1 Scudo fiscale e riciclaggio di capitali illeciti di Alessandra
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1 Scudo fiscale e riciclaggio di capitali illeciti di Alessandra
Scudo fiscale e riciclaggio di capitali illeciti di Alessandra Cuzzocrea* Sommario: 1. Premessa. - 1.1. Il cd. “scudo fiscale-ter” e le precedenti edizioni di scudo fiscale. - 1.2. Le modalità dell’emersione e il “rimpatrio giuridico”. - 1.3. L’ambito soggettivo e oggettivo. - 1.4. Gli effetti del rimpatrio e della regolarizzazione. - 2. Il rinvio alle disposizioni in materia di antiriciclaggio. - 2.1. La deroga agli obblighi di segnalazione di operazioni sospette. - 2.2. Aspetti di criticità nell’applicazione della normativa antiriciclaggio alle operazioni di scudo fiscale. – 2.3. Ulteriori problematiche relative alle operazioni di emersione effettuate tramite le società fiduciarie. - 2.4. La circolare interpretativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 16 febbraio 2010. – 2.5 Profili di responsabilità degli intermediari per omessa segnalazione di operazioni sospette connesse allo scudo fiscale. - 2.6. Alcune considerazioni sui limiti alla tutela dell’anonimato ai fini della prevenzione e del contrasto del riciclaggio. – 3. Conclusioni. 1. Il 30 aprile 2010 si è chiusa la seconda fase del cd. “scudo fiscale-ter”, introdotto dall’articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 (1). E’ il momento di formulare alcune considerazioni sulla portata di una normativa che, al fine di consentire il rientro in Italia di capitali detenuti o trasferiti all’estero in violazione della normativa valutaria nazionale, presenta un significativo impatto sulla disciplina antiriciclaggio posta a presidio dell’integrità del sistema economico e finanziario nonché sull’applicazione della stessa legge penale. Questo scritto, partendo da una breve disamina del contesto di riferimento e delle principali disposizioni contenute nell’articolo 13-bis, si propone di analizzare in chiave problematica le implicazioni dello scudo fiscale sui presidi antiriciclaggio e, avendo presente le finalità perseguite dal legislatore, vuole pervenire alla conclusione che sul piano applicativo è possibile operare un giusto contemperamento tra i diversi interessi in campo, nel sostanziale rispetto delle norme vigenti. * Funzionario della Banca d’Italia. Le opinioni espresse nel presente scritto non impegnano la responsabilità dell’Istituto. 1 Convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall’art. 1 del d.l. 3 agosto 2009, n. 103, convertito dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141. 1 1.1. Lo scudo fiscale-ter, di cui all’articolo 13-bis del d.l. 78/2009, ha consentito di fare emergere le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero al 31 dicembre 2008 da soggetti residenti in Italia, in violazione degli obblighi di dichiarazione, a fini valutari e tributari, sanciti dal decreto legge n. 167 del 1990, convertito dalla legge n. 227 del 1990 (2). In sostanza, lo scudo ha offerto la possibilità a chi ha violato la normativa sul monitoraggio fiscale di regolarizzare la propria posizione. La norma è inserita nel Titolo II del d.l. 78/2009, cd. decreto anticrisi, nell’ambito di Interventi antievasione e antielusione internazionale e nazionale. La precedono due norme, l’articolo 12 e l’articolo 13, dedicate al contrasto, rispettivamente, ai paradisi fiscali (3) e agli arbitraggi fiscali internazionali (4). In particolare, le disposizioni contenute nell’articolo 12 sono espressamente volte a dare attuazione alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, allo scopo di migliorare il livello di trasparenza bancaria e finanziaria e di scambio di informazioni tra Stati (5), anche al fine di favorire una crescita più equa secondo i principi generali stabiliti dai principali paesi industrializzati del mondo, nei vertici del G8 e del G20 (6). Rispetto alle precedenti edizioni di scudo fiscale, quello attuato con il d.l. 78 del 2009 si inserisce quindi in un mutato contesto economico internazionale, caratterizzato dalla adozione di strumenti di cooperazione tra Paesi volti a favorire l’uscita dalla crisi finanziaria globale anche 2 Il d.l. 167/90 e successive modifiche disciplina la formazione di archivi – che le banche e gli intermediari finanziari devono tenere a disposizione dell’amministrazione finanziaria per cinque anni – relativi al trasferimento da e verso l’estero di denaro, titoli e valori mobiliari di importo superiore a 10 mila euro effettuati per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate, residenti in Italia. Nel caso in cui tali trasferimenti avvengano mediante soggetti non residenti e senza il tramite degli intermediari, i soggetti che li effettuano sono tenuti a indicarli nella dichiarazione dei redditi. Gli stessi obblighi dichiarativi si applicano ai suddetti soggetti, qualora detengano investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria. 3 L’articolo 12 prevede che le attività finanziarie detenute nei Paesi a regime fiscale privilegiato (ossia, per espresso rinvio della norma, quelli di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001) in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4 del d.l. n. 167 del 1990, ai soli fini fiscali si presumono costituite mediante redditi sottratti a tassazione, salva la prova contraria. 4 L’articolo 13 prevede che l’accesso a regimi che possono favorire disparità di trattamento fiscale sia sottoposto a una verifica di effettività sostanziale. 5 Il modello OCSE di trattato contro le doppie imposizioni (articolo 26, par. 5) non consente allo Stato destinatario della richiesta di informazioni di opporre il segreto bancario o fiduciario. 6 Come noto, negli ultimi vertici del G20 – 15 novembre 2008 a Washington, 2 aprile 2009 a Londra e 25 settembre 2009 a Pittsburgh – è stato deciso di rivedere le regole della finanza al fine di favorire una rapida uscita dalla crisi economico-finanziaria mondiale scoppiata alla fine del 2007. E’ stato fra l’altro demandato all’OCSE di compilare una black list di Paesi non collaborativi ai fini della trasparenza fiscale. 2 attraverso il contrasto dei fenomeni di evasione fiscale realizzati con il trasferimento di capitali in giurisdizioni fiscalmente opache e caratterizzate da un rigido segreto bancario. Per l’Italia, si è trattato del terzo “scudo fiscale”, dopo le precedenti versioni contenute rispettivamente nel decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 409 e nel decreto legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito dalla legge 21 febbraio 2003, n.27 (7). Il primo scudo fiscale, si ricorda, concedeva la possibilità di rimpatriare e di regolarizzare attività finanziarie e di regolarizzare attività non finanziarie, detenute in qualsiasi paese estero alla data del 1.8.2001, versando un’aliquota del 2,5% o sottoscrivendo speciali titoli di Stato. Le dichiarazioni dovevano essere presentate dal 1.11.2001 al 28.2.2002. L’emersione garantiva agli aderenti alla sanatoria la non accertabilità fiscale, la non applicabilità delle sanzioni amministrative fiscali e contributive e la non punibilità per i reati tributari di omessa e infedele dichiarazione, nei limiti dell’ammontare delle attività emerse. Tutta la procedura transitava attraverso gli intermediari finanziari ed erano mantenuti i presidi antiriciclaggio di cui al decreto legge 5 luglio 1991, n. 143, convertito dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, ossia gli obblighi di identificazione, di registrazione e di segnalazione di operazioni sospette. Con il decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, vennero prorogati al 15.5.2002 i termini per accedere allo scudo. La seconda versione dello scudo (decreto legge n. 282/2002) di fatto riaprì i termini di presentazione delle dichiarazioni al 30.9.2003, elevando l’aliquota al 4% per poi riportarla al 2,5%. I due precedenti scudi fecero rientrare in Italia, complessivamente, circa 73 miliardi di euro(8). La prima fase del terzo scudo, terminata il 15 dicembre 2009, ha fatto rientrare circa 85 miliardi di euro. In particolare, le segnalazioni statistiche pervenute alla Banca d’Italia al 15 febbraio 2010, concernenti la prima fase dello scudo-ter, evidenziano i seguenti dati provvisori: i rimpatri con liquidazione ammontano a 34.874 milioni di euro; i rimpatri senza liquidazione (sul 7 Sulle precedenti edizioni dello scudo fiscale, cfr. CAPILUPI S., Lo scudo fiscale. Modalità di rientro dei capitali ed effetti fiscali, in Il fisco, 38/2001; MATTEDI F., Scudo fiscale. Alcuni chiarimenti alla luce della circolare n. 85/E del 1°ottobre 2001, in Il fisco, 41/2001; MIGNARRI E., Scudo fiscale bis e monitoraggio: le nuove norme per gli operatori e per gli intermediari, in Bancaria, Vol. 59/2003; SALVINI L., Lo scudo fiscale, in Il fisco, 42/2001; TINTI B., Rientro dei capitali. Legalizzazione del riciclaggio e dell’evasione fiscale, in Il fisco, 47/2001; PEZZUTO G., Gli effetti e le possibili “sorprese” dello scudo fiscale, in Il fisco, 45/2001; PIROVANO F., Lo scudo fiscale bis, in Banche e Banchieri, Vol. 31/2004; PISTOLESI F., L’oggetto ed i limiti dell’anonimato in tema di cosiddetto “scudo fiscale”, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, Vol. 61/2002; SUPPA V., Emersione delle attività detenute all’estero, in Rivista della Guardia di Finanza, 3/2002; DI NUZZO U., Economia criminale e nuove prospettive di sicurezza finanziaria, in Rivista della Guardia di Finanza, 3/2002. 