di fumo, di specchi e di altre diavolerie

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di fumo, di specchi e di altre diavolerie
Cascina Macondo
Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce e Poetica Haiku
Borgata Madonna della Rovere, 4 - 10020 Riva Presso Chieri - Torino - Italy
[email protected] - www.cascinamacondo.com
DI FUMO, DI SPECCHI E DI ALTRE
DIAVOLERIE
di Giovanni Luca Colombrita
Cascina Macondo - Scritturalia, domenica 7 novembre 2010
I like to drive along the freeways
See the smokestacks belching
Breasts turn to brown
Iggy Pop
Non dirmi una parola di più. Tanto non me ne frega davvero nulla, le sento solo
come suoni, e non le associo a immagini, storie o qualcosa di tangibile, di
concreto. I consigli ficcateli dove sai, fatti il tuo zainetto da manicheo, da Solone,
e lasciami in pace.
Hai mai sentito di quel tizio con il cuore nero?
Non ne sopportava più il battito quando era sdraiato. Tutti gli dicevano di dormire
sul lato destro per non sentirlo e invece lui si bucò le orecchie gridando, perdendo
per strada il suo stesso urlo mentre lo faceva. Non voleva più sentire nulla. Ma si
accorse che il rimbombo non era nelle orecchie e girò per casa stupito e disperato
dopo aver messo gli ‘adagio’ di Karajan sul piatto dello stereo. Non c’era più nulla
di quelle note rassicuranti, ma ancora e solo: TUM TUM TUM. Come un tamburo
nella notte, imponente, oscuro, assillante... Naaaa, non come quei quattro squatter
bonghisti a farsi cippe davanti a casa tua, che non sanno neanche cosa sia il tempo
e non distinguerebbero un do da una betoniera. Cioè dico. Se vogliono farsi
quattro cippe almeno non rompano i coglioni alla gente. Beh, dicevo?!?
Si.
Rimbombava ancora e forse insomma, dio o chi per lui - pensò - gli aveva fatto
uno scherzo. E lui non accettava mai gli scherzi, neanche da bambino. Quando gli
rubavano il panino a scuola qualcuno tornava sempre a casa col sangue al naso.
Uno qualunque. Odiava lo scherzo, non chi l’aveva fatto... sì sì lo so che mi
perdo. Però dicevo - lo scherzo di quel cuore nero e rumoroso - non lo sopportava
più e se lo tolse. Cadde come un sacco vuoto, aveva deciso che dormire sul lato
destro non era cosa.
‘Cadere come un sacco vuoto e senza cuore non è poi così male finché non capita
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a te’ gli scrissero come epitaffio i suoi amici consiglieri, parafrasando qualcuno
che non ricordo. Sicuri di conservare il naso sano a questo punto della storia.
Niente consigli quindi. A me piace così.
A me piacciono lo Xanax, il Tavor, il Valium, il Serenanse, il Triptozol, l’Aldol e
anche l’amaro Braulio. Mi faccio sempre una media di Minias con una fettina di
limone prima di andare a dormire e sicuramente non sarai tu con le tue parole a
farmi smettere, a farmi diventare Paolo sulla via di Damasco. Non so dove sia
Damasco, e sinceramente non so neanche se fosse Paolo, Giuda o Vanna Marchi a
ravvedersi.
Sono insonne. Da anni. E mentre tu ruzzoli nel tuo letto con le palpebre in
movimenti veloci e impercettibili e ti riposi, io guardo le televendite notturne di
coltelli e tapis roulant.
A volte mi metto uno stetoscopio rotto e gioco da solo al dottore, come se volessi
trovare, quando l’appoggio al muro, alle piante, al mio polso e al mio cuore, qual
è la vera nota del mondo che non mi fa dormire. Vivo a rallentatore, un po’ perché
le benzodiazepine mi si sono arrampicate addosso ed è peggio di avere scarpe di
cemento, un po’ perché sono stanco, tanto stanco e pigro. Cerco il sonno e cerco il
sogno e tutti e due non vogliono arrivare nonostante io li inviti, li preghi, metta il
vestito buono e gli prepari per cena cose splendide.
…Togliti quel sorriso comprensivo dalla faccia e abbracciami piuttosto.
Abbracciami mentre faccio finta di dormire per rasserenarti, mentre faccio finta di
stare meglio per darti il contentino.
Ti sognavo tanti anni fa, anche a occhi aperti. Mi acquattavo nelle pieghe delle
giornate, del lavoro, delle partite di calcetto con gli amici e ti sognavo sempre. Ho
sbagliato un sacco di gol per colpa tua. Eri come sei adesso. Non una ruga di
espressione, non un capello bianco né una smagliatura, con la voce ferma e sottile
e quindi... forse prevedevo il futuro se già anni fa ti vedevo come oggi… o forse
sei sempre stata di plastica.
Poi venne quell’estate di cui mi ricordo.
Mi ricordo i fiori rosa schiantati sul parabrezza, marci dopo il temporale e io che
dovevo andare via di lì e la macchina aveva pure la batteria scarica. Piangevo e
spingevo, piangevo e spingevo e saltavo in macchina tentando di mettere la
seconda e partire. Sembravo un bobbista alle olimpiadi del dolore.
Ma non ti ho mai detto il prosieguo però... Ero talmente confuso che non
ricordavo la strada per tornare a casa, anche se l’avevo fatta cento volte, e mi
avvicinai a una macchina ferma a un distributore per chiedere, ricomposta la voce,
come potevo tornare a casa.
In mezzo alle gambe del tizio c’era una che faceva un su e giù smodato con la
testa e lui, senza perdere la necessaria concentrazione mi disse con precisione
maniacale vizi e virtù delle strade verso casa mia.
