in Australia. Il 23 novembre nomina prefetto della Congregazione per il culto il card. Robert Sarah, finora presidente di Cor Unum. Cf. Regno-att. 20,2014,694. «Perseguitati perché cristiani». «Seguo con grande trepidazione le drammatiche vicende dei cristiani che in varie parti del mondo sono perseguitati e uccisi a motivo del loro credo religioso. Sento il bisogno di esprimere la mia profonda vicinanza spirituale alle comunità cristiane duramente colpite da un’assurda violenza che non accenna a fermarsi, mentre incoraggio i pastori e i fedeli tutti a essere forti e saldi nella speranza. Per tutti i cristiani perseguitati perché cristiani preghiamo ora il Padre nostro»: così Francesco all’udienza generale del 12 novembre. Delle persecuzioni parlerà ancora a Strasburgo il 25 novembre e in Turchia a fine mese (vedi di seguito). Immigrati e periferia romana. «Cittadini e immigrati, con i rappresentanti delle istituzioni, possono incontrarsi, anche in una sala della parrocchia, e parlare insieme della situazione. L’importante è non cedere alla tentazione dello scontro, respingere ogni violenza. È possibile dialogare, ascoltarsi, progettare insieme, e in questo modo superare il sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza sempre più sicura, pacifica e inclusiva»: così Francesco all’Angelus del 16 novembre, dopo una settimana di scontri in Roma tra immigrati e residenti. Anno sinodale. Il 21 novembre il papa, in vista del Sinodo ordinario sulla famiglia convocato per l’ottobre 2015, nomina presidenti delegati i cardinali André Vingt-Trois (Parigi), Luis Antonio G. Tagle (Manila), Raymundo Damasceno Assis (Aparecida), Wilfrid Fox Napier (Durban); relatore generale il card. Péter Erdő (Esztergom-Budapest); segretario speciale l’arcivescovo Bruno Forte (Chieti-Vasto). Conferma cioè quanti avevano gestito l’Assemblea straordinaria dello scorso ottobre, aggiungendo ai tre presidenti provenienti dall’Europa, dalle Americhe e dall’Asia un presidente proveniente dall’Africa, Napier. Un comunicato del 20 novembre aveva informato che nella riunione del 18-19 il Consiglio del Sinodo aveva studiato come utilizzare «il periodo fra le due assemblee che non ha precedenti nella storia dell’istituzione sinodale» per «approfondire le tematiche e promuovere la discussione a livello delle conferenze episcopali, trovando i mezzi e gli strumenti necessari per coinvolgere le diverse istanze ecclesiali». Napolitano. Il 21 pomeriggio Francesco riceve al Santa Marta il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano «per un incontro strettamente privato», che gli osservatori interpretano come un commiato in vista della rinuncia del presidente al proprio mandato che si prevede vicina. 796 Il Regno - attualità 22/2014 Parlamento europeo e Consiglio d’Europa. Il 25 novembre Francesco visita a Strasburgo il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa, già visitati da Giovanni Paolo II l’8 ottobre 1988. Segnala «un’impressione generale di stanchezza, d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace» e stimola i parlamentari al recupero dei «grandi ideali» che hanno ispirato la formazione dell’Unione indicando così il possibile contributo dei cristiani: «Proprio a partire dalla necessità di un’apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli stati e per l’indipendenza delle istituzioni dell’Unione, bensì un arricchimento». Cf. Regno-att. 20,2014,691 e Regno-doc. 21,2014,675. Turchia. «È fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione – godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l’intesa»: così il papa il 28 novembre nell’incontro con le autorità della Turchia ad Ankara. Nel successivo incontro con il presidente degli Affari religiosi ricorda le «violenze disumane» che cristiani e yazidi patiscono in Siria e in Iraq e fa appello ai suoi ospiti perché le condannino: «In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani». Il 29 novembre a Istanbul visita la Moschea Blu e in essa prega come aveva già fatto Benedetto nel 2006: «Ho pregato per la Turchia, per la pace, per il muftì, per tutti, per me, che ho bisogno. Ho pregato, davvero» dirà ai giornalisti in aereo. Cf. Regno-doc. 21,2014,665 e in questo numero a p. 766. Bartolomeo. «Vi chiedo un favore: di benedire me e la Chiesa di Roma»: così il 29 novembre nella chiesa patriarcale di San Giorgio, a Istanbul, Francesco chiude il suo saluto a Bartolomeo, gli si avvicina e gli si inchina davanti. Bartolomeo lo bacia sulla testa. Il 30, festa di Sant’Andrea, papa e patriarca firmano una dichiarazione comune nella quale si impegnano a «intensificare» gli sforzi «per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi». «Non abbiamo più il lusso di agire da soli», aveva detto poco prima Bartolomeo al termine della Divina liturgia in San Giorgio. Per realizzare l’unione, aveva risposto Francesco, «la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza se non quella della professione della fede comune». Cf. Regno-doc. 21,2014,669 e in questo numero alle pp. 766-771. Anno della vita consacrata. Domenica 30 novembre celebrazione eucaristica in San Pietro presieduta dal cardinale João Braz de Aviz, prefetto dei Religiosi, ad apertura dell’Anno della vita consacrata. All’inizio il cardinale legge un messaggio del papa che si trova a Istanbul e che alla vigilia aveva partecipato con un videomessaggio alla veglia di preghiera in Santa Maria Maggiore. Il videomessaggio aveva queste parole: «Partite sempre dal Vangelo! Assumetelo come forma di vita e traducetelo in gesti quotidiani segnati dalla semplicità e dalla coerenza, superando così la tentazione di trasformarlo in ideologia. Il Vangelo conserverà giovane la vostra vita e missione, e le renderà attuali e attraenti». Cf. in questo numero a p. 760 Luigi Accattoli S studio del mese Papa Francesco e i pontificati precedenti Un nuovo ordine simbolico della Chiesa I segni e le parole messi in atto da papa Francesco dall’inizio del pontificato stanno modificando profondamente l’ordine simbolico, cioè il mondo affettivo, culturale, linguistico, intellettuale e narrativo su cui si fonda la Chiesa cattolica, con possibili effetti di riassestamento anche per il cristianesimo nel suo complesso e per l’umanità intera. La portata di questo cambiamento può essere meglio percepita se questo avvio di pontificato viene esaminato sullo sfondo dei pontificati postconciliari, evidenziando in uno sguardo sintetico il cammino percorso dalla Chiesa cattolica in questo mezzo secolo e le peculiarità che già si profilano nel ministero di Francesco come caratterizzanti e fondative, sia a livello di riorientamento simbolico (Kurt Appel), sia a livello di linee teologiche (Walter Kasper). Proiettando al tempo stesso questa nuova declinazione dell’identità cristiana sulle grandi sfide che essa ha di fronte: una rinnovata capacità di celebrare la gioia del Vangelo, un nuovo approccio alla Scrittura, un nuovo rapporto con le altre culture e un nuovo ruolo delle donne nella Chiesa. Il Regno - attualità 22/2014 797 tudio del mese S 798 C he il primo anno di pontificato di papa Francesco abbia suscitato speranze e attese, sia all’interno sia all’esterno della Chiesa cattolica è un fatto incontestabile. I segni e le parole di questo papa stanno modificando l’ordine simbolico – intendendo come tale il mondo affettivo, culturale, linguistico, intellettuale e narrativo – su cui la Chiesa cattolica si fonda, con possibili effetti anche per il cristianesimo e il mondo secolare. Per osservare più da vicino questo processo di cambiamento, di cui nessuno può esattamente dire dove porterà, si analizzeranno in primo luogo le sfide culturali ed ecclesiali a cui i pontificati precedenti hanno voluto rispondere, considerando anche le domande rimaste aperte. Si tenterà poi una valutazione dei cambiamenti avviati da papa Francesco nel suo primo anno, insieme alle possibili conseguenze per gli sviluppi futuri della Chiesa. Infine verranno indicate alcune grandi sfide per la Chiesa oggi. Paolo VI: grandezza e tragicità di un pontificato La grande svolta della Chiesa cattolica verso la modernità è stata avviata dal concilio Vaticano II. Paolo VI si dovette assumere la responsabilità della gran parte della realizzazione di questo Concilio, e soprattutto dell’accompagnamento e della guida della prima fase del processo postconciliare. Occorre rilevare che probabilmente nessun papa e pochissimi vescovi, sacerdoti e teologi di quel secolo avevano a disposizione una formazione culturale così vasta come Montini. Le sue encicliche, lettere, discorsi, la sua politica ecclesiale e in particolare le nomine episcopali sono testimonianza della profonda comprensione della modernità e delle sue sfide che ha mostrato. Egli riconobbe l’importanza dell’opzione per i poveri, che s’imponeva su una Chiesa sempre più globalizzata e spostata verso l’emisfero meridionale, come pure la necessità di un dialogo con il mondo laico dell’Europa e dell’Occidente. Egli affidò inoltre l’Ostpolitik nelle mani dei migliori diplomatici vaticani (ad esempio Casaroli) e vescovi della Chiesa universale (ad esempio König), creando così uno dei presupposti per la sopravvivenza della Chiesa cattolica nei paesi dominati dal comunismo. Tuttavia un evento di questo pontificato segnò una cesura particolare: l’enciclica Humanae vitae promulgata nel 1968, nel momento della grande rivolta studentesca. Spesso il pontificato di Paolo VI viene addirittura distinto tra il periodo fino al 1968 e quello successivo. La conseguenza culturale di questa enciclica fu innanzitutto nel fatto che venne vista come un frantumarsi dell’«aggiornamento» posto in essere da Giovanni XXIII e dal Concilio, vale a dire del dialogo tra la Chiesa e la modernità sempre più cosciente della sua autonomia. L’autonomia di pensiero del mondo occidentale, propugnata anche dalla rivoluzione studentesca, aveva trovato una delle sue espressioni più dirompenti nell’autonomia della sessualità (femminile) rispetto alla riproduzione. Proprio questo sembrava essere messo in discussione dallo scritto di Montini. Su ciò fece leva l’accusa sollevata, sia all’interno della Chiesa sia nella società, verso il papa e la Il Regno - attualità 22/2014 Chiesa visti come non conciliabili con l’autonomia e contrari alla modernità, partigiani di una restaurazione dell’Ancien régime. La particolare tragicità per Montini stava nel fatto che con questo giudizio le sue intenzioni non venivano in alcun modo comprese. Come poche altre persone, Montini aveva capito che tutta la vita, e anche il suo inizio, superano ogni prospettiva causale, cronologica e meccanicistica: poiché la completezza della vita umana scaturisce dalla dimensione spirituale, vale a dire dall’incontro personale dell’uomo e della donna e non semplicemente dalla fusione di un ovulo e uno spermatozoo, non la si dovrebbe ridurre a un’azione meccanicistica. Questa visione di alto livello spirituale sottrae la vita all’umana volontà di decidere (per così dire contro la moderna autonomia di pensiero), ma anche a qualsiasi prospettiva naturalistica (come emerge dal collegamento tra sessualità e riproduzione secondo la morale ecclesiale tradizionale), e a ogni dipendenza gerarchica (che costituiva il fondamento morale dell’Ancien régime). Con questa visione profetica, Paolo VI stava tragicamente contrapposto a tutti i fronti, mentre occorre anche notare che i passi dell’Humanae vitae che affrontano direttamente la questione della contraccezione risentono del fatto che l’intenzione del papa era rivestita di un linguaggio giuridico che non poteva esprimere in maniera adeguata i concetti che egli intendeva esporre. In ogni caso l’Humanae vitae rappresentò sia all’interno della Chiesa sia nel rapporto tra Chiesa e mondo occidentale una rottura che ha pregiudicato in modo determinante la missione di questo grande testimone cristiano. Giovanni Paolo II: modernità e mobilitazione della Chiesa Quando Paolo VI morì, nel 1978, la Chiesa era significativamente divisa tra la maggioranza dei vescovi di allora,1 che sostenevano lo sforzo di riconciliare il cattolicesimo con l’aspirazione della modernità all’autonomia, e una minoranza che perseguiva la volontà di restaurazione, almeno all’interno della Chiesa.2 Quest’ultima sposò l’idea secondo la quale attraverso un’alleanza con i politici conservatori la Chiesa avrebbe (di nuovo) potuto raggiungere la supremazia politica e sociale in Occidente e in tutto il mondo cristiano. Nel contempo si creò una distanza sempre più chiaramente percepita tra la Chiesa del ricco Nord e la Chiesa del Sud progressivamente emergente, e che soprattutto in America Latina cercava una forma di espressione nella teologia della liberazione. Un ambito che non rientrava in questa dicotomia, perché segnato da problemi molto specifici, era costituito dalle Chiese particolari del mondo dominato dal regime comunista. In questa prospettiva l’elezione a papa di Karol Wojtyla non fu solo un segnale evidente di voler affrontare la sfida del comunismo, ma fu vista anche come una possibilità per superare attraverso una terza via le contrapposizioni evocate. Prima di entrare nel merito del pontificato di Wojtyla, è opportuno fare un’osservazione: quando in piazza San Pietro fu dato l’annuncio che Giovanni Paolo II era morto, un applauso spontaneo esplose da parte delle migliaia di persone riunite lì, molte delle quali erano giovani. Que- sto gesto era rivolto a tutta la sua opera di sommo pastore della Chiesa. Questo applauso mise anche in evidenza l’immensa copertura mediatica di questo pontificato: con Giovanni Paolo II una «superstar» degli eventi mediatici lasciava la scena nel vero senso della parola. Questo pontificato va quindi esaminato a due livelli: sul piano delle linee guida intra-ecclesiali tracciate, e sul piano delle immagini mediatiche (images) trasmesse, dal momento che le due dimensioni non necessariamente coincidono. Se una differenza tra modernismo e postmodernismo sta proprio nella possibilità per le immagini virtuali staccarsi dalla realtà, allora questo pontificato ha mostrato il passaggio dalla modernità (simboleggiata da Paolo VI) alla postmodernità. Considerando il pontificato di Wojtyla a livello delle images, ci sono stati tre grandi periodi, ciascuno dei quali segnato da un evento mediatico emblematico: Giovanni Paolo II è stato nella prima fase del suo pontificato (19781990) una figura simbolo contro il comunismo ateo e repressivo. L’immagine mediatica determinante di questo periodo è stata data dall’attentato contro la sua persona, probabilmente organizzato dai servizi segreti comunisti, e che ha elevato il papa al rango di martire. Nella seconda fase del pontificato (1991-2000), in cui egli ha in certa misura acquisito la corona di vincitore sul comunismo, Giovanni Paolo II è stato il simbolo di una Chiesa missionaria e universale sul fondamento di Israele. La sua preghiera al Muro del pianto a Gerusalemme, così come la richiesta di perdono per i peccati commessi nella storia della Chiesa nel 2000, inizio di una nuova evangelizzazione, sono state le immagini più espressive di questo periodo. Infine l’ultima parte del suo pontificato (2001-2005) ha esercitato il più forte impatto simbolico e mediatico: il papa è diventato l’immagine del servo sofferente di Dio e un simbolo di pace, fede in Dio e dignità umana;3 l’immagine più forte è forse l’ultima benedizione pasquale che il papa, estremamente indebolito, ha potuto impartire ormai solo dalla finestra. La straordinaria presenza mediatica del papa ha avuto due conseguenze: da un lato ha riportato la Chiesa e il Vangelo al centro dell’attenzione globale, dall’altro però ha anche generato una forte virtualizzazione del cattolicesimo. A facilitare ciò in maniera significativa è stato il mondo postmoderno, in cui sistematicamente la tradizione e la relativa specificità vengono estratte dal loro contesto per diventare segnali mediatici astratti, commercializzabili ovunque e sostituibili a piacere. Questa decontestualizzazione delle tradizioni si è incontrata in ambito ecclesiale con una decontestualizzazione delle Chiese locali e delle loro narrazioni, al cui posto è apparsa una Chiesa sempre più universale e mediatica, con Giovanni Paolo II come guida e contenuto. Così si è indebolito un grande potenziale della Chiesa cattolica, vale a dire l’essere una rete globale di comunità locali piuttosto che uno spazio virtuale multimediale universale, e la Chiesa è divenuta sempre più parte della virtualità postmoderna. Dal punto di vista della politica ecclesiale, Giovanni Paolo II è stato significativamente influenzato dalla storia della Polonia. Contro i totalitarismi, a motivo dei quali egli aveva sofferto in Polonia (il satanico nazional-sociali- smo di provenienza tedesca e il repressivo e totalitario bolscevismo di origine russa),4 bisognava opporre solo un’incondizionata resistenza spirituale e, se possibile, anche politica. Ed esattamente come in Polonia l’aristocrazia e soprattutto i sacerdoti avevano difeso per secoli la dignità nazionale contro attacchi esterni, secondo il papa polacco era compito del sacerdozio (celibatario) essere punta di diamante nella resistenza e detentore dell’ordine simbolico e dell’identità della Chiesa cattolica. Il papa vedeva però una minaccia da due parti: la prima proveniva dall’America Latina. Qui scorgeva il pericolo che il continente cattolico andasse alla deriva verso il comunismo, anche con il supporto della teologia della liberazione e con la connivenza di diverse conferenze episcopali,5 di molti vescovi e soprattutto dei principali ordini religiosi. Agli occhi di Wojtyla essi non respingevano in modo sufficientemente energico le tendenze marxiste. Il secondo scenario minaccioso aveva a che fare con un’esperienza traumatica di questo pontificato, cioè il referendum del 1981 in Italia sull’abrogazione della legge 194 sull’aborto. La «madrepatria» e centro della Chiesa cattolica si era espressa a favore della conservazione della legge che consentiva l’aborto (con alcune restrizioni), con un’alta affluenza e con l’88% e il 68% dei voti nei due quesiti. Era chiaro che la Chiesa aveva perso la sovranità culturale (anche) in Italia. Giovanni Paolo II trasse da questo voto la conclusione secondo cui l’ateismo teorico dell’Oriente corrispondeva a un disumano ateismo pratico dell’Occidente, che come il primo doveva essere contrastato con ogni mezzo. Dopo questo evento, Giovanni Paolo II fece una distinzione tra quella parte di Chiesa (vescovi, sacerdoti, religiosi e laici) che era disposta a vivere con lui la lotta contro una modernità completamente fuori controllo, e chi evitava questa contrapposizione.6 Attraverso la nomina dei vescovi, riorientando la formazione dei sacerdoti e con la promozione dei nuovi movimenti ecclesiali, Wojtyla voleva attrezzare la Chiesa per una «guerra culturale» a suo avviso inevitabile, in cui era in gioco l’identità del cristianesimo, e in ultima analisi anche la dignità dell’uomo. La forza d’impatto in questo confronto doveva quindi essere rafforzata concentrandosi su argomenti specifici che sarebbero stati in grado di determinare gli scontri decisivi. Dopo aver «vinto» la lotta contro il comunismo, sono apparsi in primo piano i cosiddetti «valori non negoziabili», come la lotta contro l’aborto, la contraccezione (considerata ostile premessa al primo) e l’eutanasia. Principali sostenitori di Giovanni Paolo II, oltre alle nuove comunità ecclesiali quali l’Opus Dei e Comunione e liberazione, sono stati il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il card. Joseph Ratzinger, che aveva il compito di condurre la battaglia contro la teologia della liberazione innanzitutto su un piano spirituale,7 e il vicario di Roma, per molti anni segretario generale e quindi presidente della CEI, il card. Camillo Ruini. Quest’ultimo non solo è l’autore di espressioni come la già citata «valori non negoziabili», ma ha anche cercato un’alleanza con i partiti e i politici italiani, tra cui Silvio Berlusconi, onde riacquisire per la Chiesa in Italia un’autorità politica e culturale. L’Italia è servita da modello per altri Il Regno - attualità 22/2014 799 tudio del mese S 800 stati che dovevano fare la stessa cosa: in Spagna, anche attraverso un rinnovamento della Conferenza episcopale fu definita una coalizione con i conservatori; persino negli Stati Uniti, dai tempi di Reagan, c’è stata una collaborazione tra repubblicani e il Vaticano, in un primo momento non sostenuta dalla maggioranza della Conferenza episcopale.8 Quando Giovanni Paolo II è morto nel 2005, dopo 27 anni di pontificato, ha lasciato dietro di sé una Chiesa, che era mobilizzabile a livello globale come mai prima di allora nella sua storia (ne sono la prova le centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo che sono venute al suo funerale, ma anche le Giornate mondiali della gioventù, i congressi eucaristici e le visite papali), ma anche caratterizzata da un episcopato debole e da una parte di Chiese locali significativamente indebolite. Nel caso dei vescovi, si trattava il più delle volte di persone che cercavano di servire la missione globale del papa, ma che avevano completamente perso il contatto culturale con la situazione locale. Inoltre la situazione mondiale, ma anche la mappa religiosa, erano radicalmente cambiate: il comunismo era stato spazzato via e al suo posto era arrivato un capitalismo sfrenato. Inoltre l’influsso della secolarizzazione in Europa e in alcune parti dell’America si era radicalmente inasprito; in America Latina, Asia e Africa i movimenti pentecostali facevano irruzione sempre più massiccia nelle zone tradizionalmente cattoliche; infine in molti paesi del Nord Africa e del Medio Oriente si era giunti a un’islamizzazione con conseguenze spesso drammatiche per i cristiani di queste regioni. Ma la cosa forse che più sottilmente gravava era la crescente fragilità del paesaggio intellettuale e culturale. Un’urbanizzazione a livello globale, accompagnata dallo sradicamento di ampi strati sociali e da un enorme individualismo, ben oltre l’Europa e il Nord America, ha portato sempre più all’abbandono dei tradizionali sistemi di riferimento simbolici (famiglia, tradizioni e costumi locali ecc.) e alla necessità di cercarne di nuovi. Il risultato è una grande complessità e la fragilità degli ordini simbolici, da cui non è risparmiata nemmeno la Chiesa. Benedetto XVI: la modernità come sfida spirituale Joseph Ratzinger è stato eletto papa non solo perché come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede era stato per quasi 25 anni il più stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, ma anche perché evidentemente si riteneva che sarebbe stato in grado di affrontare la crescente fragilità del paesaggio intellettuale e culturale.9 Sembrava essere il papa in grado di accettare la sfida intellettuale e culturale della (post)modernità e in grado di portare avanti l’eredità del suo predecessore. L’affrontare queste sfide ha costituito anche il centro del suo pontificato. Benedetto XVI ha cercato di opporre all’invadenza del secolarismo e dell’individualismo una visione intellettuale e culturale del cristianesimo. Egli ha agito su più livelli: nelle sue encicliche, discorsi e libri si è mostrato nel ruolo di insegnante per il mondo cristiano o meglio globale. Egli ha affrontato le virtù centrali del cristianesimo (la carità, la speranza, la fede:10 va Il Regno - attualità 22/2014 aggiunta la giustizia, nell’enciclica sociale Caritas in veritate) e la persona di Gesù, anche se quest’ultimo tema non come atto magisteriale. Si è inoltre dedicato in modo particolare alla liturgia, livello simbolico centrale della Chiesa apostolica. Punto di partenza e centro di un universo festoso e redento, dovrebbe essere una sorta di mondo alternativo opposto al mondo spiritualmente e culturalmente corrotto della postmodernità. In questa polarizzazione può anche aver giocato un ruolo il fatto che Ratzinger nutriva un profondo scetticismo verso i moderni sforzi di emancipazione della persona manifestati nell’Illuminismo e successivamente nel marxismo. Con l’aggiunta che è andata crescendo la consapevolezza del mondo di trovarsi di fronte alla possibilità della propria rovina (causata da fattori esterni quali il cambiamento climatico e la distruzione delle risorse ambientali, ma anche da paradigmi filosoficonaturali che mettono in conto un’insensata scomparsa dell’essere umano e di ogni ordine cosmico).11 Se il principale accento di Benedetto XVI era sul rinnovamento intellettuale e liturgico della Chiesa e sulla creazione di un mondo religioso-simbolico alternativo con una propria lingua, sensibilità, valori ecc., nel suo pontificato è comunque proseguito il confronto politico. In Italia, in Spagna, negli USA e in molti altri paesi, gli episcopati creati da Wojtyla e