Dalla Politica Agricola europea alla Politica Agricola nazionale Le

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Dalla Politica Agricola europea alla Politica Agricola nazionale Le
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Dalla Politica Agricola europea
alla Politica Agricola nazionale
Le proposte di Agrinsieme nel dialogo Stato-Regioni
per guidare la ripresa e per un nuovo modello di partenariato.
Roma, 18 luglio 2013
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Un’occasione da non sprecare
L’applicazione della riforma della politica agricola comune ‘verso il 2020’ deve
rappresentare un momento di rilancio dell’agroalimentare nazionale. Un’ occasione da
non sprecare.
Non si tratta semplicemente di una ridistribuzione dei pagamenti diretti basata su scelte
tecniche o meri calcoli matematici. Dobbiamo pensare a questa riforma come una rara
opportunità per scelte politiche che condizioneranno una componente importante
dell’economia del nostro paese: il 17% del Pil, poco meno del 10 per cento dell’export
nazionale ed un’occupazione dipendente che, in controtendenza a ciò che accade per il
complesso dell’economia, aumenta invece di essere condannata ad un apparentemente
inesorabile declino.
Ora è il momento di mettere da parte quel cattivo modo di governare che ha troppo spesso
caratterizzato la nostra azione politica: ritardi, eccessi di burocrazia, propensione a scelte
non strategiche che hanno portato a provvidenze a pioggia e ad una spesa pubblica
inefficace ed inefficiente.
Agrinsieme si candida ad un confronto politico a tutto campo con le amministrazioni
centrali e regionali per superare tutto questo. Per fare scelte – finalmente e davvero –
per la crescita e la ripresa del settore agricolo ed agroalimentare che poi sono anche la
crescita e la ripresa dell’intero Paese.
Lavorare assieme. Una modalità nuova di partenariato
La riforma della PAC è un’occasione unica per far questo essenzialmente per due motivi.
Perché mette a disposizione oltre 50 miliardi di euro nel periodo finanziario 2014-2020 e
perché, molto più rispetto al passato, affida agli Stati membri un notevolissimo potere
decisionale nell’applicazione della normativa.
Discrezionalità non solo, come sopra accennato, per ridistribuire tra aree, tra comparti
produttivi e tra operatori i massimali finanziari ma piuttosto per perseguire una strategia
di sistema basata su una visione ampia, che consenta un utilizzo ottimale delle risorse e
dei fattori e che faccia in buona sostanza crescere il sistema. Per passare da una politica
redistributiva ad una politica allocativa basata sul partenariato e sulla progettazione.
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Agrinsieme è quindi a disposizione per sviluppare questo partenariato in tutte le formule
innovative che si potranno e vorranno realizzare.
Nei prossimi mesi verranno promossi, a livello territoriale, incontri di approfondimento
tecnico tra le imprese aderenti alle organizzazioni che compongono Agrinsieme ed i
funzionari della Pubblica Amministrazione al fine di analizzare l’impatto della riforma
ed orientare le scelte che dovranno essere fatte, tanto a livello locale quanto a livello
nazionale.
Una logica nuova per lo sviluppo rurale
La politica di sviluppo rurale 2014-2020 deve rappresentare un forte momento di
discontinuità rispetto a quella 2007-2013 che ha evidenziato limiti di visioning, governance e
gestione amministrativa.
Sono mancate le strategie di filiera e di sviluppo del territorio; si è interpretata male quella
governance multilivello che caratterizza la politica comunitaria e che non è stata applicata
in maniera efficace e, soprattutto, tenendo conto delle reali esigenze delle imprese. Il tutto
poi con una notevole inefficienza amministrativa nella gestione.
Tutto questo si è tradotto in quella consueta ‚corsa alla spesa dei residui di risorse‛ che
puntualmente a fine anno ha caratterizzato l’attività delle amministrazioni solo per evitare
il rischio di disimpegno delle somme comunitarie assegnate all’Italia.
