E) Giurisprudenza di merito - Consiglio Nazionale Forense

Transcript

E) Giurisprudenza di merito - Consiglio Nazionale Forense
Parte Seconda – Giurisprudenza
E) Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo dopo Cass., sez. un., 9 settembre 2010, n. 19246: le prime pronunce di
merito.
222. Trib. Livorno, sez. dist. Portoferraio, ord. 1° ottobre 2010
– G.I. Marino.
Ha diritto ad essere rimessa in termini, anche in assenza di specifica istanza, la parte che sia incorsa in un vizio di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione dovuto alla diversità delle forme e dei
termini da osservare sulla base di un sopravvenuto orientamento giurisprudenziale.
(Omissis)
Il G.I. invita le parti a dedurre in ordine agli effetti conseguenti, nel presente procedimento, all’applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite
della Suprema Corte, a tenore del quale “esigenze di coerenza sistematica,
oltre che pratiche, inducono ad affermare che non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in
caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore
a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto
che l’opposizione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede che in
ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà” (Cass.
civ., S.U., 9 settembre 2010, n. 19246).
L’avv. D.C. deduce che al momento della iscrizione a ruolo dell’opposizione
a decreto ingiuntivo era dominante l’orientamento nella giurisprudenza di legittimità che consentiva, ove non fosse dimidiato il termine di comparizione,
la costituzione in giudizio nel termine di 10 giorni. Chiede di essere rimesso in
termini.
Il Giudice
richiamato l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui alla luce del
principio costituzionale del giusto processo, la parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di
legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa intermini ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c.
“ratione temporis” applicabile, anche in assenza di un’istanza di parte, se, esclusivamente a causa del predetto mutamento, si sia determinato un vizio di
inammissibilità od improcedibilità dell’impugnazione dovuto alla diversità del-
Rassegna Forense – 3/2010
689
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
le forme e dei termini da osservare sulla base dell’orientamento sopravvenuto
alla proposizione del ricorso (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2010, n. 14627);
ritenuto il principio applicabile anche alla specie, attesa l’evidente identità
di ratio;
rimette in termini l’opponente per ciò che concerne il rispetto di quelli a lui
assegnati per provvedere ad iscrizione della causa a ruolo, ai sensi di quanto
previsto dall’art. 645 c.p.c., stante il consolidato orientamento della Suprema
Corte – antecedente all’intervento delle Sezioni Unite supra rappresentato –
secondo cui “nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, la riduzione alla metà dei termini di comparizione, prevista dall’art. 645, comma secondo, c.p.c., è rimessa alla facoltà dell’opponente e, nel (solo) caso in cui
questi se ne sia effettivamente avvalso, risultano conseguentemente ridotti
alla metà anche i termini di costituzione ...” (Cass. civ., sez. I, 1° settembre
2006, n. 18942);
dispone che la questione rilevata venga decisa unitamente al merito disponendo altresì procedersi oltre.
L’avv. D.C. insiste sull’eccezione di arbitrato sollevata in atto di opposizione e chiede che il Giudice voglia rinviare la causa per la discussione su questo
punto.
Il Giudice
ritenuto che l’eccezione di arbitrato sollevata sia idonea a definire la causa, rinvia per la discussione ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c. all’udienza
dell’8 febbraio 2011, ore 9.30.
690
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
223. Trib. di Bari, ord. 4 ottobre 2010 – G. Scoditti.
Ha diritto ad essere rimessa in termini la parte che sia incorsa in
un vizio di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione dovuto
alla diversità delle forme e dei termini da osservare sulla base di un
sopravvenuto orientamento giurisprudenziale.
(Omissis)
rilevato che non risulta assegnato dall’opponente al decreto ingiuntivo un
termine a comparire inferiore a quello legale e che non essendosi la medesima parte costituita nel termine di cinque giorni dovrebbe tuttavia conseguirne, alla stregua dell’arresto di Cass. S.U. 9/9/2010 n. 19246, l’improcedibilità
dell’opposizione;
ritenuto che l’arresto delle sezioni unite, riconoscendo che la riduzione a
metà dei termini di costituzione rappresenta un effetto automatico del solo
fatto che l’opposizione sia stata proposta, posto che l’art. 645 c.p.c. prevedrebbe che in ogni caso di opposizione a comparire siano ridotti a metà, pare
integrare un mutamento interpretativo rispetto all’orientamento precedente;
rilevato che la Suprema corte, benché abbia cura di enunciare l’intento di
mantenere il proprio costante orientamento, in realtà muta il costante indirizzo secondo cui, anche in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, la dimidiazione dei termini di costituzione dipende dalla circostanza che l’opponente
si sia avvalso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a
quello ordinario, con la precisazione che irrilevante è il fatto che la fissazione
di tale termine sia riconducibile ad una scelta consapevole, essendo conseguenza soltanto del fatto obiettivo di un termine di comparizione inferiore rispetto a quello ordinario;
rilevato che l’opponente ha proposto istanza di rimessione in termini ai
sensi dell’art. 184-bis c.p.c.;
rilevato che, secondo il più recente orientamento di legittimità, alla luce
del principio costituzionale del giusto processo, la parte che, facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme
regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorra in errore scusabile, ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c., se, esclusivamente a causa del
predetto mutamento, si sia determinato un vizio d’inammissibilità od improcedibilità dell’istanza della parte medesima (Cass. 2 luglio 2010, n. 15809; 17
giugno 2010, n. 14627 – sulla base di tale interpretazione la norma acquisterebbe la medesima portata dell’odierno art. 153 secondo comma c.p.c.);
ritenuto che l’arresto in questione delle sezioni unite è suscettibile anche
di un’interpretazione depotenziante della sua carica di travolgimento del precedente indirizzo, e cioè nel senso che il dimezzamento dei termini di costituzione non riguarderebbe il solo caso di consapevole assegnazione di un termine di comparizione inferiore a quello legale, ma anche ogni caso di obiettiva riduzione di tale termine, avendo così l’arresto efficacia consolidativa
dell’orientamento, sopra evidenziato, che ricollega l’abbreviazione del termine
Rassegna Forense – 3/2010
691
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
di costituzione al fatto obiettivo della concessione di un termine inferiore a
quello legale, a prescindere dalla volontà della parte opponente;
ritenuto che solo l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità potrà chiarire la portata interpretativa dell’odierno dictum delle sezioni, sicché un principio di precauzione suggerisce allo stato di accogliere comunque l’istanza ex
art. 184-bis c.p.c., potendosi l’orientamento consolidare nel senso del mutamento interpretativo;
ritenuto che la rimessione in termini si traduce nell’assegnazione di un
termine per il compimento delle attività precluse solo nel caso in cui tali attività non siano state poste in essere, ma se l’atto in questione sia stato compiuto, nonostante la scadenza del termine di legge, la rimessione in termini
consiste nel valutare l’attività compiuta come tempestiva;
ritenuto pertanto che l’opponente va rimesso nei termini di costituzione;
ritenuta l’irrilevanza delle prove orali dedotte dalla parte opposta, sia perché controversa è la qualificazione giuridica delle circostanze di fatto e non il
loro carattere storico, sia perché ai fini degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 2041 c.c. le prove in questione non aggiungono dati rilevanti alla documentazione in atti;
ritenuto che va disposta CTU in ordine al seguente incarico: sulla base dei
documenti in atti, dei chiarimenti delle parti e delle informazioni da terzi, accerti il consulente, con riferimento all’attività di pulizia allegata e per l’intero
periodo in questione, quale sia l’ammontare delle spese sostenute e delle
perdite patrimoniali subite dalla società che ha svolto la menzionata attività;
P.Q.M.
Visto l’art. 184-bis c.p.c.; rimette l’opponente nel termine di costituzione in
giudizio.
692
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
224. Trib. Varese, sent. 8 ottobre 2010 – G. Buffone.
In caso di cd. overruling – e cioè allorché si assista ad un mutamento, ad opera della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, di
un’interpretazione consolidata a proposito delle norme regolatrici del
processo – la parte che si è conformata alla precedente giurisprudenza della Suprema Corte, successivamente travolta dall’overruling, ha
tenuto un comportamento non imputabile a sua colpa e perciò è da
escludere la rilevanza preclusiva dell’errore in cui essa è incorsa.
