il recupero all`attivo fallimentare dei conferimenti d`opera e servizi

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il recupero all`attivo fallimentare dei conferimenti d`opera e servizi
IL RECUPERO ALL’ATTIVO FALLIMENTARE DEI CONFERIMENTI D’OPERA
E SERVIZI NELLA NUOVA S.R.L.: TANTI DUBBI E POCHE CERTEZZE
Sommario: 1. Premesse - 2. Il regime dei conferimenti d’opere e servizi – 3.1 Dubbi interpretativi sulla
natura e sulla concreta effettuazione del conferimento - 3.2 L’inadempimento del socio - 3.3 La garanzia
- 4.1 Tematiche concorsuali: le possibili scelte della curatela per il recupero del conferimento non
eseguito - 4.2 L’impossibilità sopravvenuta della prestazione - 4.3 I casi in cui la prestazione del socio è
ancora possibile - 4.3.1 Prestazione possibile e interesse della curatela ad escutere la garanzia - 4.4. La
cauzione sostitutiva.
1. PREMESSE
La scelta legislativa di aprire la S.r.l. ai conferimenti d’opera e di servizi, innovando in tal modo
radicalmente sulla stessa natura giuridica del modello societario1, costituisce uno dei tasselli essenziali
del mosaico liberista voluto dal legislatore.
Con l’introduzione della riforma societaria la S.r.l. passa dal settore delle società di capitali ad un
settore intermedio in cui è fortemente presente l’elemento personalistico2, la cui impronta è impressa
tanto nella struttura interna della società e della “governance”, quanto nelle novità introdotte in tema di
conferimenti, che sono destinate a modificare la natura stessa della S.r.l. e a renderle strumento
ordinario, quasi quotidiano, per lo svolgimento di ogni attività produttiva da parte delle piccole e medie
imprese. Gli effetti, tanto sul piano giuridico, quanto su quello dell’economia reale, saranno molteplici e
non tutti già prevedibili.
Tali modifiche aprono ampie e nuove problematiche anche nel settore giuridico ed economico
della gestione dell’insolvenza, non ultima quella relativa all’acquisizione all’attivo del capitale sociale,
tanto rispetto alla prestazione principale del socio, quanto rispetto alle “garanzie” della polizza
assicurativa e della fideiussione (e così pure rispetto alla cauzione in danaro di cui all’ultimo comma
dell’art. 2464 c.c.). Le principali questioni riguardano: 1) gli strumenti di tutela concessi ai creditori per il
rispetto dell’integrale versamento del capitale sociale; 2) la possibilità del ricorso all’esecuzione in forma
specifica dell’obbligo di fare del socio; 3) la mancata costituzione o conservazione delle garanzie
prescritte dall’art. 2464 c.c.; 4) l’ammissibilità, ed a quali condizioni, dell’ipotesi che il socio, di fronte
alla pretesa del curatore di escutere la fideiussione o d’incamerare la cauzione, possa pretendere di
eseguire la sua prestazione in natura; 5) l’ammissibilità di un’azione di risarcimento per danni da
inadempimento o da mancata conservazione delle garanzie.
Le possibili soluzioni dipendono tanto dall’assetto che, a monte, sarà dato sul piano dogmatico
e concettuale alla materia dei conferimenti in questione e delle “garanzie sostitutive”, quanto dalla loro
concreta disciplina, quale deriverà dall’applicazione degli operatori e dall’interpretazione dottrinaria e
giurisprudenziale.
In questo lavoro ci si occuperà solamente delle questioni relative all’acquisizione all’attivo del
capitale sociale.