Ratzinger sono sempre stati in stretta alleanza con le forze politiche conservatrici e hanno condotto, anche se spesso senza la capacità intellettuale del papa, una guerra culturale persa in partenza. Questo non perché le preoccupazioni espresse fossero sbagliate, ma perché non prendevano in considerazione le citate fragilità e complessità del nostro mondo. Di conseguenza, molti osservatori e contemporanei hanno recepito il confronto sui valori non come una divergenza oggettiva nel merito delle questioni, ma principalmente come una lotta per posizioni di potere sociale e culturale. Poi si è verificata un’altra circostanza, particolarmente tragica per Benedetto XVI (e naturalmente non solo per lui), vale a dire i vari scandali ecclesiali, dai migliaia di casi di pedofilia (spesso coperti) compiuti da uomini di Chiesa, alle pratiche omosessuali di vescovi e preti anche negli ambienti vicini al papa, alle irregolarità finanziarie in istituzioni vaticane ed ecclesiastiche. Così la visione di una Chiesa come società «alternativa» è stata pesantemente screditata: il «mondo» aveva raggiunto anche i sacerdoti, custodi del sacro, e la «guerra culturale» contro una postmodernità permissiva sembrava persa per sempre. In questo contesto, Benedetto XVI si è deciso a un gesto straordinario, vale a dire le sue dimissioni. Così egli ha assunto su di sé una radicale rinuncia al potere, dando alla Chiesa un punto di riferimento per il cammino, come se egli le volesse ancora spiegare che la sua essenza non dovrebbe stare nell’egemonia e nella sacralizzazione delle posizioni di potere. Il papa come vicario di Cristo non era il fondamento inattaccabile del potere sacro, ma era fragile e influenzabile dagli eventi del tempo. Il fatto che la stessa ammissione della propria vulnerabilità e fragilità abbia richiesto una particolare forza interiore tuttavia era, ed è, spesso trascurato. In ogni caso, papa Benedetto XVI con la rinuncia al suo ministero ha portato a un profondo ri-orientamento simbolico, ripreso e continuato dal suo successore. Francesco e il ri-orientamento simbolico della Chiesa La scelta del nome è stato un atto rivoluzionario di Jorge Mario Bergoglio dopo l’elezione, anche legata alle grandi sfide e difficoltà che la Chiesa in America Latina e nel terzo mondo deve affrontare: il diffondersi dei pentecostali nelle nuove megalopoli,12 lo sradicamento e l’individualizzazione delle popolazioni indigene e la conseguente ricerca di modelli di riferimento.13 Con questo nome, Bergoglio si è posto nella tradizione gesuitica di tutti i santi. Francesco d’Assisi ha rinunciato non solo alle proprietà e al titolo, ma ha anche portato su di sé le stigmate di Gesù, vale a dire ha incarnato la vulnerabilità e l’accessibilità del Figlio di Dio stesso. Il nome del papa evoca altre associazioni: Francesco ha operato in un periodo di massiccia urbanizzazione, quando la Chiesa aveva perso il contatto con le nuove classi sociali cittadine. In quel contesto egli non cercò di intervenire nelle guerre culturali di quel tempo, ma di convincere con il suo esempio e di mostrare nuove forme di umanità e di interazione sociale. Un atto decisivo del nuovo papa è stata la conclusione della «guerra culturale»: la frase «Chi sono io per giudicare mio fratello?!», con cui Bergoglio ha «risposto» alla domanda sulla peccaminosità dell’omosessualità, ha segnato la fine di una serie di dispute infruttuose tra la Chiesa e la società. Questo naturalmente non significa che il papa si sia staccato dall’ethos ecclesiale, dal magistero o addirittura dal Vangelo. È stata solo un’ammissione di fragilità e della complessità delle situazioni della vita, rispetto alle quali sia la nostra società sia la Chiesa devono imparare ad accettare una domanda in più e una risposta in meno per rimanere credibili. Questo vale allo stesso modo per la sessualità, dove le incertezze e le incoerenze del nostro sistema simbolico culturale e individuale trovano particolare espressione. Vulnerabilità e accessibilità sono strettamente associate con il primo grande atto simbolico del papa, il suo viaggio a Lampedusa, in quel posto alla fine dell’Europa, dove l’ordine occidentale sta collassando, dove l’«altro» con tutti i suoi bisogni chiede di essere accolto e dove diventa evidente la «globalizzazione dell’indifferenza». La questione decisiva in questo luogo non è solo il fatto che migliaia di profughi diventano relitti trascinati a riva, testimoni viventi anche di una politica europea fallita o inesistente verso l’Africa e il Medio Oriente, persone che sono al fondo della gerarchia sociale e le cui storie non trovano ascolto reale nelle nostre società e nei media. Altrettanto importante è il fatto che Lampedusa segna un luogo che mostra la fragilità del progetto europeo e, con esso, del cristianesimo. Di fatto non ci sono risposte immediate ai problemi che là vengono posti, nemmeno da parte ecclesiale. Con papa Francesco il confronto simbolico si sposta verso la sfida della «globalizzazione dell’indifferenza», vale a dire è una questione di misericordia e compassione, di un lasciarsi toccare e incontrare dalle persone nelle loro ferite e domande. Le linee di demarcazione tra la Chiesa e la cultura continuano a esistere, ma c’è lo sforzo di riconoscere le ferite delle persone che si hanno davanti e di affrontarle in modo rispettoso. Attualmente vi è da parte di Il Regno - attualità 22/2014 801 alcuni vescovi un nuovo sforzo, una lotta per la supremazia simbolica nella cultura, contro la cosiddetta «ideologia di genere». Anche qui emerge che non è sufficiente insistere su posizioni ancora ritenute corrette, se non si sono prima riconosciute le ferite profonde che si nascondono dietro delicatissimi problemi d’identità di genere. Forse occorre ancora sottolineare che è importante che un papa extraeuropeo, con la sensibilità che sta dimostrando, affronti molte delle questioni sollevate oggi circa l’identità individuale, sessuale, sociale e culturale. Poiché la straordinaria globalizzazione del nostro mondo, la diffusione globale del capitalismo e il fatto correlato che tutte le culture della terra sono «infettate» dall’idea occidentale di autodeterminazione significa che nessuna cultura può sfuggire al profondo sconvolgimento del proprio ordine simbolico (affettivo, culturale, sociale, linguistico ecc.). Lo testimoniano l’isteria collettiva che si può osservare in alcuni paesi islamici, la ricerca d’identità, spesso violenta, dalla Russia all’India fino ai paesi africani e, naturalmente, anche in Europa, già solo osservando i risultati delle elezioni europee. L’unica cosa certa è che non sarà mai più possibile tornare al vecchio ordine e alle vecchie tradizioni. Una nuova declinazione R1f_Taize:Layout 1 24-07-2014 10:44 Pagina 1 dell’identità cristiana La Chiesa cattolica, così come altre religioni, paesi, culture e comunità, ha cercato nei decenni passati di offrire un’identità ben definita di fronte a questa «liquefa- FRÈRE JOHN DI TAIZÉ La fede in ricerca Sei riflessioni sull’essere e l’agire cristiano I l volume raccoglie sei brevi testi del biblista americano frère John di Taizé. Le riflessioni, presentate in prospettiva ecumenica, riguardano la fede, la Chiesa, i punti centrali del cristianesimo, la Croce, il libro dell’Apocalisse e l’Eucaristia. Al tempo stesso rigorose e facilmente comprensibili, sono rivolte a quanti desiderano approfondire la fede. pp. 128 - € 9,50 «CAMMINI DI CHIESA» PIER GIORDANO CABRA CREDO IL CONTENUTO DELLA FEDE CRISTIANA Edizioni Dehoniane Bologna NELLA STESSA COLLANA pp. 56 - € 5,50 Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 www.dehoniane.it tudio del mese S 802 zione» dei nostri modi di vita. Punta di diamante in questo avrebbero dovuto essere gli ecclesiastici, i quali nonostante il loro impegno per la fede non sono riusciti ad essere all’altezza del compito. Questo non a causa di un errore morale, ma per il fatto che le identità, che prima si esprimevano con caratteristiche esteriori evidenti, oggi spesso finiscono nella virtualità, dove le tradizioni si perdono, diventando «segni» che si possono scambiare a piacere. Ciò si mostra del resto in modo molto evidente anche nell’attuale discussione sul genere, su come anche il genere possa diventare un «marchio», sia per coloro che ne vogliono disporre liberamente nella ricerca di assoluta autodeterminazione, sia per coloro che credono di poter mantenere i tradizionali ruoli di genere e consolidarli nella società postmoderna. Il miracolo di papa Francesco sta nel fatto che non si è avviato in questa strada del marcare le identità. Questo sarebbe stato ovvio rispetto al particolare sconvolgimento culturale vissuto dal terzo mondo (che è stato catapultato a velocità incredibile nella postmodernità), e rispetto alle popolazioni sradicate delle nuove «periferie» urbane che sono state costrette a lasciare le loro identità. In realtà, questa è esattamente la strada percorsa da molti pentecostali: offrire alle persone identità ben definite (essere cristiano significa: niente alcol, niente sesso prima del matrimonio, la fede nella creazione in sette giorni, il successo economico ecc.), nel contempo rendendo anche estremamente flessibili queste stesse identità per adattarsi alle necessità. Al contrario, il papa sottolinea che «l’identità» cristiana non sta in limitazioni e definizioni, ma nella sua essenza e fin dalle sue origini significa, confidando nel Cristo, essere chiamati a diventare amici di ogni persona di buona volontà, indipendentemente da sesso, razza e nazione (e religione).14 Significa inoltre cercare i propri amici anche al di fuori della propria cerchia di genere, nazione, classe e religione. In terzo luogo, l’«identità» cristiana sta in definitiva nell’ethos dell’accoglienza ospitale dell’altro, delle sue storie e delle sue ferite, e nella volontà di uscire da sé stessi e lasciarsi accogliere dall’altro. Formare una rete di amicizie ed essere un luogo di ospitalità universale è ciò a cui Francesco vuole incoraggiare la Chiesa e i suoi responsabili. A questo si collega, da un punto di vista istituzionale, la necessità di rafforzare l’autonomia delle Chiese particolari (diocesi, conferenze episcopali) e delle comunità locali (parrocchie), così come ne deriva un compito del tutto nuovo per le comunità religiose, che negli ultimi decenni sono passate un po’ in secondo piano. Perché esse hanno in modo speciale il compito di creare nelle loro persone e nella loro vita luoghi di ospitalità e portare una rete di amicizia là dove la Chiesa perde sempre di più la propria presenza, vale a dire nelle periferie delle nuove megalopoli, tra i poveri che hanno dovuto abbandonare definitivamente la loro casa, senza prospettive di ritorno. Papa Francesco ha mostrato in tutti i suoi gesti simbolici di poter evitare un tranello: sebbene sia maestro del gesto simbolico, sembra riesca a non diventare una figura completamente mediatica: dal momento che rompe le aspettative dei media, è in grado anche di sottrarsene e Il Regno - attualità 22/2014 soprattutto cerca incontri personali e «fisici» credibili.15 Una sfida importante, però, che richiede da lui una risposta adeguata, è la questione dell’istituzionalizzazione (e quindi un’ulteriore forma di concretizzazione) di questo nuovo percorso, che altrimenti rischia di scivolare in mera virtualità. Esempi concreti sono le ordinazioni episcopali, che necessitano di un maggior coinvolgimento delle Chiese locali per rafforzarle realmente,16 un rinnovamento del clero attraverso un forte legame delle vocazioni con le comunità e la fine della possibilità di trasferimento dei vescovi. Proprio riguardo quest’ultimo punto nasce il sospetto che l’appello contro il carrierismo ecclesiastico continuerà a cadere nel vuoto fintanto che i vescovi potranno essere traferiti dalle loro diocesi per assumere ruoli «più significativi». Alcune sfide per i prossimi anni Papa Benedetto XVI, come i padri conciliari del Vaticano II, era consapevole del fatto che qualsiasi riforma della Chiesa inizia con la liturgia. Oggi la prima sfida per la Chiesa, sia nelle «stanche» Chiese d’Europa sia in quelle di Africa e America Latina, sembra essere di imparare di nuovo a celebrare «la gioia del Vangelo». Papa Francesco ha posto molto chiaramente la sua lettera apostolica programmatica Evangelii gaudium sotto l’emblema della gioia. Ci si può chiedere perché molte liturgie diano l’impressione di essere celebrazioni funebri. In parte dipende forse dal fatto che ogni vera e propria festa celebra anche il fatto che all’uomo è stato donato di essere vulnerabile, di non essere un’isola «in sé» inaccessibile, di non essere come Dio, che costituisce in sé la sua essenza. Le nostre feste sembrano dominate dalla paura, più propense ad allontanare questa vulnerabilità. Nella celebrazione dell’eucaristia sembra per un verso che scompaia la memoria del Crocifisso e siano in primo piano la paura del cambiamento e del «mondo», mentre per altro verso spesso sembra andato perduto il contatto con le espressioni culturali del tempo e con le forme di pietà popolare che in ogni epoca si ridisegnano. Naturalmente un papa non può determinare una nuova cultura della festa, ma è in un certo senso la guida spirituale della Chiesa universale e può invitare alla gioia e alla speranza dei cuori per sé e per tutta la Chiesa e a sua volta può chiedere e ottenere la preghiera dei fedeli. La seconda sfida consiste in un nuovo approccio alla Scrittura. La Chiesa diventerà una rete di spiritualità e di amicizia solo se imparerà a celebrare e se riuscirà a interpretare e inculturare la parola di Dio in relazione al tempo e in riferimento a quelli che sono lontani. Questo sarebbe un compito importante della teologia di oggi, garantire cioè che la cultura dell’interpretazione delle Scritture sia migliorata, cosa per la quale c’è bisogno di sufficiente spazio di manovra. Attualmente non si può evitare l’impressione che nella maggior parte dei luoghi di formazione ecclesiali si impari molto, ma che tutto viaggi lungo dei binari preformulati, con pochi collegamenti tra cultura, pastorale, dogmatica, filosofia ed esegesi. In stretta relazione con un nuovo approccio alla Scrittura è la preghiera per implorare una nuova cultura della pre- ghiera. I Salmi come Scrittura che si fa preghiera devono diventare molto più presenti nella vita delle comunità e i sacerdoti devono riguadagnare la propria comprensione di sé stessi proprio a partire dall’essere guide spirituali delle loro comunità. Contribuire a spiegare la Scrittura nelle nostre culture e facilitare l’accesso alla celebrazione e alla preghiera, soprattutto per una società che non possiede più le parole della tradizione, sono sfide abbastanza fondamentali per la Chiesa intera. È già stata citata la necessità di ricostruire una rete globale di amicizia e di spiritualità, così come l’imperativo dell’opzione per i poveri, che deve di nuovo avere un ruolo più rilevante nella Chiesa. «Dove la Chiesa è disprezzata dai poveri, non è più Chiesa di Dio»,17 è un monito mai abbastanza chiaro. Occorre citare infine ancora due sfide: una riguarda l’«inculturazione» della Chiesa. Oggi, come già indicato in precedenza, in molti casi la Chiesa ha perso il contatto con le culture locali e le loro forme di espressione religiosa e deve aprirsi in maniera radicale ai loro problemi, sfide, storie e ferite. Ciò vale non solo per l’Africa, l’America e l’Asia, ma anche per l’Europa. Il percorso intrapreso da alcuni vescovi, che fanno riferimento a tradizioni senza tempo e presunte sempre valide, ignorando i contesti culturali e con una risposta preconfezionata per tutto, porta alle sette e allo spegnimento della Chiesa. Al contrario è necessaria una cultura del rispetto e del confron- to, che richiede apertura e onestà e deve di nuovo trovare posto dentro la Chiesa. L’aver ri-avviato una cosa simile è uno dei grandi meriti di Bergoglio. Una particolare sfida ecclesiale è rappresentata dall’inculturazione del cristianesimo in Cina e in India. In questo ambito i teologi europei sono chiamati a rispettare gli sforzi dei loro colleghi (soprattutto indiani) nel percorrere nuove strade nella traduzione dei Vangeli, a sostenerli per quanto possibile, e sono anche chiamati a lasciarsi ispirare dalle loro domande e intuizioni e a imparare da loro. Ultimo ma più importante punto è la questione del ruolo delle donne nella Chiesa. Se la Chiesa, attraverso una paziente ricerca, non trova nessun percorso nuovo per coinvolgere le donne anche nelle funzioni di responsabilità e nell’interpretazione del Vangelo, si rischia di peccare ancora contro lo Spirito Santo. Papa Francesco ha nuovamente chiarito che la prassi della Chiesa di non ammettere le donne al sacerdozio non è in discussione. Ma ha anche incoraggiato a cercare nuovi modi per rendere visibile (a livello istituzionale) il carisma delle donne. Potrebbe essere un bel sogno, se il papa e i vescovi incaricassero autorevoli donne cattoliche di tutto il mondo di organizzare un incontro per sviluppare visioni per una nuova collaborazione nella Chiesa sotto la guida dello Spirito Santo... Kurt Appel* * Docente di teologia all’Università di Vienna. 1 Questo è evidente nella composizione dei Sinodi dei vescovi (fino al 1985 compreso), ma anche nei presidenti delle principali conferenze episcopali. A titolo di esempio: mons. Joseph Bernardin, Cincinnati, poi cardinale e arcivescovo di Chicago, USA, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) dal 1974 al 1977; mons. John Quinn, San Francisco, USA, presidente della USCCB 1977-1980; card. Aloisio Lorscheider, Fortaleza, poi Aparecida, Brasile, presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile 1971-1979, e dal 1976 al 1979 anche presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM); mons. Ivo Lorscheiter, Santa Maria, Brasile, presidente 1979-1987); card. Anastasio Ballestrero, Torino, presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI) 1979-1985; card. Vicente Enrique y Tarancón, Madrid, Spagna, presidente della Conferenza episcopale spagnola 1971-1981. 2 Rappresentante significativo di questo gruppo era il card. Giuseppe Siri di Genova, che fu annoverato tra i molti avversari di Paolo VI. A un’area piuttosto conservatrice, ancorché legato da amicizia con Paolo VI, apparteneva anche il card. Albino Luciani, futuro papa Giovanni Paolo I. 3 Si è discusso sul fatto che Giovanni Paolo II non abbia rinunciato al suo incarico, quando i problemi di salute avevano cominciato a essere evidenti. Egli deliberatamente ha voluto dare visibilità pubblica alle immagini della sua condizione per porre al centro dell’attenzione il tabù della sofferenza. In un mondo in cui ha diritto di esistere solo ciò che è mediatico, doveva così ridare diritto all’esistenza e dignità a malati e sofferenti. 4 Giovanni Paolo II sapeva distinguere chiaramente tra i due. Il comunismo era per lui un male, ma il nazismo era «il male». 5 Particolarmente nel mirino erano le Conferenze episcopali brasiliana, peruviana e cilena; «affidabili» erano soprattutto i vescovi colombiani e argentini, fatto che certamente ha avuto un ruolo nella scelta di Bergoglio. 6 Il conflitto con la Conferenza episcopale tedesca sulla consulenza in caso di interruzione di gravidanza è da capire esattamente in questo contesto; cf. Regno-att. 22,2000,745. 7 Allo stesso modo, un ruolo molto importante è stato svolto dal cardinale colombiano Alfonso López Trujillo, che è stato il primo segretario generale e successivamente (1979-1983) presidente del CELAM, e che appariva come un solido avversario della teologia della liberazione. 8 Attraverso le nomine dei vescovi e la crescente attenzione al tema dell’aborto, che negli anni Settanta e soprattutto Ottanta ha spinto i vescovi statunitensi a mettere in secondo piano il problema della giustizia sociale, si è rafforzata l’alleanza tra la Conferenza episcopale USA e il Partito repubblicano (dall’elezione del card. Francis George di Chicago a presidente dell’USCCB, 2007), a favore del quale i principali cardinali e vescovi degli Stati Uniti si sono pronunciati in maniera molto aperta (per esempio, il card. Raymond L. Burke, Saint Louis, successivamente prefetto della Segnatura apostolica e dopo il Sinodo del 2014 sulla famiglia nominato patrono del Sovrano ordine militare di Malta, e l’arcivescovo Charles Chaput, Denver, ora Philadelphia). 9 In realtà, due erano i cardinali che – in modi diversi – davano segnali di un confronto intellettuale con la nuova cultura globale. Da un lato l’arcivescovo di Milano, card. Carlo Maria Martini, spesso strettamente legato alle tracce di Montini, dall’altro Joseph Ratzinger, strettamente legato a Wojtyla. 10 L’enciclica sulla fede, Lumen fidei, è stata però pubblicata dal suo successore. 11 A mio parere nella filosofia, nella teologia e nelle scienze sociali si riflette troppo poco su ciò che le grandi narrazioni dell’odierna scienza popolare, che affrontano i temi della fine dell’uomo o del vuoto assideramento entropico dell’universo, significano per l’auto-comprensione culturale del nostro mondo. Forse la crisi ecologica di oggi è affrontata in modo così cinico non solo per motivi economici, ma anche perché, almeno in Occidente, non si prevede di riuscire a «cavarsela». 12 Come esempi di megalopoli con un numero significativo di cattolici si possono citare San Paolo, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Città del Messico, Manila, Mumbai, Lagos, ma anche Kinshasa, Saigon, Shanghai (con una popolazione cristiana in rapida crescita); cf. Regno-att. 10,2013,317. 13 Per larghi gruppi della popolazione delle nuove megalopoli un papa dai «confini del mondo» è un importante modello di riferimento. Non è un caso quindi che Bergoglio abbia sottolineato questo aspetto durante la sua presentazione. 14 Facebook è in un certo senso una propaggine di questo ethos, nella misura in cui chiunque mi può chiamare «amico». La differenza radicale tra l’ethos cristiano e la perversione gnostica di Facebook sta nell’assoluta «disincarnazione» che esso esprime. 15 Con un’espressione enfatica, si potrebbe dire che ci si può immaginare che papa Francesco esista anche al di fuori dei media. 16 Un problema fondamentale della Chiesa cattolica sta nel fatto che la procedura in sé estremamente positiva, per cui nelle nomine episcopali il papa ha e deve avere l’ultima parola, nella Chiesa è stata però rovesciata, così che il papa ha anche la prima. In altri termini l’eccezione che una nomina episcopale passi attraverso il papa è diventata la regola. 