4 L`Individual Assessment nella psicologia del
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L’Individual Assessment nella psicologia del lavoro. Una nuova prospettiva Individual Assessment in work psychology. A new perspective Roberta Mordanini1, Valeria Verrastro2 Abstract Abstract La comprensione della struttura dell’individuo serve a valutare e valorizzare il capitale umano, il patrimonio intangibile più delicato e al tempo stesso più determinante per la competitività delle imprese. Questo lavoro richiede alto livello di professionalità e adeguata esperienza. Le capacità sono un elemento molto importante nella “chimica” del comportamento: esse, infatti, integrandosi con le conoscenze teoriche ed esperienziali delle persone e con i propri valori e le proprie motivazioni, danno vita ai comportamenti. I comportamenti, in ultima analisi, fanno la differenza e rendono “vincenti” le aziende. La metodologia dell’Individual Assessment valuta con efficacia le capacità richieste al management, capacità che possono essere sviluppate. Si tratta di una procedura formale che fa rifermento alla “psicologia comportamentista”, da dove derivano le interpretazioni e le analisi introspettive tipiche della psicologia clinica. Dunque, cosa serve ad un’azienda? Come le risorse individuali possono essere interpretate e utilizzate per coprire un determinato ruolo lavorativo? È importante conoscere e comprendere i metodi e gli strumenti per valutare le chiavi d’accesso. Quindi, prima dell’assunzione è opportuno essere a conoscenza del livello del potenziale individuale. The comprehension of individual structure is useful to analyse and to apprise the human resources: the most important and, at the same time, more decisive intangible value towards the rivalry of companies; this is a work which requires a high level of competence and a pertaining experience in the field. Abilities are important elements in the “behavioural chemistry”: integrating themselves with the theoretical and practical knowledge of people, including personal motivation and values, create the behaviours indeed. Behaviours, in the end, make the difference and bring companies to be successful. The methodology of Individual Assessment evaluates efficaciously the abilities required for management so that these abilities can be developed. It is a formal action referring to “behaviorist psychology” in which we can find the interpretations and the introspective analysis typical of the clinical psychology. Therefore, what does a company need? How individual resources could be understood and utilized to fulfill a certain role in the work? It is important to know and to understand the methods and the instruments able to evaluate the correct initial requirements, therefore it results advantageous to know before the hiring the level of the potential individual. Keywords Parole chiave Management – Individual potential – Individual Assessment – Business Request – Coaching – Human resources – Management consulting. Management – Potenziale individuale – Individual Assessment – Richiesta aziendale – Coaching – Risorse umane – Consulenza organizzativa. 9 QUALE psicologia, 2013, 1 Definizione e antecedenti tono di misurare diversi aspetti del soggetto quali gli atteggiamenti, le attitudini, i tratti, i valori e le motivazioni. Il fine ultimo dello strumento è arrivare alla misura di quattro orientamenti: l’orientamento all’obiettivo, l’orientamento all’innovazione, l’orientamento alla leadership e l’orientamento alla relazione. Altro strumento utilizzato è quello delle Dinamiche di Gruppo, che prevede discussioni a ruoli liberi o assegnati, funzionali alla rilevazione di capacità relazionali. In questo contesto l’esaminato dovrà essere in grado di gestire una riunione (simulata), orientandola al rispetto reciproco dei candidati e al rispetto delle specifiche regole situazionali proprie di ogni tecnica di gruppo, ricordando le finalità della prova. Questi esercizi si propongono quali “catalizzatori” per l’emergere di caratteristiche personali, stimolando e rendendo immediatamente osservabili alcuni comportamenti, atteggiamenti e qualità personali del singolo individuo (D’Antonio, C., 1989). L’artificiosità della situazione, tuttavia, può in parte condizionare reazioni e prestazioni. Per ridurre questo rischio di distorsione la corretta applicazione del metodo prevede che vi sia l’integrazione delle osservazioni effettuate dai diversi Assessor, una verifica di congruenza tra gli esiti delle diverse prove, l’interpretazione degli elementi di interesse a valle