Il distacco intra-gruppo alla luce delle novità sul contratto di rete

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Il distacco intra-gruppo alla luce delle novità sul contratto di rete
Valentina Cagnin
IL DISTACCO INTRA-GRUPPO ALLA LUCE DELLE
NOVITÀ SUL CONTRATTO DI RETE
SOMMARIO: 1. La disciplina del distacco nei gruppi di impresa.
– 2. L’interesse del distaccante nel distacco intra-gruppo e in
quello intra-rete. – 3. La codatorialità nella rete. E nel distacco
intra-gruppo?
1.
La disciplina del distacco nei gruppi di impresa.
Il distacco si realizza, ai sensi del co. 1 dell’art. 30 del d.
lgs. 276/2003, «quando un datore di lavoro, per soddisfare un
proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a
disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una
determinata attività lavorativa» (1).
Si tratta di uno strumento di “esternalizzazione” del
lavoro, integrante un’ipotesi di interposizione nei rapporti di
lavoro, in base alla quale un soggetto è formalmente titolare del
(1)
Per la disciplina del distacco, si rinvia al commmentario
Grandi-Pera, Commentario breve alle leggi sul lavoro, a cura di R. De Luca
Tamajo – O. Mazzotta, Cedam, 2013, p. 2093; P. Monaco, Il distacco del
lavoratore, in Somministrazione, comando, appalto, trasferimento
d’azienda, a cura di M.T. Carinci – C. Cester, Ipsoa, 2004, pp. 204 ss; G. De
Simone, Titolarità dei rapporti di lavoro e regole di trasparenza:
interposizione, imprese di gruppo, lavoro interinale, F. Angeli, 1995, p.
281; R. Del Punta, Appalto di manodopera e subordinazione, DLRI, 1995,
p. 646; S. Magrini, La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro, F.
Angeli, 1980, pp. 53 ss.; P. Alleva, La nuova disciplina dei distacchi, in Il
lavoro tra progresso e mercificazione, Commento critico al decreto
legislativo n. 276/2003, a cura di G. Ghezzi, Ediesse, 2004, pp. 177 ss.; F.
Scarpelli, Commento all’art. 30, in La riforma del mercato del lavoro e i
nuovi modelli contrattuali, Commento sistematico al decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, a cura di E. Gragnoli – A. Perulli, Cedam, 2004, p.
441; C. Zoli, Commento all’art. 30, Distacco, in Il nuovo mercato del
lavoro, Commentario d. lg. 10 settembre 2003, n. 276, coordinato da M.
Pedrazzoli, Zanichelli, 2004, pp. 329 ss.;. V. Putrignano, Il distacco dei
lavoratori, DRI, 2009, pp. 680 ss.
1
rapporto di lavoro (il distaccante) e un altro (il distaccatario) ne
utilizza di fatto la prestazione lavorativa (2).
Nonostante il distacco costituisca uno dei principali
strumenti della mobilità dei lavoratori nelle diverse forme di
collegamento tra le imprese - tra le quali il gruppo - preme da
subito rilevare che il legislatore si limita a disciplinare le ipotesi
del distacco in termini generali, non prevedendo una disciplina
ah hoc per le diverse realtà imprenditoriali. Tra queste, il
distacco intra-gruppo, istituto secondo cui un lavoratore
dipendente di una società di un gruppo, in risposta alle istanze
di
flessibilità,
decentramento
ed
articolazione
dell’organizzazione produttiva di appartenenza, presta la
propria opera per una consociata, è una fattispecie non
espressamente regolata. Un vuoto normativo che si aggiunge
alla nota mancanza di una nozione giuridica di “impresa di
gruppo” rilevante per il diritto del lavoro (3). I gruppi
imprenditoriali infatti non assumono autonoma rilevanza (4)
come unico centro di imputazione dei rapporti (5), fatta salva
(2)
M. Tiraboschi – C. Bizzarro, La disciplina del distacco
nel decreto legislativo n. 276/2003, in Le esternalizzazioni dopo la riforma
Biagi, a cura di M. Tiraboschi, Giuffré Editore, 2006. (3)
V. Pinto, I gruppi societari nel sistema giuridico del
lavoro, Cacucci, 2005. (4)
P. Ichino, Il contratto di lavoro, in Trattato di diritto civile
e commerciale, diretto da A. Cicu – F. Messineo – L. Mengoni, Giuffré,
2000, p. 501. (5)
I giudici, soprattutto in passato, hanno più volte negato
l’esistenza dell’unicità del gruppo (Cass. 8 agosto 1987, n. 6848; Cass. 2
febbraio 1988, n. 957, in DL, 1988, II, p. 333; Cass. 9 giugno 1989, n. 2819,
in NGL, 1989, p. 536; Cass. 1999, n. 12492, in RIDL, 2000, II, p. 555; Cass.
