to get the file - Dipartimento di Sistemi Elettrici e Automazione

Transcript

to get the file - Dipartimento di Sistemi Elettrici e Automazione
2. Richiami di Meccanica dei Trasporti su rotaia
2.
Richiami di Meccanica dei Trasporti su rotaia __________________________________ 1
2.1.
Rotaia e binario, ruota e la sala ___________________________________________________ 1
2.1.1.
2.1.2.
Costruzione e montaggio di rotaie e binario_______________________________________________ 1
La sala ferroviaria __________________________________________________________________ 3
2.2.
Il rodiggio e l’accoppiamento sala-rodiggio _________________________________________ 6
2.3.
Limiti di velocità (ranghi del materiale rotabile) ____________________________________ 7
2.4.
Resistenze al moto ______________________________________________________________ 9
2.5.
Coefficiente e rapporto di aderenza ______________________________________________ 11
2.6.
Caratteristica meccanica e diagramma di trazione __________________________________ 13
2.1.
Rotaia e binario, ruota e la sala
2.1.1. Costruzione e montaggio di rotaie e binario
Come osservato in precedenza, il presente corso s’interessa esclusivamente dei veicoli per il trasporto elettrificato che necessitano d’installazioni fisse proprie.
Questo tipo di veicoli può avere il contatto di rotolamento fra le ruote e il terreno dei seguenti
tipi:
 ruota - terreno. E’ questo il caso dei filobus, in cui le ruote di gomma si accoppiano con il
manto stradale utilizzato anche da altri veicoli su gomma a propulsione non elettrica, ma che
richiedono quale installazione fissa la linea di contatto aerea ed il relativo sistema
d’alimentazione.
 ruota-rotaia. In questo caso, poi, si ha l’ulteriore classificazione in:
 ruota di gomma - rotaia. Si è ricorso a questa soluzione ad esempio nella metropolitana di
Parigi, con l’obbiettivo principale di ridurre il rumore e le vibrazioni generate dall’accoppiamento più classico ruota di acciaio - rotaia, i quali, specialmente in ambito cittadino
danno una consistente riduzione del comfort, soprattutto per i passeggeri in attesa nelle stazioni;
 ruota di acciaio - rotaia. E’ il caso ampiamente più diffuso, ed utilizzato universalmente per
i sistemi di trasporto extraurbani.
fungo
Superficie di rotolamento
Nel presente paragrafo si discutono alcuni aspetti
costruttivi e funzionali delle linee ferrate per utibordo
(interno, esterno)
lizzo di veicoli a ruote in acciaio.
La nomenclatura di alcuni degli elementi è indicata
in fig. 2.1; a questa nomenclatura si farà riferimengambo
Piani di steccatura
to nel seguito. Le rotaie vengono classificate in
leggere o pesanti, a seconda che abbiano una massa lineica inferiore o superiore a 46 kg/m.
Naturalmente esistono delle misure unificate. In
suola
ambito ferroviario si usano oggi soltanto rotaie
Fig. 2.1: Elementi principali di una rotaia
ferroviaria.
pesanti: ad es. la Rete Ferroviaria Italiana (RFI)
usa oggi solo le rotaie 50 UNI e 60 UNI di massa
lineica pari a circa 50 e 60 kg/m rispettivamente.
####################
Created using UNREGISTERED Top Draw 3.10 Mar 6,'98 6:19:46 PM
Le rotaie sono oggi posate sulle traverse attraverso quello che viene detto attacco indiretto: le
rotaie non sono direttamente ancorate sulle traverse ma su opportune piastre, a loro volta saldaCorso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 1/15
mente fissate alle traverse. L’interposizione della piastra, oltre a consentire un’agevole inclinazione della rotaia (necessaria per realizzare un corretto accoppiamento con i cerchi delle ruote,
dotati di una certa conicità) consente di ridurre le sollecitazioni meccaniche sulle traverse, allungandone la vita. Nel caso binari privi di luci di compensazione delle dilatazioni termiche (v. oltre), gli attacchi devono essere particolarmente robusti in modo da impedire movimenti delle rotaie che possano pregiudicare il corretto accoppiamento ruota-rotaia.
Fino agli anni ‘60 la lunghezza dei singoli spezzoni di rotaia era limitata nella maggior parte dei
paesi a 12 m. Questo limite era diretta conseguenza della necessità del tempo di consentire dilatazioni libere delle rotaie al variare della temperatura ambiente.
Se infatti si connettono le rotaie alle vie di corsa mediante attacchi che consentono spostamenti
longitudinali, occorrerà di tanto in tanto frapporre fra due spezzoni adiacenti di binario degli spazi liberi detti luci (o agi). Il massimo valore ammissibile per le luci, compatibilmente con l’usura
dei binari e delle ruote del materiale rotabile, è di circa 1,5 cm (RFI usa il limite di 1,4 cm).
Tenendo conto che il campo di temperatura da considerare è di norma, sia per i paesi freddi che
per quelli caldi, di circa 70°C, nell’ipotesi di limitare (introducendo quindi un certo margine di
sicurezza) le variazioni di lunghezza a 1 cm, la relazione che deve essere evidentemente rispettata è:
L  L0 T  1cm .
Tenuto conto del coefficiente di dilatazione termica dell’acciaio (12.10-6 °C-1) si ha:
L0  0,01/(12 10 6  70)  12m
Con l’adozione degli attacchi indiretti, come si è detto in grado di assorbire le tensioni di origine
termica, venne a cadere il corrispondente vincolo sulla lunghezza massima degli spezzoni di rotaia. Si passò quindi prima a rotaie di 48 m, lunghezza prossima al limite di convenienza economica per la generazione di spezzoni non saldati di rotaia, poi a rotaie saldate in fabbrica fino a
lunghezze di 144 m (in questo caso le rotaie vengono trasportate in situ mediante appositi carri
merci), a rotaie saldate sul posto, senza limiti di lunghezza.