del confronto diretto con ogni persona (colloquio individuale che permette di valutare il grado e la qualità di motivazione al ruolo, verificare ed approfondire le dimensioni psicoattitudinali emerse durante le prove precedenti) (Canziani, 1958). Con questo metodo si gestisce in autonomia o assieme all’azienda tutto il processo che va dalla progettazione dell’Assessment alla restituzione dei risultati. Nel dettaglio, fanno parte dell’intervento diverse fasi, che sono la definizione degli obiettivi di rilevazione (selezione, valutazione del potenziale, counseling, formazione), la descrizione del job e dei profili professionali (ove necessario), l’identificazione delle dimensioni di valutazione e la loro ponderazione, la scelta ed eventuale realizzazione ad hoc delle prove, la formazione degli Assessor, la gestione del setting di valutazione e il feedback ai partecipanti. L’Individual Assessment è una classica prova di Assessment Center ad esecuzione individuale, in cui l’esaminato gioca il ruolo di un manager che ha assunto una nuova posizione. Nel tempo assegnato deve prendere decisioni in merito a proble- L’Individual Assessment (IA) è uno strumento che garantisce una grande affidabilità di valutazione delle competenze della persona. Si realizza attraverso workshop individuali finalizzati ad individuare nuove strategie per garantire lo sviluppo del potenziale dei lavoratori, a supporto di decisioni di carriera/ampliamento di responsabilità oppure per il livello di copertura delle competenze di ruolo. Può essere utilizzato nell’ambito di processi di selezione con lo scopo di individuare risorse pregiate per particolari ruoli organizzativi. Prima dell’Individual Assessment bisogna far riferimento all’Assessment Center (AC), ovvero una tipologia di indagine in grado di fornire informazioni analitiche circa le capacità, le competenze, le attitudini, le motivazioni e il potenziale di sviluppo della singola persona (Andersen, 1995). Gli ambiti di applicazione dell’AC sono molteplici: la selezione di personale in ingresso, la mappatura del patrimonio umano aziendale, la valutazione del potenziale, la verifica del possesso di capacità fondamentali in alcune risorse-chiave con attuale o futura responsabilità manageriale e l’identificazione di bisogni specifici di formazione gestionale o relazionale (D’Antonio, 1989). L’AC prevede l’applicazione integrata di un insieme di strumenti di rilevazione come il Test di Basket. Questo test rappresenta una delle prove più significative di simulate centrate su abilità manageriali. L’esercizio, che deriva il suo nome dal fatto che il candidato trova nel basket (cestino) della posta dei problemi da affrontare, punta a ricercare competenze specifiche nello svolgimento di determinate attività; le decisioni che il candidato assume di volta in volta nell’affrontare le problematiche che gli vengono sottoposte devono essere specificate attraverso il successivo questionario, nel quale è invitato a illustrare le motivazione delle sue scelte. La prova di “in Basket” deve essere eseguita in due ore. Le risposte sul questionario sono elaborate tramite un programma informatico che andrà a combinarsi con quelli di tutti gli altri test e del questionario informativo a matrice selettiva. Altro strumento è rappresentato dal Questionario motivazionale, un questionario self-report sviluppato per la misura dei motivi che orientano il comportamento al lavoro. Le domande possono essere a risposta chiusa (già configurata) o aperta, mentre lo strumento può essere a somministrazione individuale o collettiva. Gli indicatori consen- 10 QUALE psicologia, 2013, 1 mi contingenti proposti sotto forma di posta in arrivo, memo, messaggi telefonici, fax; inoltre deve organizzare il lavoro, rispondere alla corrispondenza, stabilire piani d’azione, coinvolgere i collaboratori (Colombo, 2006). Dopo un intervento di IA è possibile raggiungere importanti obiettivi, come il miglioramento della posizione attuale ricoperta nell’ambito lavorativo tramite la formazione e il coaching. Questa disciplina dello sviluppo personale è nata in America molti anni fa ed è successivamente giunta in Europa (prima in Inghilterra e poi nel resto del continente). Il coaching è un processo che utilizza tutti gli strumenti possibili per aiutare le persone a costruirsi un futuro migliore e arrivare alle risorse necessarie per farlo tramite il valido supporto di un esperto (Barbarelli, 2004). Diverse sono le tipologie di coaching: quello aziendale, il life coaching, il coaching sportivo. La caratteristica comune tra le