1 febbraio 2003, n. 1527, in GVM, 2003, p. 252), affermando l’«irrilevanza
del gruppo quale autonomo soggetto al quale si possano imputare rapporti di
lavoro» (Cass. 29 aprile 1974, n. 1220, in FI, 1974, I, p. 1613; Cass. 24
settembre 2010, n. 20231, in GVM, 2010, IX, p. 1262) «quale che fosse
l’entità del collegamento tra due o più società (Cass. 2 febbraio 1988, n.
957, cit.)». In altri casi invece hanno riconosciuto l’unitarietà del gruppo a
determinati fini (Cass. 1999, n. 3136 in NGL, 99, p. 467; Cass. 23 agosto
2000, n. 11033, in GVM, 2000, p. 1824; Cass. 2003, n. 4274, in RIDL, 03,
II, p. 740; Cass. 2004, n. 5808, in NGL, 04, p. 577; Cass. 9 dicembre 2009,
n. 25763, in MGI, 2009) dando rilevanza alla finalità fraudolenta con cui un
sodalizio era stato costituito per eludere l’applicazione di precetti normativi
a tutela del lavoratore (Cass. 18 maggio 1988, n. 3450 in MGC, 1988, p. 5;
2
l’ipotesi in cui siano costituiti in frode alla legge (6),
unicamente quali strumento per eludere l’applicazione di norme
inderogabili, attraverso l’abuso della personalità giuridica delle
singole società che compongono il gruppo.
In assenza di una normativa specifica, dunque, i
requisiti tipici che integrano la fattispecie del distacco e che si
evincono dalla lettura dell’art. 30, valgono anche per il distacco
intra-gruppo. Trattasi nello specifico dell’interesse del datore di
Cass. 17 maggio 2003, n. 7727; Cass. 14 novembre 2005, n. 22927 in GLav,
2006, I, p.17; Cass. 15 maggio 2006, n. 11107, in RGL, 2007, II, p. 440, nt.
Lozito). Ancora, si rilevano sentenze tese ad accertare l’artificiosa
frammentazione di un rapporto sostanzialmente unitario, nella maggior parte
dei casi finalizzati ad escludere il raggiungimento del requisito numerico
che impone la tutela reale del posto di lavoro (Cass. 27 febbraio 1955, n.
2261; Cass. 1 aprile 1999, n. 3136; Cass. 10 novembre 1999, n. 12492;
Cass. 14 novembre 2005, n. 22927, in GLav, 2006, I, p. 17) o più in
generale, si è ritenuta artificiosa la costituzione di una società controllata
allo scopo fraudolento di eludere l’applicazione delle norme protettive,
imputando il rapporto di lavoro fittizio con la società sottoposta alla
capogruppo, ritenuta l’effettivo dominus (Cass. 21 settembre 2010, n.
19931, in FI, 2010, p. 3325). Il tema è stato – ed è tuttora – oggetto di
dibattino dottrinale: se parte della dottrina (su tutti, R. De Luca Tamajo,
Gruppi d’imprese e rapporti di lavoro: spunti preliminari, DRI, 1991, p. 67)
non ritiene possibile considerare il gruppo nel suo complesso quale unico
datore di lavoro in luogo delle singole società appartenenti allo stesso,
considerando irrilevanti i profili di collegamento e di controllo (O.
Mazzotta, Lavoro nei gruppi di imprese, in Diritto del lavoro. Dizionari del
diritto privato promossi da Natalino Irti, a cura di Lambertucci P., Giuffré,
2010, pp. 374 ss,; V. Pinto, I gruppi imprenditoriali tra diritto dell’Unione
europea e diritto nazionale, ADL, p. 890 ss., 2011), altra parte ritiene il
collegamento economico-funzionale tra le diverse società sufficiente a
configurare un unico centro di direzione giuridica (F. Lunardon, Autonomia
collettiva gruppi di imprese, Giappichelli, 1996, p. 20).