Siamo arrivati al paradosso: l’efficienza della macchina gestionale è stata misurata sulla
capacità di evitare la perdita di risorse (certo obiettivo positivo e fortunatamente sempre
colto) ma senza riflettere sul fatto che forse questi residui di risorse non spese derivavano
da scelte di programmazione sbagliate, non centrate rispetto alle esigenze reali del sistema
produttivo e, non ultimo, da una macchina gestionale a voler essere generosi non sempre
perfetta.
Nei prossimi sette anni per Agrinsieme l’attenzione non deve essere rivolta solo alla
capacità di spesa per evitare il rischio del disimpegno automatico, ma alla qualità ed
all’efficacia della spesa stessa.
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La programmazione progettuale significa non ripartire i finanziamenti disponibili sulla
base delle diverse misure previste dal regolamento comunitario, ma prefigurare una
visione delle sviluppo del territorio di riferimento, condivisa tra le Amministrazioni e le
rappresentanze sociali, con obiettivi definitivi e verificabili ed utilizzare in questa
direzione le diverse misure per quanto di competenza.
Le linee prioritarie di azione dello sviluppo rurale sono, a nostro avviso, essenzialmente
tre: Innovazione, Organizzazione delle filiere ed Investimenti produttivi.
Innovare per competere. L’agricoltura ed il sistema agroalimentare italiano devono tornare
ad innovare. Attualmente la propensione all’innovazione è pressoché nulla: la maggior
parte degli investimenti si limita al semplice rinnovo migliorativo degli impianti e delle
attrezzature obsolete.
Occorre un forte cambiamento, ricordando che l’innovazione non riguarda solo le
tecnologie ed i processi, ma anche i prodotti, i sistemi organizzativi, commerciali e
comunicativi. L’innovazione è sempre più sistemica e le politiche la possono sostenere
solo con una visione integrata del cosiddetto triangolo della conoscenza: Ricerca,
Trasferimento e Formazione, il tutto in stretto collegamento con i progetti di crescita delle
imprese.
Il partenariato con il mondo imprenditoriale è decisivo. Agrinsieme è fortemente
impegnata ed intende accrescere il suo ruolo rispetto all’economia della conoscenza,
relativamente all’analisi dei fabbisogni, alla definizione dei sistemi organizzativi, alla
gestione di interventi specifici, sia attraverso proprie strutture operative, sia
mobilitando le imprese associate in azioni di rete, valorizzando le misure della ricerca,
consulenza, formazione, cooperazione, partenariato per le innovazione.
Riorganizzazione delle filiere per rilanciare i mercati. Su questo versante c’è bisogno di
agire su tre leve: legislativa, della programmazione e dei comportamenti imprenditoriali.
Il primo problema è l’aggregazione del prodotto che non è soltanto un problema di
nanismo quanto piuttosto di mancata organizzazione.
Alcuni osservatori affermano che i costi delle inefficienze delle filiere assommano a
due/tre volte i pagamenti diretti della politica agricola comune. Per inefficienze si
intendono: i costi di transazione eccessivi, le intermediazioni ‚non necessarie‛, i problemi
logistici, la scarsa trasparenza, le asimmetrie informative, la lentezza a reagire ai
cambiamenti dei mercati e delle attese consumatori. Questi problemi si ripercuotono sui
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soggetti meno forti della filiera: sui consumatori, con prezzi di mercato alti rispetto alla
gamma qualitativa del prodotto ed ai prezzi all’origine, e sugli agricoltori con la forte e
crescente erosione della quota di valore aggiunto.