8 Dati pubblicati dall’ex Ufficio Italiano dei Cambi. 3 cd. “rimpatrio giuridico” cfr. infra, 1.2) e le regolarizzazioni sono pari a 50.260 milioni di euro (9). L’ammontare delle attività segnalate alla Banca d’Italia dagli intermediari con riferimento alla seconda fase dello scudo (periodo gennaio – aprile 2010) (10) è risultato pari a 11,4 miliardi di euro; tale valore rende l’importo complessivo delle attività segnalate (periodo settembre 2009 – aprile 2010) pari a circa 97 miliardi di euro (11). 1.2. L’emersione ha comportato il pagamento di un’imposta straordinaria (12) ed è avvenuta con due modalità distinte a seconda dello Stato estero in cui si trovavano le attività interessate dalla disciplina: a) il rimpatrio in Italia delle attività detenute in Paesi extra UE (ad esempio, Svizzera e San Marino); b) il rimpatrio ovvero la regolarizzazione di quelle in essere in Paesi dell’Unione Europea e in Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa (13). 9 I dati statistici sulle attività rimpatriate o regolarizzate ai sensi dello scudo fiscale sono pubblicati sul sito della Banca d’Italia/Statistiche. La maggior parte dei fondi è pervenuta dalla Svizzera (59.956 milioni di euro), seguita da Lussemburgo (7.302), Principato di Monaco (4.115) e San Marino (3.819). Il Ministero dell’Economia e delle Finanze con un comunicato stampa del 29.12.2009 aveva indicato un importo complessivo di fondi scudati pari a 95 miliardi di euro. La differenza, pari a 10 miliardi di euro, rispetto al valore indicato dalla Banca d’Italia (85 miliardi), si spiega con le diverse fonti utilizzate (dati sul gettito tributario, per il MEF; segnalazioni ai fini della bilancia dei pagamenti, per la Banca d’Italia), con il fatto che la rilevazione della Banca d’Italia esclude alcuni beni patrimoniali, quali i preziosi e le opere d’arte, e con le operazioni di importo inferiore alla soglia di rilevazione, nonché con il fatto che l’effettivo rimpatrio o regolarizzazione può essere differito ai fini statistici. 10 Il termine iniziale dello scudo, fissato al 15 dicembre 2009, è stato successivamente riaperto dal 30 dicembre 2009 al 30 aprile 2010 per effetto dell’articolo 1, comma 1, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194 (cd. “decreto milleproroghe”), convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25. 11 Cfr. dati pubblicati sul sito della Banca d’Italia/Statistiche. Sul totale scudato, pari a 97.008 milioni di euro, il denaro ammonta a 5.158 milioni e i depositi in conto corrente a 45.837 milioni. Quanto al Paese di provenienza, la Svizzera occupa il primo posto, con 66.788 milioni di euro (di cui 39.052 sotto forma di rimpatrio giuridico o di regolarizzazione), seguita dal Lussemburgo, con 7.619 milioni e San Marino, con 4.628 milioni (di cui 2.216 sotto forma di rimpatrio giuridico o di regolarizzazione). 12 L’imposta si applicava su un rendimento lordo presunto in ragione del 2% annuo per i cinque anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione, con un’aliquota sintetica del 50% per anno, comprensiva di interessi e sanzioni. La natura di imposta straordinaria del pagamento delle somme dovute per il rimpatrio dei capitali è stata recentemente affermata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 182 del 20 maggio 2010, relativa all’impugnazione della Provincia autonoma di Trento della normativa sullo scudo fiscale. 13 Attualmente gli Stati SEE idonei sono la Norvegia e l’Islanda. La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43E/2009 ha precisato che era possibile la regolarizzazione anche in Stati extra UE qualora fosse rispettata la condizione di un effettivo scambio di informazioni. La lista di Paesi per i quali era possibile effettuare la regolarizzazione è allegata alla citata circolare n. 43E. 4 La regolarizzazione ha consentito di continuare a mantenere le proprie attività all’estero, mentre il rimpatrio ha comportato il disinvestimento di attività estere e l’effettiva reintroduzione delle stesse in Italia. Secondo quanto precisato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 43/E del 10 ottobre 2009, il rimpatrio poteva avvenire anche senza il materiale trasferimento delle attività finanziarie e non finanziarie detenute all’estero (cd. “rimpatrio giuridico”), attraverso il conferimento delle attività a una società estera e nel rimpatrio delle relative partecipazioni ovvero tramite la stipula di un contratto di amministrazione per conto terzi con una società fiduciaria residente, a nome della quale veniva acceso il deposito, secondo lo schema del mandato fiduciario, di tal che la fiduciaria diveniva “affidataria” delle attività, garantendo all’Amministrazione finanziaria l’espletamento degli adempimenti fiscali connessi a tali beni, la cui titolarità rimaneva, invece, in capo al contribuente. In tale contesto, le cosiddette fiduciarie “statiche”, disciplinate dalla legge n.1966/1939(14), hanno esercitato un ruolo significativo ai fini delle operazioni di emersione, in quanto la stessa Agenzia delle Entrate ha individuato nel mandato fiduciario lo schema contrattuale tipico (15) per l’effettuazione del cd. “rimpatrio giuridico”(16). Per effettuare il rimpatrio o la regolarizzazione occorreva presentare una dichiarazione riservata a uno degli intermediari indicati dall’art. 11 del d.l. 350/2001, richiamato dall’art. 13bis: le banche aventi sede in Italia, le società d’intermediazione mobiliare (SIM) di cui all’art. 1. co. 1, lettera e) del d.lgs. n. 58 del 1998 (TUF), le società di gestione del risparmio (SGR) di cui all’art. 1, co. 1, lettera o), del TUF, limitatamente alla attività di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, le società fiduciarie di cui alla legge n. 1966 del 1939, gli agenti di cambio iscritti nel ruolo unico previsto dall’art. 201 del TUF, Poste Italiane SpA, le stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese di investimento non residenti. Il termine per la dichiarazione riservata, inizialmente fissato tra il 15 settembre 2009 e il 15 dicembre 2009, è stato successivamente riaperto dal 30 dicembre 2009 fino al 30 aprile 2010 con il d.l. 194/2009. 14 L’art.1 della Legge 23.11.1939, n. 1966 definisce come “fiduciarie” le società che “comunque denominate, si propongono, sotto forma di impresa, di assumere l’amministrazione di beni per conto di terzi, l’organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e obbligazioni”, sottoponendole alla autorizzazione e al controllo del Ministero delle corporazioni (ora Sviluppo economico). 15 Cfr. Assofiduciaria, comunicazione n. 66 del 1 dicembre 2009. 16 Sulla problematica del “rimpatrio giuridico” e delle società fiduciarie, cfr. infra, 2.3. 5 Dal ricevimento della dichiarazione riservata è conseguito per l’intermediario l’obbligo di acquisire in custodia, deposito, amministrazione o gestione i valori oggetto del rimpatrio o esistenti all’estero e di provvedere al versamento dell’imposta straordinaria dovuta, comunicando all’amministrazione finanziaria l’ammontare complessivo delle attività rimpatriate e le somme versate, senza indicare il nominativo del soggetto che aveva effettuato la dichiarazione (17). Ciò ha garantito la completa riservatezza, di fronte al fisco, dei dati riguardanti le operazioni di rimpatrio e i relativi conti di deposito. Al riguardo, la circolare n. 43E/2009 ha precisato che su tali conti potevano essere depositate esclusivamente le attività rimpatriate, restando escluso ogni ulteriore accredito non derivante dall’alienazione delle stesse attività. In caso di trasferimento tra intermediari delle attività finanziarie oggetto di rimpatrio, rimaneva fermo il regime di riservatezza di fronte al fisco, purchè il nuovo rapporto fosse intestato al medesimo contribuente. Le attività, una volta rimpatriate, potevano essere destinate a qualunque finalità ed eventualmente anche essere nuovamente trasferite all’estero, nel rispetto della normativa sul monitoraggio fiscale. 