Ciò vuol dire che, per non incorrere in violazione delle norme costituzionali, internazionali e comunitarie che garantiscono il diritto ad un
Giusto Processo, il giudice di merito deve escludere la retroattività del
principio di nuovo conio.
(Omissis)
L’eccezione di improcedibilità non è fondata e va respinta, ma nei termini
e per gli argomenti giuridici che seguono, condivisi dalla giurisprudenza civile
di questo Tribunale.
1. Mutamento giurisprudenziale: Cass. civ., S.U., sentenza 9 settembre
2010, n. 19246
A parte un unico risalente precedente, rimasto assolutamente isolato
(Cass. 10 gennaio 1955, n. 8), la giurisprudenza della Corte di Cassazione è
stata costante nell’affermare che quando l’opponente si sia avvalso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello ordinario, il
termine per la sua costituzione è automaticamente ridotto a cinque giorni
dalla notificazione dell’atto di citazione in opposizione, pari alla metà del termine di costituzione ordinario (principio affermato, nel vigore dell’art. 645,
come modificato con il D.P.R. n. 597 del 1950, art. 13 a cominciare da Cass.
12 ottobre 1955, n. 3053 e poi costantemente seguito; v. Cass. n. 3355/1987,
2460/1995, 3316 e 12044/1998, 18942/2006).
L’indirizzo di legittimità, per effetto della costante conferma nel tempo, ha
assunto le fogge di un vero e proprio “diritto vivente” che, come noto, costituisce espressione della norma quale vive nell’ordinamento ovvero il significato giuridico che, tratto dall’enunciato normativo, deve seguirsi come dettato
legislativo. Il costume giurisprudenziale di cui si tratta è rimasto controverso
solo per quanto concerne la rilevanza o meno della volontarietà dell’opponente, nell’assegnazione all’opposto dei termini a comparire dimezzati o inferiori
al termine ordinario, ai fini dell’effetto conseguente del dimezzamento dei
termini di costituzione dell’attore.
È stata la Corte costituzionale, di recente, a riconoscere in tale interpretazione un “diritto vivente”. Nella ordinanza n. 230 del 22 luglio 2009[3], la
Consulta afferma: “è orientamento giurisprudenziale consolidato, costituente
diritto vivente, quello secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la riduzione alla metà del termine di costituzione dell’opponente, ai
sensi dell’art. 645, secondo comma, c.p.c., consegue automaticamente al fatRassegna Forense – 3/2010
693
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
to obiettivo della concessione all’opposto di un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall’art. 163-bis c.p.c., anche se involontaria, e che la
tardiva costituzione dell’opponente è equiparata alla mancata costituzione,
determinando l’improcedibilità dell’opposizione”[4].
Secondo lo jus receptum, formatosi in calce all’art. 645 c.p.c., dunque, la
riduzione alla metà del termine di costituzione dell’opponente, ai sensi
dell’art. 645, secondo comma, c.p.c., consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione all’opposto di un termine di comparizione inferiore
a quello previsto dall’art. 163-bis c.p.c. In altri termini: i termini di costituzione si dimezzano solo se vengono ridotti i termini a comparire. Il diritto vivente così richiamato è stato più volte nel tempo sospettato di illegittimità
costituzionale, ma la Consulta ha escluso la violazione dell’art. 111 Cost. riconoscendo, al contempo, però, nella disciplina ex art. 645, comma II, c.p.c.,
una “compromissione della euritmia del sistema”, la cui “modifica non può
che essere rimessa all’opera del legislatore” (Corte costituzionale, ordinanza
8 febbraio 2008, n. 18).
Stando al diritto vivente così richiamato, nel caso di specie l’opposizione
dovrebbe essere dichiarata procedibile: l’opponente si è costituito oltre il
quinto giorno (ma entro i dieci) avendo, però, concesso all’opposto il termine
ordinario per comparire senza alcuna riduzione o dimezzamento.
La conclusione che precede sembra perdere, però, di validità alla luce del
recentissimo intervento della Suprema Corte di Cassazione, nella sua massima composizione. Infatti, con la sentenza 9 settembre 2010 n. 19246, le Sezioni Unite civili hanno “puntualizzato” che “esigenze di coerenza sistematica,
oltre che pratiche, inducono ad affermare che non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in
caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore
a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto
che l’opposizione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede che in
ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà”.
Secondo il Supremo Collegio, dunque, il dimezzamento dei termini di costituzione dell’attore non dipende dal fatto dell’assegnazione all’opposto di un
termine a comparire ridotto rispetto al quantum ordinario ma dalla circostanza tout court della opposizione. Seguendo la direttrice ermeneutica tracciata
dalle Sezioni Unite, l’opposizione dovrebbe essere dichiarata improcedibile.
Questo giudice reputa che, per i procedimenti civili instaurati prima del 9
settembre 2010 (data di deposito della sentenza delle Sezioni Unite), il principio di diritto enunciato da Cass. civ. 19246/2010 non sia applicabile, dovendosi tenere fermo il diritto vivente come fotografato da Corte Cost.
230/2009.
2. Overruling
L’ordinamento civile italiano, perseguendo il fine di deflazionare il contenzioso e al contempo preservando l’esigenza di certezza del diritto, valorizzando l’interesse pubblico alla prevedibilità delle decisioni, ha nel tempo rafforzato l’efficacia vincolante del precedente di legittimità, in particolare di quello
autorevole reso a Sezioni Unite, “potenziando” il controllo nomofilattico, valorizzando la peculiare vocazione del giudizio di legittimità, e, così, perseguen-
694
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
do il tendenziale obiettivo di assicurare una esatta ed uniforme interpretazione della legge.
In tal senso, dapprima, la legge 2 febbraio 2006 n. 40, modificando l’art.
374 c.p.c., ha previsto che il precedente delle Sezioni Unite non possa essere
disatteso tout court dalla Sezione Semplice che, là dove intenda discostarsi
dal pronunciamento nomofilattico, deve investire della quaestio juris in riedizione le stesse Sezioni Unite (art. 374, comma III, c.p.c.). Lo stesso saggio di
legificazione ha, anche, allargato le maglie procedurali del “principio di diritto
nell’interesse della Legge” (art. 363 c.p.c.) sottolineando “una evoluzione legislativa (…) orientata al potenziamento della pura funzione di corretta osservanza della legge ed uniforme applicazione del diritto (su cui cfr. Cass. civ.,
S.U., sentenza 1 giugno 2010 n. 13332).
Successivamente, la legge 18 giugno 2009 n. 69 ha ulteriormente rafforzato la “tenuta” dalla regola giuridica a formazione nomofilattica introducendo
uno scrutinio semplificato (sfociante in rigetto con motivazione agevolata) in
caso di allineamento del decisum del giudice di merito al precedente conforme di legittimità (art. 360-bis c.p.c., su cui cfr. Cass. civ., S.U., ordinanza 6
settembre 2010, n. 19051).
Dalle premesse che precedono si trae una conclusione: la giurisprudenza
delle Sezioni Unite non è più semplice espressione degli indirizzi di legittimità
di un organo giudiziario ma Giudice che contribuisce a garantire la “certezza
del diritto” nell’ordinamento (v. art. 65 ord. giud.) così divenendo il suo precedente tendenzialmente vincolante per il giudice di merito e avvicinandosi il
diritto vivente al diritto positivo anche dal punto di vista della “introduzione”
delle regole giuridiche e non solo dal punto di vista della loro interpretazione.
In tal modo si espresse già a suo tempo l’autorevole Dottrina, allorché segnalò come formalmente l’autorità del principio dello stare decisis in Italia si
potesse ritrovare in due principi affermati dalla Cassazione: quello della motivazione semplificata in caso di richiamo al precedente di legittimità che si
conferma e quello dell’obbligo di motivazione rafforzata nel caso in cui il precedente venga disatteso.
Entro tale cornice – come è stato Autorevolmente scritto – la Suprema
Corte diventa “uno dei luoghi essenziali in cui la “legge” si definisce e si manifesta”.