Occorre che le politiche di sviluppo rurale favoriscano nuove relazioni e nuovi
strumenti tra i soggetti delle filiere. Vi sarà la possibilità, attraverso la nuova
programmazione, di finanziare la nascita delle OP in tutti i settori ed anche la
possibilità di finanziare progetti di fusione tra OP nonché progetti per lo sviluppo
della cooperazione e delle reti, cogliendo anche l’apertura alle grandi imprese
introdotta con l’attuale riforma. Le amministrazioni regionali, a nostro avviso, dovranno
concentrare i loro sforzi sul finanziamento di questi progetti che dovranno però sempre
essere volti allo sviluppo e la crescita di organizzazioni economiche che effettivamente
detengono e commercializzano la produzione dei propri soci.
Investire per rilanciare il settore. Lo sviluppo rurale deve infine essere fortemente
focalizzato sugli investimenti produttivi delle imprese e di sistema. Attualmente
dimostriamo una buona capacità di spesa nelle misure a superficie, la capacità scende
molto negli investimenti aziendali e, salvo eccezioni, si abbatte nei progetti integrati di rete
e di filiera. Dobbiamo invertire queste performance perché abbiamo un deficit di
investimenti fissi lordi nella filiera che va sanato per rilanciare il sistema. Dobbiamo farlo
con una diversa programmazione e con modalità adeguate di attuazione della nostra
strategia di sviluppo rurale.
Il nuovo Psr prevede che almeno il 30% delle risorse sia destinato alle misure riferibili alla
valorizzazione dell’agroambiente, alla gestione delle risorse naturali, alla mitigazione ed
all’adattamento al cambiamento climatico. E’ significativo che nonostante l’aumento degli
obiettivi e delle priorità ambientali, il vincolo di destinazione è rimasto inferiore ad un
terzo, riconoscendo implicitamente che l’obiettivo della competitività dei sistemi
produttivi nello sviluppo rurale è il più rilevante per il settore e per il sistema economico
più in generale. Quello che è più importante è non vedere queste misure in modo
indipendente e separato.
Occorre scommettere sulla possibilità di coniugare produttività e sostenibilità,
valorizzando le filiere competitive, sviluppando l’integrazione tra produzioni agricole,
agroenergetiche e della cosiddetta chimica verde, sostenendo la multifunzionalità e la
pluriattività delle imprese anche nei servizi ambientali e territoriali, creando un
contesto favorevole alla crescita imprenditoriale.
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Progetti per l’agricoltura italiana di domani
Le strategie comunitarie per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva si devono
quindi concretizzare in progetti reali con al centro le imprese e le cooperative del nostro
sistema agricolo. Una progettualità nuova e positiva finalizzata alla crescita che aumenti il
livello di competitività del sistema produttivo e che favorisca nuovi sbocchi di mercato.
Agrinsieme è pronta a lanciare una vera e propria call di manifestazione di interesse tra
gli operatori per presentare e sottoporre all’amministrazione delle idee d’impresa –
regionali o interregionali, anche in forma di reti – che possono poi essere finanziate
dagli strumenti della politica agricola comune.
Occorre cioè invertire la logica di intervento per alcuni progetti che possono consentire un
salto di qualità del sistema agroalimentare: individuare prima i progetti che sviluppino il
network delle imprese e poi definire le relative quote di finanziamento.
Se Agrinsieme si candida a tradurre così concretamente le strategie comunitarie di Europa
2020, è però poi necessario che Ministero e Regioni, in una stretta logica di vero
partenariato per la crescita, condividano questo percorso e lavorino assieme affinché gli
obiettivi e gli strumenti della programmazione, la loro logica e la loro metodologia
applicativa, siano tutti coerenti con le nostre ambizioni di costruire un’agricoltura di
domani ancora migliore di quella di oggi.
Giovani agricoltori: oltre il primo insediamento
Un obiettivo strategico dello sviluppo rurale è il sostegno al ricambio generazionale in
agricoltura e nell’agroalimentare in aggiunta alle nuove misure di sostegno del primo
pilastro. Favorire l’inserimento dei giovani significa anche indirettamente accrescere la
propensione all’innovazione, alla internazionalizzazione ed alla occupazione nel settore.
Agrinsieme ritiene che debba essere utilizzata efficacemente la possibilità di redigere
dei sottoprogrammi tematici per i giovani.
