Adriano Chinellato

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Adriano Chinellato
 Franco Lago
La notizia che Franco aveva deciso di lasciarci, mi è arrivata via
sms lunedì 7 settembre alle 15.00, dal nostro amico comune Cesare
D’antonio , che si è trasferito a Lenola, proprio perché
coinvolto da Franco .
Franco aveva deciso quasi 15 anni fa di riaprire la casa della
famiglia di Emma, per farla diventare il suo nuovo scopo di vita.
Questa casa sulla collina di Lenola e il cui giardino guarda il
mare, era diventata la base per la sua intraprendenza sociale, per
coinvolgere le persone, organizzare gli amici, parlare di politica
e sindacato con i giovani del paese.
Uscire dalla metropoli per ritrovare le origini , la voglia di
costruire e quella di stare assieme alle persone.
Nel giardino di casa Franco organizzava mostre fotografiche
sulla Lenola di ieri e di oggi, vengono coinvolti pittori di
campagna e scultori amatoriali per esporre le loro opere in
giardino. Obbligava, gli amici più cari,a giorni e giorni di
preparazione, dal tinteggiare gli espositori ad applicare le foto
e ad organizzare il museo dei piccoli ricordi.
Franco aveva un pensiero per tutti, un piccolo oggetto che veniva
pensato e regalato a ogni persona che arrivava, sia esso il
Segretario Generale della UIL o il Presidente di Fondartigianato
o il Presidente del Covip di INPS , o l’amico contadino conosciuto
il giorno prima e puntualmente invitato a partecipare a questa
festa.
Oggetti di poco valore commerciale , ma di grande valore affettivo
che lui aveva scelto proprio per te.
Ripensandoci, con molta tristezza, io negli anni ho avuto la
fortuna di riceverne tantissimi: ho un fischietto in terracotta a
forma di girasole, un cd con le canzoni del Che, un piccolo
temperino – che pensavo di aver perso e invece un cassetto me l’ha
restituito qualche giorno dopo che Franco se n’è andato.
E’ umanità vera di Franco che mi manca di più, questo suo pensiero
sempre rivolto agli altri , a coloro che in quel momento non
c’erano e che però non uscivano mai dai suoi pensieri.
Conservo ancora con molta attenzione dei semi di un fiore che a
lui piaceva e che aveva raccolto in una delle sue ultime puntate a
Bad Dreikirchen e che aveva fatto seccare. Era circa 10 anni fa e
non ce la faceva ormai più ad affrontare la salita che da Barbiano
porta all’hotel e allora s’è fatto venire a prendere con la Jeep
dal proprietario , che era diventato suo amico nel corso di
qualche visita precedente.
Come non si poteva essere amici di Franco che con questa sua mole
ti sovrastava e ti coinvolgeva in ogni sua idea, in ogni suo
progetto, molto spesso un po’ testone, ma la sua forza è anche
questa.
Ero segretario della Uil di Trento quando un giorno, sarà stato
l’inizio del 1990 , mi disse organizza un incontro con le
categorie dell’industria, perché dobbiamo parlare di
Bilateralità e della prospettiva per le relazioni sindacai legata
a questi accordi che abbiamo siglato per l’artigianato.
Lo devo confessare ho convocato la riunione con un po’ di
perplessità e vi ho partecipato con altrettanto scetticismo, mai
avrei pensato che in quelle idee e del mio amico Franco , che si è
trapiantato a Roma , avrei trovato una occasione per misurare la
mia capacità di costruire e di organizzare un qualcosa di nuovo
per i lavoratori e per le aziende.
La bilateralità artigiana ha totalmente occupato la mia attività
questi ultimi vent’anni della mia vita.
Nei miei occhi ho ancora molto nitido il ricordo di quel
pomeriggio quando arrivò a Trento per parlare di bilateralità
artigiana, anche perché nelle sere di Lenola sul terrazzo che
guardava il mare lontano e da cui , nei giorni buoni , si poteva
intravedere anche l’isola di Ponza, quella riunione di Trento è
stata ricordata, vivisezionata e a volte anche rinfacciata come
solo due amici con un bicchiere di bianco di Terracina in mano
potevano fare.
