beethoven, la nona e due pianoforti

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beethoven, la nona e due pianoforti
STAGIONE 2014 •2015
BEETHOVEN,
LA NONA
E DUE PIANOFORTI
Torino, Conservatorio “G. Verdi”
martedì 11 novembre 2014 ore 21
Bruno Canino e Antonio Ballista
pianoforti
BEETHOVEN, LA NONA
E DUE PIANOFORTI
Introdotta da una conversazione con i solisti,
condotta da Nicola Campogrande,
la Nona Sinfonia si presenta nella sua essenza,
genialmente individuata da Liszt.
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Sinfonia n. 9 in re minore op. 125
(Trascrizione per due pianoforti di Franz Liszt)
Allegro ma non troppo, un poco maestoso
Molto vivace - Presto
Adagio molto e cantabile - Andante moderato
Presto - Allegro assai - Andante maestoso Allegro energico
In un articolo pubblicato nel 1834 sulla Neue Zeitschrift für Musik,
Robert Schumann scrisse di Franz Liszt che le sue trascrizioni per
pianoforte di opere sinfoniche dovevano essere considerate non come
delle copie, o dei calchi, ma come dei “nuovi originali”. All’epoca
Schumann aveva sotto gli occhi la Sinfonia fantastica di Berlioz,
che egli conosceva solo attraverso la trascrizione di Liszt senza
per questo avvertire l’effetto di una menomazione. La versione di
Liszt, avvertiva Schumann, poteva essere “ascoltata in alternativa
all’esecuzione orchestrale” per la sua capacità di restituirne gli
elementi musicali fondamentali e di non limitarsi a seguire criteri di
correttezza, completezza, accuratezza, come si trattasse solo di un
compito tecnico e riproduttivo. L’elaborazione di Liszt era semmai
«un esercizio poetico di esecuzione della partitura al pianoforte». E
in quella parola, “poetico”, stava tutta la differenza del lavoro di Liszt
rispetto a quello degli altri innumerevoli trascrittori del suo tempo.
Per questo Liszt poteva affrontare al pianoforte quelle che potevano
apparire delle missioni impossibili, da lui risolte anche grazie al suo
“genio esecutivo”. Così, oltre ad autori come Berlioz o Mendelssohn,
egli poteva guardare anche al mondo dell’opera con un immaginario
fatto di reminiscenze e pezzi di fantasia applicati a Mozart, Rossini,
Meyerbeer, Donizetti, Verdi e naturalmente Wagner. Nei suoi récital
Liszt eseguiva le versioni da lui elaborate sorprendendo gli ascoltatori
più per il senso musicale del suo lavoro che non per le difficoltà
tecniche, per quanto queste potessero essere assolutamente rilevanti
e in qualche caso persino proibitive. Per lui, d’altra parte, la
trascrizione era insieme un atto d’amore verso la musica e un
modo per analizzarla, comprenderla, restituirla in modo creativo e
tuttavia paradossalmente fedele. Che non fosse mai completamente
soddisfatto della resa è significativo: a volte una trascrizione rimaneva
per anni nel cassetto, o nel baule da viaggio, per essere rimaneggiata
fra un trasloco e l’altro prima di vedere la luce. Altre volte un testo
già pubblicato veniva invece rielaborato a fondo in vista di quella che
avrebbe dovuto essere una semplice ristampa.
Il caso delle Sinfonie di Beethoven è emblematico da questo punto di
vista. Nel 1838, all’età di 27 anni, Liszt realizzò la trascrizione di tre
Sinfonie di Beethoven, la Quinta, la Sesta e la Settima. Le prime due
vennero pubblicate dall’editore Breitkopf & Härtel, l’ultima da Tobias
Haslinger. Qualche anno dopo si dedicò allo Scherzo della Terza e si
applicò alla Nona Sinfonia, che si risolse a far uscire per l’editore
Schott nel 1851 in una versione per due pianoforti. Poco più di dieci
anni dopo, infine, Breitkopf & Härtel propose a Liszt di completare
il ciclo, progetto in vista del quale egli riprese in mano le vecchie
trascrizioni modificandole sensibilmente, prima di arrivare a una Nona
per pianoforte solo elaborata durante il suo ultimo soggiorno romano
e pubblicata insieme a tutte le altre nel 1865. “Nello spazio delle sette
ottave”, osservò Liszt nella Prefazione a questa edizione completa
delle Sinfonie di Beethoven, “è possibile riprodurre, con poche
eccezioni, tutti i tratti, le combinazioni, e le figurazioni delle creazioni
musicali più significative. Gli unici vantaggi rimasti all’orchestra sono
la diversità dei colori strumentali e la massa del suono”.
Massa e colori erano però ingredienti fondamentali della Nona
Sinfonia, che oltretutto aggiungeva all’orchestra anche voci soliste e
coro. Poteva davvero, qui, la tastiera del pianoforte restituire il senso
della partitura facendo a meno di questi due aspetti?
Liszt aveva da sempre lavorato su parametri come il ritmo, l’energia
sonora, la cantabilità, l’espressività delle armonie, per arrivare
all’essenza di una partitura senza perdersi in dettagli irraggiungibili.
