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Insidia stradale: esclusione della responsabilità civile ex art. 2051 c.c.
della P.A.
Tribunale Brindisi, sentenza 13.04.2005 n° 50
Non è configurabile un obbligo di custodia ex art. 2051 c.c. a carico dell’ente
proprietario di una strada comunale facente parte del c.d. demanio accidentale
comunale ex art. 822 comma 2, e 824 cod. civ. e, pertanto, aperta all’uso
generale della collettività - che si esercita mediante la fruizione uti civis delle
utilità che dal bene è possibile trarre secondo la sua propria destinazione e
attitudine; una strada pubblica, infatti, per la sua estensione e per l’apertura
all’uso generale della collettività, non consente all’ente il realistico esercizio di
quei poteri di controllo e vigilanza destinati a prevenire l’insorgenza di processi
generatori di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi.
In materia di responsabilità civile della P.A., per danni cagionati a coloro che
transitano su strade pubbliche, la valutazione della sussistenza della insidia e/o
trabocchetto integra una tipica valutazione in fatto, da effettuare in concreto
sulla scorta della disamina delle circostanze di tempo e di luogo, ed è riservata
al giudice di merito, il cui apprezzamento, se congruamente motivato, è
immune da censure di legittimità. Nella valutazione in parola assume rilievo
preminente la diretta osservazione del luogo di causa, effettuata mediante
ispezione giudiziale o disamina di idonee riproduzioni fotografiche offerte dalla
parte in assolvimento all’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c.
Va esclusa la responsabilità della P.A. per danni provocati da c.d. insidia o
trabocchetto stradale (nel caso di specie, una buca) ex articolo 2043 c.c., nel
caso in cui - ancorché il sinistro sia accaduto in ora notturna - da un lato
l’impatto si sia verificato contro una buca di rilevanti dimensioni, in quanto
tale, visibile al conducente che diligentemente abbia attivato i dispositivi di
illuminazione imposti dagli artt. 152 e 153 del C.d.S. e, dall’altro, la particolare
angustia della carreggiata, oggettivamente riscontrabile dalle riproduzioni
fotografiche, prodotte in giudizio, imponesse una velocità particolarmente
moderata, in forza del combinato disposto degli artt. 142 comma 4 e 141
comma 3 del C. d. S.
Sono questi i principi stabiliti dal Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di
Fasano, con la sentenza n. 50 del 13 aprile 2005.
Il Giudice ha inoltre precisato che nel caso in cui la buca sulla carreggiata sia di
rilevanti dimensioni, tale circostanza di fatto costituisce ex se un indice
oggettivo di visibilità: è difficile negare che una entità naturalistica risulti tanto
più visibile quanto più estesa.
(Altalex, 6 maggio 2005. Nota di Ottavio Carparelli)
N.27/2002 R.G. TRIB.; Sent. N.50/2005
TRIBUNALE DI BRINDISI
SEZIONE DISTACCATA DI FASANO
Sentenza 13 aprile 2005 n. 50
- G.U. Dott. Munno -
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Fasano, in persona del Giudice
Unico dott. Alberto Munno, ha pronunciato la seguente ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto il numero
d’ordine 27 dell’anno 2002
TRA
Giampaolo I., elettivamente domiciliata alla via T. Vasco n.4 in Monopoli presso
lo studio dell’avv. Fabrizio Pugliese, dal quale è rappresentata e difesa come da
mandato a margine dell’atto introduttivo;
ATTORE
CONTRO
Comune di Fasano in persona del legale rappresentante protempore,
elettivamente domiciliato al Corso Roma n.84 in Brindisi presso lo studio
dell’avv. Antonio Caiulo, dal quale è rappresentato e difeso come da mandato a
margine della comparsa e risposta
CONVENUTO
E NEI CONFRONTI DI
M. Giampiero, nella qualità di titolare di ditta individuale Edil Mar corrente in
Conversano alla via G. Puccini civico n.52, elettivamente domiciliata alla via
Fogazzaro n.132 in Fasano presso lo studio dell’avv. Giovanni Cofano, dal
quale è rappresentata e difesa come da mandato in calce alla copia passiva
dell’atto di citazione per chiamata di terzo;
TERZO CHIAMATO
Lloyd Adriatico spa in persona del legale rappresentante protempore, corrente
in Trieste al largo Ugo Irneri n.1, elettivamente domiciliato al Corso Vittorio
Emanuele n.106 in Fasano presso lo studio dell’avv. Ditoma, unitamente
all’avv. Pierfelice Annese del Foro di Monopoli, dal quale e rappresentato e
difeso come da manato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
TERZO CHIAMATO
OGGETTO: azione risarcitoria da illecito aquiliano;
All’udienza dell’13-01-2005 la causa era riservata per la decisione sulle
conclusioni prese dalle parti come da verbale e riportate in narrativa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 14-02-2002 Giampaolo I. evocava in giudizio
il Comune di Fasano chiedendone la condanna al pagamento in proprio favore
della somma di £. 6.465.832, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali
e spese e competenze i lite, a titolo di risarcimento dei danni materiali riportati
dalla vettura di sua proprietà Opel Tigra tg. XXXXXX allorché, nella notte tra il
17 ed il 18 agosto 2001, percorrendo in direzione mare-monti la strada
comunale Egnazia che collega il lungomare della c.da Capitolo di Monopoli alla
S.P. 163, finiva in una grossa buca ivi esistente e non segnalata, sbandando ed
andando a collidere con un muretto.
Si costituiva il Comune di Fasano con comparsa di risposta, contrastando la
domanda attorea e deducendo la insussistenza nella fattispecie degli estremi
della insidia e trabocchetto, indispensabili per la configurazione di una
responsabilità civile dell’ente proprietario della strada.
In via subordinata luceva la responsabilità della EdilMar di M. Giampiero, ditta
appaltatrice dei lavori di manutenzione della rete stradale urbana ed
extraurbana del comune di Fasano, giusto contratto del 03-08-1999 con il
relativo capitolato speciale del 05-11-1998, e, per l’effetto, chiedeva
autorizzazione alla chiamata di essa ditta appaltatrice dalla quale voleva essere
manlevava per il caso di condanna ai sensi degli artt.106 e 269 c.p.c., con i
favori delle spese di lite.