1.3. I destinatari delle disposizioni concernenti l’emersione delle attività detenute all’estero erano gli stessi del primo scudo fiscale, in virtù del rinvio, operato dall’articolo 13-bis, all’articolo 11 del d.l. n. 350/2001, ossia le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate residenti nel territorio dello Stato (18); erano esclusi gli enti commerciali e le società di persone o di capitali. Nel corso dell’esame del d.l. n. 78/2009 al Senato era stato approvato l’inserimento nell’articolo 13-bis del comma 7-bis, in base al quale potevano effettuare l’emersione anche le imprese estere controllate o collegate di cui agli articoli 167 e 168 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) (19). Si tratta di società o enti residenti o localizzati in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis (Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), nei quali un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, il controllo ovvero una partecipazione non inferiore al 20 17 Cfr. art. 13, comma 3, del d.l. n. 350 del 2001, richiamato dall’art. 13-bis. Per il requisito della residenza, la Circolare n. 43/E dell’Agenzia delle Entrate rinvia alla nozione contenuta nell’art. 2, comma 2 e 2-bis del TUIR, ai sensi del quale sono considerati residenti anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati aventi un regime fiscale privilegiato. 19 Si tratta delle cd. controlled foreign company – CFC. Ai fini della determinazione del limite del controllo, si applica l'articolo 2359 del codice civile, in materia di società controllate e società collegate. 18 6 per cento. In tal caso, gli effetti dello scudo si sono prodotti in capo ai soci, residenti in Italia, in proporzione alla partecipazione detenuta e nei limiti degli importi rimpatriati o regolarizzati. La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43E/2009 precisava che al fine di consentire l’emersione di attività comunque riferibili al contribuente detenute al di fuori del territorio dello Stato, la stessa era ammissibile anche nel caso in cui le attività fossero intestate a società fiduciarie o possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona (20). Con riferimento all’ambito oggettivo, la disciplina dello scudo si applicava alle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero alla data del 31 dicembre 2008, in violazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale. A tale proposito, l’Agenzia delle Entrate chiariva che potevano essere oggetto di rimpatrio le somme di denaro e le altre attività finanziarie, tra le quali azioni e strumenti finanziari assimilati, quote di società, obbligazioni, polizze assicurative, finanziamenti a soggetti esteri, metalli preziosi allo stato grezzo o monetato; erano incluse anche le attività finanziarie detenute presso le filiali estere di intermediari residenti in Italia. Quanto alla regolarizzazione, essa poteva avere ad oggetto, oltre che le suindicate attività finanziarie, anche investimenti esteri di natura non finanziaria, quali ad esempio gli immobili, le opere d’arte e gli yacht. La circolare n. 43/E del 2009 precisava altresì che le attività detenute alla data del 31 dicembre 2008 potevano anche differire, dal punto di vista qualitativo, da quelle effettivamente rimpatriate e indicate nella dichiarazione riservata, sostanziandosi nel relativo controvalore monetario (21). Non era consentito rimpatriare o regolarizzare le attività che, pur essendosi costituite all’estero, alla data del 31 dicembre 2008 erano detenute in Italia. 1.4. L’articolo 13-bis ha ricondotto all’effettivo pagamento dell’imposta, eseguito entro lo stesso termine previsto per la presentazione della dichiarazione riservata, effetti preclusivi ed estintivi sotto il profilo tributario e contributivo, nonché effetti di esclusione della punibilità per determinati reati. 20 Cfr. circolare n. 43E del 2009, pag. 8. In precedenza, nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 99/E del 2001, era stato chiarito che si deve considerare soggetto fittiziamente interposto “una società localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario appare meramente formale e ben si può sostenere che la titolarità dei beni intestati alla società spetti in realtà al socio che effettua il rimpatrio”. 21 Cfr. circolare n. 43/E del 2009, pag. 21. 7 Ai fini tributari e contributivi, il rinvio agli articoli 14 e 15 del d.l. n. 350 del 2001 ha determinato la preclusione di qualsiasi accertamento tributario e contributivo sulle attività oggetto di emersione e l’estinzione delle sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali nei limiti degli imponibili oggetto di emersione, relativamente ai periodi di imposta con termine al 31 dicembre 2008, fatta eccezione per i casi in cui, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, la violazione fosse stata già constatata oppure fossero iniziati accessi, ispezioni o altre attività di accertamento tributario e contributivo nei confronti del contribuente ovvero fossero stati notificati al medesimo avvisi di accertamento o di rettifica o atti di contestazione di violazioni tributarie. Inoltre, è stato stabilito che l’emersione non può costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente in ogni sede amministrativa o giudiziaria, civile, amministrativa ovvero tributaria, in via autonoma o addizionale, con esclusione dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia al 4 ottobre 2009. Va evidenziato che l’adesione allo scudo ha consentito, altresì, di evitare la presunzione contenuta nell’articolo 12 del d.l. n. 78/2009, in base alla quale gli investimenti e le attività finanziarie detenute in Stati aventi regime fiscale privilegiato si considerano costituiti mediante redditi sottratti a imposizione in Italia. In proposito, la circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 12 ottobre 2009 ha peraltro precisato che tale presunzione relativa trova applicazione ai soli fini fiscali. In relazione agli effetti di esclusione della punibilità di certi reati, le disposizioni sullo scudo fiscale hanno suscitato notevoli dubbi interpretativi e perplessità, anche a causa della formulazione normativa dell’articolo 13-bis, basata sul continuo rinvio ad altre leggi (22). Rispetto alla norma originaria, che si rifaceva al precedente scudo fiscale, prevedendo la non punibilità solo per i reati tributari di omessa e infedele dichiarazione di cui agli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 74/2000, le modifiche introdotte al comma 4 dell’articolo 13-bis dal decreto legge n. 103 del 2009 (cd. correttivo del d.l. 78/09) hanno esteso la tutela penale a tutti i reati indicati nell’articolo 8, comma 6, lettera c), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e successive modificazioni. Si tratta di numerosi reati tributari di cui al d.lgs. n. 74/2000: dichiarazione 22 Sugli effetti penali dello scudo fiscale, cfr. BERNASCONI A., I profili penali dello scudo fiscale nella cornice della premialità, in Corriere Tributario, 42/2009; CARACCIOLI I., Per le violazioni penali copertura a maglie larghe, in AA.VV., Scudo fiscale, Milano, 2009; CISTERNA A., Questioni sanzionatorie e procedurali nella manovra-ter per il rientro dei capitali: dallo scudo fiscale a quello penale, in Diritto penale e processo, Vol. 16, n. 2/2010. 8 fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art.2), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art.3), dichiarazione infedele (art. 4), omessa dichiarazione (art. 5), occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10) (23). La non punibilità è stata estesa anche ai reati di falso di cui al codice penale (artt. 482485, 489-492) nonché ai reati di false comunicazioni sociali di cui alle disposizioni penali del codice civile (artt. 2621 e 2622), qualora commessi per eseguire od occultare il predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria. Più avanti ci si soffermerà sulle rilevanti implicazioni dell’estensione della tutela penale ai fini antiriciclaggio (infra, 2.2). 2. L’articolo 13-bis prevede, al comma 4, l’applicazione dei presìdi antiriclaggio già richiamati dall’articolo 17 del d.l. n. 350/2001, ossia gli obblighi di identificazione, di registrazione e di segnalazione di operazioni sospette di cui al decreto legge 5 luglio 1991, n. 143, convertito dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. Il rinvio alla legge 197/91 che, come noto, è stata abrogata dall’articolo 64 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ha sollevato dubbi interpretativi in relazione sia agli adempimenti antiriciclaggio applicabili, sia alla tipologia dei soggetti obbligati. Secondo quanto specificato dalla circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 74199 del 12 ottobre 2009, il richiamo operato dall’articolo 13-bis ai presìdi antiriciclaggio deve essere inteso come effettuato alla normativa antiriciclaggio vigente, contenuta nel d.lgs. 231 del 2007 e successive modificazioni, che ha dato attuazione in Italia alla direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (24). Da tale interpretazione deriva che i soggetti obbligati sono quelli previsti dal citato d.lgs. 231/07, inclusi i professionisti che non erano invece annoverati fra i destinatari delle operazioni di scudo in base al d.l. 350/01. Parimenti, i presidi antiriciclaggio per le operazioni di emersione sono quelli contemplati dal d.lgs. 231/07, ossia gli obblighi di adeguata verifica, di registrazione 23 Sono invece punibili i reati tributari, previsti dal citato d.lgs. 74/2000, di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8), omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis), omesso versamento di IVA (art. 10-ter), indebita compensazione (art. 10-quater) e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11). 