il trattamento endodontico dei denti immaturi diventati necrotici
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IL TRATTAMENTO ENDODONTICO DEI DENTI IMMATURI DIVENTATI NECROTICI A SEGUITO DI UN EVENTO TRAUMATICO Società Italiana di Traumatologia Dentale (SITD) Responsabili del progetto: Dott.ssa Elisabetta Cotti, Dott. Sandro Marcoli INDICE 1. Introduzione: Problematiche cliniche 2. Opzioni di trattamento 3. Conclusioni 4. Bibliografia 1. INTRODUZIONE: Problematiche Cliniche Il trattamento dei denti ad apice immaturo rappresenta uno dei capitoli dell’ endodonzia pediatrica e della traumatologia. Il dente “immaturo” è un dente permanente che è erotto completamente o parzialmente sulla rispettiva arcata e non ha terminato lo sviluppo radicolare, che si completa progressivamente nel corso dei tre anni successivi alla sua eruzione. Quindi il dente immaturo si trova in una fase dinamica di accrescimento in un periodo di tempo in cui è esposto alla possibilità di essere danneggiato da carie o traumi . Il tessuto pulpare contenuto all’interno del dente è uno dei diretti responsabili dell’accrescimento e del rafforzamento della radice. Se il dente permanente immaturo subisce un danno pulpare infiammatorio di tipo irreversibile con successiva necrosi, le sue funzioni si esauriscono progressivamente o di colpo con il conseguente arresto dello sviluppo fisiologico della radice. Le cause di danno pulpare sono rappresentate talvolta da processi cariosi estesi, ma più spesso da traumi dentali. Nell’età della dentizione permanente i traumi dentali hanno un’incidenza che varia dal 12% al 33% nei maschi e dal 4% al 19% nelle femmine. La maggiore incidenza dei traumi dentali nei maschi ha il suo picco nell’età compresa tra gli otto e i dodici anni coinvolgendo prevalentemente gli incisivi centrali mascellari e causando soprattutto fratture della corona, con frequente coinvolgimento pulpare . A seconda dello stadio di sviluppo in cui si trova il dente immaturo al momento del danno pulpare (da meno di ½ della lunghezza definitiva della radice a una radice che ha raggiunto la sua lungheza definitiva), questo evento penalizza in misura maggiore la prognosi del trattamento per quanto riguarda il mantenimento del dente sull’arcata nel’adulto. I problemi clinici da affrontare in questa situazione sono molteplici: 1. L’apice è molto largo o addirittura divergente e quindi molto difficile da sigillare dal punto di vista endodontico; 2. le pareti dei canali radicolari risultano parallele o divergenti apicalmente e molto sottili, rendendone problematica la strumentazione; 3. il rapporto corona-radice è sfavorevole con tutte le conseguenze che ciò può comportare. 2. OPZIONI DI TRATTAMENTO Allo stato attuale vengono contemplate tre opzioni di trattamento per gestire i denti immaturi da un punto di vista endodontico: 1. APECIFICAZIONE TRADIZIONALE 2. APECIFICAZIONE CON MTA 3. RIGENERAZIONE PULPARE O RIVASCOLARIZZAZIONE Al fine di scegliere ed impostare uno di questi trattamenti è indispensabile partire con una diagnosi clinica corretta di necrosi pulpare a carico del dente in questione. Infatti nel caso di una polpa che nonostante il danno subito abbia conservato la vitalità, l’intervento sarà mirato a mantenerla tale il più a lungo possibile perché si completi il normale sviluppo radicolare e la chiusura apicale (Apicogenesi mediante incappucciamento o pulpotomia). 2.1 Apecificazione Con il termine Apecificazione si intende il procedimento clinico (descritto da Frank nel 1966) che si attua su un dente immaturo con polpa necrotica al fine di indurre la chiusura apicale mediante la formazione di una barriera di tessuto calcifico nella zona della radice dove lo sviluppo si è interrotto. Questa metodica consiste nella strumentazione e detersione del canale radicolare del dente immaturo a cui segue il posizionamento di una medicazione intermedia a base di idrossido di calcio che avrebbe la funzione di favorire la guarigione dei tessuti e la chiusura della zona apicale. A barriera formata può essere portato a termine il trattamento del canale con l’otturazione del canale e la ricostruzione definitiva del dente. Il meccanismo d’azione mediante il quale l’idrossido di calcio induce la formazione di tessuto duro non è ancora del tutto chiaro. A livello apicale per il suo valore fortemente alcalino (pH = 