Ho pensato: - La vita alle volte mi deride, io volevo essere triste ed eroico,
guardando nello specchietto la tua immagine che sparisce. Un viaggiatore onirico
sulla strada della sconfitta… e mi trovo una guida Michelin sudata, a cazzo duro e
con una battona che non ha da perdere tempo per guadagnarsi la pagnotta e gli fa
il servizietto ai 100 all’ora. Almeno rispetta il limite dei 130. …il viaggiatore onirico contro il turista onanista. Uno scontro epico: tutti e due
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perdono.
Ho scoperto una cosa interessante sai?!? Se fumo allo specchio fumo molto di
meno... sì sì te lo spiego il perché, ma secondo me ci puoi arrivare da sola. Però te
lo dico perché sono come i bambini che fanno gli indovinelli... che te la vogliono
dire subito la soluzione perché... perché per una volta in vita loro vogliono essere
la soluzione e non il problema e non sanno ancora quanto snervante sia dover
diventare una soluzione quando si è grandi.
Rullino i tamburi... è che se vedo il fumo riflesso è come ne stessi fumando due.
Figo, no?
Mi guardi stranita... è per via della mia soluzione al problema del fumo o per
qualcos’altro?
Già, ti chiedi perché ti abbia chiamata qui dopo tutti questi anni, perché anche se
mi parli non ti do ascolto, perché ti urlo in faccia che voglio le mie pillole per
dormire.
...perché avevo bisogno di un totem. E tu come totem sei proprio bella.
Eravamo due metà, di materie diverse.
E ho provato a essere fango per avvolgerti e sporcarti, ghisa per sostenerti, piuma
per non pesarti e fuoco per distruggerti. Ma poi sono caduto da solo e tutta quella
materia che ero stato si è sparsa dappertutto, in rivoli maleodoranti, schegge
polvere e sangue, mentre tu da cenere sei diventata araba fenice e sei andata via...
mai una doppietta a portata di mano quando serve. E adesso l’araba fenice la
cerco nei banchi dei supermercati nella sezione ‘carni bianche e pollame’.
Perché alla fine ti ho SV-LI-TA.
Ce l’ho fatta!!!
Forse è che eri in natura, un meccanismo, un congegno che aveva destino di
arrugginirsi, spegnersi o morire da sé. Ma mi piace pensare che sia stato io il
fichissimo artificiere capace di disinnescarti, con tanto tanto tanto impegno e con
tante tante tante pillole. E ne voglio ancora un po’ di pillole, quindi ti prego
DAMMELE.
No?!?
Ok Ok. Ti propongo un gioco. Tu te ne metti tantissime in una mano e l’altra
mano vuota. Se io azzecco in che mano sono le prendo tutte e non ci pensiamo
più, e non ci penso più. E tu potrai metterti i tuoi stracci di piume e paillettes e
tornare a volare da qualche altra parte. Però ti devo spiegare una cosa sennò mi
sentirei un baro, e non ho mai barato in vita mia. Tu stringerai più forte la mano
dove tieni il mio congedo, e quindi sarà più bianca e pallida e io indovinerò
subito. Quindi metti quei guanti da forno... miiii che palle, è solo un gioco
Guarda che sto scherzando!
Lo sai che ho sempre amato essere iperbolico, esagerato, un po’ drammatico e un
po’ clownesco, anche se spesso tutte queste cose erano ferme in testa e non
diventavano parole e gesti e quindi sembravo solo un imbecille... però sì. Sto
scherzando. Il gioco lo possiamo fare anche solo con le Zigulì... le Zigulì, ci hai
mai pensato?!? son sempre state le caramelle vietate ai minori. Sempre di fianco
ai preservativi in ogni farmacia che io ricordi. Il responsabile del marketing delle
Ziguli era un genio, è stato l’unico marketing che puntava sull’imbarazzo del
cliente per l’acquisto di un prodotto diverso... ehm si, prendo queste caramelle e
poi - quasi con un sussurro - un pacchetto di questi. Sempre con lo sciarpone e gli
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occhiali da sole quando compravo i preservativi, perché dio o Gesù non sapessero
che accidenti, forse non avremmo procreato nonostante gli ordini.
Parole, parole e ancora soltanto e solo. Parole.
Sei lì adesso, davanti allo specchio a vedere il fumo duplicato della tua sigaretta,
e il fumo assurdo e accecante dei tuoi pensieri sconnessi. Ti muovi in punta di
piedi schivandoli come un pugile con slip e footwork, ma sei lento di tronco e hai
gli occhi pesti. Sei scarso.
È un peccato mortale, dovresti saperlo, parlare da solo allo specchio con la bava
alla bocca e la sigaretta pendente. Ti dovrebbero abbattere, ma probabilmente ci
penserai da solo, o lascerai fare alla vita il suo lavoro di digestione ed
evacuazione.
O forse unirai le mani come a raccogliere il tempo futuro e lo userai per il bene,
per il tuo bene o quello di un cane o di un pesce rosso. O due, con i classici nomi
idioti di Pesce e Rosso. O, pensa che assurdità, una donna, distratta, che ti possa
amare.
Hai dormito o stai dormendo da un sacco di tempo, sono balle quelle delle pillole.
Stai dormendo quasi da sempre fermo nella stessa posizione arrogante e nichilista
davanti a tutto, solo che fai finta di non saperlo e sputi per terra dicendo - vita di
merda. - Stai dormendo e l’hai scelto tu, ma io qualcosa per te posso ancora
farlo.
Voglio ancora farlo.
Devo ancora farlo.
Ora conterò. E al tre, ti sveglierai.
Uno
Due
Cascina Macondo
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