Sampognaro ID=2617

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Sampognaro ID=2617
Pretese risarcitorie e pregiudiziale amministrativa nel più
recente indirizzo delle Sezioni Unite
Desirée Sampognaro
Dottoranda in diritto processuale generale ed internazionale - Università degli Studi di Catania
SOMMARIO: 1. Le questioni all’esame delle Sezioni Unite. – 2. Verso la piena equipara zione dell’interesse legittimo al diritto soggettivo. – 3. Excursus storico. – 4. Le problemati che lasciate aperte dalla L. n. 205/2000: particolare riferimento alla nozione di diritti patri moniali consequenziali. – 5. Tesi mediana delle Sezioni Unite. – 6. Argomenti pro e contro
la pregiudiziale amministrativa. – 7. Rilievi finali.
1. Le questioni all’esame delle Sezioni Unite
Con le due ordinanze, rispettivamente la n. 136591 e la n. 136602, pubblicate il 13 giugno 2006, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate ancora una volta
su questioni di giurisdizione relative alla responsabilità civile della P.A. connessa ad attività
provvedimentale illegittima.
Dette pronunce3 sono destinate ad avere una rilevanza non indifferente, dal momento che segnano un’importante svolta nella linea interpretativa finora seguita dalla S.C.
rispetto alla tematica del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in caso di risarcimento del danno per lesione di interesse legittimo.
1 In Guida al Diritto, n. 28, 2006, p. 48, con commento di Caruso G., Sparisce la pregiudiziale amministrativa
per garantire maggiore tutela ai cittadini.
2 Pubblicata nella rivista elettronica www.altalex.com.
3 Vd. per i primi commenti: Lamorgese A., Riparto della giurisdizione e pregiudizialità amministrativa: le Sezioni
Unite non convincono, in Urbanistica e Appalti, n. 10/2006, p. 1175; Consolo C., Di Majo A. e Travi A., La Corte
regolatrice della giurisdizione e la tutela del cittadino, in Corriere Giuridico, n. 8, 2006, p. 1041; Forlenza O., Il
risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo, in Il Merito, n. 10, 2006. p. 79, Angeletti A., La responsabilità dell’amministrazione ed il conflitto tra le Corti, in Responsabilità civile e previdenza, 2006, p. 1206;
Proietti R., Stop alla pregiudiziale amministrativa, regole certe per il risarcimento danni, in Diritto e Giustizia, n.
28, 2006, p. 92; Maddalena M. L., Risarcimento degli interessi legittimi al G.A. ma senza pregiudiziale amministrativa, in Il Corriere del Merito, 2006, p. 1096; Cerulli Irelli V., prime osservazioni sul riparto delle giurisdizioni
dopo la pronuncia delle Sezioni Unite, in Astrid - Rassegna n. 33 del 2006; Nunziata G., Cade la “pregiudiziale
amministrativa” in favore di una maggiore autonomia, in Diritto e società, n. 7, 2006; Del Dotto A., Giurisdizione
e Danno: una pronuncia senza certezze, in www.altalex.it; Clarich M., Risarcimento a misura di Tar, in Il Sole
24 ore, giovedì 15 giugno 2006, p. 27; Ciccia A., Risarcimenti più semplici della p.a., in Italia Oggi, giovedì 13
luglio 2006,p. 28; Sandulli M.A., Finalmente “definitiva” certezza sul riparto di giurisdizione in tema di comportamenti e sulla c.d. “pregiudiziale” amministrativa? Tra i due litiganti vince la “garanzia di piena tutela”, in
www.giustamm.it; Cavallaro M.C., Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa: giurisdizione e
pregiudizialità, in Giornale di diritto amministrativo n. 10/2006, p. 1100.
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Ma prima di procedere alla disamina dei contenuti e dei principi fatti propri da tali pronunce è opportuno spendere qualche breve cenno sulle controversie dalle quali le due ordinanze hanno tratto origine.
L’ordinanza n. 13659 si riferisce ad una controversia instaurata innanzi al G.O. da un
soggetto che, escluso dopo un anno da un corso di dottorato di ricerca, aveva convenuto
in giudizio l’Università ed il docente relatore e tutor per sentirli condannare al risarcimento
dei danni conseguenti alla illegittima esclusione dal corso di dottorato disposta con decreto rettoriale sulla base della relazione (descrittiva dell’attività svolta durante l’anno) formulata in termini dolosamente negativi dal docente tutor.
Anche nel caso dell’ordinanza n. 13660 il regolamento di giurisdizione era stato sollevato innanzi alle sezioni unite della Corte di Cassazione nel corso di un giudizio civile vertente su una domanda di risarcimento dei danni determinati da un provvedimento illegittimo della PA; nella specie si trattava di un provvedimento di diniego dell’autorizzazione all’apertura di un esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande.
Rispetto ai casi suesposti la S.C. ha riconosciuto la giurisdizione del G.A.4 sulla base
della considerazione che “spetta al GA disporre le diverse forme di tutela che l’ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall’esercizio illegittimo del potere, e tra
queste forme di tutela rientra il risarcimento del danno.” La cognizione del GA sul risarcimento del danno è, però, subordinata al fatto che “si sia in presenza di atti riferibili oltre che
ad una p.a. a soggetti ad essa equiparati”… “e l’atto sia capace di esplicare i propri effetti
perché il potere non incontra ostacolo in diritti incomprimibili della persona”.
Oltre al principio della concentrazione della tutela risarcitoria in capo al giudice amministrativo, le Sezioni Unite scolpiscono un altro principio. Viene, infatti, affermata l’autonomia della tutela risarcitoria da quella demolitoria. In sostanza, secondo le statuizioni della
Suprema Corte il cittadino potrà chiedere innanzi al giudice amministrativo il risarcimento
nei confronti della P.A. a prescindere dal previo annullamento del provvedimento lesivo del
suo interesse legittimo e senza alcun bisogno di osservare il termine di decadenza previsto
per l’azione di annullamento.
4 Tranne rispetto al docente che, in applicazione dell’art. 28 della Costituzione, deve rispondere direttamente e personalmente per il comportamento di opposizione tenuto nei confronti del dottorando (ricorrente), non rilevando ai fini della giurisdizione il fatto che abbia agito nell’esercizio delle proprie attribuzioni
organiche. L’azione risarcitoria va perciò presentata al G.O. e ciò in base all’art. 103 che preclude al G.A.
di conoscere delle controversie tra soggetti che vengono in considerazione come soggetti privati piuttosto
che come soggetti investiti di funzioni pubbliche (Caringella F., Corso di diritto processuale amministrativo,
2005, p. 1397).
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Benché tali affermazioni siano tese a garantire una maggiore tutelabilità del cittadino
la cui situazione soggettiva sia stata incisa dalla P.A., tuttavia esse danno luogo a non
poche problematiche, come si vedrà durante il corso di questa trattazione.
2. Verso la piena equiparazione dell’interesse legittimo al diritto soggettivo
Dalle enunciazioni suesposte, particolarmente in riferimento al principio della concentrazione delle tutele, si evince che la Corte di Cassazione ha finalmente avallato quell’orientamento che vuole il G.A. in grado di accordare ogni rimedio volto ad assicurare piena tutela
(e quindi anche un ristoro patrimoniale) a quelle situazioni giuridiche, incise dall’azione amministrativa, rientranti nella sua giurisdizione. Questa presa di posizione da parte della Corte si
pone indubbiamente a beneficio della tutela giurisdizionale del cittadino che non deve più
essere costretto ad adire, rispetto alla medesima controversia, due giudici diversi, quello
amministrativo e quello ordinario, per poter ottenere rispettivamente l’annullamento dell’atto
amministrativo illegittimo ed il risarcimento dei danni che da esso sono derivati. Il G.A. in tal
modo diviene, da giudice eccezionale, giudice generale delle controversie in materia di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi; mentre permangono in capo al G.O. le
cause coinvolgenti i diritti incomprimibili della persona (quali il diritto alla salute5 ed il diritto
alla integrità personale) e quelle concernenti le condotte della P.A. non riconducibili al potere
autoritativo della medesima (cosiddetti “meri” comportamenti della P.A).
Vale la pena ricordare che nella maggior parte dei casi la Corte di Cassazione si è
mostrata incline a ricondurre le controversie relative al risarcimento dei danni derivanti dall’attività provvedimentale entro l’alveo della giurisdizione del GO, ponendosi spesso in contrasto con gli orientamenti del Consiglio di Stato6.