2. IL REGIME DEI CONFERIMENTI D’OPERE E SERVIZI
I principi ispiratori della riforma sono contenuti nelle lettere c), d) ed i) dell’art. 3 della L. delega
n. 366 del 2001 ed indicano al legislatore delegato, tra l’altro, di consentire l'acquisizione d’ogni elemento utile
per il proficuo svolgimento dell'impresa sociale, a condizione che sia garantita l'effettiva formazione del capitale sociale;
semplificare le procedure di valutazione dei conferimenti in natura nel rispetto del principio di certezza del valore a tutela
A differenza che per la S.p.a., la cui disciplina rimane vincolata dalle norme comunitarie ed impedisce siffatti conferimenti.
V. Le novità civilistiche scali della S.r.l., Ipsoa, 2004.
2 V. relazione d’accompagnamento del D.lgs. n. 6 del 2003; Vietti, Nuove Società per un nuovo mercato, Salerno Editrice, p. 233.
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dei terzi; i) prevedere norme inderogabili in materia di formazione e conservazione del capitale sociale, che siano idonee a
tutelare i creditori sociali.
Il regime dei conferimenti societari, è contenuto negli artt. da 2464 a 2466 c.c.
Secondo il nuovo testo dell’art. 2464 c.c., il valore dei conferimenti non può essere
complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale (comma 1); inoltre possono
essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica (comma 2); inoltre, ai
sensi del quinto comma dello stesso articolo possono essere conferiti tanto beni in natura, quanto
crediti, mentre in base al comma successivo gli obblighi del socio possono avere ad oggetto la
prestazione d’opera o di servizi a favore della società.
Secondo il quinto comma dell’art. 2464, infine, le quote relative ai conferimenti in natura o di
crediti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Questa norma, imposta
dalla legge delega, innova la disciplina precedente e deroga alle normali regole secondo cui l’obbligo
dell’effettivo versamento dei decimi (in danaro) riguarda solo una parte dei conferimenti e stabilisce un
principio a salvaguardia dei diritti dei creditori e dei terzi in genere relativamente all’effettività del capitale
sociale.
Secondo la dottrina3, nonostante l’espressione letterale in termini possibilistici, il sesto comma
dell’art. 2464 c.c. (secondo cui il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di
assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l’intero valore ad essi assegnato, gli obblighi
assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società ) impone in ogni caso di
conferimento di tali utilità, la prestazione delle garanzie. Tale indirizzo può essere condiviso, tenuto
conto dell’obbligo d’immediata liberazione dei conferimenti in natura e considerato che la norma
prevede che la copertura assicurativa o fideiussoria riguardi l’intero valore del conferimento.
Inoltre, se l’atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideiussione possono essere sostituite con
un versamento in danaro a titolo di cauzione.
Secondo la dottrina prevalente, inoltre4, anche il conferimento di servizi o d’opera, al pari di
quello in natura o di crediti, è soggetto all’obbligo di stima di cui all’art. 2465, comma 1, c.c..
3.1 DUBBI INTERPRETATIVI
SULLA NATURA E SULLA CONCRETA EFFETTUAZIONE DEL
CONFERIMENTO
La lacunosa normativa sopra riassunta non aiuta certo a superare i dubbi che la dottrina5, sin
dall’inizio, ha sollevato relativamente alla ricostruzione dell’istituto.
Secondo un primo indirizzo6, a seguito della sottoscrizione della sua quota di capitale,
l’obbligazione assunta dal socio verso la società con la sottoscrizione dei conferimenti d’opera o servizi
è quella della prestazione in natura, mentre la fideiussione e la polizza costituiscono mere garanzie
dell’adempimento dell’obbligo. Conseguentemente, fino a quando non abbia interamente versato il
proprio conferimento e quindi non abbia interamente eseguito la prestazione conferita, il socio rimane
debitore della società per la prestazione in senso stretto.
In tale prospettiva la fideiussione o la polizza assicurativa di cui al sesto comma non potrebbero
che assumere valore e funzione di mera garanzia così come vera e propria funzione cauzionale
dovrebbe essere attribuita al versamento in danaro di cui al sesto comma dell’art. 2464 c.c. Secondo tale
impostazione, tuttavia, il principio d’immediata e totale liberazione delle quote7 assumerebbe mero
M. Meoli, La nuova spa e la nuova srl, Giuffrè editore, p. 298; V. Santoro, Conferimenti e quote nella srl, in Quaderni del
C.S.M., n. 139 del 2004, La Riforma del diritto Societario, p. 192.
