IT`S NOT THE END OF THE WORLD Programma

Transcript

IT`S NOT THE END OF THE WORLD Programma
IT’S NOT THE END OF THE WORLD
Programma culturale di Artissima 19
Cinque progetti per Torino: Artissima con Castello di Rivoli Museo d'Arte
Contemporanea, GAM, Fondazione Merz e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Artissima 19 propone un programma culturale con una formula progettuale totalmente inedita e innovativa, grazie alla
collaborazione delle principali istituzioni per il contemporaneo del territorio torinese: Castello di Rivoli Museo d’Arte
Contemporanea, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Merz e Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo.
Obiettivo del progetto è rafforzare il network dell’arte contemporanea a Torino e allargare l’offerta culturale in città
con una linea coerente e in collegamento ad Artissima. Con il titolo di It’s Not the End of the World il programma
si articola secondo 5 progetti espositivi differenti nelle sedi delle istituzioni coinvolte. Un percorso unico che
ironicamente vuole fare riferimento alla profezia Maya sulla fine del mondo prevista nel dicembre 2012 ma anche alla
difficile situazione del finanziamento alla cultura in Italia.
Artissima, che come le altre istituzioni realizzerà un intervento artistico in città, si fa collante e promotore di un
progetto coordinato che propone una riflessione sulla realtà del mondo che ci circonda attraverso mostre, installazioni
video e performance di cinque noti artisti internazionali.
Il progetto è stato accolto con entusiasmo dai musei e fondazioni che hanno sviluppato delle proposte espositive di
grande rilievo e forte richiamo per il pubblico. I cinque interventi artistici di It’s Not the End of the World sono:
 “Ruin – Politics” di Dan Perjovschi a Palazzo Madama per Artissima.
L’artista rumeno Dan Perjovschi (Sibiu, Romania, 1961) presenta una video-installazione e una nuova serie di disegni
realizzati direttamente sul pavimento della Corte Medievale di Palazzo Madama, uno spazio fortemente connotato dalla
presenza di rovine d’epoca romana. L’idea di rovina diviene punto di partenza per un’analisi dell’artista sulla società
contemporanea, spaziando da problematiche globali a questioni specificatamente europee per arrivare a toccare
l’Italia con le sue realtà e contrasti. Attraverso immagini rapidamente abbozzate che richiamano la tradizione della
vignetta satirica, l’artista costruisce una sorta di ironico viaggio tra i conflitti dell’uomo contemporaneo. Dall’economia
alla politica, dalla religione al mondo dell’arte, dal provincialismo alla globalizzazione, i disegni dell’artista hanno la
capacità di coinvolgere lo spettatore e a sottoporlo, attraverso taglienti provocazioni, a costanti dubbi e interrogativi.
 “Tulkus 1880 to 2018” di Paola Pivi al Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea.
Il progetto di Paola Pivi (Milano, 1971) propone, attraverso una summa fotografica di tutti i tulku (figura religiosa del
Buddhismo tibetano, ritenuta la reincarnazione di altri influenti maestri) nel mondo, il ribaltamento dell’approccio
convenzionale al mondo buddista “straniero”. Un lavoro colossale, che ha impegnato per tre anni un team di esperti a
livello internazionale nella ricerca, raccolta e catalogazione di migliaia di immagini che raccontano la diaspora tibetana.
Il risultato è sorprendente: oltre a essere di fatto il primo tentativo di censimento dei tulku di tutte le scuole buddiste
tibetane, condotto sin nelle aree geografiche più estreme, questo lavoro per la prima volta associa la ricerca scientifica
accademica al mondo dell’arte. L’artista è qui una sorta di direttore d’orchestra, che cerca la lettura visiva di questi
potenti del mondo, componendo le immagini tra loro attraverso i dettagli delle fotografie: particolari architettonici,
decorazioni di troni, abiti, posture, espressioni facciali. Al Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea saranno
esposti oltre 1000 ritratti di tulku.
 “Homeless Paradise” di Valery Koshlyakov alla GAM.