17 Queste parole mi risultano essere state espresse da mons. Franz Kamphaus, vescovo emerito di Limburg in Germania. Il Regno - attualità 22/2014 803 tudio del mese S Una cesura storica Le linee teologiche del pontificato di Francesco I l 2013 è stato un anno ricco di sorprese: rinuncia dell’ultimo papa tedesco ed elezione del primo papa non europeo proveniente dall’altra parte del mondo. Già questo da solo basterebbe a parlare di una cesura storica. Naturalmente dopo soltanto un anno di pontificato di papa Francesco non si può ancora stilare un bilancio e fare previsioni per il futuro. Papa Francesco è stato una sorpresa e rimarrà una sorpresa. Non entra in nessun schema, né in quello progressista-liberale, né in quello conservatore-tradizionale. Non è un uomo di ideologie, ma un uomo della gioia del Vangelo. Come tale, è un portatore di speranza, addirittura un dono del cielo, per la stragrande maggioranza dei cattolici a livello mondiale, come pure per molti altri cristiani e non cristiani. Non a caso la rivista Times lo ha scelto come «uomo dell’anno». Papa Francesco ha aperto una nuova fase della storia del papato. Una crisi profonda, interna ed esterna Per comprendere veramente, e non solo in maniera superficiale, papa Francesco, bisognerebbe raccontare parecchie cose della sua biografia e della storia e situazione argentina che noi conosciamo troppo poco. Mi limito a un flashback e parto dall’11 febbraio 2013, il giorno dell’annuncio della rinuncia da parte di papa Benedetto. È stata la prima sorpresa del 2013, non solo in Germania, dove quel giorno si festeggiava allegramente il lunedì grasso, ma anche per i cardinali a Roma. Bisogna infatti risalire molto indietro negli annali della storia per trovare la rinuncia di un papa: sono trascorsi ben 820 anni da quando si dimise Celestino V, salutato anzitutto come papa angelicus e venerato tuttora come santo, e quasi 600 anni da quando si dimise Gregorio XII, per permettere una via di uscita dal grande scisma di Occidente al concilio di Costanza, di cui celebriamo quest’anno il 600° anniversario. Quelle due rinunce avvennero in circostanze difficilmente comparabili con la situazione attuale. Perciò in quel momento praticamente nessuno contava su un tale passo da parte del papa. L’annuncio fu – come ebbe a dire il card. Angelo Sodano, decano del collegio dei cardinali – un fulmine a ciel sereno. I cardinali presenti a Roma erano riuniti in un normale concistoro in preparazione della canonizzazione di due papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Esso ha avuto luogo tradizionalmente a mezzogiorno, durante la recita dell’o- 804 Il Regno - attualità 22/2014 ra media del breviario. Al termine della preghiera era prevista la benedizione apostolica, per cui restammo in piedi. Ma il papa si sedette e ci sedemmo anche noi. Seguì un discorso in latino: «Vi ho convocati a questo concistoro… anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa». Poi scoppiò la «bomba» e noi restammo come folgorati e rimanemmo al contempo sconcertati. La situazione era completamente diversa da quella di otto anni prima nel conclave del 2005. Allora era stato chiamato alla casa del Padre papa Giovanni Paolo II, dopo una lunga, grave malattia e una morte in pratica pubblica, che commosse molte persone. Erano seguite le esequie, alle quali avevano partecipato circa 4 milioni di persone, fra cui molti capi di stato e, per la prima volta nella storia della Chiesa, i massimi rappresentanti di tutte le altre Chiese, per rendere omaggio a un grande papa che aveva guidato per quasi 27 anni la storia della Chiesa cattolica e lasciato evidenti tracce nella riunificazione dell’Europa dopo la caduta del muro di Berlino. La Chiesa cattolica e il papato godevano di una grande stima nel mondo. Ora invece, a distanza di otto anni, la crisi era evidente e sulla bocca di tutti. La crisi colpiva singole Chiese locali, compresa quella tedesca. Lo scandalo della pedofilia aveva causato profonde ferite, la forza della fede e la gioia della fede erano molto diminuite. I segni di stanchezza erano evidenti e i critici si facevano sentire. La crisi aveva raggiunto anche la curia romana. I documenti sottratti dalla scrivania del papa, copiati e pubblicati (lo scandalo «Vatileaks»), erano solo i segni esteriori del fatto che nella curia molte cose non funzionavano a dovere. Un giornalista italiano, ben informato e istruito, scrisse sul Corriere della sera un lungo articolo intitolato «C’era una volta un Vaticano», nel quale affermava che la diplomazia vaticana era stata sempre molto stimata e considerata un faro in un mondo che aveva perso l’orientamento, mentre ora la stima verso la Santa Sede, l’istituzione internazionale più antica d’Europa, era gravemente minata da «Vatileaks», e dal sospetto di dubbie operazioni finanziarie. Tutto questo aveva sparso una nebbia di voci e speculazioni, che potevano certamente stupire per la fantasia con cui gli italiani formulano teorie di complotti di ogni sorta, ma favoriva la diffidenza, il sospetto nei riguardi del Vaticano e lo immergeva tutto sommato in un clima tardo-autunnale. Di fronte a questa situazione il timoniere, il papa, che era necessariamente la persona più colpita da questa perdita di fiducia nel suo ambiente immediato, dovette spiegare che le sue forze fisiche non erano più sufficienti per governare la barca della Chiesa in una situazione mondiale in rapido cambiamento, con nuove sfide quasi quotidiane. Chi lo aveva incontrato personalmente nei giorni precedenti, poteva facilmente comprenderlo. Nonostante la piena lucidità della sua mente, le sue forze fisiche andavano rapidamente scemando. La stragrande maggioranza dei cardinali accolse con rispetto la decisione del papa; era coraggiosa, magnanima e umile. Questa decisione coraggiosa, magnanima e umile resterà sempre legata al pontificato di Benedetto XVI e entrerà nella storia. Una nuova epoca inizia Era evidente che la rinuncia di Benedetto XVI segnava una cesura e, di fatto, ha aperto una nuova epoca nella storia quasi bi-millenaria, non povera di cambiamenti, del papato. Non nel senso che d’ora in poi le rinunce papali diventano (o debbano diventare) la regola, bensì nel senso che esse non appartengono solamente, come è stato fino a ora, a ciò che è canonicamente possibile, e tuttavia altamente improbabile, ma entrano a far parte di ciò che è realmente possibile. Questo non ha cambiato l’essenza del ministero del papa, ma la sua forma concreta. In questo modo il ministero del papa è diventato più umano e, al tempo stesso, più spirituale. Ormai non si poteva più procedere come nel passato. Ma come procedere? Occorreva uscire dalle cordate interne alla curia; bisognava eleggere qualcuno di fuori, preferibilmente qualcuno proveniente dall’emisfero meridionale, dove nel corso del XX secolo si è spostato il peso maggiore della Chiesa. Mentre all’inizio del XX secolo solo il 25% dei cattolici viveva al di fuori dell’Europa, oggi in Europa vive ancora appena il 25%. Quasi la metà di tutti i cattolici vive in America Latina. Nel XX secolo la situazione della Chiesa cattolica si è letteralmente capovolta. Nell’emisfero meridionale la Chiesa, nonostante tutti i problemi che vi sono, è giovane e viva, mentre nei paesi dell’Europa sta attraversando una grave crisi interna, con un numero di fedeli sempre più ridotto e vocazioni sacerdotali e religiose sempre più rare. Precedentemente non avevo mai ascoltato da parte dei cardinali un discorso così aperto e franco, che chiamava i problemi per nome, come quello che ho ascoltato durante le loro congregazioni quotidiane dopo l’inizio della sede vacante. La crisi nella curia era solo un aspetto. Papa Benedetto, come teologo, aveva posto l’accento del suo pontificato sul magistero. Da questo punto di vista, egli ha lasciato una ricca eredità, alla quale il suo successore potrà attingere e che certamente solo in futuro potrà essere valutata pienamente e nuovamente. Il suo governo, però, era stato caratterizzato da un’eccessiva mitezza e indulgenza verso vari collaboratori. Sarebbe ovviamente sbagliato notare solo la crisi istituzionale e pensare che tutto sia solo una questione di riforma della curia e delle strutture della Chiesa. Questa visione, diffusa in Germania, non è una soluzione, ma al contrario è essa stessa un aspetto della crisi. Infatti, chi pensa che dipenda tutto unicamente dalle strutture e perciò si tratti soprattutto di cambiare le strutture, non sa più che cos’è la Chiesa e come «opera» la Chiesa. La vera crisi è la mancanza di forza della fede e di gioia della fede, nonché di slancio missionario. Il rinnovamento e il processo di recezione del concilio Vaticano II sono rimasti fermi; in qualche modo è mancata l’aria. Il card. Jorge Bergoglio sj ha parlato, durante le congregazioni in preparazione del conclave, di questa profonda crisi in un impressionante intervento, che è stato poi pubblicato immediatamente dopo il conclave. Egli ha criticato una Chiesa ripiegata su se stessa, che si occupa sempre e soltanto di se stessa, che si occupa delle sue strutture e soffre per se stessa. Una Chiesa del genere è malata. Il card. Bergoglio chiedeva una «Chiesa in uscita», una Chiesa che va alle periferie non solo delle nostre grandi città, ma anche alle periferie dell’esistenza umana, una Chiesa missionaria che va là dove si trovano le persone, che è vicina alle persone, povera per i poveri. Il suo discorso è durato solo otto minuti, ma sono bastati per puntualizzare il problema. Esso ha lasciato un’impres- sione duratura in molti cardinali. Ma non per questo l’elezione del card. Bergoglio a papa era già «decisa». La sua elezione, soprattutto un’elezione così rapida, è stata una sorpresa non solo per le persone al di fuori, ma anche per gli stessi cardinali in conclave. L’elezione del nuovo papa: una sorpresa Prima e dopo l’inizio della sede vacante nell’opinione pubblica si diffondono i nomi dei cosiddetti papabili. Il nome di Bergoglio non compariva neppure nella lista di giornalisti normalmente ben informati. Nel conclave stesso non ci sono proposte ufficiali di candidati. La scelta del papa è una decisione di coscienza di ogni singolo cardinale. Deve quindi scaturire da una coscienza informata. Per questo esistono prima del conclave contatti informali fra i cardinali per scambiare punti di vista e informazioni. Non esistono accordi formali o, perlomeno, non dovrebbero esistere. All’inizio del conclave non c’era nulla di deciso: circolavano vari nomi, ma non c’era alcun favorito. Secondo la mia impressione, l’esito era completamente aperto. Perciò è stato ancor più sorprendente il fatto che molto rapidamente i nomi si siano ridotti a un gruppetto, nel quale quello del card. Bergoglio ha raccolto un numero sempre maggiore di consensi. Per me il conclave è stata un’esperienza spirituale e, in seguito, molti altri cardinali mi hanno detto la stessa cosa. Si percepiva che moltissime persone pregavano per una buona scelta e si aveva la sensazione che «qualcosa» si muovesse. Così, sorprendentemente, si è oltrepassata in fretta la maggioranza dei due terzi. La sorpresa successiva è stata la scelta del nome Francesco. Nessun altro papa prima di allora si era chiamato in quel modo. Si è compreso subito che Francesco non era solo un nome, ma un programma. Le sorprese sono continuate. È sorprendente il modo in cui il nuovo papa ha impresso fin dal primo momento un nuovo stile e una nuova impronta al suo nuovo ministero: nel modo di vestire (solo una talare bianca e una semplice croce in metallo); nel linguaggio (Buona sera) e nei gesti estranei da qualsiasi teatralità. La gente radunata in piazza San Pietro ha compreso immediatamente. Già le prime frasi indicavano chiaramente il modo in cui il papa comprendeva il suo ministero. Ha parlato di se stesso come vescovo di Roma, secondo una ben nota formula di Ignazio di Antiochia nel praescriptum della sua lettera alla Chiesa di Roma, che presiede nella carità (metà/fine II secolo). La cosa più commovente è stata quando il nuovo papa, prima della benedizione, ha chiesto la preghiera del popolo di Dio, affinché Dio lo benedicesse. Si è chinato profondamente e per qualche minuto in piazza San Pietro non si è sentito volare una mosca. Era uno stile nuovo. Era teologia del popolo di Dio. Il camminare insieme, di cui parlava il nuovo papa, aveva trovato un’espressione immediatamente comprensibile. Al termine si è ritornati alla casa che ospitava i cardinali per la cena comune. La limousine del papa lo attendeva davanti, ma egli ha detto: «Siamo venuti insieme e ritorniamo insieme». Ed è salito insieme a noi sul minibus. Ha praticato concretamente la collegialità fin dal primo istante. Alcuni erano turbati di fronte a questo nuovo stile e a questi nuovi accenti. Si chiedevano: è continuità o rottura? Dovevano tornare ad apprendere che Dio è immutabile, è Il Regno - attualità 22/2014 805 tudio del mese S 806 sempre lo stesso, ma non è mai il vecchio Dio, è il più giovane di noi tutti, sempre nuovo, sempre sorprendente, sempre meraviglioso. Anche il Vangelo, che è stato trasmesso una volta per tutte, non è mai semplicemente vecchio e logoro. Lo Spirito Santo riserva sempre delle sorprese. La tradizione della Chiesa non è una tradizione morta, ma una tradizione viva. Questa eterna novità (esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 11) non ha nulla a che vedere con l’innovazione. In tutti i secoli la Chiesa è sempre la stessa e, tuttavia, ha sempre bisogno di rinnovarsi. Si pone quindi la domanda: Quale relazione esiste fra il pontificato sorprendentemente nuovo di papa Francesco e quello del suo predecessore? Il passaggio da Benedetto a Francesco Papa Francesco è il settimo papa che ho conosciuto nella mia vita. Sono nato sotto Pio XI, ma di lui non ho alcun ricordo personale. Pio XII fu il primo papa con il quale, dopo l’esame di maturità nella primavera del 1952, ebbi un’udienza insieme con circa altri 20 giovani della mia età. Era un Vaticano completamente diverso da quello che conosco oggi. Pio XII era molto stimato in Germania. Oggi, egli rappresenta per molti la Chiesa preconciliare. Questo è vero e falso al tempo stesso. Infatti, in molte cose Pio XII ha posto le fondamenta di ciò che è stato ripreso e ulteriormente sviluppato dal Concilio. Ma era molto diverso dal suo successore Giovanni XXIII. Inizialmente provammo un sentimento di delusione, ma ben presto il papa buono conquistò i nostri cuori. Con la convocazione del concilio Vaticano II avviò un cambiamento epocale, portato poi avanti dal suo successore, papa Paolo VI, ancora una volta molto diverso da lui. Paolo VI fu uno dei papi riformatori più importanti dell’epoca moderna. Anche Giovanni Paolo II, il primo papa non italiano dopo secoli e il primo papa slavo, fu una sorpresa. Fu un grande papa. Anche il suo successore, Benedetto XVI, era molto diverso da lui per origine, carattere e personalità. Benedetto non è stato un papa dai grandi gesti, ma un papa dai toni pacati, teologicamente e spiritualmente profondi. Tutti questi papi sono stati molto diversi fra loro, ma sono stati tutti cattolici! L’unità della Chiesa cattolica è un’unità nella diversità, anche nella diversità dei suoi papi. È questo il bello della Chiesa cattolica. È così anche nella relazione fra papa Benedetto e papa Francesco. La differenza di origine, di personalità, di stile nell’esercizio del ministero è evidente. Benedetto proviene dalla tradizione europea, Francesco dall’esperienza latinoamericana. Benedetto, in quanto teologo, parte dalla dottrina della Chiesa e cerca di applicarla nella situazione attuale. Francesco, in quanto gesuita, osserva la situazione e giunge alle decisioni attraverso la strada del discernimento spirituale. Benedetto pensa nella tradizione di Agostino, Francesco più in quella di Tommaso d’Aquino. Per Benedetto c’era in primo piano il tema della fede e della scienza, e il problema del relativismo; per papa Francesco c’è il tema della fede e della giustizia, della Chiesa come popolo di Dio caratterizzato dallo slancio missionario. Ma nella sostanza i due papi concordano. La continuità appare chiaramente soprattutto nell’enciclica Lumen fidei (2013). I contenuti e il linguaggio sono in gran parte quelli di Benedetto; Francesco li ha ripresi Il Regno - attualità 22/2014 e ampliati in alcuni punti. È difficile esprimere più chiaramente la continuità sostanziale. Ma non si tratta di una continuità rigida, bensì di una continuità viva. Sulla scia del teologo francese Michel de Certeau, molto stimato da papa Francesco, si può parlare di una rupture instauratrice, di un rinnovamento che passa attraverso rotture. Nessun papa può edificare una nuova Chiesa e inventare di nuovo la Chiesa, ma può e deve rinnovare l’unica Chiesa di tutti i secoli. Sotto tutti i papi è la stessa e unica Chiesa, ma tuttavia è sempre nuova e fresca. In questo senso, vorrei ora parlare di alcune vecchie/nuove scelte di papa Francesco e mostrare come in lui si coniughino in un modo nuovo e inatteso tradizione e situazione. Un papa pastore Papa Giovanni Paolo II è stato un missionario che ha viaggiato instancabilmente in tutto il mondo. Papa Benedetto, come papa, è stato un maestro e un catechista, papa Francesco è un pastore. Egli è in qualche modo parroco del mondo. Perciò, chi lo liquida come un semplice parroco di campagna o addirittura come un teologo «Copacabana», lo sottovaluta molto. Anche in lui c’è, sullo sfondo, una teologia significativa. Si tratta fondamentalmente dell’ecclesiologia del popolo di Dio espressa dal concilio Vaticano II. Essa è stata sviluppata in una teologia del popolo dai suoi insegnanti di teologia, Lucio Gera e Juan Carlos Scannone, come una variante argentina, autonoma e rilevante, della teologia della liberazione. Diversamente dalla forma della teologia della liberazione alquanto conosciuta da noi, essa non parte da contrapposizioni di classe e conflitti di classe, e certamente non dalla loro interpretazione marxista, ma dal popolo, che è unito dalla partecipazione alla stessa cultura. In essa la cultura quotidiana, la cultura del popolo e la devozione popolare gioca, come del resto anche in Michel de Certeau, un ruolo importante. Questo dimostra che i rappresentanti di questa teologia – cosa da non sottovalutare – conoscono molto bene la più recente teologia e filosofia europea, comprese quelle tedesche. A questo si aggiunge il fatto che Francesco è il primo papa che viene da una megalopoli, difficilmente comparabile con le nostre metropoli, con una popolazione immigrata proveniente dai paesi più diversi. Come nessun papa prima di lui, egli è plasmato dalle sue esperienze nei quartieri poveri (villas miserias) di Buenos Aires. La rivista statunitense National Catholic Reporter titolava: «Pope Francis gets his oxygen from the slums». Per papa Francesco, che proviene da quest’ambiente, si tratta di nuova evangelizzazione e inculturazione della Chiesa e di partecipazione di tutto il popolo di Dio alla vita della Chiesa, donne e uomini, laici e chierici, giovani e anziani (Evangelii gaudium, n. 68-75; 111-134). Egli vuole uscire dall’aria viziata di una Chiesa che è ripiegata su se stessa, che gira su se stessa, che soffre per se stessa e piange su di sé, come la vediamo purtroppo spesso anche qui in Germania. Egli vuole una Chiesa caratterizzata dallo slancio missionario. Francesco cerca il contatto con le persone. Sa come parlare alle persone, ai cristiani praticanti e non praticanti, a chi crede in modo differente o non crede affatto. È uno che conosce la vita, che vuole vivere in mezzo alla gente e annunciare il Vangelo con tutta la sua vita. È per questo che non ha voluto occupare gli appartamenti papali del palazzo aposto- lico. Essi non hanno nulla di lussuoso, non possiedono alcuna magnificenza barocca, ma possono isolare. Francesco vuole restare a contatto con le persone e in mezzo al popolo di Dio. In questo, con la sua teologia del popolo di Dio, è autentico. Un papa evangelico Papa Francesco è nel senso originario (non confessionale) dell’espressione un papa evangelico. Non per nulla l’esortazione apostolica nella quale espone il suo programma è intitolata Evangelii gaudium, la gioia del Vangelo. Egli si ricollega con il termine originario, euangelium, come aveva già fatto prima di lui nella sua esortazione apostolica Evangeli nuntiandi (1975) papa Paolo VI, il papa al quale Francesco si sente chiaramente più vicino fra i suoi predecessori. Per lui si tratta di un rinnovamento della Chiesa conforme al Vangelo. Vuole ritornare alla semplicità e sobrietà apostolica. Già Benedetto XVI, in occasione della sua visita in Germania nel settembre del 2011, aveva indicato questa direzione con il termine «de-mondanizzazione». Essa non venne attuata in Germania e ancor meno in Vaticano. Ora Francesco dice chiaramente di che cosa si tratta e come bisogna fare. Il rinnovamento a partire dal Vangelo è una richiesta antica. Già molto prima di Lutero era una richiesta di Francesco d’Assisi. Egli voleva vivere, insieme ai suoi fratelli, semplicemente in conformità con il Vangelo, sine glossa. Perciò, per papa Francesco, rinnovamento non significa adeguamento al mondo. Esso persegue ciò che risplende e affascina e Francesco critica duramente questa mondanità spirituale (Evangelii gaudium, nn. 93-97). Egli vuole un rinnovamento che parta dalla forza della sorgente apostolica e della semplicità apostolica, un rinnovamento che mostri chiaramente la differenza di ciò che è cristiano e l’alternativa dell’essere cristiano. Ma lo intende non come un restare aggrappati a ciò che si faceva ieri e avantieri, ma come un’alternativa che apre al futuro. Infatti, nelle aporie del presente, nelle quali la modernità rischia di morire di morte naturale nella sua forma postmoderna, questa alternativa viene recepita da molte più persone di quanto si pensi come una via di uscita liberatrice, stimolante o almeno interessante. Pur essendo in controtendenza questo programma è up to date. Mediante questo programma evangelico papa Francesco esprime la tradizionale esigenza originaria della Chiesa e al tempo stesso un elemento fondamentale del cattolicesimo più recente. Infatti, molti osservatori intelligenti hanno scoperto una tendenza evangelicale fra le caratteristiche della Chiesa cattolica del XXI secolo. Il papa rappresenta quindi una grande tradizione e al tempo stesso una dimensione caratteristica della Chiesa universale odierna. Egli ha compreso il battito del suo cuore e ha toccato il suo nervo. Questo non è entusiasmo riformistico basato su un attivismo esagerato. Già Francesco d’Assisi avviò, insieme con Domenico e il suo ordine dei predicatori, un movimento evangelico nel senso originario del termine, che plasmò in modo duraturo la teologia dell’epoca, specialmente quella di Tommaso d’Aquino. Non a caso papa Francesco nella Evangelii gaudium si riferisce espressamente a Tommaso d’Aquino e alla sua comprensione del Vangelo (Evangelii gaudium, nn. 37; 43). Come per Tommaso, anche per lui il Vangelo, al quale deve orientarsi la Chiesa, non è una lex scripta, un codice di insegnamenti e comandamenti, ma un dono dello Spirito Santo, che opera mediante la fede. Questo non è molto lontano dalla posizione di Martin Lutero. Per papa Francesco, in un senso assolutamente biblico, il Vangelo è anzitutto parola di incoraggiamento, di conforto, di grazia e solo dopo risposta etica. Prima dell’imperativo viene l’indicativo. Perciò Francesco non vuole essere un papa con l’indice morale puntato. Per lui la fede non è una morale. E non è neppure un codice di insegnamenti, che si possono disporre gli uni accanto agli altri. Non si può quindi annunciare «con le randellate inquisitorie di chi giudica e condanna». Gesù rappresenta la dolcezza, la mitezza, la longanimità, la misericordia, la fraternità. Si può e si deve presentare la fede, ma non si può imporre a nessuno. Naturalmente il papa non vuole rinunciare a nulla di ciò che costituisce l’insegnamento della fede. Ma la fede non è un punto fisso, bensì un cammino che Dio compie insieme a noi e che la Chiesa deve compiere con gli uomini, e questo motivo del cammino è normativo per papa Francesco. Francesco non vuole rivoluzionare la fede, ma ispirare i fedeli a mettersi in cammino insieme a Cristo. Al riguardo esiste una gerarchia delle verità e dei comandamenti (Evangelii gaudium, nn. 35-39). Questo non significa che si deve restare fermi e accontentarsi di un minimo; bisogna essere aperti e disposti, sotto la guida dello Spirito Santo, ad avanzare, a cambiare mentalità, a pensare in modo nuovo. Perciò non si può chiudere all’angolo papa Francesco, né in quello liberale né in quello tradizionalistico. Egli non è né restauratore conservatore né liberale progressista. È radicale nel senso originario del termine. Va alla radice, al Vangelo. Un programma di riforme Il ritorno al Vangelo richiede anche riforme istituzionali. Ciò è apparso chiaramente già la prima sera, quando papa Francesco si è presentato come vescovo di Roma. Ma questo non significa, come alcuni hanno frettolosamente temuto, e altri forse sperato, una rinuncia al ministero petrino universal-ecclesiale. Si tratta probabilmente di un ritorno alla concezione originaria, in base alla quale il papa come vescovo di Roma, che presiede nella carità, ha la responsabilità pastorale di tutta la Chiesa. Vescovo di Roma non è un’appendice del ministero di Pietro ma è il suo fondamento. In questo Francesco riprende lo stimolo offerto da Giovanni Paolo II, quando ha chiesto di entrare in dialogo con lui riguardo al modo in cui esercitare oggi il ministero petrino, senza rinunciare alla sua sostanza, in una forma accettabile da tutti (Evangelii gaudium, nn 16; 32). Papa Francesco lo ha nuovamente annunciato nella sua omelia in occasione della conclusione della settimana di preghiere per l’unità il 25 gennaio nella basilica di Santo Paolo fuori le Mura. Nella Evangelii gaudium parla espressamente di una decentralizzazione della Chiesa (n. 16). Lo si può comprendere correttamente solo riconoscendo che dietro a quest’esigenza c’è per lui l’idea fondamentale del concilio Vaticano II, la Chiesa come communio. Chiesa come communio non significa che la Chiesa è un’associazione di fedeli o una federazione di Chiese locali, e non è neppure un sistema centralizzato, nel quale le Chiese locali sono province amministrate unicamente a partire dalla sede centrale. In quanto communio, la Chiesa ha la sua propria strut- Il Regno - attualità 22/2014 807 tudio del mese S 808 tura costituzionale. L’unica Chiesa è presente nella Chiese locali; in esse assume forma concreta in loco e un concreto volto locale. Inversamente, le Chiese locali devono vivere nella, unitamente alla e a partire dall’unica Chiesa. In quest’unica Chiesa come communio-unità di Chiese, il vescovo di Roma ha la presidenza. Essa ha il suo centro interno in Gesù Cristo e un centro visibile nel ministero petrino (Evangelii gaudium, nn. 30-32). Centro non significa centralismo, ma unità nella diversità e diversità nell’unità. Che in un mondo complesso e sfaccettato come quello odierno non si possa