Ciò, però, vuol anche dire che, in alcuni casi, il revirement giurisprudenziale può avere le stesse fattezze e lo stesso impatto dello jus superveniens,
in specie nel caso in cui le Sezioni Unite enuncino un principio di diritto che
affiora nella giurisprudenza e tra gli operatori del diritto come regola del tutto
nuova, se raffrontata al costume pretorile seguito costantemente sino alla
sua emersione.
Il fenomeno sin qui descritto è ben noto nei regimi di common law e viene
identificato nell’istituto del cd. overruling: un cambiamento delle regole del
gioco a partita già iniziata e dunque una somministrazione al giudice del potere-dovere di giudicare dell’atto introduttivo in base a forme e termini il cui
rispetto non era richiesto al momento della proposizione della domanda.
L’overruling pone il (serio) problema dell’efficacia nel tempo dell’abrogazione
del precedente che è del tutto affine, per effetti, all’abrogazione della norma,
Rassegna Forense – 3/2010
695
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
soprattutto per il destinatario finale del servizio di Giustizia: in ambo i casi,
sopravviene una regola di diritto neofita, in un contesto in cui, sino al nuovo
pronunciamento, ne vigeva una diversa o addirittura contraria nell’imperativo
che ne costituisce il contenuto.
Il problema della limitazione della retroattività del mutamento giurisprudenziale è risolto nel common law con il metodo del cd. prospective overruling: il giudice stabilisce che la soluzione adottata dal nuovo precedente varrà
solo per il caso deciso e per le future fattispecie ma non per le fattispecie
precedentemente disciplinate per le quali avrà sempre valore il precedente
overruled. Il sistema qui richiamato riguarda solo casi speciali e particolari
come, ad esempio, quelli in cui il mutamento giurisprudenziale modifichi, in
senso peggiorativo per il cittadino, le norme di accesso al processo e, dunque, alla Giustizia. In questi casi, la retroattività del nuovo stare decisis andrebbe a vulnerare rapporti quesiti dal punto di vista sostanziale in ragione
dell’improvviso mutamento delle regole processuali che ad essi sono sottesi:
come avviene esattamente nel caso di specie, quanto al principio di diritto enunciato da Cass. civ., S.U., 19246/2010. Un elevatissimo numero di procedimenti civili dovrebbe essere definito con sentenza di improcedibilità dell’opposizione perché introdotti nel vigore di una norma che abilitava i difensori a costituirsi, per l’opponente, entro i dieci giorni e non anche cinque, in caso di assegnazione all’opposto dell’integralità del suo quantum ordinario per comparire.
Da qui, peraltro, le preoccupazioni già espresse dalla classe forense italiana nel
comunicato del Consiglio Nazionale Forense del 6 ottobre 2010.
Diventa, invero, fisiologico interrogarsi circa la regola della retroattività
nell’ambito della teoria della natura puramente dichiarativa della interpretazione giudiziale. Orbene, dai rilievi che precedono, è evidente come siano
condivisibili le osservazioni di Autorevole Dottrina afferma che la retroattività
“sorprende gli interessati e quindi attenua o esclude la prevedibilità” del comando legislativo: da qui, invero, una precisa risposta della giurisprudenza
della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo[8] che, come noto, impone la “conoscibilità della regola di diritto e la (ragionevole) prevedibilità della sua applicazione” (cfr. Sunday Times c. Regno Unito, sentenza del 29 aprile 1979, §§
48-49) limitando, pertanto, l’efficacia del mutamento giurisprudenziale “creativo” ai casi futuri o individuandone la data di decorrenza da un dato oggettivo di pubblicità della decisione (cfr., per verificare i principi della CEDU in tema di overruling: Cocchiarella c. Italia, sentenza del 29 marzo 2006, §44; Di
Sante c. Italia, decisione del 24 giugno 2004;Midsuf c. Francia, decisione della Grande Chambre dell’11 settembre 2002.
Il punto di partenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è che il termine legge riguarda anche la norma di diritto vivente (“englobe le droit
d’origine tant législative que jurisprudentielle”) con conseguente estensione
del principio di irretroattività all’ipotesi di mutamento giurisprudenziale imprevedibile con effetti in malam partem (soprattutto nel diritto penale).
Anche la Corte di giustizia della CE ha recepito il principio di irretroattività
della giurisprudenza creativa (cfr. da ultimo, CGCE, 8 febbraio 2007, C-3/06 P,
Groupe Danone c. Commissione) stabilendo che deve essere impedita l’applicazione retroattiva di una nuova interpretazione di una norma nel caso in cui si
696
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
tratti di un’interpretazione giurisprudenziale il cui risultato non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui l’infrazione è stata commessa.
È vero che tali pronunciamenti riguardano in specifico il settore penale,
ma il problema investe la problematica generale della principio di Legalità,
che salvaguardia lo stesso accesso del cittadino alla Giustizia: si pensi al caso
di specie. Il giudizio è stato introdotto il 14 luglio 2005 e, dopo intense e onerose attività processuali (come CTU e prove orali) questo verrebbe caducato
in rito per improcedibilità sopravvenuta, alla distanza di oltre cinque anni.
Una simile conclusione non può che qualificarsi come violento strappo al
tessuto connettivo degli artt. 24 e 111 Cost. con manifesta violazione dei
soggettivi coinvolti che non troverebbero sbocco in una pronuncia del merito
per motivi estranei in modo assoluto alla condotta, volontà o colpa dei litiganti e dei difensori. Da qui la necessità, secondo questo giudice, di applicare
una interpretazione conforme a Costituzione.
I principi sin qui richiamati sono stati, invero, recepiti anche dalla Corte di
Cassazione, con una giurisprudenza che questo giudice intende recepire e fare propria.
3. Contrasto degli effetti patologici dell’overruling
In tempi recenti, l’esigenza di preservare il cittadino dai rischi dell’overruling è stata avvertita anche dalla Suprema Corte, nella importante pronuncia:
Cass. civ., sez. II, ordinanza 2 luglio 2010, n. 15811. Nella decisione, la Corte afferma che l’overruling si risolve in un cambiamento delle regole del gioco
a partita già iniziata e in una somministrazione all’arbitro del potere-dovere di
giudicare dell’atto introduttivo in base a forme e termini il cui rispetto non era
richiesto al momento della proposizione dell’atto di impugnazione”. Secondo il
Collegio, “allorché si assista, come nella specie, ad un mutamento, ad opera
della Corte di cassazione, di un’interpretazione consolidata a proposito delle
norme regolatrici del processo, la parte che si è conformata alla precedente
giurisprudenza della stessa Corte, successivamente travolta dall’overruling,
ha tenuto un comportamento non imputabile a sua colpa e perciò è da escludere la rilevanza preclusiva dell’errore in cui essa è incorsa”;
Il Collegio riferisce che in questa direzione orienta il principio costituzionale
del “giusto processo”, la cui portata non si esaurisce in una mera sommatoria
delle garanzie strutturali formalmente enumerate nell’art. 111 Cost., comma 2,
(contraddittorio, parità delle parti, giudice terzo ed imparziale, durata ragionevole di ogni processo), ma rappresenta una sintesi qualitativa di esse (nel loro
coordinamento reciproco e nel collegamento con le garanzie del diritto di azione e di difesa), la quale risente dell’”effetto espansivo” dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo (cfr. Corte cost.,
sentenza n. 317 del 2009, punto 8 del Considerato in diritto).
Il Collegio conclude ritenendo “contrario alla garanzia di effettività dei
mezzi di azione o di difesa e delle forme di tutela – la quale è componente del
principio del giusto processo – che rimanga priva della possibilità di vedere
celebrato un giudizio che conduca ad una decisione sul merito delle questioni
di diritto veicolate dall’impugnazione, la parte che quella tutela abbia perseguito con un’iniziativa processuale conforme alla legge del tempo – nel reale
Rassegna Forense – 3/2010
697
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
significato da questa assunto nella dinamica operativa per effetto dell’attività
“concretizzatrice” della giurisprudenza di legittimità -, ma divenuta inidonea
per effetto del mutamento di indirizzo giurisprudenziale.
La Suprema Corte conclude attingendo al bacino della remissione in termini per consentire al ricorrente di proporre l’impugnazione secondo le nuove
regole giurisprudenziali (poiché inammissibile secondo le vecchie).
