Scarica un estratto del libro

Transcript

Scarica un estratto del libro
Anna Maria Panzera
Caravaggio,
Giordano Bruno
e l’invisibile natura delle cose
Le gerle
6
Anna Maria Panzera
Caravaggio,
Giordano Bruno
e l’invisibile natura
delle cose
Prefazioni di Claudio Strinati
e di Michele Ciliberto
In copertina:
Caravaggio, Amore vittorioso, 1602, olio su tela, 156x113.
Berlino, Gemäldegalerie, Staatliche Museen.
Foto: Joerg P. Anders
© 2011 Foto Scala, Firenze/BPK,
Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin.
In quarta di copertina:
Da G. Bruno, De imaginum, signorum & idearum compositione (1591),
in Opere mnemotecniche, edizione diretta da M. Ciliberto,
a cura di M. Matteoli, R. Sturlese, N. Tirinnanzi,
Adelphi, Milano 2009, t. 2, p. 489.
© 2011 L’Asino d’oro edizioni s.r.l.
Via Saturnia 14, 00183 Roma
www.lasinodoroedizioni.it
e-mail: [email protected]
ISBN 978-88-6443-053-9
ISBN ePub 978-88-6443- 137-6
ISBN pdf 978-88-6443- 138-3
Editor: Rossana Cecchi
Progetto grafico: Raffaella Marchetti
A Cristina, Fernando e Giorgio
Indice
Prefazioni di Claudio Strinati e di Michele Ciliberto
Introduzione
1. I luoghi e la cultura
1.1 Rinascimento al varco
1.2 Immagini del mondo nuovo
1.3 Arte al valico
1.4 Verso Roma
2. Vedere e dipingere: vista degli occhi e visione interiore
2.1 Apologia degli occhi
2.2 «Depinger bene et imitar bene le cose naturali»
2.3 Immagine, vicissitudine, movimento
2.4 Vedere e vedersi
3. La forma dell’ombra: pittura, pensiero, immagine
3.1 Nello specchio di Michel Angelo
3.2 Ombre ad arte
3.3 La forma dell’ombra
3.4 «Che passe, che passe questa notte atra e fosca...»
4. Per un dibattito critico su Caravaggio e Giordano Bruno
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
Da Longhi a Venturi
Argan e il suo critico
Maurizio Calvesi
De Logu, Berti e Bovi
Maurizio Fagiolo Dell’Arco
Il Convegno di Bergamo del 1974
Ferdinando Bologna: imprescindibili chiarimenti
Michele Ciliberto, filosofia e pittura
Bibliografia
Referenze iconografiche
9
15
19
24
31
38
44
61
68
73
82
89
107
111
121
130
139
145
145
148
153
157
159
161
166
170
173
181
Prefazione
di Claudio Strinati
Questo libro reca in sé, attraverso un costante e sempre motivato parallelismo, un’indagine storica e una filosofica. Anzi, per meglio dire, mira a
far convergere i due ambiti di ricerca verso una soluzione capace di portare
importanti chiarimenti all’interno di una delle questioni forse più dibattute
dell’intera storia dell’arte italiana, quella inerente al pensiero e all’opera di
Giordano Bruno messi in rapporto con l’arte di Michelangelo Merisi da Caravaggio, indagata nelle sue più profonde motivazioni etiche, estetiche ed
epistemologiche.
Non c’è in questo nessuna suggestione o forzatura delle cose. L’autrice
da subito mette bene in chiaro come i due grandi personaggi non abbiano
lasciato reciproche testimonianze di una conoscenza o una vicinanza reciproca. È lo storico che cerca tali connessioni, mentre i dati documentari
sono del tutto avari nel dare notizie certe che attestino scambi e amicizia
tra i due. Si tratta, dunque, di un’indagine critica che va alla ricerca dei segni
significativi della struttura profonda di un problema reale, tuttavia da ricostruire tramite deduzioni filologicamente fondate.
