HANNA ARENDT Lo spazio pubblico

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HANNA ARENDT Lo spazio pubblico
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Liceo Ginnasio Statale “Dettori”
Cagliari
Insegnante: Anna Floris
Materia: Filosofia
Materiali per la lettura dei testi
classi: 5^G
HANNA ARENDT
Lo spazio pubblico
Il termine “pubblico” denota due fenomeni strettamente correlati ma non del tutto
identici. Esso significa, in primo luogo, che ogni cosa che appare in pubblico può essere vista
e udita da tutti e ha la più ampia pubblicità possibile. Per noi, ciò che appare – che è visto e
sentito da altri come da noi stessi – costituisce la realtà. Raffrontate con la realtà che proviene
da ciò che è visto e udito, anche le più grandi forze della vita intima - le passioni del cuore, i
pensieri della mente, i piaceri dei sensi - caratterizzano un tipo di esistenza incerta e nebulosa
fino a quando non vengano trasformate, deprivatizzate e deindividualizzate, per così dire, in
una configurazione che le renda adeguate all'apparire in pubblico. La più corrente di tali
trasformazioni avviene nella narrazione e in generale nella trasposizione artistica delle
esperienze individuali. Ma noi non abbiamo bisogno della forma dell'artista per attestare
questa trasfigurazione. Ogni volta che parliamo di cose che possono essere sperimentate solo
in privato o nell'intimità, le trasponiamo in una sfera in cui assumeranno un tipo di realtà che,
nonostante la loro intensità, non avevano mai potuto avere prima. La presenza di altri, che
vedono ciò che vediamo e odono ciò che udiamo, ci assicura della realtà del mondo e di noi
stessi, e mentre l'intimità di una vita privata completamente sviluppata, quale non si era mai
conosciuta prima dell'avvento dell'era moderna e del concomitante declino del dominio
pubblico, intensificherà sempre più e arricchirà l'intera scala delle emozioni soggettive e dei
sentimenti privati, questa intensificazione si attuerà sempre più a danno della certezza della
realtà del mondo e degli uomini. (…)
In secondo luogo, il termine “pubblico” significa il mondo stesso. In quanto è comune a
tutti e distinto dallo spazio che ognuno di noi vi occupa privatamente. Questo mondo,
tuttavia, non si identifica con la terra o con la natura, come spazio limitato che fa da sfondo al
movimento degli uomini e alle condizioni generali della vita organica. Esso è connesso,
piuttosto, con l'elemento artificiale, il prodotto delle mani dell'uomo, come pure con i rapporti
tra coloro che abitano insieme il mondo fatto dall'uomo. Vivere insieme nel mondo significa
essenzialmente che esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in comune, come un
tavolo è posto tra quelli che vi siedono intorno; il mondo, come ogni in-fra [in-between],
mette in relazione e separa gli uomini nello stesso tempo.
La sfera pubblica, in quanto mondo comune, ci riunisce insieme e tuttavia ci impedisce,
per così dire, di caderci addosso a vicenda. Ciò che rende la società di massa così difficile da
sopportare non è, o almeno non è principalmente, il numero delle persone che la
compongono, ma il fatto che il mondo che sta tra loro ha perduto il suo potere di riunirle
insieme, di metterle in relazione e di separarle. La stranezza di questa situazione ricorda una
seduta spiritica dove alcune persone raccolte attorno a un tavolo vedono improvvisamente,
per qualche trucco magico, svanire il tavolo in mezzo a loro, così che due persone sedute da
lati opposti non sarebbero soltanto separate, ma sarebbero anche del tutto prive di relazioni,
non essendoci niente di tangibile tra loro.
(…) La realtà della sfera pubblica si fonda nella presenza simultanea di innumerevoli
prospettive e aspetti in cui il mondo comune si offre, e per cui non può essere trovata né una
misura comune né un comune denominatore. Infatti, sebbene il mondo comune sia il comune
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terreno d'incontro, quelli che vi sono presenti hanno in esso diverse posizioni, e la posizione
di uno non può coincidere con quella di un altro, più di quanto lo possa la posizione di due
oggetti. L'essere visto e l'essere udito dagli altri derivano la loro importanza dal fatto che
ciascuno vede e ode da una diversa posizione. Questo è il significato della vita pubblica, in
confronto al quale anche la più ricca e più soddisfacente vita di famiglia può offrire solo il
prolungamento o la moltiplicazione della propria posizione individuale, con i suoi relativi
aspetti e le sue prospettive. La soggettività della sfera privata può essere prolungata e
moltiplicata in una famiglia, può persino divenire così forte da far sentire il suo peso nella
sfera pubblica; ma questo “mondo” familiare non potrà mai sostituire la realtà che scaturisce
dalla somma totale degli aspetti offerti da un oggetto a una moltitudine di spettatori. Solo
dove le cose possono essere viste da molti in una varietà di aspetti senza che sia cambiata la
loro identità, così che quelli che sono radunati intorno a esse sanno di vedere la stessa cosa
pur in una totale diversità, la realtà del mondo può apparire certa e sicura.
Nelle condizioni di un mondo comune la realtà non è garantita principalmente dalla
“natura comune” di tutti gli uomini che lo costituiscono, ma piuttosto dal fatto che,
nonostante le differenze di posizione e la risultante varietà di prospettive, ciascuno si occupa
sempre dello stesso oggetto. Se l'identità dell'oggetto non può essere più individuata; nessuna
comune natura degli uomini, e meno che mai l'innaturale conformismo di una società di
massa, può impedire la distruzione del mondo comune, che è di solito preceduta dalla
distruzione della molteplicità prospettica in cui esso si presenta alla pluralità umana. Questo
può accadere in condizioni di radicale isolamento in cui nessuno può più intendersi con gli
altri come avviene nel caso di una tirannia. Ma può anche accadere nelle condizioni di una
società di massa o di isterismo di massa, in cui vediamo tutti comportarsi improvvisamente
come se fossero membri di una sola famiglia, moltiplicando e prolungando ciascuno la
prospettiva del suo vicino. In entrambi i casi gli uomini sono divenuti totalmente privati, cioè
sono stati privati della facoltà di vedere e di udire gli altri, dell'essere visti e dell'essere uditi
da loro. Sono tutti imprigionati nella soggettività della loro singola esperienza, che non cessa
di essere singolare anche se la stessa esperienza viene moltiplicata innumerevoli volte. La
fine del mondo comune è destinata a prodursi quando esso viene visto sotto un unico aspetto
e può mostrarsi in una sola prospettiva.
(Hanna Arendt, Vita activa, II, 7, La dimensione pubblica: l’essere in comune, Bompiani,
1998)
SCHEDA DI COMPRENSIONE E ANALISI DEL TESTO
Qual è il primo significato del termine pubblico per Hanna Arendt?
Che cosa distingue l’esperienza vissuta dalla vita pubblica?
Qual è il secondo significato del termine pubblico secondo Hanna Arendt?
Quale caratteristica della società di massa viene sottolineata dalla Arendt?
Qual è il significato fondamentale della sfera pubblica che lo distingue dalla sfera privata?
Che cosa garantisce la certezza della realtà secondo la Arendt?
Che cosa può succedere nella società di masse quando si è privati della molteplicità prospettica e si è ridotti in
una condizione di radicale isolamento?
8. Metti in evidenza le tesi fondamentali del brano con le relative argomentazioni
9. Riassumi il senso globale del brano
10. Esprimi la tua opinione sulla tematica proposta
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