Metamedicina News N.4

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Metamedicina News N.4
ufficiale della Metamedicina® di Claudia Rainville
22 Settembre 2013 -N. 4
Metamedicina news
Hanno collaborato: Sandra Romano, Katja Bertoli, Susanna Berginc, Paolo Segulin,
mail: [email protected] - http://metamedicinanews.altervista.org
LA MATERNITA’ ATTRAVERSO LA METAMEDICINA
Ovvero … quando puoi godere della gravidanza solo dopo la conoscenza del tuo sé
La maternità come la creazione e la creazione come
l’origine di ogni cosa.
Potrei dire di essere diventata mamma nel maggio
dello scorso anno, mamma completa di me stessa
quando, durante il seminario “Riequilibrio maschile
-femminile” con Claudia Rainville, ho acquisito la
consapevolezza della donna che ero e che volevo
essere e come si esprimeva la mia parte maschile. In
quel seminario ho sentito come se si chiudesse un
cerchio: vedevo perfettamente le origini del maschile e
del femminile che si esprimevano attraverso me. Potevo
finalmente scegliere, e da lì mi accorsi della possibilità
concreta, in questa mia incarnazione, di smettere di
sentirmi responsabile della felicità delle persone che mi
circondavano e che invece avrei potuto imparare ad
occuparmi di essere prima di tutto genitore di me
stessa e poi anche di un figlio altro da me, ma da me
nato.
E’ stato così che di lì ad un mese, la vita ha lasciato che
incontrassi l’uomo, il mio compagno che ora è padre
della bambina che si forma attraverso me in questi mesi.
Abbiamo iniziato il sesto mese di gravidanza, scrivo al
plurale perché il progetto è condiviso da noi tre insieme:
padre, madre e figlio. E quando guardo la pancia che
cresce, so che non è solo mia, ma nostra e questo mi
arricchisce notevolmente, mi completa e mi fa sentire
avvolta, accolta. Ho la fortuna di godere di ogni attimo
di quest’esperienza che considero naturale, fisiologica e
che mi consente di vivere il qui ed ora e mi fa godere lo
scandire del tempo.
Ogni istante è importante, dai mesi prima del
concepimento in poi, ogni momento, ogni fase è
preparatoria per ciò che verrà dopo. Un disegno divino
dove tutto è perfetto, l’origine della vita da cui è tutto
ciò che è. Tutto è perfetto tanto da poter godere
pienamente del momento presente senza la necessità di
aver chiara tutta la strada. Noi siamo strumenti, così
piccoli in confronto all’Universo ma così grandi da farne
meritatamente parte e il nostro ruolo è importante più di
quanto la società siffatta possa lasciar credere.
So che questa bambina m’insegnerà tanto, so che mi ha
scelta perché le vado bene così come sono e questo non
è forse il più gran dono d’amore? So che Stella, questo è
il nome che noi tre abbiamo scelto, mi offre e mi offrirà
amore incondizionato e che da me si aspetta null’altro
che io sia me stessa, che io sia ciò che sono e che le
consente a sua volta di essere ciò che è.
I figli sono i più grandi maestri d’amore e ho la viva
intenzione di beneficiare di questo dono con pienezza.
A me poi non resta che accoglierla con presenza di
spirito, ricambiare il suo amore dal mio ruolo di madre
per lei, compagna del suo papà e donna realizzata nella
manifestazione del suo sé.
Sembra facile, spesso può accadere di perderci nelle
paure nostre oppure in quelle degli altri, di perderci nei
ragionamenti nostri oppure ascoltati da altri ma è facile
perché l’amore è quanto di più naturale esista e sforzi
non ne fa. Facile quanto può essere facile vivere la
materia come faccenda pienamente spirituale.
Continua all’interno…..
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Oltre tutto questo, mi sono divertita ad ascoltarmi,
mente, corpo e spirito, da prima del concepimento, nel
momento stesso del concepimento e in ogni fase
successiva ad esso.
Ho trovato fatto assai singolare che nel rivolgermi ad un
medico di medicina generale, donna e madre, questa non
credesse che io sentissi di essere incinta, ma secondo la
sua opinione avrei dovuto fare necessariamente il test di
gravidanza. Quando un test vale più del sentire di una
donna! Quando scopri che diventerai mamma, arriva il
momento di cogliere quei segnali che ti portano a “fare i
conti” con la tua di mamma.
Mi è capitato che, dopo aver informato mia madre del
lieto evento, lei abbia cominciato a chiamarmi
insistentemente per ripetermi di non mangiare. Io avevo
le nausee che mi spingevano a cercare cibo e una
mamma che continuamente mi diceva di non mangiare
perché altrimenti sarei ingrassata irrimediabilmente. Di
fatto, ad ascoltarla, ho iniziato a gonfiarmi ed ero
disperata finché ho compreso che inconsciamente stavo
obbedendo al copione materno ingrassando come era
capitato a lei. Dopo questa presa di coscienza, ho
ritrovato le mie forme e mi sono riconosciuta nel mio
corpo e nella mia identità. Questo è solo un esempio di
come inconsciamente possiamo alimentare paure altrui
come se fossero le nostre e di come, a ben vedere,
possiamo scrollarci di dosso copioni che non ci
appartengono.
Ora mi preparo ad accogliere questa creatura nel modo
più vicino al mio sentire, nel modo che più mi si confà,
magari nel calore della casa che il suo papà sta
sistemando per il suo arrivo, magari con la presenza di
dolci ostetriche che possano assecondare i bisogni della
nostra anima nel momento della nascita, magari con una
nascita senza violenza, che possa essere addirittura
gioiosa come il significato intrinseco di quel momento.
Magari posso imparare ad accettare l’eventuale dolore
fisico, a lasciarlo andare senza oppormi ad esso ma
ringraziarlo persino.
Magari posso dialogare con la bimba e farle sentire che
andrà tutto bene. E forse così andrà davvero tutto bene,
del resto non facciamo altro che ciò che il mondo ha
fatto finora per essere qui a questo punto, mettiamo un
tassello all’evoluzione e assecondiamo la natura. Questo
è il mio augurio.
Sandra Romano