(6)
Più recentemente la Corte ha in più occasioni individuato
una serie di indicatori empirici utili a individuare nel gruppo l’unico centro
di imputazione del rapporto: a) l’unicità della struttura organizzativa e
produttiva; b) l’integrazione tra le attività esercitate dalle varie persone
giuridiche del gruppo e il correlativo interesse comune; c) il coordinamento
tecnico e amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto
direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso
uno scopo comune; d) l’utilizzazione contemporanea della prestazione
lavorativa da parte delle diverse persone giuridiche del gruppo, nel senso
che la stessa sia eseguita in modo indifferenziato e contemporaneamente in
favore dei vari imprenditori (Cass. 1 aprile 1999, n. 3136, in NGL, 1999, p.
467; Cass. 24 marzo 2003, n. 4274, cit.; Cass. 29 ottobre 2004, n. 20701, in
OGL, 2004, I, p. 938; Cass. 6 aprile 2004, n. 6707, in FI, 2004; Cass. 15
maggio 2006, n. 11107, cit..). 3
lavoro distaccante (7), della temporaneità del distacco (concetto
che coincide con quello di non definitività dello stesso,
indipendentemente dalla durata del periodo del distacco, purché
questa durata sia funzionale alla persistenza dell’interesse del
distaccante) (8) e dello svolgimento da parte del lavoratore
distaccato di una specifica attività lavorativa.
2.
L’interesse del distaccante nel distacco intra-gruppo e
in quello intra-rete.
Cosa si intende per “interesse proprio del datore di
lavoro distaccante”?
Il legislatore sul punto non si è espresso ma, come
pacificamente affermato dalle dottrina e in giurisprudenza, la
formula
rimanda
all’interesse
tipico
che
ha
trovato
realizzazione con la costituzione del rapporto di lavoro, cioè
quello all’utilizzazione della prestazione lavorativa in capo al
datore di lavoro. Il distacco infatti può essere legittimato da un
qualsiasi interesse produttivo purché sia specifico, rilevante,
concreto e persistente per tutto il periodo per cui il distacco è
disposto (9), con il solo limite di non coincidere con l’interesse
alla «mera somministrazione di lavoro altrui (10)».
Più complessa risulta invece l’analisi dell’interesse del
distaccante nel caso particolare di distacco intra-gruppo. Sul
punto esistono infatti diversi orientamenti giurisprudenziali: in
alcuni casi si è ritenuto che «l’interesse della società
(7)
Per la necessità della sussistenza di un “proprio interesse
al distacco” ai sensi dell’art. 30 d.lgs. 276/2003 nei casi di distacco intragruppo vedi U. Carabelli, Una sfida determinante per il futuro dei diritti
sociali in Europa: la tutela dei lavoratori di fronte alla libertà di
prestazione dei servizi nella CE, RGL, 2007, pp. 33 ss.
(8)
Cass. 15 giugno 1992, n. 7328, in MGC, 1992, p. 915. (9)
Per tutte, Cass. 17 giugno 2004, n. 11363, in LG, 2004, p.
1297; Cass. 15 maggio 2012, n. 7517. (10)
Cass. 10 giugno 1995, n. 5721, in RIDL, 2000, II, p. 36. 4
distaccante andasse accertato in concreto, non potendosi dire
insito ex se nell’appartenenza al medesimo gruppo dell’impresa
distaccataria, avente valore semmai di mero indizio» (11),
considerando quindi il peso dei nessi societari come irrilevanti
ai sensi della legittimità del distacco intra-gruppo. In altri,
diversamente, si è ritenuto che «l’interesse del datore di lavoro
nel distacco infragruppo ben poteva identificarsi con l’interesse
del gruppo stesso, il quale oltretutto poteva ritenersi presunto
sulla base del collegamento funzionale tra l’impresa distaccante
e quella distaccataria, in quanto facenti parte del medesimo
gruppo (12)».