Tale tendenza veniva giustificata dalla stessa Corte, talora attraverso l’asserzione
secondo la quale il diritto al risarcimento del danno costituisce un diritto soggettivo e, di conseguenza, in base al criterio di riparto fondato sulla causa petendi, il suo giudice naturale
non può che essere il G.O., talaltra si fondava su una nozione lata di mero comportamento
della P.A., (tenendo presente che con questa dizione si intende quell’attività della P.A.
disgiunta dal potere pubblico della medesima ed in quanto tale esorbitante dalla giurisdizio-
5 A tal proposito vd. la recente ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione del 21 marzo 2006, n. 6218,
dove la S.C. ha stabilito che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la questione relativa al risarcimento del danno alla salute cagionato dalle emissioni elettromagnetiche generate da un elettrodotto ad alta tensione, in quanto trattasi di controversia avente ad oggetto la tutela del diritto alla salute che trova garanzia
nell’art. 32 della Costituzione e rispetto al quale “la p.a. è priva di qualunque potere di affievolimento della relativa posizione soggettiva”.
6 Galli, Diritto amministrativo, IV ed., p. 2018, nota n. 4.
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ne amministrativa). Ipotesi di mero comportamento della P.A. ad esempio è stata ritenuta
l’occupazione acquisitiva, benché, contrariamente all’occupazione usurpativa, sia caratterizzata dalla presenza di un provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e ciò sol perché
quest’ultimo non sia più in grado di esplicare i propri effetti o perché annullato oppure per
decorrenza o mancata indicazione della durata massima del procedimento espropriativo.
Proprio in relazione a siffatta materia si è assistito appena un anno fa ad un acceso
contrasto giurisprudenziale tra la Corte di Cassazione ed il Consiglio di Stato. Con la sentenza n. 1207 del 23.01.067 la Cassazione ha sostenuto che di regola la domanda di risarcimento del danno dovuto all’attività provvedimentale della P.A. (nella specie si trattava,
appunto, di appropriazione acquisitiva la cui dichiarazione di p.u. era stata annullata innanzi al G.A.) va chiesta al G.O. e solo eccezionalmente al G.A. e, più precisamente, quando la
domanda di risarcimento e la domanda di annullamento vengono chieste assieme. Solo in
quest’ultimo caso, infatti, giacché verrebbe in contestazione la legittimità dell’atto della P.A.,
a dire della Corte, sussisterebbe quella connessione legale tale da giustificare la concentrazione della causa di risarcimento nell’ambito dello stesso giudizio amministrativo. Qualora,
invece, non venisse in contestazione il legittimo esercizio dell’attività amministrativa, perché,
ad esempio, l’atto amministrativo sia stato annullato o revocato dall’amministrazione nell’esercizio del suo potere di autotutela, ovvero sia stato rimosso a seguito di pronuncia definitiva del giudice amministrativo, oppure abbia esaurito i suoi effetti per decorso del termine di
efficacia, l’azione risarcitoria rientrerebbe nella giurisdizione generale del G.O.
A tale posizione della Corte di Cassazione si è presto contrapposta quella del Consiglio
di Stato con l’Adunanza plenaria n. 2 del 9 febbraio 20068. Secondo i giudici di Palazzo
Spada, infatti, «il venir meno, per annullamento giurisdizionale, di atti che sono espressione
di una posizione di autorità, non rende rilevanti soltanto come “comportamenti” gli effetti
“medio tempore” prodottisi in loro esecuzione», (assunto questo che porta ad escludere che
l’istituto dell’occupazione acquisitiva, sorretta dalla dichiarazione di pubblica utilità, possa
rientrare nella nozione di mero comportamento)9 ed, inoltre, una tesi secondo la quale la giu7 Pubblicata in Foro Italiano, 2006, 4, 1053, con note di Scoditti e Travi; Foro amministrativo, 2006, 2, p. 366,
con nota di Mari G., L’azione risarcitoria proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza caducatoria:
giurisdizione e proponibilità in sede di ottemperanza.
8 Pubblicata in www.altalex.it.
9 Le affermazioni contenute in tali ordinanze sono in linea con quanto già statuito, sempre in materia di occupazione illegittima da parte della P.A., nelle precedenti ordinanze n. 4/05 (in Guida al diritto n. 39, 2005, p. 103
con commento di Forlenza O., Restano i dubbi di giurisdizione sulla perdita del diritto di proprietà; cfr., inoltre,
Urbanistica e Appalti 2005, p. 1312 con nota di Conti R., Adunanza Plenaria, giurisdizione sui comportamenti e cumulo di domande; Foro Amm. C. di Stato 2005, p. 2088 con commento di Saitta F., La Plenaria interpreta (in parte) la «204»; ma è improbabile che finisca qui; Diritto e giustizia n. 37, 2005, p. 78 con osservazioni
di Proietti R., Sul danno da poteri pubblici decide il Tar. Risarcimento anche senza impugnazione) e n. 9/05
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risdizione competente a conoscere dell’azione di risarcimento dei danni debba essere determinata in base al momento che il privato sceglie per esperire detta azione (e cioè contestuale oppure successivo all’azione di annullamento) è del tutto inaccettabile. Invece, ritenere
che non solo la tutela demolitoria ma anche quella risarcitoria debba essere concentrata in
capo al G.A. è in linea con quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
204/200410. Con tale sentenza, infatti, la Corte - nel dichiarare costituzionalmente legittimo
l’art. 7 della legge n. 205 del 2000 nella parte in cui (lettera c), sostituendo l’art. 35 del d.lgs.
n. 80 del 1998, attribuisce al G.A. il generico potere di disporre del risarcimento del danno
anche in forma specifica - ha avuto modo di precisare che il risarcimento danni costituisce
non già una materia a se stante (dovendosi perciò escludere che il legislatore abbia voluto
creare una nuova materia di giurisdizione esclusiva) ma uno “strumento di tutela ulteriore
rispetto a quello classico demolitorio e/o conformativo”, il che implica la sua concentrazione
in capo al G.A. in conformità all’art. 24 della Costituzione. Tale norma, infatti, comporta che
il G.A. sia munito di adeguati poteri in modo da assicurare al cittadino una tutela giuridica
piena ed effettiva. Il superamento del sistema della doppia giurisdizione, in base al quale il
(in Il Corriere del Merito 2006, p. 139, con commento di Maddalena M.L., Giurisdizione sui comportamenti della
P.A. ed occupazione usurpativa), dove l’Adunanza Plenaria aveva avuto modo di precisare che si è in presenza di un’azione riferibile alla pubblica funzione anche se gli atti, nei quali si è concretizzata l’attività amministrativa, siano stati annullati o abbiano «perduto efficacia ex tunc» e, conseguentemente, ogni relativa controversia sarà devoluta alla giurisdizione amministrativa esclusiva ex art. 34 del d.lgs. n. 80/98 (vd. Paolantonio N.,
Accessione invertita, tutela risarcitoria e questioni di giurisdizione: il punto dell’Adunanza Plenaria, in Diritto
Processuale Amministrativo, n. 1/2006, p. 161 ss).
10 Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, pubblicata in: Foro Italiano, I, p. 2594, con nota di S. Benini e
commenti di F. Fracchia (La parabola del potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione «esclusiva» alla
giurisdizione del giudice amministrativo) e A. Travi (La giurisdizione esclusiva prevista dagli art. 33 e 34 d.leg.
31 marzo 1998 n. 80, dopo la sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204); Urbanistica e Appalti
2004 p. 1031 con commento di Conti R., Corte costituzionale, riparto della giurisdizione e art. 34 D.lgs n. 80/98:
fu vera rivoluzione?; Giurisprudenza Italiana 2005, sez. dir.civ., 917 con commento di Chinè G., I nuovi confini
delle giurisdizioni: quale futuro per la giurisdizione (elusiva) del giudice amministrativo?; Diritto e Giustizia n
34, 2004 p. 92 con commento di Cacciola S., Il nuovo riparto di giurisdizione? Nei servizi Pubblici si torna all’antico; Corriere Giuridico 2004, p. 1125 con osservazioni di Carbone V., Consolo C. e Di Majo A., Il “walzer delle
giurisdizioni” rigira e ritorna a fine ottocento; Diritto e formazione 2004 p. 1342 con commento di Cintioli F., La
giurisdizione piena del giudice amministrativo dopo la sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale; ibidem, 2004 p. 1556 con commento di Garofoli R., La nuova giurisdizione in tema di servizi pubblici dopo Corte
Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204; Foro Amministrativo C. di Stato, 2004 p. 2476 con nota di Marzano L., La
Corte Costituzionale restituisce i comportamenti di cui all’art 34 d.lg. n 80 del 1998 al giudice ordinario: in tema
di occupazione appropriativi una pronuncia inutiliter data?; Giornale di diritto amministrativo 2004 p. 969 con
osservazione di Clarich M., La giurisdizione elusiva del giudice amministrativo «riletta» dalla Corte
Costituzionale; www.giustizia-amministrativa.it con osservazioni di Salamone V., Il riparto di giurisdizione dopo
la sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004: aspetti problematici con particolare riguardo
alla attività convenzionale, contrattuale, ai comportamenti pubblicistici e alla tutela dell’ambiente. Quanto all’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, emessa dal Tribunale di Roma il 31 luglio 2002, vd. Consiglio
di Stato, 2003, II, p. 137, con nota di Zingales I., Considerazioni sulla costituzionalità del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo alla luce della L. 21 luglio 2000, n. 205.