regolamentare tutto a partire da Roma lo ha sperimento lo stesso card. Bergoglio come arcivescovo di Buenos Aires. Su questo punto è entrato spesso in conflitto con persone della curia. Attraverso un nuovo bilanciamento di unità e diversità il ministero petrino non perde peso, ma ne acquista, come dimostra la forza di attrazione del nuovo pontificato. Secondo la tradizione della Chiesa antica, l’unità nella diversità viene prefigurata già dal concilio apostolico (cf. At 15) e realizzata mediante processi sinodali. Papa Francesco ha fatto un primo passo con la con la nomina di un consiglio di otto cardinali provenienti da tutti i continenti, il cosiddetto Consiglio G8. Ha fatto un passo ulteriore con il Sinodo, o meglio, il processo sinodale su «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Per la preparazione è stato inviato un questionario, aggiungendovi la preghiera di accompagnamento in luoghi di pellegrinaggio delle famiglie (specialmente Nazaret, Loreto, Sagrada Familia a Barcellona). Una sorta di apertura avverrà nel concistoro nella festa della Cattedra di San Pietro (22 febbraio). Così preparato, il Sinodo straordinario dei vescovi dal 5 al 19 ottobre ha illustrato lo status quaestionis e a distanza di un anno il Sinodo ordinario dovrà chiudere i lavori. Nel frattempo, c’è sempre spazio per la convocazione del popolo di Dio, delle singole diocesi e delle conferenze episcopali. È un nuovo stile, dietro al quale c’è il rinnovamento della concezione della Chiesa del concilio Vaticano II. La povertà della Chiesa Con queste idee teologiche e pratiche papa Francesco non vuole una Chiesa ripiegata su se stessa e preoccupata unicamente delle sue strutture, ma vuole una Chiesa che esca fuori. Per lui, il futuro della Chiesa è una Chiesa povera per i poveri. Questo non è un tema principalmente sociale e politico, bensì un tema biblico e specialmente cristologico. Gesù è venuto ad annunciare il Vangelo ai poveri (cf. Lc 4,18). La prima beatitudine del discorso sul monte è: «Beati i poveri davanti a Dio, perché a loro appartiene il regno dei cieli» (Mt 5,3; cf. Lc 6,20). Questo, per Francesco, è anche un tema cristologico, presente già in uno dei testi più antichi del Nuovo Testamento, nell’inno prepaolino della Lettera ai Filippesi: «… egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,6s). Paolo ha ripreso questo motivo: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Non c’è bisogno del marxismo e del socialismo per imbattersi nel tema dei poveri. Esso ha giocato da sempre un ruolo importante nella storia della Chiesa, a partire dalla Il Regno - attualità 22/2014 comunità primitiva di Gerusalemme, nella quale tutto era condiviso con tutti (cf. At 2,44) e dal primo monachesimo. Antonio, il padre dei monaci, sentì questa parola: «Sei vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che hai, dallo ai poveri (…), poi vieni e seguimi!» (Mt 19,21); la ascoltò e la mise in pratica. Nel Medioevo, in contrapposizione a una Chiesa potente e ricca, vi furono sempre movimenti basati sulla povertà, fra i quali il più noto e fruttuoso è stato fino ai nostri giorni quello di Francesco di Assisi e dei suoi confratelli. Nel Concilio, il motivo della Chiesa povera ha giocato un ruolo importante. Il testo fondamentale si trova nella costituzione Lumen gentium sulla Chiesa: «Come Cristo ha realizzato la sua opera di redenzione nella povertà e nella persecuzione, anche la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via (…); così anche la Chiesa, benché per eseguire la sua missione abbia bisogno di risorse umane, non è fatta per cercare la sua gloria sulla terra, ma per espandere l’umiltà e l’abnegazione anche con il suo esempio» (LG 8,3; EV 1/306). L’affermazione più nota è quella della costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, secondo la quale «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo» (GS 1; EV 1/1319). In questo spirito, alcune settimane prima della fine del Concilio, 40 vescovi strinsero il Patto delle catacombe, intitolato «Per una Chiesa serva e povera» (Regno-att. 2,2013,50). Assunsero una serie di impegni, fra cui quelli relativi allo stile di vita, ai titoli e ai poveri. Fra i primi firmatari c’erano vescovi come Helder Camara, Aloisio Lorscheider e il tedesco Julius Angerhausen, vescovo ausiliare di Essen. Un altro, fra i primi testimoni, fu Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, che venne ucciso il 24 marzo 1980 durante la celebrazione dell’eucaristia da militari incaricati, perché si era impegnato per i diritti dei campesinos. Ora papa Francesco ha riaperto il processo di beatificazione rimasto a lungo bloccato in curia. Dopo il Concilio, il tema della povertà è diventato soprattutto attuale nella teologia della liberazione in America Latina. La seconda Assemblea generale dell’episcopato latinoamericano ha formulato a Medellin (Colombia) nel 1968 l’opzione per i poveri. Nel 1979, l’Assemblea generale tenuta a Puebla (Messico) ha parlato di opzione preferenziale, ripresa poi nel 2007 dalla settima Assemblea generale ad Aparecida (Brasile) e ampliata mediante l’introduzione dell’opzione per gli esclusi. L’artefice del Documento di Aparecida fu l’allora presidente della Conferenza episcopale argentina, il card. Jorge Bergoglio. Con la sua opzione preferenziale per i poveri (Evangelii gaudium, n. 198) papa Bergoglio s’inserisce in una grande tradizione, riprende idee importanti del Concilio e degli sviluppi postconciliari e pone all’ordine del giorno della Chiesa lo scandalo della povertà e della miseria, che grida al cielo, nell’emisfero meridionale. Per lui non si tratta del nostro discorso occidentale sulla modernità, ma del discorso sulla modernità del terzo mondo, che riflette sulle conseguenze negative della modernizzazione e della globalizzazione per l’emisfero meridionale. Egli vede in questo la crisi antropologica dell’individualismo e del consumismo (Evangelii gaudium, n. 2; 55; 61; 63; 67). Per le sue parole chiare il papa è stato criticato anche in Germania. Si è contestata soprattutto l’espressione «quest’economia uccide» (Evangelii gaudium, n. 53). Ma bisogna leggere attentamente. Il papa non dice «l’economia uccide», ma «quest’economia uccide». Egli critica una forma ben precisa di economia, la tendenza – così il card. Marx – all’economicizzazione di tutti i settori della vita, la quale fa dipendere il ritmo della società dagli interessi della valorizzazione del capitale. Per il papa non si tratta dell’analisi di un esperto in economia (n. 51) e non si tratta neppure di un qualche sistema, di un qualche «ismo». Egli non nomina il capitalismo. Si tratta di persone e di un grido profetico. Se 1,4 miliardi di persone vivono in estrema povertà e ogni anno 5,6 milioni di bambini muoiono a causa di un’alimentazione insufficiente, allora nel sistema economico mondiale deve esservi qualcosa che non funziona. Francesco vuole alzare la sua voce contro questa globalizzazione dell’indifferenza. La risposta della Chiesa non può consistere solo nei suoi organismi assistenziali. Da questo punto di vista, la Chiesa in Germania ha fatto cose che bisogna riconoscere. Francesco si spinge oltre. La Chiesa non è una ONG che si occupa di beneficenza (Evangelii gaiudium, n. 279). Per lui si tratta di incontrare Cristo nei poveri, anzi di toccare Cristo (n. 270). La Chiesa è il corpo di Cristo: nelle ferite degli altri noi tocchiamo le ferite di Cristo. «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). È una visione mistica (nn. 87; 92). Essa ci ricorda Francesco d’Assisi che abbracciò un lebbroso e l’esperienza vocazionale di Madre Teresa, che trasportò un moribondo nel suo convento e così fece l’esperienza di portare Cristo nei poveri. In questo senso Francesco vuole una Chiesa caratterizzata dallo slancio missionario, una Chiesa che esce verso le periferie dell’esistenza umana (Evangelii gaudium, n. 20-23; 27-31; 78-86 e altrove). Non vuole una Chiesa che è ripiegata su se stessa e ruota attorno a se stessa. Una persona ripiegata su se stessa è una persona malata, una Chiesa ripiegata su se stessa è una Chiesa malata. Con l’opzione una Chiesa povera per i poveri, il papa indica un aspetto essenziale della crisi e al tempo stesso un aspetto di un rinnovamento della Chiesa conforme al Vangelo. Per lui si tratta molto di più che di giustizia sociale, si tratta di misericordia. Pontificato della misericordia Misericordia è un altro termine chiave del nuovo pontificato. Un tema assolutamente non nuovo. La misericordia è fondamentale già nell’Antico Testamento. «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso» (Es 34,6). «Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 103,8; 111,4). Nel messaggio di Gesù la misericordia è fondamentale. Pensiamo semplicemente alla parabola del figlio perduto (cf. Lc 15,11-32) e del samaritano misericordioso (cf. Lc 10,25-37) o alla Lettera agli Efesini: «Dio, ricco di misericordia» (Ef 2,4). Pensiamo, inoltre, alla beatitudine del discorso della montagna: «Beati i misericordiosi» (Mt 5,7), al «voglio la misericordia e non il sacrificio» (Os 6,6; Mt 9,13), al discorso di Gesù sul giudizio finale (cf. Mt 25), secondo il quale per lui allora conteranno solo le opere di misericordia. La tradizione non conosce solo le opere di misericordia corporali, ma anche le opere di misericordia spiritua- li. Si possono menzionare grandi santi della misericordia cristiana: Nicola di Lira, Martino di Tours; Elisabetta di Turingia, Vincenzo de’ Paoli, Madre Teresa di Calcutta, suor Faustina Kowalska, che fu importante per Giovanni Paolo II e fu la prima ad essere da lui canonizzata in modo assolutamente programmatico in occasione del giubileo del 2000. Papa Giovanni Paolo II dedicò al tema della misericordia la sua seconda enciclica Dives in misericordia (1980) e istituì la domenica dopo Pasqua come domenica della misericordia. Benedetto XVI ha continuato a sviluppare il tema nella sua prima enciclica Deus caritas est (2005). Il motto episcopale di papa Francesco è Miserando atque eligendo («siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse»), proveniente da Beda il Venerabile, che visse nel VII e VIII secolo. Anche in questo caso papa Francesco si colloca pienamente nella tradizione, mirando a rinnovarla e a renderla fruttuosa nella nostra situazione. Come papa continua a ripetere che la misericordia di Dio è infinita, che Dio non si stanca mai di essere misericordioso per chiunque lo desideri. Dio non abbandona mai chi confida nella sua misericordia. Questo è per Francesco il nocciolo del Vangelo. Anche in questo egli può riferirsi a Tommaso d’Aquino. Dio è in se stesso amore e rivolto all’esterno questo amore si esprime nella misericordia; secondo Tommaso, la misericordia precede la giustizia. In fondo, così si pone in modo nuovo la più fondamentale di tutte le domande teologiche, quella su Dio. Il tema della misericordia diventa attuale in vista del processo sinodale, che si occupa anche del problema dei divorziati risposati. È un problema pastorale urgente, che in questa sede non posso presentare in modo dettagliato. Tuttavia è importante non comprendere la misericordia come una grazia a poco prezzo, offerta per così dire a prezzi stracciati. La misericordia non sopprime i comandamenti di Dio, ma offre una nuova possibilità a chi è disposto a convertirsi. In questo senso, papa Francesco ha lasciato il problema alla libera discussione. Non c’è nulla di deciso in anticipo. Il papa spera, come mi ha detto, che il Sinodo possa trovare una soluzione condivisa. Anche questo fa parte del nuovo stile. Il compito ecumenico L’ecumenismo è un chiaro mandato di Gesù, il quale alla vigilia della sua morte ha pregato che «tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). L’ecumenismo è il mandato del Concilio, che ha considerato l’unità di tutti i cristiani una delle sue più alte preoccupazioni e ha affermato che la divisione fra i cristiani contraddice la volontà di Cristo, danneggia la causa del Vangelo e scandalizza il mondo (Unitatis redintegratio, n. 1). Come arcivescovo di Buenos Aires, il papa attuale si è impegnato attivamente in questo campo. Ha curato relazioni fraterne con gli ortodossi, con i luterani, con le Chiese libere, con i pentecostali e soprattutto con gli ebrei. A livello ecumenico, l’accoglienza riservata al nuovo papa è stata molto positiva. Il patriarca ecumenico Bartolomeo ha partecipato già al suo insediamento e da allora molti altri capi di Chiese gli hanno reso visita: fra gli altri, il nuovo primate della Chiesa copta, papa-patriarca Tawadros II; il nuovo primate della Comunione anglicana, arcivescovo Justin Welby; il presidente del Consiglio della Chiesa evangeli- Il Regno - attualità 22/2014 809 tudio del mese S 810 ca in Germania, Nikolaus Schneider; delegazioni della Federazione luterana mondiale e delle Chiese di Finlandia. L’eco ecumenico è generalmente molto positivo e grandi sono le attese ecumeniche. L’esortazione apostolica Evangelii gaudium dedica tre paragrafi all’ecumenismo (nn. 244-246), nei quali si sottolinea soprattutto che oggi la testimonianza comune è molto importante per la pace nel mondo. In base al suo approccio «evangelico», il papa ammonisce di partire non da ciò che distingue, ma dalla fede comune, e di tener conto della gerarchia delle verità. La sua comprensione della Chiesa come communio, come unità nella diversità, gli permette, sulla scia del teologo riformato Oscar Cullmann, di percorrere la strada verso una diversità riconciliata. Si tratta di un approccio ricco di speranza e molto discusso nella teologia ecumenica, che si spera possa condurre fuori dall’attuale stagnazione ecumenica rispetto sia ai cristiani ortodossi sia a quelli evangelici. Che cosa si è fatto? Quelli che abbiamo evidenziato sono i primi segni, per così dire i materiali da costruzione. In pochi mesi non ci si poteva aspettare di più. Anche Roma non è stata costruita in un sol giorno. Ma se pensiamo al clima che regnava appena un anno fa, il cambiamento è assolutamente evidente. Questo profondo cambiamento di clima è certamente l’avvenimento più importante, che si può indicare già ora. Non sono pochi a ritenere che il papa resterà ben presto senza fiato e che l’apparato curiale finirà per frenarlo o addirittura farlo girare a vuoto. Chi lo pensa sottovaluta papa Francesco e sopravvaluta le forze della restaurazione nella curia. Ci sono, ma non ci sono solo quelle. Vi sono anche molti che sono grati per papa Francesco. Del resto, non bisogna farsi della curia un’idea bizzarra, come se fosse solo sex and crime. La grande maggioranza dei collaboratori vuole servire onestamente la Chiesa e il papa, anche se altri attendono o – come succede ovunque – si adeguano in fretta. Nessuna persona ragionevole può aspettarsi che un nuovo papa possa realizzare in pochi mesi una riforma completa della curia e della Chiesa. La riforma della curia è un grande cantiere, che si trova ancora in fase di progettazione. Per la realizzazione occorreranno almeno tre anni. Ora bisogna evidentemente ripartire con ordine. Ma si sono già messe in moto più cose di quanto si possa percepire dall’esterno. Si è messa in moto una realizzazione più intensa e profonda della collegialità e della sinodalità. Il Gruppo G8, un consiglio di cardinali provenienti da tutti i continenti, è un passo importante. Si sta rivalutando il Sinodo, trasformandolo in un processo sinodale nel quale tutta la Chiesa viene coinvolta. Con l’aiuto dei gruppi linguistici le discussioni saranno certamente più vivaci. La Segreteria del Sinodo sarà rafforzata e diventerà un ufficio vaticano centrale. Il Sinodo ha messo all’ordine del giorno uno dei temi pastorali più urgenti, quello della famiglia. La famiglia è la cellula della società e della Chiesa, ma anche il centro della crisi attuale. Riguardo alla ridistribuzione dei ruoli, ricorderò solo quella più importante: la nomina del card. Pietro Parolin come nuovo segretario di stato. Conosce molto bene sia la diplomazia internazionale sia l’apparato interno della Chiesa. La nomina dei nuovi cardinali ha offerto segnali chiari e Il Regno - attualità 22/2014 ha posto i binari per una futura elezione del papa. Infine, ora la cosiddetta banca vaticana è dotata di un controllo efficace, di nuovo personale dirigente e ha ottenuto il riconoscimento da parte del mondo degli esperti (la Commissione Moneyval). Tutto questo è molto di più di ciò che si poteva sperare un anno fa. Più importante di questi cambiamenti interni è il radicale cambiamento di clima, l’euforia che si può constatare in tutto il mondo. Il numero delle persone che partecipano alle celebrazioni liturgiche, alle udienze del mercoledì, all’Angelus domenicale è di colpo triplicato. Si percepisce un cambiamento radicale anche nella stampa internazionale, in molte persone tradizionalmente lontane dalla Chiesa, ovunque nelle comunità cristiane, e persino nei tassisti romani. Molti pensano che sia solo un caso mediatico passeggero e che prima o poi l’«effetto Obama» colpirà anche il papa. Un papa che annuncia il Vangelo incontrerà certamente anche opposizioni. Già ora nei siti di estrema destra si trovano esempi di polemica in parte astrusi. Quando invece si sentono i parroci romani affermare che, nell’ultimo anno, sono notevolmente aumentate le confessioni, anche di persone che non si confessavano da anni, indicando come ragione del loro ritorno alla confessione il papa e il suo messaggio di misericordia, appare chiaro che tutto questo è ben più di un entusiasmo superficiale. La ragione che spinge una persona a ritornare a confessarsi dopo anni è molto più profonda della mentalità tipica del tifoso. La forza di questo papa deriva dal fatto di collocarsi nella migliore tradizione della Chiesa e toccare al tempo stesso il nervo della situazione attuale della Chiesa. In lui, si trovano insieme tradizione e situazione. Di qui la possibilità di respirare e l’entusiasmo. Ovviamente, non per questo tutti i problemi scompaiono come d’incanto. Ma, come nell’economia così anche e ancor più nella Chiesa, il clima esprime il fatto di essere a metà dell’opera. Infatti, la vera crisi è la mancanza di energia e di slancio, di forza della fede e di gioia della fede. Solo a partire dalla gioia della fede possiamo risolvere i problemi. Senza di essa trebbiamo paglia secca e diamo gas con la leva del cambio in folle. Questo fa molto rumore, ma non permette di avanzare. Non basta quindi sedersi in poltrona e dire: aspettiamo, vediamo che cosa porta il nuovo papa e se ce la fa. Il rinnovamento comincia da ogni singola persona. Deve iniziare anche nella Chiesa in Germania. Anche noi dobbiamo lasciarci interpellare e convertirci. Non possiamo misurare il papa semplicemente con la vecchia e ben nota lista delle nostre richieste di riforma. Dobbiamo misurarci soprattutto con le scelte del papa. Ho l’impressione che non abbiamo ancora veramente accolto il suo messaggio del Vangelo. Occorre anzitutto che una potente scossa attraversi la Chiesa in Germania; dobbiamo anzitutto svegliarci dal nostro ripiegamento su noi stessi e diventare maggiormente Chiesa in marcia. Abbiamo bisogno di Evangelii gaudium, di gioia del Vangelo, gioia della fede e gioia nella Chiesa. Infatti, la gioia del Signore è la nostra forza (cf. Ne 8,10). Walter Kasper* * Il testo che qui proponiamo in una nostra traduzione dal tedesco è stato pronunciato il 14 febbraio 2014 presso l’Accademia cattolica di Baviera ed è apparso sulla rivista Zur Debatte. Themen der Katholischen Akademie in Bayern (2014)3, 1-8, che ringraziamo per il permesso di pubblicazione. p p arole delle religioni Piero Stefani La fede di Gesù ebreo P e r c h i l e g g e i Va n g e l i N ell’ambito del dialogo cristiano-ebraico (formulazione più adeguata di «dialogo ebraico-cristiano») esistono alcuni detti di riferimento. A essi è affidato un compito eminentemente retorico. Sotto questo aspetto svolgono una funzione positiva. La loro portata viene però molto ridimensionata se si inizia a esaminare con più attenzione le formulazioni. In questo novero vanno citate espressioni come «fratelli maggiori», «radici ebraiche del cristianesimo», «chi incontra Gesù incontra l’ebraismo», «Gesù è ebreo e lo è per sempre». Fa parte di questa ristretta compagnia anche il motto, ormai pluridecennale, dovuto allo studioso ebreo Schalom Ben Chorin. Riferendosi alle relazioni tra ebrei e cristiani, egli ha scritto: «La fede di Gesù ci unisce, la fede in Gesù ci divide».1 Al «Gesù ebreo» è qui affidato un compito più rilevante della pura dimensione storica. Lungi dal limitarsi agli esiti peculiari della ricerca storiografica, qui si individua un vero e proprio ponte capace di collegare tra loro ebrei e cristiani. Esso, invero, è percorribile in comune in una sola direzione. Ma come sottovalutarne l’importanza a fronte di tanti secoli dominati dall’ostilità? Non è certo cosa di poco conto presentare Gesù come il massimo testimone per i cristiani di un tipo di fede ebraica. Tuttavia, una volta esaminata con maggiore attenzione, la suggestiva prospettiva delineata da Ben Chorin si manifesta debole sotto almeno due aspetti di non poco conto. È fuori discussione che ci è dato conoscere qualcosa della fede ebraica di Gesù solo attraverso l’interpretazione di fonti che esprimono, in proprio, varie forme di fede in Gesù. Se non ci fossero i Vangeli nulla sapremmo della fede del figlio di Maria. Nella teologia cristiana la stessa espressione di «fede di Gesù» sarebbe stata considerata assurda. In effetti la teologia scolastica ha negato che Gesù, in quanto Dio incarnato, potesse aver fede.2 Senza entrare di petto nel problema, è comunque sufficiente affermare che si tratta di posizioni prive di riscontro quando ci si attiene alle modalità evangeliche di narrazione. Esse infatti presentano Gesù sicuramente come una persona che compie atti propri della vita di fede. Per limitarsi a un solo esempio, a più riprese i Vangeli, e in modo eminente Luca, presentano Gesù mentre prega (cf. per es. Lc 3,21; 5,16; 6,12; 9,18-28; 10,21; 11; 22,32.46; 23,34.46). Per chi legge i Vangeli al di fuori di vincolanti pre- comprensioni dogmatiche risulta, dunque, incontrovertibile che Gesù sia presentato anche come un uomo vissuto nell’orizzonte della fede ebraica. Tuttavia è ugualmente certo che ci troviamo di fronte a documenti che esprimono varie forme di fede in Gesù. Inutile dire che ciò non vale solo per testi canonici: il Vangelo di Tommaso (per citare l’apocrifo più considerato in sede storiografica) rappresenta una forma di fede in Gesù diversa da quelle espresse (anche qui sarebbe più conveniente il plurale) da Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ma si tratta pur sempre di espressioni di fede. In definitiva ci è dato di parlare di fede di Gesù solo in virtù dell’esistenza di forme di fede in Gesù. La fede ebraica in Gesù Accanto a questa prima serie di considerazioni bisogna porne una seconda. È possibile riassumerla in poche domande: si può escludere a priori che tutte le forme di fede in Gesù siano ebraiche? Perché porre uno iato là dove molti non lo riconoscono?3 In termini più drastici ma pure più inesatti: la fede in Gesù segna davvero lo spartiacque tra ebraismo e cristianesimo? Oggi la ricerca storica tende a escludere una simile conclusione. Ovviamente essa, nel suo ambito, può pervenire a tali esiti in quanto, in maniera del tutto legittima, non considera vincolanti e normative, per interpretare i Vangeli, le formulazioni di fede elaborate in ambito cristiano a partire dal IV secolo. In ogni caso è storicamente certo che ci furono forme di fede in Gesù propriamente ebraiche. Nel contesto del dialogo cristiano-ebraico, non meno che per l’autocoscienza stessa dei credenti in Gesù, l’interrogativo più qualificante sta però nel chiedersi se questa certezza storica abbia rilevanza anche sul piano della vita stessa di fede. Ricorriamo ancora una volta alla forma interrogativa: che senso ha oggi nella vita ecclesiale il fatto che i primi credenti in Gesù Cristo fossero ebrei? Quale significato assegnare al fatto che, senza il «sì» di una parte del popolo d’Israele a Gesù, non sarebbe mai sorta la Chiesa? Del resto, la stessa constatazione che perveniamo all’ebraicità di Gesù attraverso fonti «cristiane» (dato e non concesso che le si qualifichi così) significa che queste ultime vanno considerate, almeno in parte, ebraiche.4 Alle spalle dei discorsi fin qui condotti si trova un tema di straordinaria rilevanza. Esso si incentra sul genere letterario Il Regno - attualità 22/2014 811 Parole delle religioni «vangelo». Senza di esso infatti non sarebbe mai neppure sorto il problema del Gesù storico e quindi neppure quello del Gesù ebreo. Se la forma del Vangelo fosse puramente mitica il problema non si sarebbe mai posto. Nessuno, per ricorrere a un esempio solo apparentemente banale, ha mai potuto sollevare la questione di un Apollo o di una Atena storici. Ciò non significa che i miti siano sprovvisti di una loro verità, ma si tratta appunto di uno statuto veritativo diverso. Il genere letterario «vangelo» Il racconto evangelico non è l’unico modo in cui sono state trasmesse le memorie su Gesù. Non è neppure la prima forma scritta a noi pervenuta con cui le memorie sono state trasmesse. Le lettere autentiche di Paolo sono più antiche dei Vangeli; esse sono prive però di quella componente biografica, sia pure, che contraddistingue il genere letterario «vangelo». Le epistole paoline sono prive di quella pretesa di «realismo», sorto dentro una comunità di fede, che contraddistingue i Vangeli. Non a caso nella Seconda lettera ai Corinti si legge una presa di distanza (interna alla stessa chiamata di Paolo, il quale non incontrò mai Gesù sulle strade della Galilea e della Giudea) dalla rilevanza attribuita ai «detti e ai fatti» propri della vita del «Gesù pre-pasquale»: «Se anche abbiamo conosciuto Gesù alla maniera umana [alla lettera: «secondo la carne»] ora non lo conosciamo più così» (2Cor 5,16). I Vangeli appartengono a un genere letterario che, all’origine, si presentò in larga misura inedito. Ma quando questo genere fu prodotto, quella persona umana non era considerata semplicemente come tale. Negli ultimi due secoli, si sono compiute ricerche numerose e accurate sui processi storicoletterari che hanno portato alla formazione dei Vangeli. Nel complesso un’attenzione minore è stata riservata allo studio del genere letterario «vangelo» (termine impostosi, in questo significato, nel corso del II secolo; in precedenza quei libri erano, per lo più, noti come «memorie degli apostoli»). Questa forma di scritto è priva di corposi antecedenti biblici; nelle Scritture ebraiche ci sono, infatti, sezioni biografiche (relative, per esempio, ad alcuni profeti: Elia, Eliseo, ecc.), ma non vi è alcun testo incentrato sui detti e sui fatti di una singola persona. Per questa ragione si è pensato che Marco fosse stato l’«inventore» di questo tipo di scritti. In epoca recente si è divenuti più attenti alle affinità esistenti tra il genere letterario «vangelo» e il modello costituito dalle biografie classiche, senza negare l’esistenza di ovvie differenze tra i due contesti. Basti pensare al fatto, per nulla marginale, che nessuno degli evangelisti parla dell’aspetto fisico di Gesù. Mancanza particolarmente significativa, visto che i Vangeli attribuiscono un ruolo fondamentale alla corporeità di Gesù e alle modalità di relazione con gli altri instaurate grazie a essa. Nel complesso lo scopo dei Vangeli non è però biografico; il loro intento è piuttosto quello di approfondire e rinsaldare la fede della comunità a cui sono rivolti. Il sorgere e il consolidarsi della forma «evangelo» ha fatto sì che, per noi, la conoscenza di Gesù sia obbligata a passare, in modo privilegiato, attraverso la pretesa di verità e di reali- 812 Il Regno - attualità 22/2014 smo insita in questo genere di scritti. Sotto la lente della critica storica può risultare che alcuni dei fatti narrati non siano mai accaduti e vari detti non siano mai stati pronunciati da Gesù; tutto ciò, però, non intacca la presa d’atto che i lettori di quelle pagine sono posti di fronte a un «realismo letterario», caratteristica indispensabile perché sorgesse il particolare tipo di approccio costituito dalla ricerca storica su Gesù e anche perché si potesse parlare della fede di Gesù. In conclusione, la nostra porta di accesso al «Gesù ebreo» è costituita dal «realismo ebraico» dei Vangeli. 