La Panzera parte dagli studi di Ferdinando Bologna che di questa metodologia di indagine è antesignano ed esponente di primissimo livello. E
proprio dalle ricerche e conclusioni di Bologna, consegnate a testi epocali
come L’incredulità del Caravaggio e l’esperienza delle cose naturali – da consultare soprattutto nell’edizione 2006 (Bollati Boringhieri) – scaturisce la
domanda che l’autrice si pone e a cui intende dare una circostanziata risposta, perfettamente espressa nel denso capitolo Vedere e dipingere: vista degli
occhi e visione interiore. Scrive la Panzera interrogando se stessa e i suoi lettori: «Se per Bruno e Caravaggio immaginare, vedere esteriore e visione interiore erano la vita stessa, come e in che misura ciò avvenne?».
9
CARAVAGGIO, GIORDANO BRUNO E L’INVISIBILE NATURA DELLE COSE
Il libro è la risposta a tale quesito, cui l’autrice arriva attraverso una complessa meditazione storiografica che le consente di risalire fino a presupposti
remoti ma non meno pertinenti, che rintraccia nella civiltà dell’Umanesimo
e del Rinascimento da cui Bruno e Caravaggio emergono con tutta la loro
forza e la loro potenza comunicativa. Per arrivare a questo, la valente studiosa ha tenuto nel massimo conto i risultati della più aggiornata bibliografia
bruniana, prime fra tutti le riflessioni di Michele Ciliberto, sulle cui chiavi
di lettura dell’opera del Nolano la Panzera si sofferma a lungo.
È poi soprattutto il grande tema dell’importanza dell’occhio e della
vista che l’autrice segue con attento scrupolo, dalla letteratura rinascimentale,
appunto, fino all’esplosione della dottrina bruniana messa, quindi, in connessione con la poetica caravaggesca, senza alcun meccanicismo di rapporto,
ma come patrimonio di pensiero comune che crea una sintonia complessa
e determinante su cui l’autrice costruisce la sua tesi critica. Pesa, su tutto, il
pensiero leonardesco e la Panzera non tralascia di citare e vagliare approfonditamente le memorabili sentenze di Leonardo nel Trattato della pittura
dove il sommo maestro spiega come «quella scienza è più utile della quale
il frutto è più comunicabile». Da qui si dipana un itinerario che denota
l’acume e la ricchissima documentazione che la Panzera ha voluto mettere
a disposizione del lettore per farlo entrare nei meandri di un universo mentale di fascino e vastità eccezionali.
Alla fine del percorso l’autrice vede come siano innumerevoli le affinità
tra il percorso di vita di Caravaggio e quello di Bruno, seguendo qui Ciliberto, specie quando questi spiega come il fattore determinante nella lettura
della biografia di Bruno sia quello della solitudine che sempre lo accompagnò
e che, in qualche modo, crea un parallelismo sconcertante e insieme fatalmente ‘vero’ con la parabola del Caravaggio. Ma è proprio nella dinamica,
entro certi limiti insondabile ma pure agognata, tra il buio e la luce che
l’autrice ravvisa una sorta di ispirazione comune tra Bruno e Caravaggio.
Vi vede l’affermazione di quella «natura umbratile del genere umano» che
entrambi condividono e che discoprono alla nostra conoscenza e alla nostra
appassionata indagine. Un percorso, dunque, che mira a individuare le
strutture profonde della conoscenza e che trova nell’arte di Caravaggio una
sorta di oscura apoteosi di cui il libro ci restituisce tutto il fascino e tutta
l’avvincente complessità.
10
Prefazione
di Michele Ciliberto
Anna Maria Panzera è una storica dell’arte, già nota per alcuni suoi
contributi; ma è significativo che proprio nel corso del suo lavoro si sia imbattuta in temi e problemi di carattere filosofico. Non è sorprendente, anzi
è una conferma dell’intreccio, nel periodo rinascimentale di ‘parola’ e ‘immagine’; di pictura e philosophia. Che poi all’individuazione di questo intreccio la Panzera sia stata indotta anzitutto dai suoi studi su Caravaggio,
questo è addirittura naturale.