I sottoprogrammi devono rappresentare uno strumento per accrescere l’efficacia della
spesa, con un processo evolutivo rispetto all’attuale fase dei pacchetti integrati. Occorre
unire alle misure per il primo insediamento, sostegni efficaci agli investimenti, alla
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consulenza finalizzata anche allo start up delle imprese, alla costituzione di reti per
l’innovazione
(valorizzando
lo
strumento
del
PEI),
la
promozione
e
l’internazionalizzazione. In questo ambito, occorre sperimentare e sostenere strumenti
nuovi che favoriscono il trasferimento dei fondi e delle aziende da una generazione
all’altra, l’affiancamento intergenerazionale, misure alternative al prepensionamento con il
passaggio graduale della gestione al giovane, l’utilizzo di beni demaniali, supplendo così
alla eliminazione della misura di prepensionamento ma prevedendo un’efficace ed
effettiva ‚staffetta generazionale agricola‛.
Occorre verificare l’opportunità di mantenere criteri di premialità per le imprese
condotte da giovani anche dopo la fase del primo insediamento.
Donne imprenditrici d’azienda
Una positiva innovazione della programmazione di sviluppo rurale 2014-2020 è costituita
dalla possibilità di prevedere sottoprogrammi di sviluppo rurale per le donne nelle aree
rurali.
Ci si dovrà impegnare a livello nazionale per individuare le azioni che possono davvero
rilanciare un politica di genere nel settore con azioni specifiche come incentivi per lo
start up delle imprese condotte da donne, il trasferimento di innovazione, lo sviluppo
di efficaci servizi di sostituzione, l’accesso alla formazione ed alla informazione sulle
nuove tematiche della Pac ed infine efficaci servizi di consulenza.
In questo le imprese di Agrinsieme possono contribuire ad individuare sul territorio le
strategie, gli obiettivi e gli strumenti di una politica di sviluppo rurale sintetizzabili in un
sottoprogramma-tipo da attuare in maniera omogenea nelle varie realtà.
Coesione vera tra tutti i fondi comunitari per far crescere l’agricoltura
Il rafforzamento dell’integrazione delle politiche di coesione e dei diversi fondi strutturali
è una grande opportunità anche per l’Italia per accrescere l’efficacia della spesa ed evitare
le ‚trappole del non sviluppo‛.
Agrinsieme intende fornire il proprio contributo a partire dal processo di
programmazione e “co-progettazione”, ribadendo che l’agricoltura non può essere
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confinata solo nell’ambito dei programmi di sviluppo rurale, come troppo spesso è stata
considerata in passato, ma trova pertinenza in tutti i fondi strutturali. In questa
direzione è particolarmente apprezzata la proposta di superare i programmi operativi
mono-fondo con quelli pluri-fondo.
L’azione di partenariato deve essere efficace e finalizzata, senza dilatare oltre modo i tavoli
di consultazione, e si deve sviluppare anche nelle fasi discendenti della programmazione
(fino alla stesura dei bandi), verifica dei risultati, monitoraggio, analisi d’impatto. Si
impone una accurata scelta dei partner portatori di interessi che, volta per volta, devono
essere coerenti con gli obiettivi della programmazione. E vanno ‚pesati‛ adeguatamente
anche gli interessi economici concreti e specifici rispetto ai portatori di interessi generici e
non economici.
Agrinsieme ritiene in particolare che il mondo agricolo ed agroalimentare può dare un
forte contributo nell’ambito delle opzioni strategiche per il Mezzogiorno e per le Aree
Interne.
