RUSTICITÀ e RINSANGUAMENTO in TROTICOLTURA

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RUSTICITÀ e RINSANGUAMENTO in TROTICOLTURA
TROTICOLTURA
RUSTICITÀ
e RINSANGUAMENTO
in TROTICOLTURA
TERRA TRENTINA
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in dai primi del ‘900, in
alcune pescicolture del
Trentino si fecondavano
le fattrici di trota, allevate in vasca, con i maschi catturati nel
fiume Sarca, al fine di migliorare la rusticità e la resistenza delle progenie alle condizioni di
allevamento. Tale pratica è andata in disuso negli ultimi decenni, soprattutto per difficoltà
burocratiche.
Nel frattempo si è visto che i
ceppi di trota selezionati per
generazioni in pescicoltura si
ingentiliscono e perdono la loro
rusticità. Variazioni anche modeste delle condizioni d’allevamento facilitano l’insorgenza di
malattie, con forti mortalità. Inoltre, quando vengono seminati nelle acque pubbliche, questi ceppi non attecchiscono. La
stessa trota iridea (Oncorhynchus mykiss Walb.), se non è
sostenuta da continue semine,
scompare dai torrenti dove è
immessa.
Qualche ceppo di trota iridea
di remota immissione si è tuttavia acclimatato in alcuni corsi
d’acqua del Trentino. Si tratta
di corsi d’acqua di piccole dimensioni (poche decine di litri
d’acqua al secondo), lontani
dalle pescicolture, nei quali la
riproduzione spontanea della
trota iridea è nota da decenni.
Queste popolazioni hanno subìto meno a lungo gli effetti
della selezione in pescicoltura,
e sono state invece sottoposte
per diverse generazioni alla selezione dell’ambiente naturale.
Attingendo a questi ceppi, abbiamo voluto verificare, sulla
trota iridea, l’utilità del lavoro
di rinsanguamento che veniva
fatto dai primi pescicoltori.
Materiali e metodi
Nel bacino del torrente Travignolo, nel Parco naturale di Paneveggio - Pale di S.Martino, esiste un ceppo di trota iridea
Leonardo Pontalti
Alvise Vittori
Istituto Agrario di S. Michele all’Adige
acclimatato. La riproduzione in
natura avviene nel mese di
maggio, dopo lo scioglimento
della neve.
Nella pescicoltura dell’Istituto,
alimentata con acqua di pozzo,
la maturazione delle gonadi viene anticipata a gennaio.
La prima immissione documentata di trota iridea nel torrente
Travignolo risale al 1896, e avvenne nella quantità di 3.000
avannotti, provenienti dall’incubatoio del sig. Dellagiacoma di
Predazzo.
In seguito vennero fatte altre
immissioni di questa specie,
fino agli anni ’70, quando sia le
semine che la pesca furono vietate; divieto che vige tuttora.
La trota iridea è presente solo
sporadicamente nel torrente
Travignolo, che è abitato quasi
esclusivamente dalla trota fario
(Salmo trutta trutta L.). La presenza dell’iridea è concentrata
in due affluenti di destra, il rio
Iuribrutto e il rio Bocche, dove
la trota fario è rara. Qui la trota
iridea forma due nuclei che si
autosostengono e che probabilmente derivano dallo stesso
ceppo.
I rilevamenti fatti con elettropesca negli ultimi vent’anni
hanno messo in evidenza che
questi nuclei sono stabili: l’areale occupato dalla trota iridea
non mostra alcuna tendenza ad
allargarsi a discapito di quello
occupato dalla trota fario.
Il ceppo di trota iridea acclimatato nel Parco è stato riprodotto in incubatoio di valle e portato, allo stadio di uova embrionate, nella pescicoltura dell’Istituto Agrario.
Qui l’allevamento è continuato
nelle stesse condizioni degli altri ceppi presenti in pescicoltura, fino allo stadio di riproduttore (peso corporeo attorno
ai 500 g). All’inizio del periodo
riproduttivo, si sono utilizzati i
maschi del ceppo selvatico acclimatato (MS = maschi ceppo
selvatico) per fecondare le femmine del loro ceppo (FS) e del
ceppo di pescicoltura (FP); lo
stesso si è fatto con i maschi
del ceppo di pescicoltura (MP).
Le uova fecondate di ogni femmina - cioè le diverse progenie
- sono state tenute separate durante le successive fasi di sviluppo, fino allo stadio di trotella
di 5-8 cm (età 25 settimane). Per
l’alimentazione è stato utilizzato mangime commerciale completo.
