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Genere: drammatico
Regia: Lorraine Lévy
Titolo Originale: Le Fils de l’autre
Distribuzione: Teodora Film
Produzione: Rapsodie Production e Citè Films
Data di uscita al cinema: 14 marzo 2013
Durata: 105’
Destinatari: Scuole Secondarie di II grado
In occasione della visita per il servizio di leva nell'esercito israeliano,
il giovane Joseph scopre di avere un gruppo sanguigno incompatibile
con quello dei propri genitori, il colonnello dell’esercito israeliano
Alon e la moglie Orith, che l’hanno allevato e cresciuto nel benessere di Tel Aviv.
Durante la guerra del Golfo (1991) la madre di Joseph e un'altra partoriente araba furono, infatti,
vittime inconsapevoli dello scambio dei loro figli. Erano entrambe ricoverate nell'ospedale di
Haifa per il parto quando l’ospedale dovette essere evacuato per motivi di sicurezza e, al rientro
nelle stanze, l'infermiera riconsegnò loro il bambino sbagliato.
Dalle indagini Joseph risulta essere figlio biologico di Saïd e Leïla Al Bezaaz, due coniugi
palestinesi che vivono in un povero villaggio nei territori occupati della Cisgiordania.
Questo drammatico scambio di identità è reso ancor più doloroso dal fatto che Joseph è israeliano
e Yacine, figlio biologico di Orith e Alon, è palestinese. Uno, musicista, sogna di arruolarsi
nell'esercito israeliano e l’altro, studente di medicina che vive a Parigi, sogna di aprire un ospedale
in Palestina per salvare le vittime della guerra. Entrambi hanno vissuto la loro intera esistenza
circondati dai condizionamenti del loro status sociale e religioso, che dopo la scoperta dello
“scambio delle vite” appare capovolto.
Presentato fuori concorso all’ultima edizione del Torino Film Festival, questo film è un gioiello
cinematografico sullo scambio di identità biologiche, legate a diverse realtà socio-culturali.
Partendo da un fatto di cronaca, la regista di origini ebraiche Lorraine Lèvy ha voluto mettere in
risalto non solo la differenza che c’è da una parte all’altra del ‘muro’, ma anche il comportamento
dei due popoli, che dovrebbero imparare a mettere da parte le controversie del passato e lasciare
alle spalle tutti i pregiudizi.
Intende, inoltre, contribuire a dare una risposta alla risoluzione del conflitto in Medio Oriente
affidandola alle donne e alle nuove generazioni: le madri accolgono e amano, sin da subito, il
‘nuovo’ figlio senza trascurare quello finora cresciuto e con il loro amore cercano di far capire ai
mariti che l’unica soluzione è tendere la mano verso l’altro, perchè gli uomini sono tutti uguali e,
sia israeliani che palestinesi, hanno solo bisogno di convivenza serena e pacifica; i figli Joseph e
Yacine pur facendo parte di due popoli eternamente in conflitto tra loro, si accettano e si
riconoscono subito come fratelli creando un legame di amicizia disinteressata (commovente la
passeggiata sulla spiaggia).
Il finale aperto, giocato sulla sovrapposizione della voce di Yacine al volto di Joseph, lascia
intravedere il messaggio di speranza del film sul superamento delle barriere, issate da muri
ideologici. Non ancora distribuito in Medio Oriente, il film, come ha riferito la regista in
conferenza stampa, è stato ben accolto dagli israeliani e dai palestinesi per il rispetto riservato a
entrambi.
Josef e Yacine incarnano la speranza delle nuove generazioni. I giovani che ho conosciuto, da entrambe
le parti del muro, non nutrono sentimenti di odio, ma aspirano alla vita normale degli uomini liberi.
Volevo fare un film sull’apertura e la speranza. Non credo che il cinema possa cambiare il mondo, ma
credo nel suo potere di condivisione, di scambio, di comunicazione. Un film è un dialogo con chiunque
voglia parteciparvi. È un mezzo per vivere e comprendere l’umanità dell’Altro. (Lorraine Lévy)
SPUNTI DI RIFLESSIONE
1. Alla notizia dello scambio dei neonati come reagiscono i due padri alla scoperta della verità sui propri
figli? Quali sono i vincoli dell’ideologia, della religione, delle tradizioni a cui ognuno di loro è legato?
2. Descrivere ed approfondire le differenti personalità e le “chiusure” mentali, derivanti dal rancore
etnico dell’ingegnere cisgiordano Saïd, costretto a riparare auto per sopravvivere, e l’austero
colonnello israeliano Alon, che lava i vetri della propria auto. In contrapposizione, invece, quale è la
reazione delle due madri e quali sono le motivazioni di tale comportamento? Le due donne,
nonostante la comune sofferenza, che cosa comprendono della situazione in cui si sono venute a
trovare? Tra Orith israeliana e Leïla palestinese quali sono i punti di contatto? Quale sentimento le
unisce?