4 M. Meoli, Le novità fiscali e civilistiche della S.r.l., p. 69.
5 G. B. Portale, Profili dei conferimenti in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali in Corr. Giur. n. 12 del
2003, p 1663; G. Ferri Jr, Il conferimento documentario, in Società, 2002, p. 1456; G. Olivieri, Capitale sociale e
conferimenti nella riforma del diritto societario, in Riv. Notar. 2002, pp. 303 ss.
6 V. Santoro, cit., p. 195; Meoli in La nuova S.p.a. cit., p. 299; G. Olivieri, cit., p. 304.
7 Definibile - secondo Santoro, cit., p. 187, e G. Ferri Jr, Il conferimento documentario, in Riv. Notar. 2002, p. 1373 - come
compimento da parte del socio di quei comportamenti che consentano alla società di disporre del bene conferito senza
necessità d’ulteriore collaborazione del socio.
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valore programmatico, e contraddirebbe in termini l’assunzione d’un debito di facere, che implica la
necessaria collaborazione del debitore.
Una seconda tesi, invece, sostiene che il debito assunto dal socio è di valore e afferisce a quelle
utilità, purchè economicamente valutabili, che la riforma ha consentito d’inserire nel capitale sociale.
Tale indirizzo, poi, si colora variamente, a seconda che si ritenga che l’oggetto del conferimento abbia
pur sempre carattere monetario8, o che consenta l’alternativa tra il valore conferito e la prestazione
ovvero ancora, addirittura, che riguardi direttamente la garanzia. Quest’ultima ipotesi è autorizzata dal
rilievo d’ordine letterale costituito dal sesto comma dell’art. 2464, secondo cui Il conferimento può anche
avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria. Tale norma, se intesa
letteralmente, conferisce valore di piena ed immediata esecuzione del conferimento d’opera o di servizi,
ai sensi dell’art. 2464, comma 6 c.c., alla prestazione della polizza o della fideiussione bancaria. La
garanzia quindi, per espressa volontà normativa, integrerebbe direttamente il conferimento che sin
dall’inizio, una volta accesa dal socio la garanzia, dovrebbe necessariamente ritenersi liberato. Ciò a sua
volta dovrebbe comportare che, dopo l’esecuzione del conferimento mediante la prestazione della
garanzia, non residuerebbe per tale titolo (ai fini della formazione del capitale sociale) alcun debito del
socio verso la società. Questa ipotesi trova conferma anche in un rilievo di carattere sostanziale,
derivante dal contrasto implicito che vi è, sul piano logico, tra l’obbligo d’immediata liberazione delle
quote sottoscritte (da intendersi in senso effettivo e non volontaristico) previsto dal quinto comma
citato (che costituisce principio inderogabile), ed il permanere durante la vita sociale del “debito” del
socio di eseguire l’opera o il servizio. Da cui deriva che la formazione del capitale sociale non sarà
completa sino all’esaurimento del debito del socio.
Ma quest’ultima linea interpretativa per la verità risulta insoddisfacente, poichè non solamente
lascia inspiegato quali sarebbero l’ambito concettuale ed il regime propri dell’obbligo di prestazione
d’opera o servizio del socio – che rimarrebbero privi di adeguata disciplina normativa e di difficile
collocazione dogmatica – e ricondurrebbe il conferimento non ad una prestazione di facere, ma
all’apporto d’una mera garanzia9.