Occorre però chiarire che in larga parte delle ferrovie dei paesi industrializzati nei binari corrono dei segnali, tramite
i cosiddetti circuiti di binario che verranno studiati nel prosieguo del corso. Qualora siano presenti i circuiti di binario, risulta necessario limitare la lunghezza delle rotaie e frapporre fra uno spezzone ed il successivo dei giunti isolanti. A seconda del tipo di circuito di binario sarà necessario l’uso dei giunti su una sola delle rotaie o su entrambe.
Le rotaie vengono poi montate sulle traverse, in maniera che la distanza fra i bordi interni dei
funghi, detta scartamento, sia costante per l’intera linea ferrata. Si realizza così il binario.
I valori più usati di scartamento sono essenzialmente due, e cioè:
 quello detto normale, di 1,435 m, adoperato dalla principali ferrovie mondiali. Eccezioni significative in Europa sono costituite da Spagna e Portogallo che adottano uno scartamento più
ampio, pari a 1,676 m e quello dei paesi ex URSS che è pari a 1,524 m
 quello detto ridotto, di 0,95 m, usato da molte ferrovie secondarie europee, ed in particolare
italiane.
Le traverse sono realizzate di norma in uno dei seguenti modi:
 traverse in legno. Per evitare un rapido decadimento delle proprietà meccaniche delle traverse,
le quali, almeno per le linee ferroviarie extraurbane, sono permanentemente esposte agli agenti atmosferici, vengono impregnate in autoclave alla pressione di svariati bar con olio di catrame, prodotto impermeabilizzante e antisettico. Con questo trattamento le traverse sono in
grado di durare in posa 20 anni e oltre.
 traverse in cemento armato precompresso. Si sono sviluppate recentemente in conseguenza
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 2/15
dell’accresciuto costo del legno e del migliore comportamento di queste ultime nei confronti
della vita utile. In presenza di circuiti di binario (che verranno trattati in altra parte del corso e
che richiedono un buon livello di isolamento fra le due rotaie), le traverse di cemento armato,
avente resistività molto minore di quella del legno, richiedono la realizzazione di accoppiamento rotaia-traversa elettricamente isolante (materiale molto usato il nylon).
 traverse in acciaio. Sono talvolta utilizzate (ad es. talvolta in Germania) sebbene siano di costo elevato; anche in questo caso in presenza di circuiti di binario è necessario realizzare un
accoppiamento rotaia-traversa elettricamente isolante.
Conviene precisare la definizione di scartamento del binario precedentemente accennata: essa è,
più precisamente la distanza nominale dai bordi interni dei funghi delle due rotaie. Lo scartamento reale differisce da quello nominale sia per le inevitabili tolleranze costruttive e di montaggio,
sia per l’allargamento della distanza fra le rotaie in curva di cui si parlerà nel prossimo paragrafo.
Nelle linee a doppio binario è importante garantire una opportuna intervia, definita come distanza
fra le rotaie interne di binario dispari e pari. In Italia l’intervia di riferimento è di 2,12 metri, il
che comporta un interasse fra i due binari di 3,555m. E’ da notare che intervia (e quindi interasse) vengono adeguatamente aumentate nelle curve a raggio minore di 250m, e che per le linee
AV si adotta un interasse maggiore, pari, per lo standard europeo di interoperabilità AV a 4,5m,
mentre le linee AV italiane 2x25 sono realizzate con interasse di 5,0m.
2.1.2. La sala ferroviaria
Al binario si accoppiano le ruote del
materiale rotabile, unite insieme da un
Bordino
assile, in modo da formare quella che
viene chiamata sala.
assile
Fusello
E’ da notare come le sale hanno le ruote vincolate ad avere in ogni istante la
medesima velocità angolare. Questo,
evidentemente, crea difficoltà in curva,
con tendenza allo slittamento.
Piano del ferro
Il problema viene alleviato realizzando
la superficie di rotolamento delle ruote
leggermente conica, con diametro decrescente verso l’esterno della sala (in
2.2:
Sala ferroviaria
+ assile)
e binario
CreatedFig.
using
UNREGISTERED
Top(=ruote
Draw 3.10
Feb 27,'98
10:43:15 AM
Italia si usa un coefficiente angolare di
(=rotaie + traverse).
0,05), e parimenti si montano inclinate
verso l’interno del binario le due rotaie. Inoltre si provvede ad un leggero allargamento dello
scartamento in curva.
Durante il moto in rettifilo l’inclinazione della superficie di rotolamento delle ruote e delle rotaie
ha lo scopo di ridurre i moti di serpeggiamento dei veicoli.
Durante l’attraversamento delle curve la forza centrifuga non compensata spinge la sala ad accostarsi all’esterno del binario, e quindi il rotolamento avviene su di un diametro maggiore e minore di quello nominale rispettivamente sulla ruota esterna e interna. Se il gioco è opportunamente
calcolato in relazione al raggio di curvatura, lo strisciamento della sala viene teoricamente eliminato, in pratica molto ridotto.
Piano di rotolamento
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 3/15
Considerando infatti che la velocità angolare
di rotazione delle due ruote della sala è la
medesima, così come unica è la velocità angolare del veicolo intorno al centro della cur va, si ha (fig. 2.3):
v
Re vi Ri
Re
 e 
 

re
re
ri
ri
re
ri
da cui la condizione da rispettarsi:
ri
R
 i
Ri
re Re
Essendo ri e re i raggi di rotolamento di ruota
interna ed esterna rispettivamente.
L’allargamento del binario in curva si può
correlare agli altri elementi geometrici del
Fig. 2.3: rotolamento delle ruote della sala in curva.
sistema come segue1:
rmax rmin  c  a
ca

1
rmin
rmin
rmin
Re Ri  s '
s'

1
Ri
Ri
Ri
dove
- rmin e rmax sono il minimo e massimo valore del raggio di rotolamento, che si realizzano ovviamente quando la sala è appoggiata sul bordino esterno.