Possono, dunque, trarsi delle conclusioni: in caso di radicale mutamento
giurisprudenziale che abbia ad oggetto le regole del processo e introduca, di
fatto, una regola da ritenersi nuova alla luce del costume giurisprudenziale
costantemente seguito sino al pronunciamento neofita (overruling) la parte
che abbia posto in essere un’iniziativa processuale conforme al precedente
indirizzo, ma divenuta inidonea per effetto del mutamento di indirizzo giurisprudenziale, conserva il diritto ad una decisione nel merito.
Posta tale premessa in principio occorre verificare quale sia lo strumento
giuridico cui attingere per renderlo vitale. In casi del genere, il Collegio ha
fatto ricorso all’art. 184-bis c.p.c. (oggi art. 153 c.p.c.). E, però, in genere,
l’applicazione dell’istituto de quo impone un sub-procedimento che si conclude con la facoltà concessa all’istante di ripetere l’attività processuale inibita
dalla decadenza andatasi a formare. Ma nel caso di specie, essendo i procedimenti come quello in esame già in istruttoria o in fase di trattazione, la remissione si risolverebbe in una lesione del principio di ragionevole durata anche con rischio di perdita delle attività processuali sino ad ora svolte ed espletate e, dunque, comunque con un effetto di sfavore per la parte sostanziale incolpevole in spregio a quanto poc’anzi affermato.
E, allora, una interpretazione costituzionalmente orientata, intrisa dei
principi della giurisprudenza comunitaria e internazionale richiamata, impone
di ritenere che la parte – piuttosto che essere rimessa in termini, con regressione del giudizio e conseguente grave danno alla giurisdizione – deve essere
considerata come aver agito correttamente, su mero accertamento del giudice di merito che verifica l’overruling e l’affidamento incolpevole del litigante.
Tale approdo è espressione ed applicazione del principio “tempus regit actum” che, come regola e orienta lo jus superveniens, in materia processuale,
così deve guidare e disciplinare l’overruling.
In altri termini, in caso di decisioni alle quali non può riconoscersi effetto
meramente dichiarativo, alla luce dell’evoluzione dell’ordinamento civile italiano, deve escludersi l’efficacia retroattiva delle nuove regole interpretative
in materia processuale e di accesso alla Giustizia.
Ovvio che, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza (9 settembre
2010), tutti i procedimenti civili di nuova instaurazione saranno sottoposti alla nuova interpretazione nomofilattica, ritenendo questo giudice di dover rispettare e applicare il Supremo pronunciamento per l’avvenire.
(Omissis)
698
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
225. Trib. Torino, ord. 11 ottobre 2010 – G. Liberati.
Alla luce del principio costituzionale del giusto processo (art. 111
Cost.), l’errore della parte che abbia fatto affidamento su una consolidata (al tempo della proposizione della opposizione e della costituzione in giudizio) giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici
del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, non può avere rilevanza preclusiva, sussistendo
i presupposti per la rimessione in termini (art. 153 c.p.c. nel testo in
vigore dal 4.7.2009), alla cui applicazione non osta la mancanza
dell’istanza di parte, essendo conosciuta, per le ragioni evidenziate, la
causa non imputabile (così, Cass., sez. II, ordinanze interlocutorie nn.
14627/2010, 15811/2010 depositate il 17 giugno 2010 ed il 2 luglio
2010). Pertanto, la tardiva costituzione dell’opponente e la decadenza
che ne è derivata sono riconducibili ad una causa non imputabile
all’opponente stesso, con la conseguente sussistenza dei presupposti
per rimettere in termini l’opponente, di guisa che la sua costituzione,
effettuata oltre il suddetto termine dimidiato ma entro quello ordinario di dieci giorni, deve essere ritenuta tempestiva, e che quindi non
occorre assegnare un ulteriore termine per provvedervi, trattandosi di
attività già compiuta (nel caso di specie viene esclusa la retroattività
del principio di diritto enunciato da Cass. civ., S.U., 9 settembre 2010
n. 19246 in materia di costituzione dell’opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ricorrendo allo strumento della remissione in termini).
(Omissis)
Rilevato che la convenuta opposta ha eccepito preliminarmente l’improcedibilità della opposizione in conseguenza della tardiva costituzione dell’opponente, e cioè oltre il termine dimidiato di cinque giorni di cui al combinato disposto degli artt. 165 e 645, II co., c.p.c., applicabile, alla luce del principio
interpretativo stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 19246 del 2010, depositata il 9.9.2010, a tutti i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, indipendentemente dalla effettiva assegnazione
all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, in quanto “ ….
non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un
termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico
è conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia stata proposta, in quanto
l’art. 645 c.p.c. prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire
siano ridotti a metà.” (così Cass. 19246/2010 citata).
Considerato che tale interpretazione ha mutato il precedente indirizzo interpretativo della stessa Corte di Cassazione, secondo cui il termine di costituzione dell’opponente era ridotto alla metà solo quando costui si fosse avRassegna Forense – 3/2010
699
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
valso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello
ordinario (come spiegato nella stessa sentenza 19246/2010 citata, nella quale è riportato tale costante orientamento, da Cass. 12.10.1955 n. 3053 fino a
Cass. 3355/1987, id. 2460/1995, 3316 e 12044/1998, 18942/2006).
Rilevato che l’opponente non ha assegnato alla opposta un termine a
comparire inferiore a quello minimo, avendo notificato l’atto di citazione il
2.4.2010 ed indicato la prima udienza al 5.10.2010, con la conseguenza che
la sua costituzione, secondo detto precedente e consolidato orientamento interpretativo, risultava tempestiva.
Osservato, alla luce del principio costituzionale del giusto processo (art.
111 Cost.), che non sembra che l’errore della parte che abbia fatto affidamento su una consolidata (al tempo della proposizione della opposizione e
della costituzione in giudizio) giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, possa avere rilevanza preclusiva, sussistendo i presupposti
per la rimessione in termini (art. 153 c.p.c. nel testo in vigore dal 4.7.2009),
alla cui applicazione non osta la mancanza dell’istanza di parte, essendo conosciuta, per le ragioni evidenziate, la causa non imputabile (così, Cass., sez.
II, ordinanze interlocutorie nn. 14627/2010, 15811/2010 depositate il 17
giugno 2010 ed il 2 luglio 2010).
Ritenuto, pertanto, che la tardiva costituzione dell’opponente e la decadenza che ne è derivata siano riconducibili ad una causa non imputabile
all’opponente stesso, con la conseguente sussistenza dei presupposti per rimettere in termini l’opponente, di guisa che la sua costituzione, effettuata oltre il suddetto termine dimidiato ma entro quello ordinario di dieci giorni, deve essere ritenuta tempestiva, e che quindi non occorre assegnare un ulteriore termine per provvedervi, trattandosi di attività già compiuta.
Osservato, quanto alla istanza di autorizzazione alla provvisoria esecuzione del decreto opposto, che l’opposizione, fondata sulla interpretazione del
contratto concluso dall’attore con la P di quello accessorio di finanziamento
dallo stesso stipulato con la convenuta N, sia di pronta soluzione, non sembrando richiedere istruzione, con la conseguenza che non paiono esservi i
presupposti per la provvisoria esecutorietà del decreto opposto.
Rilevato, infine, che entrambe le parti hanno domandato l’assegnazione
dei termini previsti dall’art. 183 c.p.c., di guisa che occorre assegnare loro i
relativi termini, invitandole anche ad indicare separatemente i nomi dei testimoni da escutere su ogni capitolo di prova che dedurranno ed a prendere
posizione sul calendario del processo, ai sensi dell’art. 81-bis disp. att. c.p.c.
(Omissis)
700
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
226. Trib. Milano, sez. dist. Rho, 15 ottobre 2010 – G. Gori.
L’esigenza di certezza, di predeterminazione e prevedibilità della
disciplina processuale, e di rispetto dei principi del giusto processo di
cui all’art. 111 Cost. impongono di applicare la nuova interpretazione
fornita da Cass. 19246/2010 – obiter dictum – dell’art.645 c.p.c., ai
soli giudizi incardinati successivamente alla pubblicazione della predetta sentenza, avvenuta il 9 settembre 2010. I giudizi instaurati anteriormente, quale è il presente, restano regolati dall’interpretazione
dell’art.645 c.p.c. vigente al momento della proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo
(Omissis)
Il rimedio della remissione in termini non pare applicabile al caso di specie: come evidenziato dalla miglior dottrina, essa presuppone l’inosservanza
di un limite temporale assegnato per il compimento di un atto processuale, il
verificarsi di un impedimento di fatto puntuale e imputabile alla parte, ma
positivamente apprezzabile e accertabile sulla base di elementi evincibili
dall’istanza della parte.
