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Corte di giustizia dell'Unione Europea
Prima Sezione
Sentenza 14 aprile 2016
«Rinvio pregiudiziale - Direttiva 93/13/CEE - Contratti conclusi tra professionisti e consumatori Contratti di mutuo ipotecario - Clausola di tasso minimo - Esame di una clausola ai fini del suo
annullamento - Azione collettiva - Azione inibitoria - Sospensione dell'azione individuale avente il
medesimo oggetto».
Nelle cause riunite C-381/14 e C-385/14, aventi ad oggetto domande di pronuncia pregiudiziale
proposte alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Mercantil n. 9 de Barcelona
(Tribunale commerciale n. 9 di Barcellona, Spagna), con decisioni del 27 giugno 2014, pervenute in
cancelleria l'11 e il 12 agosto 2014, nei procedimenti Jorge Sales Sinués contro Caixabank SA (C381/14), e Youssouf Drame Ba contro Catalunya Caixa SA (Catalunya Banc SA) (C-385/14).
[...]
1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione dell'articolo 7 della direttiva
93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati
con i consumatori (GU L 95, pag. 29).
2. Tali domande sono state presentate nell'ambito di controversie tra il sig. Sales Sinués e la
Caixabank SA, da un lato, e il sig. Drame Ba e la Catalunya Caixa SA, dall'altro lato, relative alla
nullità di clausole contenute in contratti di mutuo ipotecario.
Contesto normativo
Direttiva 93/13
3. L'articolo 3 della direttiva 93/13 così recita:
«1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva
se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo
squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
2. Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta
preventivamente in particolare nell'ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di
conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.
(...)».
4. L'articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva precisa quanto segue:
«Fatto salvo l'articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto
della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della
conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le
altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».
5. L'articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:
«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un
consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro
legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini,
sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».
6. Ai sensi del successivo articolo 7:
«1. Gli Stati membri, nell'interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a
fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti
stipulati tra un professionista e dei consumatori.
2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o
organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i
consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi
amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego
generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare
l'inserzione di siffatte clausole.
(...)».
Diritto spagnolo
7. L'articolo 43 del codice di procedura civile (Ley de enjuiciamiento civil), del 7 gennaio 2000
(BOE n. 7, dell'8 gennaio 2000, pag. 575), dispone quanto segue:
«[Q]uando, per pronunciarsi sull'oggetto della controversia, sia necessario risolvere una questione
che, a sua volta, costituisca oggetto principale di un altro procedimento pendente dinanzi al
medesimo giudice o ad un giudice diverso, qualora non risulti possibile la riunione dei procedimenti
stessi, il giudice potrà disporre, su istanza di entrambe le parti o di una di esse, sentita la
controparte, la sospensione del procedimento nello stadio in cui si trova fino al termine del
procedimento avente ad oggetto la questione pregiudiziale».
8. L'articolo 221 del codice di procedura civile, relativo agli effetti delle decisioni pronunciate
nell'ambito di procedimenti avviati da associazioni di consumatori o utenti, così recita:
«(...)
1a. Qualora sia stata chiesta una condanna pecuniaria, la condanna ad un fare, non fare o dare una
cosa specifica o generica, la decisione di accoglimento della domanda designa individualmente i
consumatori e utenti che, conformemente alle norme poste a loro tutela, possono beneficiare della
decisione di condanna.
Qualora la designazione individuale non risulti possibile, la decisione stabilisce i dati, le
caratteristiche e i requisiti necessari per poter richiedere il pagamento e, se del caso, avviare
l'esecuzione o intervenire nella stessa, laddove sia stata avviata dall'associazione attrice.
2a. Qualora la declaratoria di illegittimità o illegalità di un'attività o di una condotta determinata sia
all'origine della condanna o della pronuncia principale o unica, la decisione stabilisce se,
conformemente alla legislazione in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, la declaratoria
stessa debba avere effetti processuali non limitati a coloro che siano stati parti del procedimento di
cui trattasi.
3a. Qualora al procedimento abbiano partecipato consumatori o utenti individualmente determinati,
la decisione deve pronunciarsi espressamente sulle loro domande.
