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Per saperne di più. La kafala
Sintesi dalla letteratura di Alessandro Bruni
La Kafala o Kafalah (letteralmente accoglimento) è un istituto giuridico del diritto islamico. Attraverso tale
negozio giuridico, un giudice affida la protezione e la cura di un minore ad un altro soggetto (detto Kafil)
che non ne sia il proprio genitore naturale. Tale soggetto affidatario della kafalah, nella maggior parte dei
casi, è un parente che curerà la crescita e l'istruzione del minore.
La Kafala viene espressamente citata nella Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia. In tale
trattato, infatti, all'art. 20 viene riconosciuto come:
« 1) Ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare
oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto a una protezione
e ad aiuti speciali dello Stato
2) Gli Stati parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro
legislazione nazionale;
3) Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia,
della kafalah di diritto islamico, dell’adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato
istituto per l’infanzia. Nell’effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della
necessità di una certa continuità nell’educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa,
culturale e linguistica.
Queste parole sono prese direttamente da Wikipedia, quindi generalmente accettate nella comunità web
e anche dal diritto di molti Paesi. Dove questo Istituto non è accettato, le remore sono determinate da
pretesa di maggiori diritti da parte dei bambini, da incomprensioni legislative tra gli Stati, da presunzione
di dare ai fanciulli la migliore tutela possibile. Sono tutte posizioni certamente auspicabili e da sostenere,
se non fosse che spesso nella pratica finiscono con essere espressioni teoriche.
Il bambino non può aspettare che le legislazioni trovino una soluzione nella loro contrapposizione. Ha
bisogno invece di un provvedimento ora e subito: il migliore possibile in attesa di quello perfetto. Nella
kafala viene comunque garantito il diritto del bambino a vivere in un ambiente familiare, il che è sempre
meglio delle istituzionalizzazioni o degli orfanotrofi che ancora sono presenti in Paesi a debole economia e
di debole riconoscimento dei diritti.
Sul piano pratico, guardando dalla parte dei bambino e di quel che gli può accadere, è come se in Italia
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fosse cresciuto in una casa famiglia. La differenza sta nel fatto che l'Istituto della casa famiglia in Italia è
normato, mentre in molti Paesi Islamici non lo è. Tuttavia, dato che siamo ancora lontani da avere una
legislazione applicata uniforme nei diversi Paesi, sarebbe bene accettare il male minore per questi bambini
piuttosto che porli in una crescita incerta in pseudo istituzioni o in un rifiuto istituzionale (il che significa la
strada e la carità della gente). Non si tratta di definire chi ha ragione e chi ha torto sul piano del diritto, ma
di dare una famiglia sostitutiva o temporanea a quei bambini temporaneamente senza famiglia
salvaguardando quei tre punti che sopra sono citati. Questo sembra difficile, vediamo come e perché.
In Italia la kafala non è riconosciuta, però ........
L’istituto della kafala, ad esempio in Marocco, trova la sua apposita regolamentazione nella legislazione
speciale : il dahir portant loi n.1-02-172 del 13 giugno 2002 (1 rabii1423), intitolato alla “prise en charge
des enfants abandonnés” che definisce tale istituto come lo strumento con cui l’affidatario (kafil), in
sostituzione del genitore, assume legalmente l’obbligo di provvedere al mantenimento, all’educazione e
alla protezione di un minore affidatogli (makfoul).
Sulla base della prassi sociale, la kafala deriva da un atto notarile privato stipulato tra le parti e solitamente
omologato davanti al Tribunale e si presenta come una sorta di affidamento extraparentale di minori
(privati temporaneamente o stabilmente del proprio ambiente familiare) che deferisce all’affidatario
unicamente l’esercizio della potestà genitoriale: non crea tra i soggetti alcun legame parentale e non
rescinde il vincolo di sangue del minore con la famiglia d’origine.
La natura “aggiuntiva” anziché sostitutiva della kafala rispetto ad un semplice rapporto di filiazione si
desume anche dal significato letterale del termine che è quello di “aggiungere qualcosa a qualcos’altro”.