Sul punto, anche la dottrina non è unanime. Se alcuni
autori ritengono che l’interesse del datore di lavoro nel distacco
intra-gruppo possa identificarsi con l’interesse del gruppo
stesso (13), altri hanno evidenziato come l’esistenza di una
strategia comune unitaria sia sufficiente a denotare l’esistenza
di un interesse al distacco in capo alla distaccante (14). Tuttavia
la dottrina maggioritaria è d’accordo nel ritenere che l’interesse
della società distaccante debba accertarsi in concreto e risultare
effettivo e specifico, non potendosi ritenere insito ex se
nell’appartenenza al gruppo dell’impresa distaccataria (15). Più
comunemente, si riconosce, comunque, in presenza di un
(11)
Cass. 13 gennaio 2000, n. 7450; Cass. 27 aprile 1992, n.
5011, in MGL, 92, p. 496; Cass. 12 novembre 1984, n. 5708, in MGC, 1984,
p. 1862. (12)
Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733, in MCC, 2000, p. 355;
Cass. 17 marzo 1998, n. 2880, Cass. 12 novembre 1984, n. 5708, in MGC,
1984, p. 1862. (13)
P. Tosi, Appalto, distacco, lavoro a progetto. Appunti da
una conferenza, LG, 2004, p. 236.
(14)
O. Razzolini, Lavoro e decentramento produttivo nei
gruppo di imprese, in Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, a cura di M.
Aimo – D. Izzi, Utet, 2014, p. 694. (15)
G. De Simone, Titolarità dei rapporti di lavoro e regole di
trasparenza, op. cit., p. 304; V. Putrignano, Il distacco dei lavoratori, Le
trasformazioni del mercato del lavoro, a cura di G. Ciocca, EUM, 2011, p.
195; Zoli, Il distacco del lavoratore nel settore privato, DL, 2003, p. 943; F.
Scarpelli, Commento sub. art. 30, op. cit., pp. 444-445.
5
gruppo, un’agevolazione nell’onere di provare la sussistenza
dell’interesse del distaccante (16). In questi termini si esprime
peraltro la circolare ministeriale del 11 aprile 2001 (n.
5/26183), in base alla quale l’interesse del datore di lavoro
distaccante può essere provato in modo più agevole nella realtà
del gruppo poiché «le prassi di distacco all’interno dei gruppi
d’impresa (...) corrispondono a una reale esigenza di
imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrando forme di
sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo (17)».
Sull’interesse del distaccante è di recente intervenuto il
legislatore, prevedendo al co. 4-ter dell’art. 30 del d. lgs.
276/2003 (18), che «qualora il distacco di personale avvenga
tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di
impresa (…) l’interesse della parte del distaccante sorge
automaticamente in forza dell’operare della rete (…)».
Con tale novella, il legislatore ha inteso incentivare
l’utilizzo del distacco all’interno della realtà della rete (19), in
virtù del collegamento negoziale esistente tra le imprese della
rete, allo scopo di rispondere alle esigenze organizzative di una
gestione
flessibile
delle
risorse
umane
delle
imprese
sottoscriventi il contratto in questione (20). E’ proprio nello
(16)
M.G. Greco, Distacco e codatorialità…, op. cit., p. 389; F.
Lattanzio, L’interesse datoriale nel distacco di manodopera, LG, 2010, 1, p.
45; A. Perulli, Contratto di rete, distacco, codatorialità, assunzioni in
agricoltura, in Il novo diritto del lavoro, a cura di L. Fiorillo – A. Perulli,
Giappichelli, 2014, pp. 441-442. (17)
Circolare del Ministero del Lavoro del 11 aprile 2001 n.
5/26183. (18)
Comma introdotto dalla l. 8 agosto 2013, n. 99 di
conversione al d.l. n. 76/2013. (19)
I. Alvino, Il lavoro nelle reti di imprese: profili giuridici,
Giuffré, 2014; V. Speziale, Il datore di lavoro nell’impresa integrata, DLRI,
2010, pp. 1 ss; T. Treu, Reti d’imprese e regolazione del lavoro, MCR,
2012, pp. 7 ss; M. Biasi, Dal divieto di interposizione alla codatorialità: le
trasformazioni dell’impresa e le risposte dell’ordinamento, WP C.S.D.L.E.
«Massimo D’Antona».IT , 2014, p. 7. (20)
D. Venturi, La disciplina del distacco e le nuove regole
sulla codatorialità nelle reti di imprese, in Il lavoro riformato, a cura di M.
