4 L`Individual Assessment nella psicologia del

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4 L`Individual Assessment nella psicologia del
L’Individual Assessment nella psicologia del lavoro. Una nuova prospettiva
Individual Assessment in work psychology. A new perspective
Roberta Mordanini1, Valeria Verrastro2
Abstract
Abstract
La comprensione della struttura dell’individuo
serve a valutare e valorizzare il capitale umano, il
patrimonio intangibile più delicato e al tempo
stesso più determinante per la competitività delle
imprese. Questo lavoro richiede alto livello di
professionalità e adeguata esperienza. Le capacità sono un elemento molto importante nella “chimica” del comportamento: esse, infatti, integrandosi con le conoscenze teoriche ed esperienziali
delle persone e con i propri valori e le proprie
motivazioni, danno vita ai comportamenti. I comportamenti, in ultima analisi, fanno la differenza e
rendono “vincenti” le aziende. La metodologia
dell’Individual Assessment valuta con efficacia le
capacità richieste al management, capacità che
possono essere sviluppate. Si tratta di una procedura formale che fa rifermento alla “psicologia
comportamentista”, da dove derivano le interpretazioni e le analisi introspettive tipiche della psicologia clinica. Dunque, cosa serve ad
un’azienda? Come le risorse individuali possono
essere interpretate e utilizzate per coprire un determinato ruolo lavorativo? È importante conoscere e comprendere i metodi e gli strumenti per
valutare le chiavi d’accesso. Quindi, prima
dell’assunzione è opportuno essere a conoscenza
del livello del potenziale individuale.
The comprehension of individual structure is useful to analyse and to apprise the human resources:
the most important and, at the same time, more
decisive intangible value towards the rivalry of
companies; this is a work which requires a high
level of competence and a pertaining experience
in the field. Abilities are important elements in the
“behavioural chemistry”: integrating themselves
with the theoretical and practical knowledge of
people, including personal motivation and values,
create the behaviours indeed. Behaviours, in the
end, make the difference and bring companies to
be successful. The methodology of Individual Assessment evaluates efficaciously the abilities required for management so that these abilities can
be developed. It is a formal action referring to
“behaviorist psychology” in which we can find the
interpretations and the introspective analysis typical of the clinical psychology. Therefore, what
does a company need? How individual resources
could be understood and utilized to fulfill a certain role in the work? It is important to know and
to understand the methods and the instruments
able to evaluate the correct initial requirements,
therefore it results advantageous to know before
the hiring the level of the potential individual.
Keywords
Parole chiave
Management – Individual potential – Individual
Assessment – Business Request – Coaching – Human resources – Management consulting.
Management – Potenziale individuale – Individual
Assessment – Richiesta aziendale – Coaching –
Risorse umane – Consulenza organizzativa.
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Definizione e antecedenti
tono di misurare diversi aspetti del soggetto quali
gli atteggiamenti, le attitudini, i tratti, i valori e le
motivazioni. Il fine ultimo dello strumento è arrivare alla misura di quattro orientamenti:
l’orientamento
all’obiettivo,
l’orientamento
all’innovazione, l’orientamento alla leadership e
l’orientamento alla relazione.
Altro strumento utilizzato è quello delle Dinamiche di Gruppo, che prevede discussioni a ruoli liberi o assegnati, funzionali alla rilevazione di capacità relazionali. In questo contesto l’esaminato
dovrà essere in grado di gestire una riunione (simulata), orientandola al rispetto reciproco dei
candidati e al rispetto delle specifiche regole situazionali proprie di ogni tecnica di gruppo, ricordando le finalità della prova.
Questi esercizi si propongono quali “catalizzatori”
per l’emergere di caratteristiche personali, stimolando e rendendo immediatamente osservabili alcuni comportamenti, atteggiamenti e qualità personali del singolo individuo (D’Antonio, C.,
1989). L’artificiosità della situazione, tuttavia, può
in parte condizionare reazioni e prestazioni. Per
ridurre questo rischio di distorsione la corretta applicazione del metodo prevede che vi sia
l’integrazione delle osservazioni effettuate dai diversi Assessor, una verifica di congruenza tra gli
esiti delle diverse prove, l’interpretazione degli
elementi di interesse a valle del confronto diretto
con ogni persona (colloquio individuale che permette di valutare il grado e la qualità di motivazione al ruolo, verificare ed approfondire le dimensioni psicoattitudinali emerse durante le prove
precedenti) (Canziani, 1958).