Negli ordinamenti mussulmani, infatti, vige il divieto coranico di adozione, che trae origine da un episodio
della vita di Maometto (vers. 37), e che, secondo alcuni studiosi, avrebbe avuto la funzione di superare
l’assetto tribale della società preislamica, fondata su una fitta trama di alleanze tra famiglie-strette anche
attraverso l’adozione-all’insegna di un messaggio di fratellanza universale.
E’ interessante capire se la kafala possa integrare, in presenza della condizioni prescritte dalla legge, il
presupposto per una pronuncia di adozione del makfoul . Si pensi al caso di un cittadino italiano che - già
destinatario di kafala - voglia adottare il minore marocchino affidatogli contravvenendo al divieto del
Corano.
Nell’ordinamento italiano la predetta fattispecie può essere inquadrata nell’art.36, comma 2, della L.184
del 4 maggio 1983 il quale stabilisce che l’adozione o l’affidamento a scopo adottivo pronunciati in quei
Paesi (come il Marocco) che non hanno aderito alla Convenzione dell’Aja per la “Tutela dei minori e la
cooperazione in materia di adozione internazionale”, “possono essere dichiarati efficaci in Italia a
condizione che…sia accetata la condizione di abbandono del minore straniero o il consenso dei genitori
naturali ad una adozione che determini per il minore adottatato l’acquisizione dello stato di figlio legittimo
degli adottanti e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d’origine”.
Ciò che osta, però, ad una pronuncia di adozione legittimante fondata sull’istituto della kafala è in via
preliminare la stessa contraddizione in termini che sta nella configurazione dell’istituto islamico come
affidamento preadottivo. Sul tema, il Tribunale dei Minori di Trento (sent. 5 marzo 2002)[1] ha stabilito
che “il provvedimento marocchino denominato kafala non può in alcun modo essere equiparato ad un
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affidamento preadottivo e non può essere dichiarato come tale efficace in Italia,ai sensi dell’art 36, comma
2 della legge 4 maggio 1983 n.184” sul presupposto che un equiparazione dell’istituto islamico
rischierebbe di creare una situazione di incompatibilità in cui il minore sarebbe sia figlio legittimo dei suoi
genitori adottivi sia dei suoi genitori biologici.
L’ostacolo può però essere superato se si prende in considerazione l’art 44 della legge sull’adozione che
prevede appunto l’adozione in casi particolari: una serie di ipotesi tassative tra cui l’impossibilità
dell’affidamento preadottivo del minore il quale sia già inserito in un contesto familiare ed abbia
consolidato una relazione affettiva tale che un eventuale allontanamento possa essere pregiudizievole per
lo stesso.
Il ricorso all’art 44 rende, dunque, compatibile la kafala e l’adozione: cosi come l’istituto islamico,
l’adozione in casi particolari ha un effetto meramente aggiuntivo e consente anche a chi non è coniugato
di adottare minori nei casi tassativi di cui alle lettere a,c,d del comma 1. [2]
In queste ipotesi, l’art 55della legge sull’adozione prevede che venga applicato lo stesso regime delle
adozioni delle persone maggiori d’età, di talché l’adottato assume il nome dell’adottante senza sostituirlo
ma anteponendolo al proprio e conserva tutti i diritti e doveri verso la sua famiglia d’origine.
[1] Tribunale dei Minori di Trento, 5 marzo 2002 (decr), in Riv.dir.int.priv.,2002,1056.
[2] Sull’argomento vedi R. Gelli “La kafala di diritto islamico: prospettive di riconoscimento
nell’ordinamento italiano”,commento a Corte d’Appello di Bari, 16 aprile 2004 decr, in Famiglia e Diritto,
n.1/2005
Il caso Munir
La "kafala" è una pratica simile all'adozione consentita dall'Islam. Moira e Masoud, una coppia di
musulmani l'hanno ottenuto per Munir, un bimbo di due anni abbandonato alla nascita. Ma in Italia non è
ancora riconosciuta e Munir è ancora in Egitto.
«Sarebbe come se nostro figlio Munir di due anni fosse sequestrato in un paese straniero dall’Italia». Ha il
dono della sintesi Moira Paoletti che insieme al marito Masoud, egiziano da vent’anni nel nostro Paese e
cittadino italiano, entrambi residenti nelle Marche, ha ottenuto in kafala (o affidamento illimitato, visto
che l’adozione nei paesi islamici non esiste) dal ministero degli Affari sociali egiziano Munir, un bimbo
abbandonato dalla nascita. «Sono 9 mesi che attendiamo di portarlo in Italia, ma al ministero degli Esteri
italiano la nostra domanda giace sotto tante altre alla Commissione Visti – spiega mamma Moira –.