Differita la prima udienza di comparizione ai sensi degli artt.106 e 269 cpc, con
decreto emesso dal G.I. in data 18-4-2002, si costituiva all’udienza del il 1010-2002 M. Giampiero, titolare di omonima ditta individuale Edil Mar,
contestando il fondamento della chiamata e chiedeva al G.I., ottenendone la
autorizzazione alla chiamata in causa del Lloyd Adriatico Assicurazioni spa per
la udienza del 05-03-2003, dalla quale intendeva essere garantito,
autorizzazione che, a richiesta del M., veniva reiterata in tale udienza per la
successiva del 05-06-2003, a causa di errore materiale nella indicazione del
terzo chiamato, identificato erroneamente nella “Piemontese Assicurazione
spa”.
Alla udienza del 05-06-2003 costituiva il Llyod Adriatico Assicurazioni spa,
eccependo e deducendo: a) il difetto i legittimazione passiva per difetto di
operatività della polizza assicurativa n.81200895 stipulata con il chiamante M.
Giampiero, non comprensiva dei rischi derivanti dalla esecuzione del contratto
di appalto intercorso l’assicurato ed il Comune di Fasano; b) la nullità del
contratto di assicurazione ai sensi degli artt. 1892 e 1893 cod.civ., per inesatte
e reticenti dichiarazioni rese in sede di stipula dell’assicurato che affermava la
pendenza di pochi giudizi di modesto valore; c) la insussistenza ei presupposti
della invisibilità oggettiva ed imprevedibilità soggettiva, necessari per la
configurabilità di una insidia e/o trabocchetto, potenzialmente generatori a
carico dell’ente proprietario ella strada della responsabilità civile verso terzi; d)
la ascrivibilità del fatto alla colpevole disattenzione della conducente attrice,
per difetto della ordinaria diligenza di cui all’art.1227 comma 2 cod. civ.. Nelle
memorie autorizzate ai sensi dell’art.183 ultimo comma cod.civ. all’esito della
udienza i trattazione ella causa, la parte attrice precisava che la domanda
risarcitoria era fondata in via principale sulla ordinaria ipotesi di responsabilità
aquilana di cui all’art.2043 cod.civ. e, in via subordinata, sulla disposizione di
cui all’art.2051 cod.civ.
All’esito, con ordinanza emessa ex art.184 c.p.c. il 29-03-2004, il G.U.
ammetteva i mezzi i prova richiesti alle parti. Espletati i quali il giudizio era
rinviato per la precisazione delle conclusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I.- Preliminarmente deve essere dichiarata la irricevibilità della comparsa
conclusionale depositata da M. Giampiero solo il 15-03-2005, e, pertanto, oltre
il termine perentorio del 14-05-2005 assegnato dal G.U. con la ordinanza
emessa il 13.01.2005.
Nel merito occorre rilevare come nell’atto di citazione la parte attrice fondi la
propria domanda sulla asserita violazione del neminem laedere da parte della
P.A., essendo essa venuta meno al dovere di mantenere le strade pubbliche in
condizioni di regolare viabilità evitando al contempo la insorgenza di asperità
costituenti insidia e/o trabocchetto per l’utente, come si desume dal tenore
letterale dell’atto introduttivo: “…poiché la responsabilità del sinistro ricade
esclusivamente sul Comune di Fasano, il quale ometteva di osservare il
controllo sulla manutenzione e viabilità del tratto stradale in questione…”
Così facendo parte attrice evoca indiscutibilmente la ipotesi generale di cui
all’art.2043 cod.civ., atteso che elemento costitutivo del giudizio di
responsabilità fondato sulla predetta disposizione e, tra gli altri, la condotta
dolosa o colposa del danneggiante, correttamente identificata dalla parte
attrice nella omissione dell’obbligo di manutenzione elle strade.
Soltanto nella memoria di trattazione depositata ai sensi dell’art.183 ultimo
comma del c.p.c., e destinata alla emendatio libelli, la parte attrice fonda la
propria domanda sulla diversa ipotesi normativa i cui all’art.2051 cod.civ. che,
richiedendo per la imputazione del fatto dannoso la sola accertata sussistenza
del nesso di causalità tra questo e la condotta lesiva, e relegando il ruolo della
colpa a mera causa esimente della detta responsabilità, consentendo al
convenuto i provare la addebitabilità del fatto al caso fortuito anche con il c.d.
metodo indiretto, ovverosia ricorrendo anche con il c.d. metodo indiretto,
ovverosia ricorrendo alla equazione casus=non culpa, introduce una vera e
propria mutatio libelli,1 inammissibile per esser la fase di trattazione destinata
alla sola precisazione della domanda già proposta con l’atto introduttivo, e non
anche alla formulazione di una nuova , a meno che questa non sia
conseguenza immediata e diretta delle eccezioni sollevate dal convenuto.
In ogni caso la fattispecie dedotta in giudizio dall’attore non può esser
ricondotta nell’alveo di operatività segnato all’art.2051 cod.civ..
E’ infatti provato agli atti che il sinistro si è verificato su di una strada
comunale – via Egnazia in agro di Fasano – facente parte del c.d. demanio
accidentale comunale ex artt.822 comma 2 e 824 cod.civ. e, pertanto, aperta
all’uso generale delle collettività che si esercita mediante la fruizione uti civis
delle utilità che al bene è possibile trarre secondo la sua propria estinazione e
attitudine.
Nei confronti i siffatti beni non è configurabile una responsabilità ex art. 2051
cod.civ. a carico dell’Ente proprietario in quanto essi, per la loro estensione e
per la apertura all’uso generale della collettività, non consentono all’Ente il
realistico esercizio di quei poteri di controllo e vigilanza destinati a prevenire
l’insorgenza dal determinismo della cosa di processi generatori di eventi lesivi
di diritti ed interessi dei terzi2.