Come si è detto questo è il libro di una storica dell’arte; chi per mestiere
si occupa di storia della filosofia può dunque trovare nelle sue pagine affermazioni non condivisibili, giudizi difficilmente accettabili. Ma sarebbe sbagliato e, perfino insensato, leggere il suo libro con questi occhi. Esso va letto
e considerato per quello che vuole essere: un capitolo di storia dell’arte su
un autore di prima grandezza, messo a fuoco intrecciando tematiche di ordine filosofico e prospettive storico-artistiche. Su questo filo la Panzera lavora sui rapporti tra Bruno e Caravaggio, un tema antico al quale si avvicina
però con occhi nuovi e, soprattutto, senza mettersi alla ricerca talvolta un
po’ ossessiva di documenti che li testimonino in modo diretto. Come la Panzera sa bene, esistono infatti gli elementi ‘strutturali’ di una situazione storica, le ‘forme’ del tempo, quei caratteri di un’epoca che potremmo, per
intenderci, chiamare ‘trascendentali’ e che si impongono al di là di conoscenze dirette e di relazioni testimoniate da documenti precisi. Naturalmente quando questi documenti ci siano è bene portarli alla luce e utilizzarli
per mettere a fuoco temi e problemi specifici, ma la loro mancanza – o il
fatto che non siano stati ritrovati – non toglie senso e validità a una ricerca
che, pur consapevole dei suoi limiti, voglia muoversi su un terreno di carattere strutturale o, come abbiamo appena detto, ‘trascendentale’.
11
CARAVAGGIO, GIORDANO BRUNO E L’INVISIBILE NATURA DELLE COSE
Da questo punto di vista le riflessioni della Panzera sui rapporti tra
Bruno e Caravaggio sono interessanti; e particolarmente suggestivo è il distacco che lei opera tra Caravaggio e la ‘nuova scienza’ galileiana – su cui
aveva insistito in un suo fondamentale lavoro Ferdinando Bologna –, agganciando proprio su questo punto Bruno e Caravaggio e valorizzando, in
tale quadro, la tematica dell’ombra e dell’‘umbratilità’. È una posizione resa
possibile da un’altra scelta fondamentale della Panzera concernente la concezione del Rinascimento: nel suo lavoro c’è una netta presa di distacco – e
io la condivido – dalle interpretazioni più tradizionali e correnti dell’epoca
umanistica e rinascimentale attraverso l’utilizzazione anche di testi ormai
classici come quelli di Haydn e Eugenio Battisti con una conseguente, e
forte, valorizzazione da un lato della tematica della ‘vita’, dall’altro di una
visione di quell’epoca che non identifica, come è stato lungamente fatto,
Umanesimo e Rinascimento.
È, questo, un punto centrale: alcuni dei maggiori pensatori di quell’epoca – da Machiavelli a Bruno – difficilmente possono essere inquadrati
entro la categoria di Umanesimo; anzi, molto spesso sono esplicitamente
estranei, o addirittura critici, rispetto all’ideologia umanistica. Basta leggere
qualche pagina del Principe o dei Discorsi per vedere questa prospettiva,
che nel caso di Bruno si sviluppa e si complica ulteriormente, essendo ripensata alla luce dell’ontologia della vita materia infinita, da cui sgorga la
cosmologia del De infinito universo e mondi e del De immenso.
È attraverso questa strada fondamentale che la Panzera si avvicina sia a
Bruno che a Caravaggio fornendoci di quest’ultimo un ritratto originale e
appassionante che implica, a sua volta – ed è l’ultimo punto su cui voglio
insistere – una concezione della ‘modernità’ più articolata e complessa di
quella consegnata agli scritti soprattutto degli storici della scienza.