Al contrario, nel caso di specie parte opponente ha concesso all’opposto
un termine a comparire non inferiore a quello di legge e si è costituita oltre il
5° giorno successivo alla notifica dell’atto di opposizione ma prima del 10°,
facendo applicazione di una regola processuale al tempo costituente diritto
vivente, e ricavata dall’art. 645 c.p.c. come costantemente interpretato della
S.C.; la regola è stata solo ex post superata dalla sentenza 15812/2010.
Infatti, sino al 9 settembre 2010, data di pubblicazione della citata sentenza, il disposto dell’art. 645 c.p.c. “i termini di comparizione sono ridotti a
metà” era interpretato nel senso che la riduzione del termine di costituzione
dell’opponente conseguiva al fatto obbiettivo – consapevole o meno (Cass. 15
marzo 2001, n. 3752, 27 settembre 2002, n. 14017, ord. 4 settembre 2004,
n. 17915) – che l’opponente assegnasse all’opposto un termine a comparire
inferiore a quello dell’art.163-bis c.p.c., e non in ogni caso (Cass. 7 aprile
1987, n. 3355; Cass. 3 marzo 1995, n. 2460; 30 marzo 1998, n. 3316; 26
novembre 1998, n. 12004; 1° settembre 2006, n. 18942).
Questa interpretazione costante fornita dalla giurisprudenza di legittimità
(contra solo Cass. 10 gennaio 1955, n. 8), e venuta meno il 9 settembre
scorso, è stata seguita anche dall’odierno opponente, e dunque la costituzione va considerata tempestiva secondo il diritto vivente al momento del compimento dei fatti processualmente rilevante, ossia la notifica dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e la successiva iscrizione a ruolo
della causa.
In conclusione, non si ravvisa nel caso di specie alcun impedimento suscettibile di apprezzamento ai fini di una rimessione in termini, ma solo un
mutamento di orientamento giurisprudenziale, fisiologico nel sistema sebbene
Rassegna Forense – 3/2010
701
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
susciti opinioni divergenti nei commentatori, e necessaria conseguenza della
funzione nomofilattica della Suprema Corte.
Tuttavia, l’esigenza di certezza, di predeterminazione e prevedibilità della
disciplina processuale, e di rispetto dei principi del giusto processo di cui
all’art. 111 Cost. impongono di applicare la nuova interpretazione fornita da
Cass. 19246/2010 – obiter dictum – dell’art. 645 c.p.c., ai soli giudizi incardinati successivamente alla pubblicazione della predetta sentenza, avvenuta il
9 settembre 2010.
I giudizi instaurati anteriormente, quale è il presente, restano regolati
dall’interpretazione dell’art. 645 c.p.c. vigente al momento della proposizione
dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
(Omissis)
702
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
227. Trib. Milano, 19 ottobre 2010 – G. Cosentini.
Il principio di affidamento sul diritto vivente quale risulta dalla generalizzata interpretazione delle norme regolatrici del processo da
parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, preclude la possibilità di ritenere che gli effetti dell’atto processuale già formato al
momento della pronuncia della Corte di legittimità che ha mutato
l’interpretazione della norma, siano regolati dalla nuova interpretazione della legge, quantomeno nei casi in cui l’applicazione della stessa secondo la modificata interpretazione viene a compromettere in
radice la tutela della parte.
Premesso che parte attrice, notificato al convenuto atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo in data 8 febbraio 2010 e costituitasi in data 17
febbraio 2010, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione 9 settembre 2010, n. 19246 e l’ordinanza della Sezione II 17 giugno 2010, n. 14627, “chiede la rimessione in termini per la proposizione
dell’opposizione con assegnazione del termine per l’impugnazione”;
Rilevato che nel presente procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo parte attrice opponente (notificato all’opposto l’8 febbraio 2010 atto di citazione a comparire all’udienza del 18 maggio 2010) risulta quindi avere assegnato a parte convenuta termini liberi a comparire ordinari, ossia non minori di 90 giorni, ai sensi dell’art. 163-bis c.1 c.p.c., e risulta essersi costituita
il 17 febbraio 2010, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al
convenuto, ex art. 165 c.p.c., ciò in linea con un pregresso consolidato orientamento giurisprudenziale (già recepito da questo tribunale) secondo il quale
l’abbreviazione dei termini di costituzione per l’opponente era da ritenersi
conseguente al solo fatto obiettivo della concessione all’opposto di termini di
comparizione inferiori a novanta giorni;
Preso atto dell’intervenuta pronuncia della Corte di Cassazione, S.U., n.
19246/10, la quale, ribadito il legame tra termini di comparizione e termini di
costituzione quale sancito dall’art. 165, c. 1, c.p.c., ha affermato per “esigenze di coerenza sistematica … che non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che
l’opposizione sia stata proposta”, richiamando il disposto di cui all’art. 645, c.
2, c.p.c. che prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire
siano ridotti a metà;
Ritenuto di uniformarci a tale innovativa interpretazione della norma processuale, norma di natura speciale che, sul presupposto delle ragioni di pronta trattazione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, risponde all’esigenza di bilanciamento delle posizioni delle parti, là dove la riduzione dei
termini di costituzione dell’attore opponente bilancia la compressione dei
termini a disposizione del convenuto opposto che, anticipandosi la costituzio-
Rassegna Forense – 3/2010
703
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
ne dell’attore, avrà a disposizione in un tempo più breve i documenti dallo
stesso allegati, da inserire nel fascicolo all’atto della costituzione;
Ritenuto tuttavia che nel procedimento in esame possa e debba darsi tutela alle aspettative processuali dell’opponente, che ha introdotto il giudizio nella vigenza del pregresso orientamento interpretativo giurisprudenziale, e che,
alla luce dell’orientamento medio tempore intervenuto, incorrerebbe in una
pronuncia d’improcedibilità dell’opposizione ex art. 647, c. 2, c.p.c. per tardiva costituzione equiparata a mancata costituzione;
Ritenuto che sussista nell’ordinamento un valido principio di affidamento
sul diritto vivente quale risulta dalla generalizzata interpretazione delle norme
regolatrici del processo da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, principio che, alla luce degli artt. 24 e 111 Cost., posti a garanzia di un
giusto processo come effettivo strumento di azione e di difesa, preclude la
possibilità di ritenere che gli effetti dell’atto processuale già formato al momento della pronuncia della Corte di legittimità che ha mutato l’interpretazione della norma, siano regolati dalla nuova interpretazione della legge, quantomeno nei casi in cui l’applicazione della stessa secondo la modificata interpretazione viene a compromettere in radice la tutela della parte;
Rilevato che in tal senso si è anche di recente espressa la Corte di legittimità (Cass. ord. 2 luglio 2010, n. 15811) che, in analoga situazione di mutamento in corso di causa di interpretazione consolidata di norme regolatrici del
processo, ha ritenuto che ciò non possa avere effetti preclusivi sulla parte, la
cui condotta processuale pur erronea trovi spiegazione e giustificazione
nell’affidamento creato dalla giurisprudenza pregressa, richiamandosi la Corte
al principio costituzionale del giusto processo che impone di garantire l’effettività del contraddittorio e dei mezzi di azione e di difesa nel processo;
Ritenuto che tali principi, se nella fattispecie all’attenzione della Corte inducevano a ravvisare nella rimessione in termini … il mezzo tecnico per ovviare all’errore oggettivamente scusabile (al fine di consentire alla parte di
proporre ricorso per cassazione secondo le regole corrette di individuazione
del giudice), nel caso di specie non impongano tale rimedio, ove si rilevi che
l’opposizione è stata tempestivamente svolta avanti al giudice competente
mediante atto di citazione ritualmente notificato e che, se da un lato l’opponente si è costituito nel termine di 10 giorni anziché 5 dalla notifica all’opposto della citazione (come consentito dall’orientamento giurisprudenziale pregresso ove concessi termini a comparire di fatto non abbreviati), dall’altro ciò
non sembra avere leso i diritti di difesa dell’opposto (che peraltro nulla ha
contestato), cui la citazione era stata notificata più di 90 giorni prima dell’udienza, e che quindi ha avuto a disposizione ben più di 45 giorni liberi per la
sua costituzione in udienza (e ben più di 35 giorni liberi per la sua costituzione tempestiva, prescritta ex art. 166 c.p.c. almeno dieci giorni prima dell’udienza nel caso di abbreviazione di termini);
Ritenuto quindi di non procedere a una rimessione in termini dell’opponente, che peraltro non potrebbe mai essere accolta con riferimento al termine di notifica della citazione in opposizione (come intenderebbe l’opponente
nell’istanza a verbale), e che, ove riferita al termine di costituzione, comporterebbe un ritardo del giudizio non giustificato da esigenze di difesa e di con-
704
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
traddittorio, in antitesi con il principio costituzionale di ragionevole durata del
processo;
Ritenuto che, alla luce delle suestese considerazioni, non debba quindi essere rinnovata la costituzione dell’opponente, effettuata il 17 febbraio 2010
secondo i criteri di tempestività di cui al consolidato orientamento giurisprudenziale all’epoca vigente, e in termini non lesivi dei diritti di difesa delle parti
e della posizione bilanciata tra le stesse;
Ritenuto che il processo possa pertanto proseguire oltre e che, quanto al
merito, la causa sia matura per la decisione;
fissa udienza di precisazione delle conclusioni ex art.281 sexies c.p.c. […]
(Omissis)
