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Domenica 14 novembre 2010, Meda
PRIMA DOMENICA D’AVVENTO
ANNO A
Is 51, 4-8; Sal 49; 2Ts 2, 1-14; Mt 24, 1-31
IL DISCORSO SULLA FINE DEI TEMPI. MT 24, 1-31
1. Il contesto in cui nasce il brano.
Matteo è probabilmente ebreo di ambiente giudaico, forse uno scriba, appassionato della Chiesa universale
e della sua missione universale, profondo conoscitore e amante della legge mosaica. Scrive il suo Vangelo
quasi certamente dopo la distruzione di Gerusalemme (70dC), probabilmente attorno all’80. E lo fa per un
ambiente di origine giudaica, probabilmente la Chiesa cristiana di Siria e Palestina (forse ambienti galilaici);
un ambiente che si sta confrontando con il Giudaismo tradizionale e vive le tensioni, forse persecuzioni,
che ne derivano. Mentre Matteo compone la sua opera, oltre alle tensioni esterne, la comunità sperimenta
un periodo di forti tensioni al suo interno dovute a divisioni, scandali, diffusione di dottrine fuorvianti,
presenza di falsi profeti o taumaturghi fanatici, raffreddamento nel vivere il comandamento dell’amore.
Il brano che leggiamo nasce del tentativo di Matteo di offrire alla sua comunità una rilettura di fede di ciò
che stanno sperimentando – gli affanni citati sopra – fatta attingendo ai linguaggi e alle immagini loro
familiari, le allegorie dell’apocalittica giudaica. Tali immagini, se per noi sono di difficile comprensione, per i
primi destinatari del Vangelo erano più immediatamente eloquenti.
Apocalittica giudaica – profezie apocalittiche
Apocalittica: L’origine greca apo-kalyptein significa semplicemente «rivelazione».
Gli anni dal 350 a.C. al 100 d.C. nasce in corrispondenza di: profanazione del tempio e persecuzione del
giudaismo ad opera di Antioco IV Epifane e distruzione del tempio ad opera di Tito. I loro autori, liberi da
ogni interesse di tipo cronachistico, intesero dare una risposta di fede all’oppressione di Israele,
riaffermando la realtà e il potere del mondo celeste, la speranza cioè nell’intervento potente e invincibile di
Dio a fianco dei suoi fedeli contro i dominatori o gli usurpatori. È proprio questa la «rivelazione» di cui
l’apocalittica vuol farsi carico: profondamente convinta della sovranità di Dio, essa si prefigge di discernere
il significato del tempo e della storia in tutto il loro svolgimento, nella ferma convinzione che il Signore
sconfiggerà il male in ogni sua forma, porrà fine al corso della storia presente e instaurerà cieli nuovi e terra
nuova.
Caratteristiche distintive dell’apocalittica
Dal punto di vista letterario, ci sembra che tali caratteristiche possano essere così sintetizzate.
a) La pseudo-epigrafia attribuendo a un personaggio del passato particolari rivelazioni. Questo
procedimento permetteva di porre nella grande tradizione un messaggio riguardante il tempo presente: si
parla di passato ma si interpreta il presente.
c) Sapientizzazione della storia
d) Linguaggio simbolico esoterico, che contribuisce a fare del tempo narrato un’epoca «indatabile», così
che queste opere possono realmente avanzare la pretesa di fornire criteri di discernimento per tutti i
tempi. Poiché nel simbolo ogni momento storico può leggervi la propria vicenda, le apocalissi risultano
sempre «aggiornabili».
Dal punto di vista più marcatamente teologico, ecco alcuni elementi essenziali della riflessione apocalittica.
- Passato, presente e futuro risultano così indisgiungibili all’interno di una concezione unitaria della storia
che si ritiene essere coinvolta in un movimento irreversibilmente rivolto verso una conclusione definitiva.
- La tensione della storia verso il punto finale è segnato da uno scontro tra il bene e il male. In certi
momenti il conflitto assume proporzioni cosmiche e si esprime in fatti tragici che coinvolgono sia la terra
che il cielo: terremoti, carestie, paurose mutazioni negli astri, distruzioni e incendi. Lo scontro tra il bene e il
male raggiungerà il culmine nel Giorno del Signore, quando una fine sarà posta a questo mondo. Tale
evento è considerato imminente. Un contributo essenziale alla buona conclusione di questa lotta viene
dato da due figure caratteristiche: il «messia» e il «figlio dell’uomo». Il «messia» deriva certamente dal
Primo Testamento, ma nell’apocalittica viene proiettato alla fine dei tempi, quando apparirà: è infatti
considerato come l’eroe del conflitto che porterà a conclusione nella schiacciante sconfitta delle forze
maligne. Enigmatico appare anche il personaggio denominato «figlio dell’uomo». Egli presenta un’identità
meno marcata, quasi una figura rappresentativa di tutto il popolo. Unito al «messia», talvolta sembra
identificarsi con lui.