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cittadino, solo dopo aver ottenuto la tutela annullatoria dal giudice amministrativo, poteva
adire il giudice ordinario, con i relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali consequenziali e l’eventuale risarcimento del danno, altro non è, dunque, che attuazione dell’art. 24 della Costituzione.
Giova ricordare che nella medesima sentenza il giudice delle leggi ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 34 del d.lgs. n. 80/98 nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del G.A. non solo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia aventi ad
oggetto gli atti e i provvedimenti della P.A., ma anche quelle relative ai “comportamenti” della
stessa. In base a tale dizione infatti il G.A. avrebbe potuto statuire anche su situazioni rispetto alle quali la P.A. non avesse posto in essere, nemmeno mediatamente (e cioè attraverso
strumenti privatistici), alcun pubblico potere. Sarebbe cioè bastata la sola natura pubblicistica di una delle parti a giustificare la devoluzione di talune controversie al G.A. e ciò in contrasto con il divieto di istituire giudici speciali stabilito dall’art. 102 della Costituzione.
I principi espressi nella sentenza n. 204/2004 sono stati ribaditi dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 191/0611, la quale può considerarsi una sorta di interpretazione autentica della sentenza n. 204/2004. Con tale sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53 del DPR n. 327/01 (T.U. sulla espropriazione) – che attribuisce al G.A. la giurisdizione esclusiva delle “controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti della P.A. relativi all’espropriazione per pubblica utilità”12 - nella parte in cui non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere. Il valore aggiunto di tale sentenza rispetto alla
sentenza n. 204/2004 consiste nel fatto che qui la Corte ha meglio precisato che possono
rientrare nella giurisdizione amministrativa anche i comportamenti della P.A.13, purchè si
tratti di “comportamenti” che costituiscano esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (ad esempio la dichiarazione di pubblica utilità) e che perciò siano riconducibili all’esercizio in concreto del pubblico potere dell’amministrazione. Tale precisazione vale a dissipare
quelle incertezze dogmatiche che sono scaturite a causa della espulsione del termine “com-
11 Corte costituzionale 11 maggio 2006, n. 191, pubblicata in: Foro Italiano, 2006, I, p. 1629, con note di A.
Travi (Principi costituzionali sulla giurisdizione esclusiva ed occupazione senza titolo dell’amministrazione) e
G. De Marzo (Occupazioni illegittime e giurisdizione: le incertezze della Consulta); Corriere Giuridico 2006 p.
922 con nota di Di Majo A., Atti e comportamenti nella tutela risarcitoria contro la P.A; Danno e responsabilità 2006, p. 965, L’art. 53 t.u. espropriazioni: l’intervento della Corte Costituzionale, con commento di
Fabbrizzi G.; Urbanistica e Appalti 2006, p. 805 con osservazioni di Conti R., Comportamenti buoni e cattivi:
dopo Corte cost. 191/2006 ognuno per la sua strada ( ma quale?).
12 Va precisato che tale norma ricalca la formulazione originaria dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/98.
13 Di Majo Adolfo, Atti e comportamenti illegittimi nella tutela risarcitoria contro la P.A., in Corriere giuridico,
n. 7/06, p. 926.
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portamenti” dall’art. 34 del d.lgs. n. 80/98 con la sentenza n. 20414. Infatti a seguito di tale
pronuncia si è sostenuta la dicotomia tra comportamenti della P.A. e atti o provvedimenti
della medesima per affermare la riconduciblità solamente di questi ultimi alla giurisdizione
amministrativa, a meno che non fossero venuti meno perché ad esempio annullati. Proprio
in questo indirizzo si colloca la sentenza della Cassazione n. 1207/06. Stando alle statuizioni della Corte Costituzionale, in sostanza, la concentrazione della tutela risarcitoria in
capo al G.A. è giustificata dal fatto che la P.A. abbia in concreto esercitato un potere autoritativo. Viene, inoltre, ribadito che la ratio del principio della concentrazione delle tutele
consiste nell’esigenza di realizzare l’effettività della tutela giurisdizionale in conformità agli
artt. 24 e 111 della Costituzione.
Anche quest’ultima sentenza della Corte costituzionale è stata richiamata dalle ordinanze che ci occupano ed in effetti pochi dubbi sorgono rispetto al fatto che le enunciazioni in esse contenute, volte a far si che la giurisdizione amministrativa possa assicurare una
tutela piena ed effettiva, possano aver risentito delle recenti affermazioni della Corte
Costituzionale. Anche secondo tali ordinanze presupposto indispensabile del principio della
concentrazione delle tutele è che il danno ingiusto sia derivato dall’esercizio in concreto del
potere pubblico. La sussistenza di tale presupposto va effettuata avendo riguardo al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano.
Saranno perciò attratte nella giurisdizione del G.A. anche quelle controversie riguardanti
comportamenti dell’amministrazione non preceduti da atti e consistenti, ad esempio, “nella
violazione di una norma che regola il procedimento ordinato all’esercizio del potere” (basti
pensare ad ipotesi di comportamento omissivo, quali il silenzio o il ritardo nell’emissione di
un provvedimento, oppure il mancato esercizio del potere di vigilanza o di informazione).
Va precisato comunque che non è la prima volta che la S.C. fa applicazione del criterio fondato sulla strumentalità in concreto del comportamento dell’amministrazione all’esercizio della funzione pubblica per stabilire la giurisdizione del G.A. (ci si riferisce in particolare alle sentenze n. 10289/2003 e n. 15843/2003 delle Sezioni Unite). Tuttavia, come già
ricordato a proposito delle ipotesi di espropriazione illegittima, l’orientamento espresso più
soventemente è stato nel senso di limitare la giurisdizione del G.A. ai soli casi in cui vi fosse
un atto amministrativo valido ed efficace. In base a quanto statuito dalle ordinanze in commento, invece, restano alla giurisdizione ordinaria quei meri comportamenti materiali della
p.a. (detti anche vie di fatto) connotati dalla mancanza del titulo ab origine (come nelle ipotesi di occupazione usurpativa, dove non c’è mai una dichiarazione di pubblica utilità).
14 Vd. Caringella, p. 828.
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Fin qui sembrerebbe dunque che la Cassazione, sotto l’influsso della sentenza n.
191/06, si sia finalmente allineata all’orientamento del Consiglio di Stato, ma, in realtà,
occorre ricordare che la S.C. non si è limitata a statuire che la parte potrà chiedere innanzi allo stesso GA la tutela risarcitoria completiva insieme o successivamente a quella
demolitoria; essa è, infatti, giunta ad affermare la giurisdizione del G.A. anche rispetto
alla azione di risarcimento cosiddetta pura, vale a dire non preceduta dal previo annullamento attizio. Ne segue che l’istituto della pregiudiziale amministrativa diviene così del
tutto superfluo15. Su questo punto si preannunciano perciò ulteriori contrasti giurisprudenziali tra la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato, atteso che la giurisprudenza amministrativa è unanime nell’affermare l’indispensabilità dell’istituto della pregiudiziale amministrativa, per una serie di motivi che verranno evidenziati successivamente. Per adesso
occorre mettere in luce che i due principi enucleati dalla Corte di Cassazione nelle ordinanze in commento (principio della concentrazione della tutela demolitoria e della tutela
risarcitoria in capo al G.A. e principio dell’autonomia dell’azione risarcitoria da quella
annullatoria) costituiscono il punto di arrivo di un’evoluzione giurisprudenziale volta ad
assicurare la massima tutela possibile al cittadino la cui sfera giuridica sia stata incisa
dall’attività della P.A. Il fine ultimo, dunque, sembra quello di equiparare la tutela dell’interesse legittimo a quella del diritto soggettivo. D’altra parte, tale intento verrebbe confortato proprio dalla Costituzione ed in particolare dall’art. 24 che presuppone che tali situazioni giuridiche siano dotate della medesima tutela giurisdizionale.
Il G.A., in sostanza, viene a configurarsi sempre più quale giudice degli interessi
privati e meno degli interessi pubblici. Tutto ciò giova sicuramente al privato, il quale
d’ora innanzi potrà chiedere, nonostante il decorso dei 60 giorni per l’annullamento, il
risarcimento danni entro il termine prescrizionale di 5 anni; ma non gioverà di certo
all’amministrazione, la quale non potrà più fare affidamento sulla stabilità degli effetti dei
provvedimenti inoppugnati.