Arrivò nel primo pomeriggio direttamente dal treno, si tolse il
basco che gli aveva regalato suo figlio Alessandro, e che per lui
era diventato una sorta di amuleto. Il suo basco era la sua
caratteristica . Qualche anno dopo lo dimenticò in un agriturismo
vicino a Trento , dopo aver mangiato una torta di patate e
affettato e parlato del nuovo fondo per la formazione che si
voleva costituire, parlato di sindacato, di bilateralità di
progetti futuri, di un convegno da organizzare a Mezzocorona e di
cosa avremmo fatto assieme quando sarei sceso a Lenola .
Fu così il basco rimase nell’agritur e Franco fra il caldo del
sole e del vino salì sul treno. Immediata la telefonata: “ho
lasciato il basco all’agritur , è sulla mensola …, va a
prenderlo!”
Anche questo essere perentorio/ determinato è una sua
caratteristica. Non lasciava spazio a volte per riprendere per
mano la discussione o le cose da fare , ma quella volta per il
basco di Alessandro il tono era diverso. Ho capito chiaramente che
c’era un pezzo della sua affettività che non era con lui.
Bisognava ricongiungerli immediatamente.
Era Franco che ci teneva legati assieme, noi i suoi amici , fra
noi i più diversi legati da questo filo doppio di amicizia con una
personale eccezionale.
Franco organizzava, stabiliva che si facessero cose, a volte
illogiche, ma che nella sua mente avevano una logica e anche un
indirizzo. Come quando volle organizzare una lotteria a margine di
una festa a Lenola a casa sua.
Decise che alle 10.00 ci si doveva mettere in macchina per fare un
giro dei contadini ai piedi della collina di Lenola, ma prima di
partire recupera due bottiglie di Rotari dal frigorifero, mezza
pezza di speck le infilò in un cesto di vimini. Si parcheggia
davanti al panificio due grandi pani caserecci e sulla sua
macchina scassata e la sua guida precaria , giravamo per questi
viottoli di campagna e quando Franco vedeva qualcuno che lavorava
la terra , si fermava prendeva il suo cesto lo approcciava, gli
offriva un bicchiere di spumante , una fetta di speck gli parlava
delle nostre montagne e di quei sapori e poi chiedeva cosa stesse
raccogliendo , e questi offrivano la disponibilità di quanto
stavano raccogliendo . Mi ricordo tre zucche giganti che sarebbero
diventate premi della lotteria e due o tre cassette di scalogni,
che avrebbero accompagnato il nostro tempo libero nella due
settimane in cui normalmente mi fermavo suo ospite.
Gli scalogni venivano con molta calma spellati e bolliti e messi
nei vasi sottolio, per diventare così anche loro protagonisti di
qualche premio di lotteria o pensiero per qualche amico che
incontrava.
A questo proposito conservo ancora intatta una lattina da litro di
olio extra vergine tratto da olive di Lenola che Franco e Cesare
hanno spigolato un paio d’anni fa, con questa scritta a pennarello
sulla lattina “ olive raccolte da Franco e Cesare e spremute a
freddo per i nostri amici”.
Penso che questa lattina non verrà mai aperta e verrà conservata
così fra i ricordi più belli.
Quante persone ha fatto incontrare Franco? Decine, centinaia e
tutte fra loro diventavano amiche perché legate da questo filo
osmotico che ti fa riconoscere uguali anche se diversi.
Il rimprovero più grande che gli posso fare è proprio nell’averci
lasciato da soli , senza il suo collante diventerà sempre più
difficile rimanere uniti e penso a Luisa, Sergio , Cesare,
Giovanna, Enrico, Paolo, Franco , Roberto e tutti i ragazzi di
Lenola che ci aiutavano a fare il fuoco e a giare la porchetta nel
giardino di casa.
L’ultima volta che ho sentito Franco è stato al telefono era la
fine di aprile.
Stavo scendendo a Firenze e al cellulare una voce roca e flebile
mi dice : “ adriano sto male sono al San Camillo vieni a
prendermi!”
Non sapevo cosa fare , ho sentito l’amico Cesare, il quale mi ha
un po’ confortato, dicendomi che era ricoverato da un po’ perché i
suoi polmoni non l’aiutavano molto e anche il suo cuore generoso
viaggiava a velocità ridotta. Dopo una decina di giorni era stato
dimesso dall’ospedale , se ne era ritornato a Lenola riprendendo
la vita di sempre, un po’ più lento , ma la vita di sempre
Franco se ne è andato camminando da solo, sulla spiaggia di
Sperlonga e dove amava passeggiare con i piedi nell’acqua avanti e
indietro rincorrendo i suoi sogni, che molto spesso sono i nostri.
Adriano Chinellato