L’esclusione in parola trova il proprio fondamento nel principio ad impossibilia
nemo tenetur3 e nella ratio su cui è fondata la responsabilità per cose in
custodia ex art.2051 cod.civ.. richiedendo questa pur sempre la esigibilità dal
custode di una condotta di controllo e vigilanza astrattamente idonea ad
impedire la propagazione dalla cosa del determinismo produttivo dell’evento
dannoso di talchè ogniqualvolta risulti in concreto la impossibilità per il custode
di esercitare un siffatto potere, viene ad essere processualmente prova la
sussistenza del caso fortuito, inteso come evento dotato di autonoma efficacia
etiologica sulla produzione dell’evento dannoso, e che il custode era
impossibilitato ad evitare.
La speciale ipotesi di responsabilità di cui all’art.2051 cod. civ. è infatti
ricondotta dalla dottrina e dalla giurisprudenza nell’alveo delle ipotesi i
responsabilità oggettiva, connotate da rapporto di specialità con il paradigma
generale della responsabilità civile costituito dall’art.2043 cod.civ. che, tra i
propri elementi costitutivi, esige invece la accertata sussistenza dell’elemento
psicologico del dolo o della colpa.
Siffatto rapporto di specialità si estrinseca innanzitutto nella diversità dei
presupposti, essendo la ricorrenza ella fattispecie di cui all’art.2051 cod.civ.
fondata sul rapporto di custodia con la res, e sulla produzione di un evento
annoso per i terzi che sia il risultato etiologico di una serie causale che abbia
come fattore produttivo proprio la cosa custodita.
Laddove, invece, la generale ipotesi di responsabilità aquiliana è fondata
sull’azione antigiuridica colposa e dolosa produttiva di un danum iniuria datur.
I tratti differenziali più marcati si apprezzano tuttavia essenzialmente in tema
di onere della prova, nella fattispecie speciale dovendo l’attore-danneggiato
provare solo il nesso i causalità tra la cosa e l’evento lesivo, e non già, come
nella ipotesi generale, la esistenza di una azione antigiuridica colposa o dolosa
del custode, mentre quest’ultimo, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un
fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso
causale e, cioè, un fattore esterno – che può essere anche il fatto di un terzo o
dello stesso danneggiato – che presenti i caratteri del fortuito e, quindi,
dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità4.
Nondimeno siffatta prova liberatoria, che non può evidentemente ridursi ad un
vera e propria probativo diabolica, potrà essere efficacemente fornita non solo
in modo diretto, attraverso la prova positiva del fortuito accidentale
verificatosi, ma anche in modo indiretto secondo la nota equazione casus=non
culpa, ovverosia dimostrando la oggettiva impossibilità di esercitare un
effettivo esercizio del potere di controllo sulla cosa custodita, tale da poter
efficacemente escludere la operatività dalla causa esterna produttiva
dell’evento dannoso.
E proprio grazie a questa seconda e corretta lettura della ipotesi speciale di
responsabilità si comprende agevolmente la ratio della esclusione in parola: la
vasta estensione dei beni in parola rende impossibile5 e, quindi inesigibile la
osservanza di quei poteri doveri di controllo e vigilanza sul determinismo della
res che il custode può e deve porre in essere al fine di scongiurare la
propagazione di serie causali produttive i eventi lesivi di diritti ed interessi dai
terzi; attività di controllo e vigilanza che, invece, sono realisticamente
esercitabili e, pertanto, esigibili, in relazione a beni demaniali e/o patrimoniali
che coniughino la più ridotta estensione con l’interdizione all’uso indiscriminato
della collettività6.
Tanto, tuttavia, non esclude la responsabilità della P.A. e, in genere, dell’ente
proprietario dei beni di si vasta estensione, dovendo questa esser fondata sul
precetto generale del neminem laedere imposto dall’art.2043 cod. civ., in forza
del quale saranno sempre sindacabili dal giudice ordinario i comportamenti
della P.A. e dell’Ente proprietario dei beni di vasta estensione che non siano
ossequiosi delle apposite discipline e delle regole di comune prudenza e
cautela, rivolte a preservare la integrità dei diritti ed interessi dei terzi7; e che
la mancata osservanza da parte della P.A. delle regole e discipline in parola,
potrà configurare a suo carico una responsabilità civile ogni qualvolta la
omissione dell’assolvimento dell’obbligo di manutenzione determini sui beni in
parola la insorgenza di una situazione di insidia o trabocchetto8.
E’ così necessario esaminare se gli elementi costitutivi della responsabilità
aquiliana fondata sull’art.2043 cod.civ. siano rinvenibili nella odierna vicenda;
e, naturalmente, l’onere ella prova incomberà integralmente a carico ella parte
attrice, dovendo in difetto soccombere ai sensi dell’art.2697 cod.civ..
II. – La valutazione della sussistenza della insidia e/o trabocchetto integra una
tipica valutazione in fatto da effettuare in concreto sulla scorta della disamina
delle circostanze di tempo e di luogo, e è riservata al giudice di merito il cui
apprezzamento, se congruamente motivato, è immune da censure di
legittimità.
Nella valutazione in parola assume rilievo preminente la diretta osservazione
del luogo di causa, effettuata mediante ispezione giudiziale o disamina di
idonee riproduzioni fotografiche offerte dalla parte in assolvimento all’onere
probatorio di cui all’art.2697 cod.civ..
Dalle fotografie prodotte nel fascicolo attoreo si evince che la buca è ubicata in
prossimità del margine destro della carreggiata lungo una curva
sinistroconvessa (o destrosa che dir si voglia), subito dopo seguita da una
seconda curva estroversa (o sinistrorsa).
E’ di rilevanti dimensioni – “notevoli” nella deposizione del teste Pepe
Tommaso -, il che costituisce ex se un indice oggettivo di visibilità: è difficile
negare che una entità naturalistica risulti tanto più visibile quanto più estesa.
E se pur il fatto è accaduto in ora notturna e, quindi, in assenza di visibilità
naturale ed artificiale, non può revocarsi in dubbio come la predetta buca fosse
senz’altro visibile al conducente che diligentemente avesse attivato i dispositvi
di illuminazione imposti agli artt.152 e 153 del C.d.S.