Escatologia in Matteo
L’escatologia è quella dottrina che si occupa delle “cose ultime”, di ciò che “accadrà alla fine”.
Scopo dell’Escatologia non è tanto stabilire il quando, ma piuttosto il che cosa accadrà alla fine dei tempi;
potremmo dire, con un gioco di parole, che si occupa di chiarire cos’è il fine dei tempi, nel senso che
intende interpretare e descrive ciò verso cui procede – e dunque dà senso – la storia degli uomini.
L’Escatologia è per questo una dottrina che, indicando al discepolo la meta verso cui procede, di riflesso
rischiara il presente, offrendo riflessioni per determinarlo.
E’ importante ricordare che le prime comunità cristiane vivevano nell’attesa del ritorno del Signore. Tale
ritorno - «parusìa» - veniva descritto in forme e modalità varie ma si potevano rilevare alcuni elementi
ricorrenti: la certezza che il vincitore della storia è il Signore morto e risorto, il giudizio, la necessità della
vigilanza, il rifiuto di ogni speculazione sul quando e sul come.
L’ingiustizia, la sopraffazione, il peccato, il rifiuto di Dio… Tutto pareva continuare nel mondo e nella Chiesa.
Per questo l’attesa del ritorno come compimento definitivo della storia era vissuta con grande intensità;
per questo si avvertiva la necessità di vivere il presente nella fede, il cui risvolto pratico, nell’attesa era la
vigilanza.
Prospettiva tipica di Matteo: il presente è il luogo del giudizio.
Obiettivo di Mt è stimolare i fedeli a “trovare il loro posto dentro le dinamiche della loro storia”, prendendo
posizione di fronte alla venuta di Cristo, facendosi carico della lotta tra bene e male, esercitando pazienza e
vigilanza, cercando la fedeltà alla volontà di Dio (questa è l’unica e vera “opera buona” che ci è richiesta),
quel comandamento dell’amore su cui modellare integralmente la nostra vita..
Il tempo della Chiesa è un tempo in via di compimento e non ancora giunto alla perfezione, durante il quale
l’uomo può accettare l’offerta di salvezza da parte di Dio è attuare già il Regno dei cieli, oppure rifiutarlo
con il rischio di non giungere mai al compimento definitivo
3. Il contesto prossimo
- Lo scontro e la condanna del mondo giudaico, in modo particolare delle autorità religiose del popolo.
- La Pasqua di Gesù.
4. Struttura del brano e impostazione dell’autore
a) Il brano nella sua interezza comprende i versetti dal 1 al 44 contenenti la provocazione iniziale di Gesù a
cui seguono le domande dei discepoli e la relativa risposta di Gesù. Un possibile schema è il seguente.
24, 1-3 = Introduzione generale (affermazione di Gesù e domande dei discepoli)
A. 24, 4-14 = la crisi prima della fine: dolori, persecuzioni, inganni
B. 24, 15-28 = la grande tribolazione in Giudea e gli inganni che preludono la venuta
C. 24, 29-31 = la venuta del Figlio dell’uomo (annuncio)
B’. 24, 32-35 = la venuta è vicina (parabola del fico)
A’. 24, 36-44 = il giorno della venuta è sconosciuto: la vigilanza
Lo schema mette in evidenza come i versetti 29-31 siano il centro della risposta di Gesù, dunque il nodo
focale, il punto prospettico per osservare il resto, il perno attorno a cui tutto ruota.
Già a livello strutturale Mt pone un messaggio forte e chiaro: il Figlio dell’uomo viene nella storia degli
uomini non in modo marginale ma come il suo centro, il discrimine delle sue vicende, la chiave
interpretativa dei suoi paradossi e domanda una presa di posizione.
b) Mt intreccia tre livelli nella seconda domanda dei discepoli: la distruzione del tempio (non prevedibile
per i discepoli, ma già avvenuta al momento in cui Mt scrive), la venuta del Signore (per i discepoli
probabilmente: l’ingresso trionfale di Gesù a cacciare i romani da Gerusalemme; per la comunità di Mt già il
ritorno glorioso del Signore risorto), la fine del mondo (i discepoli mescolano parusia e fine del mondo,
come facciamo anche noi… Forse la prospettiva cronologica è limitante, forse è più una questione
teologica). Non possiamo né dobbiamo disgiungere i tre livelli cercando di capire quando Mt parla dell’una
o dell’altra cosa. In realtà per Mt il senso di questi eventi è comprensibile solo a patto di non separarli,
perché essi esprimono una sola realtà: la venuta del Signore, la sua presenza a ogni uomo che costringe alla
messa in gioco.