Ma prima di affrontare più dettagliatamente le problematiche che scaturiscono dai
principi enunciati dalle ordinanze in esame appare opportuno tracciare un breve excursus delle principali vicende giuridiche che hanno segnato le tappe fondamentali del
cammino verso la piena equiparazione dell’interesse legittimo al diritto soggettivo.
15 Aveva invece affermato l’indispensabilità della pregiudiziale amministrativa la sentenza della Cassazione
del 27 marzo 2003, n. 4538. In quell’occasione infatti la S.C. ha statuito che non è possibile qualificare come
ingiusto il danno provocato da un provvedimento amministrativo che non sia stato rimosso e che continui a
produrre i suoi effetti.
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3. Excursus storico
Trattando il tema della responsabilità civile della P.A. per lesione di interesse legittimo,
non si può non prendere le mosse dalla storica sentenza n. 500/199916, con la quale è stata
finalmente riconosciuta in via generale la risarcibilità dell’interesse legittimo. Tale riconoscimento è stato reso possibile riconducendo la responsabilità della P.A. all’art. 2043 c.c. (cd.
responsabilità aquiliana).
Prima di tale sentenza il cittadino la cui sfera giuridica era stata incisa dall’azione della
P.A. aveva come unico strumento di tutela l’azione annullatoria e non poteva ottenere alcun
ristoro patrimoniale contro la P.A., la quale godeva di una sorta di immunità o privilegio che
il nostro ordinamento non attribuiva a nessun altro soggetto e che soprattutto era sconosciuto negli altri paesi europei.
Inoltre, la stessa tutela demolitoria non era sempre pienamente sadisfattiva delle pretese del cittadino (come nel caso di autorizzazione all’esercizio di attività commerciale rilasciata con grave ritardo a seguito dell’annullamento del relativo diniego) e a volte capitava
che fosse addirittura inutile (ad esempio, quando non fosse stato più possibile realizzare gli
effetti dell’annullamento dell’atto di aggiudicazione dell’appalto al soggetto sbagliato perché
era già avvenuta l’intera esecuzione del contratto).
Il dogma dell’irrisarcibilità dell’interesse legittimo era dovuto soprattutto a due ordini
di ragioni:
a) il carattere esclusivamente impugnatorio del processo amministrativo, dal quale
discendeva l’impossibilità del GA di apprestare mezzi di tutela diversi da quello annullatorio17;
b) una lettura restrittiva dell’art. 2043 c.c., in base alla quale poteva costituire “danno
ingiusto” soltanto la lesione di situazioni tipiche di diritto soggettivo (contra ius), non giustificata da alcuna norma giuridica (non iure)18.
Tale interpretazione faceva dell’art. 2043 c.c. una norma secondaria, volta a sanzionare condotte vietate da altre norme primarie. Con la sentenza n. 500 la Cassazione qualifica l’art. 2043 come norma primaria, capace di fondare essa stessa un (autonomo) diritto
al risarcimento.
16 Cassazione Sez. Unite, 22 luglio 1999 n. 500, in Foro It., I, 2487, con nota di Palmieri e Pardolesi; in Guida
al Diritto, n. 31, 1999, p. 36, con note di: Mezzacapo S., I rapporti tra giudizio amministrativo e civile devono
trovare un nuovo equilibrio; Caruso G., Un solo «arbitro» per determinate fattispecie; De Paola G., Ingiustizia
unico requisito del risarcimento; Finocchiaro M., Il giudice dovrà valutare l’istanza del cittadino. Vd. inoltre
Danno e Responsabilità, 10/99, p. 965 con note di: Carbone V., Monateri P., Palmieri e Pardolesi; Ponzanelli
G.; Roppo V. Urbanistica e Appalti, 1999, p. 1067 con nota di Protto, E’ crollato il muro della irrisarcibilità delle
lesioni di interessi illegittimi: una svolta epocale?.
17 Sassani B., Impugnativa dell’atto e disciplina del rapporto, Cedam, Padova, 1989, p. 22.
18 Caringella, Studi di diritto civile, 05, p. 39.
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Oltre a scardinare il dogma dell’irrisarcibilità del danno, con la stessa sentenza n. 500
le Sezioni Unite della Cassazione riescono a superare il vincolo della pregiudiziale amministrativa. La competenza a decidere sulle domande di risarcimento danni per lesione di interessi legittimi viene, infatti, riconosciuta al G.O., il quale può essere adito anche senza il
previo annullamento del provvedimento lesivo innanzi al G.A. Il giudice civile può così
accertare in via incidentale l’illegittimità del provvedimento della P.A., alla stregua di una
delle componenti del fatto illecito. Si assiste, cioè, alla scissione, bene messa in luce anche
dalle decisioni in commento, tra illegittimità dell’atto, che porta alla tutela caducatoria, ed illiceità del medesimo, che fonda il rimedio del risarcimento del danno19.
Una volta configurato, attraverso tale ricostruzione, il diritto al risarcimento del danno
per lesione di interessi legittimi quale situazione soggettiva autonoma tutelabile dinanzi al
G.O., non si è più reso necessario “mascherare” da diritti soggettivi situazioni che in realtà
non lo erano affatto pur di assicurare un margine di tutela alle pretese risarcitorie del cittadino nei confronti della P.A. Nel sistema precedente alla sentenza n. 500 infatti unico temperamento al dogma della irrisarcibilità dell’interesse legittimo era costituito dal principio
dell’affievolimento, in base al quale si riteneva che talune posizioni giuridiche di diritto soggettivo (ad esempio diritto di proprietà) incise da un provvedimento amministrativo venivano da quest’ultimo compresse sino a divenire interessi legittimi e solo quando, una volta
ottenuta la sentenza di annullamento del suddetto provvedimento, tali posizioni si fossero
riespanse retroattivamente sino a riprendere l’originaria forma di diritti soggettivi, il privato
poteva agire innanzi al G.O. per ottenere il risarcimento del danno. In sostanza, sulla base
della teoria dell’affievolimento il diritto al risarcimento poteva sorgere solo a seguito della
sentenza di annullamento, ed è perciò grazie a tale espediente logico-dogmatico che è nata
la regola della necessaria pregiudizialità amministrativa.
A livello normativo possono riscontrarsi tracce di tale regola nell’originaria formula dell’art. 7 della legge n. 1034 del 1971, che prevedeva, limitatamente alle materie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del GA, la possibilità di rivolgersi al GO per quelle questioni attinenti ai diritti patrimoniali consequenziali alla pronuncia di illegittimità dell’atto o provvedimento amministrativo), e nell’art. 13 della legge 19 febbraio 1992 n. 142, il quale - in attuazione della Direttiva CEE 21 dicembre 1989 n. 665 che invitava gli Stati membri a dotarsi di
strumenti di tutela idonei ad accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione delle norme sugli appalti – espressamente sanciva per i soggetti, che avessero subi-
19 Si è parlato a tal proposito di concezione pluriqualificatoria dell’atto amministrativo, cioè illegittimo e illecito insieme (Galli, op.cit., p. 1509).
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to una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture o delle relative norme interne di recepimento, la possibilità
di chiedere all’amministrazione aggiudicatrice il risarcimento danni innanzi al G.O., previo
annullamento dell’atto lesivo da parte del GA. Proprio quest’ultima norma rappresenta la
prima apertura normativa verso un maggiore riconoscimento della risarcibilità dell’interesse
legittimo20 e dimostra come il principale impulso, che ha contribuito al superamento del granitico orientamento giurisprudenziale sull’irrisarcibilità dell’interesse legittimo, sia stato costituito dal diritto comunitario. Particolarmente decisivo è stato inoltre l’implementazione nel
nostro ordinamento del principio di derivazione comunitaria sulla responsabilità dello Stato
per i danni causati al privato a causa della mancata o imperfetta attuazione delle direttive
comunitarie (vd. in tal senso la famosa sentenza “Francovich” della Corte di giustizia21), nonché il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale più volte evidenziato dalla Corte di
giustizia europea, oltre che dalla nostra Corte Costituzionale.
L’art. 13 della l. n. 142/92 è stato poi espressamente abrogato dall’ultimo comma dell’art. 35 del dlgs n. 80/98.
In vero, è proprio con tale decreto che il sistema di riparto di giurisdizione assume un
nuovo assetto, non solo perché con gli artt. 33 e 34 vengono dilatati in maniera piuttosto
considerevole i confini della giurisdizione esclusiva (appalti, servizi pubblici, urbanistica ed
edilizia)22, ma soprattutto perché mediante l’art. 35 si attribuisce al GA il potere di disporre,
limitatamente alle materie contemplate agli artt. 33 e 34, del risarcimento del danno ingiusto anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, realizzando in tal modo il principio della concentrazione della tutela annullatoria e di quella risarcitoria innanzi al GA, principio che viene ulteriormente rafforzato con la l. 21 luglio 2000 n. 205. L’art. 7 di tale legge,
infatti, riscrivendo gli artt. 33-35 del dlgs, nonché l’att. 7 della legge Tar, assicura la tutela
risarcitoria rispettivamente all’intero ambito della giurisdizione esclusiva e a quello della giurisdizione di legittimità.