Per quanto riguarda il Mezzogiorno è fondamentale l’azione per il superamento del
‚deficit dei requisiti di cittadinanza‛ a partire dalla sicurezza e dalla legalità, ma che
riguarda tutti i principali diritti di base. Questo deficit è fortemente sentito nelle zone
rurali con problematiche specifiche, talvolta differenti da quelle delle aree metropolitane,
urbane e periurbane. Ma è strategico assicurare una corretta distinzione fra azioni rivolte
alla crescita economica (che coinvolge l’agricoltura, il sistema agroalimentare ed il
terziario innovativo) ed azioni rivolte all’inclusione sociale per definire con maggiore
precisione i risultati attesi e gli indicatori di perfomance, anche in relazione al
miglioramento delle reti e dei sistemi infrastrutturali a tutti i livelli.
Fondamentale poi l’opzione relativa alle aree interne che corrispondono ai tre quinti
della superficie nazionale e ad un quarto della popolazione residente. Si tratta di aree
che possono fornire un importante contributo alla crescita economica con politiche
convergenti su tre aspetti:
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efficaci politiche economiche a partire alla promozione di attività agricole, forestali
ed agroalimentari di qualità, competitive e sostenibili;
conseguente tutela del territorio, rivitalizzazione del patrimonio abitativo,
salvaguardia del suolo agricolo, delle risorse naturali e del paesaggio;
superamento del deficit di servizi di cittadinanza rispetto alle aree rubane.
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Politiche di sviluppo rurale coordinate anche nelle modalità di attuazione
Un terreno molto complesso da percorrere e che coinvolge tutti è quello di assicurare un
maggior coordinamento nelle politiche dello sviluppo rurale. E’ fondamentale condividere
questa necessità per evitare gli errori della attuale programmazione e raggiungere
comportamenti politici convergenti, anche prescindendo dalla rigidità del sistema di
governance delle politiche di sviluppo rurale.
Prima di tutto deve essere opportunamente utilizzato lo strumento innovativo
dell’accordo di partenariato per ricercare una visione strategica condivisa delle politiche
strutturali.
In secondo luogo deve essere opportunamente utilizzata la possibilità ottenuta in sede
europea di far coesistere programmi nazionali e programmi regionali di sviluppo
rurale.
E’ sicuramente necessario attivare, coordinandole e finanziandole adeguatamente a
livello nazionale, le misure relative alla gestione del rischio ed alla stabilizzazione dei
redditi. A tale riguardo, occorre altresì precisare che i contributi per le assicurazioni
agevolate e per i fondi mutualistici siano destinati esclusivamente ai produttori e alle
loro aggregazioni di tipo economico (op/cooperative).
Va limitata l’eccessiva eterogeneità dei programmi regionali definendo orientamenti, linee
di indirizzo e regole condivise anche per medesime misure e per il perseguimento dei
medesimi obiettivi.
Un’altra opportunità da cogliere è la possibilità delle Regioni di prefigurare e sostenere
progetti di sviluppo convergenti per particolari settori produttivi con caratteristiche
interregionali.
Il coordinamento nella programmazione degli interventi va ricercato e promosso anche
sul piano gestionale e dei procedimenti amministrativi aumentandone l’efficienza.
Ricordiamo che, fatta eccezione per le misure agro ambientali a superficie, i tempi di
pagamento delle domande di investimento nelle regioni italiane superano mediamente i
18/20 mesi.
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Ad avviso di Agrinsieme nella fase strettamente attuativa, tempistiche, modalità di
stesura e contenuti dei bandi, operatività delle varie misure, tutto deve convergere verso
una vera uniformità e semplicità di lettura e di realizzazione. Vanno evitate procedure
complesse che limitano la fruizione da parte degli operatori delle varie misure. Si
dovrebbe tendere a “modelli omogenei di bandi” che siano applicabili nei tempi e
nelle modalità con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale in maniera semplice
ed immediata.
Per migliorare l’efficienza e la tempistica della gestione dei fondi, vanno valutate
nuove modalità di selezione dei progetti, prendendo in considerazione anche
meccanismi di accesso “a sportello” per alcune misure.
Scelte nazionali. Tra strategie e politiche
Sono ancora molte le incognite lasciate aperte dall’accordo politico concluso a fine giugno.