1 S. Ben Chorin, , Morcelliana, Brescia 1985, 28. Al tema «Gesù l’ebreo» è appena stato dedicato il XXXV Colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli (4-8.12.2014). 2 Cf. C. Molari, «La fede di Gesù. Riflessioni sulla teologia cattolica», in Aa.Vv., Atti della XLII Sessione di formazione ecumenica, Chianciano Terme, 23-29.7.2005, a cura del Segretariato attività ecumeniche (SAE), 53-68. 3 Per limitarsi a un riferimento facilmente accessibile, cf. D. Boyarin, , Castelvecchi, Roma 2012. 4 Per riferirci «simbolicamente» a un documento «classico», cf. L. Baeck, , Giuntina, Firenze 2004. Direzione e redazione Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna tel. 051/3941511 - segr. 051/3941309 fax 051/3941399 - www.ilregno.it e-mail: [email protected] Direttore responsabile Per la pubblicità Gianfranco Brunelli Ufficio commerciale CED-EDB Caporedattore per Attualità e-mail: [email protected] Guido Mocellin tel. 051/3941206 - fax 051/3941299 Caporedattore per Documenti Abbonamenti p. Marco Bernardoni tel. 051/3941255 - fax 051/3941299 e-mail: [email protected] Segretaria di redazione Valeria Roncarati Quote di abbonamento Redazione per l’anno 2015 p. Marco Bernardoni / Gianfranco Il Regno - attualità carta + Brunelli / Alessandra Deoriti / p. Alfio documenti solo digitale Filippi / Maria Elisabetta Gandolfi / Italia € 65,00; p. Marcello Matté / Guido Mocellin / Europa € 90,00; Marcello Neri / p. Lorenzo Prezzi / Resto del mondo € 100,00. Daniela Sala / Paolo Segatti / Piero Il Regno - attualità + documenti Stefani / Francesco Strazzari / Antonio edizione digitale - Italia € 65,00; Torresin / Mariapia Veladiano Europa € 65,00; Resto del mondo € 65,00. Editore Una copia e arretrati: € 3,70. Centro Editoriale Dehoniano, spa CCP 264408 intestato a Centro Progetto Grafico Editoriale Dehoniano. Scoutdesign Srl Chiuso in tipografia il 29.12.2014. Impaginazione Il n. 21 è stato spedito il 22.12.2014; Omega Graphics Snc - Bologna il n. 20 il 9.12.2014. Stampa In copertina: Giotto Di Bondone, San Francesco italia tipolitografia s.r.l. - Ferrara predica agli uccelli, predella della tavola San Francesco riceve le stimmate, 1300-1310; Registrazione del Tribunale di Bologna Parigi, Museo del Louvre. N. 2237 del 24.10.1957. Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana L’editore è a disposizione degli aventi diritto che non è stato possibile contattare, nonché per eventuali e involontarie inesattezze e/o omissioni nella citazione delle fonti iconografiche riprodotte nella rivista. Colla, Rodano, Mazzolari e Barsotti Così li ho ritrovati a Vicenza a fine novembre “ io non mi vergogno del vangelo “ Luigi Accattoli Q uattro cristiani mi sono venuti al cuore tutti insieme, a me noti ma anche nuovi: Colla, Rodano, Mazzolari, Barsotti. È avvenuto il 27 novembre a Vicenza: qui dico come fu e con quale mio sconquasso. Sono stato alla scuola di Franco Rodano (1920-1983) negli anni 1970-1971. Nel 1973-1974 ho avuto tra le mani le carte di don Primo Mazzolari (1890-1959), aiutando p. Bergamaschi a mettere insieme il Diario 1905-1929 (EDB, Bologna 1974) del parroco di Bozzolo. A partire dalla fine degli anni ’80, ho frequentato Rienzo Colla (19212009) che nel 1996 pubblicò, per le edizioni La Locusta di Vicenza, un mio libretto intitolato Cento preghiere italiane di fine millennio. Di Barsotti sono da sempre lettore. Avevo dunque un’amicizia di decenni con i quattro, eppure è stato un vivo sole ascoltare loro parole nuove nella giornata vicentina (Rienzo Colla editore per conto di Dio, organizzata dalla Biblioteca Bertoliana e dalla Caritas quali esecutrici testamentarie dell’editore) e in particolare una lettera di Colla a Mazzolari su Rodano, colpito da «interdetto» per l’adesione al PCI dopo lo scioglimento della Sinistra Cristiana (1945). crede non ha fretta. E ricordagli, se puoi, che solo rimanendo nella Casa, si fa camminare la Casa». Parla con disagio dell’interdetto Nel periodo clandestino ero anch’io del movimento «Vedo talora Franco Rodano il quale si trova in particolare sofferenza (…). Egli dice che non vuol sottomettersi perché convinto – in coscienza – di rendere così un più utile servizio alla fede cattolica. Insiste nel dire che vuole andare fino in fondo, non tanto per dimostrare ai cattolici che si può essere cattolici e comunisti, quanto per dire ai comunisti che un cattolico può esser comunista. Con me parla liberamente e non nasconde le sue critiche nei riguardi del PCI; ciononostante pensa che di fronte alla scristianizzazione della base del partito e al risorgere in seno al medesimo dei gruppi anticristiani, il suo dovere sia di restare (…). Che cosa si deve fare? A me pare ancora un buon cattolico… Parla con disagio dell’interdetto, soprattutto perché sente la mancanza dei sacramenti: prega però molto (…). Prega con lui anche tu. Egli ti ricorda con simpatia anche se non condivide in pieno – e si capisce – il tuo orientamento attuale… Ti vorrebbe forse più… eretico». Questa lettera è del 24 maggio 1949 ed è conservata nell’Archivio Mazzolari di Bozzolo. È stata proposta nella giornata vicentina da Giorgio Vecchio, che sta riordinando quell’archivio e che ha offerto ai convegnisti alcune primizie, ricordando anche la risposta di Mazzolari a Colla che già conoscevamo dal volumetto della Locusta Lettere a un amico (1976): «T’assicuro che prego molto per lui [Rodano], come per quanti soffrono in esilio (…). Forse anche il buon Rodano ha troppa fretta. Chi La vicenda dell’interdetto è documentata da Marcello Mustè in Franco Rodano. Critica delle ideologie e ricerca della laicità (Il Mulino, Bologna 1993): il 10 dicembre 1947 un decreto della Congregazione del Concilio dichiara che Rodano sarà interdetto se non ritratterà il contenuto di un articolo pubblicato su Rinascita («Le condizioni economiche del clero», settembre 1947). Rodano risponde il 1° gennaio 1948 che in coscienza non gli è possibile ritrattare. Il 17-18 gennaio 1949 l’Osservatore Romano rende nota la pena. Si trattò di un interdetto personale (can. 2275 del Codice del 1917) che impedì a Rodano la fruizione dei sacramenti per un decennio e dal quale sarà liberato da Giovanni XXIII. Giovanni Tassani – che conobbe Rodano e Colla e che ha curato per La Locusta il volumetto di Rodano Lettere dalla Valnerina (1986) – mi ha fatto conoscere un altro inedito di Colla su Rodano interdetto: una lettera del 3 giugno 1949 al gesuita Giuliano Prosperini, già educatore di Franco nella Congregazione Mariana, conservata nell’Archivio Rodano: «Purtroppo non posso darle buone notizie del nostro amico. Io lo conosco dal periodo clandestino (allora ero anch’io del movimento…) e l’ho rivisto spesso anche dopo l’entrata ufficiale nel PCI: oggi mi pare lontanissimo da una sottomissione (…). Bisognerebbe essergli tanto vicino con tatto e intelligenza. Perché a me nonostante tutto – ma forse è la mia debolezza – sembra ancora un cattolico». La riservatezza di Rienzo è pro- Il Regno - attualità 22/2014 813 Per sopportare lo schianto della mia vocazione Dal carteggio con Mazzolari e Barsotti veniamo a conoscere meglio la tribolata vicenda dell’aspirazione di Rienzo a farsi prete, che ha coltivato almeno per un quindicennio: dal 1945 al 1959. Dall’anno in cui stabilisce un rapporto serrato con Mazzolari all’anno della morte di Mazzolari. Forse era pensando a Mazzolari che Colla aspirava a fare il prete. I curatori dell’archivio di Colla hanno rintracciato la minuta di due lettere di Rienzo al vescovo di Vicenza Carlo Zinato riguardanti la sua ordinazione. La prima e di maggiore contenuto è del 2 ottobre 1955, motivata dalla comunicazione che non sarà ordinato prete: «Prima di intrattenermi sui motivi del vostro apprezzamento sulla mia vocazione, mi permetto di fare a V.E. la breve storia di essa. Quando ne avvertii il primo richiamo, avevo venticinque anni, possedevo la laurea in lettere, e un’occupazione che oltre il pane mi assicurava l’avvenire. Se il Signore mi ha dato la forza di rinunciare a ogni cosa per chiedere di poter servire Dio e la Chiesa, nessun motivo umano può aver suggerito e guidato la mia decisione (…). Consapevole della mia estrema povertà spirituale, m’inchino al vostro giudizio (…), ma ho bisogno di chiarire personalmen- 814 Il Regno - attualità 22/2014 nata vicentina Agostino Ziino, direttore dell’Archivio Barsotti, ha dato una vasta informazione sui soggiorni di Colla a Settignano e sul loro carteggio: 156 testi di don Divo e 6 di Colla. te qualche particolare, onde rendere ancora più chiara la vostra decisione e più sopportabile per me stesso lo schianto della mia vocazione». Il vescovo non riteneva affidabile un aspirante prete che gli aveva procurato noie con la curia romana pubblicando testi di Mazzolari. Paolo Marangon – che ha avuto una buona consuetudine con l’ultimo Rienzo Colla – ha riferito nella giornata vicentina un paio di confidenze dell’amico editore relative al conflitto con il vescovo Zinato: «Mi ha detto più volte che in definitiva era stato un bene per lui non diventare prete, altrimenti forse non avrebbe potuto essere se stesso. Mi ha detto anche che quando il vescovo si offrì di rifondergli la spesa del libro di Mazzolari che aveva fatto bloccare [La parola che non passa, 1954; ndr] egli – Rienzo – l’interruppe dicendo: quei soldi li tenga lei perché sono soldi dei poveri». Poco dopo il no del vescovo all’ordinazione, Rienzo entra in contatto con don Divo Barsotti (1914-2006) che si trova a Firenze, prima a Monte Senario e poi a Settignano. Sino a ieri si sapeva poco del legame tra i due che fu forte, ebbe il carattere di un sodalizio spirituale, con periodi di presenza di Rienzo negli eremi barsottiani negli anni 1956-1957; e durò fino alla morte di Barsotti. Avevamo i nove volumetti di don Divo pubblicati dalla Locusta tra il 1958 e il 1998 (è l’autore più presente nel catalogo dell’editrice dopo Mazzolari) e le dieci lettere che Rienzo aveva pubblicato nel volumetto Lettere alla Locusta (1992) insieme a quelle degli altri suoi autori e amici. Nella gior- “ io non mi vergogno del vangelo “ verbiale tra chi lo conobbe e le sue vicende fino a oggi sono conosciute solo per squarci, ma la giornata vicentina ha lasciato intendere che presto ne sapremo di più. I curatori del suo archivio, da lui affidato alla Biblioteca Bertoliana, stanno riordinando il vastissimo carteggio dal quale apprenderemo molto, in particolare dalle lettere dei corrispondenti che Rienzo conservava, mentre non teneva – se non in casi eccezionali – la minuta delle sue lettere, che ci si propone di rintracciare negli archivi di quelli che gli scrivevano. Nell’archivio mazzolariano di Bozzolo, ma anche in quello della rivista Il Gallo e in quello di don Divo Barsotti – dei quali si è parlato nella giornata vicentina – e chissà in quanti altri. È necessario marcire sotterra? chiedeva don Divo Il sostegno tra don Divo e Rienzo è reciproco, trovandosi ambedue tribolati dalle autorità della Chiesa. Don Divo – quando il Sant’Uffizio fa ritirare dal commercio i suoi due volumi Il Dio di Abramo e Loquere Domine – scrive a Rienzo: «Sono anch’io in una grande tribolazione. Ti prego di non parlare. Meno si parla e meglio è – non solo per te e per me, ma per coloro che ci amano e ci seguono – dobbiamo evitare di parlare sia in bene che in male con tutti» (lettera del 9 gennaio 1958). Sei mesi più tardi, temendo una nuova censura, don Divo, sempre scrivendo a Rienzo che sta pubblicando il suo volumetto Pellegrino in Terra Santa, così prega e protesta: «È necessario proprio morire, marcire sotterra? Ho paura. Dimmi qualcosa e prega anche tu per me» (lettera del 20 giugno 1958). È un gran fatto per me la sofferenza di questi quattro cristiani per la libertà che, pochi anni dopo, ci sarebbe venuta dal Vaticano II. Libertà per Rodano di stare nel PCI, libertà per Mazzolari e Barsotti di predicare per intero il Vangelo, libertà per Colla di pubblicare Mazzolari e Barsotti. Dirà Paolo VI a un gruppo di bozzolesi il 1° maggio 1970: «Mazzolari aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a stargli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto noi. Questo è il destino dei profeti». Lo stesso avrebbe potuto dire di Barsotti: ambedue, Barsotti e Mazzolari, l’arcivescovo Montini li aveva chiamati a predicare la Missione di Milano nel 1957. Con loro aveva chiamato Balducci, Fabbretti, Turoldo, Vivarelli e tutti già erano o sarebbero divenuti autori della Locusta, che è cibo dei profeti. www.luigiaccattoli.it i attualità 2014 i ndici argomenti Papa Francesco e i pontificati precedenti: un nuovo ordine simbolico nella Chiesa (K. Appel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,797 – Una cesura storica: le linee teologiche del pontificato di Francesco (W. Kasper) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,804 (Cf. singole nazioni) SANTA SEDE Attualità ecclesiale FRANCESCO Primo concistoro: testimoni, non rappresentanti (G. Brunelli) . Francesco e la Chiesa latinoamericana: il forte vento del Sud (C.M. Galli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – La testimonianza di un vescovo argentino: il pastore della misericordia (V.D. Bressanelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Papa Francesco - Editoria: tutti bestseller (M.E. Gandolfi) . . . Papa Francesco 2013-2014: il Vangelo è ancora possibile (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Primo concistoro: il Vangelo della famiglia (G. Cereti) . . . . . . . . Religiosi: soluzioni al sole (L. Prezzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pentecostali: messaggio in video (D. S.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La canonizzazione congiunta dei due papi: il Concilio e l’evangelizzazione (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Viaggio in Terra santa: la relazione col popolo ebraico (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Libera: ai mafiosi dico «Convertitevi» (G. Brunelli) . . . . . . . . . . Stati Uniti - Vescovi cattolici: papa Francesco e Obama (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I nuovi «Orientamenti per la catechesi»: nella Chiesa di Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A partire dall’Evangelii gaudium: la catechesi dal popolo di Dio (E. Castellucci) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco - Episcopato italiano: come vescovo di Roma (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa in Italia - Azione cattolica: in uscita (F. Rossi) . . . . . . . . . America Latina - Pastorale: il papa, Kräutler e i viri probati (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - I vescovi e il papa: con Francesco. Intervista al segretario della CEI, mons. Galantino (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco in Terra santa: uno sguardo libero. Intervista al custode p. Pizzaballa (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . – Francesco in Terra santa: pellegrino di speranza (S. Malka) . . – Francesco e Bartolomeo: abbracci e lenti passi (D. Sala) . . . . . Primato e collegialità per la comunione delle Chiese: le riforme di Francesco (H. Legrand) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Coscienza sinodale del popolo di Dio: rinnovamento a 50 anni dal Vaticano II (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Israeliani e palestinesi: la preghiera non esaudita (P. Stefani) . . . Violenze sui minori: responsabilità da condividere (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Spiritualità: la misericordia di Dio (P. Cattani) . . . . . . . . . . . . . . Chiesa e mafia: la scomunica (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . – La denuncia del papa: un segno nelle coscienze (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vescovi: lo stile di vita della Chiesa (L. Orsy) . . . . . . . . . . . . . . . Sui laici e sui movimenti: il nodo del clericalismo (E. Palladino) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Redipuglia: l’ora del pianto (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco, frate e papa. Sulla fortuna editoriale (e non solo) di un binomio (G.G. Merlo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Una forma del Vangelo: minore (G. Mocellin) . . . . . . . . . . . . Sinodo dei vescovi: la prima riforma (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . Chiavi di lettura: da cardinale e da papa (E. Corti) . . . . . . . . . . . Riflessioni tra fede e cultura: l’umanesimo di Francesco. Spunti a partire dall’Evangelii gaudium (G. Forni Rosa) . . . . . . . . . . Strasburgo: la mia Europa (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Riforma ecclesiale: dopo il Sinodo, la curia. Inviati i Lineamenta per il 2015, stigmatizzate le piaghe della Chiesa (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ad Ankara e a Istanbul: tra carisma e istituzione (C. Monge) . . Dibattito - Il papa e gli ortodossi: non si può aspettare. Da Mosca, una riflessione sulla visita del vescovo di Roma a Costantinopoli (Ioann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,3 2,57 2,64 2,65 6,145 6,148 6,151 6,152 8,217 8,218 8,231 8,262 S8,283 S8,294 10,300 10,302 10,322 12,369 12,374 12,376 12,377 12,419 12,429 14,444 14,489 14,490 14,492 14,493 16,537 16,546 16,549 16,563 16,566 18,609 18,650 20,684 20,691 22,763 22,766 22,769 Francesco - Primo concistoro: testimoni, non rappresentanti (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Religiosi: tre questioni aperte (M. Bernardoni) . . Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: in ascolto. Prime riflessioni dai questionari arrivati in redazione (M.E. Gandolfi) . . . . . . Sinodo - La morale e la pastorale: una nuova visione di Chiesa (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: l’Europa risponde (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Diritti dell’infanzia: a chi giova lo scontro (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vietnam - Santa Sede: novità sì e no (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . La canonizzazione congiunta dei due papi: il Concilio e l’evangelizzazione (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Finanze: la riforma in corso (A. Gagliarducci) . . . Perù - Università cattolica: verso l’epilogo (M. Castagnaro) . . . Primato e collegialità per la comunione delle Chiese: le riforme di Francesco (H. Legrand) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Coscienza sinodale del popolo di Dio: rinnovamento a 50 anni dal Vaticano II (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: la mediazione pastorale (M. Aliotta) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco - Vescovi: lo stile di vita della Chiesa (L. Orsy) . . . . . . Dibattito - Sinodo sulla famiglia: l’antropologia e l’eucaristia (A. Scola) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Papa Francesco - Sinodo dei vescovi: la prima riforma (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sinodo dei vescovi 2014: una sfida comune alla famiglia e alla Chiesa (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Chiese locali - Card. Nichols: visto dall’Inghilterra (D. Sala) . . – Chiese locali - Mons. Mbilingi: visto dall’Africa (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Chiese locali - Mons. Takeo Okada: visto dal Giappone (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Sinodo - Media: una bella febbre (G. Mocellin) . . . . . . . . . . . Medio Oriente - Concistoro: ISIS, questione politica (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Santa Sede - Questioni internazionali: dal Concistoro alla Turchia (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Benedetto XV - La Grande guerra: preghiera e diplomazia (M. Paiano) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Nomine: sale Sarah, scende Burke (G. Mocellin) . Francesco - Riforma ecclesiale: dopo il Sinodo, la curia. Inviati i Lineamenta per il 2015, stigmatizzate le piaghe della Chiesa (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Anniversari - Casaroli: il mediatore (P. Parolin) . . . . . . . . . . . . . 2,3 2,4 2,5 4,73 4,77 4,97 6,170 8,217 8,220 12,386 12,419 12,429 14,487 16,537 16,540 18,609 18,611 18,612 18,614 18,616 18,618 18,627 18,628 18,663 20,694 22,763 22,773 ASSOCIAZIONI - MOVIMENTI Francia - Famiglia: un anno di Manif pour tous (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Una cultura di carità. Quella Chiesa italiana che crebbe con mons. Nervo (G. Pasini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco - Sui laici e sui movimenti: il nodo del clericalismo (E. Palladino) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Scandali a Roma: tra noncuranza e indignazione. Appunti per un’autocritica cattolica (D. Rosati) . . . . . . . . . . . 4,82 6,171 16,546 22,754 MINISTERI - VITA RELIGIOSA Santa Sede - Religiosi: tre questioni aperte (M. Bernardoni) . . 2,4 Francesco - Religiosi: soluzioni al sole (L. Prezzi) . . . . . . . . . . . . 6,151 Chiesa in Italia - Pedofilia: la legge non basta (M.E. Gandolfi) . 8,236 America Latina - Pastorale: il papa, Kräutler e i viri probati (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,322 Religiose LCWR. Forzando i toni (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . 12,385 P. Marchesini - Medico e missionario: due vocazioni (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,388 Il Regno - attualità 22/2014 815 i ndici Francesco - Violenze sui minori: responsabilità da condividere (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dibattito - Ministero presbiterale: la formazione permanente (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Honduras - Santa Rosa de Copan: successione difficile (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Paraguay - Ciudad del Este: decisioni gravose (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco, frate e papa. Sulla fortuna editoriale (e non solo) di un binomio (G.G. Merlo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Una forma del Vangelo: minore (G. Mocellin) . . . . . . . . . . . . . . Italia - LXVII Assemblea CEI: tra una Chiesa e l’altra (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . El Salvador - UCA: con il «popolo crocifisso». I «martiri gesuiti», 25 anni dopo (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . Religiosi: donne e uomini «del di più». Indetto da Francesco, comincia l’Anno della vita consacrata (M.M. Morfino) . . . . . 14,489 14,495 16,561 16,562 16,563 16,566 20,687 20,733 22,760 PASTORALE - LITURGIA - CATECHESI Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: in ascolto. Prime riflessioni dai questionari arrivati in redazione (M.E. Gandolfi) . . . . . . Chiesa in Italia: la parrocchia ospitale. L’annuncio del Vangelo oltre la retorica (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lacrime sul cammino della Chiesa. Il Diario di Bartoletti e la nascita della CEI dopo il Vaticano II (L. Accattoli) . . . . . Francesco e la Chiesa latinoamericana: il forte vento del Sud (C.M. Galli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Francesco e la testimonianza di un vescovo argentino: il pastore della misericordia (V.D. Bressanelli) . . . . . . . . . . . . Sinodo - La morale e la pastorale: una nuova visione di Chiesa (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: l’Europa risponde (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Conferenza episcopale: il progetto pastorale (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Germania - Chiesa cattolica: riposizionarsi (S. Orth) . . . . . . . . . Polonia - Chiesa: immobile e aggressivo. Il cattolicesimo polacco dieci anni dopo Wojtyla (M. Matté, F. Strazzari) . . . . . . . . . Colombia - Negoziati: interessati alla pace. Intervista a p. J. Giraldo (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Brasile - Comunità di base: strumento per il popolo (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Papa Francesco 2013-2014: il Vangelo è ancora possibile (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Papa Francesco - Primo concistoro: il Vangelo della famiglia (G. Cereti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . America Latina - La Chiesa e il nuovo Cile: la società domanda. Intervista a mons. P. Ossandón Buljevic (M. Castagnaro) . . . Una cultura di carità. Quella Chiesa italiana che crebbe con mons. Nervo (G. Pasini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa in Italia - Pedofilia: la legge non basta (M.E. Gandolfi) . CEI - Annuncio e catechesi. La Parola cresce nella storia (Il Regno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – I nuovi «Orientamenti per la catechesi»: nella Chiesa di Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Iniziazione cristiana: educare alla fede oggi (L. Bressan) . . . . – A partire dall’Evangelii gaudium: la catechesi dal popolo di Dio (E. Castellucci) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giappone - Liturgia: l’atmosfera è cambiata? (D. Sala) . . . . . . . . America Latina - Pastorale: il papa, Kräutler e i viri probati (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - I vescovi e il papa: con Francesco. Intervista al segretario della CEI, mons. Galantino (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . Germania - 99° Katholikentag: una Chiesa che cambia. Colloquio con S. Vesper, segretario dello ZDK (S. Numico) . . COMECE - Voto europeo: preoccupazioni (S. Numico) . . . . . . Austria - Noi siamo Chiesa: la presidente scomunicata (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: la mediazione pastorale (M. Aliotta) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dibattito - Ministero presbiterale: la formazione permanente (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Asia - La pastorale delle piccole comunità cristiane: la forza del Vangelo in Corea (B. Joo-hyun Ro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Paolo VI beato: mistico, profeta, pastore (R. Etchegaray) . . . . . Dibattito - Sinodo sulla famiglia: l’antropologia e l’eucaristia (A. Scola) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco - Sui laici e sui movimenti: il nodo del clericalismo (E. Palladino) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 816 Il Regno - attualità 22/2014 2,5 2,8 2,27 2,57 2,64 4,73 4,77 4,78 4,83 4,86 4,90 4,92 6,145 6,148 6,168 6,171 8,236 S8,281 S8,283 S8,288 S8,294 10,321 10,322 12,369 12,378 12,383 12,392 14,487 14,495 14,499 16,539 16,540 16,546 Francesco - Redipuglia: l’ora del pianto (G. Brunelli) . . . . . . . . Brasile - Chiesa: comunità di comunità (G. Zucchi) . . . . . . . . . . Honduras - Santa Rosa de Copan: successione difficile (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Paraguay - Ciudad del Este: decisioni gravose (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il creato: responsabilità e relazione. Verso un’etica e una spiritualità ecologiche (B. Forte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Il Cantico di frate Sole: fratelli e sorelle del creato (P. Stefani) . Giovanni Catti, 1924-2014: rinnovatore della catechesi (F. Pajer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa: proposte e sogni di riforma. Intervista a mons. G. Casale (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Chiesa: storie degli uomini, storie di Dio. Verso il V Convegno ecclesiale nazionale (G. Brunelli) . . . . . Italia - LXVII Assemblea CEI: tra una Chiesa e l’altra (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – CEI - Nomine: nella presidenza e alla Caritas (V. Roncarati) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . COMECE - Da Verdun a Bruxelles: conflitti e interessi (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . America Latina - Cuba: la Chiesa si dà da fare. A colloquio con mons. D. García Ibañez (G. Zucchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . – Vescovi - Piano pastorale: sulla via di Emmaus (G. Zucchi) . . Chiesa in Italia - Comunicazione: i media siamo noi. Le nuove prospettive a 10 anni dal Direttorio sulle comunicazioni sociali (D. Pompili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Riforma ecclesiale: dopo il Sinodo, la curia. Inviati i Lineamenta per il 2015, stigmatizzate le piaghe della Chiesa (G. Brunelli) 16,549 16,559 16,561 16,562 16,591 16,596 16,602 18,674 20,681 20,687 20,688 20,692 20,729 20,730 22,757 22,763 TEOLOGIA Chiesa in Italia: la parrocchia ospitale. L’annuncio del Vangelo oltre la retorica (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Teologia - Dialoghi: neuroetica. La teologia morale e le nuove sfide delle neuroscienze (P. Benanti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gregoriana - Bernard Lonergan: la forza di un pensiero rigoroso (C. Taddei Ferretti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Emilia Romagna - Facoltà teologica: tomismo creativo (A. Franzoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Germania - Teologia islamica: libertà e controllo (M. Neri) . . . . Roma Mosca Costantinopoli: contrasti sul primato (D. Sala) . . . Francesco e la testimonianza di un vescovo argentino: il pastore della misericordia (V. D. Bressanelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sinodo - La morale e la pastorale: una nuova visione di Chiesa (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I riferimenti testimoniali della fede. Identità cristiana: tra dispersione e discernimento (C. Theobald) . . . . . . . . . . . . Incursioni nella modernità. S. Kierkegaard, 1813 - 1855 (M. Pohlmeyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Teologia: una per tutti? La Facoltà teologica dell’Italia settentrionale su «forma cristiana e forma secolare» della fede (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Teologia - Monoteismo: l’immagine non violenta di Dio (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’antropologia cristiana nell’epoca dei cyborg: noi, robot (D. Lambert) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia-Trento - Teologia: Dio, l’uomo, il cosmo (M. Neri) . . . . . . – Rahner - L’ultima intervista: se la teologia e la Chiesa… (D. Seeber) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ecologia - Teologia: bellezza e gemiti del creato (C. Dagens) . . Il trauma che salva. Libri discussi: «Il sogno di Gesù» di Türke (M. Gronchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Filosofia - Lectio magistralis: il nome di Dio invano (S. Givone) . Filosofia - Convegno al Sant’Anselmo: fenomenologia e umanesimo (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nordamerica - Chiesa cattolica: tensioni nella teologia (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Perù - Università cattolica: verso l’epilogo (M. Castagnaro) . . . Primato e collegialità per la comunione delle Chiese: le riforme di Francesco (H. Legrand) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Coscienza sinodale del popolo di Dio: rinnovamento a 50 anni dal Vaticano II (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dialoghi - Teologia e scienza: un pensiero-ponte. In memoria di Ian G. Barbour (R.J. Russell) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Teologia - Creazione: plasmata perché fosse abitata (S. Morandini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,8 2,47 2,50 2,52 2,53 2,54 2,64 4,73 4,123 4,130 6,196 6,199 6,203 8,228 8,229 10,308 10,323 10,343 10,346 12,384 12,386 12,419 12,429 14,457 14,460 attualità 2014 PAUL GILBERT La semplicità del principio Dio, il mistero dell’unico. Libri discussi: il modello relazionale di Angelo Bertuletti (M. Rossi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,467 Francesco - Spiritualità: la misericordia di Dio (P. Cattani) . . . . 14,490 La denuncia del papa contro la mafia: un segno nelle coscienze (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,493 Con la Caritas a Firenze. Lo stile cristiano oggi . . . . . . . . . . . . . . S14,513 Patristica - I primi secoli: humanitas e caritas. La prospettiva dei padri della Chiesa (C. Curzel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,514 – Mons. Merisi: in cammino verso Firenze (G. Merisi) . . . . . . . S14,515 – Teologia - Missione della Chiesa: tra profezia e diaconia Introduzione alla metafisica (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,520 – Economia - Mercato e solidarietà: marginali in un mondo globale? (A. Tantazzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,525 introduzione alla metafisica proposta – Chiesa - Tra pastorale e politica: i vescovi e l’Italia (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,529 dall’autore è attenta alla svolta trascen– Prospettive: Carità, criterio fondativo (F. Soddu) . . . . . . . . . . . S14,530 dentale della modernità e integra molti Francesco - Vescovi: lo stile di vita della Chiesa (L. Orsy) . . . . . . 16,537 – Paolo VI beato: mistico, profeta, pastore (R. Etchegaray) . . . 16,539 aspetti di un’antropologia delle facoltà Dibattito - Sinodo sulla famiglia: l’antropologia e l’eucaristia (A. Scola) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,540 umane. La ragione non è solo un’attività Il creato: responsabilità e relazione. Verso un’etica e una neutra di conoscenza poiché si radica, in ulspiritualità ecologiche (B. Forte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,591 – Il Cantico di frate Sole: fratelli e sorelle del creato (P. Stefani) . 16,596 tima analisi, nell’aspirazione di incontrare Teologia - Convegno internazionale: l’ideologia religiosa del mercato (E. Gamba) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,623 l’altro, di rispettarlo nella sua irriducibilità. Dibattito - Coda legge Bertuletti: Trinità di Dio, verità dell’uomo (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,632 pp. 280 - € 31,50 «MANUALI» Due matrimoni, un sacramento. La proposta di un teologo N ELLA STESSA COLLANA e di una consulente famigliare (G. Piana) . . . . . . . . . . . . . . . . 18,637 DONATH HERCSIK Teologia - Maestri: cose nuove e cose antiche. Intervista IL SIGNORE GESÙ al benedettino Ghislain Lafont (Lumière et vie) . . . . . . . . . . 18,653 SAGGIO DI CRISTOLOGIA E SOTERIOLOGIA pp. 336 - € 34,20 Teologia - Klagenfurt: l’esperienza estatica (A. Franzoni) . . . . . 18,658 R1f_Garcia:Layout 1 24-07-2014 10:37 Pagina 1 Dibattito - Sequeri legge Bertuletti: verità di Dio, libertà Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna dell’uomo (P. Sequeri) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,703 Edizioni Nel presente con fiducia. Paolo VI, una biografia (A. Maffeis) . 20,707 Dehoniane Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 Stati Uniti - Teologi cattolici: giustizia razziale. La polizia Bologna è violenta, i neri ne sono vittime (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . 22,776 Riflesso della Sapienza. La teologia cosmica di Denis Edwards (S. Morandini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,783 Papa Francesco e i pontificati precedenti: un nuovo ordine simbolico nella Chiesa (K. Appel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,797 OSÉ RANADOS ARCÍA – Una cesura storica: le linee teologiche del pontificato di Francesco (W. Kasper) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,804 L’ www.dehoniane.it J Ortodossi Russia - Chiesa e stato: la cattedrale-simbolo (E. Pirazzoli) . . . . Ucraina - Crisi politica: tra l’euro e i rubli (S. Numico) . . . . . . . Roma Mosca Costantinopoli: contrasti sul primato (D. Sala) . . . Francia - Ortodossi: fra tradizione e modernità. Intervista a Job di Telmessos (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Russia - Rapporti ecumenici: dal prestigio all’influenza (M. Matté, F. Strazzari) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ucraina - Russia: crisi politica, crisi ecclesiale (D. Sala) . . . . . . . Francesco e Bartolomeo: abbracci e lenti passi (D. Sala) . . . . . . . Bose - Ecumenismo: beati i pacifici (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . Francesco - Ad Ankara e a Istanbul: tra carisma e istituzione (C. Monge) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dibattito - Il papa e gli ortodossi: non si può aspettare. Da Mosca, una riflessione sulla visita del vescovo di Roma a Costantinopoli (Ioann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,14 2,15 2,54 4,119 6,159 6,162 12,377 16,551 22,766 22,769 Anglicani - Protestanti Papa - Pentecostali: messaggio in video (D. Sala) . . . . . . . . . . . . 6,152 Italia - Cultura protestante: il lavoro, una vocazione? (M. Miegge) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,232 America Latina - Pentecostali: il modello cileno. Intervista al teologo J. Sepúlveda González (M. Castagnaro) . . . . . . . . 14,454 Il Regno - attualità 22/2014 817 G Teologia del tempo Ecumenismo Russia - Rapporti ecumenici: dal prestigio all’influenza (M. Matté, F. Strazzari) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,159 Libertà religiosa - Sport: un incrocio a tutto campo (N. Fiorita) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,451 Bose - Ecumenismo: beati i pacifici (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . 16,551 G Saggio sulla memoria, la promessa e la fecondità L a prima decade del XXI secolo, con gli attacchi alle Torri gemelle e la crisi finanziaria, ha portato la distruzione generale della fiducia. Il corso della storia sembra racchiudere inquietanti interrogativi. La teologia può conferire ritmo al tempo sconnesso dell’uomo, aiutandolo a ricomporre i frammenti della sua biografia e delle sue traversie. «NUOVI SAGGI TEOLOGICI» GIOVANNI CESARE PAGAZZI FATTE A MANO L’AFFETTO DI CRISTO PER LE COSE Edizioni Dehoniane Bologna pp. 352 - € 33,50 NELLA STESSA COLLANA pp. 128 - € 11,00 Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 www.dehoniane.it i ndici Ecumenismo - Verso il 2017: rileggiamo insieme la Riforma. Intervista al pastore luterano L. Vogel (D. Sala, D. Segna) . . 16,586 America Latina - Pew Research: è suonata una sveglia. Il passaggio dai cattolici agli evangelici analizzato da G. Carriquiry (D. Metelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,778 Dialogo interreligioso Dialogo interreligioso - Convegno: religioni e conflitti (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,765 Ebrei Liana Millu, 1914-2005: il libro custodito (P. Stefani) . . . . . . . . 6,210 Papa Francesco - Viaggio in Terra santa: la relazione col popolo ebraico (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,218 La questione ebraica. Il Novecento, le Chiese e l’ebraismo di fronte agli stati totalitari (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,395 Tutto cominciò dalla scuola. Bruno Maida e la Shoah dei bambini (A. Deoriti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,398 Islam Indonesia - Libertà di religione: credo e cittadinanza (D. Sala) . Africa - Boko Haram: rischio contagio. Si estende la minaccia dei gruppi jihadisti (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Germania - Teologia islamica: libertà e controllo (M. Neri) . . . . Africa - Estremismi: violenza da Est a Ovest (D. Maggiore) . . . Islam in Europa - Diritto: giurisdizione multiculturale (G. Patriarca) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,18 2,19 2,53 14,447 14,449 Altre religioni India - Dialogo monastico: una giada ancora più bella. L’ashram cristiano Shantivanam ieri e oggi (L. Clemente) . . 20,699 Gran Bretagna - Scientology: religione e spazio pubblico (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,163 Cultura e società Russia - Chiesa e stato: la cattedrale-simbolo (E. Pirazzoli) . . . . Italia - Immigrazione: come funziona l’accoglienza. Le diverse strutture, le molte lacune (M. Ambrosini, C. Marchetti) . . Teologia - Dialoghi: neuroetica. La teologia morale e le nuove sfide delle neuroscienze (P. Benanti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gregoriana - Bernard Lonergan: la forza di un pensiero rigoroso (C. Taddei Ferretti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Papa Francesco - Editoria: tutti bestseller (M.E. Gandolfi) . . . . Francia - Famiglia: un anno di Manif pour tous (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Russia - Intervista al prof. Lupandin: le tensioni e le Olimpiadi (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Costantino: anniversario di un mito. L’Enciclopedia costantiniana e il punto storico-culturale (F. Ruggiero) . . . . . . . . . . . . . . . . . Incursioni nella modernità. S. Kierkegaard, 1813-1855 (M. Pohlmeyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Europa e Italia - Analisi sociali: la «Grande incertezza» (I. Diamanti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gran Bretagna - Scientology: religione e spazio pubblico (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Belgio - Eutanasia e minori: un passo di troppo (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Chiese e diritti gay: se non c’è giustizia (D. Maggiore) . Italia - Mass media: la TV si è fatta mondo (P. Taggi) . . . . . . . . . – CEI - TV2000: un nuovo caso Boffo (G. Mocellin) . . . . . . . . . Liana Millu, 1914-2005: il libro custodito (P. Stefani) . . . . . . . . Santa Sede - Finanze: la riforma in corso (A. Gagliarducci) . . . Italia-Trento - Teologia: Dio, l’uomo, il cosmo (M. Neri) . . . . . . Francesco - Libera: ai mafiosi dico «Convertitevi» (G. Brunelli) Italia - Cultura protestante: il lavoro, una vocazione? (M. Miegge) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Chiesa e «genere»: diversità (M.C. Rioli) . . . . . . . . . . . . Delitto e perdono. Pena di morte e ruolo del cristianesimo secondo Adriano Prosperi (M.T. Fattori) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiavi di lettura: la fiera, i ragazzi, il religioso (M.E. Gandolfi) Stati Uniti - Vescovi cattolici: papa Francesco e Obama (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 818 Il Regno - attualità 22/2014 2,14 2,24 2,47 2,50 2,65 4,82 4,89 4,99 4,130 6,155 6,163 6,164 6,167 6,191 6,193 6,210 8,220 8,228 8,231 8,232 8,238 8,239 8,243 8,262 Dialoghi - Fede e scienza: l’universo, creazione continua. Intervista all’astrofisico P. Benvenuti (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . Dibattito - Servizio pubblico: la RAI dei cittadini (A. Melodia) . – Civiltà cattolica e UCSI: riscoprirsi lievito (G. Mc.) . . . . . . . . . Italia - Studi teologici: gli studenti in assemblea (A. Franzoni) . . Il trauma che salva. Libri discussi: «Il sogno di Gesù» di Türke (M. Gronchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Editoria religiosa: Francesco non basta (G. Vigini) . . . . . . . . . . . I musei e l’arte sacra: le opere e i luoghi (G. Gualdrini) . . . . . . – Lo spazio e l’opera d’arte: l’Eremo di Camaldoli. Porta speciosa, porta filosofica (A. Rizzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Letture - Un poemetto di Cinzia Demi: il nome trovato (G. Criveller) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Libertà religiosa - Sport: un incrocio a tutto campo (N. Fiorita) Stati Uniti - Diritto: preghiera e cittadinanza (M. Neri) . . . . . . . Francesco - Chiesa e mafia: la scomunica (G. Brunelli) . . . . . . . – La denuncia del papa: un segno nelle coscienze (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Uganda - Omosessualità: la nuova legge e l’opinione pubblica (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco, frate e papa. Sulla fortuna editoriale (e non solo) di un binomio (G.G. Merlo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Indagine sulla Bibbia: cosa dite che sia? (I. Diamanti) . . Sinodo - Media: una bella febbre (G. Mocellin) . . . . . . . . . . . . . Italia - Rapporto Migrantes: emigranti vecchi e nuovi (F. Rossi) Gesù: il mistero della morte (G. Forni Rosa) . . . . . . . . . . . . . . . Diritto - Il problema della pena: una giustizia «altra» (L. Eusebi) Benedetto XV - La Grande guerra: preghiera e diplomazia (M. Paiano) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cinema - Anniversari: a cosa serve Pasolini? (T. Subini) . . . . . . Riflessioni tra fede e cultura: l’umanesimo di Francesco. Spunti a partire dall’Evangelii gaudium (G. Forni Rosa) . . . . . . . . . . Africa - Vescovi: Ebola, politica, risorse (D. Maggiore) . . . . . . . Cultura - Una fiction tedesca: l’ebbrezza della modernità (M. Pohlmeyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa in Italia - Comunicazione: i media siamo noi. Le nuove prospettive a 10 anni dal Direttorio sulle comunicazioni sociali (D. Pompili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Stati Uniti - Teologi cattolici: giustizia razziale. La polizia è violenta, i neri ne sono vittime (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . 8,273 10,304 10,305 10,307 10,323 10,340 10,349 10,361 12,393 14,451 14,452 14,492 14,493 16,558 16,563 16,583 18,618 18,622 18,639 18,659 18,663 18,671 20,684 20,698 20,727 22,757 22,776 POLITICA Italia: ritorno alla politica. Renzi e le riforme, finisce la prima Repubblica (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ucraina - Crisi politica: tra l’euro e i rubli (S. Numico) . . . . . . . Turchia - Politica: paternalismo e cambiamento. Dopo 10 anni, in crisi la leadership di Erdogan (C. Monge) . . . . . . . . . . . . . . Indonesia - Libertà di religione: credo e cittadinanza (D. Sala) . Africa - Rep. democratica del Congo: il vero fatto grave (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Immigrazione: come funziona l’accoglienza. Le diverse strutture, le molte lacune (M. Ambrosini, C. Marchetti) . . Africa - Madagascar: il nuovo presidente (D. Maggiore) . . . . . . Politica in Italia: solo Renzi, Renzi solo (G. Brunelli) . . . . . . . . . Belgio - Eutanasia e minori: un passo di troppo (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . America Latina - La Chiesa e il nuovo Cile: la società domanda. Intervista a mons. P. Ossandón Buljevic (M. Castagnaro) . . . Vietnam - Santa Sede: novità sì e no (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . Malaysia: Allah tra politica e fede (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . Europa - Verso le elezioni: il cielo fosco (G. Ambrosio) . . . . . . . – UE - Romano Prodi in redazione. Insisto: necessità dell’Europa (R. Prodi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Venezuela - La crisi e la Chiesa: al tavolo del dialogo (G. Zucchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Ruanda: benessere a caro prezzo (G. Baioni) . . . . . . . . . Mali - Burkina Faso: difficoltà parallele (D. Maggiore) . . . . . . . Politica in Italia ed elezioni europee: il passato è passato (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sudafrica - Elezioni: Zuma non ha perso (D. Maggiore) . . . . . . India - Elezioni: l’era Modi (A.J. Philip) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Politica e religione: oltre il caso italiano. Per un ripensamento del cattolicesimo politico (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . COMECE - Voto europeo: preoccupazioni (S. Numico) . . . . . . 