qui - Strategie Evolutive

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qui - Strategie Evolutive
SEI GIORNI PER SALVARE IL MONDO
articoli e note sulla scrittura avventurosa di
Lester Dent
Norvell Page
Michael Moorcock & Colin Greenland
Ian Fleming
M. John Harrison
Traduzione e editing, Davide Mana
Come Scrivo
di Norvell Page
La gente che parla di “arte per amore dell’arte” mi infastidisce.
Una volta lo facevo anch’io, poi ho imparato. Ora scrivo per due ragioni
principali: perché mi piace, e perché mi guadagno da vivere meglio scrivendo
narrativa per gli editor delle riviste rispetto a quando lo facevo per gli editor dei
quotidiani.
Comincio così per evitare incomprensioni. Questo è un articolo su come un
autore-a-pagamento produce manoscritti che vendono.
Produco da 100,000 a 120,000 parole al mese per le riviste “pulp” (chiamate
così perché sono stampate su carta pulp, carta fatta con pasta di legno). Queste
parole – l’autore pulp parla sempre di parole, perché viene pagato sulla base del
numero di parole – vengono scritte al meglio delle mie capacità di scriverle.
Provo sempre ad aumentare la qualità, la forza e la sottigliezza nell’interpretare
i personaggi delle mie storie. Impiego a riscrivere il doppio del tempo che
impiego a scrivere.
Per me, queste cose e l’orgoglio per il mio lavoro sono tutta l’arte che mi
serve…
Ma andiamo avanti con l’articolo.
Quando l’editor mi ha chiesto tre o quattromila parole su “Come scrivo”, ho
sorriso. “Io non lo so come scrivo,” gli ho detto, “sono stato troppo impegnato a
scrivere per poter analizzare i miei metodi.”
L’editor mi ha spinto fino al mio archivio, ha dato un’occhiata alle storie che ho
scritto, e ne ha scelta una.
“Dimmi come hai scritto questa,” ha detto.
Ho dato un’occhiata alla copia carbone della storia – archivio una copia carbone
di ogni storia finché non posso ritagliare la storia stampata dalle pagine della
rivista, poi le confronto per vedere come l’editor abbia editato il mio lavoro.
Beh, qui c’era la copia carbone, e io spostai lo sguardo da quella alla parete del
mio ufficio, dove erano appese le copertine delle riviste che illustrano le storie
che ho scritto. Era là, l’illustrazione che faceva il paio con questa storia.
Mostra un uomo appeso ad una corda su una pozza in cui galleggia uno
scheletro. A sinistra, un uomo incappucciato vestito di nero trattiene una
ragazza dai capelli rossi vestita solo da un corto abitino di seta gialla.
L’incappucciato sta cercando di obbligare la rossa a tagliare la fune per far
cascare l’uomo nella pozza insanguinata. Capite subito che se dovesse
succedere, sarebbe fatale.
Rivolsi un sogghigno all’editor. “Okay, se è quello che vuoi, lo avrai.”
Quella storia si intitola “Dance of the Skeletons” ed è il tipo di pulp chiamato
“Mystery-Horror”; vale a dire, riguarda atti orribili tali da raggelare il sangue
del lettore ma lasciandogli il dubbio di chi sia a commetterli.
La storia di questo particolare racconto cominciò una sera quando salii tre
ripide rampe di scale fino ad una soffitta di Greenwich Village ed invitai un mio
amico scrittore a visitare con me un nuovo locale clandestino.
Il mio amico era depresso. Stava seduto davanti ad un tavolo su cui erano sparsi
fogli di manoscritto.
“L’editor vuole che io tagli la mia storia di sessantamila parole a trentaseimila,”
disse amaramente, “e che la consegni per lunedì. Ne ho solo scritte diecimila e
la trama mi piace com’è.”
Il mio amico decise che non avrebbe tagliato la propria storia, e che non poteva
delinearne un’altra e scriverla in sette giorni.
“Ti scoccia se ci provo io?” Gli chiesi. “Non ho mai scritto per quell’editor, ma
posso dargli trentacinquemila parole in una settimana, se è quello che vuole.”
Il mio amico disse imbronciato “Vai avanti,” e mi lasciò da pagare i drink.
C’è un modo di dire: se vuoi trota a colazione, prima acchiappa la trota. O forse
è un orso. La stessa cosa si applica alla scrittura. Quando cominciai a scrivere,
non credevo in certe cose. Vedevo un annuncio su una rivista per scrittori, che
una rivista acquistava storie western (o poliziesche o di quel che vi pare) di una
certa lunghezza, e mi mettevo seduto a scrivere una storia che secondo me
soddisfaceva la richiesta, e poi la spedivo. Non leggevo prima la rivista –
perché avrei dovuto, se la mia storia doveva essere originale? – ma a quei tempi
non vendevo nulla.
Ora, quando voglio vendere ad una rivista nuova, dò un’occhiata al mercato,
poi compro quella rivista e la leggo da copertina a copertina, con speciale
attenzione alla storia principale e ai cappelli – quelle più o meno venti parole
che l’editor scrive in testa al racconto per venderlo al lettore.
Quando vedete un cappello così:
“Attraverso il grigiore soffocato dalla nebbia vagavano questi orrori. I loro volti
erano pallidi come la nebbia stessa e neanche un coltello poteva cavare sangue
da uno di loro. Eppure era sangue che bramavano, sangue che succhiavano dai
corpi decapitati delle loro vittime. . .”
Beh, vi fate in fretta l’idea che ciò che l’editor cerca è la paaaa-uu-raaa.