Il tutto anche considerando come, sia la ora notturna, che il tratto di strada
curvilineo, che l’assenza di illuminazione artificiale, e la particolare angustia
della carreggiata (“…la strada dove è avvenuto il sinistro è piuttosto stretta e è
a doppio senso di marcia…”) oggettivamente riscontrabile dalle riproduzioni
fotografiche, imponessero una velocità particolarmente moderata, in forza del
combinato disposto degli articoli 142 comma 5 e 141 3 del C.d.S.
La velocità prudenziale così determinata, unitamente al rispetto dell’obbligo di
mantenere la distanza di sicurezza dal veicolo che precedeva l’auto condotta
dalla attrice – imposto dall’art.149 C.d.S. -, avrebbero certamente consentito
alla sig.ra Giampaolo I. di poter affrontare al meglio la asperità che era
certamente visibile perché illuminata dal fascio di luce dei proiettori
anabbaglianti
Ma ulteriori elementi emersi dalla istruttoria depongono in senso sfavorevole
all’accoglimento della domanda.
La vettura condotta dalla attrice era, infatti, preceduta da altro veicolo che ha
felicemente superato l’asperità senza mostrare “…alcun tipo di sbandamento o
di inusuale manovra…” (teste Trisolino Loredana), nonostante le dimensioni
“notevoli” (teste Pepe Tommaso) della buca, ubicata in una strada “piuttosto
stretta” (teste Pepe Tommaso) costringevano necessariamente il veicolo alla
seguente alternativa: o impattare nella buca, o evitare la buca con una
manovra ‘emergenza che certamente non sarebbe passata inosservata alla
attenzione ella signora Trisolino Loredana.
Proprio l’assetto di marcia costante conservato dal veicolo precedente la
vettura condotta dalla attrice, costituisce prova logica della inoffensività della
asperità presente sul fondo stradale.
Posto che il conducente precedente non ha compiuto alcuna manovra
d‘emergenza per evitare la buca, è così evidente come, date le sue dimensioni
rapporte alla angustia della carreggiata, essa ha potuto tranquillamente essere
attraversata dal veicolo seguito dalla attrice senza imprimergli alcuna
alterazione nella condotta di marcia.
Il che è confermato dal teste Pepe Tommaso che dichiarava: “preciso che ho
visto soltanto lo sbandamento dell’auto; posso tuttavia affermare che nella
buca citata ci sono finito io stesso, riuscendo comunque a controllare l’auto.”
Il testimone, pertanto, non solo non ha visto il momento di materiale collisione
dell’autovettura della Giampaolo con il muretto – evento al quale solo possono
evidentemente imputarsi i danni materiali assertivamente riportati dal veicolo
della attrice -, ma ha pure attraversato la buca senza subire conseguenze di
sorta, così come aveva fatto anche il conducente dei veicolo che precedeva
quello della attrice.
Il quadro probatorio ostativo all’accoglimento della domanda si completa con
ulteriori rilievi.
Delle fotografie prodotte si evince che la buca era ubicata lungo il margine
interno della curva sinistroconvessa – o destrorsa -, e, pertanto, il veicolo che
la affrontava doveva necessariamente procedere con l’asse longitudinale
diretto verso il centro della carreggiata, tangente alla semicirconferenza
delineata dal margine interno della curva.
Ditalchè un eventuale sbandamento laterale del veicolo in proiezione quasi
ortogonale al latitante muretto in pietra.
Senonchè dalle fotografie della Opel Tigra si evince che le lesioni sono presenti
lungo tutto il paraurti anteriore, e persino sullo spigolo sinistro, che si trovava
in posizione diametralmente opposta all’ipotetico punto di impatto tra la Opel
Tigra ed il muretto latitante.
Secondo la narrazione della attrice, infatti, l’urto non avrebbe potuto che
verificarsi tra lo spigolo anteriore destro dell’auto e il muretto, mentre la
diffusione delle lesioni su tutto il paraurti anteriore, incluso lo spigolo anteriore
sinistro, è indice di un impatto di tipo frontale, con l’asse longitudinale della
Opel Tigra perfettamente perpendicolare ed ortogonale al corpo sui cui il
veicolo va ad impattare.
Ditalchè appare oggettivamente inverosimile che le lesioni raffigurate dalle
fotografie prodotte siano state causate da un incidente così come descritto
dalla parte attrice.
E’ così evidente che l’incidente in parola o non si è verificato affatto o è
ascrivibile al fatto e colpa esclusiva della attrice9 per effetto del principio di
autoresponsabilità che costituisce la frontiera estrema della responsabilità
civile, normativamente segnata dal primo comma dell’art.1227 cod.civ., in
forza del quale ognuno deve risentire sulla propria sfera giuridica delle
conseguenze della mancata adozione delle cautele e delle regole di comune
prudenza che identificano il contenuto di diligenza esigibile dal soggetto
giuridico nei comportamenti adottati nella vita sociale.
In presenza di negligenza e disattenzione dell’utente della pubblica via, ogni
asperità, anche la più insignificante, può trasformarsi in una insidia e/o
trabocchetto idonei a fondare la responsabilità civile della P.A..
Ne consegue che la buca deve considerarsi visibile quanto meno ai fini di
escludere la circostanza della “invisibilità” oggettiva che, unitamente alla
imprevedibilità soggettiva, deve sempre caratterizzare la asperità del fondo
stradale affinché questa possa configurare la ipotesi di insidia10 generatrice di
responsabilità a carico dell’Ente proprietario della strada stessa, oberato ex
lege dell’obbligo di custodia nei limiti in cui esso è esigibile in relazione alla
estensione dei beni da vigilare11; e che, pertanto, essa buca non costituisca
insidia stradale12 poiché per le circostanze in cui si è verificato l’accaduto, era
dall’attore concretamente visibile ed evitabile mediante l’esercizio doveroso dei
poteri di controllo e vigilanza che devono contrassegnare la diligente condotta
di chi utilizza uti civis i beni demaniali aperti alla fruizione della generalità dei
consociati13.
III.- La domanda attrice deve così essere rigettata per infondatezza, con
condanna della sig.ra Giampaolo alla rifusione delle spese e competenze legali
in favore del Comune di Fasano.
