Vademecum Ac-Caritas: Ognuno è qualcuno
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Vademecum Ac-Caritas: Ognuno è qualcuno
Vademecum per la collaborazione tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana 1 La carità è il dono di Dio per una Chiesa autenticamente missionaria Lo stile con cui l’AC intende definire in termini progettuali la collaborazione con la Caritas è prima di tutto uno stile di comunione e si ispira ad alcune grandi scelte fatte nel documento programmatico dei vescovi italiani “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia” e nella assemblea dell’AC che ha aperto il triennio 2001-2004. Dicono infatti i nostri vescovi: “….Resta sempre attuale la necessità di pensare che ogni attività evangelizzatrice è per sua natura indirizzata verso una concreta testimonianza della carità e che in ogni azione di carità va resa evidente la sua identità profonda di rivelazione dell’amore stesso di Dio. In questo modo si fanno emergere le radici trinitarie e cristologiche della carità, per cui il vangelo di Gesù è servizio di carità e la vera carità è il dono del vangelo.” (CVMC n. 62) Nella assemblea dell’AC uno dei punti fondamentali è stata la scelta della missionarietà che si gioca soprattutto nella carità. “… Un'AC missionaria è un'AC che si pone dalla parte di tutti coloro che oggi sono poveri di speranza, di senso, di certezze... E se la scelta degli ultimi consentirà a tutti una migliore qualità di vita (cfr La Chiesa in Italia e le prospettive del Paese, n 4), la scelta di camminare a fianco di coloro che nella fede camminano con fatica consentirà a tutti di maturare in una vita cristiana più consapevole, meno lontana dall’esistenza, più capace di reinterpretarsi a partire dalle domande di essa. La missione prenderà il nome di condivisione: della ricerca, del cammino, delle sofferenze, dei dubbi. Solo trovando una nuova carica di dedizione al vangelo e alle persone l’associazione troverà nuove energie anche per rigenerarsi, come accade alle realtà adulte che si esprimono nella loro maturità dedicandosi ad altro da sé. Un'AC missionaria è dunque disposta a camminare al fianco dei poveri di oggi, ad accoglierli nelle relazioni di ogni giorno, quelle che li fanno incontrare come vicini di casa o come colleghi di lavoro; come compagni di scuola o di svago… E’ un'AC che sa condurre con tutti relazioni cariche di umanità, di attenzione, di ascolto, di silenzio o di parola; sapendo intessere dialoghi di umanità significativi…, fatti per condividere, per essere vicino, per esprimere fraternità; per dire che siamo tutti figli di un Dio che ama ogni uomo… Laicità è solidarietà con il proprio tempo, è interesse e attenzione ai problemi della società di oggi, guardati con lo sguardo dei più deboli; è disponibilità a dire con la parola, con i gesti, con lo stile personale i valori della vita umana e quelli di una convivenza civile; è impegno a educarsi a giocare la propria parte nella società, per costruire un tessuto di relazioni a misura delle persone e delle loro esigenze. Laicità è dunque educarsi a vivere nella società con responsabilità, con libertà, con capacità di iniziativa.” Anche la Carta Pastorale della Caritas sottolinea che “… la carità è dimensione essenziale di una Chiesa in missione, dovunque e comunque la missione si attui: dal territorio di vita e testimonianza quotidiana, fino all'angolo della terra più lontano e all'ambiente di vita più problematico” (n. 29). Per attraversare come cristiani questo tempo occorre stare in ascolto del Signore che parla, stare in silenzio davanti a Lui, stare dentro questo tempo. Queste tre forme dello stare dicono il profilo di una fedeltà al Signore oggi, alla sua parola nella storia, alla sua strada. E’ a partire dall’essenzialità di queste tre forme dello stare che è possibile individuare il profilo di una vita cristiana che valga per questo nostro tempo. Non sono forme facili: esse chiedono totale gratuità e disponibilità a vivere in perdita di sé, ma sono l’unico modo secondo cui vale la pena di essere cristiani: quello cui il Papa dà il nome di santità: oggi si può pensare di essere cristiani solo nella prospettiva della santità: cioè di una scelta di vita forte, radicale, personalmente motivata: una scelta che costituisca il cuore dell’esistenza personale. Solo a questa condizione oggi vale la pena di essere cristiani. Solo a condizione di “fare sul serio.” La vita cristiana, per recuperare una misura alta, deve recuperare il senso dell’amore che lega ogni persona al Signore, cuore e segreto dell’esistenza. La fede diviene così la storia di un personale rapporto con il Signore e non rischia più di identificarsi con la pratica, con i comportamenti o le abitudini… essa diventa esperienza viva e raccontabile, dentro una storia personale. Questa fede porta un profumo nel mondo: quello dell’amore dato in risposta ad un amore che ci ha conquistato. Così la santità dà visibilità alla fede, consente anche ai nostri fratelli di incontrare il Signore attraverso le nostre persone. Perché questa santità è prima di tutto l’amore di Dio in noi, la carità. “Vera carità cristiana ed ecclesiale è quella che evangelizza mettendo in luce un amore che è da Dio e del suo Re2 gno; questa carità, anche in situazioni in cui per vari motivi non c'è annuncio esplicito di Gesù Cristo, è sempre portatrice di senso, ulteriorità, speranza, apertura e liberazione per la vita di ogni persona che incontra.”(cfr. Carta pastorale della Caritas n.29) Vorremmo continuare a mantenere un atteggiamento pensoso davanti alla vita e alla società; aiutarci e aiutare a leggerne i problemi ma al tempo stesso anche i segni di speranza che continuano ad essere presenti anche oggi: in tutte le persone che nella complessità della vita di oggi sanno continuare a fare con onestà il loro dovere…. Sono le persone che con gratuità sanno operare per alleviare le sofferenze dei più deboli; sono coloro che operano, sperano e pregano per la pace; sono coloro che non smettono di tessere i fili della solidarietà e della comunicazione perché la fraternità tra le persone e tra i popoli non resti un’utopia. Sappiamo che di persone così anche nella nostra storia di oggi ce ne sono non poche; in loro vediamo fiorire come per miracolo il futuro della nostra società. La scelta della formazione è qualificante l’Azione Cattolica e la Caritas Dicono i vescovi nella lettera all’Azione Cattolica: “Occorre pensare – a livello parrocchiale o interparrocchiale, zonale o diocesano – a luoghi significativi e a momenti forti di formazione, per alimentare il cammino di fede dei soci, da offrire all’occorrenza anche a coloro che hanno fatto scelte di servizio nella comunità ecclesiale o civile” (lettera n. 3) Per questo ogni nostra collaborazione deve sbilanciarsi dalla parte delle motivazioni, delle ragioni della nostra fede, della conversione dei nostri atteggiamenti. Tutto questo si chiama formazione, che è alimentare e far crescere l’esperienza religiosa delle persone, è motivarla in modo sempre più approfondito per offrire le ragioni della vita, che danno felicità vera ad ogni persona e renderla una risorsa per la Chiesa e per la società. La formazione è il momento e il luogo in cui insieme si ascolta la vita e si interroga la fede. Insieme come laici, come credenti, come persone interessate a condividere un cammino di fede…. All’interno del grande compito della chiesa di annunciare la verità, l’AC e la Caritas si incaricano soprattutto di accompagnare i percorsi personali verso la verità, quelli della e per la vita; di assumere i percorsi dei credenti più deboli e più in difficoltà, quelli che insieme al desiderio della fede portano anche tante domande, dubbi, fatiche… In particolare, l’AC e la Caritas assumono la fatica di tenere insieme la fede e la vita di ogni giorno cercando di animare luoghi nei quali sia possibile condividere il dialogo e la fraternità. La formazione è esperienza aperta e ospitale verso quanti desiderano condividere percorsi, cultura, stili, proposte… si rivolge a tutti coloro che desiderano compiere un percorso di fede o di ricerca, anche sui grandi temi della vita. Si caratterizza per uno stile di accompagnamento personale, nell’ascolto del Signore che opera nelle coscienze; valorizza la comunicazione della fede anche nella sua dimensione di testimonianza personale. La collaborazione La collaborazione tra Azione Cattolica e Caritas non nasce oggi, ma oggi vuol prendere maggior slancio su alcune linee già tracciate sia dalla Caritas che dall’AC. “La pastorale della carità, al momento di proporsi come servizio alla crescita della comunità, non può oggi non tenere conto di atteggiamenti che qui proviamo ad elencare, quasi tracciando i criteri sottostanti alle azioni da impostare: • puntare a uno stile