L’ontologia bruniana è profondamente differente dall’ontologia galileiana, poiché è fondata, a differenza di quest’ultima, in un paradigma di tipo
qualitativo che mette in questione, in linea di principio, il concetto classico
– e ‘moderno’ – di misura, come si sottolinea in pagine centrali del De immenso. Ma questo non significa che Bruno non sia stato un pensatore ‘moderno’, come testimoniano in primo luogo la sua concezione dell’infinito,
la visione dei mondi e delle terre innumerabili, la distruzione della centralità
delle terre, compresa la nostra, ridotta a una regione circoscritta dell’universo infinito. Una regione anzi, occorre aggiungere, meno felice di altre
12
Prefazioni
nelle quali gli uomini sono immortali perché, a differenza di quanto è accaduto nella nostra, non hanno patito il peccato originale.
È su questo filo, che coinvolge una innovativa concezione del Rinascimento e dell’Umanesimo – da cui, attraverso la valorizzazione del concetto
di ‘vita’ germina una nuova visione della ‘modernità’ – che Anna Maria Panzera riesce a presentarci un’immagine suggestiva della figura e dell’opera di
Michelangelo Merisi.
13
Introduzione
Il 2010, anno di celebrazioni caravaggesche, merita una riflessione. Quasi
non si contano gli eventi, i convegni e le pubblicazioni che lo hanno corredato; gli studi hanno ricevuto l’ennesima risistemazione; sono stati presentati
molti documenti inediti; la biografia del pittore si è arricchita di nuovi dati.
Le opere di Caravaggio sono state esposte in più d’una mostra, anche all’estero, hanno risvegliato l’attenzione e convinto anche il pubblico più restio a frequentare i musei, offrendosi attraverso i percorsi più vari, da quelli
filologicamente esaustivi a quelli più sperimentali o di richiamo.
Di tutto questo complesso congegno, la componente forse più inattesa
è stata l’affluenza dei visitatori: un dato accolto senza dubbio positivamente
dai curatori e dai funzionari museali, che hanno lasciato trapelare anche
qualche nota di stupore. Ovviamente in Caravaggio si riconosce un artista
geniale, la sua vita è accattivante come un romanzo di cappa e spada. Ma
cos’altro hanno visto in quest’uomo del 1500 lo scolaro, il professionista,
l’insegnante, lo studioso, il pensionato, l’artista, il curioso, lo studente,
l’operaio e tanti, tantissimi altri? In parte un fenomeno modaiolo, accompagnato dalla solenne investitura accademica dell’équipe talare ed eterogenea di studiosi specialisti, per esempio in una città come Roma, ricchissima
delle opere del Merisi, davanti alle quali certo non sfilano quotidianamente
file di estimatori, se non nei periodi di maggiore affluenza turistica. Per
molti, invece, è stata l’occasione di ravvivare una sincera passione, e tanti
altri ne hanno approfittato per accostarsi all’artista per la prima volta. I visitatori, che hanno attraversato le sale espositive allestite in molte sedi museali italiane, si sono fermati davanti alle tele non tanto con lo sguardo dei
curiosi, quanto con quello di coloro che riconoscevano in quelle pitture –
forse senza neanche troppa consapevolezza – qualcosa di veramente fuori
15
CARAVAGGIO, GIORDANO BRUNO E L’INVISIBILE NATURA DELLE COSE
dall’ordinario; avidi dei racconti degli operatori, che davano spessore storico e sostanza ulteriore a tale riconoscimento spontaneo.
Se ci sono ragioni da comprendere, speriamo che questo libro possa
contribuirvi. Esso segue un primo lavoro pubblicato nel 19941, approfondendone alcuni spunti; cerca di capire meglio la vicenda artistica di Caravaggio, accostandolo a un’altra figura che ha connotato fortemente la stessa
epoca nel campo della filosofia, cioè Giordano Bruno; si fonda sulla convinzione che entrambi condussero una vita singolare, che agli occhi di noi
moderni diventa lo specchio di un’epoca che contenne contemporaneamente i semi di un pensiero nuovo, il terreno fertile per farli germogliare e
la falce che li abbatté.