Non è così semplice, naturalmente. Spulci la rivista e scopri che l’editor usa un
po’ di roba in prima persona, che vuole un interesse sentimentale in ogni storia,
magari un po’ di sesso, che la ragazza nella storia dev’essere in pericolo a causa
della principale minaccia della storia – questo è ciò che si chiama “linea” o
“formula”. In effetti è ciò che piace all’editor, o ciò che l’editor pensa che
piacerà ai lettori. Quando una storia ce l’ha, lui la compra. Quando non ce l’ha,
la rimanda all’autore.
Avendo scoperto la formula per questa rivista, passai a cercare un’idea per una
storia. L’idea per una storia è la cosa più elusiva che esista al mondo, eppure
ottenerla può essere semplice. Io credo sia una questione di abitudine, di
allenare la nostra mente a pensare lungo certi canali.
Dubito che due autori siano mai arrivati alle rispettive idee nello stesso modo.
Un mio amico vide un corollario fra la canzone “Smoke Gets In Your Eyes” e il
fatto che un gangster possa usare un’espressione come “affumicare” un
avversario per eliminarlo. Un altro autore andò a fare una passeggiata e notò le
ombre delle persone che gli passavano accanto, che scivolavano sul pavimento.
Ne cavò una storia da quell’idea. Io una volta guardai fuori dalla finestra e notai
l’inconcepibile numero di cani che affollano i parchi di New York. Ero alla
ricerca di una storia horror con una minaccia opprimente. Mi dissi, “Pensa se
tutti quei cani avessero l’idrofobia . . .”
Ma questi sono metodi troppo aleatori. Ci sono pochi scrittori, io credo, che
riescano a tirar fuori una storia dal proprio cervello fissando una parete bianca.
La maggior parte degli autori hanno dei sistemi per buttar giù delle idee. Io ho
una cartellina in cui butto ritagli di giornale, e cartoncini sui quali ho
scarabocchiato le idee che di quando in quando mi saltano in mente, e che sul
momento non mi erano particolarmente utili.
Quella notte, avendo finito di leggere la rivista, frugai nella mia cartellina.
Stavo cercando dei ritagli che potessero suggerire un orrore, che mi dessero una
minaccia che raggelasse il sangue del lettore. Trovai ben presto ciò che cercavo,
una nota dattiloscritta fatta dopo essere tornato da vedere un film. Il film
riguardava un tale che aveva risalito il Rio delle Amazzoni per questo o quel
motivo. La mia nota diceva che l’esploratore immergeva la carcassa da venti
chili di un maiale nelle acque del fiume, e dopo quaranta secondi, la estraeva
ripulita sotto forma di scheletro candido.
La risposta alla scarnificazione dello scheletro era una specie di pesce nota
come carib. Il tipo specifico trovato nella parte alta del bacino delle Amazzoni è
chiamata piranha, e sono pesci cannibali. Grandi solo quanto una mano, hanno
bocche notevolmente grandi, zeppe sopra e sotto con una fila di denti come
rasoi.
Questo era ciò che avevo annotato tornando dal cinema. Era un’idea, niente di
più. Ora, vediamo come manovrai per inserirla in una storia. I miei pensieri
seguirono più o meno questa linea: devo avere un sottofondo di terrore e di
mistero. Ovviamente, questi pesci carib, operando nel fiume delle amazzoni,
avrebbero comportato poco terrore. Inoltre, la soluzione sarebbe stata troppo
ovvia, e quindi niente mistero. Allora i necessari omicidi per mezzo dei carib
devono avvenire altrove, preferibilmente in un ambiente urbano. E così
abbiamo un luogo dell’azione.
Allora adesso, come li uso i pesci? Ovviamente, se li vediamo al lavoro sulle
carcasse delle vittime, non ci sarà mistero. Il punto, per questi pesci, è la
velocità a cui lavorano. È evidente che il massimo del terrore si otterrebbe
convertendo uomini vivi in scheletri belli ripuliti nel giro di pochi minuti, ed
occultando il metodo con il quale si ottiene questo effetto. E questa è la
minaccia.
Ora diamo un’occhiata alla motivazione e al malvagio. I due non possono
essere separati. La risorsa abituale nelle storie del terrore è lo “scienziato
pazzo” che sta facendo degli esperimenti. Io l’ho usata. Così come migliaia di
altri. È ormai trita perché è la spiegazione più facile di orrori indicibili. Gli
editor non la vogliono più.
Cercai allora freneticamente una ragione possibile e logica per voler uccidere
persone trasformandole misteriosamente in scheletri freschi (e incidentalmente,
credo che motivare delle storie come questa sia la parte più difficile del
costruire la trama). La mia mente volò verso omicidi di ogni genere, omicidi
incendiari in cui le vittime venivano cosparse di benzina e date alle fiamme,
omicidi in cui i corpi venivano smembrati e gettati nei fiumi, . . . ah!
Le persone che commettono questo genere di omicidio spesso vogliono
distruggere l’identità della vittima. E non si potrebbe fare un lavoro più
definitivo per occultare una identità, del rimuovere tutti gli abiti – e anche le
carni. Ecco fatto. Il nostro cattivo vuole evitare l’identificazione delle vittime.
Ma affinché l’orrore della storia sia al suo massimo, questi scheletri devono
essere esibiti, sbattuti in faccia alla cittadinanza, devono comparire al tavolo
delle feste, devono cascare a terra con un tonfo ai piedi del commissario di
polizia che entra in commissariato. Questa è una ovvia forma di
intensificazione.