diverse tipologie è la tensione verso lo sviluppo personale. Infatti la crescita personale è proprio la base essenziale della definizione di coaching. Attraverso il coaching è possibile la verifica di copertura ed eventuale indirizzo rispetto a una posizione o diverse posizioni di maggiore complessità e aumento di carriera, la verifica di copertura rispetto ad altre posizioni di medesima complessità a rotazione, la valorizzazione e la crescita personale. L’IA, invece, è efficace per i processi di selezione esterna e si avvale di strumenti valutativi diversi. Ne fanno parte il targeted interview, le esercitazioni individuali e la simulazione di attività, l’in basket corredato da un questionario strutturato, gli assessment questionnaires, i Test di personalità, le check list autovalutative. L’operazione culminante del processo di IA è all’interno del processo di feedback, ovvero un ritorno dell’investimento per la risorsa umana coinvolta, per la quale viene concordato un piano di miglioramento. Il colloquio di feedback deve essere organizzato e programmato per consentire l’efficacia di esecuzione. Nel corso di tale colloquio viene data importanza alla consapevolezza e al miglioramento dell’individuo. Si tratta, quindi, della valutazione del potenziale e richiede lo sviluppo di un programma di esercizi e strumenti di analisi della persona ampio, l’utilizzo su un gruppo definito di candidati in una sequenza precisa e con la presenza di più valutatori, tipicamente in una condizione temporale definita e in un luogo separato dal contesto lavorativo (per evitare condizionamenti esterni al processo). Gli strumenti rientrano in tre ampie categorie, vale a dire le simulazioni, le interviste, i test (Tabacchi, 1999). I principali sono l’in-basket (o in-tray), le interviste criteria-based (vale a dire controllo a partire da una lista di criteri comportamentali da analizzare Dall’Assessment Center all’Individual Assessment L’Individual Assessment è una procedura valutativa che prevede l’osservazione di un candidato alle prese con sole prove individuali; l’Assessement Center, invece, è una procedura valutativa che prevede l’osservazione del candidato sia alle prese con prove individuali che con prove di gruppo (Augugliaro, 1993). L’Individual Assessment, quindi, consente di impiegare la metodologia dell’AC senza però dover ricorrere a esercitazioni di gruppo; per tale motivo risulta un metodo meno dispendioso e di possibile applicazione in contesti dove la popolazione non è sufficientemente numerosa, dove il livello di responsabilità dei partecipanti non è elevato ed è sconsigliabile la struttura gruppale, dove la richiesta aziendale preferisce attivare rapporti individuali meno appariscenti (Thornton e Byham, 1982). L’IA entra in gioco nel momento in cui non sono presenti requisiti di omogeneità nella composizione del gruppo dei partecipanti. È uno strumento vantaggioso in quanto è un processo valutativo che può essere suddiviso in fasi temporalmente separate e inoltre, rispetto all’AC, consente l’ottimizzazione del team di osservatori in relazione al numero dei partecipanti, coinvolgendo un solo osservatore per volta. Gli osservatori si strutturano in due tipologie in grado di garantire l’efficacia del processo di IA: gli osservatori diretti, che interagiscono con i partecipanti e sono esperti di strumenti di simulazione individuale e gestione di colloqui mirati al target interview (ossia la scelta delle unità campione, la determinazione della numerosità del campione e la definizione della procedura di campionamento) e gli osservatori di supporto, che invece non interagiscono con i partecipanti ma sono garanti della metodologia fornita ad essi (Thornton e Byham, 1982). L’IA agisce ad “imbuto” e rappresenta la fase fondamentale, anche se preliminare, di un processo di approfondimento per l’apprezzamento delle qualità professionali delle persone con elevata esperienza aziendale. 