24 Per una illustrazione della normativa nazionale in materia di antiriciclaggio, si veda CRISCUOLO L., La normativa antiriciclaggio in Italia a seguito del recepimento della III Direttiva comunitaria, Bologna, Il Mulino, 2008. 9 e di segnalazione delle operazioni sospette. Rispetto alla abrogata normativa antiriciclaggio, che si limitava a imporre la mera identificazione del cliente all’atto dell’operazione o dell’apertura del rapporto, il d.lgs. 231/07 prevede l’adeguata verifica della clientela (25) sia al momento dell’operazione o dell’instaurazione della relazione d’affari sia per tutta la durata del rapporto. In proposito, la circolare del MEF del 12.10.2009 ha puntualizzato che l'adeguata verifica nei confronti delle operazioni di emersione deve essere espletata con modalità ordinarie o rafforzate commisurate alla specifica situazione di rischio. Il principio del “risk based approach”, introdotto a livello comunitario con la citata direttiva 2005/60/CE e recepito dal legislatore nazionale con il d.lgs. n. 231/07, fa sì che le misure adottate in sede di adeguata verifica della clientela siano graduate a seconda del rischio associato al tipo di cliente, rapporto, prodotto o transazione. Nel sistema di prevenzione delineato dal d.lgs. 231/07, l’adeguata verifica della clientela e la registrazione dei rapporti e delle operazioni sono propedeutici all’assolvimento degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette. In proposito, tuttavia, l’articolo 13-bis, pur prevedendo in generale l’applicazione degli obblighi antiriciclaggio, al comma 3 ha introdotto una deroga agli obblighi di segnalazione di cui all’articolo 41 del d.lgs. n. 231/07, stabilendo che non si applicano relativamente ai rimpatri e alle regolarizzazioni di capitali frutto di reati per i quali lo stesso articolo 13-bis, comma 4, ai fini dello scudo, esclude la punibilità. Secondo quanto chiarito dalla circolare del MEF del 12 ottobre 2009, gli intermediari sono tenuti a effettuare la segnalazione nei casi in cui sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che le attività oggetto di emersione siano frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non punibilità di cui al comma 4 dell'articolo 13-bis (si ripete, numerosi reati tributari e reati di falso). In merito alla valutazione delle operazioni di emersione, la circolare ministeriale ha altresì precisato che è necessario verificare la sussistenza, in concreto, 25 Gli articoli 15 e 16 del d.lgs. 231/07 prevedono l’osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela, tra l’altro: per gli intermediari, quando instaurano un rapporto continuativo ovvero eseguono operazioni occasionali disposte dai clienti che comportano la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a € 15.000; per i professionisti, quando la prestazione professionale ha ad oggetto mezzi di pagamento, beni o utilità di valore pari o superiore a 15.000 euro ovvero quando eseguono prestazioni professionali occasionali che comportano la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro. Ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 231/2007, l’adeguata verifica della clientela si articola nelle seguenti attività: a) identificazione del cliente e verifica della sua identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile ed indipendente; 2) identificazione dell’eventuale titolare effettivo e verifica della sua identità; 3) acquisizione di informazioni sullo scopo e sulla natura prevista del rapporto continuativo o dell’operazione; 4) svolgimento di un controllo costante nel corso del rapporto continuativo. 10 degli elementi di sospetto, attinenti alle caratteristiche dell’operazione e al profilo soggettivo del cliente, che l'articolo 41 del d.lgs. 231/2007 pone alla base dell'obbligo di segnalazione. Al riguardo, si deve tenere conto di ogni circostanza di fatto conosciuta o disponibile nell'ambito dell'adeguata verifica svolta, attribuendo un ruolo centrale alle informazioni riguardanti l'origine dei fondi, specie se le operazioni di rimpatrio sono effettuate in contanti (26), nonché alla congruità tra il valore dell'operazione di rimpatrio o di regolarizzazione e il profilo economicofinanziario del cliente. Giova ricordare che ai fini della individuazione degli elementi di sospetto sono di ausilio gli indicatori di anomalia emanati con Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia in data 12 gennaio 2001 (cd. “Decalogo”); sono in corso di emanazione i nuovi indicatori di anomalia per gli intermediari finanziari, a cura della Banca d’Italia, su proposta dell’Unità di Informazione Finanziaria, ai sensi dell’articolo 41 del d.lgs. 231/07 (27). Possono essere un valido ausilio anche gli schemi di comportamento anomalo elaborati e diffusi dalla UIF sulla base di comportamenti riscontrati nell’analisi di fenomeni di criminalità finanziaria, ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. b) del citato decreto 231/07 (28). 2.1. L’ampia esclusione della punibilità operata dall’articolo 13-bis determina una evidente asimmetria tra l’ambito della fattispecie del riciclaggio di cui all’art. 648-bis del codice penale, che presuppone qualunque delitto non colposo, e l’ambito dell’obbligo di segnalazione di operazione sospette, che viene circoscritto ai reati non coperti dallo scudo. La deroga agli obblighi di segnalazione, introdotta per la prima volta dallo scudo “ter” in relazione alle 26 Con riferimento alle operazioni in contanti si segnala la comunicazione dell’Unità d’Informazione Finanziaria del 9 novembre 2009, relativa al particolare rischio determinato dalle operazioni di emersione aventi a oggetto vecchie lire, di cui viene richiesta la conversione in euro (cfr. sito web della Banca d’Italia, Sezione Unità d’Informazione Finanziaria. 27 In particolare, alla elaborazione degli indicatori provvedono, su proposta della UIF: a) la Banca d’Italia, per le società di gestione accentrata di strumenti finanziari, per le società di gestione di sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni in strumenti finanziari, per tutti gli intermediari finanziari (di cui all’art. 11) e per le società di revisione (albo speciale, art. 161 TUF); b) il Ministero della giustizia, sentiti gli ordini professionali, per i professionisti (art. 12) e per i revisori contabili iscritti nell’apposito registro dei revisori; c) il Ministero dell’interno, per le pubbliche amministrazioni, per le attività commerciali, di fabbricazione ecc. soggette ad autorizzazioni, licenze, iscrizioni in albi (art. 10, co. 2, lett. e) e per tutti i soggetti indicati all’art. 14 (recupero crediti, trasporto e custodia denaro, case da gioco, agenzie d’affari, scommesse). 28 Gli schemi di comportamento anomalo sono pubblicati sul sito della Banca d’Italia/Unità d’Informazione Finanziaria. 11 operazioni di emersione, fa emergere il conflitto fra le diverse finalità sottese, rispettivamente, alla normativa sullo scudo fiscale e alla disciplina antiriciclaggio. Le disposizioni sullo scudo, infatti, mirano a realizzare il rientro in Italia di capitali, la cui illiceità sussiste quanto meno sotto il profilo valutario e tributario, prevedendo a tale scopo garanzie di anonimato di fronte al fisco e di non punibilità, per certi reati, in favore del contribuente che ha violato le norme sul monitoraggio fiscale. La normativa antiriciclaggio, invece, è volta a prevenire che i capitali derivanti da qualunque delitto non colposo penetrino nell’economia legale, e a tal fine pone a carico degli intermediari finanziari e di altri operatori obblighi di adeguata verifica, di registrazione e di segnalazione funzionali alla conoscenza della clientela e alla tracciabilità dei rapporti e delle operazioni e, quindi, alla piena trasparenza dei flussi finanziari (29). Non vi è dubbio che la deroga agli obblighi di segnalazione mentre, da un lato, imprime maggiore efficacia allo scudo ai fini del gettito fiscale, dall’altro lato limita in misura sostanziale l’efficacia dei presidi antiriciclaggio, accentuando il rischio di infiltrazione di capitali sporchi nell’economia legale. Sotto il profilo giuridico, la riferita deroga agli obblighi di segnalazione ha suscitato dubbi circa la compatibilità dello scudo fiscale italiano con la direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, laddove impone agli Stati membri l’applicazione degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio (Capo III, Sezione 1), senza prevedere la possibilità di deroghe (30). Parimenti, perplessità nei confronti della normativa italiana sullo scudo, ai fini antiriciclaggio, sono sorte con riferimento alle Raccomandazioni emanate dal Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) - il principale organismo internazionale impegnato nella definizione di standard legali e di best practices per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, di cui l’Italia è membro (31) – e, in particolare, in relazione alla Raccomandazione n. 1, relativa alla previsione normativa del reato di riciclaggio, nonché alla Raccomandazione n. 13, relativa all’obbligo di segnalazione di operazioni sospette. 