20 Si ricordi che tale norma è stata considerata dalla giurisprudenza di legittimità una norma di settore, impedendone così una portata generale (Cassazione 20 Aprile 1994 N. 3732).
21 Corte di giustizia europea, 19 novembre 1991 n. C-6/90, Francovich c. Gov. Italia, in Repertorio, 1991, n.
463; Dir. e pratica lav., 1991, 3270, con nota di. BIAGI; Foro it., 1992, IV, p. 145, con note di BARONE, PARDOLESI; ibidem., 1992, IV, 145, con nota di PONZANELLI; Corriere giur., 1992, p. 53, con nota di GIACALONE; Giur. merito, 1992, 450, n. ORLANDI; Cons. Stato, 1992, II, 333; Riv. dir. internaz., 1991, 981; Riv. dir.
internaz. privato e proc., 1992, 405; Giur. it., 1992, I, 1, 1169, n. CARANTA; Giur. costit., 1992, 488, n. CARTABIA; Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 1992, 138, con nota di CAFAGNO, RUSSO, SPENA.
22 Confini che peraltro verranno ridimensionati con i successivi interventi della Corte Costituzionale. Con le
sentenze n. 292/2000 e n. 281/2004 la Corte ha infatti ravvisato un eccesso di delega rispettivamente negli
artt. 33 e 34 del Dlgs. N. 80/98.
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E, dunque, a seguito delle modifiche apportate dalla l. 205/2000, l’art. 35 recita: “il GA,
nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto”, mentre l’art. 7, III co.
L. TAR, prevede “il Tribunale amministrativo regionale, nell’ambito della sua giurisdizione,
conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche
attraverso la forma specifica, e gli altri diritti patrimoniali consequenziali”.
Con l’attribuzione al GA dei poteri risarcitori mediante la l. 205/2000, in definitiva, è
stato riequilibrato il sistema di riparto di giurisdizione che la sentenza della Cassazione n.
500/1999 (alla quale va comunque il merito di aver abbattuto una volta per tutte il dogma
dell’irrisarcibilità dell’interresse legittimo) aveva eccessivamente sbilanciato a favore del
G.O. (l’unico che potesse disporre di un generale potere di risarcimento del danno).
4. Le problematiche lasciate aperte dalla l. n. 205/2000: particolare riferimento
alla nozione di diritti patrimoniali consequenziali
Con la l. n. 205 la giurisdizione amministrativa è stata così resa piena ed il sistema
della duplicazione dei giudizi è stato superato; ma in realtà detta legge ha lasciato aperte
alcune questioni. Ad esempio, non è stato chiaro se il legislatore abbia inteso devolvere al
GA l’intera gamma delle questioni risarcitorie afferenti alle controversie appartenenti alla
sua giurisdizione, inoltre incertezze sono state sollevate circa la natura stessa di siffatta giurisdizione risarcitoria. A tal proposito, è stato avanzato il dubbio che fosse stata attribuita
una nuova materia esclusiva al GA., dubbio che, come già accennato, è stato fugato dalla
Corte Costituzionale con la sentenza n. 204/2004, sostenendo la natura rimediale del risarcimento del danno.
Quel che è certo è che il G.O. ha continuato a ritagliarsi uno spazio non indifferente in
materia di responsabilità civile della P.A., come dimostra la recente ordinanza n. 1207 della
Cassazione.
Le incertezze circa l’ambito di operatività del giudice civile derivano in particolare
dalle difficoltà nell’attribuire un significato univoco a taluni termini. Si è già fatto cenno alle
implicazioni, in materia di giurisdizione, derivanti dalla nozione di “mero comportamento”
della P.A. Altrettanto emblematiche sono le incertezze relative alla locuzione “diritti patrimoniali consequenziali”, prevista dall’art. 7, co. III della l. TAR.
La determinazione del significato da attribuire a tale espressione ha delle indubbie
ripercussioni rispetto al riparto di giurisdizione in materia di responsabilità civile della
P.A. L’art. 7 infatti annovera il risarcimento danni nella categoria dei diritti patrimoniali
consequenziali.
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Secondo una prima tesi la consequenzialità deve essere riferita all’annullamento del
provvedimento amministrativo impugnato. Ne segue che il risarcimento chiesto senza il previo annullamento attizio non potrà considerarsi diritto patrimoniale consequenziale e dovrà,
perciò, ritenersi esorbitante dalla giurisdizione amministrativa.
Secondo la tesi più estensiva, che è quella accolta dalle ordinanze in commento, la
consequenzialità del risarcimento del danno ingiusto deve essere collegata all’intera
gamma di situazioni lesive di interessi legittimi (atto, provvedimento, comportamento). Ed è
proprio attraverso tale interpretazione che, come è stato evidenziato dalle Sezioni Unite,
potranno trovare tutela anche quelle ipotesi nelle quali il danno non sia stato determinato
da un provvedimento amministrativo (e quindi nelle quali non sia configurabile una pretesa
annullatoria). Si tratta, in particolare, dei casi di danno da ritardo o conseguente al silenzio,
nonché di quei casi relativi alla violazione degli obblighi procedimentali.
La tesi della massima estensione della giurisdizione del G.A. sul risarcimento del
danno per lesione di interessi legittimi d’altra parte verrebbe avvalorata dal fatto che l’art.
35 del d.lgs. n. 80/98, nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva il potere di decidere sul
risarcimento danni, omette di qualificare quest’ultimo come diritto patrimoniale consequenziale. E se l’attribuzione del potere risarcitorio al giudice della giurisdizione esclusiva
non trova alcun limite di sorta, sarebbe del tutto illogico non accogliere una tesi estremamente estensiva della locuzione “diritti patrimoniali consequenziali”, perché altrimenti si
dovrebbe ammettere che la tutela risarcitoria opera attraverso canali differenti a seconda
che essa venga chiesta in sede di giurisdizione di legittimità oppure in sede di giurisdizione esclusiva23; soluzione, quest’ultima, del tutto inaccettabile soprattutto alla luce del
fatto che l’art. 7 con l’espressione “nell’ambito della sua giurisdizione” si riferisce tanto alla
giurisdizione di legittimità quanto alla giurisdizione esclusiva; non sarebbe perciò plausibile una tale discrasia tra il suddetto articolo e l’art. 35 del d.lgs n. 80.
Da quanto detto finora, in sostanza, si deduce che il dibattito sulla pregiudiziale amministrativa, che era stato accantonato a seguito della sentenza della Cassazione n. 500/99,
- la quale però comportava l’inconveniente della duplicazione dei giudizi (salvo nell’ipotesi
di provvedimento inoppugnato) e della possibilità di contrasto tra giudicati (ad esempio
quando il G.A. avesse ritenuto legittimi provvedimenti che non erano stati ritenuti tali dal
G.O. in sede di giudizio incidentale) – si è riacceso proprio a seguito del riconoscimento
generale del potere risarcitorio in capo al G.A. avvenuto con la l. n. 205/2000.
23 Caringella, op. cit., p. 822 ss.
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5. Tesi mediana delle Sezioni Unite
Nell’ambito del dibattito relativo all’utilità dell’istituto della pregiudiziale amministrativa
si sono distinte due tesi tra loro antitetiche.
La prima tesi, chiamata tutta civilistica, prendendo come punto di riferimento la sentenza n. 500/99, afferma la natura autonoma dell’azione risarcitoria rispetto a quella annullatoria. Infatti, dal momento che il diritto al risarcimento danni costituisce un diritto soggettivo autonomo, può essere fatto valere, prescindendo dalla tutela demolitoria, innanzi al
G.O., suo giudice naturale; d’altra parte, la concentrazione della tutela risarcitoria in capo
al G.A., stabilita dall’art. 7 della l. n. 205/2000, altro non è che un’ipotesi di competenza per
connessione che si determina ogni qual volta l’azione risarcitoria venga chiesta assieme a
quella annullatoria24.
Secondo la tesi tutta amministrativistica, invece, sussiste un nesso inscindibile tra la
tutela demolitoria e quella risarcitoria, dovuto al fatto che quest’ultima ha natura sussidiaria
e completiva rispetto alla prima e dunque la presuppone. E’ proprio tale nesso inscindibile
a giustificare la concentrazione di dette tutele in capo al G.A. Si tratta della tesi maggiormente seguita dalla giurisprudenza amministrativa. A tal proposito è emblematica l’ordinanza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 200325, la quale precisa che l’azione risarcitoria ben può essere proposta sia unitamente all’azione caducatoria, sia autonomamente, ma è ammissibile “solo a condizione che sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento”.