IV.- La domanda di garanzia impropria proposta dal Comune di Fasano contro
M. Giampiero titolare di omonima impresa individuale Edil Mar, in forza del
contratto di appalto stipulato inter partes, è subordinata all’accoglimento della
domanda attrice; ed ugualmente è a dirsi in ordine alla domanda dispiegata
dalla Edil Mar contro la Lloyd Adriatico Assicurazioni spa.
Quest’ultima deve essere rigettata per infondatezza, in accoglimento delle
argomentazioni difensive dispiegate da essa compagnia assicuratrice, con
condanna del chiamante alla rifusione di spese e competenze di lite in favore
della chiamata.
Il contratto di assicurazione stipulato da M. Giampiero ha infatti ad oggetto la
responsabilità aquiliana incombente sull’imprenditore per fatti relativi alla
esecuzione dei contratti di lavoro autonomo stipulati.
Nella vicenda sottoposta a giudizio, invece, il Comune di Fasano deduce la
responsabilità contrattuale del M., al quale si addebita di non aver adempiuto
alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto stipulato con esso Comune di
Fasano.
Ne consegue che la polizza assicurativa copre i rischi derivanti dal “facere”
dell’imprenditore, e non già da quelli inerenti il “non facere”, rilevanti solo nel
rapporto contrattuale interno esistente tra l’appaltante Comune e l’appaltatore,
mentre nei confronti dei terzi risponderà sempre e solo il Comune proprietario
della res dannosa.
La reiezione della domanda principale determina la sopravvenuta carenza di
interesse nelle domanda dispiegata dal convenuto Comune di Fasano, contro
M. Giampiero, e la parte attrice deve sentirsi condannare alla rifusione di spese
e competenze anche in favore di queste ultima14.
V.- Le altre domande ed eccezioni delle parti, in quanto infondate, devono
essere rigettate.
VI.- Nella redazione della presente sentenza si è tenuto conto dell’obbligo
imposto dall’art.112 c.p.c. al giudice di pronunciare su tutti i capi autonomi di
domanda, e su tutte le eccezioni ritualmente sollevate dalle parti su questioni
non rilevabili di ufficio; purchè, naturalmente, i primi e le seconde siano
entrambi proposti entro i termini imposti dalla maturazione delle c.d.
preclusioni assertive, coincidenti con lo spirare della fase di trattazione della
causa di cui all’art.183 c.p.c., essendo la tardiva proposizione rilevabile anche
d’ufficio e pur in assenza di opposizione della controparte15, mentre il mancato
rilievo non integra il vizio di omessa pronuncia poiché nessun potere-dovere
incombe sul giudice per effetto della formulazione di domande inammissibili16.
In forza del principio dispositivo iudes iuxta provata et alligata iudicare debet,
mentre la parte è signore del fatto, che ha l’onere di allegare nei termini
perentori imposti dalla maturazione delle c.d. preclusioni assertive17, e
successivamente provare, il giudice è signore del diritto, con la conseguenza di
vedere la operatività del principio c.d. del chiesto e pronunciato limitata dal
concorrente principio iura novit curia, che consente al giudice, nell’ambito dei
fatti materiali allegati e provati delle parti, di attribuire qualificazioni giuridiche
differenti da quelle impiegate dalle parti, qualificando autonomamente l’azione
proposta anche in difformità del nomen iuris adottato dalla parte18, ed
utilizzando principi giuridici anche non invocati negli scritti difensivi, ferma
restando la cristallizzazione del thema decidendum all’esito del compimento
della fase di trattazione della causa.
Principio quello del iura novit curia, che spiega i suoi effetti anche nel grado di
appello19, pur se in tema di qualificazione della domanda operata dal primo
giudice incombe sulla parte l’onere di proporre sul punto uno specifico motivo
di gravame20.
E la corretta distinzione tra fatti addotto a sostegno della pretesa e
qualificazione giuridica dei medesimi, conduce a escludere che il giudice alteri
la natura dell’azione proposta – restando di conseguenza escluso il vizio di
ultra petizione – quando si limiti ad effettuare una diversa valutazione giuridica
della causa pretendi, senza mutare officiosamente i fatti materiali allegati dalla
parte, che soli contribuiscono ad individuarla come elemento costitutivo della
azione21, unitamente alle parti ed al petitum, con consequenziale sensibile
riduzione dell’ambito di operatività dell’ultrapetizione22.
Nella stesura della motivazione si è altresì tenuto conto dello insegnamento
giurisprudenziale secondo cui questa deve consistere nella esposizione delle
argomentazioni in fatto ed in diritto poste a fondamento della adottata
decisione, fedelmente riproduttive dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice,
senza necessità di soffermarsi nella disamina di tutte le argomentazioni
sviluppate dalle parti23, che debbono così intendersi come ritenute non
pertinenti e non risolutive ai fini della definizione del giudizio qualora non
espressamente richiamate nei motivi della decisione.
Ugualmente è a dirsi in relazione all’obbligo di motivare sulla valutazione del
materiale probatorio raccolto, che non deve certamente avvenire passando
analiticamente in rassegna tutte le risultanze istruttorie ma, in un ordinamento
giuridico che non conosce una gerarchia tra i mezzi di prova24 e che limita a
poche ipotesi i casi di c.d. prova vincolante, deve consistere nella semplice
indicazione degli elementi che hanno condotto il giudicante al convincimento
esternato nella decisione25, dovendosi ritenere implicitamente disattesi quelli
non espressamente richiamati e che con i primi siano incompatibili.
Dalla inconfigurabilità di un obbligo di confutare analiticamente ogni
argomentazione in fatto e diritto sviluppata dalle parti di causa, discende la
insussistenza di ogni ipotesi di omessa pronuncia quando il giudice adotti nel
dispositivo una statuizione di accoglimento o rigetto su di un autonomo capo di
domanda, formulandola anche solo implicitamente mercè l’assorbimento in
altre statuizioni decisorie incompatibili26, e pur in assenza di una apposita
argomentazione nella parte motiva27.