Abbiamo in mano il passaporto egiziano di Munir e paghiamo le spese all’orfanotrofio che ha accettato di
continuare a ospitarlo, ma quando ci daranno l’ok per il ricongiungimento?».
Moira e il marito Masoud, entrambi musulmani, hanno già un figlio di 11 anni e non potendone avere un
secondo, hanno dato l’avvio all’unica pratica che la loro religione gli consenta, la kafala, una sorta di
impegno a prendersi cura per sempre di un minore abbandonato. L’Italia però non riconosce questo
istituto anche se avrebbe dovuto farlo entro il 5 luglio scorso, attraverso la firma della Convenzione
dell’Aja. Era quella l’ultima data che l’Unione europea aveva stabilito per i Paesi «ritardatari» come il
nostro. Ma l’Italia ha fatto finta di niente.
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«Questo è l’unico modo di dare una risposta alle situazioni irrisolte in cui si trovano oggi i bambini in
difficoltà familiare: minori non accompagnati, bambini che provengono da paesi colpiti da catastrofi
naturali, o eventi bellici, minori in kafala – spiega Marco Griffini, anima dell’Aibi –. Come la famiglia del
piccolo Munir ci risulta che ci siano altri 600 nuclei in queste condizioni, ma i dati sono molto controversi.
Per riunire e catalogare questi casi abbiamo pensato di aprire un sito a loro dedicato oltre a un Libro
bianco da presentare ai nostri politici». «La kafala – prosegue Griffini – è una misura di protezione dei
bambini islamici abbandonati e va riconosciuta attraverso la Convenzione dell’Aja. La mia impressione è
che questo istituto non sia visto di buon occhio».
E proprio un anno fa è arrivato il parere del Comitato per l’Islam italiano, presieduto dal ministro
dell’Interno Roberto Maroni, in cui si prende atto che «il diritto nei Paesi islamici si fa carico delle esigenze
del minore, che non sia adeguatamente assistito dalla famiglia naturale, attraverso l’istituto della kafala».
Il Comitato ha chiesto che «nella legge di recepimento della Convenzione dell’Aja, che lo Stato italiano è
tenuto ad approvare in tempi stretti, venga emanata una disciplina degli effetti della kafala».
La Corte d’Appello di Venezia, III Sezione civile, ha dato ragione lo scorso 9 febbraio a un cittadino del
Marocco che ricorreva in tribunale perché voleva ricongiungersi con i propri affidati – sono suoi nipoti –
ma la Legge italiana, viste le discrasie fra kafala e adozione, non glie lo permetteva. Ha vinto contro il
Ministero degli Affari Esteri, che aveva negato l’autorizzazione al ricongiungimento, perché:
Il Marocco ha regolato l’istituto della Kafalah con procedura giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni
e autorizzazioni giudiziarie idonee ad assicurarne la funzione istituzionale di protezione del fanciullo,
riconosciuta anche dalla Convenzione di New York del 1989 (art. 20). Ne consegue che – nel raffronto tra
tale istituto di diritto islamico e il modello dell’affidamento dei minori previsto dal diritto italiano –
prevalgono le analogie, perchè entrambi gli istituti non hanno effetti legittimanti e non incidono sullo stato
civile del minore.
“La battaglia per il riconoscimento della kafala é una lotta che dovrebbe essere fatta propria da ogni padre
e madre, da ogni famiglia e da chiunque abbia a cuore il bene dei bambini. Non si può più stare fermi a
guardare le sofferenze che i burocrati del nostro Ministero degli Affari Esteri stanno infliggendo a centinaia
di bambini abbandonati. Dobbiamo reagire a questa vergogna che macchia la nostra identità di italiani.