Le ordinanze in commento assumono una posizione mediana rispetto alle tesi suesposte26. Infatti, riescono a contemperare sia il principio di concentrazione delle tutele, affermato dalla tesi amministrativistica, che il principio di autonomia dell’azione risarcitoria da
quella demolitora, sostenuto dalla tesi civilistica.
24 Si rammenti che tale tesi è stata ripresa dalla recente ordinanza n. 1207/2006. A favore della tesi civilista,
inoltre, si veda: Lamorgese, Il ritorno della pregiudizialità amministrativa e problemi di giurisdizione nelle azioni di risarcimento del danno contro la p.a., in Corriere Giuridico, 2002, p. 1645; Id., Riparto della giurisdizione
e pregiudizialità amministrativa: le Sezioni Unite non convincono, in Urbanistica e Appalti, n. 10/2006, p. 1175;
Luiso, Pretese risarcitorie verso la pubblica amministrazione fra giudice ordinario e giudice amministrativo, in
Rivista Trimestrale di Diritto Processuale, 2002, p. 47.
25 Pubblicata in Guida al Diritto, n. 14, 2003, p. 94, con nota Forlenza O., Restano i dubbi di giurisdizione
sulla perdita del diritto di proprietà; cfr. Giornale di diritto amministrativo n. 6, 2003, con nota di Torchia, p. 573;
Diritto e giustizia, n. 15, 2003, p. 48, con nota di Proietti R., Dal Consiglio di Stato definitivo avallo per la pregiudiziale amministrativa; Corriere Giuridico, n. 3, 2003, p. 339 con nota di Volpe F.
26 Proietti R., Stop alla pregiudiziale amministrativa, Regole certe per il risarcimento danni, Sì alla tutela
anche senza annullamento dell’atto illegittimo, in Diritto e Giustizia, 15 luglio 2006, n. 28, p. 92; Consolo C.,
di Majo A:, Travi A., La Corte regolatrice della giurisdizione e la tutela del cittadino, in Corriere Giuridico, n.
8/2006, p. 1041
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Secondo le Sezioni Unite, una volta riconosciuti poteri risarcitori al G.A., sarebbe del
tutto illogico escludere la giurisdizione amministrativa rispetto alle azioni risarcitorie connesse ad attività provvedimentale, ancorché chieste senza il previo annullamento. La tutela
risarcitoria in capo al G.A. deve perciò ritenersi stabile e non variabile a seconda che l’azione risarcitoria venga esercitata contestualmente a quella annullatoria, oppure successivamente o magari in assenza di essa.
D’altra parte, lasciare la determinazione del riparto di giurisdizione alla scelta del privato, come è stato messo in luce nelle conclusioni cui è pervenuta la Commissione paritetica di studi del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione dell’11 dicembre 200327, contrasterebbe “con il principio generale che esclude il condizionamento della giurisdizione (…)
rispetto a ragioni di connessione, precludendo (…) che la scelta del giudice possa dipendere dalla strategia processuale della parte che agisce in giudizio”. In base all’ordinamento giuridico, in sostanza, è il principio di concentrazione delle tutele (e non già il criterio di
competenza per connessione) a giustificare l’attribuzione al G.A. delle controversie risarcitorie relative ai danni derivanti dall’esercizio non corretto della funzione amministrativa.
Resta, invece, al privato la scelta sul tipo di tutela da chiedere al G.A.
6. Argomenti pro e contro la pregiudiziale amministrativa
Com’è noto una delle argomentazioni addotte per giustificare l’irrisarcibilità dell’interesse legittimo si fondava sul presupposto della funzione pienamente sadisfattiva della tutela caducatoria. Superata questa convinzione si è sostenuto, soprattutto da parte della giurisprudenza amministrativa, che la tutela risarcitoria potesse operare soltanto quando il
semplice annullamento non fosse in grado di soddisfare pienamente le pretese del cittadino. Al risarcimento danni è stata perciò attribuita una funzione ancillare e completiva rispetto all’annullamento, il che rende chiaramente imprescindibile l’istituto della pregiudiziale
amministrativa. Tale assunto verrebbe confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale
n. 204/2004, sebbene non si occupi direttamente del problema relativo alla pregiudizialità
amministrativa, allorché parla di “strumento di tutela ulteriore” rispetto a quello annullatorio.
Tali asserzioni non sono ritenute condivisibili dalle ordinanze in commento in quanto, comprimendo in maniera considerevole l’ambito della tutela risarcitoria, conducono ad una inaccettabile diminuzione dell’effettività della tutela del cittadino.
27 Tali organi giurisdizionali in quell’occasione hanno infatti sottoscritto una sorta di “concordato” proprio al fine di
scongiurare conflitti nella materia de qua. Vd. il testo della «Relazione di sintesi dei lavori della commissione di
studio istituita dai presidenti della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato per l’approfondimento dei problemi
di maggiore rilievo in tema di riparto di giurisdizione» in Caringella, Diritto processuale amministrativo, p. 1393.
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L’idea del carattere sussidiario ed integrativo del risarcimento danni si concilia con la concezione dei diritti patrimoniali consequenziali come necessariamente susseguenti all’annullamento28. Ma, come già precedentemente accennato, nemmeno questa interpretazione può
essere accolta, soprattutto perché lascerebbe privi di tutela i cosiddetti interessi pretensivi.
Più convincente appare invece l’argomentazione che sostiene l’indispensabilità della
pregiudiziale amministrativa sulla base della considerazione che tale istituto, non consentendo di derogare al termine decadenziale previsto per l’azione di annullamento, è posto a
presidio della certezza del diritto29.
Tuttavia, secondo il parere del S.C., è del tutto privo di senso ritenere che l’azione
risarcitoria debba sottostare al termine di decadenza previsto per l’azione di annullamento.
D’altra parte, non sussiste alcuna norma giuridica che assoggetti la domanda di solo risarcimento al medesimo termine di decadenza previsto per la domanda di annullamento e ove
una siffatta norma esistesse, la sua legittimità sarebbe alquanto dubbia in quanto costituirebbe un grave vulnus al principio di effettività della tutela giurisdizionale del cittadino.
Quest’ultimo, infatti, sarebbe costretto a domandare una sentenza costitutiva di annullamento anche in mancanza di un effettivo interesse giuridico in tal senso, pur di accedere
alla tutela risarcitoria. D’altra parte, un istituto come quello della pregiudiziale amministrativa, creato come escamotage per potere sopperire all’irrisarcibilità dell’interesse legittimo,
non ha più ragione di esistere una volta che tale dogma è stato abbattuto.
E’ stato inoltre obiettato che escludere l’istituto della pregiudiziale amministrativa dal
nostro sistema giuridico non comporterebbe alcuna violazione della certezza del diritto in
quanto non verrebbe ad essere intaccato il provvedimento amministrativo che quindi continuerebbe a regolare i rapporti giuridici con la P.A. Tuttavia occorre osservare che se è pur
vero che l’atto amministrativo continua ad esplicare i propri effetti, altrettanto vero è che
riconoscere al cittadino la possibilità di ottenere il risarcimento di un provvedimento inoppugnato non permette alla P.A. di rendersi effettivamente conto del costo economico susseguente alla propria attività30.
Suscita inoltre perplessità il fatto che un provvedimento inoppugnato della P.A. e quindi capace di esplicare i propri effetti sia nel contempo ritenuto fonte di danno ingiusto e perciò risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. Secondo un’ulteriore argomentazione addotta a
28 A tal proposito vd. Consiglio di Stato, VI sezione, 18 giugno 2002, n. 3338.
29 Ad. Pl. N. 4/03, Cass. n. 4538/03, già cit.
30 Cintioli, Giurisdizione amministrativa e disapplicazione dell’atto amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, 2003, p. 95; Caringella F., Ragazzo M., Autotutela e risarcimento del danno: la nebbia è ancora
densa, in Il Corriere del Merito, n. 5/2006.
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favore della pregiudizialità amministrativa, infatti, non è possibile qualificare come ingiusto
un danno da provvedimento illegittimo allorché tale illegittimità non sia stata incontrovertibilmente constata dal G.A.31. L’applicazione di tale orientamento comporta che, una volta
ritenuto insussistente il presupposto del danno ingiusto per via della mancata impugnazione dell’atto illegittimo entro il relativo termine di decadenza, l’azione risarcitoria dovrà essere rigettata nel merito (e non già perché processualmente inammissibile come sostengono
le altre argomentazioni a sostegno della pregiudiziale amministrativa).