29 Sulla esigenza di tracciabilità dei flussi finanziari, sottesa alla normativa antiriciclaggio, cfr. CASTALDI G., Esame del disegno di legge C.3290 Governo, recante il piano straordinario contro le mafie, nonchè la delega al Governo in materia di normativa antimafia, Audizione del Direttore della UIF presso la Commissione 2^ (Giustizia) della Camera dei Deputati, Roma, 11 maggio 2010. 30 Si veda, al riguardo, BOLIS S., Scudo fiscale-ter: effetti della possibile incompatibilità con il diritto comunitario, in Il fisco, Vol. 34, n.4/2010. 31 Per una illustrazione del quadro normativo internazionale in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, cfr. CONDEMI M. – DE PASQUALE F. (a cura di), Lineamenti della disciplina internazionale di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, in Quaderni di ricerca giuridica, n. 60, 2008. 12 E’ stato, infatti, rilevato che l’ampia copertura penale concessa dalla disciplina italiana sullo scudo fiscale potrebbe impedire la stessa punibilità del reato di riciclaggio. A sostegno della posizione italiana, si può argomentare che l’esclusione della punibilità prevista dall’articolo 13-bis per una serie di reati che possono costituire presupposto di riciclaggio ex art. 648-bis c.p., non fa venir meno la punibilità del reato di riciclaggio in sé, come si evince espressamente dall’articolo 648, ultimo comma, richiamato dagli artt. 648-bis e 648-ter, secondo cui le disposizioni dettate dal medesimo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le cose provengano non è imputabile o non è punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità relativa a tale delitto (32). Ad adiuvandum, si osserva inoltre, che, quand’anche il reato presupposto di riciclaggio sia non punibile, permane la configurabilità delle fattispecie di riciclaggio previste dall’articolo 2 del d.lgs. n. 231 del 2007 (33), sul piano della prevenzione di tale fenomeno criminoso, in via anticipata rispetto alla repressione penale. Anche nell’ambito della cooperazione fra le Financial Intelligence Units dei vari Paesi, la FIU italiana può apparire indebolita nell’esercizio delle funzioni di ricezione e analisi delle segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio che la decisione 642/2000/GAI del Consiglio dell’Unione Europea riconosce a ogni FIU. La posizione italiana è apparsa, comunque, maggiormente sostenibile a seguito della emanazione della circolare del MEF n. 216614 del 16 febbraio 2010, che ha fornito ulteriori chiarimenti in merito ai rapporti tra scudo fiscale e antiriciclaggio (infra, 2.4). Nel corso dell’Assemblea Plenaria del GAFI tenutasi a giugno 2010, è stato approvato un documento relativo alle implicazioni dei programmi di condono fiscale per il sistema antiriciclaggio, nel quale vengono indicati, oltre al criterio della massima trasparenza e pronta informativa su iniziative di scudo fiscale, i seguenti quattro principi di “policy” a cui dovranno conformarsi le varie giurisdizioni, nel dare attuazione alle suddette iniziative: 1) effettiva applicazione di misure preventive nei settori dell’antiriciclaggio e della lotta al finanziamento 32 Cfr. Cass. n. 23396 del 2005 che, proprio in relazione a casi di riciclaggio di proventi di reato non punibile per effetto del precedente scudo fiscale, ha ritenuto che la sussistenza di una condizione oggettiva di non punibilità, quale il condono fiscale, non esclude la configurabilità del reato di riciclaggio. 33 Giova ricordare che ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 231/07 per “riciclaggio” si intende “la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività”. Il riciclaggio è considerato tale “anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato comunitario o di un Paese terzo”. La nozione di riciclaggio contenuta nel citato art. 2 del d.lgs. 231/07 è più ampia di quella di cui all’art. 648-bis c.p. e include anche il cd. autoriciclaggio (ossia il riciclaggio compiuto dallo stesso autore del reato presupposto), che non è considerato reato dal codice penale. 13 del terrorismo; 2) divieto di esenzione totale o parziale dal rispetto dei requisiti antiriciclaggio e antiterrorismo; 3) cooperazione e scambio di informazioni fra le autorità nazionali interessate; 4) cooperazione e scambio di informazioni nei procedimenti investigativi, giudiziari e processuali relativi al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e connessi all’abuso di programmi di condono fiscale, ivi inclusi i procedimenti e le indagini sul recupero dei crediti. Nessun rilievo formale, comunque, è stato formulato sullo scudo italiano. 2.2. Notevoli sono le implicazioni dello scudo fiscale sotto il profilo della concreta applicazione degli obblighi antiriciclaggio. L’individuazione di una serie di reati non punibili, rispetto ai quali non sussiste l’obbligo di segnalare eventuali operazioni sospette chiama gli operatori a una non facile valutazione incentrata non già sul sospetto di riciclaggio, ma sulla qualificazione giuridica del reato presupposto. Ne è prova l’esiguo numero di segnalazioni sullo scudo-ter pervenute all’Unità d’Informazione Finanziaria (34) nel primo periodo di operatività dello scudo (35). Le oggettive difficoltà di conoscere l’origine dei fondi costituiscono un ulteriore freno alla collaborazione attiva, visto che la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43/E del 2009, nella parte relativa agli adempimenti a carico degli intermediari, ha stabilito che questi ultimi “non sono tenuti a verificare la congruità delle informazioni contenute nelle dichiarazioni riservate, relativamente agli importi delle attività oggetto di rimpatrio, né la sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti dalla norma per accedere alle operazioni di emersione delle attività detenute all’estero (residenza in Italia ed effettiva detenzione all’estero, al 31 dicembre 2008, delle somme oggetto di emersione)”(36). 34 Per una sintesi delle funzioni svolte dalla UIF, cfr. CASTALDI G., L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), funzioni e organizzazione, Sassari, Camera di Commercio, 17 aprile 2009. 35 Le segnalazioni pervenute alla UIF nella prima fase dello scudo-ter sono state poco più di 50, come ha avuto modo di rilevare il Governatore della Banca d’Italia in occasione del Convegno del Forex tenutosi lo scorso 13 febbraio 2010, sottolineando la necessità di un attento scrutinio delle operazioni di emersione da parte degli intermediari finanziari. Nella precedente edizione di scudo fiscale le segnalazioni erano state 98. Complessivamente, nel corso del 2009 e dei primi cinque mesi del 2010, la UIF ha ricevuto dagli intermediari oltre 250 segnalazioni di operazioni sospette attinenti allo scudo fiscale (cfr. Rapporto annuale della UIF, 2009, pubblicato sul sito della Banca d’Italia/Unità d’Informazione Finanziaria). E’ presumibile che il numero complessivo di segnalazioni relative allo scudo-ter sia destinato ad aumentare, considerata la riapertura dei termini fino al 30 aprile 2010 e tenuto conto dell’impiego dei fondi effettuato successivamente alla chiusura dello scudo. 36 Cfr. Circ. n. 43E/2009, pag. 30. Da una comparazione con altri ordinamenti che hanno adottato analoghe misure di amnistia fiscale (cfr. FATF, WGTM, 2010/3), in nessun caso si è riscontrata la deroga agli obblighi di segnalazione. Anzi, la Francia e la Germania, ad esempio, hanno espressamente previsto la verifica dell’origine dei fondi rimpatriati. Parimenti, negli USA la disciplina dello scudo fiscale non ha determinato alcun impatto sulla 14 Secondo la citata circolare dell’Agenzia delle Entrate, l’esenzione dall’obbligo di verificare la veridicità della dichiarazione resa dal cliente e la congruità dei dati in essa contenuti vale anche quando il rimpatrio ha ad oggetto somme in contanti, per le quali è stato previsto che, oltre alla dichiarazione riservata, il cliente debba produrre anche copia della dichiarazione rilasciata all’Agenzia delle Dogane in occasione del passaggio transfrontaliero. Solo nel caso della regolarizzazione, invece, gli intermediari sono chiamati a “prestare attenzione alla documentazione allegata alla dichiarazione riservata” prodotta dal cliente e fornita dagli intermediari esteri, i quali attestano che le attività erano detenute all’estero alla data del 31 dicembre 2008. Tale impostazione è stata confermata anche da una successiva circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 3 del 29 gennaio 2010, la quale ha precisato che “ai fini dell’accesso alla procedura dello scudo non rileva, pertanto, la ricostruzione puntuale degli eventi che hanno dato origine alla fuoriuscita delle attività o alla loro costituzione all’estero né l’identificazione delle attività stesse quali frutto di evasione fiscale”. 