Per motivare tali attività, l’omicida non deve solo desiderare l’anonimato per le
sue vittime, ma deve anche desiderare la pubblicità per i suoi scheletri. E questo
era un problema abbastanza difficile. Inoltre il motivo di tutto ciò non deve
essere troppo chiaro. Il che rendeva il tutto ancora più difficile. L’idea venne da
un titolo del giornale. La Borsa stava contrastando Washington per una manovra
pubblicitaria che era stata prospettata. Avrebbe mandato la borsa in rovina, si
diceva, ed avrebbe causato un crollo delle azioni . . .
Questo, perciò, era ciò che avevo: il cattivo getta le proprie vittime in pasto ai
carib perché vuole nascondere l’identità delle proprie vittime; vuole la
pubblicità per i suoi scheletri. Dal giornale ho scoperto che la pubblicità
danneggia il valore delle azioni. È un non-sequitur? Beh, ecco cosa ne ricavai,
anche se ammetto che la parte riguardo alla pubblicità mi lasciò bloccato per un
po’:
Un capitalista poco scrupoloso caduto in disgrazia decide di arricchirsi alle
spalle del mercato azionario con mezzi illegali. Uccide perciò certi capitani
d’industria per far calare le loro azioni in borsa. Tuttavia, un semplice omicidio
di queste persone non causerebbe sufficienti fluttuazioni della borsa. Deve in
qualche modo ucciderli e poi far sembrare che siano semplicemente scomparsi
per via delle condizioni finanziarie non più stabili delle loro aziende. Per
ottenere ciò, li getta in pasto ai carib, piranha che in capo a pochi minuti
possono divorare tutte le carni e lasciare solo le ossa. Il cattivo scarica poi gli
scheletri in vari luoghi molto frequentati. In questo modo, non solo deprime il
mercato azionario per via della scomparsa di leader d’impresa, ma distrae la
polizia dalle manipolazioni del mercato azionario, l’unico modo in cui si
potrebbe risalire a lui. Quando finalmente gli scheletri vengono identificati, la
borsa torna a salire e il cattivo ci guadagna due volte. L’eroe è un detective
proveniente da una cittadina del Midwest, a New York per studiare i metodi
della polizia metropolitana. La ragazza è la figlia di una delle vittime, ed uno
dei sospettati per un certo periodo.
Il mio agente mostrò il paragrafo qui sopra a un editor che aveva bisogno di una
storia, e quello disse che sarebbe stato felice di vedere una outline dettagliata
per un romanzo breve.
Sarebbe stato felice di vedere una outline dettagliata! Certo, anch’io. Non c’è
nulla a questo mondo che io detesti più delle outline. Alcuni autori non le usano
mai, ma io trovo che una delineatura ben fatta mi mantenga in rotta, mi aiuti a
restare nella lunghezza giusta, e mi aiuta in mille altri modi. Ma è comunque un
lavoraccio.
Non posso comporre outline steso su comodi cuscini con gli occhi chiusi.
Finirei per addormentarmi. Devo sedere alla macchina da scrivere e vedere le
parole battute dai martelletti. Allora la mia mente lavora secondo la storia. La
prima cosa che faccio è scegliere i personaggi. Qui avevo già scelto il tipo di
eroe, ma questo era quanto. Martellai allora uno schizzo del protagonista,
inclusi i suoi vecchi a casa nel Midwest e la misura del suo cappello. Gran parte
di queste informazioni non sarebbe mai stata usata, ma fissavano fermamente il
personaggio nella mia testa, gli davano vita. Non sono mai stato in grado di
scrivere una storia vendibile a meno che il personaggio non “prenda vita” e ad
un certo punto nella storia non prenda il controllo dell’azione e la porti avanti di
sua iniziativa. Ed ho scoperto che i punti nelle mie storie in cui questo capita
sono la parte migliore delle mie storie. O così mi dicono gli editor, senza
neanche sapere che quei brani sono “ispirazione”, se vi piace usare quella
parola.
Feci anche una scheda della ragazza, ed una degli altri personaggi principali che
intendevo usare. I personaggi minori si possono gestire allo stesso modo. Con
quel che pagano oggigiorno, non ho mai avuto occasione di provare.
Il passo successivo era identificare i sospetti. Dopodiché, venne il lavoro
spossante di estrarre le informazioni essenziali dalla biblioteca – questa volta
riguardo ai carib – definire gli incidenti drammatici, e far passare la palla di
mano fra i sospetti. Un trucco classico è quello di gettare tutti i sospetti su un
solo uomo, e poi accopparlo verso la fine della storia. Ma quando si fanno certe
cose, bisogna esser certi di avere un altro sospettato pronto e in attesa di farsi
carico dei sospetti – e fare in modo che il colpevole non sia lui.
Decisi di fare così, poi cercai un incidente drammatico per aprire la storia, una
scena che avrebbe anche presentato i personaggi principali, ed il tema centrale –
la Danza degli Scheletri. E, in questo caso, non potevo dimenticare l’atmosfera.
Sapevo, avendo studiato la rivista, che a questo editor piacciono inquietanti.
“Dance of the Skeletons” si apre al quartier generale della polizia, dove il
nostro eroe e il suo mentore, un duro detective di New York, leggono un
biglietto che li invita alla danza degli scheletri. È una notte di nebbia, eccetera.
Atmosfera. Eroe e mentore vanno sul posto dove lo scheletro dovrebbe danzare.