Valery Koshlyakov (Salsk, Russia, 1962) è stato invitato a realizzare una installazione site-specific negli spazi di
ingresso della GAM. Il progetto prevede la realizzazione di un secondo accesso temporaneo, sopra e sotto la pensilina
di accesso al museo, concepito come collegamento ideale tra realtà civile e mondo dell’arte. Koshlyakov invita il
visitatore a entrare in una città immaginaria, un rifugio abitativo che – quasi come un’Arca di Noè – gli uomini
costruiscono, con materiali semplici e poveri, per la loro sopravvivenza.
 “Beirut, I Love You - A Work in Progress” di Zena el Khalil alla Fondazione Merz.
Zena el Khalil (Londra, 1976) vive e lavora a Beirut. La video-installazione proposta dalla Fondazione Merz è realizzata
intorno ai temi e ai personaggi di un lungometraggio girato in collaborazione con il regista Gigi Roccati, ispirato
all’omonimo romanzo e memoir pubblicato dall’artista nel 2008. Il racconto di un amore universale tra due grandi
amiche sullo sfondo dei conflitti globali, per costruire un ponte tra Oriente e Occidente, rivendicando il ruolo della
bellezza in opposizione a ogni minaccia incombente.
 “The End – Venice 2009” di Ragnar Kjiartansson alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
La Fondazione Sandretto presenta una installazione di Ragnar Kjiartansson (Reykjavik, Islanda, 1976) che l’artista ha
presentato nel 2009 alla Biennale di Venezia, per il padiglione Islandese. Una performance di sei mesi, durante i quali
Kjiartansson ha dipinto giorno dopo giorno lo stesso soggetto in costume da bagno. Lo studio, al piano terra di un
palazzo sul Canal Grande, era aperto al pubblico che nel corso della lavorazione ha potuto assistere alla realizzazione
del progetto e al progressivo accumularsi dei dipinti. A Torino l’artista presenterà una nuova performance musicale,
realizzata appositamente per Artissima.
Artissima 19, dunque, ha voluto proporre una ridefinizione del programma culturale a partire dalla riflessione su un
tema quanto mai d’attualità, ovvero la rete contemporanea torinese, ma anche dalla volontà di offrire ai collezionisti
italiani e internazionali che vengono a Torino in occasione della fiera una proposta artistica il più stimolante possibile.
“Il budget pubblico destinato alla realizzazione di un progetto culturale collegato alla Fiera – ha detto Sarah Cosulich
Canarutto, direttore di Artissima – è stato quest’anno condiviso con alcune delle principali istituzioni per il
contemporaneo del territorio. In passato sono state realizzate diverse iniziative importanti, sia all'esterno che
all'interno del padiglione fieristico, come la mostra “Approssimazioni Razionali Semplici” a cura di Francesco
Manacorda e Lara Favaretto nel 2011, ma in un’epoca in cui i musei si trovano a fronteggiare le difficoltà dei tagli nei
finanziamenti, la possibilità di sostenere la loro attività portando l’energia di un progetto nuovo che affianchi il loro
programma rappresenta un’occasione importante di visibilità e sostegno ai musei, all'arte contemporanea, alla città e
di conseguenza alla fiera stessa. Inoltre, poiché i progetti realizzati nei contesti museali avranno una durata più lunga
rispetto ai giorni della manifestazione, Artissima potrà godere di una maggiore visibilità nel tempo oltre che negli
spazi, in un gioco di connessioni e rimandi sul territorio”.
Tutti i progetti espositivi saranno aperti al pubblico da venerdì 9 novembre 2012 sino al 6 gennaio 2013, ad eccezione
del lavoro di Dan Perjovschi a Palazzo Madama, che chiuderà il giorno 8 dicembre 2012.
L’appuntamento è a novembre con Artissima, Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, GAM, Fondazione Merz,
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Museo di Palazzo Madama per un percorso espositivo unico che connoterà
la prossima stagione del contemporaneo a Torino.
