Al Muhasib - Il Ragioniere di Tripoli

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Al Muhasib - Il Ragioniere di Tripoli
Tre punti formano un triangolo equilatero che si costruisce semplicemente con due cerchi uguali.
Tre punti definiscono un piano. ( Euclide )
Al Muhasib - Il Ragioniere di Tripoli
(‫)ال محا سب‬
Invecchiando capitava sempre più spesso a Leo di non ricordarsi più di tre cose alla
volta. Per esempio, quando usciva per andare da qualche parte in macchina, si
ricordava di prendere:
1- il portafoglio ( che conteneva i soldi e la patente di guida )
2- le chiavi della macchina
3- il telefonino, per chiamare aiuto in caso di incidenti stradali.
Se sua moglie, come spesso accadeva mentre si organizzava per uscire di casa, gli
urlava dalla cucina: “ Prendi le chiavi della cassetta delle lettere e va a Pozzallo a
vedere se è arrivata posta! Poi fermati dal fornaio a prendere il pane!“ Leo
invariabilmente si dimenticava o il portafoglio o il telefonino e prendeva invece le
chiavi della cassetta delle lettere. Le chiavi della macchina a volte le dimenticava, ma
quello non era un problema. Quando si accingeva ad aprire la portiera, si rendeva
conto di non averle e tornava indietro a prenderle. Il problema era più grave invece
era la mancanza del portafoglio, perché se lo fermava la stradale gli facevano la
multa per guida senza patente, o se si ricordava di andare dal fornaio, non aveva i
soldi per pagare.
Essendo Leo una persona che amava trovare il perché delle cose, tagliando ogni pelo
logico in quattro ( come si suol dire ), si era posto il problema in maniera seria ed
ecco cos’era riuscito a scoprire. L’essere umano non può ricordarsi più di tre cose
alla volta, perché per tre punti passa un solo piano e uno solo, e tre punti
rappresentano l’unico spazio tridimensionale che un essere umano riesce a
concepire. Il problema aveva ripercussioni anche dal punto religioso e Leo era uno
che analizzava la Bibbia nei minimi dettagli, anzi era uno che poteva essere
considerato un Talmudista, per l’enorme sforzo e lo zelo che aveva impiegato per
capire parola per parola quel che era scritto nel libro della Genesi. Era arrivato
perfino a imparare quasi a memoria il testo ebraico e l’aveva paragonato con la
Bibbia Maronita scritta in arabo, per essere sicuro di interpretare bene quel che
c’era scritto.
La conclusione dei suoi studi sull’Antico Testamento era che Dio aveva creato
l’uomo come essere tridimensionale ( e non quadridimensionale, come asseriva
Einstein, che aveva aggiunto il Tempo come quarta dimensione ). L’uomo era un
essere spaziale coi piedi appoggiati sulla Terra, un essere dai movimenti lenti che
non aveva alcuna nozione della quarta dimensione, cioè del Tempo, perché in realtà,
secondo Leo il Tempo non esisteva né per l’uomo né per Dio.
Cominciamo dal fatto che il Tempo non esiste.
Il ragionamento che aveva condotto Leo a eliminare il Tempo era dopo tutto
semplice nella sua cristallina logicità: per Dio il Tempo non esisteva, perché essendo
eterno, viveva in un eterno presente, dove futuro e passato erano uniti assieme in
un unico immobile presente. Per l’uomo, la situazione era un po’ più complessa, ma
facilmente comprensibile. L’uomo viveva in un diveniere istantaneo, nel quale il
Tempo era una dimensione immaginaria creata dalla sua mente per comprendere
un futuro fugace che non esisteva e che appena si verificava, subito si trasformava in
effimero presente che all’istante diveniva passato o per meglio dire un fossile, una
conchiglia fossile del presente e del futuro. Solo il presente aveva un significato, ma
era di così breve durata, che la sua esistenza si riduceva a zero.
Vale la pena analizzare in dettaglio anche il processo mentale che aveva sviluppato
Leo per arrivare alle conclusioni che “ l’uomo è un peccatore perché non può
ricordarsi più di tre comandamenti alla volta “ e dieci comandamenti sono troppi da
ricordare. Non era colpa dell’uomo se peccava, perché faceva fatica a ricordare tutti
i comandamenti.
Dimostrato che il tempo non esiste, che prove aveva Leo per quella teoria del
peccato? Era provato scientificamente che gli uomini, fin dai tempi antichi, non
potevano contare più di tre. Analizziamo adesso la difficoltà che hanno gli uomini a
ricordare o a concepire più di tre cose alla volta.