Va rilevato che l’assunto delle Sezioni Unite secondo il quale la pregiudiziale amministrativa ormai rappresenta un istituto obsoleto a fronte dell’assodata risarcibilità dell’interesse legittimo, appare poco convincente. Infatti, la pregiudiziale si concilia con la natura
demolitoria del processo amministrativo, in quanto contribuisce a preservare la centralità
dell’atto amministrativo nell’ambito del processo.
Poco conciliabile con la natura demolitoria del processo amministrativo infatti appare
la trasposizione dell’istituto civilistico della disapplicazione. È infatti a partire dalla legge 20
marzo 1865, n. 2248 abolitiva del contenzioso amministrativo che solo al G.O. viene riconosciuto il potere di disapplicare.
A dire il vero, una delle maggiori conseguenze derivanti dalle ordinanze in commento
potrebbe essere proprio quella di rendere il processo amministrativo anziché un processo
sull’atto un processo sul rapporto. Ma se è così v’è allora da chiedersi se la posizione
assunta dalla S.C. non vada oltre la problematica relativa al riparto di giurisdizione e quindi del suo compito istituzionale. Sembrerebbe infatti che la Corte con le ordinanze in commento abbia deciso di dettare nuove regole nell’ambito del processo amministrativo, occupandosi, a conti fatti, di tematiche non attinenti alla giurisdizione32.
7. Rilievi finali
È facile prevedere che, nelle sue prossime sentenze, la Corte di Cassazione tenderà
a mantenere l’orientamento espresso nelle ordinanze in commento. Ed in effetti i medesimi
principi enunciati dalla SC in tali ordinanze sono già stati fatti propri da una terza ordinan31 Tale principio era stato affermato dalle stesse Sez. Unite della Cassazione nell’ordinanza del 23 marzo
2003, n. 458. La S.C., in particolare, aveva statuito che la rimozione dell’atto amministrativo illegittimo è condizione necessaria per poter ritenere non conforme al diritto oggettivo la situazione giuridica prodotta da un
atto amministrativo, poiché, in caso contrario, <<il permanere della produzione degli effetti è conforme alla
volontà della legge, e la necessaria coerenza dell’ordinamento impedisce di valutare in termini di danno ingiusto gli effetti medesimi>>. Vd., inoltre, Forlenza O., Il risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo,
in Il Merito, ottobre 2006, n. 10, p. 8.
32 Caruso G., Sparisce al pregiudiziale amministrativa per garantire maggiore tutela ai cittadini, in Guida al
Diritto, n. 28, 2006, p. 63.
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za emessa lo scorso 15 giugno33, sicchè si può parlare ora di tre sentenze gemelle. In particolare la S.C. ha ribadito il principio dell’autonomia dell’azione risarcitoria rispetto a quella annullatoria, benché abbia fatto presente che il caso di specie, dal momento che i provvedimenti causativi del danno patrimoniale (un’ordinanza di sgombro cui ha fatto seguito
l’occupazione della P.A) sono già stati annullati in sede giurisdizionale, non pone i problemi connessi alla regola della pregiudiziale amministrativa.
Vi è, inoltre, un altro dato che ci fa propendere per il progressivo consolidamento dell’orientamento da ultimo scolpito dalla SC e che ci vien dato dalle recenti riforme che hanno
interessato il nostro sistema processualcivilistico. Si tratta della nuova formulazione dell’art.
374 c.p.c., secondo il quale le questioni di giurisdizione, sulle quali si sono già pronunciate
le Sezioni Unite, possono essere assegnate alle sezioni semplici, a meno che non si tratta
di dover statuire su decisioni del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti. L’applicazione
di tale norma, nonostante l’eccezione rappresentata dalle decisioni del Consiglio di Stato e
della Corte dei Conti, verrebbe ad accentuare il carattere di grand arrêt delle ordinanze in
commento, sicchè difficilmente potranno essere superati gli enunciati espressi dalla S.C.34.
Ma è nello stesso corpo delle ordinanze in commento che si rinviene l’intento della
Corte di Cassazione di consolidare ulteriormente il suo orientamento. La S.C. si premura
infatti di precisare che la decisione con la quale il giudice amministrativo rifiuti di conoscere di una domanda di risarcimento autonoma a causa del fatto che non sia stato impugnato l’atto lesivo entro i termini e non siano stati rimossi i suoi effetti, deve essere considerata un diniego di giurisdizione sindacabile ai sensi dell’art. 362, 1° comma dalle Sezioni
Unite, quale giudice del riparto della giurisdizione.
Ma è proprio questo monito finale della S.C. a destare non poche perplessità. Occorre
infatti osservare che la stessa Cassazione ha sempre precisato che ai fini dell’identificazione del giudice competente occorre valutare, in astratto, se la posizione soggettiva in rilievo
sia devoluta al G.O. o a quello amministrativo; va da sé che il sindacato sul rigetto di una
domanda risarcitoria non preceduta da pregiudiziale esula dalla questione di giurisdizione e
attiene piuttosto alla verifica delle modalità attraverso le quali viene attuata la giurisdizione35
(vd. in tal senso Cass. S.U: 13538/06; 21593/05; 6421/05 8695/05; 10464/03; 574/2003).
33 Cassazione, S.S.U.U. civili, ordinanza 15.06.2006 n. 13911, pubblicata nel sito internet
http:/www.altalex.com/; in Foro Amministrativo: Consiglio di Stato, 2006, p. 1359, con nota di G. Ferrero, F.
Risso, Evoluzione giurisprudenziale in tema di occupazione illegittima o illiceità, Questioni giurisdizionali.
34 Proietti R., Risarcimento danni in cerca di giudice ma il contrasto di toghe è all’epilogo, in Diritto e Giustizia,
marzo, 10/06, p. 77.
35 Angeletti A., La responsabilità dell’amministrazione ed il conflitto tra le Corti, in Responsabilità civile e previdenza, luglio/agosto 2006, n. 07/08, Dott. A. Giuffrè Editore Milano, p. 1206 ss.
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Già nel precedente paragrafo si è accennato al rischio che le Sezioni Unite, decretando il superamento della pregiudiziale amministrativa, abbiano esorbitato dal proprio ruolo
istituzionale volto a dirimere le questioni di giurisdizione. E non v’è dubbio che sia proprio
il monito finale, attraverso il quale la S.C. paventa la possibilità di sindacare ex art. 362, I
comma c.p.c. le decisioni con le quali il G.A. si sia rifiutato di esaminare la domanda risarcitoria in ossequio alla regola della pregiudiziale amministrativa, ad accentuare tale rischio.
Va infatti osservato che in tal caso il G.A. non nega la propria giurisdizione ma semplicemente ritiene l’azione risarcitoria inammissibile o improcedibile. In effetti, non sono mancati esponenti della dottrina che, sottolineando la particolare invasività che un sindacato come
quello prospettato dalla S.C. nella parte finale delle ordinanze comporterebbe nei confronti della sfera giurisdizionale del giudice amministrativo, hanno persino ventilato la possibilità di un conflitto di attribuzione36.
Nonostante il monito finale della Cassazione sono già riscontrabili sentenze da parte
della giustizia amministrativa che hanno disatteso il diktat della S.C. sull’autonomia tra azione demolitoria e azione risarcitoria. Il TAR Lecce, ad esempio, con la sentenza del 4 luglio
2006 n. 371037, ha sostenuto, a difesa dell’istituto della pregiudizialità amministrativa, che
l’azione volta alla tutela della pretesa risarcitoria debba considerarsi subordinata all’azione
volta alla tutela dell’interesse di base e ciò per via del collegamento sussistente tra pretesa risarcitoria e interesse alla validità dell’atto.
A ben vedere, la posizione della Corte non appare del tutto azzardata, soprattutto se si
considera che le sue conclusioni non sono tanto distanti dagli orientamenti espressi dalla
Corte di giustizia europea a proposito della materia de qua. Il giudice comunitario ha infatti
costantemente affermato l’assoluta autonomia dell’azione di responsabilità, disciplinata dagli
artt. 235 e 288 TCE, dagli altri mezzi di tutela apprestati dall’ordinamento comunitario, tra cui
l’azione di annullamento degli atti comunitari illegittimi contemplata dall’art. 230 del Trattato38.
Inoltre, è coerente con il principio di tutela giurisdizionale sancito dalla Convenzione europea
36 Ibidem, p. 1219.
37 Pubblicata in Guida al diritto, luglio 2006, n. 30, p. 86, con commento di Caruso Giuseppe, Sulla pregiudiziale amministrativa il Tar Lecce capovolge le sezioni Unite.