VII. – In merito al regolamento delle spese di lite, nella liquidazione degli
onorari si è tenuto conto non solo della natura e del valore della controversia,
ma anche e soprattutto dell’importanza e del numero delle questioni trattate, e
dell’attività effettivamente svolta dall’avvocato.
P. Q. M.
Il Tribunale di Brindisi-Sezione distaccata di Fasano, in persona del Giudice
Civile Monocratico, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da
Giampaolo I. nei confronti del Comune di Fasano; sulla domanda proposta dal
Comune di Fasano contro M. Giampiero, e sulla domanda da questi proposta
contro Lloyd Adriatico Assicurazioni Assicurazioni spa, così provvede:
VIII.- rigetta la domanda di Giampaolo I., e la condanna al pagamento di spese
e competenze di lite in favore del Comune di Fasano, che liquida in euro
160,00 per borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a
rimborso forfetario del 12,5% su diritti ed onorari, oltre a cna ed iva come per
legge, oltre a spese di registrazione della sentenza;
IX. - dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la domanda
proposta dal Comune di Fasano contro M. Giampiero;
X. - condanna Giampiero I. alla rifusione di spese e competenze legali in favore
di M. Giampiero, che liquida in euro 160,00 per borsuali, euro 1400,00 per
diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a rimborso forfetario del 12,5% su diritti
ed onorari, oltre a cna ed iva come per legge;
XI.- Rigetta la domanda proposta da M. Giampiero contro il Llyod Adriatico
Assicurazioni spa;
XII. – condanna M. Giampiero alla rifusione di spese e competenze legali in
favore di Llyod Adriatico Assicurazione spa, che liquida in euro 160,00 per
borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a rimborso
forfetario del 12,5% su diritti ed onorari, oltre a cna ed iva come per legge;
Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Brindisi Sez.Dist.
di Fasano in data 7 aprile 2005
Il Giudice
dott. Alberto Munno
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2005
Note:
1 “L’azione di responsabilità per custodia ex art 2051 cod.civ. presuppone sul
piano etiologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di
indagine rispetto all’azione di responsabilità per danni a norma dell’art.2043
cod.civ., trattandosi di accertare, in quest’ultimo caso, se sia stato attuato un
comportamento commissivo o omissivo dal quale è derivato un pregiudizio a
terzi, e dovendosi prescindere invece, nel caso di responsabilità per danni da
cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento
estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art.2051 cod.civ.,
nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava
sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito.
Ne consegue che proposta in primo grado domanda di risarcimento danni ex
art.2043 cod.civ., subordinata in primo grado, è soggetta in appello al divieto
dello ius novorum, trattandosi di domanda che comporta il mutamento dei fatti
costitutivi del diritto azionato e che, modificando l’oggetto sostanziale
dell’azione e i termini della controversia, pone in essere una pretesa diversa da
quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si sia svolto in quella sede
il contraddittorio “ (Cass. Civ.Sez.III n.12329 del 06-07-2004; conformi
Cass.Civ.Sezioni Unite n.10893 del 07-08-2001, Cass.Civ.Sez.III
n.7938 del 12-06-2001)
2 “La presunzione di responsabilità per danni cagionati dalle cose in custodia,
di cui all’art.2051 cod.civ. non si applica agli enti pubblici ogni qualvolta il
bene, sia esso demaniale o patrimoniale, per le sue caratteristiche –
estensione e modalità d’uso – è oggetto o di una utilizzazione generale e
diretta da parte di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia e
vigilanza sulla cosa. “ (Cass.Civ.Sez.III sent. n.265 del 15-01-1996
Ferrovie dello Stato c. Enel, Cass.Civ.Sez.III sent.n.5990 del 16-061998).
“La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051 cod.civ. non opera nei
confronti della P.A. per danni cagionati a terzi da beni demaniali sui quali è
esercitato un uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini, quando
l’estensione del bene demaniale renda impossibile l’esercizio di un continuo ed
efficace controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i
terzi “ (Cass.Civ. Sez.III sent.10759 del 28-10-1998 Anas c. Agostino).
3 “In materia di responsabilità civile per i danni conseguenti ad omessa o
insufficiente manutenzione di strade pubbliche – nel caso, strada comunale –
l’art.2051 cod.civ. trova applicazione nei confronti della P.A. – nel caso,
Comune – non solo nelle ipotesi in cui essa svolga una determinata attività
sulla strada, ma ogni qualvolta non sia ravvisabile l’oggettiva impossibilità di
un esercizio del potere di controllo dell’ente sulla strada in custodia, in
dipendenza del suo uso generale da parte dei terzi e della notevole estensione
del bene” (Cass.Civ.Sez.III n.11446 del 23-07-2003).
4 Cass.Civ.Sez.III n.2062 del 04-02-2004.
5 “La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051 cod.civ. non opera nei
confronti della P.A. per danni cagionati a terzi da beni demaniali sui quali è
esercitato un uso ordinario generale e diretto da parte dei cittadini, quando
l’estensione del bene demaniale renda impossibile l’esercizio di un continuo ed
efficace controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i
terzi. Tali principi sono applicabili pure nell’ambito del demanio stradale nel
quale debbono intendersi comprese, oltre alla sede stradale, le zone limitrofe
che siano anch’esse di proprietà della stessa P.A.” (Cass.Civ.Sez.III n.11366
del 31-07-2002).
6 “E’ configurabile a carico della P.A. una responsabilità ex art.2051 cod.civ. in
relazione a beni, demaniali o patrimoniali, non soggetti ad uso generale della
collettività, i quali consentano, per effetto della loro limitata estensione
territoriale, un’adeguata attività di vigilanza e controllo da parte dell’ente ad
essi preposto. “ (Cass.Civ.Sez.III n.6515 del 02-04-2004).
7 “La discrezionalità e la conseguente insindacabilità da parte del giudice
ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione realizza e
mantiene un’opera pubblica, trovano un limite nell’obbligo dell’amministrazione
medesima di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del
loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinati
quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la
conseguenza che l’inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la
responsabilità
dell’amministrazione
per
i
danni
arrecati
ai
terzi”
(Cass.Civ.Sez.III sent n.3631 del 28-04-1997 Ana c.Romano).