Nè va sottovalutato che anche la prima tesi qui enunciata trova sul piano dell’interpretazione
letterale vari agganci nelle norme citate, non solo perchè le espressioni “vengono garantiti” di cui al
sesto comma, “fideiussione”, “polizza assicurativa” e “cauzione” esprimono concetti tecnicamente
propri ed evidenziano la precisa intenzione del legislatore di ricorrere a strumenti giuridicamente ben
definiti, ma anche perché il secondo ed il quarto comma dell’art. 2464 c.c. parlano espressamente di
conferimenti di beni in natura e di elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, mentre il
quinto comma menziona gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore
della società , con espresso riferimento a ciò che deve necessariamente essere considerato il debito
principale del socio10. Probabilmente il legislatore, spinto dalle esigenze concrete di migliorare la
competitività del modello societario e quindi di consentire l’accesso al capitale d’ogni valore, ha voluto,
nella sostanza, imporre una sorta di equivalenza giuridica ed economica, oltrechè sostanziale, tra il
conferimento in natura ed il suo valore economico, pur senza assumere le consequenziali scelte
operative, un meccanismo giuridicamente chiaro ed adeguatamente regolato per darvi attuazione.
3.2 L’INADEMPIMENTO DEL SOCIO
Ipotizzando il prevalere della prima tesi sopra riassunta, ne deriva - ai fini del discorso sul
recupero del conferimento all’attivo concorsuale - che l’oggetto del conferimento è costituito da
G. Ferri, cit., p. 1375, secondo cui nell’ambito del sistema riformato la fideiussione e la polizza assicurativa sostitutivi del
versamento del venticinque per cento del capitale di cui al quarto comma dell’art. 2464 c.c. svolgono una funzione
“procedimentale” e “monetaria”, essenzialmente sostitutiva del pagamento in danaro; l’Autore evidenzia inoltre come già
l’acquisizione del credito verso la banca o la società assicuratrice rappresenti un valore economico idoneo ad assumere il
ruolo di conferimento; contro questa indicazione, V. Santoro, cit., p.189.
9 Nega che l’obbligazione del conferimento d’opera o servizio sia di valore Santoro, cit., p. 193.
10 Esclude che la polizza o la fideiussione costituiscano conferimento in natura Santoro, cit., p.188.
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un’obbligazione futura, la quale per sua stessa natura è suscettibile d’inadempimento durante la vita
della società, tanto per colpa del socio, quanto per il caso fortuito o la forza maggiore.
Si è ritenuto che, siccome l’opera o il servizio devono essere stimati ai sensi dell’art. 2465 c.c. e
poiché la stima deve contenere l’attestazione che il valore è almeno pari a quello attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale, il conferimento dovrà essere temporalmente limitato, in modo
consentire di determinarne l’effettivo valore in sede di stima.
3.3 LA GARANZIA
Un altro punto nebuloso è quello relativo alla “garanzia”, obbligatoriamente da prestarsi da
parte del socio.
Tecnicamente non si tratta sempre di una vera e propria garanzia, tale non essendo il contratto
d’assicurazione, ma la funzione svolta è certamente di manleva.
Mentre non par dubbio che l’obbligo di prestare la garanzia incomba sul socio conferente, non è
specificato quali siano i soggetti tutelati: se, cumulativamente o alternativamente, i terzi, i creditori o la
società in quanto tale, pur se quest’ultima è certamente soggetto necessario del rapporto. La posizione
giuridica di tali soggetti non è peraltro identica tra loro, perchè la società vanta col socio, in relazione al
conferimento, un rapporto diretto di natura obbligatoria, mentre altrettanto non può dirsi per i creditori
sociali ed i terzi in genere, i quali assumono una posizione qualificata e giuridicamente rilevante solo nel
momento in cui si verifica un pregiudizio nei loro confronti. Per altro verso, la riforma sembra
assecondare la tendenza presente in vari ordinamenti secondo cui il capitale sociale, più che svolgere le
pur importanti funzioni economiche di fornire i mezzi per l’attività sociale e di tutela delle ragioni dei
terzi, è utilizzato per precisare i termini giuridici per la suddivisione dei poteri e dei diritti tra i soci.