CONTATTI PER LA STAMPA
Paola C. Manfredi Studio
Via Marco Polo, 4 – 20124 Milano
T +39 02 87238004 – F + 39 02 87238014
[email protected]
Paola C. Manfredi – M +39 335 54 55 539 – [email protected]
Francesca Buonfrate – M +39 393 46 95 107 – [email protected]
Fondazione Torino Musei
T +39 011 4429523 – F +39 011 4429550
Daniela Matteu – [email protected]
Tanja Gentilini – [email protected]
It’s Not The End of The World: calendario inaugurale
Venerdì 9 novembre
Ore 10.00
CASTELLO DI RIVOLI MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA
It is Not the End of the World:
Paola Pivi, Tulkus 1880 to 2018
Ore 18.30
PALAZZO MADAMA
It is Not the End of the World:
Dan Perjovschi, Ruin - Politics
Sabato 10 novembre
Ore 10.00
GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
It is Not the End of the World:
Valery Koshlyakov, Homeless Paradise
Ore 11.00
FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO
It is Not the End of the World:
Ragnar Kjiartansson, The End – Venice 2009
11.30 performance
Ore 12.00
FONDAZIONE MERZ
It is Not the End of the World:
Zena El Khalil, Beirut, I Love You - A Work in Progress
DAN PERJOVSCHI - Ruin Politics
9 novembre – 8 dicembre 2012
Opening venerdì 9 novembre ore 18.30
Palazzo Madama, Corte Medievale
Piazza Castello – Torino
Nel contesto del progetto It's Not the End of the World Artissima ha invitato l'artista rumeno Dan Perjovschi a
realizzare un intervento site-specific, a cura di Sarah Cosulich Canarutto, in uno dei palazzi simbolo della città di
Torino. Palazzo Madama, già sede del Senato del regno sabaudo e oggi sede del Museo Civico di Arte Antica,
rappresenta il centrum della città, ed è quindi lo spazio ideale dove ospitare un artista che fonda la sua ricerca sulla
riflessione critica sulla società.
Dan Perjovschi presenta una video-installazione e una nuova serie di disegni realizzati direttamente sul pavimento
della Corte Medioevale di Palazzo Madama, uno spazio fortemente connotato dalla presenza di rovine d’epoca romana.
Proprio l’idea di rovina diviene punto di partenza per un’analisi dell’artista sulla società contemporanea, spaziando da
problematiche globali a questioni specificatamente europee per arrivare a toccare l’Italia con le sue realtà e contrasti.
Perjovschi utilizza infatti il disegno per raccontare con pungente ironia e irriverente spontaneità meccanismi, strutture
e paradossi del mondo attuale. Attraverso immagini rapidamente abbozzate che richiamano la tradizione della vignetta
satirica, l’artista costruisce una sorta di viaggio tra i conflitti dell’uomo contemporaneo. Dall’economia alla politica,
dalla religione al mondo dell’arte, dal provincialismo alla globalizzazione, i disegni dell’artista hanno la capacità di
coinvolgere lo spettatore e a sottoporlo, attraverso taglienti provocazioni, a costanti dubbi e interrogativi. Dal
confronto tra storia e presente, individuo e collettività, identità e appartenenza, l’opera di Perjovschi sottolinea
stereotipi e contraddizioni del nostro presente.
L’affascinante contesto della Corte Medievale di Palazzo Madama crea un dialogo inaspettato tra il lavoro dell’artista e
il passato e offre al visitatore ulteriore punto di partenza nell’interpretazione del messaggio. La scelta di questo
edificio storico, così importante per la città, deriva anche dalla volontà di coinvolgimento di un pubblico non
esclusivamente legato all’arte contemporanea, che nell’installazione di Perjovschi può trovare interessanti e stimolanti
spunti di riflessione.
Biografia Dan Perjovschi
Dan Perjovschi (Sibiu, Romania, 1961) vive e lavora a Bucarest. Tra le mostre personali di Perjovschi si segnalano il
Padiglione Rumeno alla Biennale di Venezia del 1999. Nel 2005 al Museo Ludwig di Colonia, nel 2006 l’esposizione alla
Tate Modern di Londra e a Portikus di Francorforte. Al MOMA di New York e alla Kunsthalle di Basilea nel 2007 e al
Wiels Center for Contemporary Art di Bruxelles nel 2008, mentre nel 2009 è invitato dal Museum of Contemporary Art
Kiasma di Helsinki, dal Vanabbesmuseum di Eindhoven in Olanda e dalla Salzburger Kunstverein di Salisburgo. Nel
2010 Perjovschi lavora al San Francisco Art Institute e al Royal Ontario Museum di Toronto. Tra le mostre collettive si
segnalano le partecipazioni alle Biennali di Istanbul, di Bucarest, di Siviglia nel 2006, alla Biennale di Venezia nel 2007,
a quella di Mosca nel 2007 e nuovamente nel 2010, alla Biennale di Sydney nel 2008 e a quella di Lione nel 2010. In
Italia ha esposto nel 2008 a Palazzo Strozzi a Firenze in Arte, Prezzo e Valore, presso il MART di Rovereto all'interno di
Eurasia e al Centro d'Arte Contemporanea di Villa Manin a Udine. Nel 2009 è al Castello di Rivoli Museo d'Arte
Contemporanea nell'ambito della mostra What Is to Be Done?. Dan Perjovschi ha vinto nel 2004 il George Maciunas
Award.