38 Corte di giustizia CE, 8 marzo 2001, in cause riunite C-397/98 e C-410/98, in Giurisprudenza Italiana,
2001, p. 1947; Id., 17 maggio 1990, causa C-87/89, in Raccolta, 1990, I, 1981; Id., 14 febbraio 1989, causa
345/87, ivi, 1989, p. 303; Id., 17 dicembre 1981, cause riunite 197-200, 243, 348/80, in Rassegna
dell’Avvocatura della Stato, 1983, p. 257; Id., 28 aprile 1971, causa C-4/69, in Raccolta, 1971, p. 325; Id., 8
marzo 2001, in cause riunite C- 397/98 e c-410/98, nel sito internet www.curia.eu.int. Occorre precisare che
il principio di autonomia delle tutele in ambito sopranazionale non trova applicazione solo relativamente al
contenzioso concernente l’impiego pubblico (Corte di giustizia CE, 15 dicembre 1966, in causa C-59/65, in
Raccolta, 1996, p. 785; Id., 14 febbraio 1989, in causa C-345/87, ivi, 1989, p. 303).
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dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea non rendere disagevole l’esercizio dell’azione risarcitoria39.
Gli enunciati della Corte di Lussemburgo hanno indubbiamente un’incidenza diretta
solamente nei riguardi delle situazioni giuridiche di origine comunitaria. Tuttavia non può
negarsi che essi possano avere influenza anche nei confronti di quelle situazioni giuridiche
protette dal solo ordinamento interno, dal momento che altrimenti si determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento, ovvero quel fenomeno noto come discriminazione
«alla rovescia», già rigettato dal Consiglio di Stato nell’Ad. Plenaria del 24 gennaio 2000 n.
140, perchè ritenuto incompatibile con la nostra Carta costituzionale41. Inoltre, se è vero che
l’abbattimento del dogma dell’irrisarcibilità dell’interesse legittimo è avvenuto sotto l’impulso del diritto comunitario e della Corte di giustizia, nulla di strano che possa avvenire lo
stesso per l’istituto della pregiudiziale amministrativa.
E come molti autori hanno sostenuto, soprattutto gli assertori della tesi cosiddetta della
pregiudiziale attenuata o dell’autonomia temperata, vi sarebbero dei correttivi che potrebbero
essere adottati al fine di neutralizzare quegli effetti distorsivi che l’espulsione dal nostro ordinamento della pregiudiziale potrebbe comportare. Ad esempio, potrebbe essere negata la
tutela risarcitoria laddove risulti che il cittadino abbia dolosamente o colposamente omesso di
chiedere la tutela caducatoria, facendo così sorgere o aumentare un danno altrimenti evitabile. E’ ciò che avviene nell’ordinamento tedesco, dove l’azione di responsabilità nei confronti
della P.A. viene rigettata se il cittadino non riesce a dimostrare che non avrebbe potuto esperire l’azione caducatoria neanche usando l’ordinaria diligenza. La soluzione relativa alla problematica sull’indispensabilità della pregiudizialità amministrativa non deve perciò essere
aprioristica ma deve essere calibrata a seconda del caso che si viene a trattare. Nel nostro
ordinamento si potrebbe pensare di utilizzare l’art. 1227 c.c. in modo da imputare al creditore
quella parte di danno che avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza42.
39 Caringella, op. cit., p. 872, nota n. 33.
40 In Giustizia Civile, 2000, I,p. 1292, con nota di B. Sassoni, Le alte Corti all’impatto delle questioni di giurisdizione dell’art. 33 d.lgs. n. 80 del 1998: prime impressioni di lettura; Ivi,, 2000, p. 2177, con nota di M.
Antonioni, Brevi osservazioni sulla tutela cautelare del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi.
41 Micari G., La cd. «pregiudiziale amministrativa» in rapporto al diritto sopranazionale, costituzionale, primario interno, in Urbanistica e appalti, n. 1/2006, p. 92.
42 Vacirca, Appunti sul risarcimento del danno nella giurisdizione amministrativa di legittimità, in Giustizia
Cvile, 2001, II, p. 348; Virga, Pregiudizialità dell’azione di annullamento rispetto a quella di risarcimento, in
www.giust.it, 2002, n.5; Consolo, La giurisdizione del giudice amministrativo si giustappone a quella del giudice “ordinario” e ne imita il processo, in Giustizia Civile, 2000, p. 536; Consolo C., di Majo A., Travi A., La
Corte regolatrice della giurisdizione e la tutela del cittadino, in Corriere Giuridico, n. 8/2006, p. 1041 ss.; cfr.
con Luiso F., Pretese risarcitorie nei confronti della pubblica amministrazione fra giudice ordinario e giudice
amministrativo, in Rivista di Diritto Processuale, 02, p. 43; Allena M., La pregiudizialità amministrativa fra
annullamento e tutela risarcitoria, in Diritto Processuale Amministrativo, n. 1/06, Giuffrè ed., Milano, p. 123.
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In vero, la soluzione elaborata dai fautori della tesi della pregiudizialità attenuata sembra essere, almeno secondo il parere di chi scrive, la più equilibrata. Essa infatti riesce a
conciliare le istanze di effettività della tutela giurisdizionale del cittadino con l’esigenza di
evitare un’eccessiva dilatazione dei costi amministrativi. Tuttavia tale soluzione sconta le
incertezze dogmatiche relative alla possibilità di ricondurre entro il dettato dell’art. 1227 c.c.
il mancato esperimento dell’azione giudiziaria da parte del creditore. Un consolidato orientamento ritiene non configurabile il fatto colposo del creditore nel caso in cui quest’ultimo
abbia omesso di agire in giudizio in modo da evitare ulteriori danni, in quanto l’instaurazione di un giudizio costituisce pur sempre un onere gravoso in capo al cittadino e come tale
non può essere preteso43. Parte della dottrina (Caringella) ribatte però che tali difficoltà
interpretative non siano profilabili in ambito amministrativo, dal momento che l’azione
annullatoria non comporta né maggiori rischi né maggiori costi rispetto a quella risarcitoria
e ciò vale a maggior ragione nell’ipotesi in cui il privato non si sia premurato, pur avendone avuto la possibilità, di richiedere l’annullamento in sede di autotutela. E’ fuor di dubbio
infatti che tale richiesta non possa considerarsi un onere gravoso per il cittadino44.
Va sottolineato inoltre che i rapporti tra P.A. e cittadino non possono essere equiparati
ai rapporti paritetici intercorrenti tra privati, allorché l’azione amministrativa sia volta a soddisfare un interesse pubblico (cosiddetta funzionalizzazione dell’azione amministrativa). Da ciò
dunque l’esigenza di adeguare la tutela giurisdizionale amministrativa alla situazione giuridica dedotta in giudizio. Detta tutela, cioè, proprio perché deve tener conto della funzionalizzazione dell’azione amministrativa, non può essere realizzata con qualsiasi mezzo, ma solo con
quello che in concreto risulta essere il più adeguato. Ciò spiega perché la valutazione circa
la vincolatività della pregiudiziale amministrativa non possa essere condotta in astratto.
Si tenga presente poi che, a causa della natura (tendenzialmente) impugnatoria del
processo amministrativo, di norma il mezzo più adeguato risulta essere l’annullamento dell’atto illegittimo, (a meno che non possa ottenersi una riedizione del potere amministrativo)
e soltanto come estrema ratio il risarcimento danni45.
43 Vd, in particolare, ord. Corte costituzionale 14 luglio 1999, n. 308, secondo la quale l’onere di diligenza che
l’art. 1227 c.c. fa gravare sul creditore «non si estende alla sollecitudine ad agire a tutela del proprio credito
onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore,
tenuto al tempestivo adempimento».
44 Clarich, Tutela giurisdizionale e altre forme di tutela, Relazione al “Convegno dell’Associazione italiana dei
professori di diritto amministrativo su: Innovazioni del diritto amministrativo e riforma dell’amministrazione
(Roma - 22 marzo 2002), in www.Juducium.it; Caringella, in Caringella-Protto (a cura di), Il nuovo processo
amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2001, p. 700.
45 Barbieri E.M., Qualche motivo a favore della pregiudizialità della tutela demolitoria rispetto alla tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in Diritto processuale Amministrativo, n. 2/2006.
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La tutela risarcitoria perciò non può risultare sempre e comunque fruibile da parte del
cittadino, giacché ciò sarebbe incompatibile con la struttura e la funzione del processo
amministrativo; ma nemmeno può essere reso eccessivamente difficoltoso il suo accesso,
altrimenti si rischierebbe di frustrare il principio costituzionale di tutela giurisdizionale.
A ben vedere, si ritiene di poter concludere che allo stato attuale la sola base normativa attraverso la quale si possa stabilire l’adeguatezza dello strumento risarcitorio rispetto
all’azione amministrativa illegittima possa ravvisarsi esclusivamente nell’art. 1227 c.c.
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