Che senso ha girare per i Paesi del mondo a “cercare” bambini abbandonati per le famiglie italiane,
quando vicino casa vi sono migliaia di bambini totalmente abbandonati che non possono entrare in Italia
perché le nostre istituzioni non vogliono riconoscere la kafala? La stessa Unione Europea ha intimato
all’Italia di riconoscere la kafala, ma il nostro Governo si rifiuta! Ora e’ venuto il momento di dire “basta”: i
diritti dei minori sono più’ forti dell’ottusita’ e dell’ignoranza dei burocrati dei Ministeri. Se crediamo
veramente che ogni bambino abbia diritto ad una famiglia, questo e’ il momento di dimostrarlo.” ha detto
Marco Griffini, presidente di Ai.Bi.
Anche il Tribunale di Biella si è pronunciato positivamente richiamando il rispetto dell'articolo 30 del Testo
unico sull'immigrazione, e ha ordinato all'autorita' consolare competente l'emissione del visto di ingresso
per il fratello del ricorrente; sottolineando, peraltro, che "la lentezza complessiva dei procedimenti
amministrativi che si sono succeduti (oltre due anni) e la rilevanza del diritto sotteso al ricorso, giustificano
la declaratoria di immediata efficacia del provvedimento".
In assenza di una legislazione, in Italia l'affido “islamico” non è riconosciuto
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Un canale parallelo di accoglienza dei minori stranieri che in Italia riesce a bypassare i controlli e l'iter
previsto per le adozioni internazionali. E' l'istituto della "kafala", la forma di protezione islamica dei
bambini che consente una forma di adozione molto simile al nostro affido. Questo istituto comporta
l’esercizio della potestà genitoriale da parte del “kafil” (il genitore che accoglie) e l’assunzione dell’obbligo
giuridico in capo a quest’ultimo di farsi carico e di mantenere il minore, fino al compimento della maggiore
età.
Uno dei Paesi da cui proviene il maggior numero di minori adottati tramite la kafala è il Marocco: i dati
Istat parlano di circa 457 mila Marocchini residenti in Italia al 1° gennaio 2011. In Marocco la condizione
dell’infanzia abbandonata risulta non solo particolarmente grave ma anche in progressivo peggioramento:
secondo i dati raccolti dall’UNICEF i minori assistiti negli istituti marocchini perché privi di un ambiente
familiare idoneo o in stato di abbandono ammontavano a 65.196 nel 2004. Tra questi vi sarebbero circa
6.500 minori abbandonati ogni anno alla nascita. Premesso che non esistono dati ufficiali sul fenomeno,
attraverso il Consolato italiano a Casablanca l'Ai.Bi., Associazione italiana Amici dei Bambini, è venuta a
conoscenza che già nell’anno 2008 erano pervenute a quell’ufficio 250 domande di rilascio visti per
ricongiungimento familiare con riferimento a provvedimenti marocchini di Kafala.
Ma come si possono far arrivare i minori in Italia bypassando l'iter previsto dalla legge per le adozioni
internazionali? Tramite la richiesta del ricongiungimento familiare: due genitori italiani si recano in
Marocco, chiedono di prendere con sé un bambino in condizione di indigenza e - se autorizzati dal
Tribunale marocchino - possono portarlo in Italia. In mancanza della ratifica della Convezione dell'Aja del
1996, però, il nostro Paese non ha ancora creato l'Autorità centrale che dovrebbe decidere sui singoli casi,
mettendo in accordo le diverse legislazioni dei Paesi di provenienza dei bambini, con il risultato che ad
oggi tutto viene rimesso alla magistratura. E le sentenze sono state spesso contrastanti. L'ultima - un
pronunciamento della Cassazione del marzo scorso - ha decretato l'impossibilità per gli italiani di ricorrere
alla kafala, una situazione transitoria in attesa della ratifica della Convenzione dell'Aja del 1996 che
dovrebbe normare questo istituto. La Convenzione, infatti, è stata firmata dall'Italia ma non ha mai
passato l'esame del Parlamento (nonostante l'Europa avesse chiesto di pronunciarsi in merito entro giugno
del 2010).
Il governo Berlusconi si è impegnato a ratificare la Convenzione entro la fine di quest'anno, decisione che
promette di licenziare anche la relativa legge di attuazione che dovrà normare la "kafala". Nel frattempo
diversi provvedimenti di kafala restano "sospesi", con bambini costretti a restare negli orfanotrofi,
nonostante il nulla osta già ricevuto dai Tribunali marocchini.