PAOLA PIVI - Tulkus 1880 to 2018
9 novembre 2012 – 6 gennaio 2013
Opening venerdì 9 novembre ore 10.00
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia - Rivoli (TO)
Negli ultimi decenni l’interesse dell’arte contemporanea nei confronti delle immagini buddiste è cresciuto in modo
esponenziale. Dal fascino esotico del simbolismo iconografico buddista passando per approcci più concettuali e
filosofici, fino agli interessi più superficiali e di mercato, gli artisti hanno dovuto affrontare questa pratica filosofica e
religiosa e l’hanno usata per trasformare le immagini in qualcosa d’altro: le loro opere d’arte. L’approccio di Paola Pivi
a questo mondo di simbolismo filosofico e religioso segue una traiettoria nettamente diversa e peculiare. Nel suo
progetto Tulkus 1880 to 2018, a cura di Davide Trapezi, l’artista ribalta l’approccio convenzionale al mondo buddista
“straniero” creando una serie completa di opere dove la presenza dell’artista viene come distillata e resa effimera in
vere e proprie “opere d’arte senza arte”. È come se l’artista avesse apprezzato la grandezza del soggetto, ricercando e
raccogliendo la “manifestazione” del suo viaggio artistico e lasciando che si esprimesse per quello che è, senza far
nulla o aggiungere, togliere o mutare il significato originario di queste immagini. I ritratti dei tulku tibetani (considerati
reincarnazioni dei maestri) che hanno attirato l’attenzione di Paola Pivi fanno parte della grande numero di immagini
religiose comuni a tutte le zone buddiste tibetane e alle aree dove il buddismo tibetano è presente.
Il progetto Tulkus 1880 to 2018 vuole essere una summa di fotografie di tutti i tulku del mondo, dall’inizio della
fotografia a oggi. Si tratta di un lavoro colossale che ha visto un team di esperti internazionali al lavoro per tre anni
raccogliendo, cercando e catalogando migliaia di immagini nel mondo. Si tratta del primo tentativo di censimento
esaustivo dei tulku di tutte le scuole buddiste tibetane, condotto fin nelle aree geografiche più estreme. Inoltre, è da
ritenersi un’impresa unica e senza precedenti, che lega la ricerca accademica al mondo dell’arte contemporanea
nell’organizzazione e presentazione consequenziale di queste immagini in un contesto di arte contemporanea. La
raccolta sta avvenendo in tutto il mondo, con immagini trovate in templi, musei, archivi, studi, ecc., ma anche prese
in prestito da privati, scansionate e restituite, o scattate da fotografi professionisti in templi o circostanze private.
Queste immagini raccontano la diaspora tibetana, descritta in un apparentemente caotico sistema visivo dove le
immagini dei tulku parlano con lo stesso potere di spiritualità al di là di passato, presente e futuro.
Paola Pivi mette assieme migliaia di immagini per creare una lettura visiva di questi esseri potenti, ma anche attraverso i sottili dettagli delle fotografie: particolari architettonici, decorazione di troni, oggetti religiosi, oggetti
comuni, abiti, posture, espressioni facciali, sguardi o linguaggio del corpo — creando una narrativa dinamica e non
convenzionale della storia della cultura tibetana. Al centro delle fotografie verrà anche esposto uno straordinario e
antico thangka tibetano attentamente selezionato che rappresenta un importante tulku con il suo lignaggio: un
simbolo del legame diretto di queste fotografie con l’antica tradizione artistica dei ritratti dei tulku tibetani sacri, un
memento della tradizione originale dello sguardo misericordioso.