Rassegna Forense – 3/2010
705
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
228. Tribunale Belluno, 30 ottobre 2010 – G. Giacomelli.
La presenza di un mero obiter dictum che, sebbene ampiamente
motivato, in una pronuncia della Corte di Cassazione costituisce affermazione eccedente la necessità logico-giuridica della decisione ed
è quindi privo dell’efficacia di precedente, inteso come regola di diritto
strettamente connessa alla fattispecie concreta, che costituisce il fondamento logico-giuridico necessario per risolvere la controversia.
(Omissis)
Il giudice, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 14.10.2010,
osserva quanto segue.
Il convenuto opposto ha eccepito preliminarmente l’improcedibilità dell’opposizione in conseguenza della tardiva costituzione dell’opponente, perché
avvenuta oltre il termine di cinque giorni previsto dal combinato disposto dagli artt. 165 e 645, 2° comma, c.p.c., ritenuto applicabile a tutti i giudizi di
opposizione decreto ingiuntivo indipendentemente dall’effettiva assegnazione
all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, a seguito della
sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 19246 del 9 settembre
2010, la quale ha ritenuto che “esigenze di natura sistematica, oltre che pratiche inducono ad affermare che non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede che in ogni caso
di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà”.
Va innanzi tutto osservato che la citata pronuncia delle Sezioni Unite ha ad
oggetto una fattispecie in cui il tribunale ha dichiarato improcedibile l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo “in quanto l’opponente, pur avendo assegnato all’opposto un temine a comparire inferiore ai 60 giorni, si è costituito
oltre il termine di 5 giorni dalla notifica della citazione”, e la Corte d’appello
ha confermato la decisione di primo grado richiamando l’orientamento della
Cassazione “secondo il quale l’abbreviazione del termine di costituzione per
l’opponente consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione
all’opposto di un termine di comparizione inferiore a 60 giorni, risultando del
tutto irrilevante che la concessione dello stesso sia dipesa da una scelta consapevole ovvero da errore di calcolo”.
Così individuata la fattispecie sottoposta all’esame della Corte di Cassazione, la Prima Sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite ritenendo che “non risponde alla sistematica del codice
di rito che la disciplina dei termini di un procedimento possa discendere dalla
scelta di una delle parti del giudizio, al di fuori di ogni controllo da parte del
giudice”, ed ha osservato che “se fosse vero l’assunto della esistenza di un
principio di adeguamento dei termini di costituzione a quelli di comparizione
la riduzione dei termini di costituzione dovrebbe operare sempre e comunque
nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, perché la formulazione
dell’art. 645, comma 2, c.p.c. non consentirebbe alcuna discrezionalità” (la
706
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
Prima Sezione ha quindi prospettato la soluzione interpretativa opposta a
quella che costituisce l’esito della successiva decisione del Supremo Collegio).
Le Sezioni Unite della Cassazione – nel rilevare che “le ragioni addotte dal
ricorrente, in parte recepite e sviluppate nell’ordinanza interlocutoria della prima sezione civile, non sono idonee a giustificare un mutamento del costante orientamento della Corte” – hanno innanzitutto ribadito che “l’abbreviazione del
termine di costituzione per l’opponente consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione all’opposto di un termine di comparizione inferiore a
quello ordinario, essendo irrilevante che la fissazione di tale termine sia dipesa
da una scelta consapevole ovvero da errore di calcolo”. Poiché nel caso esaminato dalla Cassazione l’opponente aveva effettivamente assegnato all’opposto
un termine a comparire inferiore a quello ordinario, l’enunciazione di questo
principio, conforme all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, è di per sé sufficiente a giustificare la conferma della declaratoria di improcedibilità dell’opposizione per tardiva costituzione dell’opponente.
Deve quindi ritenersi che l’ulteriore “puntualizzazione” svolta dalle Sezioni
Unite – secondo cui “non solo i termini di costituzione dell’opponente e
dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma
che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia
stata proposta” – rappresenti un numero obiter dictum che, sebbene ampiamente motivato, costituisce un’affermazione eccedente la necessità logicogiuridica della decisione (cfr. Cass. 8 ottobre 1997, n. 9775; Cass. 31 agosto
2005, n. 17568), ed è quindi privo dell’efficacia di precedente (ancorché soltanto persuasivo, come avviene negli ordinamenti di civil law), in quanto non
funzionale alla ratio decidendi, intesa come regola di diritto strettamente
connessa alla fattispecie concreta, che costituisce il fondamento logicogiuridico necessario per risolvere la controversia.
Tale obiter – qualificato dalla dottrina come “ratio decidendi non necessaria” – può infatti essere espunto dalla motivazione, senza privarla della regola
su cui essa si fonda, perché afferma un principio, estraneo al percorso argomentativo, il cui ambito di applicazione è più ampio di quello della norma che
attiene ai fatti rilevanti del caso (ove era stato effettivamente assegnato un
termine di comparizione inferiore a quello ordinario), e configura soltanto
l’anticipazione della possibile (futura) soluzione di un caso ipotetico (in cui sia
assegnato un termine di comparizione non inferiore a quello ordinario) diverso da quello in esame.
Sul punto la dottrina ha chiarito che soltanto il riferimento diretto agli specifici fatti di causa rende possibile l’individuazione dell’effettiva ragione giuridica della decisione, la sola ratio che può assumere efficacia di precedente,
mentre gli obiter dicta non hanno alcuna efficacia e non possono essere invocati come precedente nella soluzione dei casi successivi proprio in quanto non
hanno determinato la decisione del caso anteriore.
La sentenza n. 19246 del 9 settembre 2010 delle Sezioni Unite ha applicato alla fattispecie concreta – in cui l’opponente costituito oltre il termine di 5
giorni dalla notifica della citazione, aveva assegnato all’opposto un termine a
comparire inferiore a quello ordinario – il principio, conforme all’orientamento
Rassegna Forense – 3/2010
707
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
consolidato, secondo cui “i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione
all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale”, superando i
dubbi della Prima sezione sulla coerenza della riduzione dei termini di costituzione, quale conseguenza della riduzione dei termini di comparizione, rispetto
alla finalità di accelerare la definizione del giudizio di opposizione. la Corte
non ha annullato con rinvio né ha enunciato il principio di diritto ai sensi
dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., ma ha invece rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza di conferma della dichiarazione di improcedibilità dell’opposizione, in quanto “le ragioni addotte dal ricorrente, in parte recepite e
sviluppate nell’ordinanza interlocutoria della prima sezione civile, non sono
idonee a giustificare un mutamento del costante orientamento della Corte”
(cfr. par. 2 della sentenza).