Giovanardi: presto la Kafala in Italia. Il sottosegretario Giovanardi ha annunciato che «il Governo sta
lavorando per la ratifica della Convenzione de L'Aja del 1996, concernente la competenza, la legge
applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure
di protezione dei minori, che mira, tra l'altro, a consentire il riconoscimento interstatuale della kafala. Il
confronto tra amministrazioni è già stato avviato proficuamente e continuerà per individuare soluzioni
tecnicamente adeguate che rafforzino i molti punti di contatto tra sistemi giuridici diversi, ma comunque
sensibili alla tutela dell'infanzia, nelle sue varie forme».
I minori senza famiglia in Marocco (da News Ucipem, 5 giugno 2011)
“Sono più di 60.000 i minori fuori famiglia in Marocco, questo secondo le ultime stime fornite da UNICEF
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(dati 2006) e dall’Entraide National, ente pubblico autonomo del Ministero della Famiglia e della
Solidarietà marocchino, che gestisce su tutto il territorio nazionale 925 centri di protezione sociale che
accolgono al loro interno 67.860 minori (dato del 2009-2010).
Numeri impressionanti ai quali si aggiungono anche i dati più recenti di uno studio condotto nel 2010
dalla Ligue Marocaine pour la protection de l’Enfance in collaborazione con UNICEF, sui minori
abbandonati in Marocco.
Lo studio si è esteso a tutte le regioni marocchine ed ha evidenziato che nel 2008 su tutto il territorio i
bambini abbandonati di età inferiore ai 5 anni sono stati 4.123, di questi ben 1.419 abbandonati alla
nascita, tutti poi accolti nelle strutture di accoglienza.
C’é sempre da considerare la presenza anche del circuito “nascosto” degli abbandoni e rispettive
adozioni.
Questo studio rivela inoltre che un bambino su 2 viene preso in kafala, la più alta forma di protezione
dell’infanzia per i minori provenienti dai paesi del Maghreb, un istituto che consente a una famiglia o
anche un singolo genitore (kafil) di adempiere al dovere di fratellanza e solidarietà nei confronti dei minori
abbandonati e orfani (mafkul).
Secondo le statistiche nel 2008 in Marocco sono state presentate 2.261 domande di kafala e di queste
1.262 sono andate a buon fine.
(Una situazione quella marocchina che interessa da vicino anche il nostro paese, infatti, secondo i dati di
un’indagine effettuata dagli studenti dell’INSEA – Institut National de Statistique et d’Economie appliquee
di Rabat, si afferma che l’84% dei minori istituzionalizzati di età compresa tra i 13 e i 18 anni dichiara di
voler emigrare nel Bel Paese dopo il raggiungimento della maggiore età, il restante 16% si divide
equamente tra Francia e Spagna.
L'istituto kafala in Europa (Fonte sito AIBI e Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, 6 giugno 2011)
•
"Il Belgio, con una legge del 2005, ha introdotto una disciplina specifica per l'adozione dei minori
provenienti dai Paesi la cui legge nazionale non conosce o proibisce l'adozione (Art.361-5 codice
civile). Per potere riconoscere un provvedimento di kafala e pronunciare l'adozione è però
necessario rispettare alcune condizioni: gli adottanti devono avere seguito corsi di preparazioni
specifici e ottenuto il provvedimento di idoneità; la procedura e la proposta di abbinamento
devono essere seguite dall'autorità centrale; nessun contatto deve esserci stato in precedenza tra
gli adottanti e le persone incaricate della cura del minore; il minore deve essere orfano sia di
madre che di padre, destinatario di un provvedimento di abbandono e sottoposto alla tutela
dell'autorità pubblica; l'autorità competente dello stato d'origine deve avere previsto una forma
di tutela sul minore e avere autorizzato il trasferimento del minore al fine di una permanenza
stabile all'estero (in Marocco tali condizioni sono incluse nel provvedimento di Kafala pronunciato
dal tribunale di prima istanza); le autorità competenti sia belga che del paese d'origine del minore
devono avere approvato per iscritto la decisione di affidare il minore all'adottante o agli
adottanti.