- c è la conicità della superficie di rotolamento delle ruote
- s’ è la distanza fra i punti mediani delle rotaie, leggermente superiore allo scartamento s
- a è l’allargamento della distanza fra le rotaie in curva
Di conseguenza, considerato il minimo valore Rimin del raggio di curvatura che si considera ammissibile per una certa tratta, l’allargamento deve essere:
s ' rmin
a
c Ri min
Ad es., con Ri= 1500 m, rmin= 0,5 m, s’=1,5m, c=0,05 è a= 1,0 cm.
Rovesciando il discorso, noto l’allargamento a e la geometria della sala, dalla formula precedente
si può ricavare il raggio di curvatura minimo per il quale è possibile la compensazione.
In Italia si hanno 3,5 cm di allargamento massimo dello scartamento in curva che comportano un gioco massimo
ruota-rotaia di 1,75 cm. In rettifilo non si ha allargamento dello scartamento ma si mantiene un gioco di circa 1 cm,
per consentire un corretto rotolamento anche tenuto conto delle tolleranze costruttive su sale e binario.
Questo meccanismo di compensazione della differente lunghezza di rotaia esterna ed interna delle curve richiede che i veicoli viaggino in presenza di una accelerazione non compensata positiva, in modo che la sala si disponga verso l’esterno della curva. Funziona in maniera sfavorevole
al moto di rotolamento nel caso di circolazione fortemente eterotachica, qualora i treni più lenti
abbiano una accelerazione non compensata negativa.
Si osserva infine che, per garantire una superficie di rotolamento di ampiezza adeguata, la presenza dell’allargamento dello scartamento in curva impone la costruzione di ruote a larghezza
1
in corrispondenza dell’allargamento a la sala si può spostare sul binario verso l’esterno di a/2; questo comporta sia
una riduzione del raggio della ruota interna che un aumento di quello della ruota esterna; dopo lo spostamento quindi
sarà re=ri+ac, e quindi rmax=rmin+ac
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 4/15
tanto più grande quanto più ampio è il gioco consentito.
I singoli elementi costituenti un convoglio ferroviario (locomotive, vagoni passeggeri, carri merci) possono avere un numero di sale molto variabile, in funzione del tipo di convoglio, di veicolo, ecc.
Per quanto riguarda i veicoli rimorchiati (vagoni o carri merci), la soluzione più semplice è quella di usare due sale per veicolo. Questa soluzione ha il difetto che con il veicolo in curva le due
sale, essendo necessariamente parallele fra di loro, non hanno evidentemente orientamento radiale, e quindi le superfici dei bordini non sono allineate con quelle dei bordi interni dei funghi delle
rotaie. Questo è accettabile soltanto con veicoli a lunghezza e velocità limitata.
In effetti questa soluzione, molto diffusa in passato, è adoperata oggi soltanto per i carri merci, e
anche su di essi tende a scomparire, con l’aumento della velocità e dimensioni dei veicoli anche
di questi ultimi.
Per ovviare all’inconveniente sono stati introdotti, già da molti decenni, i carrelli (fig. 2.4). Essi
sono costituiti da strutture che connettono tra loro due (o in rari casi anche tre) sale, di modo che
i loro assi di rotazione siano fra loro rigidamente connessi; l’interasse è dell’ordine dei due metri.
I carrelli, a loro volta sono liberi di ruotare intorno ad un asse verticale posizionato al centro del
carrello.
Al momento dell’inserzione in curva il contatto del bordino della ruota anteriore esterna e posteriore interna del carrello generano una coppia che lo fa ruotare intorno al proprio asse verticale, e
lo posiziona idealmente in posizione tangenziale alla curva. Per quanto, ovviamente questa condizione sia realizzata solo approssimativamente, l’adozione dei carrelli rende
cinematicamente (e quindi anche dinamicamente) molto più corretta la posizione in curva delle ruote relativamente
al binario (fig. 2.5).
Vago
sa
Vagone
a due carrelli
Created using UNREGISTERED Top Draw 3.10 Feb 27,'98 11:58:11 AM
Fig. 2.4: Prospetto e pianta schematici
di un carrello ferroviario.
Fig. 2.5: Confronto dell’inserimento in curva di veicolo a sale e veicolo a carrelli.
In alcune locomotive per aumentare l’aderenza si utilizzano tre carrelli. In questi casi, al fine di
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 5/15
rendere cinematicamente corretto l’inserimento in curva, o la locomotiva è del tipo articolato,
ovvero consente al carrello centrale movimenti di traslazione secondo un asse parallelo a quello
delle sue sale (fig. 2.6)
Locomotiva
a tre carrelli
di cui il centrale mobile
Locomotiva
articolata
a tre carrelli
Fig. 2.6: Inserzione in curva di veicoli a tre carrelli.
2.2. Il rodiggio e l’accoppiamento sala-rodiggio
Il complesso delle sale di un veicolo ferroviario è detto rodiggio.
Esiste una codifica standard del rodiggio, che consente di individuare a colpo d’occhio il numero
di carrelli, di sale per carrello, sia folli che motrici, nonché se le sale di un medesimo carrello sono pilotate da un motore o da due motori indipendenti (sale a comando individuale).
In sintesi, il rodiggio viene indicato mediante una sequenza di lettere, numeri e caratteri speciali.
In particolare si ha:
 Ogni lettera maiuscola rappresenta il numero delle sale motrici contenute in un medesimo carrello: A sta per una sala motrice nel carrello considerato, B due sale motrici, ecc.
 Un piccolo 0 o una o, accanto ad una lettera maiuscola (da B in poi) indica che nel carrello le
sale sono a comando individuale.
 Ogni cifra sta ad indicare sale non motrici: 1 per una sala non motrice nel carrello, 2 per due
sale non motrici, ecc.