12-13) provoca, una necrosi superficiale asettica dei tessuti vitali, limitata alla zona nella quale viene applicato. Si ritiene che grazie alle variazioni favorevoli del pH dell’ambiente circostante, l’idrossido di calcio sia in grado di ostacolare sia il progredire dell’infezione batterica che l’attività osteoclastica, favorendo così la formazione di tessuto duro. Inoltre il rilascio di ioni calcio consentirebbe un aumento della permeabilità capillare, favorendo il processo di guarigione dei tessuti . In base a queste caratteristiche possiamo affermare che l’idrossido di calcio è un’ottima medicazione provvisoria per mantenere la condizioni ottimali endocanalari per la deposizione di tessuto duro. È stato inoltre dimostrato clinicamente che l’idrossido di calcio è in grado di arrestare il riassorbimento infiammatorio radicolare che può seguire ad un trauma dentale di notevole entità (lussazione o sub-lussazione). L’apecificazione può essere interpretata anche come l’induzione di un processo di “cicatrizzazione apicale” che si verifica ad opera dei tessuti disponibili nella zona periapicale del dente immaturo interessato dalla patologia pulpare. Questo processo “di riparazione” può anche avvenire spontaneamente, ma è sicuramente più prevedibile se si creano condizioni di controllo dell’infezione all’interno del dente interessato e della salute del giovane paziente.. Il protocollo clinico prevede: 1. Anestesia; Isolamento del campo mediante diga di gomma; 3. Apertura della cavità d’accesso secondo i criteri endodontici standard; 4. Determinazione della lunghezza di lavoro (circa 1,5-2 mm rispetto all’apice radiografico); 5. Leggera strumentazione manuale del canale (con files tipo K fatti lavorare con un alesaggio circonferenziale per rimuovendone i residui tissutali) associata a lavaggi con soluzione fisiologica, ipoclorito di sodio al 5% .; 6. Applicazione dell’idrossido di calcio (in pasta o in polvere) una volta che il canale è stato asciugato. 7. Otturazione provvisoria del dente; 8. Controlli periodici I normali controlli, in assenza di sintomatologia, si effettuano ogni 6 mesi. Si controllano le condizioni generali del paziente e si esegue una radiografia periapicale. Quindi si riapre il dente, si rimuove l’idrossido di calcio e si inserisce un file alla lunghezza di lavoro per valutare la eventuale presenza di una barriera. Se durante il controllo non si evidenzia ancora la barriera di tessuto duro si ripete l’operazione precedente e si continuano i controlli a 6-12 mesi. Quando si ha la certezza che la barriera apicale si è formata, si può procedere all’otturazione definitiva del canale con guttaperca e cemento endodontico. Sulla base dei risultati clinici ricavati da un nostro esame critico e statistico di 27 lavori pubblicati tra il 1966 ed il 1996 che esprimevano una casistica specifica di apecificazione portata a termine su denti umani sono emersi dati interessanti che ci aiutano a meglio definire questo tipo di trattamento. Il 95.6% dei denti trattati, era rappresentato da elementi del gruppo incisivo superiore ed inferiore, appartenenti a giovani pazienti di età media pari a anni 12,1 mese; la perdita di vitalità dei denti era di natura traumatica e la durata media del trattamento era di 14,9 mesi. L’ apecificazione rappresentava una tecnica di successo: infatti, su 318 casi descritti in letteratura da noi esaminati, nel 97.1% dei casi era stata ottenuta la formazione di una barriera di tessuto duro apicale e/o un vero e proprio sviluppo radicolare. Come insuccessi del trattamento sono stati riportati i casi resistenti in cui non c’era stata la formazione di alcuna barriera ed in cui si era reso necessario un intervento chirurgico successivo: secondo il nostro esame gli insuccessi terapeutici ammontavano al 2,2% . Gli insuccessi a distanza non risultavano attribuibili ad un fallimento della tecnica, bensì ad altri fattori concomitanti che ne limitano la prevedibilità nel tempo . Il 4,7% dei denti compresi nei casi esaminati sono stati infatti estratti a distanza per l’insorgere di fratture corono-radicolari, o per problemi restaurativi. In base a quanto appena descritto si può dunque affermare che il traguardo del trattamento di apecificazione è facilmente raggiungibile per quanto riguarda la formazione della barriera apicale, mentre non è semplice gestire le conseguenze future dovute all’infezione dei tessuti periradicolari e alla debolezza intrinseca del dente immaturo. 