di prossimità che privilegia la relazione umana, la compagnia, la presa in carico, l’empatia, la condivisione come traduzione della legge dell’incarnazione: il Dio in cui crediamo, che è in sé relazione trinitaria, ci raggiunge attraverso relazioni che ce ne rivelano l’amore; ne consegue l’esigenza di dare attenzione alla persona come soggetto e fine 3 • • • • • di ogni intervento: ogni persona è mistero, ogni vita è dono e tutti siamo affidati gli uni agli altri; favorire la cura delle relazioni familiari, amicali, di buon vicinato, di appartenenza sociale e culturale perché la persona sia aiutata nella presa di coscienza attiva della propria identità e ricchezza e sia messa in grado di stabilire relazioni costruttive, dialogiche, armoniose; promuovere partecipazione al momento di studiare e decidere iniziative educative, culturali, formative, informative, ricreative attraverso un’attenta e rispettosa consultazione di soggetti/destinatari e uno stile di coinvolgimento delle persone e delle agenzie del territorio; lo stile è quello di pensare, definire e verificare progetti comuni adeguati, rispettosi delle varie peculiarità, diversità e pluralità; favorire nella comunità l’educazione esperienziale alla partecipazione e alla corresponsabilità, maturando una sussidiarietà diffusa anche negli stili e nei comportamenti; far sì che partecipare significhi effettivamente “sentirsi parte”, giocare ciascuno il proprio ruolo con libertà e responsabilità; aiutare la comunità parrocchiale a ricomprendersi quale soggetto di cittadinanza territoriale che si confronta “in rete” con i diversi soggetti della società civile intorno alla costruzione ciascuno per la propria parte di responsabilità e competenze - di risposte alle istanze comunitarie. I cristiani diventano così ricostruttori sociali di “legami forti”, di patti tra cittadini, ricollocando al centro i più deboli, superando pietismi e assistenzialismi e puntando decisamente all’autopromozione, al protagonismo responsabile. In tale prospettiva molte attenzioni e impegni, a partire dal volontariato, diventano risorsa che valorizza il “capitale umano” che ogni persona è; allargare l’attenzione e gli interessi della comunità e dei singoli oltre l’immediato, verso gli “orizzonti del Regno”; ciò significa rispetto delle persone e maturazione profonda del senso della vita e del valore della pace. In concreto: azione politica e sociale mossa dalla passione per la giustizia; stili di vita personali e familiari improntati ad accoglienza, sobrietà ed essenzialità; attenzione all’ambiente come impegno pedagogico e fattivo di salvaguardia e di armonia col creato. (cfr “Da questo vi riconosceranno”: la Caritas parrocchiale n 24) Sintesi dell’intervento di Paola Bignardi al I° Seminario ACI-Caritas “Educare alla carità, cuore della missionarietà laicale” 1. 2. 3. 4. missionarietà laicale: i laici battezzati sono chiamati ad essere missionari c’è una forma tipica della m.l. legata allo specifico della vocazione laicale; l’accento si pone sulla dimensione della vita quotidiana e della vita dentro il mondo, dentro la vita di tutti il laico parla del vangelo attraverso lo stile della sua vita, prima che con le parole la via privilegiata della missionarietà laicale è l’umanizzazione anima della missionarietà è la carità in quanto dimensione essenziale e costitutiva della vita cristiana (non un segmento, ma il cuore della vita cristiana) questa vita cristiana (una vita di carità) si manifesta attraverso uno stile che si vede, che si incontra nella vita ordinaria quotidiana Alcuni nomi di una vita di carità nella vita di ogni giorno Carità è: - ascolto: faccio posto dentro di me a quello che tu vuoi dirmi di te - accoglienza: accetto di accoglierti dentro di me per toglierti dalla tua solitudine (ti faccio posto dentro di me, nella mia vita, nella mia attività, nel mio tempo…) - relazione: disponibilità a “perdere tempo con l’altro” (gratis, senza ritorno) - perdono: faccio in maniera unilaterale un passo verso di te, qualunque sia la storia che ci precede - solidarietà: la tua sorte è la mia, il tuo destino è il mio, i tuoi affari sono anche i miei - responsabilità verso l’altro: so che devo rispondere della tua vita, so che devo cercare di non cadere nell’inganno di Caino, e devo avere il riferimento in Gesù; la tua vita mi sta a cuore 4 - competenza: noi facciamo bene quello che dobbiamo fare (il mio lavoro, …) In tutto questo non c’è niente di eroico, si può fare tutti i giorni. 5. Solo l’incontro con il povero può educarci ad una vita di carità (cfr. Lc 16 – Il ricco epulone) Questo uomo ricco: - aveva una vita agiata, ma non faceva niente contro Lazzaro - viveva “pago” delle sue ricchezze, così pago che non si accorgeva del povero alla sua porta ricco = cieco, dinanzi al povero e a Dio, incapace di accorgersi di cose che sono fuori di sé Possibili lezioni: - noi possiamo vivere la nostra umanità solo se ci accorgiamo dei tanti Lazzaro che vivono sulla porta della nostra casa, fino a quelli che ci sono così vicini da potersi cibare delle briciole della nostra mensa; - l’incontro con Lazzaro ci educa solo se acconsentiamo a che sia un incontro che ci cambia la vita, nella sua concretezza; - il volto del povero rivela il volto del Signore (cf. Mt 25); così, l’incontro con il povero non solo ci cambia la vita, ma ce la salva; 6. L’incontro con il povero (per toglierci la cecità e l’indifferenza) deve avere alcune caratteristiche - legato alla normalità della vita quotidiana; - portarci a stabilire un legame; - concreto; - deve sollecitare la creatività della nostra vita; L’impegno dell’AC Premessa: qualche anno fa questo seminario l’AC non lo avrebbe mai fatto (a seguito di una certa interpretazione della scelta religiosa) Cinque affermazioni: 1) oltre le parole sui poveri 2) deve passare anche attraverso gesti concreti, che ci riguardano come persone, come famiglie, come associazione (Es: “Io adotto un nonno”, una famiglia adotta una coppia in difficoltà, “‘adotto’ un bambino in difficoltà”…) a. oltre la visita ai poveri a Natale, b. gesti organici, c. gesti vissuti nella consapevolezza che c’è bisogno di un legame con chi è nella debolezza per vivere nella carità ogni giorno 3) imparare a vivere una vita di carità ogni giorno 4) uno sguardo di predilezione per i più deboli 5) sapendo dare parole ai gesti (passando dal gesto alla cultura, dal gesto alla narrazione, dal gesto al significato del gesto) N.B.: la compromissione col povero non può essere un affare dei giovani (anche se i giovani ne hanno bisogno per la loro formazione); ma gli adulti, sistemati nelle loro ricchezze, hanno bisogno di realizzare l’incontro col povero che tiene desta la chiamata a vivere l’amore come tessuto della vita di ogni giorno Sintesi dell’intervento di Mons Vittorio Nozza al I° Seminario ACI-Caritas “Il volto che assume una comunità cristiana” - una comunità di comunione, partecipazione, corresponsabilità Impegni: - Cura dei luoghi pastorali della comunità, solitamente preposti per costruire comunione, partecipazione, corresponsabilità (cf. “Da questo vi riconosceranno” n° 21): consiglio pastorale 5 - - - parrocchiale, consiglio per gli affari economici (luogo della comunione dei beni), i ministeri istituiti e di fatto, la famiglia, le diverse espressioni associative, i luoghi della aggregazione ed i luoghi della accoglienza (cf. Convegno di Palermo) Cura e attenzione verso le mete a cui dobbiamo tentare di indirizzare la nostra attenzione: o l’amore annunciato e celebrato ha bisogno di una traduzione che non può essere delegata a nessuno; o rendere ragione di un Dio che è amore; o il povero ci evangelizza (cf. “Lo riconobbero nello spezzare il pane” n. 2 - “Poveri e Vangelo si illuminano a vicenda”) o la carità sta al centro del Vangelo e costituisce il segno che induce a credere al Vangelo Attenzione agli stili ed alle scelte di vita (dal dono di cose al dono di sé) § Stile di prossimità § Cura di relazione primarie § Partecipazione nelle decisione § Sentirsi presenza di cittadinanza che assume il territorio § Prospettiva del Regno Scelta di stare nei fatti per educare attraverso i fatti Rapporto tra comunità cristiana e territorio 1) siamo chiamati ad essere nel territorio per costruire comunione (“vi riconosceranno se vi amerete”) 2) riscoprire la solidarietà quotidiana (risvegliare le 14 opere di misericordia corporale e spirituale); se questa riscoperta si realizzasse, si creerebbe il contesto giusto per una carità di popolo 3) capacità di coniugare insieme carità e giustizia, che implica la disponibilità all’impegno politico 4) diverse forme di volontariato: gesti di gratuità che dicono con continuità la volontà di stare nel volontariato come palestra di stili e scelte di vita 5) la cura di opere-segno, che diventano