Ciò posto, e premessa la sostanziale assimilabilità delle garanzie di cui al quarto comma con
quelle del sesto comma dell’art. 2464 c.c.11, il secondo elemento d’incertezza è relativa al soggetto nei
cui riguardi deve formalmente essere stipulata la garanzia, se la società, i terzi o i creditori e,
correlativamente, quale sia il soggetto legittimato all’escussione. Ove beneficiario e legittimato si ritenga
essere solo la società, tanto i problemi si porrebbero in termini piuttosto agevoli sul piano della tutela
giudiziaria, quanto semplicistica e incongrua sarebbe la soluzione, perché si rimetterebbe l’attivazione
della tutela a beneficio dei terzi ad un soggetto da essi diverso – la società - che peraltro potrebbe essere
in conflitto d’interessi con essi ovvero col socio (laddove gli amministratori siano espressione di costui,
o addirittura vi si identifichino). Ove invece si dovesse concludere che la legittimazione spetti, o debba
spettare, anche ai terzi e creditori della società, ci si scontrerebbe con l’assoluta mancanza di previsione
di strumenti idonei a rendere concreta tale possibilità. E certamente sarà improbabile che, in assenza di
un preciso obbligo di legge, nelle polizze venga volontariamente prevista la legittimazione attiva in capo
ai terzi o ai creditori12.
Altro importante punto, sul quale sarebbe stato opportuno l’art. 2464 c.c. dicesse di più, è quello
relativo all’inadempimento idoneo a far scattare la garanzia: se a tal fine sarà sufficiente il mero fatto
oggettivo della mancanza della prestazione del socio, ovvero sarà necessario un qualche connotato di
colpevolezza, o quantomeno d’ascrivibilità dell’inadempimento al socio13. La previsione contenuta
nell’art. 2464 c.c. d’una garanzia prestata in forma assicurativa lascia pensare che si possa prescindere
non solo da ogni connotato psicologico, ma anche da ogni riferimento all’imputabilità della perdita al
socio.
Si è auspicato peraltro14 che il D.P.C.M. di completamento preveda quantomeno la necessità di
garanzie a pronta richiesta, ma sul punto non deve sottacersi che essa costituisce solo una normativa
attuativa di carattere secondario, non avente medesima forza della legge primaria.
Pur rilevando diversa la funzione dei due istituti; v. G. B. Portale, cit.
Alle garanzie in questione, comunque, dovranno essere estese le regole del D.P.C.M. previsto dall’art. 2464, comma 4 c.c.
13 Sembra favorevole alla prima soluzione Portale, cit.
14 V. Santoro; G. B. Portale, cit.
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4.1 TEMATICHE CONCORSUALI: LE POSSIBILI SCELTE DELLA CURATELA PER
IL RECUPERO
DEL CONFERIMENTO NON ESEGUITO
Passando quindi alle tematiche concorsuali la questione che ci si pone è quella della possibilità o
meno d’acquisire all’attivo fallimentare il capitale sociale, nei casi in cui sia costituito da conferimenti
d’opera o servizi ancora in parte o del tutto ineseguiti dal socio in favore della società.
La curatela può trovarsi in una delle seguenti situazioni: 1) che, a causa della chiusura dell’attività
imprenditoriale, non sia più possibile richiedere l’opera o il servizio del socio; 2) che, invece, per non
essere l’attività imprenditoriale ancora cessata, la richiesta d’adempimento del socio sia ancora possibile.
L’interesse del curatore potrà di volta in volta indirizzarsi nel senso d’escutere direttamente le
garanzie, ritenendo non vantaggioso per la massa vantare pretese relativamente all’opera o al servizio,
oppure di chiedere l’adempimento del socio. Una terza ipotesi, da esaminare a parte, è quella in cui il
socio abbia versato la cauzione sostitutiva della garanzia.