Tiraboschi, Giuffré, 2013, p. 204. 6
scopo comune delle diverse imprese della rete, ovvero nello
sfruttamento della complementarietà tra gli interessi dei partner
della rete, che trova giustificazione il venir meno della
necessità di dimostrare l'interesse del distaccante nel distacco.
Se nel distacco all’interno di una rete «l’interesse della
parte
del
distaccante
sorge
automaticamente
in
forza
dell’operare della rete», potrebbe l’interesse da parte del
distaccante nel distacco intra-gruppo sorgere automaticamente
“in forza dell’operare del gruppo”?
A ben vedere, anche nel gruppo sussiste un interesse
comune per le imprese facenti parte del gruppo: interesse che
può facilmente identificarsi nell’interesse “del gruppo”, che si
ritiene presunto «sulla base del mero collegamento funzionale
tra l’impresa distaccante e quelle distaccataria, in quanto
facenti parte del medesimo gruppo» (21).
La nozione di “interesse di gruppo” è stata accolta nel
nostro ordinamento all’art. 2497 c.c. e assume un rilievo
giuridico autonomo rispetto all’interesse delle singole società
dirette e coordinate. Esso non coincide né con l’interesse
sociale della capogruppo, né con l’interesse sociale delle
singole società né con la somma di tutti questi interessi (22),
rappresentando
piuttosto
la
sintesi
degli
interessi
imprenditoriali coinvolti e il disegno strategico complessivo del
gruppo, condiviso dalla pluralità delle società.
Si potrebbe quindi ipotizzare sia l’estensione analogica,
sia azzardare un’applicazione diretta per identità di ratio, e
quindi riconoscere un interesse automatico del distaccante
anche nella fattispecie del distacco intra-gruppo, per l’esistenza
(21)
Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733, cit.; Cass. 17 marzo 1998,
n. 2880, cit.. (22)
O. Razzolini, Lavoro e decentramento produttivo nei
gruppo di imprese, op. cit., p. 683. 7
di un interesse proprio del gruppo (23). Come per la rete, tale
previsione faciliterebbe senz’altro il ricorso al distacco intragruppo, fattispecie peraltro naturale dell’organizzazione di
imprese in gruppi.
4.
La codatorialità nella rete. E nel distacco intra-
gruppo?
L’analogia ipotizzata tra i due istituti (il distacco intragruppo e il distacco nella rete) con riferimento alla sussistenza
del requisito dell’interesse, potrebbe fungere da ponte
interpretativo per un’ulteriore riflessione, relativamente ad
un’altra novità normativa che ha interessato la seconda parte
del co. 4-ter dell’art. 30: «Inoltre per le stesse imprese è
ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati (24)».
Invero, il legislatore non si è limitato a favorire il distacco nella
rete, ma ha introdotto anche una novità nel panorama della
legislazione del lavoro, prevedendo l’istituto della codatorialità
per le imprese della rete, che «allude alla circostanza che alla
tradizionale
coppia
binaria
del
rapporto
di
lavoro
(datore/lavoratore) si sostituisca dal lato del creditore di lavoro
una pluralità di soggetti (25)».
(23)
Una tale soluzione sarebbe conforme anche con
l’opinione di chi ritiene il gruppo considerabile come «una specifica forma
di rete nella quale le relazioni tra le imprese giuridicamente distinte si
configurano come relazioni di proprietà e di controllo». Cfr. D. Iacobucci, Il
gruppo di impresa come strumento di creazione di reti imprenditoriali, in
Reti di impresa e territorio, a cura di A. Zazzaro, Il Mulino, 2010, p. 174. (24)
Cfr. co. 4-ter dell’art. 30 del d. lgs. 276/2003, introdotto
dalla l. 8 agosto 2013, n. 99 di conversione al d.l. n. 76/2013. (25)
M. Esposito, La fattispecie del distacco e la sua disciplina,
in Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, op. cit., , p. 623. 8
Da qui, l’idea di valutare la possibilità, ovvero
l’opportunità di estendere la codatorialità al distacco intragruppo (26).
Tale riflessione poggia su diverse considerazioni.