La mostra al Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea sarà composta da circa 1000 ritratti di tulku. Il progetto
verrà poi sviluppato in mostre successive in altre istituzioni internazionali per i prossimi anni fino al suo
completamento finale che comporta un obiettivo di oltre 1500 ritratti. La mostra seguente sarà allestita nel 2013 al
Witte de With Center for Contemporary Art di Rotterdam.
Biografia Paola Pivi
Paola Pivi è nata a Milano nel 1971. Vive e lavora ad Anchorage, Alaska (USA). Si è imposta rapidamente sulla scena internazionale
con opere di grande impatto, a volte strabilianti nella loro semplicità. Ha ricevuto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999
per la miglior partecipazione nazionale al Padiglione Italia, assieme a Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri e Grazia
Toderi. Ha esposto presso importanti musei e gallerie, fra cui: Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1999), P.S.1 MoMA, New
York (2000, 2001, 2003, 2007), MACRO, Roma (2003, 2010), CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco (2005),
White Columns, New York (2005), Kunsthalle Basel, Basilea (2007), Palazzo Grassi, Venezia (2008), Tate Modern, Londra (2009), e
Rockbund Art Museum, Shanghai (2012). Ha partecipato a progetti di arte pubblica a Rotterdam nel 2010-2011 con Sculpture
International Rotterdam e a New York nel 2012 con Public Art Fund. Le sue opere sono presenti in prestigiose collezioni permanenti
fra cui quella del Guggenheim Museum di New York, del Centre Pompidou a Parigi, del Castello di Rivoli Museo d'Arte
Contemporanea e della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino e del MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo a
Roma.
VALERY KOSHLYAKOV - Homeless Paradise
9 novembre 2012 - 6 gennaio 2013
Opening sabato 10 novembre ore 10.00
GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta 31 - Torino
In occasione del progetto It’s not the end of the world, la GAM presenta Homeless Paradise, un’installazione site
specific di Valery Koshlyakov, a cura di Gregorio Mazzonis e Anna Musini, allestita negli spazi di ingresso al museo. Più
precisamente si tratta di un secondo e nuovo accesso temporaneo, un piccolo insediamento che si sviluppa sopra e
sotto la pensilina all’entrata della GAM creando un collegamento ideale tra realtà civile e mondo dell’arte. Con realismo
e poesia Koshlyakov invita il visitatore in una città immaginaria, un rifugio abitativo che gli uomini arrangiano per la
loro sopravvivenza, come un’Arca di Noè, fatta di materiali semplici e poveri. Un accampamento che sembra essere
sorto spontaneamente, registrando il ricordo di esperienze vissute, di un vagabondare randagio, di una condizione
nomade. Il lavoro di Koshlyakov si adatta e si permea di volta in volta sui luoghi in cui sorge: alla fase progettuale
costituita da numerosi disegni e bozze, l’artista affianca una meticolosa ricerca legata ai materiali - spesso elementi di
recupero quali cartone, ferro, legno, plastica, nastro adesivo - con i quali realizza sculture magniloquenti. Il senso di
precarietà e di provvisorietà che le opere suggeriscono stride con un’iconografia che affonda le radici nella memoria
dei monumenti classici e moderni della tradizione artistica europea. La bellezza delle vestigia del passato è riproposta
attraverso materiali essenziali che sembrano delle rovine immaginarie, reperti archeologici utopici collocati in uno
spazio-temporale indefinito. Oltre all’evidente riscoperta dell’arte antica, classica e moderna, nel lavoro di Koshlyakov
predomina il riferimento al costruttivismo russo, al suprematismo di Kazimir Malevich così come ai disegni e ai progetti
architettonici di Laszlo Moholy Nagy, El Lissitzky, Antonio Sant’Elia e di Kurt Schwitters, in un’oscillazione tra passato e
futuro, realtà e fantasia, rigore geometrico e casualità.