nel tempo il luogo dell’educare alla carità nella comunità Scelte prioritarie di Caritas 1) esigenza di un approfondimento teologico e culturale sulla dimensione della testimonianza della carità 2) ritorno alla politica (forma più alta di testimonianza della carità a servizio degli altri) 3) formazione, pensata, vissuta ed espressa come cammini di cambiamento, forza che va a cambiare, a modificare 4) l’educazione dei giovani alla pace, alla giustizia e alla carità 5) l’assunzione di una scelta di una spiritualità di povertà (dove anche il modo di ascoltare la Parola si trasforma); a. dove si costruisce il dono di sé b. che non demorde di fronte a qualsiasi vita, anche distrutta c. che usa le cose ma non si lascia condurre da esse Quale parrocchia 1) che osserva e conosce i poveri, in modo che questa conoscenza provochi tutta l’azione pastorale 2) che educa alla solidarietà, che fa fare esperienze possibili, vicine 3) che concretamente solidarizza con i poveri 4) che collabora (con istituzioni, organismo del territorio, con gli altri soggetti di una rete territoriale) 6 Un programma di lavoro comune “La Caritas è un organismo ecclesiale che non ha finalità propria e autonoma; persegue invece una finalità globalmente e totalmente ecclesiale; in altre parole non lavora per sé, per il successo della Caritas, ma per contribuire a dare il volto, il sapore, il senso della carità cristologica e tri nitaria a tutta la Chiesa” (cfr. Carta pastorale 24). “L’Azione Cattolica non è una aggregazione ecclesiale tra le altre, ma un dono di Dio e una risorsa per l’incremento della comunione ecclesiale…nello steso tempo il carisma dell’Azione Cattolica fa di essa una vera espressione di laicati adulto e maturo, del quale la chiesa italiana ha urgente bisogno per attuare la conversione missionaria della pastorale”. (cfr lettera dei vescovi all’AC n.4) Fedeli alle finalità statutarie di entrambi gli organismi, infatti, il centro delle nostre attenzioni è il servizio alla chiesa locale. La vitalità della parrocchia, luogo di testimonianza e di missione, è certamente una sfida pastorale decisiva. “La parrocchia è il luogo familiare dove la memoria di Gesù è narrata, accolta, celebrata e condivisa” (Da questo vi riconosceranno, n° 7). La necessità di un’autentica “Chiesa tra le case della gente”, che possa, attraverso la missione e la corresponsabilità dei fedeli, annunciare il Cristo ad ognuno, richiede sempre un rinnovamento della pastorale a partire da un profondo spirito di comunione. E' su questo terreno dell'identità e della missione delle comunità cristiane locali, riunite intorno alla celebrazione dell'Eucarestia, che si potranno delineare percorsi comuni tra Caritas e AC. In questo senso i gruppi di AC (che hanno nella parrocchia il luogo privilegiato di vita) e le Caritas parrocchiali possono suscitare sinergie nuove e contribuire ad una maggiore comunione a partire dalla vicinanza ai più deboli. Entro l’orizzonte sopra delineato, entro i programmi che la Caritas ha avviato nel suo servizio ordinario e straordinario alle comunità cristiane, entro le decisioni della XI assemblea in cui l’AC si è impegnata a: • proporre ogni anno una iniziativa che annunci in maniera creativa e visibile i valori della pace, della solidarietà con i poveri, dell’educazione, della giustizia, in rapporto anche alle esigenze del territorio. • a dare valore ad alcune esperienze di servizio senza le quali è impossibile, soprattutto alle nuove generazioni, apprendere dimensioni essenziali della vita cristiana. a dar vita annualmente alla settimana della carità, dedicata a un concreto impegno di solidarietà. AMBITO FAMIGLIA Dalle Linee guida per la collaborazione tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana Le famiglie, luoghi di solidarietà Sempre sul fronte del rinnovamento della vita cristiana, e in particolare nella rinnovata attenzione pastorale alla famiglia, possono essere valorizzate, anche al di là degli spazi associativi, le molte esperienze di nuovi stili di vita, di famiglie aperte ed accoglienti. A dieci anni dalla pubblicazione del direttorio per la pastorale famigliare è importante approfondire la missione della famiglia nella Chiesa, aiutandola a vivere la sua soggettività ecclesiale originale e specifica e la sua partecipazione allo sviluppo della società. Se la famiglia diventa soggetto della vita di carità si possono affrontare anche tanti problemi concreti di aiuto vicendevole, di accoglienza dei poveri, di sensibilizzazione alle nuove povertà. Le stesse famiglie hanno bisogno di sperimentare la solidarietà di tutti nella fatica della loro quotidianità, nei traumi indotti dalla lacerazione della fedeltà coniugale, nelle famiglie divise, nelle separazioni, nelle fragili convivenze da far crescere verso decisioni più mature e responsabili.. Si può pensare un proficuo coinvolgimento di Azione Cattolica Italiana nel lavoro già iniziato da Caritas Italiana e Ufficio CEI per la pastorale della famiglia. Dalle sintesi per ambito del I° seminario tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana Punti di forza: 7 - La consapevolezza, che va diffondendosi, che vede la famiglia come risorsa e non come problema L’accompagnamento della famiglia verso stili di vita quotidiani improntati alla solidarietà (ad esempio, amicizia tra coppie, l’educazione ad “aprire” la casa…) La diffusione di una cultura della solidarietà; si è sempre di più presenti, come famiglia, nella solidarietà della comunità Il superamento del modello formativo dei “corsi” a favore dei “percorsi” La diversità di tante esperienze presenti nelle realtà diocesane La vita familiare come modello di solidarietà (che si allarga per cerchi concentrici oltre la casa) Possibili cammini comuni: A livello nazionale o favorire la conoscenza delle linee di fondo del “Progetto famiglie solidali” di caritas e ufficio CEI per la famiglia o un luogo di elaborazione e riflessione (in forma di laboratorio) da cui far emergere iniziative, proposte, progetti, sussidi… A livello diocesano: o Riportare la famiglia al centro della pastorale ordinaria: attenzione alle famiglie nel momento dei sacramenti dei figli, attenzione ai giovani nella crescita vocazionale, attenzione alla coppia (serve un supporto preciso, valido, continuativo) A livello parrocchiale: Parrocchia: Chiesa tra le case della gente. Questa prospettiva indica una parrocchia che deve andare verso le case, che non aspetta, una parrocchia fatta di case e di famiglie che la abitano Spostare il baricentro della vita della comunità dall’edificio del culto alle case Formazione caritas parrocchiale secondo le prospettive conciliari. C OSA PROPONE LA CARITAS SULLA FAMIGLIA Famiglie Solidali esperienze di solidarietà familiare nelle Diocesi Italiane «Oggi più che mai la famiglia è l’epicentro di tutti gli avvenimenti sociali e culturali che investono le diverse popolazioni e l'intero contesto mondiale. In particolare, per questa sua centralità, è quasi sempre il contesto terminale in cui si riversano gli effetti gravosi dei piccoli e grandi drammi degli uomini. Così come è, di conseguenza, quello speciale consorzio umano in cui possono essere offerte le migliori risposte alla sofferenza delle persone. Gran parte delle storie di emarginazione, abbandono violenza e povertà affondano le loro radici nelle travagliate vicende di famiglie che, giorno dopo giorno, portano pesi troppo onerosi per le loro fragili risorse, con sempre meno probabilità di trovare sul loro cammino altre famiglie o servizi in grado di alleviarne le sempre più insostenibili fatiche». (cfr. Progetto CEI Famiglie solidali) Di fronte a questo quadro la Chiesa, nel suo compito di servizio all'uomo, è chiamata a riscoprire il ruolo e la vocazione speciale della famiglia cristiana come insostituibile nella sollecitudine verso le famiglie sofferenti. Caritas Italiana e l’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia hanno costruito e proposto, con il coinvolgimento dei rispettivi Uffici di alcune Diocesi individuate per una prima sperimentazione, un itinerario per lo sviluppo di esperienze quotidiane di solidarietà familiare per prevenire il disagio e riscoprire, attraverso i rapporti interfamiliari, la vocazione della famiglia ad essere soggetto ecclesiale di evangelizzazione e testimonianza della carità. L’itinerario sarà concretizzato attraverso un programma operativo che prevede: § una formazione specifica per le famiglie impegnate nel Progetto § la costruzione di reti familiari 8 § § § l’attenzione alle famiglie più gravate da situazioni di disagio l’attenzione alle famiglie di nuovo insediamento la promozione di stili di vita familiari solidali e responsabili rispetto alla gestione economica, all’impegno civile organizzato, ad una solidarietà più ampia e universale. Un