In nessun modo questo lavoro vuole stabilire tra i due autori una diretta,
reciproca influenza, tanto meno suggerire che il pittore abbia voluto o potuto tradurre in immagini le teorie del frate di Nola.
Ma detto questo e senza sovrapporre in alcun modo le due figure, pensiamo che sia incauto ignorare quanto la conoscenza dell’uno sia utile alla
conoscenza dell’altro: entrambi sono stati due ribelli e, ciascuno a proprio
modo, due pensatori in conflitto con l’ambiente nel quale vissero. Entrambi
hanno segnato un secolo particolarissimo della nostra storia nel suo aspetto
più innovativo.
Il racconto di tale ritrovata consonanza e lo sviluppo dei capitoli procedono, perciò, secondo quest’ordine: il primo capitolo presenta un rapido affresco storico, la cui intenzione è quella di far respirare al lettore la
temperie culturale del periodo denominato Rinascimento e di indicare in
esso il percorso che conduce fino ai nostri autori, ma senza l’ausilio di griglie didascaliche troppo stringenti, nella convinzione che sia il filosofo che
il pittore siano personaggi restii alle definizioni univoche e conclusive. I
capitoli secondo e terzo si addentrano nelle opere degli autori, cercandone
i punti di contatto ma sempre restituendoli alle rispettive identità; le immagini raccolte nell’apparato iconografico sono quelle dei quadri del Merisi citati nelle pagine, ai quali vengono dedicate brevi analisi descrittive,
talvolta sostenute dal confronto con pittori a lui coevi, così da evidenziare
le peculiarità della pittura caravaggesca anche in quei caratteri che po-
1
A.M. Panzera, Caravaggio e Giordano Bruno, fra nuova arte e nuova scienza. La bellezza
dell’artefice, Fratelli Palombi, Roma 1994.
16
Introduzione
trebbero essere ricondotti a cifre stilistiche più genericamente diffuse.
Avvisiamo il lettore che qui non troverà su Caravaggio, né su Bruno, un
ampio o inedito apparato storico-documentario (peraltro tuttora in aggiornamento, come dimostrano le pubblicazioni dedicate tra lo scorcio dell’anno appena trascorso e l’inizio di quello corrente). Le notizie sulle opere
e la vita dei due autori sono ormai facilmente reperibili, dunque si è evitato
di insistere troppo sulle compilazioni biografiche, limitandoci a qualche
accenno sui periodi che hanno visto le rispettive vite in qualche modo passarsi accanto, oppure segnare con tutta evidenza alcuni aspetti delle opere
che prenderemo in considerazione.
I recenti ritrovamenti archivistici2, d’altra parte, non comportano modifiche rilevanti relativamente all’ipotesi interpretativa qui trattata. Condivisa in tutto o in parte da alcuni studiosi3, merita una rivisitazione, alla luce
di quanto sui due autori è maturato in questi anni.
Da un lato, è incredibilmente voluttuoso per uno storico dell’arte o semplicemente per gli appassionati immergersi in questo magmatico materiale,
dove i dati tecnici possono, dovrebbero unirsi a quelli emotivi e sensibili
all’unico scopo di far emergere la verità su questi personaggi straordinari.
Dall’altro, la mole numerica dei testi pone di fronte all’obbligo di una selezione. Si spera che l’apparato bibliografico consigliato risulti soddisfacente. Si è cercato di renderlo aggiornato ma anche di farlo confluire su
quei testi ritenuti più pertinenti ed effettivamente utilizzati per raggiungere
2
Caravaggio a Roma. Una vita dal vero, a cura di O. Verdi, M. Di Sivo, De Luca, Roma
2011. La pubblicazione contiene le carte rinvenute nell’Archivio di Stato di Roma, sulle
quali si è finalmente proceduto a un delicato restauro, viste le pessime condizioni in cui versavano. L’attesa esposizione è avvenuta a febbraio 2011; le anticipazioni si devono a M.