Ma nella Nona, oltre all’ampiezza della scrittura contrappuntistica,
c’era qualcosa in più che la tastiera, da sola, non poteva trasmettere:
la forza d’urto del suono e la lacerazione del tessuto orchestrale
introdotta dall’intervento delle voci.
La versione per pianoforte solo è in effetti un prosciugamento
della partitura beethoveniana che richiede lo spostamento in una
dimensione musicale ristretta, alla quale manca cioè l’apertura
spaziale che della Nona è una caratteristica fondante. La versione
per due pianoforti è invece sorprendente proprio per l’ampiezza dello
spazio sonoro che produce. Riconosciamo non solo i motivi della Nona
Sinfonia, ma precisamente il suo distendersi verso orizzonti musicali
nuovi, all’interno dei quali Liszt ci fa scorgere aspetti che spesso non
si avvertono nell’originale proprio perché sommersi dalla massa del
suono. Qui l’articolazione del fraseggio, la diversità degli attacchi da
parte dei due strumenti, l’accentuazione della cantabilità, la pulizia
del contrappunto sono tutti elementi che concorrono a rendere il
suono più trasparente e leggibile, ma non vuoto rispetto alla massa
d’urto dell’orchestra.
È un’opera nuova, senza dubbio, un esercizio poetico e, come diceva
ancora Schumann, l’omaggio creativo di un “artista intelligente”
che manipola con libertà il materiale di partenza, ma “non distrugge
l’identità dell’originale”.
(Testo di Stefano Catucci)
Bruno Canino ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio
di Milano, dove poi ha insegnato per 24 anni. Come solista e pianista
da camera ha suonato nelle principali sale da concerto e festival
europei, in America, Australia, Russia, Giappone e Cina in duo
pianistico con Antonio Ballista (dal 1953) e con illustri interpreti, tra i
quali Accardo, Ughi, Amoyal, Perlman, Blacher.
Dal 1999 al 2002 è stato direttore della Sezione Musica della
Biennale di Venezia. Si è dedicato in modo particolare alla musica
contemporanea, lavorando fra gli altri con Boulez, Berio, Stockhausen,
Ligeti, Maderna, Nono, Bussotti, di cui spesso ha eseguito opere in
prima assoluta.
Ha suonato sotto la direzione di Abbado, Muti, Chailly, Sawallisch,
Berio, Boulez, con orchestre prestigiose come la Filarmonica della
Scala, l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, i Berliner
Philharmoniker, la New York Philharmonic, la Philadelphia Orchestra,
l'Orchestre National de France.
Docente per dieci anni al Conservatorio di Berna, tiene regolarmente
masterclass per pianoforte solo e musica da camera e partecipa al
Marlboro Festival negli Stati Uniti. È spesso invitato a far parte di
giurie di prestigiosi concorsi pianistici internazionali.
Tra le sue registrazioni più recenti, l’integrale pianistica di Emmanuel
Chabrier. Il suo libro Vademecum del pianista da camera è edito da
Passigli.
Pianista, clavicembalista e direttore d’orchestra, Antonio Ballista
fin dall’inizio della carriera si è dedicato all’approfondimento delle
espressioni musicali più diverse.
Dal 1953 suona in duo pianistico con Bruno Canino; la loro è una
formazione che è stata fondamentale per la diffusione della nuova
musica e per la funzione catalizzatrice sui compositori.
Antonio Ballista ha suonato sotto la direzione di Abbado, Bertini,
Boulez, Brüggen, Chailly, Maderna e Muti e con le Orchestre della BBC
e del Concertgebouw, la Filarmonica d’Israele, l'Orchestra del Teatro
alla Scala di Milano, i Wiener Philarmoniker, la London Symphony,
l’Orchestre de Paris, le Orchestre di Philadelfia e Cleveland e la New
York Philarmonic.
Hanno scritto per lui Berio, Boccadoro, Bussotti, Castaldi, Castiglioni,
Clementi, Corghi, De Pablo, Donatoni, Lucchetti, Morricone, Mosca,
Panni, Picco, Sciarrino, Sollima, Togni e Ugoletti.
Ha effettuato tournée con Berio, Dallapiccola e Stockhausen e ha
collaborato in concerto con Boulez, Cage e Ligeti.
È fondatore e direttore dell’ensemble Novecento e Oltre, formazione
stabile il cui repertorio va dal Novecento storico fino alle più recenti
tendenze.
Incide per La Bottega Discantica, Emi, Rca, Ricordi, Wergo.
Ha insegnato nei Conservatori di Parma e Milano e all’Accademia
Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola.
PROSSIMO CONCERTO
martedì 2 dicembre 2014 ore 21
Torino, Conservatorio “G. Verdi”
OCCHI BAROCCHI
Gli Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino
Sergio Lamberto maestro concertatore
Suyoen Kim violino
Musiche di Albinoni, Pachelbel, Bach, Purcell, Vivaldi
mood-design.it
Stampa: Marcograf S.r.l.
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L’INIZIATIVA
SI SVOLGE IN UNA SEDE
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ARCHITETTONICHE