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•
La Spagna, con la legge n. 54/2007 del 28.12.2007 sull'adozione internazionale, si è dotata di
norme di riconoscimento dell'istituto della Kafala che anticipano in qualche modo il regime della
Convenzione de L'Aja del 1996. Adozione e Kafala sono considerate distinte però entrambe
suscettibili di riconoscimento, purché siano costituite dall'autorità pubblica competente come
mezzi di protezione internazionale del minore. In Spagna si opta per una nazionalità anticipata del
minore, nel senso che, quando l'adozione di un minore viene chiesta da chi la nazionalità
spagnola, si applica la legge interna sulle misure di protezione dell'infanzia: quindi una coppia
spagnola può adottare un minore abbandonato che gli sia affidato in kafala se dai documenti
risulta l'abbandono. Invece, per gli stranieri residenti in Spagna che hanno la nazionalità di un
paese che non conosce l'adozione, la kafala su un minore che non è orfano non viene
riconosciuta, perché non può ritenersi sussistente il consenso all'adozione di chi ha la
responsabilità del minore.
•
Anche nel Lussemburgo le norme di diritto internazionale privato hanno portato i giudici ad
applicare una sorta di nazionalità anticipata al minore, sicché quando le coppie richiedenti
l'adozione hanno la nazionalità di un Paese che riconosce l'adozione, è possibile pronunciarla
anche quando il minore provenga da un Paese che non prevede questo istituto.
•
In Germania l'adozione di un minore abbandonato sottoposto alla kafala è possibile quando i
richiedenti siano di nazionalità tedesca o comunque coniugi il cui matrimonio è regolato dalla
legge tedesca. Il problema del consenso all'adozione è risolto da una importante norma che
consente l'applicazione del diritto tedesco, al posto di quello di nazionalità del minore, quando
ciò corrisponda a migliore interesse del minore. In questo modo è possibile verificare lo stato di
adottabilità del minore secondo la legge tedesca e, quando si tratta di minore abbandonato,
dichiararne l'adozione.
•
In altri Paesi il riconoscimento della kafala è avvenuto in maniera meno costante e, anziché per
legge, sulla base delle decisioni della giurisprudenza. Così, nel Regno Unito, il provvedimento di
kafala è stato in alcuni casi qualificato come tutela sul minore, e il consenso dei tutori è stato
ritenuto valido ai fini dell'adozione.
•
Anche in Svizzera, che fa parte del continente europeo, anche se non dell'UE, una legge del
29.11.2002, in vigore dal 1.1.2003, ha stabilito dei requisiti supplementari al fine dell'adozione di
un minore la cui legge nazionale proibisce l'adozione. Quindi per gli adottanti svizzeri, e per quelli
stranieri richiedenti in Svizzera, è possibile adottare un minore straniero perché si applica la legge
svizzera che prevede l'adozione. Sono tuttavia richiesti dei requisiti supplementari per il caso di
minore straniero che entra in Svizzera in kafala: art. 11 lett. e) della legge citata richiede la prova
documentale del consenso dei genitori alla adozione del minore o una dichiarazione del Paese di
origine che indichi le ragioni per cui il consenso non può essere rilasciato e una dichiarazione di
una autorità competente del paese di origine del minore che certifichi che il minore è stato
affidato ai futuri genitori adottivi in svizzera.
•
La Francia è l'unico Paese europeo ad avere introdotto espressamente nel proprio codice civile
una norma che vieta l'adozione di un minore proveniente da un Paese che vieta l'adozione
(L'adozione di un minore straniero non può essere pronunciata se la sua legge personale
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proibisce questo istituto, salvo che il minore sia nato e risieda abitualmente in Francia). Di fatto
però, nonostante tale proibizione i provvedimenti di kafala vengono riconosciuti in Francia e la
stessa adozione viene pronunciata anche nei confronti dei minori suddetti. Infatti, l'adozione di
un minore in kafala è vietata in Francia solo quando uno o entrambi i coniugi hanno la nazionalità
di un paese la cui legge vieta l'adozione. Se però risiedono in Francia e la loro unione è regolata
dal diritto francese, l'adozione può essere pronunciata anche nei confronti di un minore
sottoposto a kafala, purché si tratti di minore nato e residente in Francia. Inoltre per le coppie
francesi il divieto di adottare un minore in kafala non c'è mai se il minore è nato e risiede in
Francia. L'eccezione relativa al luogo di nascita è da sottolineare perché dimostra una
discriminazione in funzione del luogo di nascita anziché della nazionalità di origine: è evidente in
queste norme l'obiettivo di evitare che questi minori entrino in Francia piuttosto che la pronuncia
stessa dell'adozione nei confronti dei minori per cui, per origini e cultura, sarebbe preferibile non
pronunciarla.