Con questo metodo si gestisce in autonomia o assieme all’azienda tutto il processo che va dalla
progettazione dell’Assessment alla restituzione dei
risultati. Nel dettaglio, fanno parte dell’intervento
diverse fasi, che sono la definizione degli obiettivi
di rilevazione (selezione, valutazione del potenziale, counseling, formazione), la descrizione del job
e dei profili professionali (ove necessario),
l’identificazione delle dimensioni di valutazione e
la loro ponderazione, la scelta ed eventuale realizzazione ad hoc delle prove, la formazione degli
Assessor, la gestione del setting di valutazione e il
feedback ai partecipanti.
L’Individual Assessment è una classica prova di
Assessment Center ad esecuzione individuale, in
cui l’esaminato gioca il ruolo di un manager che
ha assunto una nuova posizione. Nel tempo assegnato deve prendere decisioni in merito a proble-
L’Individual Assessment (IA) è uno strumento che
garantisce una grande affidabilità di valutazione
delle competenze della persona. Si realizza attraverso workshop individuali finalizzati ad individuare nuove strategie per garantire lo sviluppo del
potenziale dei lavoratori, a supporto di decisioni di
carriera/ampliamento di responsabilità oppure per
il livello di copertura delle competenze di ruolo.
Può essere utilizzato nell’ambito di processi di selezione con lo scopo di individuare risorse pregiate per particolari ruoli organizzativi.
Prima dell’Individual Assessment bisogna far riferimento all’Assessment Center (AC), ovvero una
tipologia di indagine in grado di fornire informazioni analitiche circa le capacità, le competenze, le
attitudini, le motivazioni e il potenziale di sviluppo della singola persona (Andersen, 1995). Gli
ambiti di applicazione dell’AC sono molteplici: la
selezione di personale in ingresso, la mappatura
del patrimonio umano aziendale, la valutazione
del potenziale, la verifica del possesso di capacità
fondamentali in alcune risorse-chiave con attuale
o
futura
responsabilità
manageriale
e
l’identificazione di bisogni specifici di formazione
gestionale o relazionale (D’Antonio, 1989). L’AC
prevede l’applicazione integrata di un insieme di
strumenti di rilevazione come il Test di Basket.
Questo test rappresenta una delle prove più significative di simulate centrate su abilità manageriali.
L’esercizio, che deriva il suo nome dal fatto che il
candidato trova nel basket (cestino) della posta dei
problemi da affrontare, punta a ricercare competenze specifiche nello svolgimento di determinate
attività; le decisioni che il candidato assume di
volta in volta nell’affrontare le problematiche che
gli vengono sottoposte devono essere specificate
attraverso il successivo questionario, nel quale è
invitato a illustrare le motivazione delle sue scelte.
La prova di “in Basket” deve essere eseguita in
due ore. Le risposte sul questionario sono elaborate tramite un programma informatico che andrà a
combinarsi con quelli di tutti gli altri test e del
questionario informativo a matrice selettiva.
Altro strumento è rappresentato dal Questionario
motivazionale, un questionario self-report sviluppato per la misura dei motivi che orientano il
comportamento al lavoro. Le domande possono
essere a risposta chiusa (già configurata) o aperta,
mentre lo strumento può essere a somministrazione individuale o collettiva. Gli indicatori consen-
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mi contingenti proposti sotto forma di posta in arrivo, memo, messaggi telefonici, fax; inoltre deve
organizzare il lavoro, rispondere alla corrispondenza, stabilire piani d’azione, coinvolgere i collaboratori (Colombo, 2006).
Dopo un intervento di IA è possibile raggiungere
importanti obiettivi, come il miglioramento della
posizione attuale ricoperta nell’ambito lavorativo
tramite la formazione e il coaching. Questa disciplina dello sviluppo personale è nata in America
molti anni fa ed è successivamente giunta in Europa (prima in Inghilterra e poi nel resto del continente). Il coaching è un processo che utilizza tutti
gli strumenti possibili per aiutare le persone a costruirsi un futuro migliore e arrivare alle risorse
necessarie per farlo tramite il valido supporto di
un esperto (Barbarelli, 2004). Diverse sono le tipologie di coaching: quello aziendale, il life coaching, il coaching sportivo. La caratteristica comune tra le diverse tipologie è la tensione verso lo
sviluppo personale. Infatti la crescita personale è
proprio la base essenziale della definizione di coaching. Attraverso il coaching è possibile la verifica di copertura ed eventuale indirizzo rispetto a
una posizione o diverse posizioni di maggiore
complessità e aumento di carriera, la verifica di
copertura rispetto ad altre posizioni di medesima
complessità a rotazione, la valorizzazione e la crescita personale.