2.3. Non vi è dubbio che le operazioni oggetto di scudo fiscale, anche in ragione delle forti garanzie di tutela dell’anonimato da cui sono assistite, presentino un elevato rischio di riciclaggio, atteso che ingenti flussi finanziari provenienti dall’estero, specie se da Paesi considerati non cooperativi, in precedenza non dichiarati, vengono immessi in un ristretto arco di tempo nell’economia legale. La stessa capacità di valutazione degli intermediari potrebbe risultare compromessa poiché non è stato previsto l’obbligo a carico del contribuente di dimostrare l’origine delle disponibilità dichiarate in sede di emersione. Anzi, in proposito, come si è già detto, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43/E del 2009 ha espressamente esonerato gli intermediari dall’obbligo di verificare la sussistenza dei requisiti per accedere allo scudo fiscale. Va peraltro rilevato che, nonostante la deroga agli obblighi di segnalazione in presenza di reati coperti dallo scudo, continuano a trovare applicazione gli obblighi di adeguata verifica della clientela e di registrazione dei rapporti e delle operazioni. Nella circolare del MEF del 16 febbraio 2010 è stato correttamente specificato che gli intermediari e i professionisti sono tenuti a identificare e verificare l’identità del cliente, normativa antiriciclaggio. Il Belgio ha previsto anche che il nominativo del soggetto che ha effettuato la dichiarazione sia comunicato alla FIU. 15 compreso l’eventuale titolare effettivo, ossia la persona fisica per conto della quale è realizzata l’operazione, ovvero, nel caso di entità giuridica, la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, la possiedono o la controllano (37). I medesimi, inoltre, secondo la citata circolare, “sono tenuti ad acquisire altresì informazioni ed eventuali riscontri documentali sulla costituzione dei capitali oggetto di rientro dall’estero, atti a ricostruire l’origine degli stessi”. Per quanto rileva in questa sede, l’individuazione del beneficial owner assume particolare rilievo in quanto consente di mitigare il possibile rischio derivante dal ricorso ai soggetti interposti, che la ripetuta circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43/E del 2009 ha espressamente ritenuto ammissibile ai fini del rimpatrio. Va considerato il fatto che la citata circolare dell’Agenzia delle Entrate ha inoltre consentito la possibilità di effettuare l’emersione tramite il “rimpatrio giuridico”, operato avvalendosi di una società fiduciaria statica (38). Tale previsione è andata ben oltre la stessa legge che, all’articolo 13-bis, prevede la “regolarizzazione”, per i Paesi dell’Unione e gli Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali, e il “rimpatrio”, per tutti i Paesi, anche extra UE. Nella legge non viene specificato che il rimpatrio possa essere inteso anche come “giuridico”, ossia a prescindere dal materiale trasferimento delle attività finanziarie. In forza di quanto disposto dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate, peraltro, è stato possibile effettuare il “rimpatrio giuridico” (di fatto equivalente alla regolarizzazione, visto che consente di mantenere all’estero le attività “scudate”) tramite una fiduciaria statica anche da Paesi extra UE non equivalenti sotto il profilo della normativa antiriciclaggio o comunque non cooperativi. In tal caso, a differenza che per la regolarizzazione, il regime dei controlli è anche semplificato, in quanto non è previsto l’obbligo di allegare alla dichiarazione riservata una certificazione rilasciata dall’intermediario non residente, attestante la detenzione all’estero delle attività scudate. Giova sottolineare, tuttavia, che anche nella considerata ipotesi del rimpatrio giuridico operato tramite una fiduciaria statica sussistono, a tutela dei presidi antiriciclaggio, gli obblighi di adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo nonché gli obblighi di registrazione. 37 L’individuazione del titolare effettivo, come noto, costituisce una delle principali novità introdotte dalla direttiva 2005/60/CE e recepite dal d.lgs. n. 231 del 2007, essendo finalizzata alla conoscenza dell’effettivo soggetto a cui imputare rapporti e operazioni di natura finanziaria. Cfr. Direttiva 2005/60/CE, considerando 9, 10 e 13. 38 In tema di società fiduciarie “statiche” si veda GALANTI E. (a cura di), Diritto delle banche e degli intermediari finanziari, in Trattato di diritto dell’economia, Vol. V, Cedam, 2008, pagg. 324-327. 16 Infatti, la collocazione delle società fiduciarie statiche nell’articolo 11, comma 2, lettera a) del d.lgs. n. 231/07 (39), fa sì che nei rapporti tra le predette, quali soggetti passivi della verifica, e gli intermediari di cui all'art.11, co.1 (cd. intermediari “di primo livello”), non si applichi la verifica semplificata di cui all’art.25, comma 1 (40), con la conseguenza che le fiduciarie statiche non possono opporre il segreto fiduciario (41) dinanzi alla richiesta dell'identità del fiduciante. Con la nota del 9 aprile 2009, n. 29165, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito che nei confronti delle società fiduciarie “statiche” trovano piena applicazione gli obblighi di adeguata verifica, anche con riguardo al fiduciante titolare effettivo. In tale quadro, l'eventuale rifiuto della fiduciaria di rivelare il nome del fiduciante potrebbe configurare la violazione del disposto dell'art. 21 (“Obblighi del cliente”) del d.lgs. 231/07, non avendo essa fornito le informazioni necessarie ai fini dell'identificazione del titolare effettivo del rapporto; inoltre, potrebbe far scattare, in capo all’intermediario, l'obbligo di astensione di cui all'art.23, stante l’impossibilità di completare il processo di adeguata verifica, 39 Vale ricordare che la richiesta, avanzata dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera dei Deputati in sede di relazione al Parlamento sullo schema di d.lgs. n. 231/2007, di ricomprendere anche le società fiduciarie statiche nel novero degli intermediari finanziari di cui al comma 1 dell’articolo 11, non è stata accolta in quanto si è inteso evitare “effetti indesiderabili”, quali la sottrazione dei rapporti tra tali operatori e le banche agli obblighi di identificazione e registrazione, determinando un pericoloso vulnus nella complessiva azione di contrasto del riciclaggio, che richiede anzitutto piena trasparenza dei beneficiari finali delle transazioni e un'adeguata vigilanza. E’ attualmente in consultazione pubblica, nel sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la bozza di decreto legislativo recante ulteriori disposizioni di attuazione della delega di cui all’articolo 33, comma 1, lett.e) della legge 7 luglio 2009, n. 88, volto, fra l’altro, a modificare l’articolo 199 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in modo tale che fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, le società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966 che svolgono attività di custodia e amministrazione di valori mobiliari, le quali sono controllate direttamente o indirettamente da una banca o da un intermediario finanziario, nonché quelle che abbiano adottato la forma di società per azioni e che abbiano capitale versato di ammontare non inferiore al doppio di quello richiesto dall’articolo 2327 del codice civile, siano iscritte in una sezione speciale dell’albo previsto dall’articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, venendo così sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia. Il nuovo regime delle fiduciarie statiche potrebbe determinare una revisione dell’attuale collocazione di tali società nell’articolo 11, comma 2 del d.lgs. 231/07, riportandole nel comma 1 dello stesso articolo. 40 I clienti nei cui confronti è possibile una identificazione semplificata sono indicati in modo tassativo dall’articolo 25, co.1, in coerenza con le previsioni comunitarie: specifiche tipologie di intermediari finanziari, enti creditizi e finanziari di Paesi membri dell’Unione o di Paesi terzi con regimi antiriciclaggio ritenuti equivalenti, uffici della pubblica amministrazione, istituzioni o organismi che svolgano funzioni pubbliche conformemente al diritto comunitario. 41 Laddove non ostino specifici obblighi di legge (le società fiduciarie sono tenute a esempio a dichiarare gli effettivi proprietari dei titoli azionari intestati a proprio nome (art.1 R.D. 29 marzo 1942, n. 239, e art.9 L.29 dicembre 1962, n.1745) è stato osservato che vige un generale principio di riservatezza delle società fiduciarie, in virtù del quale “la società fiduciaria, nel dichiarare che opera nell’esercizio dell’attività propria di fiduciaria, comunica al terzo l’alterità dell’oggetto del rapporto e può quindi legittimamente rifiutarsi di rivelare l’identità del fiduciante (…)”, (cfr. DI MAIO F., Società, 2001, 7, 777). 