È in questa prospettiva che sembra doversi inquadrare il problema dell’efficacia della richiamata “puntualizzazione”, che non trova precedenti nella giurisprudenza della Corte di Cassazione – la quale, a parte un’isolata decisione (v.
Cass. 10 gennaio 1955, n. 8, secondo cui “l’art. 645 c.p.c., nel testo modificato
dalla legge del 1950, dispone per l’opposizione a decreto ingiuntivo la riduzione
a metà dei soli termini per la comparizione stabilita dall’art. 163-bis, non anche
dei termini per la costituzione delle parti”) – ha costantemente affermato che
solo quando l’opponente si sia effettivamente avvalso (anche se per errore)
della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello ordinario
il termine per la sua costituzione è automaticamente ridotto a cinque giorni
dalla notificazione dell’atto di citazione in opposizione, pari alla metà del termine di costituzione ordinario (cfr. Cass. 15 marzo 2001, n. 3752; Cass. 29 settembre 2002, n. 14017; Cass. 4 settembre 2004, n. 17915; Cass. 1° settembre 2006, n. 18942; Cass. 18 maggio 2009, n. 11436).
Le diverse soluzioni proposte dai giudici di merito per fronteggiare le immediate conseguenze della ritenuta applicabilità del nuovo principio ai giudizi
instaurati prima della data di deposito della sentenza delle Sezioni Unite (9
settembre 2010) – ad es. la rimessione in termini d’ufficio (v. Trib. Torino 11
ottobre 2010; Trib. Milano 13 ottobre 2010; Trib. Pavia 14 ottobre 2010) o
l’irretroattività del c.d. overruling (cfr. Trib. Varese 8 ottobre 2010) per il mutamento dell’orientamento costante (v. Cass. 17 giugno 2010, n. 14627 e
Cass. 2 luglio 2010, n. 15811) – non appaiono dunque aderenti alla questione, perché sottintendono e presuppongono l’immediata efficacia di un’opzione
interpretativa che non sembra invece costituire un precedente (cui il giudice
non è comunque tenuto ad uniformarsi, ove possa addurre ragioni idonee a
giustificare lì adozione di una diversa regola di giudizio: v. Cass. 3 dicembre
1983, n. 7248), tale da poter scalfire il principio di predeterminazione delle
regole del processo, ora sancito dall’art. 111 Cost.
È peraltro evidente che la parte insoddisfatta della soluzione così prospettata (vale a dire il convenuto opposto, che intenda far dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione) avrà interesse a riproporre l’eccezione in sede di impugnazione; tuttavia, se si procedesse all’immediata dichiarazione di improcedibilità si affronterebbe il rischio, ben più grave, di far gravare sul giudice
708
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
d’appello, che non condivida la decisione, lo svolgimento dell’attività istruttoria omessa in primo grado.
Poiché nel momento attuale, a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite,
le cause di opposizione a decreto ingiuntivo (in cui l’opponente si sia costituito oltre il termine di cinque giorni) sono esposte alla probabile impugnazione
della parte soccombente sulla questione dell’improcedibilità, il dubbio interpretativo che è all’origine di tale situazione potrà essere risolto se la Corte di
Cassazione, esaminando la specifica questione, confermerà (o meno) il nuovo
orientamento preannunciato nella sentenza n. 19246/2010, precisandone
l’effettiva portata e l’abito di applicazione temporale, in particolare chiarendo
se esso debba applicarsi anche alle cause già pendenti.
Nel caso sottoposto all’esame di questo tribunale – poiché l’atto di citazione in opposizione è stato notificato in data 20 aprile 2010, con fissazione della prima udienza del 12 ottobre 2010, e quindi con assegnazione di un termine a comparire superiore a quello ordinario – la costituzione dell’opponente,
avvenuta il 30 aprile 2010, appare tempestiva, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (come tale rilevante a norma
dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c.), che ha superato anche il vaglio di costituzionalità (cfr. C. Cost. 8 febbraio 2008, n. 18; C. Cost. 12 dicembre 2008, n. 407;
C. Cost. 22 luglio 2009, n. 230; C. Cost. 6 maggio 2010, n. 163).
L’eccezione di improcedibilità dell’opposizione può pertanto essere decisa
unitamente al merito, ai sensi dell’art. 187, terzo comma, c.p.c.
(Omissis)
Rassegna Forense – 3/2010
709
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
229. Trib. Catanzaro, ord. 4 novembre 2010 – G. Song Damiani.
L’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite 19246/2010, dell’art.
645 c.p.c., non può essere condivisa. Essa non corrisponde al diritto
vivente come ricostruito dalla Corte costituzionale, con l’ordinanza n.
18 del 2008, che ha ribadito che la riduzione dei termini di costituzione si lega alla facoltà dell’opponente di dimidiare i termini di comparizione della controparte.
(Omissis)
PREMESSO
che, con la sentenza a Sezioni Unite del 9 settembre 2010, la Corte di
Cassazione ha apparentemente scardinato un’interpretazione giurisprudenziale consolidata da circa mezzo secolo (vedasi Cass. civ. n. 3053/1955) che, a
parte un’isolata pronuncia in senso contrario quasi coeva (Cass. civ. n.
8/1955), aveva contribuito unitamente alla miglior dottrina ad avallare una
prassi giudiziaria uniforme secondo cui: “...nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo i termini di costituzione delle parti, previsti negli arti. 165 e
166 c.p.c., sono necessariamente ridotti a metà, se l’opponente si sia avvalso, ai sensi dell’art. 645, secondo comma, c.p.c. della facoltà di assegnare al
convenuto un termine di comparizione inferiore a quello previsto dal primo
comma dell’art. 163-bis c.p.c.. La dimidiazione del termine di costituzione
consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione all’opposto di
un termine inferiore a 60 giorni, per cui risulta del tutto irrilevante che la
concessione di quel termine sia dipesa da una scelta consapevole dell’opponente ovvero da un errore di calcolo del medesimo” (v. ex multis Cass. civ.,
sez. I, n. 3752/01;n. 18942/06; n. 18203/08);
che la citata pronuncia del 9 settembre 2010, pur riaffermando ancora una
volta il suesposto orientamento, ha inoltre “puntualizzato” che “... I termini di
costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla
metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire
inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del
solo fatto che l’opposizione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà...” (Cass. civ., S.U., n. 19246/2010);
RILEVATO
Che, all’indomani del revirement effettuato dalla Corte di Cassazione, si sono allo stato delineati diversi orientamenti della giurisprudenza di merito, sostanzialmente riconducibili alle seguenti soluzioni interpretative – applicative:
a) irretroattività del mutamento giurisprudenziale innovativo sia in considerazione dell’errore incolpevole in cui è incorsa la parte sia in ossequio al
principio costituzionalizzato nel giusto processo (v. Trib. Varese 8 ottobre
2010; Trib. Milano 13 ottobre 2010);
710
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
b) rimessione in termini per affidamento incolpevole della parte senza invalidazione ex post dell’attività processuale già svolta nel rispetto del principio della ragionevole durata del giudizio (v. Trib. Torino 14 ottobre 2010 e
Trib. Velletri 15 ottobre 2010);
e) mancato adeguamento al dictum delle Sezioni Unite in esame in assenza di efficacia vincolante delle decisioni di legittimità (v. Trib. Padova 21 ottobre 2010).
CONSIDERATO
Che questo Giudice ritiene maggiormente condivisibile l’orientamento da
ultimo riportato per le seguenti ragioni:
1) l’ordinamento giuridico italiano non riconosce efficacia vincolante al
precedente giudiziario per quanto autorevole possa essere e seppure proveniente dall’organo custode della funzione nomofilattica: l’art. 384 c.p.c. comma 2° attribuisce efficacia vincolante al principio di diritto enunciato dalla
Corte solo nel caso in cui alla cassazione della sentenza segua il rinvio ad altro giudice il quale è tenuto ad uniformarsi al suddetto principio. Del resto
anche le pronunce delle Sezioni Unite possono essere disattese da una Sezione semplice che non condivide il principio di diritto enunciato con l’unico onere di rimettere con ordinanza motivata alle Sezioni Unite, secondo quanto
previsto dall’art. 374, comma 3°, c.p.c.;
2) nella motivazione della pronuncia in esame trova piena conferma
l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in precedenza con argomentazioni a sostegno che spaziano dalla ratio della riduzione dei termini di costituzione, menzionando anche i lavori preparatori della modifica normativa apportata con il d.P.R. n. 857 del 1950. fino al raffronto con la disciplina dì cui all’art.