4.2 L’IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE
Normalmente l’attività sociale s’interrompe con la dichiarazione di fallimento o comunque è già
cessata prima della dichiarazione d’insolvenza. In entrambi tali casi il socio che ha conferito la propria
prestazione d’opera ovvero dei propri servizi è materialmente impossibilitato ad adempiere.
Il fallimento della società, quale stato d’insolvenza riferibile ad un soggetto affatto diverso ed
autonomo rispetto al socio ed indipendente dal suo comportamento, non può di per sé ed in linea di
principio considerarsi causa d’inadempimento imputabile al socio – debitore della prestazione che
costituisce il conferimento. Il dato dell’inadempimento del socio, quindi, non potrà che rilevare
obbiettivamente, siccome estraneo alla sua responsabilità, e pertanto la vicenda dovrà essere ricondotta
sul piano giuridico all’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore,
ai sensi degli artt. 1218 e 1256 e seguenti c.c.
Per il vero, la giurisprudenza lavoristica formatasi sull’argomento in relazione alle prestazioni
lavorative ha nega to che il fallimento determini un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta15.
L’argomento principale utilizzato dalla Suprema Corte a sostegno della tesi negativa, quello per
cui il fallimento non determinerebbe la cessazione dell’impresa e quindi non darebbe luogo
all’impossibilità della prestazione, non è tuttavia conclusivo, poichè se è vero che a seguito della
sentenza dichiarativa non si verifica l’estinzione della società e dell’impresa, è altrettanto vero che, di
regola, si determina la chiusura dell’attività svolta e quindi, di fatto rimane impossibile, per il debitore,
adempiere alla prestazione del servizio o dell’opera. Va infatti considerato che le problematiche
lavoristiche sono piuttosto lontane da quelle del settore concorsuale, laddove il problema non è quello,
in astratto, di stabilire se l’impresa è formalmente estinta o meno, ma quello, in fatto, di verificare se a
causa della chiusura dell’attività il debitore sia o meno in condizioni di adempiere.
Come l’esperienza insegna, non esiste una regola generale valida in ogni caso, poiché se spesso
l’attività è completamente chiusa, non sono rari i casi in cui, almeno in parte, rimane operativa, in
connessione col trasferimento dell’azienda in capo ad altri soggetti. Si deve quindi constatare che la
sussistenza o meno dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione dipende dalle circostanze del caso
e va accertata in concreto di volta in volta.
Nelle ipotesi in cui si rileva che il socio è impossibilitato ad adempiere, ai sensi degli artt. 1218 e
1256 c.c. deve escludersi il risarcimento dei danni nei riguardi della massa, mentre l’obbligazione del
socio (della prestazione di fare, conferita) si estingue. Il curatore quindi non può agire coattivamente per
l’adempimento.
Ma tale risposta non esaurisce l’argomento e si aprono altre domande: se possa il curatore,
nonostante l’estinzione dell’obbligazione principale, pretendere l’escussione delle garanzie assunte alla
nascita della società; se ciò possa fare anche in caso d’opposizione; ed ancora, quale sarebbe, in caso
V., ex multis, Cass., sez. lav., 18 febbraio 1997 n. 1476, in Giust. civ. mass. 1997, p. 264, e ID. 8 gennaio 1996 n. 61, ibidem
1996, p. 7.
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positivo, quale sia il soggetto legittimato a sollevare le eventuali eccezioni, il socio o il garante. Un
ulteriore problema, che sarà trattato in altra sede, è se in caso d’estinzione delle garanzie nel corso del
tempo, sia ipotizzabile la responsabilità del socio o degli amministratori.
All’interesse dei creditori all’acquisizione della garanzia, che costituisce un valore della società
come tale da acquisirsi all’attivo, si contrappone quello del socio (al quale, come si è detto, la causa
dell’inadempimento non è imputabile) ad evitare che al pregiudizio che gli è derivato dall’insolvenza
della società si aggiunga quello della rivalsa del garante escusso. Il socio, infatti, potrebbe voler
adempiere al suo obbligo di conferimento solamente in forma specifica, o comunque potrebbe opporre
alla curatela il suo interesse ad adempiere prestando l’opera o il servizio e l’impossibilità oggettiva di
farlo.
