MY OLD LADY pdf - Lo Spettacolo del Veneto

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MY OLD LADY pdf - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione
[email protected]
Italiana
Cinema
d’Essai
INTERPRETI: Maggie
Smith, Kevin Kline,
Kristin Scott Thomas,
Dominique Pinon,
Francis Dumaurier
SCENEGGIATURA:
Israel Horovitz
FOTOGRAFIA:
Michel Amathieu
MONTAGGIO: Jacob
Craycroft, Stephanie
Ahn
SCENOGRAFIA:
Pierre-François
Limbosch
DISTRIBUZIONE:
Eagle Pictures
NAZIONALITÀ: Gran
Bretagna, Francia, Usa,
2014
DURATA: 106 min.
[email protected]
wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
di Israel Horovitz
PRESENTAZIONE E CRITICA
L'americano Mathias arriva nella capitale francese senza un
soldo in tasca, deciso a rifarsi una vita vendendo in fretta e furia
l'appartamento nel Marais che ha ereditato alla morte del padre.
L'appartamento, però, è occupato da Mathilde, ora novantenne,
e da sua figlia Chloé, e non potrà essere di Mathias fino alla
morte dell'anziana, perché così è scritto nel contratto. Come se
non bastasse, Mathias dovrà pagare a Mathilde un mensile
assolutamente al di fuori della sua portata, come prima di lui
aveva fatto suo padre per quarant'anni. In combutta con un
immobiliarista interessato, Mathias dichiara guerra all'anziana
signora e alla sua viziata progenie, ma la permanenza in casa
loro apre di giorno in giorno nuovi squarci sul passato di suo
padre, fino a riscrivere la storia dello stesso Mathias. Per il suo
debutto dietro la macchina da presa, Horovitz porta sullo
schermo una delle pièce che ne hanno fatto il drammaturgo noto
e acclamato che è da decenni.
Gli ingredienti sono tanti, e pesano tanto a favore della teatralità del copione quanto a
favore della sua visualizzazione cinematografica. Si principia con il piccolo clash of
civilizations che vede da un lato l'usanza tutta francese del viager (il vitalizio ipotecario
dell'immobile, variante della nuda proprietà) e dall'altro l'ingenuo anglosassone, per il
quale tale concetto è inverosimile e inaccettabile, salvo saperlo sfruttare a proprio
vantaggio. In questo senso, occupa un ruolo centrale il personaggio di Kristin Scott
Thomas, l'attrice di origine inglese che fin da giovane è vissuta e ha lavorato in Francia,
che nel film assume uno spessore maggiore rispetto al testo teatrale di partenza,
divenendo, non a caso, il ponte tra Mathilde e Mathias e dunque il centro fisico della
sceneggiatura. L'espediente che dà il la alla vicenda potrebbe, inizialmente, portare in
direzione di un "Green Card" al contrario, ma non è quello il tono del film, che vira invece
verso l'anatomia del dramma psicologico, gestito con umanità e naturalezza. È evidente
che è questo il regno di Horovitz, che non trascura di sviscerare i personaggi e di offrire ad
ognuno il proprio momento, in termini squisitamente drammatici, al punto che il film si
potrebbe leggere come un trittico nel quale la prima parte del racconto è affidata a
Mathias, il corpo centrale a Chloé e la risoluzione al punto di vista di Mathilde, vero
demiurgo del tutto. Il cinema nel suo aspetto più prettamente registico, fotografico e
immaginifico, invece, è per Horovitz ancora qualcosa di derivativo e la sua Parigi guarda
evidentemente a quella di Woody Allen e persino al precedente viaggio di Kevin Kline nella
città della luce, ai tempi di French Kiss. Se non altro, pare che lui lo sappia benissimo e,
con apprezzabile umiltà, non faccia nulla per nasconderlo.