Gruppo Nazionale di Supporto, costituito da incaricati e coppie referenti per entrambi gli Uffici pastorali, conduce il programma operativo e offre sostegno alle Diocesi per individuare percorsi di condivisione del quotidiano delle famiglie, ricostruendone il tessuto relazionale e aprendole a nuovi spazi di cittadinanza. Partecipano al progetto: l’Arcidiocesi di Palermo e le Diocesi di Reggio Calabria, Lecce, San Benedetto del Tronto, Pistoia, Cuneo e Como. Nel primo anno di avvio, dopo un approfondimento accurato con esperti, è emersa l'esigenza di un confronto diretto con le esperienze di solidarietà familiare già in atto nel nostro Paese. Il programma è stato poi presentato all’approvazione dell’assemblea permanente della CEI che ha stabilito l’attribuzione di uno specifico contributo alle Diocesi impegnate nella sperimentazione. In ciascuna Diocesi è stato costituito un Gruppo diocesano di Supporto al Progetto composto dal direttore della Caritas diocesana, dal direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia, da loro incaricati ed esperti e da referenti delle comunità parrocchiali coinvolte. La seconda fase prevede in ciascuna delle parrocchie coinvolte l’impegno di una famiglia per il coinvolgimento di altre famiglie. Fino a questo momento il Progetto si è sviluppato attorno alle seguenti tappe: § § § § febbraio 2003: incontro del Gruppo Nazionale di Supporto con i Gruppi diocesani e le prime famiglie coinvolte. marzo/settembre 2003: avvio di esperienze di servizio a persone e famiglie in condizione di grave emarginazione, con il coinvolgimento delle comunità parrocchiali. maggio 2003: verifica intermedia del percorso e incontro/confronto con esperienze di solidarietà familiare in atto in Italia. settembre 2003: incontro plenario con tutte le famiglie e gli operatori coinvolti nel progetto; avvio della seconda fase: l’impegno di ciascuna famiglia già impegnata nel Progetto a coinvolgere altre famiglie. L’esperienza sarà poi oggetto di verifica in un convegno unitario dei direttori delle Caritas diocesane e degli Uffici diocesani per la pastorale della famiglia. AMBITO FORMAZIONE Dalle Linee guida per la collaborazione tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana “Per una formazione di qualità” Ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza educativa. Rispondendo all’invito dei nuovi Orientamenti Pastorali insieme potremmo riflettere su cosa significhi per noi oggi educare, insistere sulla qualità della formazione rispondendo alle domande antropologiche evidenziate più volte all’interno “del progetto culturale orientato in senso cristiano” alla ricerca di strumenti pastorali adeguati. Di fronte alle molte sfide che ci riserva il futuro l'educazione appare un mezzo prezioso ed indispensabile che potrà consentirci di vivere i nostri ideali di pace, libertà, giustizia e solidarietà. Sempre di più, oggi, la formazione è ritenuta autentico “baricentro” dei sistemi socio-culturali, non solo come processo continuo di miglioramento delle conoscenze e delle abilità, ma anche, e soprattutto, come mezzo straordinario per accompagnare lo sviluppo personale e della coscienza degli uomini, tanto che si può ritenere l'educazione come un autentico volto dell'Amore. Concretamente il tutto si può tradurre in schede (moduli di formazione) che, tenendo conto delle varie fasce d’età (ragazzi, giovanissimi, giovani, adulti, terza età…), possano aiutare i destinatari a 9 riflettere sulla necessità di rinnovare l’attenzione della comunità parrocchiale all’animazione della testimonianza della carità in una prospettiva missionaria. Tali schede potrebbero essere pubblicate periodicamente dai rispettivi organi d’informazione o integrate negli stessi testi formativi Un seminario di studio destinato ai presidenti diocesani di Azione Cattolica ed ai direttori delle Caritas diocesane potrebbe essere una periodica occasione di confronto e di rilancio dell’azione educativa nelle rispettive realtà. Gli obiettivi possono individuarsi nel confrontarsi sulla memoria delle nostre realtà per cogliere le sfide che il presente ci pone. Dalle sintesi per ambito del I° seminario tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana PUNTI DI FORZA: Centralità riconosciuta alla persona di Gesù ed al Vangelo, che implica la prospettiva di una contemplazione del volto di Cristo nel volto dei fratelli PUNTI DI FORZA RELATI VI ALL’AC PUNTI DI FORZA RELATI VI ALLA CARITAS - il metodo esperienziale - il metodo della pedagogia dei fatti - la disponibilità al servizio educativo - la dotazione di strumenti adeguati e sperimen- la dotazione di strumenti adeguati e sperimen- tati tati - presenza di testimoni e di iniziative “esempla- il radicamento nel territorio e diffusione fra tut- ri” ti i ceti sociali - la storia e la tradizione della Caritas, che com- la prospettiva della formazione come “carità porta, fra l’altro credibilità ed affidabilità ricointellettuale” nosciute - l’avvicendamento dei responsabili e, dunque, - la prospettiva pedagogica della condivisione una progressiva disseminazione di alcune con- della vita del povero sapevolezze e scelte - la popolarità data dalla capacità di accoglienza - l’enfasi data alla spiritualità laicale - la tensione all’unità della vita ecclesiale fra an- l’educazione alla responsabilità nuncio della Parola, celebrazione e testimo- la valorizzazione delle relazioni educative (ed il nianza della carità valore attribuito all’esperienza del gruppo) - la personalizzazione della formazione e l’attenzione alle età e condizioni di vita il sostegno del vescovi e dei preti; una progettualità comune; un “linguaggio” comune; la ecclesialità di ciascuno; la disponibilità e valorizzazione di persone “di collegamento”; la condivisione dei carismi specifici: ricchezza della diversità POSSIBILI CAMMINI COMUNI : A livello nazionale realizzare un maggiore collegamento nella stampa e nella produzione di testi e sussidi formativi; collaborare nella formazione dei formatori; attivare un laboratorio nazionale comune sul metodo nella formazione; realizzare annualmente un seminario comune. A livello diocesano attivare un laboratorio diocesano o zonale comune di formazione per animatori Caritas e responsabili AC; individuare e valorizzare figure “ponte” nei rispettivi organismi; collaborare nella formazione dei formatori; realizzare annualmente un incontro dei responsabili diocesani di Caritas e AC in vista della programmazione annuale; valorizzare in chiave formativa le opere-segno presenti sul territorio A livello parrocchiale sostegno reciproco e sinergia “Settimana della carità” (magari da spostare in avvento) promossa insieme per formare alla carità tramite la pedagogia dei gesti 10 C OSA PROPONE L’AC SULLA FORMAZIONE La formazione dell'AC è esperienza aperta e ospitale; si rivolge a tutti coloro che intendono compiere un percorso di ricerca sulla fede e sui grandi temi della vita. Si caratterizza per uno stile di accompagnamento personale, nell’ascolto del Signore che opera nelle coscienze; valorizza la comunicazione della fede anche come testimonianza. Se si guarda in profondità, ci si rende conto che ciò che lascia un’impronta nella vita delle persone è il clima in cui sono cresciute; i valori che hanno respirato; le esperienze in ci sono state coinvolte… C’è dunque, accanto ad un’azione formativa intenzionale e strutturata, un’incisiva azione formativa che passa attraverso la vita – associativa, in questo caso! - le sue relazioni, le sue priorità, le sue provocazioni. Le esperienze formative Ciò che l’AC propone sul piano formativo è complesso, come lo è l’esperienza stessa dell’AC. Occorre tenere conto che l’AC ha una sua identità e che tuttavia rimanda ad altro da sé. Le principali esperienze formative sono: § la partecipazione alla vita della propria comunità § gli incontri formativi § la catechesi § il servizio § il dialogo I “luoghi” della formazione sono: § il gruppo § il dialogo spirituale personale § la propria comunità Le scelte educative di fondo: § La centralità della persona § L’attenzione alle domande formative § La personalizzazione della proposta § Le opzioni pedagogiche del gruppo e dell’esperienza LA DINAMICA DELLA FORMAZIONE DELL’ACI Ci sono tre componenti, nella proposta di formazione, che interagiscono tra loro. In primo luogo, la formazione deve provvedere alla appropriazione della fede battesimale. Nell’esperienza formativa oggi c’è bisogno di annuncio: le persone hanno bisogno di riascoltare la novità del Vangelo. La formazione, in secondo luogo, deve dare alle persone la coscienza della stagione della propria vita. In questa prospettiva, deve contribuire a far rielaborare i vissuti personali, spesso vero banco di prova della vita quotidiana e della possibilità dell’incontro tra essa e il Vangelo, e