L’IA, invece, è efficace per i processi di selezione
esterna e si avvale di strumenti valutativi diversi.
Ne fanno parte il targeted interview, le esercitazioni individuali e la simulazione di attività, l’in
basket corredato da un questionario strutturato, gli
assessment questionnaires, i Test di personalità, le
check list autovalutative. L’operazione culminante
del processo di IA è all’interno del processo di
feedback, ovvero un ritorno dell’investimento per
la risorsa umana coinvolta, per la quale viene concordato un piano di miglioramento. Il colloquio di
feedback deve essere organizzato e programmato
per consentire l’efficacia di esecuzione. Nel corso
di tale colloquio viene data importanza alla consapevolezza e al miglioramento dell’individuo. Si
tratta, quindi, della valutazione del potenziale e
richiede lo sviluppo di un programma di esercizi e
strumenti di analisi della persona ampio, l’utilizzo
su un gruppo definito di candidati in una sequenza
precisa e con la presenza di più valutatori, tipicamente in una condizione temporale definita e in un
luogo separato dal contesto lavorativo (per evitare
condizionamenti esterni al processo). Gli strumenti rientrano in tre ampie categorie, vale a dire le
simulazioni, le interviste, i test (Tabacchi, 1999). I
principali sono l’in-basket (o in-tray), le interviste
criteria-based (vale a dire controllo a partire da
una lista di criteri comportamentali da analizzare
Dall’Assessment Center all’Individual Assessment
L’Individual Assessment è una procedura valutativa che prevede l’osservazione di un candidato alle
prese con sole prove individuali; l’Assessement
Center, invece, è una procedura valutativa che
prevede l’osservazione del candidato sia alle prese
con prove individuali che con prove di gruppo
(Augugliaro, 1993). L’Individual Assessment,
quindi, consente di impiegare la metodologia
dell’AC senza però dover ricorrere a esercitazioni
di gruppo; per tale motivo risulta un metodo meno
dispendioso e di possibile applicazione in contesti
dove la popolazione non è sufficientemente numerosa, dove il livello di responsabilità dei partecipanti non è elevato ed è sconsigliabile la struttura
gruppale, dove la richiesta aziendale preferisce attivare rapporti individuali meno appariscenti
(Thornton e Byham, 1982). L’IA entra in gioco
nel momento in cui non sono presenti requisiti di
omogeneità nella composizione del gruppo dei
partecipanti. È uno strumento vantaggioso in
quanto è un processo valutativo che può essere
suddiviso in fasi temporalmente separate e inoltre,
rispetto all’AC, consente l’ottimizzazione del
team di osservatori in relazione al numero dei partecipanti, coinvolgendo un solo osservatore per
volta. Gli osservatori si strutturano in due tipologie in grado di garantire l’efficacia del processo di
IA: gli osservatori diretti, che interagiscono con i
partecipanti e sono esperti di strumenti di simulazione individuale e gestione di colloqui mirati al
target interview (ossia la scelta delle unità campione, la determinazione della numerosità del
campione e la definizione della procedura di campionamento) e gli osservatori di supporto, che invece non interagiscono con i partecipanti ma sono
garanti della metodologia fornita ad essi (Thornton e Byham, 1982). L’IA agisce ad “imbuto” e
rappresenta la fase fondamentale, anche se preliminare, di un processo di approfondimento per
l’apprezzamento delle qualità professionali delle
persone con elevata esperienza aziendale.
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attraverso la descrizione da parte dei candidati di
comportamenti messi in atto), le discussioni di
gruppo (che possono essere diverse per natura,
prevedendo un compito di gruppo o una simulazione a ruoli fissi – modalità comportamentali e
obiettivi definiti – o liberi – senza alcuna indicazione vincolante), esercizi di raccolta di informazioni (nei quali al partecipante viene chiesto di
esplorare un problema a partire da un’intervista
con una persona che alla fine metterà in discussione la decisione del valutato), gli esercizi di analisi
(che richiedono lo sviluppo di un documento scritto, delle simulazioni con attori che interagiscono
con il partecipante per fare emergere le modalità
comportamentali latenti), i test di personalità
(Thornton e Byham, 1982).