Al fine di evidenziare e distinguere meglio la resistenza del-
Incrocio
uova
le diverse progenie alle condizioni di stress dell’ambiente di
pescicoltura, le condizioni di
stress sono state volutamente
accentuate utilizzando acqua ricircolata per 3/4 della portata.
Lo sviluppo embrionale e l’allevamento sono perciò avvenuti
in acqua con queste caratteristiche: temperatura 9-14,5 °C,
pH 7,5, conducibilità 600 µS/
cm, azoto ammoniacale fino a
0,2 mg/l, azoto nitroso fino a
0,1 mg/l, ossigeno disciolto al
di sotto della saturazione.
Sono state fatte le consuete
disinfezioni per contenere le patologie da batteri e da parassiti.
Non sono stati usati antibiotici.
Allo stadio di avannotto con
sacco vitellino, le progenie che
presentavano una sopravvivenza inferiore al 20 % rispetto al
numero di uova fecondate sono
state scartate. Lo stesso è stato
fatto allo stadio di trotella di 4
cm, scartando le progenie che
presentavano una sopravvivenza inferiore al 10 %.
Risultati
Le fattrici di pescicoltura hanno dato mediamente 1.400 uova
per kg di peso corporeo; quelle selvatiche ne hanno prodotte 2.200.
I risultati di sopravvivenza sono
riassunti nella tabella sotto.
Le condizioni di allevamento,
che hanno determinato l’eliminazione di più di 3/4 delle pro-
n° progenie allo stadio di
avannotto
trotella
% sopravvivenza
(età 25 sett.)*
MP x FP
28
20
7
16,2
MS x FP
20
7
5
20,8
MP x FS
19
7
2
13
MS x FS
16
10
4
12,7
* = sopravvivenza media all’interno delle progenie arrivate allo stadio di trotella.
TERRA TRENTINA
La sperimentazione
di cui si dà resoconto
ha confermato
la maggiore difficoltà
per le progenie
di genitori entrambi
selvatici, di adattarsi
all’ambiente
di pescicoltura, mentre
ha evidenziato come
quelle ottenute
da maschi selvatici
incrociati con
femmine di pescicoltura
possano avere
sopravvivenze più
elevate.
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TROTICOLTURA
genie di partenza, sono state volutamente severe.
Il ricircolo dell’acqua ha facilitato - come previsto - il diffondersi delle parassitosi e della
malattia branchiale.
Il filtraggio meccanico e biologico dell’acqua, il successivo
passaggio in un sistema UV e
le disinfezioni hanno in parte
contenuto la mortalità dovuta
alle patologie che, in queste
condizioni, su questi primi stadi di accrescimento, avrebbe
potuto essere totale.
La sperimentazione ha confermato la maggiore difficoltà, per
le progenie di genitori entrambi selvatici, di adattarsi all’ambiente di pescicoltura, mentre
ha evidenziato come quelle ottenute da maschi selvatici incrociati con femmine di pescicoltura possano avere sopravvivenze più elevate.
Se avessimo potuto fecondare
con maschi catturati direttamente nel torrente, riteniamo che
la vitalità sarebbe stata ancora
superiore.
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È stata inoltre verificata la migliore resistenza delle progenie
derivanti dall’incrocio di maschi
selvatici con femmine di pescicoltura rispetto a quelle derivanti da parentali entrambi di pescicoltura, a conferma dell’utilità del lavoro di rinsanguamento che veniva fatto dai primi pescicoltori.
In conclusione, riteniamo che
il recupero della pratica tradizionale del rinsanguamento meriti attenzione.
Dopo decenni di inincrocio finalizzato alla conversione del
mangime e alla velocità di accrescimento, il recupero della
pratica del rinsanguamento consentirebbe di evitare il rischio
di trovarsi in pescicoltura una
popolazione di consanguinei,
che in condizioni normali può
presentare incrementi maggiori, ma che in condizioni di stress
o in presenza di nuove patologie può crollare.
Applicato alle specie autoctone,
il rinsanguamento delle fattrici
allevate in pescicoltura con i
maschi catturati di volta in volta nell’ambiente naturale consentirebbe di avere in pescicoltura materiale allevabile ma rustico, dotato di maggiori possibilità di successo quando è utilizzato per i ripopolamenti delle acque libere.
Se in futuro saranno superati i
problemi attuali di conservabilità del seme, il rinsanguamento
si potrà fare su scala più ampia, con beneficio estendibile a
tutte le troticolture.
I ceppi rustici di trota fario e di
trota iridea sono disponibili per
gli allevatori presso la pescicoltura dell’Istituto Agrario di San
Michele.