Lettura analitica
24,1-3 Introduzione: le domande dei discepoli
1
Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli
osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: "Non vedete tutte queste cose? In verità io vi
dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta". 3Al monte degli Ulivi poi,
sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: "Di' a noi quando accadranno
queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo".
- Possiamo pensare le parole di Gesù circa la distruzione del tempio come una vera e propria previsione,
anche perché c’erano già profezie che ne preannunciavano il crollo. Certamente si intravede qui l’opinione
diffusa nella comunità di Mt circa la caduta di Gerusalemme quale “giudizio” su un certo mondo ebraico o
quanto meno su un certo tipo di religiosità.
- L’uscita di Gesù dal Tempio è simbolicamente forte dopo l’annuncio dell’abbandono della “casa d’Israele”
fatto nei versetti precedenti (“Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete
più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Mt 23, 38-39), pare una vera e
propria “presa di distanza”; in sottofondo vanno ascoltate la profezia di Ezechiele 11, 22-23: la gloria di Dio
abbandona la città e la profezia di Michea 3, 12 che annunciava la distruzione del tempio.
- Il monte degli Ulivi risuona nelle profezie messianiche di Ezechiele ma pure di Zaccaria 14, 4 con la
promessa della restaurazione di Gerusalemme.
- Se leghiamo la domanda posta dai discepoli alla loro situazione personale, dobbiamo vedervi l’attesa circa
il momento in cui avrebbero visto sconfitto il nemico romano, in realtà si intravvede già l’intreccio dei livelli
operato da Matteo: occorre rispettare la sua scelta e lasciare che la multivalenza della domanda lavori
anche noi.
- La “parusia” (= venuta-presenza) è termine connesso alla visita del re-imperatore; tale termine dà subito
un’intonazione cristologica al discorso; il termine “synteleia” (= compimento/consumazione) viene dal
vocabolario apocalittico e in Mt indica la meta finale della storia che sta sotto la signoria di Gesù, giudice
finale.
24,4-14 Dolori, persecuzioni e inganni prima della fine
4
Gesù rispose loro: "Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo:
"Io sono il Cristo", e trarranno molti in inganno. 6E sentirete di guerre e di rumori di guerre.
Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti
nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma
tutto questo è solo l'inizio dei dolori.
9
Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a
causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda.
11
Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell'iniquità, si raffredderà
l'amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno
sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà
la fine.
- Tema dell’inganno: i tempi di crisi sono favorevoli a questo, soprattutto allo sbocciare di nuovi
messianismi, di agitatori politici e anticristi. Testi extraevangelici testimoniano che la distruzione del 70dC
fu preceduta da un tempo di eccitazione e fanatismo religioso. Mt vede nella sua comunità il sorgere di
occasioni di inganno e di inciampo: dottrine erronee, falsi profeti, interpretazioni discutibili degli
avvenimenti storici.
Mt vede anche penetrare l’odio e la divisione nella propria comunità, constata l’abbandono di molti per
colpa delle persecuzioni (cfr parabola del seminatore), riscontra la perdita della fede per il dilagare della
“anomia” (disobbedienza alla legge di Dio, infedeltà pratica alla Sua volontà: il comandamento dell’amore,
sintesi della legge per Mt, viene disatteso e tradito e ciò è occasione di scandalo)
- La fine del tempo è il completamento dell’annuncio, cioè il giungere di Cristo ad ogni uomo; la fine del
tempo o il fine del tempo?!? La storia ha una sola direzione e un solo senso: Cristo. “Il fine” della storia è
che ogni uomo in Cristo si lasci riconciliare in Dio: ecco perchè l’avvento di Cristo ad ogni uomo è la fine del
tempo/del mondo. (Vivere l’Avvento significa riscoprire questa dimensione del tempo che viviamo).
- Le guerre e le catastrofi fanno sperimentare la debolezza all’uomo: chi può vedervi delle doglie del parto
(questo il significato letterale dei “dolori”), cioè qualcosa che prelude una nuova vita e una rinnovata gioia
se non Dio stesso? Non c’è dunque da spaventarsi ma da rasserenarsi!
- Il male nella storia è “apocalittico”, cioè rivela la presenza del male nell’uomo o del male come possibilità,
ma non è “escatologico”, cioè non è definitivo, non è l’ultima parola. L’ultima parola rimane il trionfo del
Signore sulla storia. Ecco perché si parla di “doglie”, perché sono dolori che preludono ad un trionfo.
- Da questa consapevolezza il discepolo deve trovare forza nel praticare la perseveranza; essa consiste
appunto nel non lasciarsi sviare, non farsi abbattere dagli sconvolgimenti, restare saldi nella pratica della
carità fattiva.