 Parentesi tonde stanno ad indicare, quando non immediatamente ricavabile dalle altre informazioni, che quanto contenuto appartiene al medesimo carrello.
Inoltre quando il convoglio contiene assi motori su più di un veicolo, e pertanto il rodiggio anziché essere relativo alla sola locomotiva è relativo all’intero convoglio, si usano per comodità gli
ulteriori simboli:
 Il simbolo ‘+’; serve per separare il rodiggio relativo a differenti vetture;
 eventuali fattori moltiplicativi del tipo 2x, 3x, ecc. che indicano la ripetizione di un medesimo
rodiggio in varie vetture (v. ultimo esempio seguente)
Alcuni esempi per chiarire.
 La locomotiva E656 “caimano” di Trenitalia, usata per treni espressi e merci ha rodiggio
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 6/15
BoBoBo. Questo significa che è a tre carrelli, tutti motori e a comando individuale. Quello che
questa indicazione non dice, ma è importante, è che questa locomotiva è del tipo articolato;
 la locomotiva E444R “tartaruga” di Trenitalia, usata per treni IC ha rodiggio BoBo, ed ha
quindi due carrelli motori a comando individuale;
 la locomotiva E633 “tigre” di Trenitalia ha rodiggio BBB, ed ha quindi tre carrelli e tre motori
(un motore/carrello). Questa locomotiva non è articolata;
 il treno pendolare tedesco (sistema di pendolazione a costruzione italiana: FIAT) ICT415 ha il
seguente rodiggio:
22+3x(1A)(A1)+22
questo convoglio ha quindi 5 vetture, di cui le due di estremità hanno due carrelli a sale folli,
mentre le altre hanno due carrelli a due sale delle quali è motrice quella interna.
Treni di questo tipo, ovvero con ruote motrici presenti anche su più vetture, anche quelle con carico utile sono
detti a trazione distribuita.
2.3. Limiti di velocità (ranghi del materiale rotabile)
La velocità massima di un convoglio è limitata da numerosi fattori. In particolare impongono un
limite alla velocità le curve presenti lungo il percorso, per via dei fenomeni connessi, quali:
1. il limite di ribaltamento
2. la resistenza trasversale delle rotaie e dell’accoppiamento ruota-rotaia
3. il comfort dei passeggeri.
Per ridurre tutti questi fenomeni si procede normalmente alla soprelevazione della rotaia esterna
della curva, rispetto alla quota della rotaia interna. Per la scelta della soprelevazione ottimale occorre tener conto di vari fattori:
 deve essere possibile in tutta sicurezza, per ogni convoglio e in ogni condizione di carico tenere un convoglio fermo in curva (la soprelevazione non deve essere tale da consentire ribaltamento)
 nel caso di circolazione fortemente eterotachica la scelta della soprelevazione deve tener conto
delle esigenze sia dei treni veloci che di quelli lenti. Scegliendo un valore di una soprelevazione che provochi una accelerazione non compensata nulla per i treni di una certa velocità, si
ha accelerazione non compensata positiva alle velocità superiori e negativa alle inferiori. Entrambi i fenomeni hanno i loro inconvenienti che vanno tenuti in conto. Per i convogli per i
quali si ha accelerazione non compensata positiva si parla anche di insufficienza di soprelevazione.
La RFI adotta soprelevazioni differenziate per le varie curve, con un massimo assoluto di 16 cm.
Una volta prefissato un certo valore di soprelevazione ed un certo valore del raggio di curvatura
della curva, è possibile verificare, con opportune formule, l’eventuale prossimità ad uno dei tre
limiti sopra ricordati.
Trascurando i calcoli analitici si osserva che, considerata la struttura del materiale rotabile in uso,
il limite N. 1 (limite di ribaltamento) è sempre meno restrittivo del limite dovuto alla limitata resistenza trasversale delle rotaie.
Per quanto riguarda il confronto fra il limite N. 2 e il N. 3, è facile convincersi come il più restrittivo, in tutti i casi2 è quest’ultimo, conseguente alla necessità di mantenere un adeguato livello di
comfort di marcia.
Il limite di resistenza trasversale può essere espresso mediante la relazione empirica (detta di
Prud’homme):
(2.1)
Ft max  0,85P0  P / 3
2
se si eccettuano i veicoli ad assetto variabile di cui parleremo fra breve.
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 7/15
dove:
Ftmax è la massima forza trasversale sopportabile dal binario
P
è il carico verticale sulla sala considerata
P0 è una costante pari a 1 t  10kN
Dalla legge di Prud’homme si ricava agevolmente il relativo limite di velocità (posto P=mg):
2
2
Ft max  mVMax
/   0,85 PP0 / P  1/ 3  VMax
/   0,85g ( P0 / P  1/ 3)
2
Da cui, ponendo g10m/s esprimendo P in kN (“tonnellate peso”) ed indicando con acMax0
l’accelerazione centrifuga massima sopportabile dal binario, si ha:


aMax0 m  s 2  0,85 (10 / P  1/ 3)
(2.2)
Indicando infine con aMax il più alto valore di aMax0 sopportabile dal binario qualunque sia P, si
può scrivere:
a Max  min (a Max0 )  0,85  (10 / Pmax  1 / 3)
P
Considerato che il carico per sala è limitato dalla struttura fisica del binario e vale tipicamente fra
200 e 300 kN/asse (3) la massima accelerazione non compensata tollerabile dal binario è rispettivamente 3,20 e 3,05 m/s2, valori grandemente superiori al limite di comfort di marcia:
l’esperienza ha mostrato che è opportuno mantenere l’accelerazione non compensata entro gli
1,2 m/s2 nei veicoli urbani (per i quali sono previsti sostegni cui aggrapparsi con le mani in caso
di elevate accelerazioni) e 0,8-1,0 m/s2 nelle ferrovie extraurbane.