Un’aggressione in un vicolo buio, una fuggevole immagine di uomini bruni
seminudi (ci ho messo anche gli indios dell’Amazzonia) e infine, nel buio, il
nostro eroe tocca le ossa di uno scheletro, appeso al muro di mattoni presso il
quale si trovano i due uomini. Lo illumina con la sua torcia e uno sbuffo di
vento gelido li investe; lo scheletro danza!
Tornati al quartier generale, un detective dice di avere un indizio, ma si rifiuta
di dire cosa sia. Esce per seguire la pista- ed un’ora dopo il suo scheletro viene
gettato davanti al quartier generale della polizia! E così via. Un altro scheletro
viene scaricato sulla pista da ballo di un night club. La soluzione – beh, è facile
nel momento in cui le cose si mettono in moto. Il modo più semplice per portare
i pesci a nord dall’Amazzonia sarebbe una piscina, naturalmente su uno yacht
privato. Il cattivo tortura il nostro eroe immergendolo lentamente nella vasca
dei pesci cannibali (Vedi copertina). Un pesce gli si mangia un alluce, ma è
tutto lì, ed alla fine, il cattivo stesso casca nella sua stessa piscina degli orrori. Il
nostro eroe identifica gli altri colpevoli, e spiega come l’ha capito, e poi l’eroe e
la ragazza si baciano. Sipario.
Questa è l’outline della storia, e poi comincia il lavoro duro, scriverla.
Trentacinquemila parole in una settimana – con il tempo sottratto dall’outlining,
dalla revisione e dalla battitura definitiva – e poi la storia è pronta ad andare
sulla scrivania dell’editor.
Ci sono autori che oggigiorno si guadagnano da vivere nel mercato dei pulp e
che non producono più di tremila parole al giorno. Poi possono spedire o meno
la storia così come casca dalla macchina da scrivere. Io sono l’opposto. Una
volta ho tirato fuori 25.000 parole in una giornata lavorativa di quindici ore. In
casi d’emergenza, quindicimila o sedicimila parole in un giorno non sono
insolite per quel che mi riguarda. Una volta scrissi la prima stesura di un
romanzo da cinquantacinquemila parole in quattro giorni.
Ma questi giorni di elevata produttività sono occasionali. Nessuno scrittore
vivente può tenere un simile ritmo. Ne conoscevo uno che superava le 200.000
parole al mese —un mese superò le 250.000—ma dopo un po’ crollò. Arrivò il
momento in cui 80.000 parole per lui erano un buon mese di lavoro. Si è fatto il
suo gruzzolo, dice, e non si preoccupa.
Un editor mi ha detto che l’autore delle storie di The Shadow, che viaggiano
sulle 50.000 parole ciascuna, ricevette una outline al lunedì e consegnò il
manoscritto finito al venerdì.
È una gran vita, se non esaurite le parole.
Sulle mie storie di The Spider, romanzi di almeno 55.000 parole per la rivista
omonima, che io scrivo sotto pseudonimo, ho scritto anche sei diversi capitoli
iniziali, e passato una giornata intera a mettere su carta le mie prime duemila
parole. Posso doverne scrivere otto, dieci, dodicimila per ottenere quelle
duemila, e anche così, non sempre mi piacciono.
Ho cominciato con l’intenzione di spiegarvi come un autore-a-pagamento
produce le sue storie. Ho cercato di dirvi come faccio io, ma dopotutto, questo è
il mio processo privato. Probabilmente non si adatta ai metodi di nessun altro.
Ho un amico – uno degli uomini da tremila parole al giorno, quando ha voglia
di lavorarci – che non pensa mai su carta. Si distende, fuma e costruisce le
storie nella propria mente. Pensa le proprie frasi in anticipo. Quando finisce una
scena, torna a distendersi e si immagina la prossima scena, prepara persino un
po’ del dialogo. E anche lui rivede il testo all’infinito. È così che io ho sempre
pensato che lavorino gli “autori”.
Ho un altro amico che sviluppa le proprie trame camminando avanti e indietro
con passi rapidi ed decisi. Di quando in quando si ferma, fissa un angolo del
soffitto e improvvisamente si getta sulla macchina per scrivere come un uomo
affamato si getterebbe su una bistecca, e picchia la sua storia. Ma quella
“trama” era solo un’idea. Lui riversa la storia sulla pagina con solo un’idea di
partenza, e tira fuori una storia solida quanto quella di qualsiasi altro scrittore io
conosca. Giura di non sapere cosa accadrà da un momento all’altro della storia,
e spesso lascia l’ultima pagina del racconto nella macchina per tutta la notte,
mentre cerca la fine giusta, la giusta battuta finale. È uno che le brucia a 2400
parole all’ora, e le vende come escono dalla macchina per scrivere, senza
revisione.
Personalmente provo una specie di timore reverenziale per queste persone.
Buttar fuori storie a quel modo è una cosa, ma venderle è tutta un’altra storie, e
lui riesce anche in quello. Che io sia dannato se non credo che quell’uomo sia
un genio. (E mi spaccherà il collo se leggerà quest’articolo e scoprirà che l’ho
detto.)
Raccontano anche di un altro autore che siede alla sua macchina per scrivere in
una stanza buia, e scrive le sue storie al tatto. Poi le vende alle riviste patinate.
Ma tutti questi autori hanno molte cose in comune. Studiano le riviste a cui
intendono vendere; sono attenti osservatori della vita; hanno delle cartelline per
gli appunti per storie future, a meno che non abbiano memorie eccezionali che
gli permettono di richiamare non solo eventi ma anche conversazioni fatte anni
prima; sanno di cosa scrivono, o per esperienza o per ricerca.