11 QUALE psicologia, 2013, 1 attraverso la descrizione da parte dei candidati di comportamenti messi in atto), le discussioni di gruppo (che possono essere diverse per natura, prevedendo un compito di gruppo o una simulazione a ruoli fissi – modalità comportamentali e obiettivi definiti – o liberi – senza alcuna indicazione vincolante), esercizi di raccolta di informazioni (nei quali al partecipante viene chiesto di esplorare un problema a partire da un’intervista con una persona che alla fine metterà in discussione la decisione del valutato), gli esercizi di analisi (che richiedono lo sviluppo di un documento scritto, delle simulazioni con attori che interagiscono con il partecipante per fare emergere le modalità comportamentali latenti), i test di personalità (Thornton e Byham, 1982). La delicatezza dei processi di assessment deriva dal livello di coinvolgimento delle persone valutate e dalle conseguenze che ne derivano. Ciò spiega perché questa tecnica di analisi sia particolarmente critica e richieda un’attenta considerazione dei possibili errori. Tra essi si segnalano spesso problemi legati alla non completa integrazione della valutazione con le altre leve di gestione, la non accurata definizione dei criteri di analisi dei comportamenti e la non adeguata progettazione degli strumenti. Se ben condotta, la valutazione del potenziale presenta alcuni vantaggi interessanti, tra i quali è bene considerare la maggiore qualità dei processi di valutazione delle persone, la qualifica degli investimenti di formazione, la migliore allocazione delle persone. A fronte di questi vantaggi non possono essere sottaciuti i possibili limiti e rischi che derivano oltre che dall’errata progettazione ed esecuzione, ad esempio dalla scarsa legittimazione ed accettazione da parte del management, dal timore dell’ignoto e del non misurabile, dai costi di realizzazione e dalle reazioni negative al feedback (D’Antonio, 2006). sempre applicato il principio della interscambiabilità, ovvero della possibilità di sostituire una risorsa umana con un’altra ugualmente in grado di svolgere l’attività richiesta. La risorsa umana, invece, in quanto componente parcellizzata dalla produzione di valore aggiunto, è considerata sostituibile qualunque sia il suo livello di bravura e di specializzazione (è tipica l’affermazione “in azienda nessuno è insostituibile”). L’economia d’impresa, dunque, considera solo in rarissimi casi le risorse umane come un vero e proprio capitale. In questo panorama ci sono segnali forti che rendono critica la prospettiva, il reperimento, l’impiego e il reimpiego delle risorse umane nelle imprese. Ma per scegliere dall’esterno e soprattutto dall’interno persone compatibili con la finalità organizzative le imprese hanno bisogno di impiegare criteri e strumenti di più elevato indice di affidabilità. È importante tener presente che qualsiasi ruolo organizzativo, a prescindere dalla natura dipendente o autonoma del rapporto contrattuale, può essere esaminato da due fondamentali punti di vista: dalle finalità che si devono proseguire (e le conseguenti modalità d’azione che si devono attuare) e dai requisiti necessari per ricoprirlo. In relazione ai requisiti, i quali costituiscono l’aspetto tipicamente patrimoniale della professionalità, si disegna normalmente un “profilo organizzativo” che va ripartito in conoscenza e capacità, che rappresentano i mattoni fondamentali con i quali costruire ogni tipo di profilo organizzativo. Esse consentono di verificare in modo non generico ma puntuale il livello di possesso che una singola persona ha di esse. Nella pratica si può meglio dire che il livello di copertura di un determinato “profilo organizzativo” da parte di un individuo, se non ha solo le conoscenze e le esperienze adeguate (ad es. conosce e sa applicare le tecniche del budget) riesce anche a mettere in atto i comportamenti tipici necessari (ad es. possiede buone capacità comunicative, di negoziazione, di risoluzione di problemi, ecc.). La valutazione organizzativa sintetizza tutto il processo nelle classiche “3P”, che stanno ad indicare posizione, prestazione e potenziale. In questo senso, quindi, l’Assessment è lo strumento atto a verificare la consistenza patrimoniale di risorse acquisite o da acquisire con riferimento alle capacità necessarie per svolgere i ruoli più diversi. Per poter impiegare l’Assessment è indispensabile riuscire ad analizzare efficacemente i ruoli organizzativi ai quali si deve fare riferimento. Per questo Perché oggi l’Individual Assessment? Fino ad oggi, in termini di gestione e patrimonio aziendale, l’attenzione delle imprese è stata rivolta a fattori diversi dal capitale umano, privilegiando in particolare impianti, processi produttivi, clienti e finanza. Le risorse umane, benché formalmente dichiarate cardini della vitalità di un’impresa (fondata, come spesso si ripete, su capitale e lavoro) sono di norma relegate in secondo piano (Cocco, 2010). Questo perché al fattore umano è stato 12 QUALE psicologia, 2013, 1 vengono date delle linee generali a cui fare riferimento, quali gli aspetti ambientali (il settore d’impresa e le sue caratteristiche fondamentali, la natura d’impresa e le sue scelte strategiche