L’accelerazione del carrello può essere ridotta alquanto soprelevando la rotaia esterna rispetto a
quella interna della curva. L’accelerazione residua che sollecita il binario e crea disturbo ai passeggeri a bordo è quella valutata parallelamente al piano del ferro e al piano di calpestio (considerati per semplicità paralleli fra loro). Essa è detta correntemente accelerazione non compensata, e si può agevolmente correlare con la velocità V del veicolo considerato e le caratteristiche del
binario. Con semplici calcoli infatti (4) si può dimostrare che, indicando con  il raggio di curvatura della curva, h la soprelevazione e s la distanza fra le rotaie (5):
anc  V 2 /   gh / s
da cui, su una data curva nella quale non si voglia superare il valore ancMax di accelerazione non
compensata:
VMax /   ancMax  gh / s
(2.3)
dove con g si è indicata l’accelerazione di gravità.
Posto ancMax=1 m/s2, h=0,16 m, s=1,5 m, si ottiene ad esempio acMax=2,0 m/s2, il che mostra che
la presenza della soprelevazione h ha sostanzialmente l’effetto di dimezzare l’accelerazione percepita (dal carrello, dal binario e dai passeggeri) rispetto a quella che si avrebbe in sua assenza.
3
tipicamente si ha un limite di 200 kN/asse nelle ferrovie europee, e di 300 kN/asse nelle ferrovie USA.
mV 2 /
2
2
si ricava: a  V cos   g sin   V  g h
nc



s
5
s è una grandezza leggermente diversa dallo scartamento, il quale è definito come distanza fra i bordi interni dei
funghi delle rotaie; infatti essa è la distanza fra i centri delle superfici di rotolamento dei funghi delle rotaie e può
essere assunta, per i binari a scartamento normale e tenendo conto (a vantaggio della sicurezza) di un allargamento
dello scartamento in curva prossimo al massimo, pari a 1500 mm.
4
dalla fig:
mg
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 8/15
La (2.3) può essere riscritta nella forma:
VMax  c(h ) 
con c(h)  ancMax  gh / s .
Per le curve di raggio minimo di una certa tratta h raggiunge il valore massimo ammissibile da
un certo sistema ferroviario. La grandezza
cmax  c( hmax )
è detta coefficiente di esercizio.
Occorre comunque tenere presente che per effetto della cosiddetta souplesse, cioè l’elasticità delle sospensioni nel senso del rollio, in curva la cassa del veicolo ruota verso l’esterno in misura
superiore a quanto ruota il carrello per effetto della soprelevazione h; questo comporta un aumento dell’accelerazione non compensata avvertibile dai viaggiatori rispetto a quella al carrello, la
quale è quella che compare nella (2.3).
Al fine di sfruttare maggiormente la capacità di resistenza trasversale del binario senza peggiorare il livello di comfort di marcia sono stati studiati in molti paesi, ma prevalentemente in Italia, i
cosiddetti veicoli ad assetto variabile.
Si tratta di convogli composti di materiale rotabile dotato di capacità di inclinare la cassa verso
l’interno della curva. Evidentemente questo causa una differenza fra l’accelerazione non compensata ai carrelli, praticamente pari all’accelerazione non compensata che si avrebbe in assenza
di rotazione della cassa, e l’accelerazione avvertita dai passeggeri. Questa inclinazione è di norma provocata da attuatori asserviti ad un opportuno sistema di controllo.
Ad esempio il materiale rotabile italiano ETR450, ETR460, è in grado di generare una inclinazione della cassa fino ad un massimo di 8°, il che comporta accelerazione non compensata massima alla cassa di 0,5 m/s2, in corrispondenza del massimo valore di accelerazione non compensata al carrello di 1,8 m/s2.
Il gestore della Rete Ferroviaria Italiana (RFI) classifica il materiale rotabile secondo i cosiddetti
ranghi di velocità. I ranghi sono definiti dalle accelerazioni non compensate ammesse ai carrelli,
e i relativi valori numerici sono riportati nella seguente tabella. Il rango P è quello relativo ai veicoli ad assetto variabile (detti anche veicoli pendolari), che, come già osservato, sono in grado di
trasferire alla cassa accelerazioni molto modeste.
Tab. 2.1: Ranghi di velocità in uso nella Rete Ferroviaria Italiana.
Rango
A
B
C
P
Acc. non compens.
[m/s2]
0,6
0,8
1,0
1,8
Coeff. di eserc.
[km/h/m0.5]
4,6
4,9
5,1
6,1
Lungo la linea sono riportati cartelli che danno informazioni sulla velocità a cui possono essere
percorsi i vari tratti di linea. Per un medesimo tratto sono riportati più valori di velocità, relativi
ad i possibili ranghi di materiale rotabile che possono trovarsi ad attraversarlo.
Un’occhiata al coefficiente di esercizio mostra come l’utilizzo della pendolazione della cassa,
pur aumentando il comfort di marcia (è ridotta la accelerazione non compensata alla cassa) consente un aumento delle velocità massime in curva di circa il 20%.
2.4. Resistenze al moto
Le resistenze che un veicolo generico, quindi anche un convoglio ferroviario, incontra durante il
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 9/15
suo moto a valle della trasmissione della potenza alle sale motrici sono costituite da:
1. attriti dovuti alla coppia perno-cuscinetto
2. attriti dovuti alla coppia ruota-terreno (o, risp. ruota-rotaia)
3. resistenza dell’aria all’avanzamento.
La resistenza 1. può essere correttamente modellata come proporzionale al peso del veicolo e sostanzialmente indipendente dalla velocità; numericamente si hanno valori di resistenza dell’ordine del per mille del peso del convoglio.
La resistenza 2 è ancora proporzionale al peso del veicolo e cresce in maniera sostanzialmente
lineare con la velocità di traslazione del veicolo. L’ordine di grandezza di questo tipo di resistenze è ancora dell’ordine del per mille del peso trasportato, nel caso di contatto ruota-rotaia, mentre
è dell’ordine del per cento nel caso di veicolo su gomma.