Nel suo ultimo libro, Il museo dei numeri, che leo stava leggendo, il grande
matematico Piergiorgio Odifreddi aveva dato prove inconfutabili del concetto che gli
uomini primitivi non poteveno contare molto più oltre il due: a volte arrivavano al
massimo a tre, ma con fatica. Per gli antichi tre equivaleva a molti, infatti nella
lingua francese è rimasto il “ trés “ per indicare molto, come “ trés bon “, che vuol
dire tre volte buono o un sacco di volte buono.
Poi Leo aveva di fronte a se il modello vivente di questa verità, materializzata nella
indimenticabile figura di Al Muhasib, personaggio di Tripoli che incontrava quasi
tutti i giorni, durante il suo girovagare per le strade di quella città, durante la pausa
pranzo, che alla Waha era molto generosa: due ore, per consentire ai Libici di andare
in moschea a pregare la preghiera del mezzogiorno, poi di mangiare e infine di
schiacciare un lungo pisolino ristoratore, per riposarsi di non aver fatto niente tutta
la mattina e prepararsi psicologicamente a non fare niente durante tutto il
pomeriggio.
Al Muhasib, come lo chiamavano loro, significava in arabo “ il contabile “ o meglio “
il ragioniere “, e quello era un nomignolo appioppatogli da Leo e condiviso senza
discussioni dai due Turchi, Racip e Yasher, che pur essendo musulmani non
conoscevano l’arabo, ma si fidavano di Leo. I tre amici e colleghi, Leo e i due Turchi,
formavano una triade stabile e molto completa. Si trattava di una fratellanza
mediterranea che i tre condividevano, sia culturalmente, che geneticamente. Erano
tutti discendenti delle stesse etnie antiche: gli Hittiti, che erano gli antenati degli
Etruschi e quindi dei Romagnoli e anche di molti Turchi, gli Hyksos e le orde
barbariche di Gengis Khan, il cui programma genetico aggressivo si era diluito nel
sangue di tutti gli europei. Poi c’erano i Greci, i Romani dell’Impero d’Oriente e per
finire gli Ebrei, dai quali i popoli mediterranei avevano ereditato la capacità di
analizzare l’Assoluto e i suoi paradossi e dai quali avevano ereditato la teoria
dell’Unità di Dio ( che però, oltre ad essere Uno era anche Trino ).
Al Muhasib era un giovane, sulla trentina, con un volto normale da mediterraneo,
che potevi mettere in Sicilia, come in Grecia o a Malta, ma non a Oslo, perché
l’avrebbero subito notato per i suoi capelli neri e ricci e il colorito della pelle
olivastro e leggermente abbronzato. Camminava un po’ curvo in avanti con gli occhi
persi nel vuoto, perché secondo Leo, stava calcolando qualcosa. Dopo una ventina di
passi sotto i portici di Tripoli ( costruiti dagli Italiani ), si fermava e appoggiando la
mano destra a una colonna del portico, cominciava a contare, con la mano sinistra. Il
suo sguardo era concentrato sui movimenti della sua mano sinistra, che erano
sempre gli stessi. Apriva il pollice, poi l’indice e poi il medio, uno, due e tre. Poi
basta. Apriva la mano sinistra e con un gesto caratteristico di chi vuole cacciare una
mosca, sventolava la mano aperta davanti agli occhi e si rimetteva a camminare,
pensieroso. Dopo alcuni passi ricominciava da capo. Questo comportamento era
oggetto di lunghe discussioni, che occupavano la pausa del pranzo dei tre amici della
triade mediterranea. Dopo aver mangiato una frugale “ta’amia “ a base di fave
schiacciate, si sedevano in un piccolo caffè all’aperto sul lungomare di Tripoli,
all’ombra dei vecchi ficus benjamina piantati dagli italiani ai tempi antichi e per
ingannare il tempo discutevano il fatto. Perché Al Muhasib contava solo fino a tre?
I tre colleghi, pur essendo della stessa cultura e tradizione mediterranea, avevano
caratteristiche diverse. Leo era un esegeta della Bibbia e un Geologo forte in
geometria. Racip era un Geologo scettico e iconoclasta forte in informatica e bravo
coi computers e Yasher era un Geofisico, molto forte in matematica, infatti nessuno
capiva le sue formule. Le loro opinioni, quindi, riflettevano tre diversi punti di vista
che si potevano riassumere nel seguente modo:
1- Per Leo Al Muhasib cercava di scoprire il mistero della Trinità, senza riuscirci.