Innanzitutto, se come ipotizzato sopra, si potesse
ammettere l’automatico interesse del distaccante, in virtù dei
forti nessi societari esistenti tra le imprese del gruppo, si
potrebbe paventare un problema di identificazione del datore di
lavoro nel distacco: il lavoratore, presta temporaneamente
l’attività specifica, nell’interesse di chi? Del gruppo? Della
capogruppo? Di una molteplicità di imprese? Del distaccante?
Del distaccatario?
In secondo luogo, una tale analogia tra il distacco nella
rete e nel gruppo potrebbe essere avvalorata dall’analisi della
collocazione del nuovo dettato normativo: premesso che
l’inciso “per le stesse imprese” è stato interpretato dal
Ministero come riferito alla totalità delle imprese del contratto
di rete (27), si potrebbe suggerire una lettura differente della
norma intendendo l’inciso in esame come riferito alle sole
imprese della rete che sono parti di un distacco (28). Il dubbio
in parola sorge soprattutto con riguardo alla collocazione di
entrambe le novità legislative nello stesso comma di una
norma, l’art. 30, rubricata “distacco”29. Una tale lettura,
(26)
Sul tema più ampio della codatorialità nel gruppo si rinvia
a E. Raimondi, Gruppi imprenditoriali e codatorialità, RGL, 2012, pp. 294
ss. (27)
Così come chiarito dalla Circolare del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali del 29/08/2013, n. 35/2013: “ciò vuol pertanto
significare che, in relazione a tale personale, il potere direttivo potrà essere
esercitato da ciascun imprenditore che partecipa al contratto di rete”. Per la
dottrina, Greco M. G., Distacco e codatorialità nelle reti di impresa, ADL,
2014, pp. 380-400. (28)
Della stessa opinione E. Massi, Il distacco temporaneo del
personale dopo le novità del contratto di rete e della codatorialità,
www.dplmodena.it, p. 7. (29)
Una tale lettura potrebbe peraltro suggerire di prevedere la
codatorialità in tutti i casi di distacco, non solo per quello intra-gruppo. 9
ancorché non in linea con quella ministeriale, potrebbe essere
dunque un’ulteriore ipotesi di partenza - oltre alle osservazioni
in tema di interesse del distaccante - per ragionare
sull’opportunità di prevedere, come per il contratto di rete, un
regime di codatorialità nel distacco intra-gruppo.
In terzo luogo, a prescindere dall’eventuale sussistenza
del requisito dell’interesse, sebbene nella fattispecie del
distacco il datore di lavoro si individui nella figura del
distaccante, il dubbio sull’opportunità di prevedere la
codatorialità nel distacco intra-gruppo, si potrebbe comunque
porre nel caso in cui la prestazione lavorativa nel lavoratore
distaccato venisse svolta, oltre che nell’interesse del distaccante
(requisito necessario per non incorrere nell’illegittimità del
distacco), anche nell’interesse del gruppo o di altre controllate
– ipotesi peraltro non così lontana dalla realtà fattuale del
gruppo.
L’idea di estendere dunque la codatorialità al distacco
intra-gruppo potrebbe trovare conforto nell’interpretazione
secondo cui l’introduzione della codatorialità riflette il tentativo
del legislatore, al fine di una corretta imputazione del rapporto
di lavoro, di andare «oltre la sfera del datore di lavoro
“formale” (ossia di chi concretamente ha instaurato il rapporto
di lavoro) fino a ricomprendere tutti i cd. “datori di lavoro
sostanziali” e, pertanto, tutti coloro che abbiano un interesse,
anche mediato e indiretto, all’esecuzione della singola
prestazione di lavoro o che da essa traggano un qualsivoglia
beneficio di natura economica (30)».
Una tale riflessione si pone peraltro nel contesto del più
ampio problema dell’identificazione del reale datore di lavoro
nella realtà del gruppo, ovvero nel processo di frammentazione
(30)
V. Pinto, Profili critici della teoria della codatorialità nei
rapporti di lavoro, RGL, 2013, p. 55 ss. 10
del datore di lavoro in più soggetti e nella conseguente
deresponsabilizzazione del datore di lavoro (31), soprattutto nel
caso di uso promiscuo della prestazione del lavoratore da parte
di più imprese.