Posso parlare con franchezza?
Non ho mai prodotto una storia nella mia vita che non fosse semplice, duro
lavoro. Non che la scrittura in se non fosse piacevole. Io non devo sudare per
tirar fuori le parole, o preoccuparmi dell’azione quando i miei personaggi
“acquistano vita propria”. Ma da qualche parte in quella storia, il lavoro è stato
duro. Trovare l’idea, sviluppare l’outline, rivedere il manoscritto, cercare di
ottenere un avvio veloce che al contempo porti tutte le informazioni che deve,
sforzarsi di raccontare una scena esattamente come la vedo nell’occhio della
mia mente.
Ecco “Come Scrivo”. Finora non l’avevo analizzato, ma è più o meno il
percorso di ogni storia, che sia un racconto da quattromila parole o un romanzo
da ottantamila.
Scrivere per vivere è un duro lavoro, ma non lo scambierei con nessuna persona
che conosco.
Norvell Page
New York
1935
La Formula Definitiva
di Lester Dent
Questa è una formula, un master plot, per una qualsiasi storia pulp di 6000
parole. ha funzionato per storie d'avventura, storie di detective, western e guerra
aerea. Dice esattamente dove mettere ogni cosa. Mostra con precisione cosa
deve accadere in ciascun blocco successivo di 1000 parole.
Nessuna delle mie storie scritte con questa formula è mai rimasta invenduta.
La professione di costruire storie non pare troppo diversa dalla professione di
costruire qualsiasi altra cosa.
Ecco come comincia:
1. UN DIVERSO METODO DI OMICIDIO CHE USATO DAL CATTIVO
2. UN DIVERSO OGGETTO CHE IL CATTIVO STA CERCANDO
3. UN LUOGO DIVERSO
4. UNA MINACCIA CHE INCOMBE COME UNA NUVOLA SULL'EROE
Uno di questi elementi DIVERSI sarebbe bello, due è meglio, tre eccellente.
Può aiutare averli tutti in mente prima di affrontare il resto.
Un diverso metodo omicida potrebbe essere -- diverso. Pensare allo sparare,
accoltellare, accoppare col cianuro, garrotare, usare aghi avvelenati scorpioni e
un po' di altre cose, ed annotarsele su un pezzo di carta serve a metterle giù in
modo che possano suggerire qualcosa. Scorpioni e punture avvelenate? Magari
zanzare o mosche trattate con germi mortali?
Se le vittime sono uccise con metodi ordinari, ma trovate in circostanze strane
ed identiche ogni volta, potrebbe servire, poiché il lettore non sa naturalmente,
fino alla fine, che sono state uccise in modo ordinario.
Gli autori che fanno sì che le vittime dei loro cattivi siano marchiate con
farfalle, ragni o pipistrelli potrebbero effettivamente flirtare con questa
trovatina.
Ma probabilmente non conviene essere troppo strambi, immaginifici o
grotteschi quando si tratta di metodi omicidi.
La cosa differente che il cattivo desidera dovrebbe essere qualcosa di diverso
dai soliti gioielli, il bottino della rapina in banca le perle o qualcuno dei soliti
vecchi obiettivi.
Ma anche qui, si rischia di diventare troppo bizzarri.
Un posto unico? Facile. Sceglierne uno che si adatti al metodo omicida ed al
tesoro -- la cosa che il cattivo desidera -- rende tutto più semplice, ed è anche
bello usare posti familiari, dove avete vissuto o lavorato. Ci sono tanti autori di
pulp che non lo fanno. Talvolta salva dall'imbarazzo sapere del luogo almeno
quanto ne sa l'editor, o abbastanza per ingannarlo.
Ecco un trucchetto molto utilizzato per falsificare il colore locale. Per una storia
ambientata in Egitto, diciamo, l'autore trova un volumino intitolato "L'Egiziano
Parlato per Tutti", o qualcosa di simile. Vuole che il suo personaggio chieda in
Egiziano "Cosa succede?" Guarda nel libriccino e trova, "El khabar, eyh?" Per
evitare che il lettore si senta disorientato, è forse saggio esplicitare in qualche
modo cosa significa. Talvolta il testo ce lo spiega, o a volte qualcuno può
ripeterlo in inglese. Ma è una mossa per lo meno dubbia fermarsi per dire al
lettore la traduzione in inglese.
Lo scrittore scopre che in Egitto ci sono le palme. Guarda nel libro, trova la
parola egiziana per albero di palma, e la usa. Questa porta editor e lettori a
pensare che lui sappia qualcosa dell'Egitto.
Ecco la seconda parte del master plot.
Dividete la storia di 6000 parole in quattro parti da 1500 parole. In ciascuna
delle parti da 1500 parole, inserite quanto segue:
PRIME 1500 PAROLE
1-- Alla prima riga, o nelle immediate vicinanze, presentate l'eroe e sbattetegli
addosso una manciata di problemi. Suggerite un mistero, una minaccia o un
problema da risolvere-- qualcosa con cui l'eroe debba confrontarsi.
2-- L'eroe si impegna per gestire la manciata di problemi. (cerca di
comprendere il mistero, sconfiggere la minaccia, risolvere il problema.)
3-- Presentate TUTTI gli altri personaggi il prima possibile. Inseriteli
nell'azione.
4-- Gli sforzi dell'eroe lo cacciano in un conflitto fisico verso le fine delle prime
1500 parole.