2.2 Apecificazione con mta Una alternativa valida al metodo di apecificazione tradizionale, di cui uno dei punti deboli è rappresentato dalla durata del trattamento che costringe a svariati interventi a carico del dente interessato, negli ultimi quindici anni è stato messo a punto e sperimentato un metodo basato sull’uso dell’MTA cemento a base di triossidi minerali. Tra le varie applicazioni di questo cemento c’è infatti l’indicazione ad utilizzarlo come barriera apicale preformata in caso di apecificazione. I risultati di esperimenti condotti in vivo su questo materiale hanno infatti dimostrato che, se condensato all’apice di denti immaturi, è in grado sia di fungere da barriera apicale immediata contro la quale condensare la guttaperca per completare l’otturazione definitiva dello spazio endodontico, che di permettere che nei mesi successivi si ottenga la formazione di tessuto duro sulla sua interfaccia all’apice del dente interessato. Sia l’MTA che altri cementi similari detti di tipo “portland” e messi sul mercato in questi ultimi anni, esercitano una bio attività sui tessuti duri e ne favoriscono la calcificazione. Questa tecnica ha il vantaggio di permettere di completare il trattamento del dente immaturo in poche sedute cliniche (1-2) ravvicinate nel tempo. Ciò pone il dente al riparo dallo stress dei ripetuti interventi di apertura della cavità d’accesso e di lavoro all’interno del canale e di ovviare ai problemi di perdere il contatto col giovane paziente. Inoltre il dente interessato può essere restaurato in fretta evitando che resti troppo tempo in balia di una otturazione provvisoria. Il protocollo clinico consigliato per l’uso dell’aggregato di triossidi minerali come barriera apicale è qui di seguito illustrata. 1. Anestesia; 2.Isolamento del campo mediante diga di gomma; 3. Apertura della cavità d’accesso secondo i criteri endodontici standard; 4. Determinazione della lunghezza di lavoro (circa 1,5-2 mm rispetto all’apice radiografico); 5. Leggera strumentazione manuale del canale (con files tipo K fatti lavorare con un alesaggio circonferenziale per rimuovendone i residui tissutali) associata a lavaggi con soluzione fisiologica, ipoclorito di sodio al 5% . 6. Posizionamento dell’MTA (si asciuga il canale, si prepara l’MTA miscelando la polvere con soluzione fisiologica sterile e si posiziona all’interno del canale, si condensa con un otturatore endodontico preventivamente misurato dall’apice del canale in senso apico coronale per almeno 3-4mm creando così una barriera. (In radici molto corte si può riempire tutto il canale) 7. Otturazione provvisoria del dente. 9. Al secondo appuntamento (che può essere anche concordato per il giorno successivo), il dente viene riaperto e si verifica l’indurimento dell’MTA portando un otturatore endodontico alla profondità della barriera e sondandola delicatamente. Nel caso la barriera sia solida, si procede all’otturazione del resto del canale con guttaperca e cemento, e si procede al restauro del dente con una resina composita ed un sistema adesivo che tendano a rinforzare le pareti della radice. 10. Periodicamente possono essere eseguiti controlli radiografici per verificare lo stato dei tessuti periapicali e la eventuale formazione di una ulteriore barriera in posizione apicale rispetto all’MTA. 2.3 Rigenerazione pulpare o rivascolarizzazione Sia l’apecificazione tradizionale che l’apecificazione con MTA hanno una buona predicibilità di successo, ma non consentono di ottenere un ulteriore sviluppo del dente con conseguente rafforzamento dello stesso. In un dente immaturo necrotico il trattamento ideale per ottenere un ulteriore sviluppo della radice ed un ispessimento delle pareti dentinali consisterebbe quindi nel trovare il modo di stimolare la rigenerazione di un complesso polpa-dentina funzionale . Attualmente nella gestione dei denti permanenti immaturi, che sono andati incontro a necrosi pulpare, esiste anche la possibilità di usare un approccio basato sui nuovi concetti dell’endodonzia rigenerativa . Negli ultimi dieci anni infatti sono stati pubblicati e discussi trattano della cosiddetta “rigenerazione pulpare” diversi “case reports” che nei denti permanenti immaturi che a seguito di un trauma o di una carie penetrante hanno sviluppato segni clinici e radiografici di parodontite apicale associata a presenza di gonfiore o fistole in zona periradicolare. Basandosi su questi casi clinici è stato quindi formulato un protocollo di rigenerazione pulpare. Il protocollo di scelta è quello descritto da Banchs e Trope in un lavoro del 2004. 