(...)».
9. L'articolo 222 del codice di procedura civile così dispone:
«1. La cosa giudicata nelle decisioni definitive, siano esse di accoglimento o di rigetto, esclude,
conformemente alla legge, qualsiasi nuovo procedimento il cui oggetto sia identico a quello del
procedimento in cui la decisione sia stata pronunciata.
2. La cosa giudicata si estende al petitum della domanda attorea e riconvenzionale, nonché ai punti
di cui all'articolo 408, paragrafi 1 e 2, della presente legge.
Si considerano fatti nuovi e distinti, in relazione alla causa petendi della domanda, quelli verificatisi
successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle memorie nel procedimento
nell'ambito del quale la domanda sia stata formulata.
3. La cosa giudicata avrà efficacia tra le parti del procedimento nel quale è stata pronunciata e tra i
loro eredi e aventi causa, così come tra i soggetti, che non siano parti della controversia, titolari dei
diritti che fondano la legittimazione attiva delle parti, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 11
della presente legge.
(...)
4. La decisione definitiva conclusiva di un procedimento, laddove abbia acquisito forza di cosa
giudicata, vincola il giudice di un procedimento successivo quando in esso ricorra come antecedente
logico dell'oggetto di tale procedimento, purché le parti siano le stesse ovvero la cosa giudicata si
estenda ad esse per disposizione di legge».
10. Secondo l'interpretazione del giudice del rinvio, le norme processuali richiamate supra lo
obbligano a sospendere i procedimenti in corso, in cui un consumatore ha proposto azione
individuale di annullamento di una clausola abusiva, fino a che sia pronunciata una sentenza
definitiva in un procedimento promosso da un'associazione di consumatori, debitamente legittimata
ad avviare un'azione collettiva per far cessare l'utilizzo di una clausola analoga.
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
11. Il sig. Sales Sinués stipulava, in data 20 ottobre 2005, un contratto di novazione di mutuo
ipotecario presso la Caixabank SA. La clausola «di tasso minimo» contenuta in tale contratto
prevede un tasso nominale annuo del 2,85%, con soglia massima fissata al 12%. Il sig. Drame Ba
stipulava, in data 7 febbraio 2005, un contratto di mutuo ipotecario presso la Catalunya Caixa SA.
La clausola «di tasso minimo», in tale contratto, prevede un tasso del 3,75%, con soglia massima
limitata al 12%.
12. Indipendentemente dalla fluttuazione dei tassi sul mercato, i tassi d'interesse dei contratti dei
ricorrenti nel procedimento principale non possono essere inferiori alla percentuale prevista dalla
clausola «di tasso minimo».
13. I sig.ri Sales Sinués e Drame Ba, ritenendo che le clausole «di tasso minimo» siano state loro
imposte dagli istituti bancari e che esse determinino uno squilibrio a loro sfavore, proponevano
individualmente, dinanzi al giudice del rinvio, ricorso per far accertare la nullità di tali clausole.
14. Anteriormente alla proposizione di detti ricorsi, un'associazione di consumatori, l'Adicae
(Asociación de Usuarios de Bancos Cajas y Seguros) aveva avviato, contro 72 istituti bancari,
un'azione collettiva per far cessare l'uso delle clausole «di tasso minimo» nei contratti di mutuo.
15. Richiamandosi all'articolo 43 del codice di procedura civile, le parti resistenti nel procedimento
principale hanno chiesto la sospensione dei giudizi di cui trattasi fino alla pronuncia della decisione
definitiva che ponga fine al giudizio collettivo. I sig.ri Sales Sinués e Drame Ba si oppongono alla
richiesta.
16. Il giudice del rinvio ritiene che, nelle circostanze di specie, l'articolo 43 del codice di procedura
civile gli imponga di sospendere le azioni individuali dinanzi ad esso avviate sino alla pronuncia
della decisione definitiva nel procedimento collettivo, e che tali effetti sospensivi comportino la
necessaria subordinazione dell'azione individuale all'azione collettiva, sia in relazione al suo
svolgimento che al suo esito.
