RAPPORTO SU LA BANALITA` DEL MALE - Il Liceo “G. Cesare

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RAPPORTO SU LA BANALITA` DEL MALE - Il Liceo “G. Cesare
RAPPORTO SU LA BANALITA’ DEL MALE – Scheda di presentazione dell’ Incontro – Spettacolo Rapporto
sulla Banalità del Male (Hannah Arendt) a cura di Paola Bigatto e Sandra Cavallini
Liceo Giulio Cesare – Valgimigli - Aula Magna “Belluzzi” sede - Liceo Linguistico
13 Marzo 2014
Rapporto su La Banalità del Male
Quel che ora penso veramente è che il male non è mai ‘radicale’ ma soltanto estremo, e che non possegga
né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si
estende sulla superficie come un fungo. Esso ‘sfida’ come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di
raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non
trova nulla. Questa è la sua banalità. Solo il bene è profondo e può essere radicale. (Hannah Arendt- La
Banalità del Male
L’incontro-spettacolo Rapporto sulla Banalità del Male - riduzione scenica dell’opera di Hannah Arendt, a
cura di Paola Bigatto e Sandra Cavallini -, porta in scena l’amara e lucida riflessione della filosofa ebrea
tedesca Hannah Arendt a partire dalle vicende storico-politiche e di cronaca del processo Eichmann.
Rifacendosi al titolo originale dell’opera, evoca la situazione storica ed emotiva del resoconto-reportage del
processo Eichmann a Gerusalemme che divenne poi il noto saggio.
Il senso politico, sociale e didattico dell’adattamento teatrale è costituito dai contenuti storici e filosofici a
cui si fa riferimento (Piano Nazista, Leggi Razziali, Seconda Guerra Mondiale, Processo di Gerusalemme) e
dalla consapevolezza che la facoltà di giudizio che ci distoglie dal commettere il male non deriva da una
particolare cultura, ma dalla capacità di pensare. Dove questa capacità è assente, là si trova la banalità del
male. _ … _ Eichmann non capì mai quello che stava facendo. E non era uno stupido, era semplicemente
senza idee, una cosa molto diversa dalla stupidità. E proprio quella mancanza di idee lo predisponeva a
diventare uno dei maggiori criminali del suo tempo, perché la mancanza di idee, la lontananza dalla realtà
possono essere molto più pericolose di tutti quegli istinti malvagi che si crede siano innati nell’uomo. E’
stata questa la lezione del processo di Gerusalemme. (Hannah Arendt - La Banalità del Male)
HANNAH ARENDT (1906 – 1975)
Filosofa, allieva di Heidegger e Jaspers, emigrata nel 1933 dalla Germania alla Francia e da qui in America
(1940), in seguito alle persecuzioni razziali, dal 1941 ha insegnato nelle più prestigiose università americane,
pubblicando alcuni tra i più importanti testi del Novecento sul rapporto tra etica e politica. Nel 1961 segue
come inviata di The New Yorker il processo Eichmann a Gerusalemme: il resoconto esce dapprima sulle
colonne del giornale nel 1963 e poi nello stesso anno, diventa saggio. Esso susciterà una grande ondata di
proteste e un’ accesa polemica soprattutto da parte della comunità ebraica internazionale, a causa della
particolare lettura che la Arendt, ebrea tedesca, dà al fenomeno della Shoah e dell’antisemitismo in
Germania.
OTTO ADOLF EICHMANN (1906 – 1962)
Nei quadri organizzativi della Germania di Hitler, ebbe il ruolo di realizzare logisticamente, “la soluzione
finale”. Col grado di SS-Obersturmbannführer era responsabile di una sezione del RSHA; esperto di
questioni ebraiche, nel corso della cosiddetta soluzione finale, organizzò il traffico ferroviario che
trasportava gli ebrei ai vari campi di concentramento al fine di rendere i territori tedeschi “judenrein”
(ripuliti dagli Ebrei). Criminale di guerra, sfuggito al processo di Norimberga, si rifugiò in Argentina, ma
venne poi catturato dal Servizio Segreto Israeliano, processato a Gerusalemme e condannato a morte per
crimini contro l'umanità.