1) In prima seduta, dopo aver formulato la diagnosi di necrosi pulpare, previo isolamento 2) con diga di gomma e anestesia locale si apre la cavità di accesso sul dente immaturo e si strumenta delicatamente il canale per meno di un terzo della lunghezza della radice irrigando lo spazio con NaOCl al 5.25%. 3) Si asciuga il tratto strumentato del canale e vi si inserisce una pasta poliantibiotica (preparato galenico di metronidazolo, minociclina, ciprofloxacina, in quantità uguali) miscelata con soluzione fisiologica, usando un otturatore endodontico. La pasta deve essere contenuta bene all’interno del canale per evitare l’insorgere di discolorazione coronale dovuta alla minociclina. Al di sopra della medicazione si posiziona poi un pellet di cotone seguito dall’otturazione con un cemento provvisorio. 4) In seconda seduta (2-3 settimane dopo), in assenza di sintomi obiettivi e soggettivi, si effettua la rimozione della pasta poliantibiotica con NaOCl al 5.25%; con una sonda endodontica si procede alla stimolazione del sanguinamento sul tessuto che si trova a ridosso della pasta. Si attende poi che si formi un coagulo. 5) Al di sopra del coagulo si posiziona uno strato di MTA a sigillare l’imbocco per circa tre millimetri usando un otturatore e una punta ultrasonica fatta vibrare per circa dieci secondi. Sull’MTA si applica un pellet di cotone umido seguito da cemento provvisorio. 6) Quando l’MTA è completamente indurito (24 ore dopo) viene eseguita l’otturazione definitiva del dente in resina composita. 7) Entro circa due anni dal trattamento, in assenza di sintomi clinici e segni radiografici (valutati con controlli periodici), si dovrebbe assistere alla guarigione dei tessuti periapicali e allo sviluppo della radice ad opera dei tessuti embriologici ancora presenti nella papilla dentale che si trova all’apice del dente immaturo. Questa tecnica ha avuto una certa divulgazione negli ultimi anni, ma è comunque di recente introduzione, per questo motivo si consiglia all’operatore che volesse intraprenderla di documentarsi al meglio sulle pubblicazioni più recenti che sono disponibili in continuazione sulle riviste specializzate. Si consiglia inoltre di selezionare un paziente “affidabile” nei controlli a distanza, in modo che se il protocollo non dovesse portare i risultati sperati, l’operatore sia pronto ad intervenire con un trattamento di apecificazione. 3. CONCLUSIONI L’apecificazione è ancora la tecnica clinica elettiva in caso di insorgenza di patologia pulpare irreversibile in denti permanenti ad incompleto sviluppo radicolare in quanto è una tecnica semplice e conosciuta nella maggior parte dei suoi risvolti sia clinici che scientifici. In alternativa a questa tecnica, si può intraprendere un trattamento di “apecificazione con MTA” , procedura ormai in uso da quindici anni che permette di diminuire il numero di interventi clinici sul paziente e di sveltire i tempi di restauro. I dati a disposizione su questa nuova tecnica sono molto buoni anche se più recenti della precedente. Il grande potenziale vantaggio di attuare una procedura di rigenerazione pulpare basata sulla biologia, che permette il proseguimento dello sviluppo della radice, deve essere bilanciato con la conoscenza precisa dei vantaggi relativi e dei potenziali rischi della procedura e con la cautela che deriva dalla mancanza di un’esperienza clinica che va molto indietro nel tempo. I denti immaturi, avendo una polpa giovane e ampia e un apice beante, in contatto con tessuti embriologicamente attivi e con tessuti parodontali dotati di un ottimo apporto vascolare, mostrano potenziali di guarigione molto elevati anche quando la diagnosi è di necrosi. La scoperta e lo studio delle cellule staminali pulpari ci ha permesso una migliore conoscenza di questi potenziali di guarigione e apre sicuramente alla consolidazione delle tecniche rigenerative in un futuro prossimo. 4. BIBLIOGRAFIA 1. Andreasen J.O., Andreasen F.M. 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