La delicatezza dei processi di assessment deriva
dal livello di coinvolgimento delle persone valutate e dalle conseguenze che ne derivano. Ciò spiega
perché questa tecnica di analisi sia particolarmente
critica e richieda un’attenta considerazione dei
possibili errori. Tra essi si segnalano spesso problemi legati alla non completa integrazione della
valutazione con le altre leve di gestione, la non
accurata definizione dei criteri di analisi dei comportamenti e la non adeguata progettazione degli
strumenti. Se ben condotta, la valutazione del potenziale presenta alcuni vantaggi interessanti, tra i
quali è bene considerare la maggiore qualità dei
processi di valutazione delle persone, la qualifica
degli investimenti di formazione, la migliore allocazione delle persone. A fronte di questi vantaggi
non possono essere sottaciuti i possibili limiti e
rischi che derivano oltre che dall’errata progettazione ed esecuzione, ad esempio dalla scarsa legittimazione ed accettazione da parte del management, dal timore dell’ignoto e del non misurabile,
dai costi di realizzazione e dalle reazioni negative
al feedback (D’Antonio, 2006).
sempre applicato il principio della interscambiabilità, ovvero della possibilità di sostituire una risorsa umana con un’altra ugualmente in grado di
svolgere l’attività richiesta. La risorsa umana, invece, in quanto componente parcellizzata dalla
produzione di valore aggiunto, è considerata sostituibile qualunque sia il suo livello di bravura e di
specializzazione (è tipica l’affermazione “in
azienda nessuno è insostituibile”). L’economia
d’impresa, dunque, considera solo in rarissimi casi
le risorse umane come un vero e proprio capitale.
In questo panorama ci sono segnali forti che rendono critica la prospettiva, il reperimento,
l’impiego e il reimpiego delle risorse umane nelle
imprese. Ma per scegliere dall’esterno e soprattutto dall’interno persone compatibili con la finalità
organizzative le imprese hanno bisogno di impiegare criteri e strumenti di più elevato indice di affidabilità. È importante tener presente che qualsiasi ruolo organizzativo, a prescindere dalla natura
dipendente o autonoma del rapporto contrattuale,
può essere esaminato da due fondamentali punti di
vista: dalle finalità che si devono proseguire (e le
conseguenti modalità d’azione che si devono attuare) e dai requisiti necessari per ricoprirlo. In
relazione ai requisiti, i quali costituiscono
l’aspetto tipicamente patrimoniale della professionalità, si disegna normalmente un “profilo organizzativo” che va ripartito in conoscenza e capacità, che rappresentano i mattoni fondamentali con i
quali costruire ogni tipo di profilo organizzativo.
Esse consentono di verificare in modo non generico ma puntuale il livello di possesso che una singola persona ha di esse. Nella pratica si può meglio dire che il livello di copertura di un determinato “profilo organizzativo” da parte di un individuo, se non ha solo le conoscenze e le esperienze
adeguate (ad es. conosce e sa applicare le tecniche
del budget) riesce anche a mettere in atto i comportamenti tipici necessari (ad es. possiede buone
capacità comunicative, di negoziazione, di risoluzione di problemi, ecc.).
La valutazione organizzativa sintetizza tutto il
processo nelle classiche “3P”, che stanno ad indicare posizione, prestazione e potenziale. In questo
senso, quindi, l’Assessment è lo strumento atto a
verificare la consistenza patrimoniale di risorse
acquisite o da acquisire con riferimento alle capacità necessarie per svolgere i ruoli più diversi. Per
poter impiegare l’Assessment è indispensabile riuscire ad analizzare efficacemente i ruoli organizzativi ai quali si deve fare riferimento. Per questo
Perché oggi l’Individual Assessment?
Fino ad oggi, in termini di gestione e patrimonio
aziendale, l’attenzione delle imprese è stata rivolta
a fattori diversi dal capitale umano, privilegiando
in particolare impianti, processi produttivi, clienti
e finanza. Le risorse umane, benché formalmente
dichiarate cardini della vitalità di un’impresa
(fondata, come spesso si ripete, su capitale e lavoro) sono di norma relegate in secondo piano (Cocco, 2010). Questo perché al fattore umano è stato
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vengono date delle linee generali a cui fare riferimento, quali gli aspetti ambientali (il settore
d’impresa e le sue caratteristiche fondamentali, la
natura d’impresa e le sue scelte strategiche ed i
conseguenti obiettivi di business, il contesto interno, la necessaria “competenza distintiva”), gli
aspetti organizzativi (la finalità o missione di ciascun ruolo preso in considerazione, le responsabilità e i compiti, il sistema e le forme di valutazione
fornite per le prestazioni, il sistema premiante in
atto, i prevedibili cambiamenti futuri e le conoscenze e le capacità necessarie) (Gallo, 2010).
