RUSTICITÀ e RINSANGUAMENTO in TROTICOLTURA
Transcript
RUSTICITÀ e RINSANGUAMENTO in TROTICOLTURA
TROTICOLTURA RUSTICITÀ e RINSANGUAMENTO in TROTICOLTURA TERRA TRENTINA F 36 in dai primi del ‘900, in alcune pescicolture del Trentino si fecondavano le fattrici di trota, allevate in vasca, con i maschi catturati nel fiume Sarca, al fine di migliorare la rusticità e la resistenza delle progenie alle condizioni di allevamento. Tale pratica è andata in disuso negli ultimi decenni, soprattutto per difficoltà burocratiche. Nel frattempo si è visto che i ceppi di trota selezionati per generazioni in pescicoltura si ingentiliscono e perdono la loro rusticità. Variazioni anche modeste delle condizioni d’allevamento facilitano l’insorgenza di malattie, con forti mortalità. Inoltre, quando vengono seminati nelle acque pubbliche, questi ceppi non attecchiscono. La stessa trota iridea (Oncorhynchus mykiss Walb.), se non è sostenuta da continue semine, scompare dai torrenti dove è immessa. Qualche ceppo di trota iridea di remota immissione si è tuttavia acclimatato in alcuni corsi d’acqua del Trentino. Si tratta di corsi d’acqua di piccole dimensioni (poche decine di litri d’acqua al secondo), lontani dalle pescicolture, nei quali la riproduzione spontanea della trota iridea è nota da decenni. Queste popolazioni hanno subìto meno a lungo gli effetti della selezione in pescicoltura, e sono state invece sottoposte per diverse generazioni alla selezione dell’ambiente naturale. Attingendo a questi ceppi, abbiamo voluto verificare, sulla trota iridea, l’utilità del lavoro di rinsanguamento che veniva fatto dai primi pescicoltori. Materiali e metodi Nel bacino del torrente Travignolo, nel Parco naturale di Paneveggio - Pale di S.Martino, esiste un ceppo di trota iridea Leonardo Pontalti Alvise Vittori Istituto Agrario di S. Michele all’Adige acclimatato. La riproduzione in natura avviene nel mese di maggio, dopo lo scioglimento della neve. Nella pescicoltura dell’Istituto, alimentata con acqua di pozzo, la maturazione delle gonadi viene anticipata a gennaio. La prima immissione documentata di trota iridea nel torrente Travignolo risale al 1896, e avvenne nella quantità di 3.000 avannotti, provenienti dall’incubatoio del sig. Dellagiacoma di Predazzo. In seguito vennero fatte altre immissioni di questa specie, fino agli anni ’70, quando sia le semine che la pesca furono vietate; divieto che vige tuttora. La trota iridea è presente solo sporadicamente nel torrente Travignolo, che è abitato quasi esclusivamente dalla trota fario (Salmo trutta trutta L.). La presenza dell’iridea è concentrata in due affluenti di destra, il rio Iuribrutto e il rio Bocche, dove la trota fario è rara. Qui la trota iridea forma due nuclei che si autosostengono e che probabilmente derivano dallo stesso ceppo. I rilevamenti fatti con elettropesca negli ultimi vent’anni hanno messo in evidenza che questi nuclei sono stabili: l’areale occupato dalla trota iridea non mostra alcuna tendenza ad allargarsi a discapito di quello occupato dalla trota fario. Il ceppo di trota iridea acclimatato nel Parco è stato riprodotto in incubatoio di valle e portato, allo stadio di uova embrionate, nella pescicoltura dell’Istituto Agrario. Qui l’allevamento è continuato nelle stesse condizioni degli altri ceppi presenti in pescicoltura, fino allo stadio di riproduttore (peso corporeo attorno ai 500 g). All’inizio del periodo riproduttivo, si sono utilizzati i maschi del ceppo selvatico acclimatato (MS = maschi ceppo selvatico) per fecondare le femmine del loro ceppo (FS) e del ceppo di pescicoltura (FP); lo stesso si è fatto con i maschi del ceppo di pescicoltura (MP). Le uova fecondate di ogni femmina - cioè le diverse progenie - sono state tenute separate durante le successive fasi di sviluppo, fino allo stadio di trotella di 5-8 cm (età 25 settimane). Per l’alimentazione è stato utilizzato mangime commerciale completo. Al fine di evidenziare e distinguere meglio la resistenza del- Incrocio uova le diverse progenie alle condizioni di stress