5-- Alla fine delle prime 1500 parole, c'è un evento a sorpresa che cambia
completamente lo sviluppo della trama.
FIN QUI: c'è la SUSPENSE?
C'è una MINACCIA per l'eroe?
Tutto quanto accade logicamente?
A questo punto, potrebbe aiutare ricordarsi che l'azione dovrebbe servire a
qualcosa, oltre che a far avanzare l'eroe attraverso il paesaggio. Supponiamo
che l'eroe abbia scoperto che i malvagi avversari hanno catturato qualcuno che
si chiama Eloise, che potrebbe spiegare qualcosa di ciò che si cela dietro ai
sinistri eventi in corso. L'eroe affronta i cattivi, combattono, e i cattivi fuggono.
Non è poi così eccitante.
L'eroe dovrebbe ottenere qualcosa col suo indaffararsi, se non altro soccorrere
Eloise e, sorpresa!, Eloise è una scimmia dalla coda ad anelli. L'eroe conta gli
anelli della coda di Eloise, se non ci viene in mente niente di meglio.
Ma non sono veri anelli della pelliccia. Sono dipinti. Perché?
SECONDE 1500 PAROLE
1-- Ancora una badilata di problemi per l'eroe.
2-- l'eroe, essendo eroico, li affronta, ed affrontandoli si arriva a :
3-- Un altro conflitto fisico.
4-- Un sorprendente capovolgimento di trama alla fine delle 1500 parole.
ORA: la seconda parte ha della SUSPENSE?
La MINACCIA cresce come una nuvola nera?
L'eroe se le prende di santa ragione?
La seconda parte è logica?
NON PARLATENE *** Mostrate che aspetto abbia la cosa. Questo è uno dei
segreti della scrittura; mai raccontarlo al lettore - mostrarglielo. (Trema,
straluna gli occhi, ha la mascella pendula, e così via.) FATELO VEDERE AL
LETTORE.
Durante la scrittura, aiuta mettere almeno una piccola sorpresa sulla pagina
stampata. E 'ragionevole aspettarsi che queste sorprese minori adeschino il
lettore e lo portino a continuare a leggere. Non bisogna sforzarsi tanto. Un
metodo per realizzarne una di tanto in tanto è quello di essere leggermente
fuorviante. L'eroe sta esaminando la stanza dell'omicidio. La porta dietro di lui
comincia lentamente ad aprirsi. Lui non la vede. Continua beatamente la sua
analisi. La porta si apre sempre di più, fino a quando - sorpresa! Il pannello di
vetro della grande finestra dall'altra parte della stanza cala a ghigliottina e si
chiude. Deve essersi abbassato lentamente, e l'aria che soffiava nella stanza ha
causato l'apertura della porta. Allora cosa diavolo fatto calare così lentamente la
finestra? Altro mistero.
Caratterizzare un personaggio della storia consiste nel dargli alcune
caratteristiche che lo faranno restare nella memoria del lettore.
ETICHETTATELO.
COSTRUITE LA VOSTRA TRAMA IN MODO CHE L'AZIONE POSSA
ESSERE CONTINUA.
TERZE 1500 PAROLE
1-- Carrettate di problemi per l'eroe.
2-- L'eroe ha un minimo di successo, e mette alle strette il cattivo o qualcun
altro:
3-- conflitto fisico.
4--Un sorprendente capovolgimento dell'azione, nel quale possibilmente l'eroe
viene malamente sconfitto, chiude le 1500 parole.
VERIFICHIAMO:c'è ancora SUSPENSE?
La MINACCIA si aggrava?
L'eroe è inguaiato per benino?
Tutto ciò accade logicamente?
Queste delineature o formule per la trama servono solo per assicurarsi che
inseriate del conflitto fisico, e qualche autentico capovolgimento dell'azione,
con in più un po' di suspance e minaccia per fare buon peso. Senza questi
elementi, non c'è storia pulp.
Anche questi conflitti fisici in ciascuna parte potrebbero essere DIFFERENTI a
loro volta. Se uno scontro è a pugni, questo può essere tutto il pugilismo
necessario fino al prossimo racconto. Lo stesso vale per gas e spade. Possono
naturalmente esserci eccezioni. Un eroe con un pugno caratteristico, o veloce
nell'estrarre la pistola, può usare quel trucco più di una volta.
L'idea è di evitare la monotonia.
AZIONE:
Vivida, rapida, nessuna parola sprecata. Create suspense, fate sì che il lettore
veda e senta l'azione.
ATMOSFERA:
Udito, olfatto, vista, tatto e gusto.
DESCRIZIONE:
Alberi, vento, paesaggio e acqua.
IL SEGRETO IN OGNI COSA CHE SI SCRIVE È FAR SÌ CHE OGNI
PAROLA CONTI.
QUARTE 1500 PAROLE
1-- Mai tante difficoltà sono state buttate addosso all'eroe.
2--fate in modo di seppellire l'eroe nei problemi. (Il cattivo lo ha fatto
prigioniero e lo ha fatto incriminare come omicida; la ragazza è
presumibilmente morta, tutto è perduto, ed il DIFFERENTE metodo omicida
sta per porre fine alle sofferenze del protagonista.)
3-- L'eroe si districa usando LE PROPRIE CAPACITÀ, addestramento o forza.
4--I misteri che restano -- uno bello grosso mantenuto fin qui aiuterà a
mantenere vivo l'interesse -- sono risolti nel corso del conflitto finale quando
l'eroe prende in mano la situazione.