17 ovvero essere considerato un indice di anomalia da valutare ai fini della segnalazione di operazione sospetta. Da tutto quanto precede deriva che il segreto fiduciario, volto ad assicurare, attraverso l'interposizione fiduciaria, l'anonimato del fiduciante nei confronti dei terzi, deve recedere di fronte ai principi di tracciabilità e trasparenza ai quali è improntata la normativa antiriciclaggio(42). Ciò vale anche in caso di “rimpatrio giuridico” attuato tramite una fiduciaria statica, specie se da Paesi non cooperativi, in quanto non vi è dubbio che tale fattispecie rientri tra quelle che, in base alla riferita circolare del MEF del 16 gennaio 2010, possono essere considerate ad alto rischio di riciclaggio. 2.4. Nell’affrontare la questione dei rapporti tra scudo fiscale e presidi antiriciclaggio la circolare del MEF del 16 febbraio 2010 ha richiamato, in generale, l’attenzione degli intermediari su tutti gli elementi del processo di adeguata verifica, inclusa la raccolta di informazioni dettagliate sull’attività del cliente e sulle sue capacità economiche, nonché sulla natura e sullo scopo del rapporto continuativo connesso all’operazione di emersione. Specifici obblighi informativi sono posti anche a carico del cliente, il quale è chiamato a collaborare attivamente con gli intermediari (art. 21 del d.lgs. n. 231/07). In caso di operazioni connotate da un più elevato rischio di riciclaggio, si è posto l’accento sul fatto che gli intermediari sono tenuti ad applicare le misure rafforzate di adeguata verifica di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 231/07, ossia ad acquisire maggiori informazioni, anche sulla base di riscontri documentali, atte a ricostruire il contesto finanziario dell’operatività, l’origine dei fondi detenuti all’estero e lo scopo dell’operazione; in proposito, vengono menzionate, a titolo esemplificativo, le operazioni effettuate da soggetti non clienti, ovvero in contanti o sproporzionate rispetto al profilo economico del cliente, nonchè le operazioni che non transitano da un intermediario estero (43). 42 In tema di rapporti tra società fiduciarie e normativa antiriciclaggio, si veda BODELLINI M., Le fiduciarie svizzere e le fiduciarie italiane al banco di prova del sistema antiriciclaggio, in Diritto del Commercio internazionale, Vol. 23, n.1/2009. 43 Nell’esperienza maturata dalla FIU italiana in materia di segnalazioni di operazioni sospette connesse anche con le passate edizioni di scudo fiscale, si è avuto modo di rilevare che oggetto di segnalazione sono prevalentemente operazioni dichiarate ma non eseguite, operazioni eseguite e segnalate per il profilo soggettivo del richiedente, incapacità di giustificare l’origine dei fondi, utilizzi impropri delle somme scudate con cospicuo impiego di contante. 18 Rispetto alla precedente circolare del MEF del 12 ottobre 2009, quella del 16 febbraio 2010 si è maggiormente soffermata sulla necessità che gli intermediari e i professionisti svolgano un controllo costante nel corso del rapporto continuativo o della prestazione professionale, anche successivamente all’operazione di emersione, allo scopo di rilevare eventuali elementi che possano condurre a individuare profili di anomalia meritevoli di approfondimento ai fini dell’eventuale segnalazione di operazioni sospette. Al riguardo, l’Unità d’Informazione Finanziaria, con la circolare del 24 febbraio 2010, ha precisato che, ancorché le operazioni di scudo siano state già perfezionate, gli intermediari e i professionisti i quali abbiano successivamente raccolto elementi tali da indurre il sospetto che le disponibilità rimpatriate possano provenire da illeciti diversi da quelli richiamati dall’art. 13-bis del d.l. 78/09, sono tenuti a effettuare la segnalazione di operazione sospetta. In merito agli obblighi di segnalazione, la circolare del MEF del 16 febbraio 2010 ha specificato che scattano allorchè gli intermediari o i professionisti “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio” così come definite dall’articolo 2 del d.lgs. 231/07. Occorre tenere presente che la segnalazione di operazioni sospette si fonda, prima ancora che sulla consapevolezza o sul sospetto di un reato presupposto, sulla percezione di anomalie nel comportamento del cliente e nelle concrete modalità delle operazioni o della gestione del rapporto (44). E’ stato autorevolmente osservato che la segnalazione, di regola, non nasce dalla “conoscenza” di un reato, ma rappresenta solo una “deduzione” supportata da obiettive circostanze di fatto e fondata sulle competenze tecniche del segnalante. Tale deduzione è quindi affetta da un margine di incertezza, il cui restringimento porterebbe alla perdita di informazioni che potrebbero rivelarsi utili (45). Ai soggetti tenuti agli obblighi di segnalazione non spetta di compiere indagini investigative sui fatti segnalati. E’ compito dell’Autorità giudiziaria valutare se, nel caso concreto, si configurino i reati annoverati dall’art. 8, comma 6, lett. c) della legge n. 289/2002 e, quindi, se il presunto autore dell’illecito possa beneficiare o meno dell’esonero da responsabilità. Sarà onere del soggetto indagato opporre gli effetti depenalizzanti della dichiarazione riservata di 44 Sull’obbligo di segnalazione di operazioni sospette, cfr. CAPPA E. e MORERA U. (a cura di), Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, Bologna, 2008. Cfr., inoltre, CASTALDI G., La disciplina italiana sulla segnalazione delle ipotesi di riciclaggio: principali novità e problematiche, Rimini, 29 gennaio 2010. 45 Così CASTALDI G., Audizione del Direttore della UIF presso la Commissione 2^ (Giustizia) della Camera dei Deputati, Roma, 11 maggio 2010, cit. 19 rimpatrio (con la prova del relativo pagamento). Malgrado non sia necessario verificare la sussistenza di uno specifico reato presupposto, il comma 4 del citato art. 13-bis del d.l. 78/2009 esclude l’obbligo di segnalazione qualora ricorrano i casi di non punibilità previsti dalla legge sopra citata. In base a quanto precisato dalla seconda circolare ministeriale, l’obbligo di effettuare la segnalazione di operazione sospetta deve considerarsi escluso solo qualora gli intermediari e i professionisti ritengano, sulla base degli elementi a loro disposizione, che non sussistono ipotesi di reato diverse da quelle richiamate dall’art. 13-bis. Per converso, nell’ipotesi in cui i medesimi ritengano che i beni provengano anche da reati diversi da quelli sopra indicati, sono tenuti ad effettuare la segnalazione di operazione sospetta. Tale precisazione è importante, poiché è stato osservato da taluni che le violazioni delle norme tributarie sono strumento utilizzato per precostituire fondi di provenienza illecita da reinserire nel circuito economico ovvero possono rappresentare una delle manifestazioni di più articolate condotte criminose volte a immettere in attività economiche apparentemente lecite disponibilità derivanti da altri illeciti (46). 2.5. Degno di rilievo è, infine, il fatto che la circolare del MEF del 16 febbraio 2010 abbia richiamato l’attenzione degli intermediari coinvolti nelle operazioni di rientro di capitali caratterizzate da elementi di sospetto ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 231/2007, sulle responsabilità derivanti da un’eventuale omissione dell’obbligo di segnalazione alla UIF. In tale ipotesi, infatti, essi potrebbero incorrere nella sanzione amministrativa pecuniaria sino al 40% dell’importo dell’operazione non segnalata (art. 57, comma 4, d.lgs. 231/07), nonché essere responsabili del riciclaggio stesso, qualora siano consapevoli della provenienza delittuosa delle somme oggetto di scudo. Ciò, in quanto alle operazioni di emersione sono applicabili le norme previste dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che all’articolo 25-octies, introdotto dall’articolo 63 del d.lgs. n. 231/07, prevede fra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti anche i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita. Sono previste sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti dell’intermediario che, 46 In tema di rapporti tra evasione fiscale e riciclaggio, si veda BURATTI B., I rapporti tra evasione fiscale e riciclaggio: profili di contiguità sostanziale e procedurale, in Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, cit. 20 attraverso un proprio soggetto apicale o un altro dipendente, si renda partecipe del reato di riciclaggio, dando corso a operazioni di regolarizzazione o rimpatrio di capitali essendo a conoscenza della provenienza illecita degli stessi. L’intermediario può andare esente dalla responsabilità solo nel caso in cui riesca a dimostrare di avere