•
Decisione del Consiglio dell'Unione europea che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la
convenzione dell'Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento,
l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione
dei minori, ovvero ad aderirvi, nell'interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati
membri a presentare una dichiarazione sull'applicazione delle pertinenti norme interne del diritto
comunitario.
Fonti di informazioni
www.venetoimmigrazione.it/Homepage/.../tabid/704/Default.aspx
Corte di Cassazione Civile Sentenza del 23 dicembre 2010 n. ..... 7472: diritto di famiglia del Marocco
(istituto della "kafala") e ricongiungimento familiare in ...
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1 giu 2010 – Adozioni, la battaglia continua: dopo il colore della pelle la kafala. Con la sentenza
odierna della Corte di Cassazione si apre un varco per una ...
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25 mag 2011 – Riconoscimento Kafala: perche' il Governo non decide? ... dell'interno in conformità
con l'orientamento della Corte di Cassazione, ritiene tale ...
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Cassazione(7472/2008 – 19734/2008) hanno stabilito che la Kafala crea ...
www.asgi.it/home_asgi.php?n=417&l=it
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7 lug 2009 – 200/09 dd 03 giugno 2009 (riconoscimento istituto Kafala) (1326.59 KB) ... le garanzie
richieste dalla sentenza della Corte di Cassazione n. ...
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24 lug 2011 – La Corte di Cassazione, I sezione civile, con sentenza n. 7472 del 20.3.2008, ha
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Cassazione - la kafala giudiziale (ovvero quella che viene pronunciata dal giudice) è conforme ai
principi del nostro ordinamento interno, mentre non lo è la ...
www.associazionemagistrati.it/HOME/servizio.../FM_Kafalah.pdf
Anche la «kafalah» fa scattare il ricongiungimento. Corte di cassazione. Sezione I civile. Sentenza 3-20
marzo 2008 n. 7472. Svolgimento del processo e motivi ...
www.vitachenasce.org/...e.../kafala-affido-adozione-legge-italiana.ht ...
25 lug 2011 – L'ultima - un pronunciamento della Cassazione del marzo scorso - ha decretato l'
impossibilità per gli italiani di ricorrere alla kafala, una ...
www.mediatoreinterculturale.it/2008/04/230/
Cassazione: la kafalah presupposto per il ricongiungimento familiare. calendar aprile 25, 2008.
Programma Integrazione – Una famiglia marocchina residente ...
www.dirittominorile.it/public/osservatorio/111-76309.pdf
Delibazione di provvedimento di “kafala”. Cassazione civile sez. I, sentenza 23 settembre 2011 n.
19450. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE. SEZIONE ...
www.piemonteimmigrazione.it/site/index.php?view...
E' possible il ricongiungimento familiare con il minore affidato attraverso la Kafala. Martedì 01 Aprile
2008 01:00. La Corte di Cassazione con la sentenza ...
www.asgi.it/home_asgi.php?n=948&l=it
14 apr 2010 – Il minore affidato in base alla Kafalah non rientra tra i familiari dei ... La Corte di
Cassazione, ribaltando il pronunciamento adottato tanto dal ...
www.immigrazione.it/?zn=var&subzn=archiv_077
L'ordinamento giuridico italiano di fronte alla kafala nella giurisprudenza della Corte di Cassazione
(sentenze n. 7472 e n. 19734 del 2008) Silvia Mondino ...
www.minfamiglia.it/media/48385/cap_5.pdf
www.crescerefiglialtrui.typepad.com Per saperne di più. La kafala
Tuttavia, tra queste previsioni preme sottolineare che la Corte di Cassazione civile il 4 novembre 2005,
n. 21395 ha dichiarato la kafala «non assimilabile né ad ...