2- Per Racip invece lavorava a una matematica trinaria da applicare ai computer,
per sostituire quella binaria, troppo lenta.
3- Per Yasher invece cercava di riempire lo spazio a tre dimensioni con tre soli
punti perché non potendo contare fino a quattro per formare il tetraedro, che
è il solido platonico più compatto, si perdeva nel vuoto piatto riempito solo di
triangoli.
Durante quelle lunghe pause del pranzo, all’ombra dei ficus benjamina, dopo
aver bevuto il caffè, molte teorie, anche di fondamentale importanza scientifica,
erano state formulate. Teorie mai pubblicate per farle conoscere al vasto
pubblico, perché non sarebbero mai state né comprese e né accettate. Una era la
matematica trinaria di Yasher, che formava le basi per lo studio di Racip per un
nuovo sistema più rapido per far funzionare i computer e servì poi a Leo per
capire il funzionamento dell’Universo, della creazione e di Dio.
La matematica trinaria di Yasher ( che non fu mai sviluppata ) si basava sul
semplice concetto che mentre lo zero poteva soltanto essere zero, essendo
l’unico numero sempre uguale a sé stesso, l’uno poteva essere sia +1 che – 1 e
quindi aveva una natura bifida, che poteva essere sfruttata per creare realtà
positive e realtà negative. I tre numeri chiave erano : 0, +1 e -1. Si potevano,
secondo Racip, costruire dei sistemi computerizzati che analizzavano le notizie
dei giornali. Allo 0 corrispondeva la frase “ no comment “, al + 1 corrispondeva la
frase “ good news “ mentre al – 1 corrispondeva la frase “ bad news “. Una specie
di Face Book nel quale oltre al no comment e al pollice alzato, si aggiungeva il
pollice verso, per indicare dissenso. Per Yasher il + 1 era il campo dove regnavano
l’inerzia e la gravità, ( che causavano la concentrazione della materia e i buchi
neri ) e il – 1 era quello delle realtà negative dove regnavano l’espansione e la
rarefazione della materia ( che causavano l’energia oscura e la massa oscura ). In
un tipo di realtà si utilizzava lo 0 e il + 1, come mattoni fondamentali per
costruire la realtà. Nel secondo tipo, si utilizzavano lo 0 e il – 1, per costruire i
numeri complessi, i tachioni e l’antimateria.
Erano passati quasi vent’anni da quel tempo felice e chissà che fine aveva fatto Al
Muhasib. Era ancora vivo, perché non dovrebbe avere più di cinquant’anni ?
Continuava a contare per tre, per riempire lo spazio di triangoli ? O aveva
raggiunto un punto fermo coi suoi calcoli. Al Muhasib non aveva mai parlato e
non aveva mai svelato il mistero dei suoi calcoli. Rimanevano però le tracce della
sua presenza nei successivi lavori di Leo, che basandosi su Al Muhasib, aveva
deciso che bastavano solo tre numeri per descrivere Dio e la realtà : 0, 1 e
e
con quei numeri aveva costruito la sua Cabala. In ogni modo lui si ricordava
soltanto di tre cose alla volta. Bisogna dire però che Leo era stato costretto più
tardi ad aggiungere un quarto numero: - 1, per capire il funzionamento del
tachione, la cui massa negativa gli consentiva di viaggiare a velocità infinita e
quindi serviva a Dio per trasmettere i Suoi ordini al Suo regno infinito.
Oltre tutto il quarto numero spiegava la complessità del Tetragrammaton, il
Santo Nome di Dio: YHWH, che non era pronunciabile ma poteva essere
analizzato con la matematica. Ecco la conclusione Cabalistica di Leo sul
significato di quel Santo Nome. Si trattava di un tetraedro con agli apici questi
quattro numeri, coi quali si poteva costruire tutta la realtà: 0, +1,
e – 1. Le due
lettere H erano uguali tra loro, ma differivano soltanto nel segno + e – che le
distingueva.
Al Muhasib, aveva contribuito a tutte queste importanti scoperte.
Non si sa mai sotto quale pietra o sotto quale cumulo di letame si nasconda il
prossimo diamante ! Questa era una verità che forse non era mai stata scritta da
nessuna parte, ma che Leo continuava a citare quando ne aveva l’opportunità.