ANGIOLIERI - Si fosse foco - i nostri tempi supplementari
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ANGIOLIERI - Si fosse foco - i nostri tempi supplementari
S'i' fosse foco S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo; s’i’ fosse vento, lo tempestarei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo; s’i’ fosse papa, serei allor giocondo, ché tutti cristïani embrigarei; s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? a tutti mozzarei lo capo a tondo. S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: similemente faria da mi’ madre, S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le vecchie e laide lasserei altrui. Parafrasi Se io fossi fuoco, brucerei il mondo; se fossi vento, gli manderei una tempesta; se fossi acqua, lo annegherei; se fossi Dio, lo farei sprofondare; se fossi il papa, allora sarei felice, perché metterei nei guai tutti i cristiani; se fossi l’imperatore, lo farei senz’altro: taglierei la testa a tutti quelli che mi stanno intorno. Se fossi la morte, andrei da mio padre; se fossi la vita, non starei insieme a lui: lo stesso farei con mia madre. Se fossi Cecco, come in effetti sono e sono sempre stato, prenderei le donne giovani e belle e lascerei agli altri le vecchie e brutte. Forma metrica : sonetto con rime incrociate nelle quartine e alternate nelle terzine. Lo schema è ABBA, ABBA; CDC, DCD. Parole in rima: mondo, profondo, giocondo, tondo; tempestarei, annegherei (rima imperfetta), imbrigarei, farei; padre, madre, leggiadre; lui, fui, altrui. Figure retoriche Anafora: “s’i’ fosse…” (vv. 1-5, 7, 9, 10, 12); Parallelismo: “s’i’ fosse” + condizionale (vv. 1-5, 7, 9, 10); Iperboli: le due quartine e la prima terzina sono tutte fondate su continue iperboli; Antitesi: “morte” vs “vita” (vv. 9-10); “giovani e leggiadre” (v. 13) vs “vecchie e laide” (v. 13); Anticlimax (o climax discendente): “fuoco – acqua – vento – Dio” (vv. 1-4); “papa – ‘’mperator” (vv. 5 e 7); “padre – madre” (vv. 9 e 11); “Cecco” (v. 12). Chiasmo: “torrei le donne giovani e leggiadre:/ le vecchie e laide lasserei altrui (vv. 13-14). Commento Il genere letterario cui appartiene il sonetto S’i’ fosse foco è quello della cosiddetta “poesia comico-parodica”, che discende dalla tradizione goliardica medievale e si pone in contrasto con la linea poetica dominante, impiegando uno stile basso per trattare argomenti quotidiani: l’intento è rovesciare sistematicamente le convenzioni per creare comicità e parodiare abilmente i generi elevati. In particolare, la corrente realistica a cui fa capo Cecco Angiolieri tende a porsi in uno spirito di contrapposizione nei confronti del dolce stilnovo, rovesciando i tòpoi propri della raffinatissima corrente a cui fanno capo – tra i più noti – Dante Aighieri, Guido Cavalcanti e Guido Guinizzelli. Dunque, il tono dissacratorio e volutamente provocatorio del componimento non è da interpretare letteralmente, come uno sfogo estemporaneo contro Dio, il mondo e la propria famiglia, bensì va inteso come un raffinatissimo gioco letterario, sorretto da una forma stilistica estremamente elaborata: le ripetute anafore, oltre a facilitare la memorizzazione, creano, infatti, una studiata struttura simmetrica, che determina un tono ossessivo di continua ripetizione dello stesso tema della distruzione, presentato in forme totalmente iperboliche. Proprio le continue iperboli fanno intuire che nulla di quanto viene detto deve essere preso sul serio. Dal momento che il sonetto vuole essere una presa in giro e un rovesciamento parodico dei generi “seri” ed “ufficiali”, ovviamente Cecco Angiolieri presuppone che il lettore conosca questi ultimi, per poterne apprezzare la parodia. Ad esempio, la struttura del sonetto richiama in modo antifrastico quella del plazer di origine provenzale: mentre lì erano elencate una serie di cose piacevoli, qui, invece, i desideri elencati sono irrealistici e volutamente catastrofici. Con una forte anticlimax, si parte dalla menzione dei quattro elementi da cui ha avuto tradizionalmente origine il cosmo (fuoco, acqua, vento, Dio), per passare alle due potenze che reggono il mondo medievale (papa e imperatore), fino ad arrivare alla famiglia del poeta (padre e madre), per concludere, poi, con la menzione del poeta stesso al verso 12 (s’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui..). Il tono parodico è inoltre palesato dall’evidente abbassamento del tono nell’ultima terzina, burlesca e divertita: mentre prima prevalgono gli eccessi e le immagini iperboliche, ora il poeta si presenta qual è veramente ed espone bonariamente la sua filosofia di vita, basata sul conseguimento immediato di un godimento tutto terreno: se non può essere né fuoco, né vento, né papa, né morte e vita, allora vorrebbe almeno prendere per sé le donne più affascinanti e lasciare agli altri quelle brutte e poco desiderabili.