La riconducibilità della titolarità del rapporto di lavoro
del lavoratore distaccato in capo a uno (il distaccante o la
capogruppo, o ancora il gruppo32) o più datori di lavoro (parte o
totalità delle imprese appartenenti al gruppo), condizione dalla
quale deriva l’attribuzione di poteri, obblighi e diritti tipici del
rapporto di lavoro in capo ad entrambe le parti (33), ha degli
effetti considerevolmente differenti per il lavoratore, sia sul
piano individuale (in termini soprattutto di stabilità dei rapporti
di lavoro, di distribuzione della responsabilità, di garanzia dei
crediti dei lavoratori, di disciplina dei licenziamenti e di
obbligo di repêchage ovvero alla disciplina legale che fa leva
sulla dimensione dell’impresa), sia sul piano collettivo (in tema
di rappresentazione e contrattazione sindacale, essendo le
(31)
A. Salento, Somministrazione, appalto, organizzazione:
politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, DLRI, 2006, p.
489. (32)
Alla luce delle divergenze dottrinali e giurisprudenziali in
tema di unicità del gruppo (vedi nota 5), nell’individuare il datore di lavoro
nel distacco intra-gruppo si potrebbe valutare la possibilità di ricondurre il
rapporto di lavoro in capo al gruppo, considerandolo un soggetto dotato di
propria autonomia giuridica, sull’esempio dell’esperienza francese, ovvero
ricorrendo alla peculiare nozione di “unité économique et sociale”, volta a
raggruppare più imprese giuridicamente distinte di una stessa entità,
secondo dei criteri oggettivi quali: la concentrazione dei poteri di direzione
all’interno di un perimetro considerato, la complementarietà delle attività
svolte dalle diverse entità che vi operano e la permutabilità dei lavoratori tra
entità distinte. Per la giurisprudenza francese: Chambre sociale de la Cour
de Cassation, 18 julliet 2000, Sté Roussillon Aggrégats, Bull. civ. V, n. 299;
Dr. soc. 200, obs. J. Savatier; Soc. 17 déc. 2003, Dr. soc. 2004, 323, obs. J.
Savatier. Sul tema, per la dottrina francese, si rinvia a I. Desbarats, La
notion d’unité économique et sociale en droit du travail, Mélanges dédiés à
M. Despax, p. 75. G. Couturier, L’unité économique et sociale - Trente ans
après, Les lieux du droit du travail, préc., p. 45, B. Boubly, L’unité
économique et sociale... Etat des lieux et souhaits de réforme, Sem. soc.
Lamy, n. 1156, 16 janvier 2004.
(33)
M. Barbera, Trasformazioni della figura del datore di
lavoro e flessibilizzazione delle regole del diritto, DLRI, 2010, p. 222. 11
forme di rappresentanza tipicamente centrate sull’impresa unica
o sul singolo luogo di lavoro, individualmente considerati).
Adottare dunque un regime di codatorialità all’interno
del gruppo, e più specificamente nell’ipotesi di distacco intragruppo, potrebbe andare a vantaggio di una maggior tutela del
lavoratore, che «si ottiene garantendo la connessione non a una
singola impresa, ma a una pluralità di imprese, ridistribuendo
così su di una pluralità di soggetti il rischio del corretto
adempimento degli obblighi retributivi, contributivi, fiscali e
finanche
il
rischio
della
stabilità
dell’occupazione
e
dell’employability (34)».
La novità regolativa della codatorialità non è stata però
accolta unanimemente in ambito giurisprudenziale: se alcune
sentenze della Cassazione hanno aperto alla codatorialità (35),
altre hanno escluso categoricamente la configurabilità di due
diversi datori di lavoro (36). La dottrina, coerentemente, si
divide sul punto tra chi ribadisce la possibilità giuridica di
imputare l’intero contratto di lavoro ad una pluralità di datori di
lavoro (37), e chi sostiene l’unicità datoriale (38).