Biografia Valery Koshlyakov
Nato a Salsk in Russia nel 1962, vive e lavora tra Mosca e Parigi. Dal 1981 al 1985 compie gli studi artistici presso la
Rostov-on-Don Higher Art School e dal 1987 entra a fare parte del gruppo Art or Death costituito da giovani artisti
attivi tra il 1981 e il 1991 nella regione di Rostov-on-Don e ottiene subito grande successo in reazione alla crisi che la
cultura Sovietica stava attraversando in quegli anni. Gli esponenti del gruppo sono oggi considerati tra i più importanti
artisti russi sulla scena contemporanea e nel 2009 si è tenuta una retrospettiva presso lo State Museum of Modern Art
of the Russian Academy of Arts come progetto speciale all’interno della Terza Biennale di Arte Contemporanea di
Mosca (Third Moscow Biennale of Contemporary Art). Valery Koshlyakov ha partecipato a grandi mostre internazionali
quali Bienal de Sao Paulo, Iconographias Metropolitanas, Sao Paulo, Brazil (2002), Il ritorno dell’artista, Venezia, 50
Esposizione Internazionale Biennale d’Arte, Russian Pavilion (2003), Moscow-Berlin/Berlin-Moscow 1950-2000, Berlin,
Martin-Gropius-Bau; Moscow, State Historical Museum (2004), Russia!, New York, Solomon R. Guggenheim Museum
(2005), Bilbao (2006), Sots Art. Art Politique en Russie de 1972 à aujourd’hui , Paris, la Maison Rouge (2007), Russian
Povera, Perm, River Station Hall (2008), Counterpoint, Contemporary Russian Art, Paris, Musée du Louvre, (20102011), In an Absolut Disorder. Russian Contemporary Art, Barcelona, Arts Santa Monica, (2012). Tra le mostre
personali più recenti vi sono: Iconuses. Choice of Scale, Moscow, National Museum of Architecture (2001), Paysage,
lieu de vie, Paris, Mairie de Paris, Hôtel d’Albret (2004), Valery Koshlyakov, Roma, MACRO, Museo d’Arte
Contemporanea Roma (2005), Iconuses. Dressing the Space, St. Petersburg, The State Russian Museum (2005),
Golden Age, Baden- Baden Kunstverein (2007), Sarcophagus, Krasnoyarsk, Russia, Museum of Lenin (2008),
Sarcophagus, Krasnoyarsk, Russia, Museum of Lenin (2008), Valery Koshlyakov, Roma, Fondazione Volume, (2009).
ZENA EL KHALIL - Beirut, I Love You - A Work in Progress
9 novembre 2012 – 6 gennaio 2013
Opening sabato 10 novembre ore 12.00
Fondazione Merz
Via Limone 24 - Torino
La Fondazione Merz presenta la video installazione Beirut, I Love You - A Work in Progress dell’artista Zena el Khalil,
parte del progetto ideato da Artissima 19 It’s not the end of the world.
Il lavoro nasce dalla collaborazione tra l’artista e il regista Gigi Roccati ed è realizzato intorno ai temi e ai personaggi
di un film lungometraggio ancora da realizzare ispirato all'omonimo romanzo e memoir pubblicato da Zena el Khalil
nel 2008; ne svela il processo creativo mediante una messa in scena ed attraverso immagini documentarie, memorie
personali e familiari.
Il video racconta una storia universale di amore tra due grandi amiche, ambientata sulla linea dei conflitti globali, nel
crepuscolo del secondo millennio; è un atto di resistenza che rivendica la bellezza contro la costante minaccia della
guerra. Con questo progetto Zena el Khalil mira a rompere gli stereotipi, costruendo metaforici ponti tra Oriente e
Occidente.
Durante l'invasione israeliana del Libano nel 2006, Zena el Khalil iniziò a tenere un blog; beirutupdate.blogspot.com.