3. “Vuoi dire che io sono l’altro? E che l’altro sono io?”, è in questa innocente domanda di Joseph che
sta tutto il senso della storia. Perché?
4. Quali sono le caratteristiche e le aspirazioni del palestinese Yacine, figlio biologico di Orith e Alon,
in contrapposizione con i desideri ed i sogni di Joseph?
5. Joseph vive a Tel Aviv, lontano da scontri, placidamente cullato da una famiglia protettiva e
amorevole, ancora non sente l’urgenza dell’età adulta. Yacine invece ha studiato a Parigi,
cresciuto forzatamente per l’esilio in terra straniera e votato alla medicina, ama profondamente la
propria famiglia e immagina la costruzione di un ospedale nella propria terra. Joseph (ebreo) è
rimasto un bambino; Yacine (arabo), è proiettato in una realtà che l’obbliga a essere un uomo. Pur
separati da una striscia murata, quale è il loro legame invisibile e insieme indissolubile? Quali sono
i punti in comune, nonostante la diversità etnica in cui sono cresciuti, che li ha uniti che li ha resi
“amici”, quasi fratelli?
6. Scoperto che Joseph è arabo “di sangue”, nonostante gli anni di preparazione dottrinale
all’ebraismo, come reagisce il Rabbino alle domande di Joseph sulla sua identità di ebreo? Sul
cammino spirituale percorso fino a quel momento? Sul suo ebraismo?
7. Prendete come spunto di riflessione del contesto politico in cui è stato girato il film, gli eventi descritti:
“La vicenda è stata girata in quattro differenti lingue (francese, ebraico, arabo e inglese) a
Gerusalemme, lontano dalla patria della regista, la Francia. La Levy sul set ha vissuto sulla
propria pelle le conseguenze della decisione di approfondire da vicino la natura politica del
conflitto, soprattutto durante i casting per reclutare gli attori del posto. Dopo aver scelto la
componente francese del cast artistico, la regista aveva già contattato l'attore Juliano MerKhamis ma poco prima dell'arrivo a Gerusalemme Mer-Khamis è stato assassinato da un gruppo
estremista palestinese. Il giorno in cui vi era l'audizione per i ruoli femminili, invece, l'esplosione
di una bomba ha chiuso tutti i punti di accesso a Gerusalemme. Tutti i mezzi di trasporto hanno
sospeso le loro corse, costringendo le attrici provenienti da fuori città a camminare per oltre
quattro ore pur di raggiungere il luogo prestabilito per i provini. La scena girata ai piedi del Muro
è stata poi interrotta diverse volte dalla polizia israeliana per accettarsi che si trattasse veramente
di una ripresa cinematografica”.
8. Il film inizia con una panoramica su un palazzo diroccato dove Yacine viene a rifugiarsi e si
conclude nel finale con la stessa panoramica all’inverso, con protagonista Joseph al posto di
Yacine. Due panoramiche da prospettive opposte dello stesso edificio sventrato, due punti di vista
divergenti che però parlano una lingua comune: «Nessun uomo e nessuna donna è un’isola, siamo
invece tutti penisole, per metà attaccate alla terraferma e per metà di fronte all’oceano, per metà
legati alla famiglia e agli amici, alla cultura, alla tradizione, al paese, alla nazione, al sesso, alla
lingua e a molte altre cose. Mentre l’altra metà chiede di essere lasciata sola, di fronte all’oceano.
Credo che ci si debba lasciare il diritto di restare penisole».
9. Interpretate il significato e identificate il messaggio conclusivo del film, rappresentato in queste
due scene parallele. Le giovani vite di Joseph e Yacine si con-fondono, si plasmano l'una nell'altra
e si ricompongono, più forti di prima, come se ciascuno dei due fosse la metà dell’altro. Qual è,
secondo voi, la principale motivazione, l’aspirazione comune di vita che spinge i due figli, prima
disorientati, guardinghi, sofferenti, a ritrovarsi e ad accettarsi reciprocamente nelle loro
diversità/unità?
10. Altro evidente messaggio della regista Lorraine Levy è indirizzato alle donne. La donna
rappresenta il futuro dell’uomo; alle donne vanno affidate le speranze per il futuro, le uniche in
grado di spingere gli uomini ad essere migliori, di capire che, quando non c'è un'alternativa
possibile, l'unica soluzione è tendere la mano verso l'altro. Condividete questo messaggio? Le
donne possono realmente apportare un cambiamento così radicale?
a cura di Chiara Deppieri