Esiste una vera e propria “mappa” generale delle
capacità, con riferimento al modello di Hermann
(2009) che consente di effettuare correlazioni che
hanno valore più in termini strumentali che assoluti. Le facoltà “intellettuali” presenti nel corticale
sinistro sono suddivisibili in due gradi: quello basilare (come la memorizzazione) e quello complesso (come l’analisi). Le “facoltà gestionali basilari” (come il controllo operativo) sono presenti
nel limbico sinistro insieme alle facoltà “emozionali basilari” (come la fiducia in se stessi). Le facoltà “relazionali” sono suddivisibili anch’esse in
due gradi: quello basilare (come la disponibilità ai
rapporti interpersonali) e quello complesso (come
il parlare in pubblico). Queste facoltà sono presenti nel limbico destro, insieme alle facoltà ”emozionali complesse” (come la gestione dello stress).
Le facoltà “gestionali complesse” (come
l’orientamento ai risultati) sono presenti nel corticale destro insieme alle facoltà innovative basilari
(come l’adattabilità e la flessibilità) e complesse
(come il pensiero prospettico).
Tanti sono gli approcci che cercano di evidenziare
cosa sono e come nascono le capacità. Interessante, a questo proposito, è il modello di Mc Clelland,
Boyatzis e Mc Ber (1970) dove viene esplicitato
che le capacità sono la risultante di un processo
che, partendo da un atto di volontà, consente di
evidenziare un’azione e, conseguentemente, un
risultato. Questo modello trova corrispondenza
con l’approccio dell’IA perché vede il momento
centrale dell’azione caratterizzato da un comportamento osservabile, che origina una prestazione
più o meno efficace. La differenza tra i modelli
consiste nel prendere in considerazione le caratteristiche personali che determinano l’atto di volontà, che origina a sua volta il comportamento. Si
tratta di caratteristiche personali che non sono osservabili.
Il
ruolo
dello
psicologo
nell’Individual Assessment
lavoro
A partire dalle riforme legislative del 1997 sino
alla più recente riforma Biagi, sono state regolamentate le attività di ricerca e selezione del personale. Tali riforme hanno l’intento di superare lo
storico monopolio del pubblico collocamento e
favorire l’ingresso di nuovi soggetti nelle attività
di incontro fra domanda ed offerta di lavoro. Le
tecniche diagnostiche e prognostiche sul comportamento, sui tratti di personalità, sulle capacità e le
potenzialità degli individui in ambito lavorativo o
in funzione di particolari performance da conseguire è, anche in Italia, storia perlomeno quarantennale. I test per l’idoneità alla leva militare, le
scale di intelligenza, i reattivi di destrezza collegati ad attività di precisione sono entrati gradualmente nella nostra cultura, fino all’odierno e diffuso utilizzo di gruppi di prove finalizzati alla selezione del personale e basati sulla rilevazione di
attitudini, capacità, comportamenti, atteggiamenti,
competenze, etc. In realtà questi termini, utilizzati
a volte come sinonimi, a volte abusati dal linguaggio comune senza troppa preoccupazione, rappresentano invece precisi e differenziati ambiti di osservazione e necessitano di sofisticati strumenti di
rilevazione. Tradizionalmente e per molto tempo
molte di queste attività diagnostiche sono state
svolte da figure professionali diverse dallo psicologo. Lo psicologo del lavoro in Italia ha gradualmente trovato piena maturazione, sia a livello professionale che istituzionale, soprattutto in questi
ultimi trenta anni; la complessità dei contesti e
delle competenze di questa disciplina la rendono
applicabile ed applicata a diversi ambiti professionali, molto spesso in collaborazione con altre figure complementari allo psicologo stesso.
Nell’ambito della consulenza organizzativa, ad
esempio, è fondamentale avere la possibilità di interfacciarsi con competenze specifiche, diverse da
quella psicologica, perché per poter leggere
un’organizzazione in modo efficace è necessario
utilizzare differenti “telecamere”, che integrino
l’analisi dei vissuti, dei comportamenti e delle
emozioni con quella degli elementi strutturali, delle variabili processuali, degli aspetti finanziari, altrettanto importanti per avere un quadro chiaro del
contesto nel quale si sta operando (Florida, 2003).