In base alla regola dell’estinzione delle obbligazioni accessorie in caso d’estinzione
dell’obbligazione principale16, dovrebbe derivare l’inammissibilità di un’azione diretta all’escussione in
caso di stipulazione della fideiussione (salvo che l’emanando D.P.C.M. non preveda l’obbligo della
garanzia a prima richiesta). Al contrario dovrebbe concludersi per il caso dell’assicurazione, che non dà
luogo ad un’obbligazione accessoria17.
4.3 I CASI IN CUI LA PRESTAZIONE DEL SOCIO È ANCORA POSSIBILE
In tali casi, quando l’attività dell’impresa non è del tutto cessata, ovvero quando può essere
rimessa in moto, dal curatore o da un terzo, può darsi anzitutto che l’interesse del curatore sia quello di
ottenere dal socio l’adempimento specifico dell’obbligazione di fare o di prestare il servizio, per poter
dar corso all’esercizio provvisorio e comunque in tutti i casi in cui sia necessario proseguire l’attività pur
in pendenza di fallimento. Ovviamente, vi è sempre la possibilità, per il socio che ne abbia interesse, di
prestare spontaneamente l’opera o il servizio, ed in tal caso non si pongono problemi particolari.
I dubbi sorgono nel caso opposto, in cui vi è opposizione del debitore ed in tal caso l’unica
possibilità per il curatore potrebbe essere quella dell’esecuzione coattiva. La soluzione è strettamente
legata al tema della fungibilità o meno delle prestazioni, ed a quello dell’impossibilità di agire
coattivamente per l’esecuzione di quelle infungibili. Nella giurisprudenza sin qui formatasi tale requisito
ha, infatti, carattere necessario e generale18 e quindi anche nelle fattispecie in esame sarà necessaria
un’indagine caso per caso, al fine di stabilire quando vi sia in concreto una prestazione fungibile o
infungibile, legando l’esecutività solo alla prima ipotesi.
Nel caso in cui la prestazione sia infungibile ed il socio non intenda adempiere, ogni azione
diretta alla prestazione specifica rimarrà inibita, mentre deve ritenersi pienamente ammissibile che il
curatore possa agire sulla fideiussione o sulla polizza assicurativa, senza i limiti di cui sopra a proposito
dell’estinzione dell’obbligazione accessoria di garanzia.
4.3.1 PRESTAZIONE POSSIBILE E INTERESSE DELLA CURATELA AD ESCUTERE LA GARANZIA .
Può darsi, invece, che interesse del curatore sia di escutere la garanzia, o, meglio, di acquisire il
controvalore in danaro della prestazione ancora dovuta, pur essendo ancora possibile l’adempimento in
natura da parte del socio.
In tal caso, potrebbe il socio accondiscendere e versare direttamente la somma ancora dovuta,
unico punto incerto restando, in tal caso, quello della quantificazione.
Ma il problema rimane se non vi è consenso in ordine all’escussione della garanzia e il socio
pretende di adempiere all’obbligo principale. In tal caso, le possibilità d’escussione della garanzia
sarebbero legate al prevalere della tesi secondo cui il conferimento d’opera o di servizi sottende
comunque un’obbligazione di valore, rafforzata da una sorta d’equivalenza giuridica ed economica tra
V. Santoro, cit., p. 186, secondo cui allo stato dalla norma non si ricava alcuna indicazione in favore delle clausole a prima
richiesta.
17 Cass. 15 marzo 2000 n. 2975, in Giust. civ. mass., 2000, p. 577.
18 Cass. 26 marzo 1979 n. 1756; trib. Roma 13 dicembre 1996.
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l’obbligazione di fare e quella del controvalore (ancora tutta da costruire) e dall’attribuzione alla curatela
d’una potestà di scelta prevalente.