Dovremo ancora lavorare a Bruxelles per affinare i testi legislativi e gli atti delegati.
Molte sono le scelte che l’ Italia sarà chiamata a fare. Tra le opzioni lasciate alla volontà
dello stato membro c’è quella che riguarda la definizione dei beneficiari degli oltre 50
miliardi di euro di sostegni che in questi anni arriveranno in Italia sotto forma di
pagamenti diretti, interventi di mercato e sviluppo rurale.
Decidere i beneficiari vuol dire dare una nuova impronta a questa PAC, vuol dire
scegliere se continuare a dare aiuti a pioggia oppure se canalizzare gli incentivi verso le
aziende che sono rivolte al mercato, alla crescita del sistema agricolo nazionale e che
creano occupazione.
Per operare questa scelta, a nostro avviso, il paese dovrà combinare più misure tra
quelle contenute nel regolamento sui pagamenti diretti.
Si dovranno definire i parametri contenuti nell’articolo 9 del Regolamento dei pagamenti
diretti a partire dai quali un soggetto verrà considerato agricoltore attivo.
Decisi questi, Agrinsieme ritiene che dovrà essere applicato nel nostro paese il regime
dei piccoli agricoltori che consente una notevole semplificazione nella gestione del
primo pilastro.
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Si ritiene opportuno che il limite monetario di applicazione del requisito ‚agricoltore
attivo‛ debba coincidere con quello del regime dei piccoli agricoltori.
L’ Italia potrà innalzare la soglia minima di pagamenti diretti, applicare le decisioni
relative al capping e alla degressività (ancora da definire in sede comunitaria) ed
implementare, eventualmente, il sistema di pagamenti redistributivi per i primi ettari.
A tal proposito Agrinsieme ritiene fondamentale continuare a sostenere in sede
comunitaria il principio dell’esclusione delle forme cooperative dal capping nonché
valorizzare il fattore occupazionale tenendo conto di tutti i costi di manodopera ivi
comprese le spese per i servizi del conto terzi.
Dalla combinazione di queste regole si potrà arrivare ad una maggiore selettività nella
concessione dei pagamenti rispetto al passato che consentirà di rendere più efficiente la
spesa pubblica.
Altra scelta che saremo chiamati a fare sarà quella riguardante la cosiddetta
convergenza interna, il meccanismo cioè che porterà a rendere omogenei i pagamenti tra
le aziende.
Fin dalla sua nascita nel 2003, il sistema il disaccoppiamento ha comportato una
distorsione derivante dal fatto che il sostegno pubblico è stato parametrato sulle somme
ricevute in passato, senza tener conto dell’evoluzione del comparto sia in termini
economici che agronomici. Questo ha fatto sì che le aziende, a distanza di anni dalla
riforma, ricevono aiuti molto differenti le una dalle altre anche quando coltivano le stesse
produzioni.
Con la nuova Pac si avrà la possibilità di superare questa disparità ma bisognerà fare
molta attenzione a non turbare gli equilibri economici che le aziende hanno nel tempo
consolidato. La scelta di far convergere verso una media gli aiuti è complessa e non potrà
accontentare tutti ma è una scelta che ormai va fatta per garantire equità, trasparenza e
semplificazione del sistema. È ovvio che l’operazione andrà completata con il massimo
della gradualità.
Altro punto importante su cui riflettere è quello della modulazione tra primo e secondo
pilastro. Purtroppo, non potremo permetterci di trasferire risorse dal primo al secondo
pilastro semplicemente perché ‚mandare a regime‛ questo nuovo sistema senza
danneggiare i delicati equilibri economici delle aziende richiederà tutto il budget
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disponibile. Tuttavia, il nostro paese dovrà riflettere adeguatamente sulle possibilità
offerte dallo sviluppo rurale ed iniziare a cambiare culturalmente abbandonando la logica
del pagamento diretto ed investendo di più nella progettualità ad esempio impiegando le
risorse trasferite per progetti concreti di filiera a carattere nazionale.