(www.mymovies.it)
Israel Horovitz, autore e regista teatrale, a 75 anni debutta nel lungometraggio con MY
OLD LADY, tratto da una sua pièce del 2002 e presentato al festival di Toronto. Quella
che si presenta come una commedia leggera è in realtà un film profondo sulle relazioni
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di Israel Horovitz
familiari, sulla fragilità umana, sulle conseguenze di scelte sbagliate. Sebbene la struttura
del film, dal punto di vista drammaturgico, sia quella della commedia, con un gran numero
di scene divertenti e dialoghi brillanti, sono i risvolti drammatici della storia e dei
personaggi a prendere il sopravvento dalla metà del film in poi, ed è qui che i tre interpreti
danno il meglio si sé. Mathias Gold arriva a Parigi perché ha ereditato dal padre un
meraviglioso appartamento nel cuore del Marais, cosa che sembra la soluzione di tutti i
suoi problemi: ha quasi sessant’anni, un passato da alcolista, tre divorzi alle spalle e
soprattutto non ha un soldo in tasca. Quel che non sa è che nell’appartamento vive la
signora Mathilde, novantenne in formissima, caustica e pungente nel suo umorismo
inglese, e tutto questo potrebbe andar bene se non fosse che Mathias ha sì ereditato
l’appartamento, ma di fatto in nuda proprietà, e deve ancora pagare all’anziana signora
una sorta di affitto mensile (per quanto irrisorio rispetto all’immenso valore della casa),
come previsto dalla legge francese. Senza un posto dove andare alla ricerca di una
soluzione (riuscire a vendere la casa con contratto capestro o sperare che l’anziana muoia
all’improvviso?), Mathias rimane per qualche giorno da Mathilde, che vive con la figlia
Chloé, che sin dal primo momento comincia a fargli la guerra. Dalla premessa comica si
sviluppa pian piano il dramma, perché non tutto è come sembra: le persone nascondono
dei segreti, alcuni impronunciabili ma non per perfidia, spesso solo per sopravvivere. Il
fascino (un po’ manierato) dell’ambizione parigina alleggerisce la tensione emotiva che
cresce all’interno dell’appartamento, dove i tre attori scavano nel cuore e nel passato dei
loro personaggi, che rimandano in qualche modo a Cecov e a Dostoevskij più che alla
commedia americana o quella brillante francese, o ancora quella aristocratica inglese di
cui Maggie Smith è regina incontrastata. Ciascuno dei tre va oltre il cliché comico e con la
propria interpretazione fa passare in secondo piano qualche meccanicismo di scrittura o
superficialità della messa in scena.
(Chiara Barbo in Vivilcinema n. 4/2014)
In una sempre affascinante Parigi, ecco un godibile lavoro che parla d’amore, tradimento,
responsabilità familiari, vecchiaia. Ma soprattutto, del rapporto genitori-figli, delle
conseguenze subite da questi ultimi a causa delle scelte dei primi, di come il sacrificio, il
prevalere del senso di responsabilità di padri e madri, che li allontana da ciò che
realmente desiderano e li rende infelici, non possa non ripercuotersi sui figli, causando
difficoltà nel rapporto con loro. Si cercano le radici di queste difficoltà e mancanze, che
hanno minato alle fondamenta le esistenze di Chloé e Mathias, ormai sessantenni, e
dell’insicurezza che ne consegue. Ma Horovitz insiste sulla capacità di ciascuno di
emanciparsi e sulla necessità di non usare i vuoti affettivi come alibi per la propria
rassegnazione. Si tratta però, al tempo stesso, di una commedia brillante, ben costruita,
caratterizzata da un raffinato senso dello humour, con echi di Wilde e Beckett, da dialoghi
acuti, e sorretta da tre interpreti di prima grandezza: i premi Oscar Maggie Smith (perfetta
nel ruolo della scrupolosa e previdente vecchina inglese) e Kevin Kline (nei panni di chi
non riesce a liberarsi di un doloroso passato, newyorkese sconfitto, cui si offre una
seconda possibilità), e la candidata all’Oscar Kristin Scott Thomas (figlia premurosa, ma
donna infelice e frustrata). Il dolce, l’amaro e il comico si fondono abilmente. Una certa
prevedibilità sconta però l’intreccio sentimentale che coinvolge Mathias e Chloé.
L’ambientazione parigina è curata e suggestiva, senza essere patinata. La presenza di
Dominique Pinon, attore legato ai lavori di Jean-Pierre Jeunet, riporta poi lo spettatore al
più estroso Il favoloso mondo di Amélie, complice anche un breve tema musicale vicino
alle sonorità di Yann Tiersen.
(www.cinefilos.it)
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