ed i conseguenti obiettivi di business, il contesto interno, la necessaria “competenza distintiva”), gli aspetti organizzativi (la finalità o missione di ciascun ruolo preso in considerazione, le responsabilità e i compiti, il sistema e le forme di valutazione fornite per le prestazioni, il sistema premiante in atto, i prevedibili cambiamenti futuri e le conoscenze e le capacità necessarie) (Gallo, 2010). Esiste una vera e propria “mappa” generale delle capacità, con riferimento al modello di Hermann (2009) che consente di effettuare correlazioni che hanno valore più in termini strumentali che assoluti. Le facoltà “intellettuali” presenti nel corticale sinistro sono suddivisibili in due gradi: quello basilare (come la memorizzazione) e quello complesso (come l’analisi). Le “facoltà gestionali basilari” (come il controllo operativo) sono presenti nel limbico sinistro insieme alle facoltà “emozionali basilari” (come la fiducia in se stessi). Le facoltà “relazionali” sono suddivisibili anch’esse in due gradi: quello basilare (come la disponibilità ai rapporti interpersonali) e quello complesso (come il parlare in pubblico). Queste facoltà sono presenti nel limbico destro, insieme alle facoltà ”emozionali complesse” (come la gestione dello stress). Le facoltà “gestionali complesse” (come l’orientamento ai risultati) sono presenti nel corticale destro insieme alle facoltà innovative basilari (come l’adattabilità e la flessibilità) e complesse (come il pensiero prospettico). Tanti sono gli approcci che cercano di evidenziare cosa sono e come nascono le capacità. Interessante, a questo proposito, è il modello di Mc Clelland, Boyatzis e Mc Ber (1970) dove viene esplicitato che le capacità sono la risultante di un processo che, partendo da un atto di volontà, consente di evidenziare un’azione e, conseguentemente, un risultato. Questo modello trova corrispondenza con l’approccio dell’IA perché vede il momento centrale dell’azione caratterizzato da un comportamento osservabile, che origina una prestazione più o meno efficace. La differenza tra i modelli consiste nel prendere in considerazione le caratteristiche personali che determinano l’atto di volontà, che origina a sua volta il comportamento. Si tratta di caratteristiche personali che non sono osservabili. Il ruolo dello psicologo nell’Individual Assessment lavoro A partire dalle riforme legislative del 1997 sino alla più recente riforma Biagi, sono state regolamentate le attività di ricerca e selezione del personale. Tali riforme hanno l’intento di superare lo storico monopolio del pubblico collocamento e favorire l’ingresso di nuovi soggetti nelle attività di incontro fra domanda ed offerta di lavoro. Le tecniche diagnostiche e prognostiche sul comportamento, sui tratti di personalità, sulle capacità e le potenzialità degli individui in ambito lavorativo o in funzione di particolari performance da conseguire è, anche in Italia, storia perlomeno quarantennale. I test per l’idoneità alla leva militare, le scale di intelligenza, i reattivi di destrezza collegati ad attività di precisione sono entrati gradualmente nella nostra cultura, fino all’odierno e diffuso utilizzo di gruppi di prove finalizzati alla selezione del personale e basati sulla rilevazione di attitudini, capacità, comportamenti, atteggiamenti, competenze, etc. In realtà questi termini, utilizzati a volte come sinonimi, a volte abusati dal linguaggio comune senza troppa preoccupazione, rappresentano invece precisi e differenziati ambiti di osservazione e necessitano di sofisticati strumenti di rilevazione. Tradizionalmente e per molto tempo molte di queste attività diagnostiche sono state svolte da figure professionali diverse dallo psicologo. Lo psicologo del lavoro in Italia ha gradualmente trovato piena maturazione, sia a livello professionale che istituzionale, soprattutto in questi ultimi trenta anni; la complessità dei contesti e delle competenze di questa disciplina la rendono applicabile ed applicata a diversi ambiti professionali, molto spesso in collaborazione con altre figure complementari allo psicologo stesso. Nell’ambito della consulenza organizzativa, ad esempio, è fondamentale avere la possibilità di interfacciarsi con competenze specifiche, diverse da quella psicologica, perché per poter leggere un’organizzazione in modo efficace è necessario utilizzare differenti “telecamere”, che integrino l’analisi dei vissuti, dei comportamenti e delle emozioni con quella degli elementi strutturali, delle variabili processuali, degli aspetti finanziari, altrettanto importanti per