2,1 2,15 2,16 2,18 2,21 2,24 4,96 6,153 6,164 6,168 6,170 6,170 8,223 8,224 8,264 8,266 8,268 10,297 10,318 10,319 12,381 12,383 attualità 2014 Guinea Bissau: dal golpe alle elezioni (D. Maggiore) . . . . . . . . . Mali - Tuareg: pace ai preliminari (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . Politica in Italia: il tempo e il merito (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . Sudafrica - Miniere: sciopero del platino (D. Maggiore) . . . . . . Uganda - Omosessualità: la nuova legge e l’opinione pubblica (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Politica in Italia: un sistema ancora bloccato (G. Brunelli) . . . . Repubblica democratica del Congo - Vescovi: a difesa della Costituzione (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Mozambico: elezioni senza mudança (D. Maggiore) . . Italia - Elezioni regionali: l’impasse (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . Papa Francesco - Strasburgo: la mia Europa (G. Brunelli) . . . . . Burkina Faso - Compaoré: fine di un regime (D. Maggiore) . . . Sudafrica, Chiese e democrazia dopo l’apartheid: partecipazione critica (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Demografia: dominano le Chiese indipendenti (D. M.) . . . . . . Italia - Quirinale: continuare a essere una nazione (G. Brunelli) Italia - Scandali a Roma: tra noncuranza e indignazione. Appunti per un’autocritica cattolica (D. Rosati) . . . . . . . . . . . 12,391 12,391 14,441 14,466 16,558 18,620 18,629 18,630 20,690 20,691 20,697 22,754 2,19 2,22 4,97 8,224 8,269 10,313 12,387 12,388 12,390 14,443 14,447 16,554 16,555 18,628 18,631 22,773 22,774 22,781 18,627 20,695 20,733 22,765 22,782 AFRICA Chiese e diritti gay: se non c’è giustizia (D. Maggiore) . . . . . . . . Europa-Africa - Rapporti commerciali: quale partenariato? (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Terrorismo: i rapimenti di Boko Haram (G. Baioni) . . . . . . . . . Immigrazione: vittime anche nel Sinai (E. Casale) . . . . . . . . . . . Ebola: come una guerra (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Ebola: una crisi nella crisi (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . Vescovi: Ebola, politica, risorse (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . 6,167 8,269 10,315 12,390 16,554 16,555 20,698 Angola Chiese locali - Mons. Mbilingi: il Sinodo visto dall’Africa (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,614 Burkina Faso Mali - Burkina Faso. Difficoltà parallele (D. Maggiore) . . . . . . . 8,268 Compaoré: fine di un regime (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . 20,697 Camerun Boko Haram, come la mafia (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,695 Centrafrica Guerra civile: la violenza respirata (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . 6,165 Estremismi: violenza da Est a Ovest (D. Maggiore) . . . . . . . . . . 14,447 Guerra civile: un paese lacerato (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . 22,782 Guinea Bissau Dal golpe alle elezioni (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,391 Kenya Estremismi: violenza da Est a Ovest (D. Maggiore) . . . . . . . . . . 14,447 Kenya-Ruanda - Corti internazionali: destini diversi (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,631 Cadute le accuse (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,781 Libia Doppia anarchia (E. Casale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,556 Pace - Guerra Africa - Rep. democratica del Congo: il vero fatto grave (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Colombia - Negoziati: interessati alla pace. Intervista a p. J. Giraldo (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Somalia: la fuga continua (E. Casale) . . . . . . . . . . . . . . Africa - Sud Sudan: futuro in bilico (D. Maggiore) . . . . . . . . . . Centrafrica - Guerra civile: la violenza respirata (D. Maggiore) Filippine - Mindanao: una pace tra i conflitti (G. Bernardelli) . Africa - Ruanda: benessere a caro prezzo (G. Baioni) . . . . . . . . . Africa - Terrorismo: i rapimenti di Boko Haram (G. Baioni) . . . Africa - Sud Sudan: guerra incivile (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . Francesco in Terra santa: uno sguardo libero. Intervista al custode p. Pizzaballa (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Francesco in Terra santa: pellegrino di speranza (S. Malka) . . Mali - Tuareg: pace ai preliminari (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . Medio Oriente - Gaza: una crisi inedita (G. Bernardelli) . . . . . – Israeliani e palestinesi: la preghiera non esaudita (P. Stefani) . Iraq - Stato islamico: preghiere per la libertà (J. Foley) . . . . . . . . – Iraq - Cristiani: è la catastrofe (L.R. Sako) . . . . . . . . . . . . . . . . Crisi africane - Libia: doppia anarchia (E. Casale) . . . . . . . . . . . 16,557 18,625 NAZIONI 20,737 20,742 22,753 Vita internazionale Africa - Boko Haram: rischio contagio. Si estende la minaccia dei gruppi jihadisti (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Sfruttamento: dietro alla pirateria. In Somalia le origini di un fenomeno complesso (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Diritti dell’infanzia: a chi giova lo scontro (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . UE - Romano Prodi in redazione. Insisto: necessità dell’Europa (R. Prodi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Europa-Africa - Rapporti commerciali: quale partenariato? (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Spese militari - Rapporto SIPRI: meno USA, più Cina (M. Simoncelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Missione: le mie povere donne (A. Marchesini) . . . . . . P. Marchesini - Medico e missionario: due vocazioni (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Immigrazione: vittime anche nel Sinai (E. Casale) . . . . Medio Oriente - Gaza: una crisi inedita (G. Bernardelli) . . . . . Estremismi: violenza da Est a Ovest (D. Maggiore) . . . . . . . . . . Africa - Ebola: come una guerra (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . – Ebola: una crisi nella crisi (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Questioni internazionali: dal Concistoro alla Turchia (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Kenya, Ruanda - Corti internazionali: destini diversi (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Anniversari - Casaroli: il mediatore (P. Parolin) . . . . . . . . . . . . . Cuba e gli USA: todos americanos. I «buoni offici» vaticani e il fattore Francesco (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Kenya - Cadute le accuse (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Crisi africane - Mozambico: verso un’altra pace (D. Maggiore) Medio Oriente - Gaza: un futuro nel sangue? (L. Bianchi) . . . . Medio Oriente - Concistoro: ISIS, questione politica (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Africa - Camerun: Boko Haram, come la mafia (G. Baioni) . . . El Salvador - UCA: con il «popolo crocifisso». I «martiri gesuiti», 25 anni dopo (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dialogo interreligioso - Convegno: religioni e conflitti (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Centrafrica - Guerra civile: un paese lacerato (D. Maggiore) . . Madagascar Il nuovo presidente (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,21 4,90 4,93 4,95 6,165 8,259 8,266 10,315 10,317 12,374 12,376 12,391 14,443 14,444 16,552 16,553 16,556 4,96 Mali Tuareg: pace ai preliminari (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,391 Mali - Burkina Faso. Difficoltà parallele (D. Maggiore) . . . . . . . 8,268 Mozambico Missione: le mie povere donne (A. Marchesini) . . . . . . . . . . . . . P. Marchesini - Medico e missionario: due vocazioni (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Verso un’altra pace (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Elezioni senza mudança (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,387 12,388 16,557 18,630 Nigeria Boko Haram: rischio contagio. Si estende la minaccia dei gruppi jihadisti (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,19 Estremismi: violenza da Est a Ovest (D. Maggiore) . . . . . . . . . . 14,447 Rep. democratica del Congo Il vero fatto grave (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,21 Vescovi: a difesa della Costituzione (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . 18,629 Il Regno - attualità 22/2014 819 i ndici Ruanda Benessere a caro prezzo (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,266 Kenya-Ruanda - Corti internazionali: destini diversi (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,631 Somalia Sfruttamento: dietro alla pirateria. In Somalia le origini di un fenomeno complesso (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La fuga continua (E. Casale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,22 4,93 Diritto: preghiera e cittadinanza (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,452 Cuba e gli USA: todos americanos. I «buoni offici» vaticani e il fattore Francesco (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,774 Teologi cattolici: giustizia razziale. La polizia è violenta, i neri ne sono vittime (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,776 Venezuela La crisi e la Chiesa: al tavolo del dialogo (G. Zucchi) . . . . . . . . . Sud Sudan Futuro in bilico (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,95 Guerra incivile (G. Baioni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,317 Sudafrica Elezioni: Zuma non ha perso (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . Sudafrica - Miniere: sciopero del platino (D. Maggiore) . . . . . . Chiese e democrazia dopo l’apartheid: partecipazione critica (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Demografia: dominano le Chiese indipendenti (D. Maggiore) . 10,318 14,466 20,737 20,742 America Latina - Pastorale: il papa, Kräutler e i viri probati (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,322 America del Nord - Chiesa cattolica: tensioni nella teologia (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,384 America Latina - Pew Research: è suonata una sveglia. Il passaggio dai cattolici agli evangelici analizzato da G. Carriquiry (D. Metelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,778 Argentina Francesco e la Chiesa latinoamericana: il forte vento del Sud (C.M. Galli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco e la testimonianza di un vescovo argentino: il pastore della misericordia (V.D. Bressanelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Papa Francesco - Editoria: tutti bestseller (M.E. Gandolfi) . . . . Corea del Sud La pastorale delle piccole comunità cristiane: la forza del Vangelo in Corea (B. Joo-hyun Ro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,499 2,64 2,65 Brasile Cile America Latina - La Chiesa e il nuovo Cile: la società domanda. Intervista a mons. P. Ossandón Buljevic (M. Castagnaro) . . . 6,168 America Latina - Pentecostali: il modello cileno. Intervista al teologo J. Sepúlveda González (M. Castagnaro) . . . . . . . . 14,454 Colombia Negoziati: interessati alla pace. Intervista a p. J. Giraldo (M. Castagnaro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mindanao: una pace tra i conflitti (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . 8,259 Giappone India Elezioni: l’era Modi (A.J. Philip) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,319 Dialogo monastico: una giada ancora più bella. L’ashram cristiano Shantivanam ieri e oggi (L. Clemente) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,699 Indonesia Libertà di religione: credo e cittadinanza (D. Sala) . . . . . . . . . . . 2,18 Iraq 2,57 Comunità di base: strumento per il popolo (M. Castagnaro) . . 4,92 Chiesa: comunità di comunità (G. Zucchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,559 4,90 Medio Oriente - Jihad sunnita: califfato, illusione tragica (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa caldea: nella tempesta (L.R. Sako) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Stato islamico: preghiere per la libertà (J. Foley) . . . . . . . . . . . . . Cristiani: è la catastrofe (L.R. Sako) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Chiesa si dà da fare. A colloquio con mons. D. García Ibañez (G. Zucchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,729 – Vescovi - Piano pastorale: sulla via di Emmaus (G. Zucchi) . . 20,730 Cuba e gli USA: todos americanos. I «buoni offici» vaticani e il fattore Francesco (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,774 El Salvador UCA: con il «popolo crocifisso». I «martiri gesuiti», 25 anni dopo (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,733 14,445 14,446 16,552 16,553 Israele Papa Francesco - Viaggio in Terra santa: la relazione col popolo ebraico (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco in Terra santa: uno sguardo libero. Intervista al custode p. Pizzaballa (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Francesco in Terra santa: pellegrino di speranza (S. Malka) . . – Francesco e Bartolomeo: abbracci e lenti passi (D. Sala) . . . . . Gaza: una crisi inedita (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Israeliani e palestinesi: la preghiera non esaudita (P. Stefani) . Gaza: un futuro nel sangue? (L. Bianchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Malaysia Religioni: Allah tra politica e fede (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . Cuba 8,218 12,374 12,376 12,377 14,443 14,444 18,625 6,170 Palestina Gaza: una crisi inedita (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,443 – Israeliani e palestinesi: la preghiera non esaudita (P. Stefani) . 14,444 Gaza: un futuro nel sangue? (L. Bianchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,625 Vietnam Santa Sede: novità sì e no (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,170 EUROPA Honduras Santa Rosa de Copán: successione difficile (M. Castagnaro) . . 16,561 Paraguay Ciudad del Este: decisioni gravose (M. Castagnaro) . . . . . . . . . 16,562 Perù Università cattolica: verso l’epilogo (M. Castagnaro) . . . . . . . . 12,386 Stati Uniti Vescovi cattolici: papa Francesco e Obama (M. Faggioli) . . . . . 8,262 Religiose LCWR. Forzando i toni (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . 12,385 Il Regno - Medio Oriente - Concistoro: ISIS, questione politica (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,627 Liturgia: l’atmosfera è cambiata? (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,321 Chiese locali - Mons. Takeo Okada: il Sinodo visto dal Giappone (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,616 AMERICHE 820 ASIA Filippine Uganda Omosessualità: la nuova legge e l’opinione pubblica (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,558 8,264 attualità 22/2014 Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: l’Europa risponde (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,77 Europa e Italia - Analisi sociali: la «Grande incertezza» (I. Diamanti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,155 Verso le elezioni: il cielo fosco (G. Ambrosio) . . . . . . . . . . . . . . . 8,223 – UE - Romano Prodi in redazione. Insisto: necessità dell’Europa (R. Prodi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,224 Politica in Italia ed elezioni europee: il passato è passato (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,297 COMECE - Voto europeo: preoccupazioni (S. Numico) . . . . . . 12,383 R2f_Lombardini:Layout 1 26/08/14 16.32 Pagina 1 attualità 2014 Papa Francesco - Strasburgo: la mia Europa (G. Brunelli) . . . . . 20,691 – COMECE - Da Verdun a Bruxelles: conflitti e interessi (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,692 6,164 L’eredità di Gerusalemme 4,82 Monoteismo e profezia di pace Austria Noi siamo Chiesa: la presidente scomunicata (D. Sala) . . . . . . . . 12,392 Teologia - Klagenfurt: l’esperienza estatica (A. Franzoni) . . . . . 18,658 Belgio Eutanasia e minori: un passo di troppo (M. Bernardoni) . . . . . Francia Famiglia: un anno di Manif pour tous (M. Bernardoni) . . . . . . Ortodossi: fra tradizione e modernità. Intervista a Job di Telmessos (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Germania Teologia islamica: libertà e controllo (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . Chiesa cattolica: riposizionarsi (S. Orth) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rahner - L’ultima intervista: se la teologia e la Chiesa… (D. Seeber) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99° Katholikentag: una Chiesa che cambia. Colloquio con S. Vesper, segretario dello ZDK (S. Numico) . . . . . . . . . . Cultura - Una fiction tedesca: l’ebbrezza della modernità (M. Pohlmeyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PIETRO LOMBARDINI 4,119 2,53 4,83 8,229 PREFAZIONE DI BRUNETTO SALVARANI 12,378 20,727 Polonia Chiesa: immobile e aggressiva (M. Matté, F. Strazzari) . . . . . 4,86 Regno Unito Gran Bretagna - Scientology: religione e spazio pubblico (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,163 Islam in Europa - Diritto: giurisdizione multiculturale (G. Patriarca) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,449 Chiese locali - Card. Nichols: il Sinodo visto dall’Inghilterra (D. Sala) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,612 Russia Chiesa e stato: la cattedrale-simbolo (E. Pirazzoli) . . . . . . . . . . . 2,14 Intervista al prof. Lupandin: le tensioni e le Olimpiadi (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,89 Rapporti ecumenici: dal prestigio all’influenza (M. Matté, F. Strazzari) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,159 Ucraina - Russia: crisi politica, crisi ecclesiale (D. Sala) . . . . . . . 6,162 Dibattito - Il papa e gli ortodossi: non si può aspettare. Da Mosca, una riflessione sulla visita del vescovo di Roma a Costantinopoli (Ioann) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,769 Turchia Politica: paternalismo e cambiamento. Dopo 10 anni, in crisi la leadership di Erdogan (C. Monge) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,16 Francesco - Ad Ankara e a Istanbul: tra carisma e istituzione (C. Monge) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,766 Ucraina Crisi politica: tra l’euro e i rubli (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . Ucraina - Russia: crisi politica, crisi ecclesiale (D. Sala) . . . . . . . 2,15 6,162 Italia ATTUALITÀ ECCLESIALE Francesco - Primo concistoro: testimoni, non rappresentanti (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Sede - Religiosi: tre questioni aperte (M. Bernardoni) . . Santa Sede - Sinodo sulla famiglia: in ascolto. Prime riflessioni dai questionari arrivati in redazione (M.E. Gandolfi) . . . . . . Chiesa in Italia - Pastorale: la parrocchia ospitale. L’annuncio del Vangelo oltre la retorica (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . Lacrime sul cammino della Chiesa. Il Diario di Bartoletti e la nascita della CEI dopo il Vaticano II (L. Accattoli) . . . . . . . . . . . . . . . Emilia Romagna - Facoltà teologica: tomismo creativo (A. Franzoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Italia - Conferenza episcopale: il progetto pastorale (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Regno - attualità 22/2014 G erusalemme è una città al tempo stesso terrena e santa, una e plurale, luogo politico dove storia, simbolo e mito si intrecciano in modo indissolubile, sogno utopico che genera ebrei, cristiani e musulmani. La sua diversità può affascinare o respingere già nel primo istante in cui il turista-pellegrino percorre le sue strade. Ma in che cosa consiste questa diversità? È una e decisiva: l’emergere, a Gerusalemme, più o meno all’epoca in cui ad Atene nasce la polis democratica, dell’idea monoteista comunicata per rivelazione a Mosè sul Sinai. «LAPISLAZZULI» 2,3 2,4 2,5 2,8 pp. 48 - € 5,50 DELLO STESSO AUTORE Cuore di Dio, cuore dell’uomo Letture bibliche su sentimenti e passioni nelle Scritture ebraiche A CURA DI DANIELE GIANOTTI pp. 192 - € 18,20 2,27 2,52 4,78 821 www.dehoniane.it i ndici Una cultura di carità. Quella Chiesa italiana che crebbe con mons. Nervo (G. Pasini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,171 – CEI - TV2000: un nuovo caso Boffo (G. Mocellin) . . . . . . . . . 6,193 Teologia: una per tutti? (A. Torresin) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,196 Trento - Teologia: Dio, l’uomo, il cosmo (M. Neri) . . . . . . . . . . . 8,228 Francesco - Libera: ai mafiosi dico «Convertitevi» (G. Brunelli) 8,231 Cultura protestante: il lavoro, una vocazione? (M. Miegge) . . . . 8,232 Pedofilia: la legge non basta (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . 8,236 Chiesa e «genere»: diversità (M.C. Rioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,238 Annuncio e catechesi in Italia: la Parola cresce nella storia (Il Regno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,281 – I nuovi «Orientamenti per la catechesi»: nella Chiesa di Francesco (Il Regno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,283 Iniziazione cristiana: educare alla fede oggi (L. Bressan) . . . . . . 8,288 A partire dall’Evangelii gaudium: la catechesi dal popolo di Dio (E. Castellucci) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,294 Francesco - Episcopato italiano: come vescovo di Roma (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,300 Azione cattolica: in uscita (F. Rossi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,302 I vescovi e il papa: con Francesco. Intervista al segretario della CEI, mons. Galantino (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,369 Francesco - Chiesa e mafia: la scomunica (G. Brunelli) . . . . . . . 14,492 – La denuncia del papa: un segno nelle coscienze (L. Lorenzetti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,493 Francesco - Redipuglia: l’ora del pianto (G. Brunelli) . . . . . . . . 16,549 Bose - Ecumenismo: beati i pacifici (M. Faggioli) . . . . . . . . . . . . 16,551 Ecumenismo - Verso il 2017: rileggiamo insieme la Riforma. Intervista al pastore luterano L. Vogel (D. Sala, D. Segna) . . 16,586 Giovanni Catti, 1924-2014: rinnovatore della catechesi (F. Pajer) 16,602 Storie degli uomini, storie di Dio. Verso il V Convegno ecclesiale nazionale (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,681 LXVII Assemblea CEI: tra una Chiesa e l’altra (A. Torresin) . . 20,687 – CEI - Nomine: nella presidenza e alla Caritas (V. Roncarati) . 20,688 Chiesa in Italia - Comunicazione: i media siamo noi. Le nuove prospettive a 10 anni dal Direttorio sulle comunicazioni sociali (D. Pompili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,757 Dialogo interreligioso - Convegno: religioni e conflitti (M. Bernardoni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,765 Anniversari - Casaroli: il mediatore (P. Parolin) . . . . . . . . . . . . . 22,773 POLITICA Renzi e le riforme: ritorno alla politica, finisce la prima Repubblica (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Immigrazione: come funziona l’accoglienza. Le diverse strutture, le molte lacune (M. Ambrosini, C. Marchetti) . . . . . . . . . . Solo Renzi, Renzi solo (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Politica in Italia ed elezioni europee: il passato è passato (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Politica e religione: oltre il caso italiano. Per un ripensamento del cattolicesimo politico (M. Neri) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il tempo e il merito (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un sistema ancora bloccato (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Elezioni regionali: l’impasse (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Quirinale: continuare a essere una nazione (G. Brunelli) . . . . . Italia - Scandali a Roma: tra noncuranza e indignazione. Appunti per un’autocritica cattolica (D. Rosati) . . . . . . . . . . . Religiosi: donne e uomini «del di più». Indetto da Francesco, comincia l’Anno della vita consacrata (M.M. Morfino) . . . . . 