163-bis, comma 2°, c.p.c. in cui l’abbreviazione dei termini viene disposta dal
giudice su istanza di parte previa valutazione discrezionale dei presupposti di
pronta trattazione della causa. La Corte non manca poi di soffermarsi anche sul
bilanciamento delle posizioni delle parti che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo risultano invertite: opponente-debitore (convenuto sostanziale ) e
opposto-creditore (attore sostanziale) e conclude ritenendo che la dimidiazione
dei termini di comparizione e di costituzione costituisce uno strumento di accelerazione del procedimento, anche se non del tutto soddisfacente. Ciò posto,
avallando quindi l’interpretazione prece-dente, le Sezioni unite ritengono di dover "puntualizzare" un profilo relativo all’argomento trattato: le riduzione a metà dei termini di costituzione costi-tuirebbe “un effetto automatico ... conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia proposta”. Tale affermazione che
rompe con la tradizione giurisprudenziale di oltre mezzo secolo non può non ritenersi alla stregua di un obiter dictum, alla luce dell’ampia motivazione anzi
detta e, soprattutto, in considerazione che le “esigenze di coerenza sistematica,
oltre che pratiche” che inducono a tale puntualizzazione paiono essere soltanto
enunciate e non esplicitate;
3) è opportuno osservare che la Corte Costituzionale, da ultimo con l’ordinanza n. 18 del 2008 di cui si riporta la massima, ha ripetutamente dichiarato
la legittimità costituzionale degli artt. 165, 645 e 647 c.p.c. con riferimento
agli artt. 3, 24 e 111 Cost. “nella parte in cui fanno gravare sull’opponente a
Rassegna Forense – 3/2010
711
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
decreto ingiuntivo l’onere di costituirsi in un termine eccessivamente breve.
Posto che è lo stesso opponente a porre le premesse per la sua costituzione
nel termine ridotto, avvalendosi della facoltà di dimidiare il termine di comparizione del debitore ingiunto, e che. pertanto, egli deve ritenersi certamente
consapevole del particolare onere di diligenza connesso a tale scelta e delle
conseguenze che le norme processuali collegano alla tardiva costituzione in
giudizio, non è configurabile la prospettata violazione del diritto di difesa; né
l’abbreviazione dei termini di costituzione può ritenersi irragionevole mentre
la sussistenza di uno sbilanciamento nella disciplina di tali termini non determina una posizione di disuguaglianza processuale rilevante ai sensi dell’art.
111, secondo comma, Cost., ma, al più una compromissione della euritmia
del sistema, la cui modifica non può che essere rimessa all’opera del legislatore (v. in senso analogo ordinanze n. 239/2000 e n. 154/2005);
4) infine, perché seguendo il presunto revirement delle Sezioni Unite, considerando automatico il termine dimidiato di cinque giorni per la costituzione
dell’opponente, si finirebbe con il legittimare la prassi, non conforme alle previsioni del codice di rito di cui all’art. 165 c.p.c di iscrivere a ruolo le cause
depositando non l’originale dell’atto notificato ma una semplice copia (la cd.
“velina”) con effetti tutt’altro che deflativi del contenzioso civile;
ATTESO
Che, nel caso di specie, l’opponente ha citato in giudizio per l’udienza del
26 ottobre 2007 e l’atto di opposizione è stato notificato in data 14 maggio
2007 nel rispetto quindi del termine a comparire di novanta giorni di cui all’art.163-bis c.p.c;
che l’opponente si è costituito in Cancelleria in data 16 maggio 2007 entro
il termine dei dieci giorni previsti dall’art. 165 c.p.c.:
RITENUTO
pertanto, che debbano considerarsi tempestiva la costituzione dell’opponente e procedibile il presente giudizio di opposizione;
(Omissis)
712
Rassegna Forense – 3/2010
Parte Seconda – Giurisprudenza
230. Tribunale Sant’Angelo dei Lombardi, ordinanza 3 novembre 2010 – G. Levita.
A fronte del mutamento della giurisprudenza, il comportamento
della parte che si è conformata all’orientamento vigente al momento
del compimento dell’attività – piuttosto che giustificare una rimessione in termini, con regressione del giudizio e conseguente grave danno
alla giurisdizione – deve essere considerato del tutto idoneo a realizzare l’effetto.
(Omissis)
Con atto di citazione ritualmente notificato, il Comune di XXX proponeva
opposizione al decreto ingiuntivo n. 174/2005 emesso dal Presidente del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi in data 25.10.2005, con il quale si ingiungeva il pagamento in favore di YYY Sas della somma di euro 13.783,00
oltre interessi e spese della procedura; deduceva a tal fine l’incompetenza
per territorio e, nel merito, di aver concordato telefonicamente con la società
opposta una decurtazione del 20 per 100 rispetto al totale delle prestazioni
pattuite, trattandosi di debiti fuori bilancio (segnatamente, di noleggio di autocompattatori adibiti al contenimento di rifiuti).
Chiedeva pertanto l’accoglimento dell’opposizione, il tutto con vittoria delle spese di lite.
Si costituiva in giudizio la YYY Sas, contestando le avverse deduzioni e chiedendo il rigetto dell’opposizione, il tutto con condanna alle spese di giudizio.
Espletata l’attività istruttoria, questo Giudice rinviava quindi all’udienza del
5 maggio 2010 per la precisazione delle conclusioni, nel corso della quale la
causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini ex art.
190 c.p.c.
L’opposizione proposta è infondata e va rigettata, per le ragioni che di seguito si espongono.
In via assolutamente preliminare ed officiosa, va affrontata la questione
afferente l’ammissibilità e la procedibilità del giudizio, a seguito dello scrutinio
della tempestività della notifica dell’opposizione al decreto ingiuntivo e della
costituzione dell’opponente (verificatasi, per quanto desumibile dagli atti, oltre i cinque giorni dalla notifica della citazione: 10.1.2006 – 18.1.2006).
Tale scrutinio si appalesa necessario alla luce del recente e noto dictum delle Sezioni Unite (n. 19246/2010), a mente del quale “esigenze di coerenza sistematica, oltre che pratiche, inducono ad affermare che non solo i termini di
costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla
metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo
fatto che l’opposizione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede
che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà”.
Orbene, ritiene questo Giudice che i primi orientamenti di merito (cfr. Trib.
Velletri 18 ottobre 2010; Trib. Padova 14 ottobre 2010; Trib. Torino 11 ottobre 2010), nel valorizzare ciascuno in diversa misura ed intensità l’istituto
della rimessione in termini ex art. 184-bis c.p.c., giungano nondimeno ad una
Rassegna Forense – 3/2010
713
Giurisprudenza di merito
Sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo
dilatazione del medesimo oltre l’area della significanza sua propria, finendo
per assegnare alla rimessione la natura di una vera e propria “sanatoria”; il
che non appare ineccepibile in punto di corretta esegesi di questo istituto, pur
sempre racchiuso nell’ambito delle norme concernenti l’istruzione della causa
e non estensibile oltre i confini suoi propri, nemmeno mediante il richiamo ai
canoni sovranazionali e costituzionali del “giusto processo”.
Tali richiami, nondimeno, si dimostrano congruenti e di particolare decisività
qualora conducano a ritenere che la parte – piuttosto che essere rimessa in
termini, con regressione del giudizio e conseguente grave danno alla giurisdizione – debba essere considerata come aver agito correttamente, sulla scorta
di un mero accertamento del giudice di merito, che verifica l’overruling e
l’affidamento incolpevole del litigante (in termini, Trib. Varese, 8 ottobre 2010).
Alla luce di siffatte considerazioni e stante l’evidente condizione di affidamento incolpevole dell’opponente, ingenerato da un pronunciamento delle
Sezioni Unite – peraltro non sorto dalla necessità di comporre un contrasto
giurisprudenziale – del tutto opposto rispetto al consolidato orientamento
tradizionale, può quindi procedersi allo scrutinio dei motivi di merito adombrati nell’opposizione.
(Omissis)
714
Rassegna Forense – 3/2010