La resistenza di tipo 3 ha andamento crescente con il quadrato della velocità del veicolo, ma non
dipende dal suo peso, ed è a sua volta composta da vari fattori:
 resistenza dovuta alla parte anteriore del veicolo. Essa è proporzionale alla sezione frontale
del veicolo, nonché ad un fattore di forma (detto Cx) che dipende dal disegno aerodinamico
della testata.
 resistenze dovute alle fiancate. Nel caso di veicoli di trasporto collettivo, data la loro lunghezza, questo termine costituisce una parte rilevante della resistenza all’avanzamento del
convoglio. Essa può essere ridotta riducendo al massimo le asperità superficiali dei veicoli,
curando aerodinamicamente i passaggi di intercomunicazione fra un vagone e l’altro, eventualmente inibendo la possibilità da parte dei passeggeri di aprire i cristalli, e quindi ricorrendo al condizionamento artificiale delle vetture. Appare importante anche la cura delle resistenze che si hanno nella parte inferiore del convoglio, per i vortici che si possono generare in
corrispondenza dei carrelli.
 resistenze dovute alla coda del treno. In coda al treno si crea una depressione che crea un effetto aspirante, quindi resistente, del veicolo. La cura della geometria di questa parte può ridurre questa resistenza.
Per quanto visto, il complesso di resistenze al moto può essere espresso da relazioni del tipo:
R  aP  bP V  c V 2
(2.4)
essendo a, b, c delle costanti empiriche, P il peso del veicolo, V la sua velocità di traslazione.
Si può poi definire la resistenza per unità di peso:
r  R / P  a  b V  c V 2 / P
Nonostante la r sia dipendente da P, e nonostante anzi alle più elevate velocità sia nettamente
prevalente il termine proporzionale a V2 dipendente da P, sono in uso formule empiriche specializzate per tipo di convoglio, che trascurano questa dipendenza del termine quadratico da P.
L’approssimazione è grossolana, ma per tipi omogenei di convogli si hanno risultati accettabili.
Due esempi di queste formule sono:
V 
r  (1,25  2,0)  (0,015  0,025) 
 10 
2
(treno viaggiatori normale, mediamente caricato)
V 
r  (1,5  2,5)  (0,05  0,06) 
 10 
2
(treno merci normale, mediamente caricato)
dove V è espresso in km/h, e r è espresso in per mille.
In maniera ancora più grossolana, si usa per conti di larghissima massima, magari da fare a mente, il valore di r=0,5%, ricavabile dalle precedenti formule con velocità di circa 80 km/h e
120 km/h rispettivamente per treni merci e passeggeri, entrambe usuali per traffico non speciale.
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 10/15
2.5. Coefficiente e rapporto di aderenza
Come è noto, il corretto accoppiamento ruota-sede di rotolamento (rotaia, asfalto, ecc.) si ha
quando si hanno le condizioni per cui il contatto è di rotolamento anziché di strisciamento.
Questo accade se la forza tangenziale cui è sottoposta la ruota considerata non supera il valore
massimo ammissibile dato dalla semplice relazione:
Fmax  f  P
Il coefficiente di aderenza f, in prima approssimazione costante a parità di condizioni del contatto
ruota-sede di rotolamento, dipende in maniera consistente da queste condizioni.
Nella seguente tabella sono riportati valori di esempio di questo coefficiente (per il caso ruota
rotaia si fa riferimento all’aderenza all’avviamento)
Contatto
gomma-asfalto
ruota-rotaia
Condizioni
asciutto-pulito
bagnato-pulito
bagnato-sporco
ghiacciato
asciutto-pulito
bagnato-pulito
bagnato-sporco
f
0,6-0,9
0,4-0,6
0,3-0,4
0,1-0,2
0,35
0,25
0,15
In realtà il coefficiente di aderenza ha anche una
certa dipendenza dalla velocità. La formula interpolatoria detta di Muller dà l’espressione:
0,3
Asciutto-pulito
0,2
f 
f0
1  0,011v
0,1
Bagnato-sporco
0
0
50
100
150
km/h
200
Fig. 2.7: Andamento del coefficiente di aderenza nel
contatto ruota-rotaia.
nella quale v è la velocità del veicolo espressa in
km/h e f0 è l’aderenza relativa a v=0, ricavabile
ad es. dalla tabella precedente. In fig. 2.7 è riportato l’andamento delle curve ricavabili dalla formula di Muller utilizzando i coefficienti f0 riportati nella precedente tabella, relativamente al
contatto ruota-rotaia.
Quanto abbiamo detto è valido per una singola sala. Nel caso reale un convoglio ferroviario ha
invece molte sale sulle quali gravano pesi differenti dovuti a diversi carichi sulle diverse vetture,
posizioni dei baricentri non simmetriche rispetto ai carrelli, momenti di cabraggio6, ecc.
Qualora peraltro si abbiano tutte le sale al limite di aderenza, si può scrivere:
Flim   H k lim   fVk  f Vk  fP
essendo:
 Flim la massima forza scambiabile fra treno e rotaia
 Hklim le massime forze orizzontali al contatto ruota-rotaia
 Vk le forze verticali al contatto ruota-rotaia
 P il peso del convoglio
Nel caso di convoglio in forte accelerazione (o decelerazione) a basse velocità, trascurando tutte
6
Sono dei momenti di forza che si generano per effetto delle forze applicate ai respingenti e delle forze di inerzia e
tendono a:
- caricare il carrello anteriore e scaricare quello posteriore dei veicoli trainati (l’opposto accade sul locomotore);
- caricare il carrello anteriore in frenatura rispetto al posteriore (l’opposto accade in accelerazione);
- caricare o scaricare le ruote anteriori dei carrelli rispetto a quelle posteriori con meccanismo analogo a quello dei
precedenti due punti.