8 “L’ente proprietario della strada aperta al pubblico transito è tenuto a
mantenere la stessa in condizioni che non costituiscono per l’utente – che fa
ragionevole affidamento sulla sua apparente regolarità – una situazione di
pericolo
occulto
(cosiddetta
insidia
o
trabocchetto)
caratterizzata
oggettivamente dalla non visibilità e osggettivamente dalla non prevedibilità
del pericolo “ (Cass.Civ.Sent.III sent. n.3630 del 28-04-1997 Anas c.
Gidia)
“La configurabilità della P.A. per danni conseguenti a difetti di manutenzione
delle strade è configurabile quando risulti violato il limite posto alla
discrezionalità amministrativa dalla norma primaria e fondamentale del
neminem laedere e, particolarmente, quando le strade a causa delle condizioni
nelle quali sono tenute presentino per l’utente, che fa ragionevole affidamento
sulla loro apparente regolarità, una situazione di pericolo occulto, in relazione
al carattere obiettivo della non visibilità ed a quello subiettivo della non
prevedibilità” (Cass.Civ. Sez.III sent. n.340 del 17-01-1996).
Cass.Civ.Sez.III sent. N.12314 del 04-12-1998.
9 “In tema di azione per il risarcimento del danno, stabilire se i danni lamentati
siano stati tutti e solo conseguenza della condotta altrui o non potessero
essere evitati dal danneggiato, in tutto o in parte, costituisce per il giudice
esercizio del suo potere di decidere sulla domanda secondo diritto e non
richiede un’eccezione del convenuto”. (Cass.Civ.Sez.III n.2154 del 14-022001).
10 “In tema di responsabilità da cose in custodia il concetto di insidia o
trabocchetto è caratterizzato da una situazione di pericolo occulto connotato
dalla non visibilità – elemento oggettivo – e dalla non prevedibilità – elemento
soggettivo – e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione e della sua
efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso è demandata al
giudice di merito ed è insidacabile in sede di legittimità ove la relativa
valutazione
sia
sorretta
da
congrua
ed
adeguata
motivazione.”
(Cass.Civ.Sez.III sent.n.366 del 14-01-2000 Comune di Altamura c.
Ras spa)
11 “Ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’Ente pubblico proprietario
di una strada per i danni subiti dall’utente a causa delle condizioni di
manutenzione della stessa – accertamento da compiersi non in astratto ma in
concreto, tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si è
verificato il sinistro – assume rilevanza anche la condotta del danneggiato,
attesa la possibilità che questi, per colpa, si sia posto in una non corretta
relazione con la situazione di pericolo – nella specie una buca .- creando egli
stesso le condizioni per non avvedersene e non poterla in seguito evitare.”
(Cass.Civ.Sez.III sent.n.4632 del 24-05-1997 Comune di Comiso c.
Schembari)
12 “Nell’esercizio del suo potere discrezionale inerente alla esecuzione e
manutenzione di opere pubbliche la P.A. incontra limiti derivanti sia da norme
di legge regolamentari e tecniche, sia da regole di comune prudenza e
diligenza, prime tra tutte quella del neminem ledere, in ossequio alla quale
essa è tenuta a far si che l’opus publicum – in particolare una strada aperta al
pubblico transito – non integri per l’utente gli estremi di una situazione di
pericolo occulto – cosiddetta insidia o trabocchetto -; questa situazione ricorre,
in particolare, quando lo stato dei luoghi è caratterizzato dal doppio e
concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non
prevedibilità subiettiva del pericolo stesso.” (Cass.Civ.Sez.III sent. N.5989
del 16-06-1998 Zitelli c. Comune di Maddaloni, Cass.Civ.Sez.III
sent.11162 del 12-11-1997, Cass.Civ.Sez.III sent.11455 del 12-111998, Cass.Civ.Sez.III sent. n.6463 del 16-05-2000).
13 “Costituisce insidia stradale ogni situazione di pericolo che l’utente medio,
usando la normale diligenza richiesta dalla particolare situazione in cui si trova,
non può obbiettivamente prevedere: onde al fine di escludere la responsabilità
risarcitoria dell’ente che abbia di fatto la gestione della strada è necessaria la
dimostrazione da parte dell’ente stesso che nonostante la obiettiva esistenza
della insidia l’utente fosse soggettivamente in grado di prevederla o di evitarla.
Il relativo apprezzamento da parte del giudice è incensurabile in sede di
legittimità ove correttamente ed adeguatamente motivato.” (Cass.Civ.
Sez.III sent.n.191 del 12-01-1996 Comune Cava dei Tirreni
c.Esposito).
14 “Il rimborso delle spese processuali sostenute da chi sia stato chiamato in
garanzia dal convenuto legittimamente viene posto a carico dell’attore ove
questi risulti soccombente nei confronti del convenuto in ordine a quella che ha
provocato e giustificato la chiamata in garanzia” (Cass.Civ.Sez.II n.2330 del
01-03-1995 Semeraro c.Cirillo).
15 “Il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario riformato deve
ritenersi inteso non solo a tutela dell’interesse di parte ma anche dell’interesse
pubblico al corretto e celere andamento del processo, con la conseguenza che
la tardività di domande eccezioni ed allegazioni e richieste deve essere rilevata
d’ufficio dal giudice indipendentemente dall’atteggiamento processuale della
controparte al riguardo,” (Cass.Cic.Sez.I n.4376 del 07-04-2000 De Marco
c. Fapa di Pellegrini).
16 “Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di appello non è
configurabile in relazione ad una domanda nuova, giacchè la proposizione di
una domanda inammissibile non determina l’insorgere di alcun potere-dovere
del giudice adito di pronunciarsi su di essa” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.11933
del 07-08-2003)
17 “Nel sistema delle preclusioni introdotto dalla legge 26-11-1990 n.353
anche per le allegazioni di parte il thema decidendum non è più modificabile
dopo la chiusura della prima udienza di trattazione – art.183 comma 1 c.p.c., o
la scadenza del termine concesso dal giudice ai sensi dell’art.183 quinto
comma c.p.c. potendo soltanto, dopo dette scadenze, formulare istanze
istruttorie per provare i fatti allegati.“ (Cass.Civ.Sez.II n.9323 del 17-052004).