Tra le scelte da fare c’è anche quella che riguarda la differenziazione dei pagamenti
sulla base di aree omogenee (regionalizzazione). Dobbiamo aprire un dibattito su questo
ma sarebbe un errore confondere la regionalizzazione con il fatto che si stabiliscano
importi differenti unicamente sulla base di una divisione amministrativa delle regioni.
Se mai dovessimo optare per questa scelta, i confini delle zone omogenee dovranno
essere dettati da parametri economici ed agronomici, non amministrativi.
Sul greening, il capitolo inizialmente più preoccupante di tutta la riforma, le scelte
saranno legate alle pratiche equivalenti che ogni stato membro dovrà indicare.
Sul capitolo del greening è stato fatto un ottimo lavoro negoziale e ne va dato atto a tutto il
sistema paese, dal Mipaaf alle Regioni al Presidente della Comissione agricoltura del PE
che hanno accolto le istanze delle rappresentanze. Abbiamo adattato alle ‚esigenze
mediterranee‛ un capitolo di misure inizialmente pensato solo per il Nord Europa e
fortemente penalizzante per le nostre aziende.
Ci aspetta un grosso lavoro sulle norme applicative che riguardano le procedure
informatiche ed i controlli al fine di garantire semplificazione burocratica e trasparenza.
L’ opzione che potrebbe essere considerata un esame di maturità del nostro sistema sarà
quella dell’articolo 38 relativa alla concessione di pagamenti accoppiati ad alcuni settori
produttivi. In passato, di fronte a dibattiti analoghi si sono fatte scelte poco coraggiose,
privilegiando sempre logiche più politiche che non improntate alla competitività.
Il regolamento ci consente di utilizzare fino a quasi 400 milioni di euro/anno per premiare
quelle produzioni che versano in uno stato di crisi e che sono strategiche per l’economia o
per una zona geografica ben precisa.
È presto oggi per dare indicazioni ma possiamo fin da ora dire che le scelte dovranno
essere fatte sulla base dell’analisi economica dei settori interessati, ricordandoci anche che
il regolamento non vieta la possibilità di legare questi pagamenti a progetti di rilancio
delle filiere (è il caso ad esempio dello sviluppo, previsto esplicitamente nel regolamento
approvato, di un vero ‚piano proteine vegetali‛ per l’agricoltura italiana).
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Meno discrezionalità operativa viene lasciata dal regolamento sulla OCM unica.
Tuttavia, l’ Organizzazione Comune di Mercato implica una revisione della normativa
nazionale di riferimento non indifferente. Dai decreti applicativi contenenti le strategie
nazionali (vino, ortofrutta ed olio) a quelli più generali (regolazione dei mercati, articolo
62) il dibattito è aperto.
Importanti i nuovi schemi di finanziamento per i programmi di educazione al consumo
per l’ortofrutta ed il latte. Dobbiamo garantire la massima efficacia di questi schemi che
dovranno basarsi su di una ripartizione equa delle risorse, procedure semplificate e
massima trasparenza nella gestione dei nuovi bandi.
Educare i bambini in età scolare ad uno stile alimentare corretto è una delle leve
fondamentali per il rilancio del consumo futuro dei prodotti agricoli ‚made in italy‛.
Massima attenzione dovrà inoltre essere data alla riforma, che l’Europa metterà in
cantiere nella seconda metà dell’anno, del settore ortofrutticolo pioniere di un sistema di
sostegno meno oneroso per le casse pubbliche di qualsiasi altro se rapportato al fatturato
che esprime. Un sostegno che si basa inoltre sulla corresponsabilità dei produttori,
chiamati a cofinanzianare gli investimenti.