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 11/15
le resistenze al moto si ha:
Si ottiene:
(2.5)
malim  Flim  fP  fmg

alim  fg
cioè, nell’ipotesi di riuscire a sfruttare al limite di aderenza tutte le sale e trascurando e resistenze
al moto rispetto alle forze d’inerzia, la massima accelerazione ottenibile è pari a fg, non molto
dissimile numericamente dal valore di 1m/s2, spesso assunto accelerazione massima ammissibile
compatibilmente con le necessità di comfort dei passeggeri. Se si mettono in conto anche le forze
resistenti al moto, si ottiene che la massima accelerazione positiva ottenibile è inferiore al valore
della (2.5), mentre la massima decelerazione ottenibile è superiore ad essa, a tutto vantaggio delle distanze dei frenatura e quindi della sicurezza.
Qualunque sia il sistema di trasporto, in generale si tende ad utilizzare tutte le ruote per la frenatura. Pertanto in frenatura c’è la possibilità, adottando opportuni sistemi di ripartizione di frenata,
di avvicinarsi alla condizione limite (2.5); in accelerazione, evidentemente, questo è difficilmente realizzabile in quanto è molto più conveniente realizzare convogli in cui soltanto una parte delle sale è motrici e quindi in grado di trasferire forza tangenziale sulle rotaie.
Si definisce Rapporto (motore) di aderenza il rapporto fra la massa gravante sulle sale motrici
mm e la massa totale del convoglio mt:
=mm/mt
Supponendo questa volta di riuscire a sfruttare al limite di aderenza le sm sale motrici e
trasmettere coppia nulla con le altre sale, le precedenti relazioni divengono:
Flim   H k lim   fVk  f Vk  fPm
sm
sm
sm
essendo Pm il peso gravante sulle sale motrici, e quindi, in definitiva:
malim  Flim  fPm  fmm g  fmt g 
alim  fg
Quindi la massima accelerazione utilizzabile è ridotta, rispetto al caso della frenatura, del fattore
.
Nei veicoli ferroviari tradizionali la trazione è concentrata di norma sulle ruote di una o due locomotive, mentre le
ruote dei vagoni o carri merci sono folli sugli assi. Nei veicoli delle metropolitane si ha un ibrido, in quanto vengono
alternate vetture motrici a vetture rimorchiate. Ad es. la struttura del convoglio metropolitano della linea 3 di Milano
è del tipo MRM-MRM: si ha una vettura rimorchiata ogni due vetture motrici, per un totale di due rimorchiate e tre
motrici.
Si nota infine che nelle recenti realizzazioni di elettrotreni per alta velocità si sta diffondendo la soluzione detta a
“potenza distribuita” o “trazione distribuita”, ad es. negli elettrotreni AV giapponesi, o anche il treno “pendolino
politensione” ETR470 o il treno tedesco (con tecnologia di pendolazione italiana) ICT. I tutti questi treni il numero
di assi motori è elevato, fra il 40 e il 100% di tutti gli assi.
Nel caso di trasporto su rotaia gli spazi di arresto vengono calcolati tenendo conto delle peggiori
condizioni di aderenza, ovvero le condizioni di bagnato-sporco.
Ad es. gli spazi di frenatura considerati rispettivamente in Italia da RFI per le velocità massime
di 150 km/h e 250 km/h sono 1350 m e 5400 m, cui corrispondono accelerazioni medie di 0,64 e
0,45 m/s2 rispettivamente7.
Per quanto visto il rapporto a/g non deve superare f. Con le accelerazioni medie sopra riportate si
hanno rapporti a/g di 0,063 e 0,044 rispettivamente, correttamente inferiori ricavabili dalla tabella riportata all’inizio del presente paragrafo combinati con la legge d Muller.
7
Si ricorda che nel moto uniformemente decelerato con decelerazione a, spazio percorso s e velocità iniziale v0 sono
correlati dalla relazione s=v02/(2a); inoltre al limite di aderenza e in frenatura (con tutte le ruote frenanti), trascurando le resistenze naturali al moto, è al=fg (essendo al l’accelerazione limite, f il coefficiente di aderenza e g
l’accelerazione di gravità).
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 12/15
A
1,2
2.6. Caratteristica meccanica e diagramma di trazione
F*
F/F*
Per caratteristica meccanica di un mezzo di tra0,8
zione intendiamo il diagramma coppia-velocità,
R
0,6
(o, equivalentemente, forza di trazione-velocità)
0,5*P/Pmax
oppure potenza-velocità in determinate condizioni
0,4
di ufnzionamento. Per caratteristica meccanica
limite intendiamo il diagramma che associa ad
0,2
P
ogni velocità del mezzo la massima coppia o la
0
massima potenza da esso erogabile. Nella fig. 2.8
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
è indicato un andamento della caratteristica mecV/Vmax
canica limite (o caratteristica meccanica alle
Fig. 2.8: Caratteristica meccanica limite ideale
di un mezzo di trazione.
massime prestazioni) che possiamo considerare
ideale.
Nel primo tratto si ha una forza di trazione co1,2
stante oppure leggermente decrescente con la
F*
F/F*
1
velocità. Questo andamento è coerente con la
necessità di porre un limite, a prescindere in
0,8
questo momento da considerazioni sulla potena)
0,6
zialità dei motori di trazione, alla forza di trazione per evitare slittamenti per superamento
0,4
del coefficiente di aderenza. Siccome l’andaf unz. con reostato
0,2
mento del coefficiente di aderenza è leggerf unz. con ind. di campo
mente decrescente con la velocità, in veicoli
0
dimensionati piuttosto al limite anche l’anda0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
mento del primo tratto della forza può essere
V/Vmax
1,2
auspicato leggermente decrescente con la veloF/F* F*
cità.