- In controluce: la vicenda dei Maccabei e le prime persecuzioni cristiane mescolate assieme. Partendo da
una rivisitazione del passato letta nel presente della sua comunità, Mt riesce a raccontare e intrepretare in
senso universale le difficoltà a cui vanno incontro in ogni epoca i portavoce di Dio.
24,15-28 Tribolazioni in Giudea e inganni
15
Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l'abominio della devastazione, di cui parlò il
profeta Daniele - chi legge, comprenda -, 16allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, 17chi
si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18e chi si trova nel campo non
torni indietro a prendere il suo mantello. 19In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che
allattano! 20Pregate che la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato. 21Poiché vi sarà allora una
tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall'inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà.
22
E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni
saranno abbreviati. 23Allora, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui", oppure: "È là", non
credeteci; 24perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da
ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25Ecco, io ve l'ho predetto. 26Se dunque vi diranno: "Ecco, è
nel deserto", non andateci; "Ecco, è in casa", non credeteci. 27Infatti, come la folgore viene da
oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 28Dovunque sia il
cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi.
- L’abominio della devastazione richiama il gesto compiuto da Antioco IV Epifane che eresse una statua di
Zeus sull’altare dei sacrifici: è la presenza dell’idolatria, dell’ateismo nel cuore della fede. E’ l’apostasia che
colpisce al cuore la fede. Ma si parla delle distruzioni ad opera di Tito oppure della fine dei tempi? Anche
qui è opportuno non disgiungere le prospettive.
- I consigli circa il come salvarsi indicano la portata della tribolazione: non ammette indecisioni né
compromessi, chiede prontezza, intelligenza e forza e sarà una prova talmente radicale che c’è da chiedere
a Dio che crei le condizioni giuste per affrontarla.
- Di nuovo il tema dell’inganno…
- C’è un riferimento diretto alla distruzione del tempio? Oppure si parla in senso simbolico della fede dei
credenti messa alla prova dal pericolo dell’apostasia? Probabilmente entrambi. Certamente il riferimento ai
fedeli che abbrevieranno i giorni sono l’affermazione che la fede sa e può imbavagliare l’apostasia.
- Mt accenna a delle tradizioni apocalittiche giudaiche che parlavano di un tempo in cui il Messia si sarebbe
nascosto rivelandosi dapprima a un gruppo di eletti e le smentisce.
- Come gli avvoltoi non falliscono il cadavere così la venuta del Figlio dell’uomo è talmente chiara che sarà
impossibile ai veri discepoli fallire l’incontro se avranno custodito la vera fede.
24, 29-31 La venuta del Figlio dell’uomo
29
Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le
stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. 30Allora comparirà in cielo il segno
del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio
dell'uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31Egli manderà i suoi angeli, con
una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei
cieli.
- Fenomeni epifanici desunti dalla tradizione profetica.
- Il caos prima dell’ordine!
- Il segno del Figlio dell’uomo è stato identificato con la Croce oppure con Cristo stesso, ma pare più
coerente questa seconda lettura per il parallelismo tra: “comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo” e
“vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo”.
- E’ un evento universale: ogni uomo è/sarà messo di fronte al Cristo che viene.
Nuclei tematici e spunti di riflessione
1. La centralità di Cristo e della sua venuta: l’incontro con Lui in vista della comunione in Lui è il senso di
ogni vita e della storia, è il fine della vita e della storia. La fine della nostra vita coincide con l’incontro
definitivo con Lui. La Sua venuta e l’incontro con Lui costituiscono una messa in questione radicale
dell’esistenza.
2. Gli inganni come una costante della vita di fede. Interessante fermarsi e chiedersi quali siano oggi le false
profezie, i falsi maestri… Interessante il fatto che gli inganni tentati siano sempre dei camuffamenti: falsi
Cristi, o falsi luoghi/occasioni di fede.
Attenzione: “l’abominio della devastazione” mette radice nel cuore della fede! La fede è attaccata al suo
cuore, nel suo nucleo. Se questo vale per le Chiese di ogni tempo e luogo, cosa significa per la Chiesa di
oggi? Dove dobbiamo dunque prestare attenzione? Occorre chiedersi cos’è l’idolatria, come “funziona” un
idolo…
3. La vita della Chiesa come un tempo di lotta interna ed esterna. Ma il “definitivo” è il bene.
4. Antidoti che non vanno molto di moda: perseveranza, scaltrezza, preghiera di affidamento.
5. Questo è il tempo in cui si compie il giudizio, tempo di lotta e perseveranza per l’affermazione della fede.
L’intreccio dei piani storici attuato da Matteo è una realtà teologica. L’attualità del Regno è solo
annunciata, tuttavia l’annuncio è tale che non si può rimandare la decisione: il Regno è già qui e va accolto,
per quanto sia non ancora pienamente compiuto e domandi l’attesa di un compimento portato da un Altro.
Occorre maturare sempre più una dimensione contemplativa della vita.