Se si volgesse però lo sguardo oltralpe, si noterebbe
come la codatorialità, ovvero il co-emploi (39), un’elaborazione
(34)
O. Razzolini, Impresa di gruppo, interesse di gruppo e
codatorialità nell’era della flexicurity, RGL, 2013, p. 50. (35)
Cass. 22 febbraio 1995, n. 2008, in RCDL, 1995, p. 988;
Cass. 20 ottobre 2000, n. 13904, in GC, 2000, p. 2157; Cass. 24 marzo
2003, n. 4274, cit.; Cass. 20 novembre 2011, n. 25270. (36)
Cass. Ss. Uu., 26 ottobre 2006, n. 22910, in ADL, 2007,
4-5, p. 1011, nt. M. T. Carinci; Cass., 5 novembre 2013, n. 24770. (37)
«È la stessa legislazione ad assecondare tali processi di
articolazione e di esercizio congiunto della funzione imprenditoriale da
parte di più soggetti». Vedi V. Pinto, RGL, 2013, p. 27; In dottrina, ancora,
Nogler, Gruppo di imprese e diritto del lavoro, LD, 1992, p. 302 ss.; G. De
Simone, Titolarità dei rapporti di lavoro e regole di trasparenza.
Interposizione, imprese di gruppo, lavoro interinale, op. cit.. (38)
O. Mazzotta, Gruppi di imprese, codatorialità e
subordinazione, RGL, 2013, pp. 19 ss. (39)
P. Bailly, Le co-emploi n’est ni une “baguette magique”
ni une aberration juridique, Sem. Soc. Lamy, 24 février 2014, n. 1619, p. 43;
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giurisprudenziale accolta negli anni dal legislatore, si
caratterizza per la dimostrazione della cosiddetta «triplice
confusione di interessi, di attività e di direzione tra le società
del gruppo (40)» e più recentemente, per «l’immixtion dans la
gestion sociale (41)» da parte della capogruppo nelle
controllate (42).
Se analizzassimo dunque il sussistere di tali criteri nella
realtà del gruppo, si potrebbe agilmente scorgere sia la
confusione di interessi (l’attività viene svolta nell’interesse del
distaccante e/o del gruppo (43)) sia la confusione di attività
(tutte le attività all’interno del gruppo sono coordinate dalla
capogruppo), sia la confusione di direzione (che spetta al
gruppo e/o all’impresa distaccante). Ulteriormente, nel distacco
si potrebbe cogliere “la gestion sociale” da parte della
capogruppo, essendo una manifestazione tipica del potere di
disporre della mobilità dei lavoratori. Di conseguenza,
ravvisare per analogia alla rete la codatorialità nel gruppo, e più
in particolare nel distacco intra-gruppo, non potrebbe che
considerarsi come un invito ad una maggiore trasparenza nella
P. Morvan, Co-emploi et licenciements économiques dans les groupes de
sociétés: les liaisons dangereuses, Juris-Classeur périodique, 2011, p. 1065. (40)
“La confusion d’activité, d’interet et de direction”. Per una
ricostruzione del tema cfr. A. Perulli, Gruppi di imprese, reti di impresa e
codatorialità: una prospettiva comparata, RGL, 2013, pp. 83 ss. (41)
Cass. soc. 28 septembre 2011, n. 10-12.278, Rev. Jur.
Soc., 2011, p. 929; 3 mai 2012, n. 10-27.461, inédit.
(42)
La Cassazione ha dapprima ritenuto necessario identificare
un legame di subordinazione (Vedi da ultimo, Cass. soc. 18 gennaio 2011,
causa 09-69/99, Cass. soc., 9 settembre 2012, n. 11.12.845). Per la dottrina:
B. Teyssié, Les groupes de sociétés et le droit du travail, Dr. Soc., 2010, pp.
735 ss.; F. Favennec-Henry, L’extinction de la relation de travail dans le
group, Dr. Soc., 2010, pp. 762 ss), per poi ritenere sufficiente la
dimostrazione della triplice confusion di interessi, di attività e di direzione
tra le società del gruppo (Cass. soc. 22 juin 2011, n. 09-69.021 D). (43)
Orsola Razzolini ritiene che la codatorialità sussista
quando la prestazione del lavoratore è destinata a soddisfare l’interesse del
gruppo. Cfr. O. Razzolini, Impresa di gruppo, interesse di gruppo e
codatorialità nell’era della flexicurity, op. cit., p. 45. 13
gestione dei rapporti di lavoro e nella tutela effettiva del
lavoratore distaccato (44).
(44)
P. Chieco, Appalti e solidarietà nei recenti sviluppi di una
legislazione in continuo cambiamento, DLRI, 2012, pp. 997 ss.
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