UPA NEWS N 21 - UPA - Utenti Pubblicità associati

Transcript

UPA NEWS N 21 - UPA - Utenti Pubblicità associati
PUBBLICAZIONE
PERIODICA
RISERVATA
AGLI ASSOCIATI
UPA
SETTEMBRE 2010
NUMERO
21
Sintesi di un articolo pubblicato su Wired di settembre
THE WEB IS DEAD. LONG LIFE THE INTERNET
By Chris Anderson and Michael Wolff
Internet è ormai “maggiorenne” e negli
ultimi tempi il suo ambiente più
conosciuto, il World Wide Web, aperto,
libero e incontrollato, è in declino,
mentre si impongono nuove piattaforme
online chiuse, proprietarie e a
pagamento, come le applicazioni, che
solitamente soddisfano necessità
specifiche, in breve tempo e con
interfacce semplici e veloci. Questi
sistemi usano internet come mezzo di
trasporto ma non il browser come
display.
Ad oggi il web conta per meno del 25%
del tempo speso sulla rete. Il restante
è diviso fra trasferimenti di file peer-topeer, e-mail, company VPNs,
comunicazioni macchina/macchina
tramite APIs, telefonate su Skype,
World of Warcraft e altri online games,
Xbox Live, iTunes, telefonate voice-overIP, iChat, streaming video.
Il cambiamento è in accelerazione,
guidato primariamente dall’ascesa del
mobile computing sul modello I-Phone,
che porta gli utenti ad utilizzare
maggiormente applicazioni semplici e
specializzate, a scapito della flessibilità
complessa del Web. E’ un mondo che
Google non può setacciare, dove
l’HTML non stabilisce le regole. E
Secondo Morgan Stanley in 5 anni il
numero di utenti che accederanno alla
rete in mobilità sorpasserà gli accessi
fissi.
È il percorso naturale
dell’industrializzazione: una tecnologia
viene inventata, si diffonde, nascono
migliaia di aziende connesse e poi
qualcuno trova il modo di controllare il
mercato e tagliare fuori gli altri. È
successo con le ferrovie, l’elettricità, il
telefono, ogni volta. Ciò perché alla
battaglia per il controllo e i profitti delle
imprese si unisce la natura umana
degli utenti. Mano a mano che una
tecnologia diviene familiare al pubblico
la curiosità per la scoperta e le nuove
possibilità decresce e le persone
vogliono semplicemente mantenere i
servizi che hanno migliorato la qualità
della vita con la maggiore facilità d’uso
possibile.
Il mito della completa apertura di
internet è comunque sempre stato una
finzione, perché si confondeva il web
con la rete, ed oggi ciò che sta
cambiando sono solo le proporzioni fra
il tempo speso su sistemi proprietari e
liberi, con il deciso aumento dei primi.
Ciò implica anche il cambiamento nel
business model dei media digitali, dove
il finanziamento dalla pubblicità sta
perdendo quote a favore di modelli
freemium, ossia dove solo alcuni
contenuti sono gratuiti per trainare la
vendita della parte premium. Per
esempio il CPM (costo per mille
impressions) medio di alcune fra le
categorie ricercate, come “news”, sta
calando.
Naturalmente il web sta tentando di
resistere al trend in atto, e la sfida
sarà la capacità di creare un browser
che agisca come un’application,
proponendo un’interfaccia pulita e una
navigazione semplice, che competa con
i sistemi a pagamento, chiusi e
proprietari.
Jonathan L. Zittrain, nel suo “The
Future of the Internet — And How to
Stop It”, ipotizza che questo processo
possa condurre ad un minor apporto
generativo per le applicazioni open,
ovvero quelle gratuite in cui gli utenti
possono liberamente apportare
modifiche e trovare nuovi usi.
Tuttavia sembra improbabile se non
altro che l’e-commerce e il web non
commerciale, dove gli incentivi a
partecipare non sono monetari ma di
espressione, attenzione, reputazione e
piacere, vengano rimpiazzati da
piattaforme proprietarie.
Per maggiori informazioni:
http://www.wired.com/magazine/2010/08/ff_webrip/all/1
PAGINA 1
PUBBLICAZIONE
PERIODICA
RISERVATA
AGLI ASSOCIATI
UPA
SETTEMBRE 2010
NUMERO
21
Sintesi di un articolo pubblicato sul New York Times del 22 agosto
NOW PLAYING: NIGHT OF THE LIVING TECH
By Steve Lohr
L’ambiente dei media ha sempre avuto
come regola primaria l’evoluzione più
che l’estinzione. I nuovi media
crescono ma gli altri si specializzano e
non muoiono.
L’esempio classico è quello della
televisione, che avrebbe dovuto
seppellire la radio e il cinema, cosa
invece non accaduta.
Tuttavia, mentre il pattern evolutivo dei
media rimane intatto, è cambiata
nell’epoca di internet la velocità dei
cambiamenti, ed oggi assistiamo ad
una proliferazione di media digitali e
pattern di consumo mediatico di breve
durata.
Le novità nelle abitudini di consumo
mediatico sono prima qualitative e poi
quantitative; i giovani usano raramente
l’e-mail, preferendo comunicare tramite
social networks, instant messaging o
sms, ai quali gli amici probabilmente
risponderanno più velocemente. Sono
diminuiti il numero delle telefonate su
cellulare e la loro durata media.
Sia perché le persone tendono sempre
più a usare lo smartphone come pc sia
perché spesso le telefonate vengono
riservate per i dialoghi più importanti,
sempre più pianificati tramite e-mail o
messaggi.
Molti blog giacciono abbandonati,
soprattutto quelli nati per
l’autoespressione, che si è spostata in
modo dirompente sui social networks. I
blog professionali invece, pensati per
un consumo pubblico, e focalizzati su
temi generali come la politica,
l’economia o le news prosperano.
La diffusione di strumenti media mobili
– smartphones, iPad, Nook etc. –
ha inoltre condotto ad applicazioni
semplici e specifiche, come riportato
nell’articolo di Wired “Web is dead” ,
diffuse via internet ma non sul web.
Comunque la tecnologia non è l’unico
agente del cambiamento nei consumi
media; i fattori culturali hanno
anch’essi una grande influenza e
talvolta producono un’evoluzione
strana.
Il vinile per esempio sembrava
destinato ad una rapida scomparsa,
ma ha dato origine ad una nicchia di
mercato in crescita e oggi viene
utilizzato anche in accoppiata con gli
strumenti digitali per produrre nuove
sonorità e ritmi.
Pertanto l’evoluzione non segue un
unico percorso e le sfide per la
tradizionali aziende media risiedono
nell’adattamento alle sfide poste da
internet; non tanto dalla tecnologia,
quanto dalle nuove abitudini di
consumo mediatico.
Compreso il multitasking, perché anche
se non è dato sapere con quanta
attenzione, le persone spesso
guardano la tv, navigano sul web e
mandano messaggi in contemporanea.
Forse una caratteristica
dell’ecosistema mediale attuale è
proprio la diminuzione dei tempi di
attenzione, se lo stesso Negroponte
afferma di non riuscire a concentrarsi
su lunghe narrazioni ed è sempre
tentato di controllare l’e-mail, cercare
parole o cliccare.
Per maggiori informazioni:
http://www.nytimes.com/2010/08/22/weekinreview/22lohr.html?_r=1&scp=2&sq=steve%20lohr%20now%20playing&st=cse
PAGINA 2