Nel suo blog, Zena scriveva un resoconto quotidiano della vita sotto le bombe e la stampa internazionale presto la
definì la Anna Frank del Libano. Zena fu uno dei primi blogger molto seguiti del Medio Oriente, quasi ad anticipare
quello che sarebbe più tardi divenuto il citizen journalism, e l'uso di internet nella primavera araba. Nel suo blog Zena
non raccontava solo dell'invasione, ma anche della sua famiglia e della sua migliore amica Maya, alla quale era stato
recentemente diagnosticato un cancro. "La prima notte in cui sono cadute le bombe ho iniziato un blog. Se dovevamo
morire di una morte senza senso, volevo assicurarmi che il mondo intero sapesse come e perché. Non volevo che
diventassimo un altro numero... un'altra statistica senza nome. Ho scritto tutti i giorni e proprio come Sharazade,
credevo che condividere le nostre storie potesse tenerci in vita." Dopo molte pressioni internazionali l'invasione si
concluse, ma poche settimane dopo Maya perse la sua battaglia contro il cancro. Come processo di guarigione, Zena
ha continuato a scrivere e due anni dopo è nato il libro di memorie dal titolo "Beirut, I Love You". Da allora, el Khalil
ha iniziato la collaborazione con il regista italiano Gigi Roccati, per adattare il suo libro in un film lungometraggio. In
questo processo, i due hanno partecipato a numerosi laboratori internazionali di scrittura, vincendo tutti e tre i premi
di produzione del prestigioso TFL - Torino Film Lab Framework Awards, e aggiudicandosi anche il sostegno del Fondo
Europeo allo sviluppo cinema di MEDIA.
Biografia Zena el Khalil
Zena el Khalil è nata a Londra il 27 aprile 1976, vive a Beirut. Artista visiva, scrittrice e attivista culturale, lavora con
una varietà di formati che vanno dalla pittura all'installazione alla performance, dalla tecnica mista al collage, alla
scrittura. I temi centrali del suo lavoro includono la questione della violenza e quella della sessualità, utilizzando
materiali trovati nella sua città, Beirut. Immagini fotocopiate di miliziani e donne, di civili e familiari sono impreziositi
da fiori di plastica, glitter e brillantina, stringhe di luci, keffiyehs colorate, soldatini di plastica, AK-47 giocattolo,
arabeschi, perline, tessuti e altri oggetti che possono meglio trasmettere la diversità e il caos della sua città musa e
fonte d'ispirazione.El Khalil ha esposto a livello internazionale a New York, San Francisco, Miami, Londra, Parigi, Tokyo
e Dubai. Con mostre personali a Lagos, Londra, Monaco, Torino e Beirut. Il suo lavoro è stato anche esibito presso
istituzioni come il Mori Art Museum, in Giappone; Institute du Monde Arabe, Parigi, la Fondazione Boghossian,
Bruxelles, il Royal College of Art, Londra, la National Gallery di Bosnia ed Erzegovina, Sarajevo; la Barajeel Art
Foundation, Emirati Arabi Uniti, l'Institut für Auslandsbeziehungen, Berlino, White Box, Monaco di Baviera e la
Fondazione Merz di Torino.
RAGNAR KJARTANSSON - The End–Venezia, 2009
9 novembre – 6 gennaio 2013
Opening sabato 10 novembre ore 11.00
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Via Modane 16 - Torino
L’opera di Ragnar Kjartasson è basata su una singolare commistione tra arte visiva, musica e teatro. Costruite attorno
a innumerevoli suggestioni e influenze, dai miti tradizionali islandesi alla musica lirica alla cultura popolare
contemporanea, le sue performance sono tipicamente strutturate sulla ripetizione ad infinitum di un’unica formula,
che si tratti di un gesto, una parola, un’aria musicale o un’immagine pittorica. Questo dispositivo dà vita ad opere in
cui durata e resistenza hanno un ruolo fondamentale, nella più classica tradizione della performance e body art, ma
non manca il riferimento alla pratica estenuante delle prove teatrali, che Kjartansson conosce da vicino, essendo
cresciuto in una famiglia di attori. Il gusto per la teatralità, la messa in scena e la recitazione sono caratteristiche del
suo lavoro, di cui l’artista è sempre protagonista nelle vesti di diversi personaggi, dal cavaliere alla rock star, dal
rivoluzionario all’incarnazione della Morte. Ciò che accomuna questi personaggi è il carattere di eroe romantico,
malinconico e appassionato insieme, preso in un vortice di sensazioni struggenti. Kjartansson ritrae questa figura con
un misto di partecipazione e distacco, dramma e ironia, un atteggiamento ambivalente che caratterizza anche le
reazioni del pubblico di fronte alle sue opere.