La Metamedicina è un cammino personale che ci trasforma gradualmente dallo
stato di bruco in quello di farfalla.
CONOSCERE L’ALTRO ATTRAVERSO SE’ STESSI
Nel ‘800 Edgar Allan Poe scriveva: “Se voglio sapere quali sono in quel momento i pensieri di una persona
che ho davanti, assumo sul mio volto la sua stessa espressione e poi attendo di sapere quali pensieri e quali
sentimenti usciranno dal mio spirito o dal mio cuore, quasi a rappresentare la mia nuova fisionomia”
Egli aveva questo metodo particolare per conoscere chi aveva di fronte: cercava di assumere dentro di sé i
connotati del viso, la fisionomia dell’altro.
In pratica immaginava di assomigliargli, di assumere le sue sembianze, di avere la sua stessa espressione del
volto, provando anche a percepire gli stati d’animo che gli arrivavano.
Quando sentiva arrivare la rabbia o la paura, il panico o la gioia, riteneva di avere scoperto quali sentimenti e
quali tendenze mentali potesse avere la persona.
Scoprire l’altro è una delle più grandi capacità dell’anima ed è una virtù primordiale, una dote che ognuno di
noi detiene.
E questo è quello che in realtà cerca il consulente di Metamedicina mentre accompagna la persona nell’ascolto
di se stessa; inviando pensieri d’amore si avvicina un po’ alla volta, prende contatto con la sua energia, cerca di
posizionarsi al suo stesso livello. E quando accade, allora si stanno utilizzando le chiavi della Metamedicina, e
non si è più nella tecnica ma nell’ascolto profondo, in cui io-consulente mi “sintonizzo” e comprendo, senza
giudizio, chi ho davanti. E solo allora posso aiutarlo.
Paolo Segulin
Appuntamenti, Corsi, Seminari, Conferenze, Consulenti su:
www.metamedicina.it
ELABORAZIONE DEL LUTTO
Della morte si parla poco, troppo poco, in realtà nulla,
perché è un argomento tabù, come il sesso e le
malattie terminali. Quando la si vive in prima
persona, il mondo ci crolla addosso lasciandoci
disorientati e confusi, anche perché molto spesso non
sappiamo a chi chiedere aiuto e quindi tutto ci sembra
ancora più difficile.
Negli ultimi secoli la morte è stata snaturalizzata, le è
stato tolto il valore sacro e la dignità che una volta
erano suoi di diritto. I vecchi morivano a casa, attorno
a chi amavano, e i bambini toccavano con mano il ciclo
vita-morte,
riuscendo
talvolta
anche
a
sdrammatizzare l'attimo. Meravigliosi bambini...
Oggi i vecchi vivono gli ultimi attimi lontani da casa,
in freddi ed asettici ambienti. E stessa sorte tocca
anche ai più giovani, se una malattia improvvisa o
impietosa se li porta via.
Se poi la dipartita avviene a seguito di un incidente,
tutto è orribilmente improvviso, terribilmente
scioccante e incredibilmente lacerante.
Cosa fare quindi per lenire il dolore? Dove trovare
aiuto per sopravvivere allo strazio?
Non ho la pretesa di sapere tutto, ma voglio darvi
alcune idee, alcuni consigli, nella speranza che
possano aiutarvi ad elaborare il lutto e a riprendere a
vivere.
Trovo ottimo usare da subito il Rescue remedy (4
gocce x 4 o più volte al giorno) o l'Emergency dei fiori
australiani (7 gocce per 2 o più volte al giorno). Un
rimedio dell’anima può aiutare a sopportare meglio il
dolore, ma la cosa più importante è certamente
esprimere il dolore, perché trattenerlo significa
congelarlo nel cuore e non è mai cosa saggia da farsi.
Dieci anni fa mio padre ha scelto di lasciare questo
mondo: quasi immediatamente ho chiuso lacrime e
dolore in fondo al cuore, anche se il dolore era più che
doppio, visto che un mio parente (che sentivo come un
secondo padre) proprio in quel momento ha scelto di
allontanarsi. Non volevo sentire tutto questo,
evidentemente mi sembrava troppo da affrontare tutto
in una volta. Sono andata avanti 4 anni prima di
rendermi conto che stavo male. Quattro anni. Ad un
certo punto ho trovato il cofanetto dei fiori di Bach
messo in uno sgabuzzino molti anni prima, e il mio
processo di guarigione è iniziato. Poco dopo ho iniziato
il percorso della Metamedicina, e il processo di
elaborazione del lutto si è concluso ad un
seminario di Liberazione della Memoria
Emozionale, lasciandomi una pace e una
tranquillità che mai avrei sognato di ritrovare.
Se dieci anni fa mi sarei permessa di piangere, di
disperarmi, di esprimere il dolore, il processo sarebbe
stato molto più veloce e molto meno doloroso. Ma al
giorno d’oggi è luogo comune credere che piangere sia
segno di debolezza, quando in realtà è un segno di
coraggio: qualunque persona, con un po' di sforzo, è
capace di trattenere le lacrime. Solo pochi si
concedono la libertà di esprimere il dolore e di
permettere al loro cuore di vivere le emozioni, magari
davanti ad altre persone o in un luogo pubblico. Il
cuore non è solo la sede dell'amore, ma anche del
dolore che deriva dall'amore perduto o spezzato. Se
questo dolore non viene liberato, rimane nel cuore e
toglie spazio all'amore, rendendoci più aridi. Gesù
diceva “Lasciate che i bambini vengano a me”. E che
cosa hanno di diverso i bambini da noi adulti? Sono
spontanei, e così facendo liberano il cuore dai
sentimenti dolorosi, cosa che gli permette di rimanere
puri. Questo ovviamente non significa che bisogna
disperarsi da mane a sera per il resto della propria
vita, ma solo permettersi di esprimere il proprio
dolore, fin quanto lo si sente necessario: solitamente
il periodo di elaborazione del lutto ha bisogno
di almeno 9 mesi per essere completato,
arrivando talvolta anche a più anni, ma dipende
ovviamente da situazione a situazione.
La Metamedicina insegna che le emozioni trattenute
non scompaiono ma si depositano finché il corpo non
inizia a segnalarle con malattie, malesseri o
comunque sensazioni non gradevoli.
Ho fatto un patto sai, con le mie emozioni,
le lascio vivere e loro non mi fanno fuori.
Vasco Rossi
Ritornando al dolore per la perdita della persona che
amiamo, il discorso di complica ulteriormente se :