avere un quadro chiaro del contesto nel quale si sta operando (Florida, 2003). Ed è proprio per questa naturale necessità di integrare il lavoro dello psicologo con altre competen- 13 QUALE psicologia, 2013, 1 del ze e figure professionali che la pratica della psicologia del lavoro risente ancora oggi di alcune “confusioni di ruolo”, soprattutto nei contesti organizzativi. In particolare tale “confusione” dipende da tre ordini di fattori: l’ancora incompleto riconoscimento della professione da parte della comunità sociale che lega la rappresentazione della “psicologia” più agli interventi sul disagio, sulla devianza, sulla clinica e ai percorsi psicoterapeutici che al mondo del lavoro (risultato, questo di un processo di identificazione e di una capacità di autopromozione da parte degli psicologi del lavoro ancora da ottimizzare); l’eredità storico-culturale del nostro Paese, che fino a pochi anni fa delegava istituzionalmente e praticamente le attività appannaggio dello psicologo del lavoro ad altre figure professionali istituzionalmente più antiche e dotate di una identità culturale ben più radicata: medici, laureati in giurisprudenza, in scienze politiche, in scienze umane, filosofi, ingegneri, e tutti coloro che si occupavano delle cosiddette “scienze umane” (Cocco, 2005). Il resto d’Europa, gli Stati Uniti e molti altri Paesi hanno già prodotto letteratura e regole di riferimento atte a governare i contesti applicativi della diagnosi comportamentale, anche in relazione alle figure professionali che si occupano di attività limitrofe o addirittura sovrapposte a quelle psicologiche e, peraltro, anche in assenza di Ordini professionali così strutturati come quelli presenti nel nostro Paese. Per porre rimedio a quanto detto finora occorre innanzitutto comprendere che la missione ontologica ed esclusiva della figura dello psicologico del lavoro risiede in due nuclei professionali forti ed applicabili a diverse tipologie di attività come la diagnosi dei tratti di personalità, delle dimensioni attitudinali e di quelle cognitivo-comportamentali dell’individuo necessarie a svolgere determinate attività o finalizzate allo sviluppo della persona. Inoltre bisogna fornire il sostegno diretto alla costruzione dell’autoconsapevolezza e della capacità di lettura delle proprie caratteristiche (inclinazioni, attitudini, tratti, motivazioni), delle proprie capacità e delle proprie competenze (Frati, 2002). Tali nuclei, a loro volta, sfociano in tecniche professionali precise che variano in funzione di obiettivi di analisi, di sostegno, di gestione e/o di sviluppo delle persone e utilizzano strumenti, metodologie e tecnologie che ne sostanziano e ne determinano l’efficacia. È proprio quando questi nuclei, queste Bibliografia tecniche e questi strumenti vengono utilizzati che l’attività diventa ad esclusivo appannaggio della professione di psicologo del lavoro iscritto all’ordine. Confrontando sistematicamente l’analisi delle definizioni contenute nelle normative con le attività sul campo si riesce a circoscrivere il nucleo ontologico del problema. L’esclusività dell’attività psicologica non risiede nel concetto di diagnosi, ma nell’oggetto della stessa; non nel fatto che si generi un profilo di valutazione, ma nella tipologia di profilo che si genera e nelle conseguenze di questo profilo per il percorso personale e professionale della persona stessa; non negli strumenti di osservazione o di lettura dei contesti, ma nell’utilizzo di tali strumenti per le finalità diagnostiche appena descritte (Sarchielli, 2002). Riassumendo, tutte le volte che l’attività diagnostica ha per oggetto le dimensioni di personalità, le dimensioni attitudinali, le dimensioni cognitive e comportamentali dell’individuo questa deve essere svolta dallo psicologo; tutte le volte che un profilo professionale e/o valutativo prevede la descrizione di dimensioni di personalità, cognitivocomportamentali e psicoattitudinali questo deve essere redatto e firmato da uno psicologo; tutte le volta che si utilizza uno strumento conoscitivo, osservazione, colloquio, prova di gruppo, testo reattivo in genere finalizzato alle diagnosi sopradescritte, questo deve essere erogato e letto da uno psicologo (Bergonzi, 2002). 14 QUALE psicologia, 2013, 1 Augugliaro, P. Majer, V. (2001). Assessment Center e Sviluppo Manageriale. Milano: Franco Angeli. Borgogni, L. Pettita, L. Barbaranelli, C. (2004). Test di Orientamento Motivazionale. Manuale. Firenze: Organizzazioni Speciali. Castiello D’Antonio, A. (2006). 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