Carminati, Caravaggio. Il cielo in una stanza, in “Il Sole 24 ore”, 5 dicembre 2010, e L.
Larcan, Amori e delitti: Caravaggio in novanta carte “salvate” a Roma, in “Il Venerdì di Repubblica”, 14 gennaio 2011. Contestualmente, continuano anche i ritrovamenti di opere
inedite; dopo la recente smentita sul Martirio di S. Lorenzo rinvenuto a Roma, di proprietà
della Compagnia di Gesù (e sinceramente ci si stupisce di come l’attribuzione possa essere
stata proposta), a settembre 2010 la studiosa Silvia Danesi Squarzina ha dato l’annuncio –
durante la presentazione tenutasi alla Galleria Borghese di Roma di una recente monografia
sul pittore lombardo (F. Cappelletti, Caravaggio. Un ritratto somigliante, Electa, Milano
2009) – di analisi in corso su un S. Agostino forse di mano del Caravaggio, ritrovato durante
le sue ricerche sugli inventari di casa Giustiniani.
3
In particolare tra gli altri Ferdinando Bologna, Michele Ciliberto, Andrea Pomella,
Peter Robb.
17
CARAVAGGIO, GIORDANO BRUNO E L’INVISIBILE NATURA DELLE COSE
gli obiettivi di questo lavoro. Se qualcuno manca all’appello è per l’oggettiva difficoltà a orientarsi tra tanti contributi.
Naturalmente, la prima cura di chi scrive è stata quella di pagare un debito in termini di riconoscimento agli autori che hanno trattato, più o meno
estesamente, il tema del rapporto Caravaggio-Bruno. Con alcuni di essi in
particolare si interloquisce sin dalle prime pagine, ma soprattutto nel
quarto capitolo il lettore troverà un resoconto abbastanza completo dell’andamento degli studi caravaggeschi (e in parte anche di quelli bruniani)
in relazione all’argomento del libro e potrà così avere un’idea dei modi e
delle motivazioni che hanno condotto più di uno studioso ad accostare i
due nomi a partire dagli anni Cinquanta del secolo trascorso, fino agli anni
più recenti. Nei confronti di alcuni personaggi notissimi nel mondo degli
studi, ci siamo permessi di esprimere alcune rispettose critiche, quando si
è ritenuto che le loro parole deviassero da certe evidenze, a nostro parere
necessarie alla comprensione dei personaggi in questione, comprensione a
cui si spera di esser riusciti ad aggiungere qualche frammento in più.
Un ringraziamento particolare, poi, va a quelle persone, a quegli studiosi
con i quali ho avuto occasione di parlare, ai quali ho comunicato la consapevolezza delle molte lacune del mio primo libro su Caravaggio – nonostante sia stato gradito da tanti lettori, a cui va un pensiero speciale –, e
con cui ho condiviso ripensamenti e riflessioni nuove, intenzioni. Loro
hanno voluto ascoltarmi e sono stati in grado, con poche, illuminanti parole, di aprirmi percorsi di ricerca quando credevo di trovarmi in vicoli ciechi. Incoraggiandomi, anche con la convinzione che l’esito di questo lavoro
fosse ancora aperto.
Non è piaggeria nominarli e l’ordine alfabetico mi aiuti a evitare fraintendibili enumerazioni: Ferdinando Bologna, Michele Ciliberto, Massimo
Fagioli, Paola Vassalli.
Altri non cito, perché confido che sappiano quanto mi sono presenti e
che mi rivolgerò ancora a loro, grata della tanta intelligenza e calma che
possiedono.
18