far rielaborare le strutture antropologiche della propria età, come “luogo” di un’esperienza spirituale (le relazioni, il dialogo, il rapporto tra generazioni, la responsabilità, la ricerca, la solitudine, il dolore, l’amore…). La formazione deve contribuire, infine, a far compiere un discernimento della realtà storica entro cui si vive. Questo implica, ad esempio, la capacità di leggere e di interpretare i caratteri del proprio tempo e le sfide che esso pone alla coscienza credente. L’associazione, con le sue relazioni, i suoi dialoghi, le sue persone, le sue occasioni… è il luogo dove fede, vita personale e vita del mondo si incontrano, interagiscono, possono produrre nuova cultura e segni leggibili nel contesto di cui si è parte. E l’associazione è data dal gruppo associativo, che ha una diversa funzione nelle diverse età della vita; da una proposta ideale e formativa con cui si rivolge alle singole persone per il loro cammino personale; è data dagli educatori che in associazione operano; è data dalla vita associativa che in sé ha un valore e un’efficacia formativa. Questa nuova 11 cultura si comunica attraverso l’esercizio di una vita laicale adulta; attraverso le parole che l’associazione pronuncia; attraverso le scelte e le iniziative che l’associazione mette in atto. C OSA PROPONE LA CARITAS SULLA FORMAZIONE «Al di sopra di questo aspetto puramente materiale della vostra attività emerge la sua prevalente funzione pedagogica, il suo aspetto spirituale che non si misura in cifre e bilanci, ma con la capacità che essa ha di sensibilizzare le Chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi ».1 Da più di trent’anni questa frase di Papa Paolo VI interpella la responsabilità e l’azione della Caritas in Italia. Non si può riflettere sul formare alla testimonianza comunitaria della carità senza riferirsi a questo criterio di verifica per l’azione pastorale della Caritas: “in che modo i dormitori aperti, i pasti caldi serviti, le ore di ascolto donate, l’assistenza ai fratelli durante le emergenze prossime o lontane sono stati educativi per la comunità cristiana che siamo chiamati a servire?”. Ne emerge un altro polo decisivo nella riflessione e nell’azione della Caritas, la pedagogia dei fatti2: quell’attenzione educativa che si pone come obiettivo la crescita di ogni persona e dell’intera comunità cristiana attraverso esperienze concrete, significative, partecipate. La testimonianza di carità rende capaci del gesto concreto verso chi è nel bisogno, qui e ora; educa a lavorare insieme e a camminare al passo degli ultimi; insegna l’attenzione al povero che è sempre persona, mai riducibile a un numero, a un caso; aiuta a scoprire che l’altro, per quanto sfigurata possa essere la sua sembianza, è sempre un volto in cui rispecchiarsi e riconoscersi simili, fratelli. Questo presuppone la consapevolezza dello stretto collegamento tra gli impegni di carità e i doveri di giustizia, la percezione che per risolvere i problemi bisogna risalire alle cause e contrastarle, il legame esistente tra lo sviluppo dei popoli e la causa della pace nel mondo, la necessità di saldare insieme le grandi prospettive di cambiamento sociale e politico con i piccoli passi quotidiani e con la coerenza personale. Come realizzare tutto questo - cioè le prassi, le proposte educative, i processi formativi che incidano nel vissuto delle comunità - è un aspetto decisivo della formazione proposta dalla Caritas agli animatori pastorali della parrocchia, del vicariato, della diocesi, in Italia e nelle Chiese sorelle dei Paesi in via di sviluppo. Di seguito un elenco non esaustivo e incompleto dei criteri alla base di quello che si va delineando come piano formativo della Caritas per i prossimi anni: § la trasformazione dei fatti in processi educativi, attraverso l’inserimento in un percorso che salda azione e riflessione personale e comunitaria § la ricerca di un linguaggio per parlare a tutti: una sorta di alfabeto comune a partire dal vissuto quotidiano di ognuno (comunicazione attenta ai destinatari, che punta ad una formazione attiva e pensa i contenuti in forte interazione con il metodo) § pensare il cammino di crescita della comunità cristiana all’interno di un processo che tenga conto della complessità delle persone e del loro vivere sociale § la costruzione di una logica progettuale della formazione che passi attraverso: l’analisi attenta della realtà; l’intelligente coinvolgimento delle risorse personali, comunitarie e istituzionali (dalla vicina di casa all’assistente sociale, dal catechista al Sindaco, dal volontario all’imprenditore…); la tessitura di reti di comunicazione e solidarietà; l’individuazione di luoghi di verifica personali e comunitari § l’inserimento della formazione degli animatori della Caritas nel contesto comunitario delle proposte pastorali (educative, spirituali, culturali…) rivolte all’intera comunità e dei cammini proposti agli altri animatori e operatori pastorali della parrocchia, del vicariato, della diocesi (di cui è fondamentale conoscere la situazione socioculturale) 1 CARITAS ITALIANA, Perseveranti nella carità, cfr.Discorso di Paolo VI alle Caritas diocesane convenute a Roma per il loro I Convegno nazionale, Bologna, 2003, p 14 2 CARITAS ITALIANA, «Da questo vi riconosceranno…» (Gv13,35) La Caritas parrocchiale, n.37, Bologna, 1999, p38 12 § articolare la formazione in proposte di formazione base, specifica e permanente per costruire un accompagnamento costante: - formazione base per motivare l’impegno, offrire un quadro di riferimento, indicare linee guida, porre a confronto esperienze in uno stile di laboratorio - la formazione specifica per produrre competenze, rielaborare vissuti, fornire strumenti - la formazione permanente per rinnovare le motivazioni, dare chiavi di lettura; indicare piste di ricerca, realizzare forme adeguate di accompagnamento. AMBITO MISSIONARIETÀ Dalle Linee guida per la collaborazione tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana “Per una missione senza confini” In questi anni sia l’AC che la Caritas hanno dedicato molta attenzione ai paesi dell’Est portando sia l’apporto concreto di una solidarietà umana, sia l’aiuto a ricostruire valori, esperienze di fede e di chiesa. L’ accompagnamento del cammino delle chiese sorelle uscite dai regimi dell’Est, in seguito dell’impegno in varie emergenze, costituisce un importante terreno di collaborazione. La formazione di autentiche coscienze conciliari, di un laicato corresponsabile, di un’ecclesiologia di comunione richiedono, anche nel metodo, una pluralità di apporti. In questi paesi molti offrono il loro prezioso aiuto; accanto a questi è necessario offrire anche l’esperienza di un laicato associato, dedito alla vita della comunità, capace di progetti formativi, per far crescere chiese vive secondo la visione conciliare che spesso non è stato possibile attuare nei tempi dell’ateismo di stato. L’apporto anche del Forum internazionale dell’AC (Fiac) può collegare a tutte le altre esperienze di Azione Cattolica. In collaborazione con l’ufficio CEI per la Cooperazione Missionaria si dovrebbe individuare un paese (ci sono convergenze comuni su Bosnia Herzegovina,…) su cui pensare un lavoro comune. Dalle sintesi per ambito del I° seminario tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana Punti di forza: 1. Ecclesialità - Occorre, innanzitutto, richiamare la natura dei due soggetti, la ecclesialità che connota Caritas e AC. Caritas può incontrare e dialogare con tanti gruppi e movimenti; AC agisce a livello intergenerazionale. 