Azione - Settimanale di Migros Ticino Al LAC un asino e una
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Azione - Settimanale di Migros Ticino Al LAC un asino e una
Al LAC un asino e una famiglia in maschera Alan Alpenfelt ripesca dall’archivio radio una farsa di Dürrenmatt, mentre la celebre Familie Flöz porta a Lugano un formula scenica di grande originalità e di successo internazionale / 16.01.2017 di Giorgio Thoeni Fra i radiodrammi di Friedrich Dürrenmatt, Il processo per l’ombra dell’asino è forse quello più famoso e rappresentato. Negli archivi radiotelevisivi della RSI è conservata una versione radiofonica del 1961 (con Ketty Fusco, Tino Carraro, Alberto Canetta, Raniero Gonnella e altri) e un’altra realizzata nel 1983 per il piccolo schermo da Sandro Bertossa. Oggi il testo è tornato alla ribalta grazie alla passione multimediale di Alan Alpenfelt, un artista che riunisce le caratteristiche ideali per declinare una commedia nata per essere ascoltata. Ecco dunque che Il processo per l’ombra dell’asino ha debuttato venerdi scorso al Teatro Foce di Lugano nell’allestimento diretto dal giovane regista (assistito da Adele Raes) come prima tappa di un’operazione antologica sui radiodrammi dell’autore di Konolfingen curata della compagnia V XX ZWEETZ in collaborazione con il Teatro d’Emergenza, Radio Gwendalyn, la rassegna Home e in coproduzione con LuganoInScena. La commedia è costruita come una grottesca allegoria sociale, una «struttura sperimentale» per illuminare orrori, ipocrisia e immoralità del mondo. Alpenfelt rilegge Dürrenmatt per un affresco sonoro alla Bosch con pennellate espressioniste, humus drammaturgico dove coltivare il paradosso fra voci, atmosfere e attori che ruotano attorno al manichino «olofono» per quella speciale magia dove le regole dell’emozione le dettano i suoni, i timbri di una dimensione radiofonica senza leggìo (tutt’altro che scontata) per un ascolto interamente in cuffia di una platea avvolta dall’illusione sonora, nel fascino teatrale della penombra. La storia racconta di una Grecia antica, di un dentista che affitta un asino e della disputa che nasce con l’asinaio per aver usato l’ombra del quadrupede, una prestazione non compresa nell’affitto. La vertenza finisce in tribunale e si trasforma in un affare di stato... tra voci registrate e attori in scena. I bravissimi Adalgisa Vavassori, Ulisse Romanò, Nello Provenzano, Roberto Albin e Mssimiliano Zampetti. Musiche dal vivo di Gabriele Marangoni, sonorizzazione di Enrico Mangione, luci di Andrea Borzatta, costumi di Laura Pennisi e «dramaturg» Simone Gonella. Sala piena e bella accoglienza alla prima. Un noir senza parole Per aprire il cartellone del nuovo anno LuganoInScena ha scelto di ospitare la compagnia tedesca Familie Flöz con Hotel Paradiso, uno spettacolo che approda per la prima volta nella sala del LAC e che non passa inosservato grazie al suo linguaggio teatrale originale. La produzione nata dieci anni fa ha ormai fatto il giro del mondo registrando ovunque un grande successo di pubblico e di critica. Nata a Essen, oggi con sede a Berlino, la Familie Flöz è uno degli esempi più acclamati di «teatro fisico», rappresentazioni cioè che non fanno uso della parola ma che sfruttano il corpo, la pantomima e la maschera per dar vita a personaggi e a storie sorrette da una linea drammaturgica. Per intenderci, come nello stile dei Mummenschanz, dove gli artisti associano studiate tecniche di movimento a vari tipi di maschera. La particolarità del linguaggio e dello stile della Familie Flöz si lega alla maschera espressiva in una dimensione esagerata, grottesca e non convenzionale (come la si ritrova nei Fasnacht di area germanofona), per personaggi al centro di scene in cui la clownerie diventa sale per trame gustose, complesse, volutamente paradossali. Non una parola, pochissimi effetti di luce e musica quanto basta per novanta minuti di gran teatro: in Hotel Paradiso sono solo quattro attori (gli straordinari Anna Kistel, Matteo Fantoni, Nicola Witte e Daniel Matheus diretti da Michael Vogel) che creano il vortice di una giostra con sedici personaggi in un noir in salsa bavarese ambientato in un albergo di montagna a gestione familiare dove ruotano sentimenti, scene esilaranti, melanconia, poesia. Un’allegoria della vita dove amore e morte vengono sdrammatizzati da un teatro dinamico, ironico, ritmato, unico e intelligente. Un lavoro di alta classe e con una gran cura del dettaglio. In altre parole: irresistibile.