The End. Venezia, 2009, l’opera in mostra, è il frutto di una delle sue opere più ambiziose, realizzata per la 53°
Biennale di Venezia, in cui Kjartansson ha rappresentato l’Islanda. In un periodo in cui il suo Paese era al centro di un
tracollo economico e finanziario senza precedenti, l’artista ha dato vita a un personaggio decadente, privo di futuro,
che trova in Venezia la città ideale per godere appieno della propria dolcissima fine. Per tutta la durata della Biennale,
sei lunghi mesi, Kjartansson ha vissuto i panni di un pittore bohémien, che nel proprio studio sul Canal Grande
passava il tempo dipingendo, giorno dopo giorno, il ritratto dello stesso giovane modello. Questi, interpretato
dall’amico e artista Páll Haukur Björnsson, indossava solo un costume da bagno Speedo (e un accappatoio azzurro nei
momenti di pausa), e si aggirava languido nello spazio dello studio, fumando sigarette, bevendo birra, ascoltando
musica e posando per l’artista. Per i visitatori della Biennale che capitavano lì, la scena offriva un’esperienza surreale,
in cui era difficile distinguere tra realtà e rappresentazione. Kjartansson e Bjornsson facevano quello che ci si aspetta
da due amici artisti: bere, fumare, chiacchierare e produrre arte, ma il tutto era proposto in modo da enfatizzarne il
carattere di clichè, di ironica messa in scena. Giorno dopo giorno i quadri realizzati si accumulavano nello spazio,
insieme ai mozziconi e alle bottiglie vuote, in una processualità che per l’artista era rilevante anche rispetto alle
mutevoli caratteristiche del pubblico. Se infatti all’inizio il lavoro doveva apparire più come “lo scherzo di un
fannullone” a vantaggio degli addetti ai lavori che affollano i giorni dell’inaugurazione, col tempo è diventato un vero
spazio di creazione, frutto di un serio impegno esposto allo sguardo della gente normale in visita. I 144 dipinti che
compongono The End. Venezia sono la traccia fisica e il documento artistico di questa esperienza. L’installazione ha
l’aspetto di un’antica quadreria, in cui i muri sono tappezzati di dipinti dal pavimento al soffitto, a sottolineare il
carattere di maniacale accumulazione e ossessiva ripetizione del medesimo soggetto, benché le scelte formali siano le
più varie, dal realismo dettagliato all’abbozzo quasi astratto, passando per innumerevoli citazioni di stili ben noti. Nel
suo complesso l’opera restituisce la performance con la nostalgica malinconia e l’esuberante passionalità che è la cifra
dell’artista. In occasione di questa nuova esposizione dell’opera Kjartansson offrirà al pubblico la possibilità di
conoscere un’altra fondamentale dimensione della sua identità, quella di musicista professionista. In Islanda è infatti
celebre come rockstar e ha fatto parte di molti complessi tra cui i Trabant, band di synth rock. A Torino Kjartansson
proporrà un concerto eccezionale, mettendo insieme una Superband costituita da alcuni tra i più celebri musicisti della
scena islandese, componenti di vari gruppi tra cui Sigur Ròs, Trabant, e Múm.
Biografia Ragnar Kjartansson
Nato nel 1976 a Reykjavík, Islanda. Vive e lavora a Reykjavík. Il lavoro di Ragnar Kjartansson ha ricevuto grande riconoscimento
internazionale ed è stato presentato in mostre personali e collettive in gallerie, musei e biennali. Nel 2012 il Migros Museum di
Zurigo gli ha dedicato la sua prima personale in Svizzera. Nel 2011 il suo progetto per Performa a New York, Bliss, una
performance musicale dal vivo della durata di 12 ore, ha vinto il premio Malcolm McLaren. Sempre nel 2011 il Carnegie Museum of
Art ha organizzato una personale, Song, ospitata in seguito dal Museum of Contemporary Art di North Miami e dall’ICA di Boston, e
la Frankfurter Kunstverein ha presentato la sua prima grande retrospettiva in Europa, Ragnar Kjartansson: Endless Longing, Eternal
Return. Nel 2009 ha rappresentato l’Islanda alla Biennale di Venezia. Kjartansson ha partecipato alla Triennale di Torino (2008), a
Manifesta 8 (2008) e numerose edizioni del Reykjavik Arts Festival (2012, 2008, 2005, 2004). Saggi e recensioni sul suo lavoro
sono state pubblicati da Artforum, Art in America, ArtReview, Frieze, Modern Painters, e The New York Times.