adottato ed efficacemente attuato, attraverso la tenuta di appositi modelli organizzativi previsti dallo stesso d.lgs. 231/01 (art. 6), tutte le misure di gestione del rischio necessarie per evitare il coinvolgimento delle proprie strutture nel reato (47). A titolo esemplificativo, appare espressione di efficacia del modello l’idoneità a individuare tutti quei fatti, sovente di natura fiscale, idonei alla formazione di “fondi neri” da cui attingere la provvista necessaria per commettere reati connotati da un più elevato grado di antigiuridicità, quali le operazioni finanziarie “opache” e le transazioni effettuate mediante veicoli off-shore. Il rischio che sia commesso il reato di riciclaggio è particolarmente elevato per gli enti bancari e finanziari, essendo insito nell’attività di raccolta e impiego di risorse finanziarie svolta da questa tipologia di soggetti. Ne deriva che, nei confronti dell’ente/banca, l’adozione di un modello idoneo ed efficacemente attuato costituisce un elemento organizzativo strategico sia ai fini antiriciclaggio sia per beneficiare dell’esenzione dalla responsabilità ai sensi del d.lgs. 231/01, concorrendo a una gestione sana e prudente dei rischi d’impresa. Va comunque rilevato che le condotte di omessa adeguata verifica della clientela, omessa registrazione delle relative informazioni e omessa comunicazione delle infrazioni da parte degli organi di controllo ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 231/07, ancorché, in ipotesi, commesse nell’interesse o a vantaggio dell’intermediario bancario, non comportano la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del d.lgs. 231/01, non essendo detti reati inclusi nell’elencazione dei cd. reati presupposto di tale responsabilità. 2.6. L’efficacia delle disposizioni sullo scudo fiscale poggia, oltre che sugli effetti preclusivi, estintivi ai fini tributari e contributivi nonché di esclusione della punibilità di cui 47 Per un’analisi della tematica della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, cfr. A. PRESUTTI A. –BERNASCONI A..– FLORIO C., La responsabilità degli enti. Commento articolo per articolo al d.legisl. 8 giugno 2001, n. 231, Padova, 2008. Cfr., inoltre, IELO P., Delitti tributari e riciclaggio: spunti di riflessione alla luce del decreto sullo scudo fiscale, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, vol.5, n.1 (gen.-mar.2010), pp.7-13. Sulla responsabilità amministrativa degli enti e la disciplina antiriciclaggio cfr., altresì, CASTALDI G., intervento del Direttore della UIF al Convegno ABI (Milano, 22 giugno 2010), pubblicato sul sito della Banca d’Italia/Unità d’Informazione Finanziaria. 21 all’art. 13-bis, anche sulla tutela dell’anonimato del soggetto che ha effettuato la dichiarazione riservata. La circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 43/E del 2009, ha infatti chiarito che al soggetto che accede allo scudo fiscale viene garantita un’ampia riservatezza, anche nel tempo, dei dati e delle notizie comunicati agli intermediari in relazione alle attività oggetto di emersione, essendo preclusa espressamente la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di venirne a conoscenza, ad eccezione dei casi in cui sia lo stesso contribuente a fornirle. Va osservato che l’anonimato viene meno, peraltro, qualora si renda necessario acquisire informazioni sulle operazioni di emersione a fini antiriciclaggio e di tutela penale. Infatti, il comma 4 dell’art. 13-bis, nel rinviare all’art. 14 del d.l. 350 del 2001, richiama anche la disposizione in base alla quale “gli intermediari sono obbligati (…) a fornire i dati e le notizie relativi alle dichiarazioni riservate ove siano richiesti in relazione all’acquisizione delle fonti di prova e della prova nel corso dei procedimenti penali, nonché in relazione agli accertamenti per le finalità di prevenzione e per l’applicazione di misure di prevenzione di natura patrimoniale (…) ovvero per l’attività di contrasto al riciclaggio e di tutti gli altri reati (…)”. Tale norma fa dunque salvo l’esercizio dell’accertamento a fini antiriciclaggio svolto dalle autorità competenti con riferimento alle operazioni di rimpatrio o regolarizzazione, non solo in presenza di una richiesta motivata dell’Autorità Giudiziaria, ma anche nel corso dell’approfondimento finanziario di operazioni sospette segnalate o non segnalate ovvero nel corso di verifiche ispettive condotte ai sensi d.lgs. 231/07, nonché sulla base di una richiesta di collaborazione internazionale effettuata nell’ambito dei rapporti tra FIU ex art. 9 del citato decreto. Ciò vale a maggior ragione, se si considera che, nonostante la deroga agli obblighi di segnalazione per i reati coperti dallo scudo, nessuna eccezione è invece prevista rispetto agli obblighi di adeguata verifica e di registrazione, il cui assolvimento può essere oggetto di accertamento da parte delle competenti autorità in ogni momento, entro gli ordinari termini di prescrizione. Pur avendo presente che i controlli svolti ai fini antiriciclaggio fanno decadere l’anonimato del soggetto che ha aderito allo scudo fiscale, permangono dubbi, invece, circa il fatto che i dati dell’archivio unico informatico relativi alle operazioni di scudo possano essere utilizzati ai fini fiscali. L’articolo 36, comma 6, del d.lgs. n. 231/2007, infatti, nel prevedere tale facoltà, fa salve le disposizioni vigenti. Sotto il profilo fiscale, pertanto, dovrebbero valere gli effetti preclusivi prodotti dall’articolo 13-bis del d.l. n. 78/2009. 22 Si deve peraltro considerare che l’articolo 1, comma 2-bis del d.l. n. 194 del 2009, prevede che “entro il 15 giugno 2010, il Ministro dell'economia e delle finanze comunica al Parlamento, con apposito documento, dati statistici relativi al numero delle operazioni di rimpatrio ovvero di regolarizzazione perfezionate alla data del 15 dicembre 2009, del 28 febbraio 2010 e del 30 aprile 2010, suddivise per volumi d'importo, al numero dei soggetti coinvolti, con indicazione dei Paesi di provenienza delle richieste di rimpatrio e regolarizzazione, e l'ammontare complessivo delle attività finanziarie e patrimoniali rimpatriate, distinte per rimpatrio o regolarizzazione”. In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha reso noto, in data 26 marzo 2010, che “le informazioni relative ai soggetti che hanno effettuato operazioni in osservanza al c.d. scudo fiscale, di cui all’art. 13-bis decreto legge 1°luglio 2009, n. 78, potranno essere trasmesse con modalità che saranno definite con successiva comunicazione”. 3. In conclusione, lo scudo fiscale ha avuto l’effetto di fare emergere attività finanziarie illecitamente detenute all’estero e di farle rientrare in Italia attraverso il canale bancario e finanziario. L’immissione delle attività scudate nel circuito economico-finanziario ha implicato per gli intermediari la necessità di porre in essere una serie di adempimenti volti alla ricezione delle dichiarazioni riservate e alla comunicazione dei relativi dati all’Amministrazione finanziaria. Al contempo, gli intermediari hanno dovuto adottare tutti presidi necessari per assicurare il monitoraggio dei flussi finanziari oggetto di rimpatrio ai fini antiriciclaggio. In particolare, si è resa necessaria l’adozione di procedure organizzative e di controllo adeguate a far fronte al particolare rischio operativo, legale e reputazionale, connesso con operazioni rese “opache” dall’adesione allo scudo. L’anonimato offerto dall’art. 13-bis esplica efficacia esclusivamente ai fini fiscali e non intacca l’operatività delle norme previste in materia di antiriciclaggio. Infatti, i dati acquisiti dagli intermediari con l’adeguata verifica costituiscono un patrimonio informativo preziosissimo sia per le Autorità preposte al controllo della compliance sia per le indagini penali condotte dalla Magistratura, Come è stato rilevato da autorevole dottrina, lo Stato deve da un lato garantire la riservatezza fisiologica del risparmio e, dall’altro, combattere la riservatezza patologica di chi ha 23 commesso un reato(48). Permane, quindi, per le autorità preposte alla prevenzione e al contrasto del riciclaggio, la possibilità di esperire tutti i poteri alle stesse riconosciuti dal d.lgs. 231 del 2007, necessari ad assicurare l’effettiva osservanza dei presidi posti a tutela della integrità e sicurezza dei flussi finanziari. La finestra dello scudo fiscale si è chiusa il 30 aprile 2010, ma i controlli e le verifiche sulla correttezza delle operazioni “scudate” ai fini del contrasto del fenomeno del riciclaggio continuano. Nel controllo delle operazioni relative allo scudo fiscale occorre necessariamente contemperare le opposte finalità sottese ai diversi interessi in campo. L’efficacia dei presidi antiriciclaggio dipenderà dalla capacità degli operatori e delle Autorità preposte di cooperare ai fini di un costante e attento monitoraggio dei flussi finanziari. 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