5--Colpo di scena finale, una grossa sorpresa (Potrebbe essere che il cattivo è
una persona che nessuno sospettava, che il tesoro è un falso, etc.)
6-- Lo snapper, la battuta finale che chiude il tutto.
ALLA FINE: la SUSPENSE ha retto fino a qui?
La MINACCIA ha retto fino alla fine?
È successo tutto in modo logico?
La battuta finale è sufficiente a lasciare il lettore con QUELLA PIACEVOLE
SENSAZIONE?
Dio ha ucciso il cattivo? O l'eroe?
Come Comincia un Romanzo
di M. John Harrison
Un nuovo libro comincia a perseguitarti molto prima che tu perseguiti lui. Sei
leggermente insoddisfatto da qualsiasi cosa tu faccia o pensi. Attacchi briga.
Arrivi a metà di un racconto, e per quanto tu sappia dove dovrebbe andare, non
è lì che va a finire. Non va da nessuna parte. Ti ossessiona un'idea scientifica
che non capisci esattamente. Ti ossessiona un'idea sulle persone che non riesci
completamente a articolare. Ti ossessiona un film che un anno fa avresti odiato.
Improvvisamente queste cose sono connesse ma non devi guardarle
direttamente. Non dovresti provare a vedere la connessione in tutto ciò, perché
non vuole ancora farsi vedere. Più tardi riuscirai a scrivere interi paragrafi che ti
verranno spontanei, farai a fette i tuoi file, ravanerai nella tua ideologia in cerca
di qualcosa che connetta la notizia del telegiornale con l'oscura biografia della
frase che hai scritto in un codice a malapena decifrabile, mezzo sul margine di
una pagina, nel cuore della notte. E ancora non troverai nulla. Non devi
sforzarti. Cominciare un romanzo è come domare un gatto selvatico. Muoviti
troppo in fretta, e ti punirà con giorni d'assenza e proverai una profonda ansietà.
Per ora prova a restare immobile. Tienilo alla periferia del tuo campo visivo.
Niente micio micio micio.
Come scrivere un libro in tre giorni
estratti scelti da Death is no Obstacle, di Michael Moorcock e Colin Greenland.
Se intendi fare un pezzo di lavoro in tre giorni, devi avere tutto preparato come
si deve.
[La formula è] The Maltese Falcon. O il Sacro Graal. Usi il tema della quest,
sostanzialmente. Il Mistero del Falco è la storia di un sacco di gente che insegue
la stessa cosa, che è l'Uccello nero. La Mort d'Artur, è anche la storia di un
sacco di gente che insegue la stessa cosa, che è il Sacro Grail. È anche la
formula dei wester: tutti a caccia dell'oro dell'El Dorado, o quel che è.
La formula dipende dal senso di un essere umano che si scontra con forze
sovrumane, che sia il Grosso Business, o la politica, o il Male sovrannaturale, o
quant'altro. L'eroe è fallibile nei loro termini, e non vorrebbe avere nulla a che
fare con loro. È sempre sul punto di mollare e andarsene quando succede
qualcosa che lo coinvolge a livello personale.
C'è un evento ogni quattro pagine, per esempio-- e note. Liste di cose che
userai. Liste di immagini coerenti; coerenti per te o genericamente coerenti.
Pensi "Bene, Stormbringer: spade, scudi, corni”, e così via.
[Preparai] una struttura completa. Non una trama, esattamente, ma una struttura
in cui le necessità fossero chiare. Sapevo che problemi narrativi avrei dovuto
risolvere in ciascun punto. Poi scrissi tutto al calor bianco; ed un sacco di quella
roba era ispirazione: le immagini che mi servivano mi venivano
immediatamente [quando] mi servivano. Davvero, è solo questione di guardarsi
attorno per la stanza, guardare oggetti ordinari e trasformarli in ciò che ti serve.
Uno specchio: uno specchio che assorbe le anime dei dannati.
Ti serve una serie di immagini che siano puramente fantastiche: paradossi
deliberati, per dire: La Città delle Statue Urlanti, cose così. Ti scrivi
semplicemente una lista di queste cose in modo da averle lì quando ti servono.
Ancora una volta, devono essere coerenti, avere le risonanze giuste, l'una con
l'altra.
L'immagine viene prima dell'azione, perché l'azione di fatto non ha importanza.
Un obiettivo da raggiungere -- un tempo limitato per raggiungerlo. È facile da
sviluppare, una volta elaborata la struttura.
Il tempo è il vero elemento importante in qualsiasi storia di avventura e
d'azione. In effetti, si ricavano l'azione e l'avventura dal fattore tempo. È la
classica formula: "Abbiamo solo sei giorni per salvare il mondo!"
Immediatamente hai fornito al lettore una struttura: ci sono solo sei giorni, poi
cinque, poi quattro e alla fine, nella formula classica, per lo meno, ci sono solo
26 secondi per salvare il mondo! Ce la faranno in tempo?
Una volta cominciato, lo mantieni in movimento. Non puoi permettere a nulla
di fermarlo.
Il principale motivo per cui pianifichi tutto con anticipo è per fare sì che quando
raggiungi un intoppo, un momento disperato, hai qualcosa di pronto sulla tua
scrivania che ti dice cosa fare.
Ci mettevo dentro anche dei misteri che non avevo spiegato a me stesso. Il
punto è, ci metti il mistero, non importa cosa sia. Può non essere la grande
verità che rivelerai alla fine del libro. Pensi semplicemente, Metto questo qui
perché potrebbe servirmi più tardi.