2. Formazione e patrimonio culturale: occorre riscoprire e riproporre il background delle due esperienze. Attenzione ai ragazzi (forte nell’AC e possibile sponda per il coinvolgimento delle famiglie) 3. Complementarietà delle identità: entrambe le organizzazioni hanno tutto da guadagnare nella collaborazione in quanto sono complem entari (ciascuna può acquisire dall’altra per un completamento di sensibilità ed esperienza) 4. Capillarità: su questo aspetto non ci sono differenze a livello locale, mentre a livello internazionale Caritas è più diffusa. Il modello di collaborazione che si sperimenta in Italia potrebbe essere esportato in altri paesi 5. Serbatoi di professionalità: fra i soci AC e gli operatori caritas ci sono molte esperienze e competenze che possono essere valorizzate per il lavoro comune (per mettere al centro della persona) Cammini comuni: 1. Formazione - servono luoghi, a tutti i livelli, di collaborazione e confronto fra le due strutture 2. Discernimento - (soprattutto a livello internazionale) un momento di discernimento comunitario sulla situazione dei paesi in cui intervenire (andare oltre l’intervento materiale ed avere a cuore il sostegno globale alla persona, di cui intercettare le esigenze profonde) ad esempio, sulla Bosnia sentire tutti i soci AC e gli operatori Caritas che vi sono impegnati. Naturalmente, occorre anche sentire le chiese locali in cui si interviene 3. Progettazione 13 4. Comunione - l’AC può sostenere le caritas in tutte le parrocchie, mentre la Caritas può aiutare l’AC al livello internazionale nella promozione dell’associazione stessa C OSA PROPONE L’AC SU MISSIONARIETÀ – RAPPORTI INTERNAZIONALI L’attenzione dell’AC in questi anni è stato molteplice e ha toccato vari ambiti: dalla cooperazione internazionale tra le chiese, alla realizzazione di varie campagne di raccolta-fondi per la realizzazione di vari progetti soprattutto nel “sud” del mondo e nell’Est Europa, alla formazione di volontari, in modo particolare di giovani che decidono di trascorrere parte delle loro ferie estive in un campo scuola-lavoro, alla formazione di veri e propri laici “evangelii nuntiandi”. Ultimamente l’AC ha fatto una scelta “di fedeltà”, ovvero di accompagnamento di quelle realtà allora investiti di numerosi progetti, anche da parte della società civile, ma che ora, perché non più al centro dell’attenzione mass-mediatica, sono caduti nel “dimenticatoio”. Realtà come la BosniaErzegovina, l’Albania, la Sierra Leone…oggi non fanno più notizia ma necessitano più che mai di un aiuto, non solo materiale, quanto di vicinanza e di “expertise”. Il compito quindi che l’AC si pone è quello di accompagnare, attraverso un costante confronto con le chiese locali, le stesse realtà di prima, ma puntando ora sulla riconversione di progetti che, passata la fase di emergenza, possono a lungo andare reggersi da soli. In questo senso la formazione in loco assume un’importanza notevole; una formazione intesa come globale che investe l’intera persona e non solo le sue competenze professionali e/o religiose. Questa stessa formazione non è unicamente rivolta ad extra, ma si sta rivelando necessario approfondire e sperimentare nuovi cammini di formazione anche dei nostri associati che intendono trascorrere un periodo della loro vita in una di queste realtà affinché avvenga un effettivo scambio di dono tra le persone, tra le chiese interpellate. Si tratta di “impostare” uno stile di una presenza dell’AC negli altri paese, che comunque è già presente, ma che necessità lineamenta più attenti e definiti. In questo senso la “ricerca reciproca” tra AC e Caritas, in occasione di presenza su un territorio straniero appare fondamentale. Un’altra sfida accolta in modo più significativa, è quella che potremmo definire “dimensione internazionale in casa”. Finora spesso la dimensione internazionale era una realtà vissuta e pensata da pochi, oggi , proprio perché l’internazionale è entrato nelle nostre case, si impone di condividere con molti, se non con tutti, questa ricchezza: più che di integrazione si tratta di convivenza e di reciprocità. Pertanto l’AC nei prossimi mesi si impegnerà soprattutto nel promuovere incontri con quelle comunità, in particolare quella albanese, presente sul nostro territorio. Infine attraverso ed in collaborazione con il FIAC (Forum Internazionale di Azione Cattolica), l’AC intende da una parte promuovere la conoscenza e la collaborazione con le associazioni “gemelle”; promuovere la rinascita di quelle realtà associative che nel tempo e per vari motivi sono venute meno che di stimolare incontri con i sacerdoti “fidei donum” e laici “evangelii nuntiandi” italiani nei vari paesi del mondo, oltre ad affrontare tematiche di dimensione “internazionale”. C OSA PROPONE LA CARITAS SU MISSIONARIETÀ – RAPPORTI INTERNAZIONALI Criteri alla base degli interventi delle Caritas diocesane all’estero Con frequenza sempre maggiore lo scenario internazionale porta all'attenzione del grande pubblico situazioni drammatiche dovute ad emergenze di diversa natura. In questi casi un intervento deciso, veloce, ben organizzato può salvare migliaia di vite umane. La definizione di emergenza non può comunque limitarsi alla fase acuta della calamità. Scenari come quelli attualmente in atto in Sudan, Etiopia-Eritrea, Sierra Leone, Timor, Colombia, zona centrale dell'Africa, Cecenia, Balcani, Iraq ed in altre zone meno alla ribalta interrogano le coscienze dell'intera umanità. Di fronte a queste situazioni non basta la "macchina organizzativa", pur importante, dei soccorsi internazionali. Occorre lavorare nella prevenzione e nella formazione delle 14 coscienze, nei valori più profondi dell'umanità troppo spesso negati nel quotidiano. Alle competenze occorre affiancare le esperienze e, soprattutto, una grande capacità di analisi e di ascolto. Di seguito, in estrema sintesi i principali criteri adottati dalla Caritas in Italia negli interventi all’estero. 1) Un intervento di solidarietà non può esaurirsi con la fase di prima emergenza, ma si sviluppa nel tempo verso i piani di riabilitazione e di sviluppo. Le agenzie umanitarie non devono cadere nella tentazione di concentrarsi tutte nella primissima fase. In alcuni casi si assiste ad una esagerata concentrazione di organismi sullo stesso territorio nelle stesse settimane che causa, tra l'altro, sconcerto e in qualche caso irritazione tra la popolazione. Il cosiddetto "continuum" tra emergenzariabilitazione-sviluppo deve essere programmato fin dall’organizzazione dei primi aiuti. 2) Nessuno meglio di chi vive in un determinato territorio conosce le situazioni di rischio, le risorse presenti in zona o comunque facilmente accessibili, i possibili sviluppi delle diverse situazioni, oltre che, ovviamente, storia e cultura della popolazione sinistrata. In altre parole, il coinvolgimento delle controparti locali è fondamentale in tutte le diverse fasi e permette di investire fin dall'inizio nei soggetti che, in prospettiva, saranno i protagonisti dell'auspicabile ripresa. 3) Un altro criterio importante consiste nell’approccio di area: l'organismo che si fa parte attiva deve tener conto del complesso dispiegarsi dell'emergenza, per evitare squilibri e poterne cogliere le coordinate dell'evoluzione. È naturale, a questo proposito, richiamare l'importanza di un buon coordinamento tra le diverse agenzie, sia nei Paesi che si attivano per l'organizzazione di iniziative di solidarietà, sia nei territori coinvolti. 4) L'opinione pubblica è comprensibilmente molto sensibile all'utilizzo delle diverse risorse messe a disposizione. Tutti gli organismi impegnati su questo fronte di intervento devono impostare le proprie attività su rigorosi criteri di trasparenza, onestà, eticità e professionalità. L'aiuto deve essere realmente destinato ai più poveri, adattato ai bisogni e alle abitudini delle popolazioni, diversificato, per rispondere alle necessità più urgenti delle diverse fasce deboli. Gli interventi devono favorire i raggruppamenti familiari e, per quanto possibile, le loro attività quotidiane. 5) Particolare importanza ha l'aspetto della formazione dei volontari e degli operatori. Non è importante "quanto si fa", né "quanto si porta", ma "come ci si pone in servizio". È da privilegiare la scelta di investire nell'uomo e nelle sue organizzazioni, piuttosto che nelle cose. Lavorare sulle coscienze, diffondere valori, ricostruire solidarietà, favorire percorsi di riconciliazione equivale a costruire un futuro di pace. 6) Un'informazione martellante e le immagini forti contribuiscono alla mobilitazione dell'opinione pubblica e, di conseguenza, alla raccolta di fondi. Esiste d’altra parte il rischio di distorcere la visione dei problemi e delle possibili soluzioni. Occorre tentare di far capire le cause di ciò che sta accadendo, l'interdipendenza degli avvenimenti e la reciprocità di alcuni problemi. La prevalente "funzione pedagogica" dell’organismo pastorale Caritas implica il riconoscere che il valore principale non sta nel denaro offerto e nell'efficacia degli aiuti che esso può consentire, ma nella fraternità che esprime e nell'amore che fa crescere. Per questo è necessario che la Chiesa non si limiti a proporre raccolte di fondi, ma faccia conoscere alla comunità le situazioni di dolore, le cause sottostanti e le possibili risposte anche in termini di stili di vita personali e comunitari. AMBITO EDUCAZIONE ALLA PACE Dalle Linee guida per la collaborazione tra Azione Cattolica Italiana e Caritas Italiana “Cogliendo la sfida della pace” Il cambiamento previsto del sistema di arruolamento per la leva militare che dal 2005 non sarà più obbligatoria e che prevede la possibilità di optare o per il servizio civile sia maschile che femminile o per la leva o per nessuna delle due, esige che ci sia una preparazione non improvvisata del mondo 15 giovanile per fare scelte di valore. Le ragazze oggi possono fare domanda di servizio civile, affiancandosi o sostituendo all’anno di volontariato sociale. L’Azione Cattolica vede