2,1 2,24 6,153 10,297 12,381 14,441 18,620 20,690 22,753 22,754 22,760 CULTURA E SOCIETÀ Immigrazione: come funziona l’accoglienza. Le diverse strutture, le molte lacune (M. Ambrosini, C. Marchetti) . . . . . . . . . . Europa e Italia - Analisi sociali: la «Grande Incertezza» (I. Diamanti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mass media: la TV si è fatta mondo (P. Taggi) . . . . . . . . . . . . . . Liana Millu, 1914-2005: il libro custodito (P. Stefani) . . . . . . . . Cultura protestante: il lavoro, una vocazione? (M. Miegge) . . . . Chiesa e «genere»: diversità (M.C. Rioli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Delitto e perdono. Pena di morte e ruolo del cristianesimo secondo Adriano Prosperi (M.T. Fattori) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiavi di lettura: la fiera, i ragazzi, il religioso (M.E. Gandolfi) Dibattito - Servizio pubblico: la RAI dei cittadini (A. Melodia) . – Civiltà cattolica e UCSI: riscoprirsi lievito (G. Mc.) . . . . . . . . . Studi teologici: gli studenti in assemblea (A. Franzoni) . . . . . . . . I musei e l’arte sacra: le opere e i luoghi (G. Gualdrini) . . . . . . 822 Il Regno - attualità 22/2014 2,24 6,155 6,191 6,210 8,232 8,238 8,239 8,243 10,304 10,305 10,307 10,349 Lo spazio e l’opera d’arte: l’Eremo di Camaldoli. Porta speciosa, porta filosofica (A. Rizzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,361 Rapporto Migrantes: emigranti vecchi e nuovi (F. Rossi) . . . . . . 18,622 Chiesa in Italia - Comunicazione: i media siamo noi. Le nuove prospettive a 10 anni dal Direttorio sulle comunicazioni sociali (D. Pompili) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,757 rubriche Studio del mese Francesco e la Chiesa latinoamericana. Il forte vento del Sud (C.M. Galli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,57 – La testimonianza di un vescovo argentino. Il pastore della misericordia (V.D. Bressanelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,64 – Papa Francesco - Editoria: tutti bestseller (M.E. Gandolfi) . . . 2,65 I riferimenti testimoniali della fede. Identità cristiana: tra dispersione e discernimento (C. Theobald) . . . . . . . . . . . . 4,123 L’antropologia cristiana nell’epoca dei cyborg. Noi, robot (D. Lambert) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,203 CEI - Annuncio e catechesi. La Parola cresce nella storia (Il Regno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S8,281 – I nuovi «Orientamenti per la catechesi»: nella Chiesa di Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S8,283 – Iniziazione cristiana: educare alla fede oggi (L. Bressan) . . . . S8,288 – A partire dall’Evangelii gaudium: la catechesi dal popolo di Dio (E. Castellucci) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S8,294 I musei e l’arte sacra. Le opere e i luoghi (G. Gualdrini) . . . . . . 10,349 – Lo spazio e l’opera d’arte: l’Eremo di Camaldoli. Porta speciosa, porta filosofica (A. Rizzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,361 Primato e collegialità per la comunione delle Chiese. Le riforme di Francesco (H. Legrand) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,419 – Coscienza sinodale del popolo di Dio. Rinnovamento a 50 anni dal Vaticano II (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,429 Asia - La pastorale delle piccole comunità cristiane: la forza del Vangelo in Corea (B. Joo-hyun Ro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,499 Con la Caritas a Firenze. Lo stile cristiano oggi . . . . . . . . . . . . . . S14,513 Patristica - I primi secoli: humanitas e caritas. La prospettiva dei padri della Chiesa (C. Curzel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,514 – Mons. Merisi: in cammino verso Firenze (G. Merisi) . . . . . . . S14,515 – Teologia - Missione della Chiesa: tra profezia e diaconia (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,520 – Economia - Mercato e solidarietà: marginali in un mondo globale? (A. Tantazzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,525 – Chiesa - Tra pastorale e politica: i vescovi e l’Italia (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S14,529 – Prospettive: Carità, criterio fondativo (F. Soddu) . . . . . . . . . . . S14,530 Verso un’etica e una spiritualità ecologiche. Il creato: responsabilità e relazione (B. Forte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,591 – Il Cantico di frate Sole: fratelli e sorelle del creato (P. Stefani) . 16,596 Benedetto XV - La Grande guerra: preghiera e diplomazia (M. Paiano) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,663 Sudafrica - Chiese e democrazia dopo l’apartheid: partecipazione critica (D. Maggiore) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,737 – Sudafrica - Demografia: dominano le Chiese indipendenti (D. M.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20,742 Papa Francesco e i pontificati precedenti: un nuovo ordine simbolico nella Chiesa (K. Appel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,797 – Una cesura storica: le linee teologiche del pontificato di Francesco (W. Kasper) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,804 Diario ecumenico di Daniela Sala DICEMBRE 2013: CEC - Evangelii gaudium; Governo italiano Religioni per l’integrazione; Pentecostali italiani - V Assemblea generale; Cechia - Commemorazione ecumenica di Hus; Koch in Russia; Seconda consultazione Santa Sede - Chiese protestanti in Europa; Strasburgo - Incontro di Taizé . . . . . . . . . . . . . . . . . GENNAIO 2014: Ortodossia - Contasti sul primato; Ortodossi e anglicani - Visita tra primati; Siria - Le Chiese alla conferenza di pace «Ginevra II»; Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani; Portogallo - Battesimo comune; Italia-Parma, Chiesa e moschea; Dialogo tra battisti e metodisti . . . . . . . . . . 2,55 4,121 attualità 2014 FEBBRAIO: CEC - Droni; Chiesa d’Inghilterra - Sinodo generale; Regno Unito - Le Chiese contro il governo; Messaggio di Francesco ai pentecostali; Ucraina - Chiese europee e CEC; Avventisti italiani - Nuove cariche; Il card. Koch su sinodalità e primato; Germania - Documento cattolici-protestanti . . . . . . 6,201 MARZO: Costantinopoli - Riunione dei primati ortodossi; Il CEC in visita dal papa; Contro la tratta - Santa Sede, Chiesa anglicana e Al Azhar; Fede e costituzione; Siria - Morte del primate assiro Zakka I; Concilio di Costanza - 600 anni; Svizzera - Battesimo comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8,271 APRILE: Anglicani-cattolici - Conversazioni di Malines; Avventisti in Italia - 150 anni; Dialogo cattolici-riformati; CEC - Pasqua comune; Dialogo anglicani-cattolici negli Stati Uniti; Santa Sede Buddhisti; Bartolomeo I e il nazionalismo ortodosso . . . . . . . . 10,347 MAGGIO: Italia - Sinodo luterano; CCEE e KEK - Situazione dei rom; Dichiarazione di Losanna - 40 anni; Riformati Ferguson nuovo segretario; Dialogo anglicano-cattolico ARCIC III a Durban; Consiglio europeo dei leader religiosi Discriminazioni; Paesi Bassi - Consigli nazionali di Chiese cristiane; Italia - Consultazione metodista; Dialogo cattolicoortodosso - Francesco e Bartolomeo I a Gerusalemme . . . . . . . 12,417 GIUGNO: KEK - Prima guerra mondiale; Minsk - Forum europeo cattolico-ortodosso; Terra santa - Preghiera interreligiosa nei Giardini vaticani; Corea - Dialogo ecumenico e riconciliazione; USA - Presbiteriani e matrimonio gay; Francia Nuovo rabbino capo; Siria - Incontro dei patriarchi di Antiochia; Germania - Muore il pastore Führer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,497 LUGLIO E AGOSTO: Giubileo della Riforma - Polemiche sul «Documento base» della EKD; CEC - Comitato centrale; Alleanza battista mondiale - Msiza nuovo presidente; Chiesa d’Inghilterra - Avanti con le donne vescovo; Segretariato attività ecumeniche - Sessione estiva; Francesco - Visita al pastore pentecostale Traettino; Sinodo valdo-metodista . . . . . . . . . . . . 16,589 SETTEMBRE: Bose - Spiritualità ortodossa; Dialogo cattolicoortodosso; Dichiarazione interreligiosa sul cambiamento climatico; ISIS - Lettera di 126 studiosi islamici; Francesco riceve la nuova TILC; Chiese europee - Clima; Concilio panortodosso Incontro di preparazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,661 OTTOBRE: Lampedusa - Commemorazione interreligiosa ed ecumenica; KEK - Clima; Evangelici italiani - Sinodo sulla famiglia; Anglicani e ortodossi orientali - Accordo sulla cristologia; Card. Koch - Giubileo della Riforma 2017; Francesco - Udienza a una delegazione vecchiocattolica; Italia - Battisti . . . . . . . . . . 20,735 NOVEMBRE: Italia - Convegno dei Focolari sull’ecumenismo; Oslo - Carta per la libertà religiosa e di credo; Luterani tedeschi Nuovo presidente; Chiesa d’Inghilterra - Arrivano le donne vescovo; Unitatis redintegratio - 50° anniversario; Bose - Convegno «Storicizzare l’ecumenismo»; Dichiarazione congiunta tra Francesco e Bartolomeo I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,795 Agenda Vaticana di Luigi Accattoli DICEMBRE 2013: Consiglio di cardinali; Commissione per la protezione dei fanciulli; Time, uomo dell’anno; «Fraternità, fondamento e via per la pace»; Tratta delle persone; Rapporto Moneyval; Consulenze esterne; Mali di Roma e parrocchie dal papa; Nunzio Galantino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,56 GENNAIO 2014: Pellegrinaggio a Gerusalemme; Nuovi cardinali; Cardinali festeggino in povertà; Dogane pastorali; Siria; Falsi papi nella rete; Commissione di vigilanza sullo IOR; Pontificie accademie e scelta missionaria; Da Nicora a Corbellini; Controllo conti degli ospedali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,122 FEBBRAIO: Neocatecumenali; Comitato ONU sui diritti dell’infanzia; Consiglio di cardinali; Concistoro straordinario sulla famiglia; Presidenti Sinodo 2014; Concistoro prega per Ucraina; Benedetto in Basilica vaticana per i nuovi cardinali; Segreteria per l’economia; Lettera del papa alle famiglie; La Santa Sede all’Expo di Milano 2015 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,202 MARZO: Xuereb, Abril y Castelló, Marx e Ferme; Papa emerito come vescovo emerito; Francesco al clero di Roma; Esercizi di Quaresima ad Ariccia; Mafia e tratta; Commissione per la tutela dei minori; Limburg; Galantino e i parlamentari italiani; Obama; Giornata del sacramento della riconciliazione . . . . . . 8,272 APRILE: Elisabetta II - Abdullah II - Premier Ucraina - Reali di Spagna; IOR; Vescovo il sottosegretario del Sinodo; «Chiedo perdono per gli abusi»; Don Lorenzo Milani; Coena Domini al don Gnocchi; Via crucis di Bregantini; Beato Giuseppe Girotti; Santi Roncalli e Wojtyla; Riforma della curia . . . . . . . . . . . . . . 10,348 MAGGIO: Finanze e laici nella curia; Don Milani; «Importunare i pastori»; Papa alla CEI; Scomunica per Marta e Gert Heizer; Terra santa; Perdono per le Chiese divise; Cattolici e preti nel mondo; A Nicea nel 2025 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12,418 GIUGNO: Al Rinnovamento nello Spirito; No al disprezzo per gli zingari; «Invocazione per la pace»; I poveri come pietra d’angolo; Chiesa un po’ invecchiata; Cassano all’Jonio: mafiosi scomunicati; Francescani dell’Immacolata e Legionari; Instrumentum per il Sinodo; Ex nunzio Wesolowski . . . . . . . . . 14,498 LUGLIO E AGOSTO: Campobasso e Isernia; Francesco alle vittime delle violenze; Bilancio - IOR - Nuovo quadro economico; Meriam liberata; Bergoglio alla mensa dei dipendenti; Due visite a Caserta; Miguel d’Escoto Brockmann; Iraq: fermare l’aggressore; Corea e Cina; Cañizares e Osoro . . . . . . . . . . . . . 16,590 SETTEMBRE: Ai cristiani dell’Iraq; La Chiesa ci chiede cambiamenti; Redipuglia; Riforma del processo matrimoniale; Albania; Donne teologhe; Ex nunzio Wesolowski; Müller incontra Fellay; Rimosso vescovo di Ciudad del Este; Gesuiti soppressi e barca di Pietro; I due papi e gli anziani . . . . . . . . . . 18,662 OTTOBRE: Nunzi e concistoro sul Medio Oriente; Sinodo sulla famiglia; Messaggio e Relatio Synodi; Parresia e umiltà; Anno sinodale; Paolo VI beato; «Dicono che il papa è comunista»; Benedetto in clausura; Ebola . . . . . . . . . . . . . . . 20,736 NOVEMBRE: Non devastare il creato; Burke, Mamberti, Gallagher, Sarah; «Perseguitati perché cristiani»; Immigrati e periferia romana; Anno sinodale; Napolitano; Parlamento europeo e Consiglio d’Europa; Turchia; Bartolomeo; Anno della vita consacrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22,796 Libri del mese Lacrime sul cammino della Chiesa. Il Diario di Bartoletti e la nascita della CEI dopo il Vaticano II (L. Accattoli) . . . . . Costantino: anniversario di un mito. L’Enciclopedia costantiniana e il punto storico-culturale (F. Ruggiero) . . . . . . . . . . . . . . . . . Una cultura di carità. Quella Chiesa che crebbe con Nervo (G.B. Pasini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Delitto e perdono. Pena di morte e ruolo del cristianesimo secondo A. Prosperi (M.T. Fattori) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il trauma che salva. Libri discussi: Il sogno di Gesù di Türke (M. Gronchi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La questione ebraica. Le Chiese e l’ebraismo di fronte agli stati totalitari (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Tutto cominciò dalla scuola. Bruno Maida e La Shoah dei bambini (A. Deoriti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dio, il mistero dell’unico. Libri discussi: il modello relazionale di Angelo Bertuletti (M. Rossi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco, frate e papa. Sulla fortuna editoriale (e non solo) di un binomio (G.G. Merlo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Una forma del Vangelo: minore (G. Mc.) . . . . . . . . . . . . . . . . . Due matrimoni, un sacramento. La proposta di un teologo e di una consulente familiare (G. Piana) . . . . . . . . . . . . . . . . . Gesù: il mistero della morte (G. Forni Rosa) . . . . . . . . . . . . . . . Nel presente con fiducia. Paolo VI, una biografia (A. Maffeis) . Un dialogo a distanza. H. Jonas e J. Ratzinger nel «dibattito sulle origini» (P. Becchi, R. Franzini Tibaldeo) . . . . . . . . . Riflesso della Sapienza. La teologia cosmica di Denis Edwards (S. Morandini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,27 4,99 6,171 8,239 10,323 12,395 12,398 14,467 16,563 16,566 18,637 18,639 20,707 20,710 22,783 Segnalazioni A. Giordano, A. Campoleoni, Un’altra Europa è possibile (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . R. Newbury, Oliver Cromwell (D. Segna) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Istituto G. Toniolo, La condizione giovanile in Italia (P.A. Viola) D. Di Cesare, Israele. Terra, ritorno, anarchia (A. Franzoni) . . . L. Gherardi, Le querce di Monte Sole (A. Righi, A. Deoriti) . . . G. Pressacco, L’arc di San Marc (M. Giardini) . . . . . . . . . . . . . . Il Regno - attualità 2,43 2,44 2,45 4,115 4,116 6,187 22/2014 823 i ndici attualità 2014 E. Pace, Le religioni nell’Italia che cambia; M. Introvigne, P.L. Zoccatelli, Enciclopedia delle religioni in Italia (D. Sala) . . www.dehondocs.it (M. Matté) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiavi di lettura. La fiera, i ragazzi, il religioso (M.E. G.) . . . . . . R. Franchini, Il secolo dell’orso (R. Franchini) . . . . . . . . . . . . . . . C. Giaccardi, M. Magatti, Generativi di tutto il mondo unitevi! (G. Bernardelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . G. Cereti, Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva (G. Azzano) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiavi di lettura. Editoria religiosa, Francesco non basta (G. Vigini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A. Scola, Il mistero nuziale (G. Richi Alberti) . . . . . . . . . . . . . . D. Viganò, Telecamere su San Pietro (T. Subini) . . . . . . . . . . . . . . G. Tourn, I protestanti. 3. Una cultura (D. Segna) . . . . . . . . . . . L. Messinese, Né laico, né cattolico (T. Valentini) . . . . . . . . . . . . J.W. O’Malley, Trento. Il racconto del Concilio (M.T. Fattori) . . . R. Panikkar, P. Lapide, A. Kenntemich, Parliamo dello stesso Dio? (G. Giavini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . C. Gianotto, Giacomo, fratello di Gesù (P. Stefani) . . . . . . . . . . . C.C. Canta, Le pietre scartate. Indagine sulle teologhe in Italia (S. Morra) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Tommaso D’Aquino, La somma teologica (D. Segna) . . . . . . . . . M. Ambrosini, D. Coletto, S. Guglielmi, Perdere e ritrovare il lavoro (E. Caneva) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . M. Salvioli, L’invenzione del secolare (A. Franzoni) . . . . . . . . . . . Chiavi di lettura. Da cardinale e da papa (E. Corti) . . . . . . . . . . B.S. Gregory, Gli imprevisti della Riforma (D. Segna) . . . . . . . . . M. Orlandi, La terra è la mia preghiera (P. Stefani) . . . . . . . . . . . L. Girardi, A. Grillo, D.E. Viganò, Sacrosanctum Concilium, Inter mirifica (S. Noceti, R. Repole) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . F. Garelli, Famiglie; I. Ingrao, Amore e sesso ai tempi di papa Francesco; A. Spadaro, La famiglia è il futuro (M.E. Gandolfi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nati per leggere (S. Numico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,188 6,189 8,243 8,257 10,339 10,340 10,340 12,412 12,413 14,483 14,484 14,484 16,580 16,580 16,581 16,582 18,649 18,650 18,650 20,724 20,725 22,792 22,793 22,793 Riletture di Mariapia Veladiano 2,46 4,118 6,190 8,258 10,342 12,414 14,486 18,652 20,726 22,794 Profilo Sören Kierkegaard, incursioni nella modernità. Dall’Esercizio del cristianesimo suggestioni su un Cristo postmoderno (M. Pohlmeyer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,130 Liana Millu. Il libro custodito (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6,210 Giovanni Catti. Rinnovatore della catechesi e obiettore nato, ma composto e mite (F. Pajer) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16,602 Parole delle religioni di Piero Stefani Mitezza sabbatica. Uno stile di vita dignitoso . . . . . . . . . . . . . . . . Tra sole e luna. Leopardi e Qoèlet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Udire la Parola scritta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 824 Il Regno - attualità 22/2014 8,277 10,364 12,435 14,509 16,604 18,677 20,748 22,811 Sinodo e famiglia (P. Casi e P. Cilloni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il questionario per il Sinodo mai arrivato (sig.ra Bernardi) . . . Divorziati: la prassi dell’ortodossia (M. Calandrino) . . . . . . . . . Lutti nel giornalismo (G. Brunelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Precisazioni ed errata corrige . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . In memoria di Nini Garsetti Calandrino (D. Tadiello) . . . . . . . . Separati, divorziati, risposati e… Viandanti (Rete dei Viandanti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Senza contare le donne e i bambini? Chi beatificare a Monte Sole (G. Criveller) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il fidanzamento cristiano (V. Vigorelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Scola, l’eucaristia, i divorziati (S. Bert) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un ricordo di don Gallo (A. Tesauro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,142 6,214 6,214 6,214 10,366 12,437 I lettori ci scrivono 12,438 16,606 20,750 20,750 20,750 Io non mi vergogno del Vangelo di Luigi Accattoli Volumi recensiti Sacra Scrittura, teologia (138 voll.); Pastorale, catechesi, liturgia (195); Spiritualità (147); Storia della Chiesa (43); Attualità ecclesiale (156); Filosofia (55); Storia, saggistica (70); Politica, economia e società (102); Pedagogia, psicologia (70); Ristampe (37) = 1.013 volumi. Come un bambino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dal pertugio della nostra paura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Se l’ipocrisia avvelena gli affetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Provvidenza: mai soli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il giardino (orto) da coltivare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Scrutatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pagine di catrame . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Quando Gaudenzia ingrassa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Don Milani e le parole consumate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’Osservatore delle donne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Due Marie. Il ruolo delle donne nella Chiesa . . . . . . . . . . . . . . . . Una Pasqua lontana. «Ricordati che devi risorgere» . . . . . . . . . . Il succedersi delle generazioni. Saper incarnare i «segni dei tempi» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Con tutto il cuore. L’irrisolta ambiguità della condizione umana Come sé stessi. Dalla compassione nasce l’uguaglianza . . . . . . . . Famiglia e fede. Ebrei per nascita, cristiani con il battesimo . . . . . Dalla Bibbia alla vita. In tempo di crisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La fede di Gesù ebreo. Per chi legge i Vangeli . . . . . . . . . . . . . . . 2,69 4,138 6,212 Gaudium magnum per i due papi. È quello che dico a chi se ne dispiace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ricchi di martiri. Che ci dice la vicenda dei certosini di Farneta . . I miei quarant’anni al Regno. E la sua spinta ad andare al largo . . Riuscirà Francesco? La scommessa della «riforma della Chiesa in uscita missionaria» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Se Francesco «sfascia tutto»? A tu per tu con chi teme . . . . . . . . . I gesti di Francesco. Perché i vescovi non lo seguono . . . . . . . . . . «Questo papa non è una cima». Fenomenologia degli oppositori Che fare con la preghiera. Se torna in piazza e si fa militante . . . «Ma tu ti senti colpevole?». Le cento risposte dalle carceri . . . . . . Che prende Bergoglio da Montini? Due parole d’ordine e il testimone delle riforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Colla, Rodano, Mazzolari e Barsotti. Così li ho ritrovati a Vicenza a fine novembre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2,71 4,143 6,215 8,279 10,367 12,439 14,511 16,607 18,679 20,751 22,813 CEI - Annuncio e catechesi La Parola cresce nella storia Supplemento al n. 8 del 15 aprile 2014 I nuovi «Orientamenti per la catechesi»: nella Chiesa di Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S8,283 Iniziazione cristiana: educare alla fede oggi (L. Bressan) . . . . . . S8,288 A partire dall’Evangelii gaudium: la catechesi dal popolo di Dio (E. Castellucci) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S8,294 Con la Caritas a Firenze Lo stile cristiano oggi Supplemento al n. 14 del 15 luglio 2014 Patristica - I primi secoli: humanitas e caritas. La prospettiva dei padri della Chiesa (C. Curzel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Mons. Merisi: in cammino verso Firenze (G. Merisi) . . . . . . . Teologia - Missione della Chiesa: tra profezia e diaconia (P. Coda) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Economia - Mercato e solidarietà: marginali in un mondo globale? (A. Tantazzi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa - Tra pastorale e politica: i vescovi e l’Italia (G. Brunelli) – Prospettive: carità, criterio fondativo (F. Soddu) . . . . . . . . . . . . S14,514 S14,515 S14,520 S14,525 S14,529 S14,530 G IACOMO PANIZZA La mafia sul collo L’impegno della Chiesa per la legalità nella pastorale pp. 152 - € 12,00 L e frasi vigorose pronunciate contro i mafiosi da Giovanni Paolo II e da papa Francesco e gli omicidi di don Pino Puglisi a Palermo e di don Peppe Diana a Casal di Principe ribadiscono un’urgenza non più rinviabile: vincere l’indifferenza e la paura educandoci ed educando all’onestà e alla trasparenza. Un compito che chiede alla società di organizzarsi con pratiche attive della legalità e alla Chiesa di sperimentare interventi corali e una pastorale adeguata. www.dehoniane.it EDB Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 Bologna Tel. 051 3941511 - Fax 051 3941299 Enchiridion Vaticanum. 28 'RFXPHQWLXIÀFLDOLGHOOD6DQWD6HGH l 2012 dà avvio all’Anno della fede, a cinquant’anni dal Vaticano II, con il sinodo sulla nuova evangelizzazione. Tra i documenti contenuti nel volume: l’esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, gli interventi della Congregazione per la dottrina della fede sull’associazione delle religiose USA, gli Orientamenti per la promozione delle vocazioni sacerdotali, le norme per adeguare il sistema finanziario del Vaticano agli standard internazionali, la riforma di alcuni organismi della Curia. pp. 1500 - € 48,00 www.dehoniane.it EDB