Si comincia con un mistero. Ogni volta che ne riveli una piccola parte, devi fare
qualcos'altro per accrescerlo. In una buona storia di detective ci sarà la stessa
cosa. "Mio Dio, allora è per quel motivo che il maggiordomo di Lady
Carruthers, Jenkins, stava guardando dal buco della serratura quella sera. Ma
dov'era la Signora Jenkins?"
Ciò che faccio è dividere le mia 60.000 parole totali in quattro sezioni, 15.000
parole ciascuna, per dire. Poi divido ciascuna sezione in sei capitoli... Nella
sezione uno l'eroe dirà, "Non c'è modo che io possa salvare il mondo a meno
che io non cominci col procurarmi il primo oggetto di potere". Questo è ciò che
ti dà un obiettivo immediato, ed un immediato elemento di tempo, oltre che un
elemento temporale complessivo. Con ciascuna sezione divisa in sei capitoli,
ciascun capitolo allora deve contenere qualcosa che spinga avanti la storia e
contribuisca all'obiettivo immediato.
Molto spesso è qualcosa del tipo : attacco dei banditi --- sconfitta dei banditi -niente di troppo complesso, ma è un'altra modo in cui puoi ottenere
riconoscibilità: facendo di ciascun capitolo una miniatura della struttura
complessiva del libro, in modo che tutto risulti coerente. Più hai a che fare con
l'incoerenza, col caos, più devi fondare tutto con una logica semplice e forme
elementari che tengano tutto insieme. Altrimenti la cosa comincia
semplicemente a spanciarsi in confusione e astrazione.
Perciò non avrai alcun incontro senza che se ne ricavi dell'informazione. Nella
forma più semplice, Elric combatte e uccide qualcuno, ma morendo quello gli
dice chi ha rapito sua moglie. Ancora una volta è una questione di economia.
Tutto deve avere una funzione narrativa.
[Riguardo alla Formula Definitiva di Lester Dent]
Prima, dice, dividi la tua storia da seimila parole in quattro parti da
millecinquecento. Prima parte, sbatti addosso al tuo eroe una valanga di
problemi. Parte due, raddoppiali. Parte tre, caccialo in tali e tanti guai che
appaia impossibile per lui venirne fuori. Poi - questo potrebbe essere Lester
Dent, o è qualcosa che ho imparato lavorando alla Sexton Blake Library, non
ricordo -- non devi mai avere una rivelazione di qualcosa che non sia già stato
stabilito; perciò, non puoi smascherare un omicida che non sia un personaggio
già presente nella storia. Tutti i tuoi personaggi principali devono essere definiti
nel primo terzo del romanzo. Tutti i tuoi temi principali e tutto il resto deve
essere definito nel primo terzo, sviluppato nel secondo terzo e risolto nel terzo
finale.
C'è sempre una spalla che può avere le reazioni che l'eroe non ha la possibilità
di fare: per spaventarsi, per buttarla sul ridere, per contrastare i discorsi morbosi
dell'eroe, e così via.
...
L'eroe deve fornire la dinamica narrativa, e quindi non può avere alcun buon
senso. Uno di noi in certe circostanze direbbe "Cosa? Draghi? Demoni? Vorrete
scherzare!" L'eroe deve essere motivato, e quando la gente è motivata, il buon
senso scompare. Non vuoi che il lettore sollevi delle obiezioni dettate dal buon
senso, vuoi che seguano la spinta; ma devi avere qualcuno a portata di mano
che agisca da coro.
'In caso di dubbi, discendi in un personaggio secondario.' Perciò quando
raggiungi un empasse, e non puoi muoverti con il tuo personaggio principale,
passa al punto di vista di un personaggio secondario che ti permetta di
mantenere la narrativa in movimento e ti dia tempo per pensare.
Correzione e Editing
di Ian Fleming
Non correggo mai nulla e non torno indietro a quello che ho scritto, tranne alla
fine dell’ultima pagina per vedere dove devo andare. Se vi guardate indietro
una volta, siete finiti. Come ho potuto scrivere questo schifo? Come ho potuto
usare “terribile” sei volte in una pagina? E così via. Se si interrompe la scrittura
di narrativa veloce con troppa introspezione e auto-critica, sarete fortunati se
scriverete 500 parole al giorno e sarete disgustati di esse. Seguendo la mia
formula, scriverete 2000 parole al giorno e non sarete disgustati fino a quando il
libro non è finito, che sarà nel giro di sei settimane.
Gli Autori
Norvell Page (1904-1961) fu un leggendario autore di romanzi pulp. Con lo
pseudonimo di Grant Stockbridge, scrisse gran parte dei 118 romanzi della
serie The Spider.
Lester Dent (1904-1959), fu probabilmente il più popolare degli autori pulp,
creatore del personaggio di Doc Savage (159 romanzi pubblicati con lo
pseudonimo di Kenneth Robeson), oltre ad innumerevoli romanzi e racconti
fuori serie.
M. John Harrison (1945), narratore e critico, esponente di spicco della New
Wave fantascientifica inglese e uno dei maggiori autori contemporanei in lingua
inglese.
Michael Moorcock (1939), narratore, critico, editor, musicista, uno dei padri
fondatori della New Wave fantascientifica, è una delle voci più importanti del
fantastico anglosassone.
Colin Greenland (1954), narratore, critico, insegnante, editor, ha conseguito
una tesi di dottorato in letteratura analizzando i lavori di Michael Moorcock e
della New Wave britannica.
Ian Fleming (1908-1964), è il creatore del più famoso agente segreto di tutti i
tempi.