Nel periodo precedente la sua morte, abbiamo
desiderato che morisse

Nei giorni precedenti la morte abbiamo avuto un
litigio, un diverbio. Analogo discorso nel caso in
cui con la persona in questione abbiamo chiuso i
ponti da anni o più, a seguito di un litigio o di un
malinteso.
 Abbiamo un senso di colpa per non aver fatto
qualcosa che la persona ci aveva chiesto: magari
voleva fumare una sigaretta, chiamare o vedere
qualcuno e noi, con la convinzione di far bene,
glielo abbiamo negato (o non abbiamo fatto nulla
per permettergli di farlo).
 Non abbiamo mai avuto un contatto fisico
affettuoso, come un abbraccio o una carezza
(solitamente mamma o papà).
 Con questa persona c'è stato un episodio della
nostra vita (solitamente doloroso) che non è stato
spiegato, di cui non si è discusso nulla, o


un'ombra sul passato, un mistero, che crea
profondo disagio.
Crediamo di non aver fatto tutto il possibile per
salvarla
Non abbiamo mai detto a questa persona che le
vogliamo bene, di quanto sia stata importante
per noi, oppure è stata la persona che è mancata
a non avercelo mai detto.
Alcuni mesi prima della morte di mio padre, conscia
di non averlo mai sentito dire che mi voleva bene
(anche se lo aveva ampiamente dimostrato, ma tutti
noi abbiamo bisogno di sentirlo con le nostre orecchie),
gli sono andata di fronte e gli ho detto “Ora mi dici
che mi vuoi bene”. Al ché mi ha risposto (ridendo) che
potevo andare a quel paese. Ho insistito e alla fine lui
me lo ha detto (con molta commozione e un abbraccio
stretto). A distanza di anni, è uno dei ricordi più
belli che ho di mio padre.
Quindi, se sentite di avere qualcosa in sospeso con la
persona che è venuta a mancare, potete provare a
scioglierlo in uno dei seguenti modi:

Il più semplice è quello di prendere carta e penna
e scrivere una lettera alla persona in questione.
Scegliete un momento in cui siete soli in casa e
scrivetegli quello che avete nel cuore, che sia
dolore o anche rabbia, oppure anche per chiedere
scusa. Ovviamente eventuali lacrime sono
liberatorie.

Lo stesso metodo diventa molto più efficace se
attuato con la Metamedicina: in questo modo è
possibile parlare con un interlocutore che guida
verso la una risoluzione più efficace.

Esistono certamente anche altre tecniche che
possono aiutare, ma l'essenziale è che la persona
sia libera di esprimere tutto il suo pianto, le sue
emozioni, e che possa eventualmente chiedere
scusa e sentirsi perdonata.

Si possono prendere in considerazioni anche i
rimedi dell'anima (fiori di Bach o anche oli
essenziali) ma meglio se in affiancamento con un
altro metodo (come quelli sopra citati).
E' molto importante comprendere e sciogliere il
sentimento di colpa, perché non si può vivere liberi e
felici con questo macigno nel cuore. Non sono poche le
volte in cui ho visto un senso di colpa (radicato da
anni o da decenni) portare ad un'esistenza vissuta a
metà, in quanto la persona pensava di non meritare
nulla (o quasi) dalla vita perché “Se ho desiderato che
la zia morisse (ed è successo), come posso avere diritto
io di vivere?” oppure “Mamma voleva tanto un
bicchiere di vino, ed io fino all'ultimo gliel'ho negato...
come posso vivere felice se non sono stata in grado di
renderle felice gli ultimi attimi?”. E purtroppo ci si
dimentica che nel nostro atto c'erano tutte le più
amorevoli intenzioni di aiutare quella persona...
oppure che il desiderio di non vederla più era solo
un’espressione di una nostra sofferenza nel rapporto
con lei, un guizzo di rabbia, nulla più. Tra desiderare
(in un impeto di rabbia) che una persona muoia e
prendere un coltello ed ucciderla, c'è una differenza
abissale.
Un posto importante inoltre, spetta alla rabbia.
Molto spesso, direi quasi sempre, sotto al dolore c’è la
rabbia: per essere stati lasciati, per essere stati
abbandonati o traditi. E’ molto importante elaborare
prima il dolore, permettendogli di uscire, per poi
prendere coscienza della rabbia e trasformarla con il
perdono, in realtà non è l’adulto ad essere arrabbiato,
ma il bambino interiore, la nostra parte più pura e più
ferita. Proprio per questo la rabbia andrebbe
riconosciuta, accettata e poi trasformata con uno dei
metodi sopra descritti. Altrimenti la rabbia non
espressa, può trasformarsi con il tempo in
depressione, rancore, odio, e quant’altro.
I sogni si dimostrano di enorme conforto in questo
periodo: spesso infatti si sogna la persona che è
mancata che ci parla, che ci da un ultimo abbraccio o
ci dice che ci vuole bene. I sogni, per molti, sono
considerati alla stregua di fantasie e nulla più.
Personalmente non sono di questa opinione. Credo
che i sogni siano anche un’occasione meravigliosa per
entrare in contatto con le persone che amiamo e che
non sono più di questo mondo. Ma come essere certi
che non sia solo un banale sogno, uno come tanti? A
parte il fatto che non esistono sogni “banali”, se nel
sogno voi sapete che la persona non è più viva, allora
l’incontro è avvenuto realmente, in altri piani e livelli.
Se invece nel sogno non sapete che la persona non è
più viva, è un sogno di un altro tipo, non un incontro.
Infine, un ultimo punto, ma assolutamente non per
importanza: la preghiera.
Spesso in questo mondo caotico, frettoloso, materiale e
frivolo, ci si dimentica dell’enorme potere consolatorio
della preghiera, di come possa aprire un canale fra noi
e il Divino e di come il suo Amore possa giungere a noi
per aiutarci in un momento difficile come questo.
Aprite il vostro cuore, lasciate fluire i vostri
sentimenti e confidatevi con Dio, con i vostri Maestri,
con i vostri Angeli o con chi credete. Le vostre
preghiere non rimarranno inascoltate. “Chiedete e vi
sarà dato”.
Susanna Berginc
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