l’urgenza di fare interventi educativi soprattutto orientati ai giovani, ma non solo per mettere in luce gli aspetti positivi del servizio civile. L’obiezione di coscienza sarà sempre un valore da promuovere. Oggi però con la Caritas si possono fare progetti per sensibilizzare i giovani a donare questo tempo alla comunità, al mondo dei poveri, a iniziative di pace. In particolare è già stato presentato un progetto in collaborazione per una prima esperienza di servizio civile presso il Centro nazionale per studiarne le implicanze e le esigenze formative. Il progetto di servizio civile volontario realizzato da Azione Cattolica e Caritas Italiana Il progetto “Servizio civile dei giovani per i giovani” ideato insieme dalla Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana e dalla Caritas Italiana nasce dall’ascolto anche delle parole che il Santo Padre ha pronunciato in occasione del 30° anniversario della Caritas Italiana, quando dice che occorrono dei progetti in grado di liberare "le fresche energie di tanti ragazzi e ragazze che, grazie al servizio civile possono dedicare una parte del loro tempo ad interventi socio-caritativi in Italia e in altri Paesi. In tal modo potrete contribuire a dar vita a un mondo in cui tacciano finalmente le armi e trovino attuazione progetti di sviluppo sostenibile". Le finalità per cui è stato promosso sono invece quelle indicate recentemente dai Vescovi italiani quando hanno invitato la Caritas Italiana per i suoi 30 anni, a ridefinire il quadro entro cui costruire il nuovo Servizio civile, ossia: 1. formazione della persona; 2. scelta preferenziale per le situazioni di povertà e di emarginazione; 3. diversificazione delle proposte secondo gli interessi e le prospettive dei giovani; 4. rilancio dello stesso servizio civile come contributo al bene comune; 5. attenzione alle situazioni locali e quelle dei Paesi più poveri o in guerra. Gli obiettivi specifici del progetto sono: 1- FORMAZIONE DEI VOLONTARI Il primo obiettivo è promuovere nei partecipanti al progetto la cultura della solidarietà e le competenze alla comunicazione sociale. Il “Servizio Civile dei Giovani per i Giovani” si configura come un progetto a servizio di altri progetti di Servizio civile nazionale. In particolare si propone di formare i volontari e di dotarli di quelle competenze e abilità che gli permettano durante il servizio di promuovere con efficacia la scelta del servizio civile volontario. La formazione delle ragazze in servizio avverrà così attraverso: • Un’intensa esperienza di vita comunitaria Alle volontarie è offerto un percorso di vita comunitaria sostenuto dalla preghiera e da spazi di condivisione personale. Ad esse si affiancheranno per accompagnarle un sacerdote assistente ed una responsabile. • Un percorso di formazione teorica sostenuto dagli Istituti Scientifici dell’ACI Alle ragazze sarà offerto un percorso di educazione ai temi della pace, della giustizia sociale, della cittadinanza e dell’attenzione al territorio in collaborazione con l’Istituto Bachelet, con l’Istituto Paolo VI per quanto riguarda un analisi storica di tali tematiche, nonché con il nascente Istituto Toniolo. Seguiranno le ragazze in questo percorso di formazione finalizzato alla realizzazione di strumenti da mettere a disposizione degli altri progetti di SCV due responsabili ed un assistente. • Un’esperienza concreta di servizio in collaborazione con “La lucerna” ONLUS Alla formazione teorica si aggiungerà la possibilità di avvicinarsi a situazioni di concreta difficoltà. Le ragazze a gruppi di due frequenteranno tre centri di volontariato tutti promossi o coordinati da “La lucerna” ONLUS, di cui fa parte Maria Teresa Tavassi, a suo tempo responsabile nazionale dei percorsi AVS per Caritas Italiana. I centri sono: § Casa Famiglia “Verzeri” per ragazze vittima della tratta gestito da religiose; § Casa Famiglia per minori; 16 Laboratorio di pellame e cartonage per giovani donne in difficoltà gestito direttamente dalla “La lucerna” ONLUS. E’ previsto ogni 15 gg un incontro delle ragazze con i responsabili del progetto ed una figura di sostegno con presenza costante per verificare la loro esperienza concreta di servizio. § 2- PROMOZIONE DEL SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO Il secondo obiettivo è invece quello di sensibilizzare ed informare i giovani italiani sulla possibilità di scegliere il servizio civile nazionale. Il progetto “Il Servizio Civile dei Giovani per i Giovani” si propone di studiare ed elaborare strumenti di comunicazione sociale, testi formativi e di presentazione del SCV, per creare le premesse culturali e motivazionali affinché sempre più giovani accolgano consapevolmente e responsabilmente l’opportunità del servizio civile volontario. La REALIZZAZIONE di tale obiettivo avviene in tre fasi: PRIMA FASE (DAL 25 AGOSTO AL 30 NOVEMBRE): RACCOLTA SECONDA FASE (DAL 6 DICEMBRE 2003 AL 28 FEBBRAIO 2004): ELABORAZIONE TERZA FASE (DAL 28 FEBBRAIO 2004 AL 30 GIUGNO 2004): OPERATIVITÀ C OSA PROPONE L’AC SULL’EDUCAZIONE ALLA PACE Partiamo da due esempi per dire come la storia dell’Azione Cattolica sia scandita dalla testimonianza di persone che hanno fatto della scelta di pace un’ideale di vita. Pier Giorgio Frassati e la sua scelta negli anni 20 di scendere in piazza per manifestare contro il regime fascista. Gino Pistoni che vittima della guerra da partigiano, fece la scelta di partecipare ai moti della resistenza con l’unico obiettivo di restituire la pace all’Italia, morendo poi mentre soccorreva un tedesco, un “nemico”. Partire dalla storia di queste persone per dire che in AC scegliere la pace significa testimoniarla nella quotidianità della propria vita. Ma per raccontare questi 30 anni di AC e pace è necessario ricordare la prima Giornata Mondiale della Pace, istituita da Papa Paolo VI nel 1968. In quei giorni l’intera l’associazione si radunò a Roma per sostenere quella iniziativa e da allora ad oggi accompagna questo appuntamento del primo giorno dell’anno. Nel cammino annuale dell’associazione gennaio, il “mese della pace” è così diventato uno dei momenti fondamentali del suo percorso di formazione ed occasione di iniziative ed incontri che coinvolgono i suoi aderenti di tutte le età e di tutte le diocesi d’Italia. La pace, “dono di Dio”, viene anche invocata attraverso i momenti di preghiera e di digiuno che tra l’altro come associazione ci hanno visti impegnati a sostenere l’impegno instancabile del Papa. Questi momenti, proposti dall’associazione a livello nazionale, sono occasioni di intima riflessione e di partecipazione a livello personale che permettono di comprendere in pieno il significato di un tale dono, che può essere solo invocato e mai raggiunto nella limitatezza dei nostri mezzi: la conversione del cuore del nemico e l’abbandono fiducioso a Dio sono occasioni per comprendere la vera natura della pace. Il raggiungimento della pace, “frutto della giustizia” ci ha visto invece attivarci in tutti quegli ambiti che vedono i diritti dell’uomo calpestati, i poveri umiliati, gli ultimi ignorati, in particolare attraverso l’impegno nel cartello delle associazioni ecclesiali “Sentinelle del mattino” e non ultimo il recente “Forum sulla Globalizzazione della giustizia e della pace” del 6 settembre scorso. L’azione concreta accompagna così la preghiera e ci educa al ruolo instancabile di “operatori di pace”. L’AC vive e testimonia il suo impegno per la pace anche attraverso un’attenzione continua sul fronte del diritto internazionale, concretizzata tramite gli appuntamenti annuali di studio, di incontro e di approfondimento dell’Istituto Toniolo. 