dell’ambiente di pescicoltura, le condizioni di stress sono state volutamente accentuate utilizzando acqua ricircolata per 3/4 della portata. Lo sviluppo embrionale e l’allevamento sono perciò avvenuti in acqua con queste caratteristiche: temperatura 9-14,5 °C, pH 7,5, conducibilità 600 µS/ cm, azoto ammoniacale fino a 0,2 mg/l, azoto nitroso fino a 0,1 mg/l, ossigeno disciolto al di sotto della saturazione. Sono state fatte le consuete disinfezioni per contenere le patologie da batteri e da parassiti. Non sono stati usati antibiotici. Allo stadio di avannotto con sacco vitellino, le progenie che presentavano una sopravvivenza inferiore al 20 % rispetto al numero di uova fecondate sono state scartate. Lo stesso è stato fatto allo stadio di trotella di 4 cm, scartando le progenie che presentavano una sopravvivenza inferiore al 10 %. Risultati Le fattrici di pescicoltura hanno dato mediamente 1.400 uova per kg di peso corporeo; quelle selvatiche ne hanno prodotte 2.200. I risultati di sopravvivenza sono riassunti nella tabella sotto. Le condizioni di allevamento, che hanno determinato l’eliminazione di più di 3/4 delle pro- n° progenie allo stadio di avannotto trotella % sopravvivenza (età 25 sett.)* MP x FP 28 20 7 16,2 MS x FP 20 7 5 20,8 MP x FS 19 7 2 13 MS x FS 16 10 4 12,7 * = sopravvivenza media all’interno delle progenie arrivate allo stadio di trotella. TERRA TRENTINA La sperimentazione di cui si dà resoconto ha confermato la maggiore difficoltà per le progenie di genitori entrambi selvatici, di adattarsi all’ambiente di pescicoltura, mentre ha evidenziato come quelle ottenute da maschi selvatici incrociati con femmine di pescicoltura possano avere sopravvivenze più elevate. 37 TERRA TRENTINA TROTICOLTURA genie di partenza, sono state volutamente severe. Il ricircolo dell’acqua ha facilitato - come previsto - il diffondersi delle parassitosi e della malattia branchiale. Il filtraggio meccanico e biologico dell’acqua, il successivo passaggio in un sistema UV e le disinfezioni hanno in parte contenuto la mortalità dovuta alle patologie che, in queste condizioni, su questi primi stadi di accrescimento, avrebbe potuto essere totale. La sperimentazione ha confermato la maggiore difficoltà, per le progenie di genitori entrambi selvatici, di adattarsi all’ambiente di pescicoltura, mentre ha evidenziato come quelle ottenute da maschi selvatici incrociati con femmine di pescicoltura possano avere sopravvivenze più elevate. Se avessimo potuto fecondare con maschi catturati direttamente nel torrente, riteniamo che la vitalità sarebbe stata ancora superiore. 38 È stata inoltre verificata la migliore resistenza delle progenie derivanti dall’incrocio di maschi selvatici con femmine di pescicoltura rispetto a quelle derivanti da parentali entrambi di pescicoltura, a conferma dell’utilità del lavoro di rinsanguamento che veniva fatto dai primi pescicoltori. In conclusione, riteniamo che il recupero della pratica tradizionale del rinsanguamento meriti attenzione. Dopo decenni di inincrocio finalizzato alla conversione del mangime e alla velocità di accrescimento, il recupero della pratica del rinsanguamento consentirebbe di evitare il rischio di trovarsi in pescicoltura una popolazione di consanguinei, che in condizioni normali può presentare incrementi maggiori, ma che in condizioni di stress o in presenza di nuove patologie può crollare. Applicato alle specie autoctone, il rinsanguamento delle fattrici allevate in pescicoltura con i maschi catturati di volta in volta nell’ambiente naturale consentirebbe di avere in pescicoltura materiale allevabile ma rustico, dotato di maggiori possibilità di successo quando è utilizzato per i ripopolamenti delle acque libere. Se in futuro saranno superati i problemi attuali di conservabilità del seme, il rinsanguamento si potrà fare su scala più ampia, con beneficio estendibile a tutte le troticolture. I ceppi rustici di trota fario e di trota iridea sono disponibili per gli allevatori presso la pescicoltura dell’Istituto Agrario di San Michele.