1
In questo primo tratto la potenza generata dal
0,8
veicolo cresce con la velocità, in maniera lineab)
re se la forza è costante, leggermente curva se
0,6
la forza è decrescente. Raggiunta la potenza
nominale deve necessariamente iniziare un trat0,4
to a forza decrescente. L’ideale consiste
0,2
nell’avere una erogazione di potenza costante
in un ampio campo di velocità. In tal modo si
0
sfrutta al meglio la potenza del macchinario, e
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
si ottengono motrici in qualche modo universaV/Vmax
Fig. 2.9: Caratteristiche meccaniche
li, nel senso che possono essere ugualmente
di mezzi di trazione:
adoperate per pesanti convogli merci o veloci
a) caratteristiche di mezzo con azionamento tradiconvogli passeggeri.
zionale;
Nella medesima figura è mostrato un possibile
b) zona di funzionamento ammissibile di mezzo
con azionamento a frazionatore.
andamento della forza resistente al moto R.
L’intersezione delle caratteristiche relative alla
forza motrice e quella resistente individua il punto di funzionamento di equilibrio P relativo alla
vettura funzionante alle massime prestazioni e con il dato andamento della forza resistente.
In generale una sola curva sulla caratteristica meccanica risulta insufficiente alle esigenze della
trazione; deve infatti risultare possibile la marcia a varie velocità, per un certo andamento della
forza resistente. Punti di funzionamento appartenenti alla zona compresa fra la caratteristica
1
B
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 13/15
meccanica limite e gli assi sono di norma anche possibili; si hanno essenzialmente due casi, come verrà meglio chiarito nel capitolo di richiami sulla tecnica della propulsione elettrica:
 nei sistemi con azionamenti di tipo tradizionale risulta possibile sfruttare per tempi brevi il
reostato di avviamento e per la marcia un certo numero di posizioni dette di marcia economica (cioè senza perdite reostatiche) alle quali corrispondono delle curve sul piano F-V. (fig.
2.9 a))
 nei sistemi con azionamenti di tipo elettronico (con frazionatore o con inverter a frequenza
variabile) esiste una intera area al di sotto della caratteristica meccanica limite i cui punti sono accessibili tramite le variabili del controllo dell’azionamento (fig. 2.9 b)).
Occorre inoltre chiarire che per le manovre a bassa velocità e notevole precisione richieste durante l’accostamento del locomotore ai veicoli trainati (dette appunto manovre di accostamento) è
necessario che la locomotiva sia in grado di generare una forza di trazione molto inferiore a quella indicata con il simbolo F* in figura. Inoltre, in fase di avviamento è richiesto che la forza di
trazione raggiunga gradualmente F* per evitare strappi agli organi di aggancio fra i veicoli e, nei
treni passeggeri, disagio a questi ultimi (a tal fine talvolta si specifica un gradiente massimo
dell’accelerazione, ad es. a valori intorno a 1-1,5 m/s3).
Per tale ragione nei mezzi a frazionatore può essere necessario operare al di fuori della zona di
funzionamento ammissibile riportata in figura. Come si vedrà nel capitolo di richiami di tecnica
della propulsione elettrica, il problema viene di norma risolto modificando transitoriamente le
caratteristiche dei frazionatori (e quindi la corrispondente zona di funzionamento ammissibile)
oppure introducendo in serie ai motori parte del reostato di frenatura.
Nella medesima fig. 2.8 è riportato,
come si è visto, un possibile andamen3
to della resistenza al moto R. L’andamento qualitativo della velocità rica4
B
vabile dalle curve di questa figura è
mostrato in fig. 2.10, nella quale con le
1
lettere A, B e P si sono indicati i punti
A
corrispondenti a quelli di pari nome
nella fig. 2.8 (il tratto 2 termina nella
tempo
Fig. 2.10: Andamento tipico della velocità fra due fermate.
figura 2.10 un poco prima del raggiungimento del punto P della figura 2.8, il
quale infatti sarebbe raggiungibile in un tempo teoricamente infinito).
Vel
2
~P
La velocità in funzione del tempo si può ricavare passo-passo dalle curve forza-velocità del tipo di quelle riportate
nella fig. 2.8 nella seguente semplice maniera (metodo di integrazione di Eulero esplicito):
F Rm
dv
1 t k 1
t
 v k  v k 1   F (v)  R(v)dt  F (v k )  R (v k )
dt
m tk
m
Naturalmente in questo caso l’adozione di un algoritmo di integrazione di tipo implicito avrebbe implicato la necessità di risolvere, ad ogni passo, un’equazione algebrica non lineare.
Gli andamenti riportati sono tipici dei mezzi di trasporto sia metropolitani e extraurbani. Durante
il tratto 1 l’accelerazione è sostanzialmente costante, e la velocità ha quindi andamento sostanzialmente rettilineo. Segue il tratto 2 ad accelerazione progressivamente decrescente, fino a raggiungere una velocità sostanzialmente costante, che corrisponde al raggiungimento dell’equilibrio fra coppia motrice e resistente. A questo punto, prima di incominciare la fase di frenatura si
procede di norma per un poco per inerzia (tratto 3)8, e in questa fase il veicolo è soggetto soltanto
8
La marcia per inerzia, come si chiama, è anche indicata con il termine anglosassone di coasting.
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 14/15
alla coppia resistente che lo rallenta con accelerazione modesta. Infine viene attivata la frenatura
(tratto 4).
Si intende per velocità media il rapporto fra la distanza fra due fermate di un convoglio e il tempo impiegato per percorrerlo; si tratta quindi del valor medio della velocità riportata nella fig.
2.10; per velocità commerciale si intende invece il rapporto fra lo spazio percorso e il tempo impiegato da un viaggiatore in un dato viaggio: nella velocità commerciale, che è sempre non superiore alla velocità media, sono quindi computati anche i perditempi dovuti alle fermate intermedie nelle stazioni. Nei trasporti urbani la differenza fra velocità media e commerciale può essere
anche molto consistente.
Corso SET: Richiami di Tecnica dei Trasporti, pag. 15/15