17 C OSA PROPONE LA CARITAS SULL’EDUCAZIONE ALLA PACE Giustizia e pace sono il filtro attraverso cui passano tutte le sue attenzioni pastorali della Caritas in Italia, temi che conducono a verificare costantemente le prassi educative in atto. Non si tratta della sola elaborazione culturale ma soprattutto di condotta “feriale”. Il tempo attuale è segnato dall’aumento della conflittualità a livello interpersonale, sociale, internazionale. La violenza dilaga in molti campi della vita sociale quotidiana, persino quelli delle relazioni giovanili, dello sport, della politica, del confronto sociale (…). Restano dominanti l’idea e la pratica del ricorso alla forza come via di risoluzione delle controversie economico/politiche. L’irruzione di un’inedita manifestazione del terrorismo internazionale ha favorito un imbarbarimento dei comportamenti, suggerendo strategie di contrasto che, di fatto, rischiano di porsi sullo stesso terreno. A livello nazionale perdurano fenomeni degenerativi quali, ad esempio, una diffusa cultura di illegalità, la criminalità organizzata e mafiosa. Tutto ciò è causato anche dalla crescente complessità della vita (che pone la persona in un sistema sociale in cui relazioni e comunicazioni seguono dinamiche nuove) e dalle disuguaglianze tra gruppi sociali e interi popoli, dovute ai sistemi socio-economici su larga scala. In questa realtà deve immergersi la comunità ecclesiale, in particolare la parrocchia, nell'impegno di essere centro di promozione di una cultura di pace attenta alla ricerca delle cause di profonda ingiustizia diffuse nel nostro Paese e nel mondo intero. Alla pace e a chi la persegue, nell’educazione e nella prassi, tocca spesso il trattamento riservato a chi ignora le ragioni del realismo. Pochi la guardano come il compimento del destino dell’umanità. Va comunque segnalato l’emergere di un anelito mondiale alla pace e alla giustizia, che trova radicamento in culture, prassi ed esperienze diverse e a cui la comunità ecclesiale è chiamata a dare risposte. Sono numerosi gli impegni che vedono protagoniste le Caritas diocesane nel tentativo di limitare la conflittualità violenta e educare alla pace: § la valorizzazione della nonviolenza come pedagogia della pace, § l’affermazione del diritto all’obiezione di coscienza alla guerra, così come alle leggi incompatibili con la dignità della persona e i valori cristiani, § la valorizzazione del Servizio civile come spazio di educazione alla solidarietà e alla pace, § la realizzazione di percorsi formativi a partire dalla rilettura della Pacem in terris, § il recupero di figure di testimoni impegnati sul tema della giustizia e della pace, § la ricerca di percorsi di dialogo con le nuove forme di coscienza civile che si manifestano soprattutto tra i giovani, § la denuncia del commercio delle armi, § la difesa dei diritti umani fondamentali, § la promozione del volontariato come scuola di disponibilità ed apertura agli altri, § il recupero di una educazione alla legalità a livello personale e comunitario § … Occorre perseguire continuamente una saldatura tra la riscoperta della responsabilità verso gli altri nei contesti ordinari di vita (famiglia, scuola, territorio, parrocchia, …) e la percezione della sua insufficienza rispetto a ciò che è richiesto dalla dimensione globale dei problemi. È necessario investire e rilanciare l’attenzione verso le forme di difesa civile non armata, sottolineando quanto l’azione solidale, anche sul piano territoriale, sia elemento di costruzione di relazioni e prevenzione dei conflitti sociali. Soprattutto, la sfida per la Caritas è riaffermare il primato delle relazioni come veicolo di costruzione della pace, considerare la fiducia verso l’altro come elemento fondamentale di una cultura di pace. Ricostruire la fiducia, a diversi livelli (rapporti personali, relazioni di prossimità, relazioni internazionali, …) anche attraverso la promozione di scelte ispirate alla nonviolenza, è uno dei compiti della Caritas dei prossimi anni. 18 La settimana della Carità 2003-2004 Ognuno è qualcuno scelte di giustizia, stili di fraternità Idea di fondo “Perché il Vangelo divenga cultura e possa dare i suoi frutti più belli nella storia, noi cristiani vivremo nella compagnia degli uomini l’ascolto e il confronto, la condivisione dell’impegno per la promozione della giustizia e della pace, di condizioni di vita più degne per ogni persona e per tutti i popoli, fiduciosi in un arricchimento reciproco per il bene di tutti”. Si esprimono così i Vescovi italiani negli Orientamenti pastorali al numero 60 e ci sembra questa la chiave più adatta per comprendere lo spirito con cui vivere la Settimana della carità di questo anno associativo. Essere apostoli, saper vivere e raccontare la vita buona, bella e beata che la solo la fede ci può donare, non può prescindere dal camminare al fianco dei poveri di oggi e ad accoglierli nelle relazioni di ogni giorno, quelle che li fanno incontrare come vicini di casa o come colleghi di lavoro; come compagni di scuola o di svago. Solo così si potrà ribadire la dignità ed il valore di ogni essere umano, in questo contesto scristianizzato che continuamente la minaccia, senza dimenticare che i nostri comportamenti e le nostre azioni coinvolgono nell’interrelazione il destino globale di tutta la comunità umana. È per questo che oggi la missionarietà dei laici di AC si gioca su nuovi stili di vita improntati all’attenzione all’altro e ai problemi della città, alla giustizia ed alla fraternità. In una parola al «dono sincero di sé» (Giovanni Paolo II) di cui S. Francesco, patrono d'Italia, è modello attualissimo. Le nostre comunità, ed in particolare le associazioni parrocchiali, devono costantemente essere protagoniste di un’ecclesiologia che parta dagli ultimi in modo condurre con tutti relazioni cariche di umanità, di ascolto, di silenzio o di parola, sapendo intessere dialoghi significativi, fatti per esprimere fraternità e per dire con la vita che siamo tutti figli di un Dio che ama ogni uomo. È solo nella relazione, infatti, che il Vangelo diventa comunicabile. Ed oggi la comunicazione del Vangelo, la testimonianza della fede è una priorità nella vita della Chiesa. Per il laico dell’Azione Cattolica la fraternità è lo “strumento” attraverso cui passa il Vangelo. Si tratta in fondo di rispondere alla domanda: quello che faccio o non faccio, dico o non dico (e il modo in cui lo faccio o lo dico) hanno un senso, un peso, pur minimo nella grande causa della costruzione dell’ordine nuovo che il Santo Padre indica come “civiltà dell’amore e della pace”? Anche la Settimana della carità si inserisce nel percorso di avvicinamento all’incontro nazionale di Loreto. In particolare, questa può diventare l’occasione per stringere legami di condivisione con i poveri, con tante persone che nelle nostre comunità concrete conducono con fatica la loro vita di ogni giorno: i malati, gli stranieri, le famiglie in difficoltà, i disabili… L’accoglienza nella vita dell’associazione e nel suo cammino ci porterà anche a condividere con loro il pellegrinaggio a Loreto del settembre 2004. Proposte concrete Alcuni suggerimenti per animare la Settimana della Carità: § Invitare a gesti concreti di rinuncia e condivisione che sono patrimonio della tradizione della Chiesa nell’Avvento, ma che oggi richiedono espressioni nuove o rinnovate, con la consapevolezza di poter coinvolgere tante persone forse non sempre praticanti ma ugualmente attente e disponibili sui temi della solidarietà e della responsabilità dei cittadini. § Individuare particolari situazioni di povertà presenti nel nostro territorio (vicine a noi ma spesso nascoste) di cui farsi carico in maniera continua e puntuale: donne abbandonate, ammalati, persone che hanno perso il lavoro, ex carcerati.) in collaborazione con la Caritas e la San Vincenzo, … Incontrare i responsabili di queste realtà ci aiuterà anche a conoscere e confrontarci sulle povertà del quartiere. 19 § Presentare e approfondire alcuni progetti internazionali che l’AC sostiene nel mondo (Terra Santa, Burundi, Birmania, Albania, Bosnia-Erzegovina…), sensibilizzando su queste situazioni, evidenziando la priorità dell’educazione, educando alla rinuncia, e condividendo sia le competenze sia gli aiuti economici che consentono di portare avanti i progetti. § Inserire emblematicamente in questa settimana una iniziativa che aiuti a comprendere come la carità oggi abbia delle urgenze di tipo culturale e politico. Si potrebbe affrontare un aspetto della povertà (disoccupazione, emarginazione, indigenza…) ed approfondirlo, in modo anche da motivare all’impegno politico, nelle sue varie forme. § Creare occasioni per approfondire il valore imprescindibile di ogni vita umana. Ad esempio, si possono invitare testimoni che si occupano di situazione limite e che ogni giorno si misurano con la sofferenza delle persone, per chiedere loro come tali esperienze li hanno aiutati a riconoscere il valore di ogni vita umana. § Confrontarsi con scelte come il commercio equo e solidale, i bilanci di giustizia, il risparmio etico, la certificazione etica delle imprese,… per comprendere come queste proposte concrete possono tradursi in scelte quotidiane di giustizia. Ad esempio, si può realizzare l’iniziativa missionaria proposta dal Settore Adulti: “Beviamoci un caffè equo e solidale”. § Individuare occasioni, anche di festa, per avvicinare e conoscere immigrati che vivono nelle nostre realtà avendo momenti di scambio e di conoscenza reciproca. Bibiliografia Rosanna Virgili, Giustizia e fraternità. Beato oggi l’operatore di pace, Monti, Saronno 2002. Simone Morandini, Il tempo sarà bello. Fondamenti etici e teologici per nuovi stili di vita, Emi, Bologna 2003. AA.VV., Nuovi stili di vita nel tempo della globalizzazione, ed. Ave, Roma . AA.VV,. Immigrazione: lavoro e dignità della persona, ed. Ave, Roma . Settore Adulti di AC, Fogli di cultura popolare n. 7 (scaricabili dal sito www.azionecattolica.it) 20