La fattispecie non sarà in concreto facilmente dipanabile: il garante dovrebbe essere informato
della situazione di fatto esistente (ivi compresa la possibilità ancora attuale della prestazione specifica) e
dell’intenzione del socio di adempiere in forma specifica; e solo ove non si tratti di una garanzia a
pronta richiesta sembra che tali circostanze possano essere opponibili alla curatela.
In attesa che la tesi sopra indicata dell’equivalenza possa trovare un qualche sostegno nei futuri
approfondimenti, allo stato le conseguenze non possono che ritenersi a carico della curatela, poichè non
sarebbe ravvisabile alcun inadempimento quindi una delle fattispecie in cui scattano le garanzie.
4.4. LA CAUZIONE SOSTITUTIVA
Un cenno a parte merita il caso della cauzione in danaro versata dal socio nelle casse sociali, ai
sensi dell’art. 2464 c.c., in sostituzione della fideiussione o della polizza assicurativa.
Si è sostenuto che tale versamento deve certamente avvenire prima della costituzione della
società, ma pare non esistano strumenti, allo stato, che impediscano alla società, una volta costituita, di
restituire al socio la cauzione versata. Ciò già di per sé costituisce un grave “vulnus” al principio
dell’integrale liberazione dei conferimenti.
Va tenuto conto, inoltre, che col trascorrere della vita sociale si assottiglia il debito di fare del
socio nei confronti della società, sicchè sembra anche ipotizzabile la richiesta del rimborso parziale della
cauzione, per la parte eccedente il credito residuo (problemi analoghi, forse, potranno porsi
relativamente alla garanzia prestata con la polizza o la fideiussione).
Nel caso in cui sia stata versata regolarmente, la cauzione, se rinvenuta nelle casse sociali, potrà
essere acquisita dal curatore all’attivo in caso di chiusura dell’attività sociale, potendosi dar luogo alla
soddisfazione dell’interesse della curatela al conferimento mediante l’acquisizione della somma
sostitutiva nel caso in cui vi sia l’impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Può sorgere un dubbio per il caso in cui, pur essendo ancora possibile la prestazione in natura
del conferimento, il curatore pretenda di incamerare la cauzione versata dal socio. La soluzione non è
dissimile da quella appena sopra prospettata per l’ipotesi della garanzia, in quanto il fatto genetico del
diritto ad incamerare la cauzione è pur sempre costituito dall’inadempimento del socio (o al massimo
dall’impossibilità della prestazione) e non anche dalla volontà del creditore di non accettare
l’adempimento principale. Piuttosto, potrà ancora discutersi se il credito del socio per la restituzione
della cauzione abbia natura concorsuale o prededucibile.
Propendo per la prima soluzione, considerato che il fatto generatore della restituzione è
precedente o al massimo coevo al fallimento e non mi pare riconducibile ad una scelta o comunque
all’operato dell’ufficio fallimentare.
Ma spesso potrà accadere che la cauzione non venga rinvenuta nelle casse sociali.
Se il versamento era stato regolarmente effettuato dal socio e non era avvenuto alcun rimborso,
non mi pare possa ipotizzarsi alcuna sua ulteriore responsabilità, ma casomai solo quella degli
amministratori che hanno indebitamente utilizzato la somma.
Nel caso invece di mancato versamento (o, piuttosto, di successivo rimborso, da ritenersi
indebitamente effettuato) certamente sarà ravvisabile un debito del socio, che a mio avviso potrà essere
chiamato al pagamento in danaro anziché all’adempimento in natura, poiché la scelta della cauzione
diretta lo vincola anche dopo la costituzione della società. O, forse, potrà ritenersi che il rimborso della
somma, che doveva rimanere nella casse sociali, determina, anziché il risorgere del debito del
conferimento, un nuovo debito che potrà comunque essere escusso dal curatore.
Dott. Antonino La Malfa
Magistrato in Roma
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