Ed è proprio per questa naturale necessità di integrare il lavoro dello psicologo con altre competen-
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del
ze e figure professionali che la pratica della psicologia del lavoro risente ancora oggi di alcune
“confusioni di ruolo”, soprattutto nei contesti organizzativi. In particolare tale “confusione” dipende da tre ordini di fattori: l’ancora incompleto
riconoscimento della professione da parte della
comunità sociale che lega la rappresentazione della “psicologia” più agli interventi sul disagio, sulla
devianza, sulla clinica e ai percorsi psicoterapeutici che al mondo del lavoro (risultato, questo di un
processo di identificazione e di una capacità di autopromozione da parte degli psicologi del lavoro
ancora da ottimizzare); l’eredità storico-culturale
del nostro Paese, che fino a pochi anni fa delegava
istituzionalmente e praticamente le attività appannaggio dello psicologo del lavoro ad altre figure
professionali istituzionalmente più antiche e dotate
di una identità culturale ben più radicata: medici,
laureati in giurisprudenza, in scienze politiche, in
scienze umane, filosofi, ingegneri, e tutti coloro
che si occupavano delle cosiddette “scienze umane” (Cocco, 2005).
Il resto d’Europa, gli Stati Uniti e molti altri Paesi
hanno già prodotto letteratura e regole di riferimento atte a governare i contesti applicativi della
diagnosi comportamentale, anche in relazione alle
figure professionali che si occupano di attività limitrofe o addirittura sovrapposte a quelle psicologiche e, peraltro, anche in assenza di Ordini professionali così strutturati come quelli presenti nel
nostro Paese.
Per porre rimedio a quanto detto finora occorre
innanzitutto comprendere che la missione ontologica ed esclusiva della figura dello psicologico del
lavoro risiede in due nuclei professionali forti ed
applicabili a diverse tipologie di attività come la
diagnosi dei tratti di personalità, delle dimensioni
attitudinali e di quelle cognitivo-comportamentali
dell’individuo necessarie a svolgere determinate
attività o finalizzate allo sviluppo della persona.
Inoltre bisogna fornire il sostegno diretto alla costruzione dell’autoconsapevolezza e della capacità
di lettura delle proprie caratteristiche (inclinazioni,
attitudini, tratti, motivazioni), delle proprie capacità e delle proprie competenze (Frati, 2002). Tali
nuclei, a loro volta, sfociano in tecniche professionali precise che variano in funzione di obiettivi
di analisi, di sostegno, di gestione e/o di sviluppo
delle persone e utilizzano strumenti, metodologie
e tecnologie che ne sostanziano e ne determinano
l’efficacia. È proprio quando questi nuclei, queste
Bibliografia
tecniche e questi strumenti vengono utilizzati che
l’attività diventa ad esclusivo appannaggio della
professione di psicologo del lavoro iscritto
all’ordine.
Confrontando
sistematicamente
l’analisi delle definizioni contenute nelle normative con le attività sul campo si riesce a circoscrivere il nucleo ontologico del problema. L’esclusività
dell’attività psicologica non risiede nel concetto di
diagnosi, ma nell’oggetto della stessa; non nel fatto che si generi un profilo di valutazione, ma nella
tipologia di profilo che si genera e nelle conseguenze di questo profilo per il percorso personale
e professionale della persona stessa; non negli
strumenti di osservazione o di lettura dei contesti,
ma nell’utilizzo di tali strumenti per le finalità
diagnostiche appena descritte (Sarchielli, 2002).
Riassumendo, tutte le volte che l’attività diagnostica ha per oggetto le dimensioni di personalità, le
dimensioni attitudinali, le dimensioni cognitive e
comportamentali dell’individuo questa deve essere
svolta dallo psicologo; tutte le volte che un profilo
professionale e/o valutativo prevede la descrizione
di dimensioni di personalità, cognitivocomportamentali e psicoattitudinali questo deve
essere redatto e firmato da uno psicologo; tutte le
volta che si utilizza uno strumento conoscitivo,
osservazione, colloquio, prova di gruppo, testo
reattivo in genere finalizzato alle diagnosi sopradescritte, questo deve essere erogato e letto da uno
psicologo (Bergonzi, 2002).
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Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.
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