Il regime di sostegno dell’ortofrutta dovrà continuare a garantire gli investimenti necessari
a far sì che i produttori agricoli conquistino sempre di più la capacità di aggiungere valore
al prodotto raccolto in campo. La valorizzazione del prodotto si ottiene solamente con
investimenti che promuovono azioni di marketing, di trasformazione e valorizzazione
della materia prima.
Da oggi i programmi triennali di sostegno dell’ olio d’oliva saranno riservati alle
Organizzazioni dei Produttori e agli Organismi Interprofessionali.
Ci auguriamo che il Ministero e le Regioni recepiscano immediatamente questa
disposizione. Il sostegno dovrà concentrarsi su progetti di sviluppo proposti da OP che
effettivamente garantiscono l’aggregazione reale e la commercializzazione di tutta la loro
produzione.
Capitolo delicato è quello che riguarda i diritti di impianto dei vigneti. Nell’applicazione
del nuovo sistema di autorizzazioni si dovrà prestare attenzione a non penalizzare
coloro che al 2016 ancora deterranno dei diritti e che vorranno mantenerli fino al 2020. Si
chiede il massimo coinvolgimento – a tutti i livelli territoriali – delle rappresentanze delle
imprese agricole quando si dovranno fare le scelte relative all’aumento del potenziale
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tramite l’incremento annuale delle autorizzazioni limitando il più possibile le sanzioni per
il loro non utilizzo.
A Bruxelles si dovrà continuare a lavorare per definire nuovi regolamenti sulle norme di
commercializzazione. Occorrerà fare in modo che in tutti gli standard sia presente
l’obbligatorietà dell’indicazione dell’origine.
Discorso a parte meritano le disposizioni dell’ Organizzazione Comune di Mercato che
riguardano la regolamentazione del mercato e l’organizzazione dell’offerta.
Nell’ OCM sono contenute numerose previsioni che riguardano la contrattualistica tra
produttore e primo acquirente di latte, estesa oggi anche ad altri settori come olio, carni e
seminativi. Vi sono inoltre previsioni per la programmazione produttiva delle produzioni
di qualità dei formaggi e dei prosciutti oltre a tutte le norme che riguardano la costituzione
delle Organizzazioni dei produttori e degli organismi interprofessionali.
Sono queste le norme più importanti alle quali guardare se si vorrà dare una nuova
impronta al sistema agroalimentare italiano.
L’OCM dovrà costituire, come è normale che sia, la base giuridica per riformare tutte le
norme nazionali che riguardano l’organizzazione dell’ offerta, l’aggregazione, la
regolazione dei mercati e la contrattualistica. Dall’articolo 62, alla regolazione dei mercati
(dlgs 102/2005), ai vari decreti applicativi delle strategie nazionali e dei programmi di
sostegno di ortofrutta, vino ed olio fino ad arrivare alle regole che concernono la
programmazione produttiva dei formaggi e dei prosciutti, avremo bisogno di una spinta
riformatrice del sistema.
Va inaugurata una nuova stagione di concertazione per sistemare una volta per tutte la
legislazione nazionale su tutti questi temi, renderla moderna, più rispondente alle
esigenze del comparto agroalimentare e soprattutto semplificarla per far sì che sia
realmente applicabile.
Il paese ha bisogno di imboccare una volta e per sempre la strada di una forte promozione
dell’aggregazione delle aziende agricole volta a rafforzarne il potere contrattuale e la
capacità di aggredire i mercati internazionali. Occorre premiare chi si aggrega realmente
costituendo strutture (op/cooperative) che effettivamente detengono e commercializzano il
prodotto.
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Andrà aperta una riflessione sullo strumento degli organismi interprofessionali definendo
i soggetti che li dovranno comporre ed i soggetti che saranno chiamati a stipulare gli
accordi e le intese di filiera.
Andranno definite le modalità per applicare il pacchetto relativo alla contrattualistica
obbligatoria stabilendo regole chiare e guardando agli interessi degli anelli deboli della
filiera.
Approfitteremo di questa riforma per chiarire e vietare definitivamente le pratiche sleali
del commercio.
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