18 “Nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il
giudice di merito non è condizionato dalla formula dalla parte, dovendo egli
tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla
situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso
del medesimo, nonché del provvedimento in concreto richiesto, senza altri
limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia
alla richiesta e di non sostituire d’ufficio una diversa azione a quella
formalmente proposta.” (Cass.Civ.Sezioni Unite n.27 del 21-02-2000,
Cass.Civ.Sez.II n.2908 del 27-02-2001, Cass.Civ.Sez.Lavoron.424 del
19-01-1998,
Cass.Civ.Sez.II
n.7941
del
29-09-1994,
Cass.Civ.Sez.Lavoro n.900 del 02-02-1996, Cass.Civ.Sez.I n.383 del
15-01-1999, Cass.Civ.Sez.I n.10493 del 24-09-1999, Cass.Civ.Sez.I
n.2574 del 20-03-1999, Cass.Civ.Sez.II n.8879 del 03-07-2000).
19 “Non ricorre nella violazione del principio della corrispondenza tra il richiesto
ed il pronunciato il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e
della causa petendi, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni
diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti,
mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma
non considerati o non espressamente menzioanti dal primo giudice”.
(Cass.Civ.Sez.Lavoro n.3100 del 10-04-1997 Inps clemente).
20 “Il potere di qualificazione della domanda nei gradi successivi al primo va,
inoltre, coordinato con i principi propri del sistema delle impugnazioni, sicchè,
con riferimento all’appello, deve ritenersi precluso al giudice del secondo grado
di mutare d’ufficio, in mancanza di gravame sul punto, la qualificazione operata
dal primo giudice. “ (Cass.Civ.Sez.III n.6712 del 15-05-2001).
21 “Per causa pretendi debbono intendersi non solo e non tanto le ragioni
giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata, quanto e soprattutto
l’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria
richiesta, essendo compito del giudice individuare correttamente gli effetti
giuridici derivanti dai fatti dedotti in causa. “ (Cass.Civ.Sez.I n.14142 del
27-10-2000, Cass.Civ.Sez.I n.11157 del 13-12-1996).
22 “Il vizio di ultra o extrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i
limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni
estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene
della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che il
giudice è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a
base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle
prospettate dalle parti, ma di rilevare altresì indipendentemente dall’iniziativa
della parte convenuta la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia
costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo
inerente la esatta applicazione della legge.” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.8636
del
24-06-2000,
Cass.Civ.Sez.I
n.4923
del
16-05-1998,
Cass.Civ.Sez.III n.18236 del 28-11-2003).
“ Il principio della corrispondenza tra il richiesto e pronunciato fissato
dall’art.112 c.p.c. implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla
parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non
trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta che il giudice renda la
pronuncia richiesta in base ad una ricostituzione dei fatti di causa, alla stregua
delle risultanze istruttorie, autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti,
nonché in base ad una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante.”
(Cass.Civ.Sez.Lavoro n.6006 del 22-06-1994, Cass.Civ.Sez.Lavoro
n,914 del 02-02-1996, Cass.Civ.Sez.III n.8258 del 30-08-1997,
Cass.Civ.Sez.II n.2730 del 23-03-1999),
23 “Al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non
è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare
tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che
egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi
sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi
per implicito tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.”
(Cass.Civ.Sez.Lavoro n.5748 del 25-05-1995, Cass.Civ.Sez.II n.5169
del 10-06-1997).
24 “Poiché nel nostro ordinamento non esiste una gerarchia tra i vari mezzi di
prova, anche il comportamento processuale della parte può costituire unica e
sufficiente fonte di convincimento del giudice il quale, in siffatta valutazione,
può trarre elementi anche dalla circostanza che siano state prospettate
nell’ambito dello stesso processo, tesi difensive contrastanti tra loro.”
(Cass.Civ.Sez.III n.4 del 06-01-1982).
25 “E’ devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento e, pertanto, anche la valutazione delle prove, il controllo della
loro attendibilità e concludenza, la scelta delle risultanze istruttorie ritenute
idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privililegiando in via
logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri – in ragione del loro
diverso spessore probatorio -, con l’unico limite dell’adeguata e congrua
motivazione del criterio adottato. Ne consegue che ai fini di una corretta
decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze
processuali, né a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle
parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro
complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e
l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni,
implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione
adottata” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.6023 del 10-05-2000, Cass.Civ.Sez.III
n.5964 del 23-04-2001).
26 “L’omessa pronuncia quale vizio della sentenza, può essere utilmente
prospettata solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del
giudice in ordine alla domanda che riceve una pronuncia di accoglimento o di
rigetto, onde è da escludere tale vizio ove ricorrano gli estremi di una reiezione
implicita della domanda o di un suo assorbimento in altre statuizioni.”
(Cass.Civ.Sez.II m.702 del 22-01-2000, Cass.Civ.Sez.II n.3435 dell’0803-2001, Cass.Civ.Sez.II n.10001 del 24-06-2003).
“Il vizio di omessa pronuncia correlato alla violazione dell’art.112 c.p.c. è
configurabile soltanto in ipotesi di mancanza di una decisione in ordine ad una
domanda o ad un assunto che richieda una statuizione di accoglimento o di
rigetto, ed è pertanto da escludere quando ricorrano gli estremi di una
reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro
assorbimento in altre declaratorie.” (Cass.Civ.Sez.II n.4498 del 15-051996, Cass.Civ.Sez.II n.12984 del 23-11-1999, Cass.Civ.Sez.II n.4317
del 06-04-2000).
27 “L’omessa pronuncia che rende annullabile la sentenza non ricorre quando la
decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti
il rigetto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica
argomentazione.” (Cass.Civ.Sez.II n.2320 del 01-03-1995, Cass.Civ.Sez.I
n.1081 del 29-09-1999):