17. Sottolinea, inoltre, che la partecipazione all'azione collettiva è vincolata a diversi obblighi, in
quanto, da un lato, il soggetto di diritto deve rinunciare eventualmente al giudice competente del
proprio domicilio e, dall'altro, in quanto la possibilità di proporre osservazioni a titolo individuale a
sostegno dell'azione collettiva è limitata nel tempo.
18. Ciò premesso, il Juzgado de lo Mercantil n. 9 di Barcellona (Tribunale commerciale n. 9 di
Barcellona, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se si possa ritenere [che l'ordinamento giuridico spagnolo preveda] un mezzo o meccanismo
efficace conforme all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.
2) Fino a qual punto tale effetto sospensivo rappresenti un ostacolo per il consumatore e, pertanto,
una violazione dell'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 al fine di far valere la nullità delle
clausole abusive inserite nel suo contratto.
3) Se il fatto che il consumatore non possa dissociarsi dall'azione collettiva costituisca una
violazione dell'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13.
4) Ovvero se, al contrario, l'effetto sospensivo di cui all'articolo 43 [del codice di procedura civile]
sia conforme all'articolo 7 della direttiva 93/13, essendo i diritti del consumatore pienamente tutelati
da tale azione collettiva, atteso che l'ordinamento giuridico spagnolo prevede altri meccanismi
processuali parimenti efficaci per la tutela dei suoi diritti, e dal principio di certezza del diritto».
19. Con ordinanza del presidente della Corte del 9 settembre 2014, le cause C-381/14 e C-385/14
sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale, nonché della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
20. Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in
sostanza, se l'articolo 7 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che esso osti ad una
normativa nazionale che imponga, al giudice adito da un consumatore con un'azione individuale per
far dichiarare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto stipulato con un
professionista, di sospendere automaticamente l'azione fino alla pronuncia della decisione definitiva
relativa ad un'azione collettiva pendente, proposta da un'associazione di consumatori ai sensi del
paragrafo 2 del medesimo articolo, al fine, in particolare, di inibire l'inserzione, in contratti dello
stesso tipo, di clausole analoghe a quella oggetto dell'azione individuale.
21. Per rispondere a tali questioni, si deve ricordare, preliminarmente, che, ai sensi dell'articolo 7,
paragrafo 1, della direttiva 93/13, gli Stati membri provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci
per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra professionisti e consumatori.
Parallelamente al diritto soggettivo del consumatore di adire un giudice per l'esame dell'abusività di
una clausola di un contratto di cui è parte, il meccanismo previsto all'articolo 7, paragrafo 2, della
direttiva 93/13 consente agli Stati membri di promuovere un controllo sulle clausole abusive
contenute in contratti tipo mediante azioni inibitorie avviate nell'interesse pubblico da parte di
associazioni per la tutela dei consumatori.
22. Per quanto concerne, da un lato, l'azione individuale del consumatore, il sistema di tutela
istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull'idea che il consumatore si trovi in una posizione di
inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale, sia il livello di
informazione (v. sentenza Perenicová e Perenic, C-453/10, EU:C:2012:144, punto 27 e
giurisprudenza citata).
23. Per garantire detta tutela, la disuguaglianza tra il consumatore e il professionista può essere
riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale
(sentenza Asturcom Telecomunicaciones, C-40/08, EU:C:2009:615, punto 31).
24. In tale contesto, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d'ufficio il carattere abusivo di una
clausola contrattuale tenendo conto, come prescritto dall'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva
93/13, della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della
conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano la sua conclusione nonché a tutte
le altre clausole di tale contratto, o di un altro contratto da cui esso dipende (v., in tal senso,
sentenza Asturcom Telecomunicaciones, C-40/08, EU:C:2009:615, punto 32).
25. Tuttavia, se anche il giudice nazionale dovesse concludere per l'abusività di una clausola, il
diritto ad una tutela effettiva del consumatore comprende anche la facoltà di non far valere i propri
diritti, di modo che il giudice nazionale deve tener conto, se del caso, della volontà espressa dal
consumatore quando quest'ultimo, consapevole del carattere non vincolante di una clausola abusiva,
afferma tuttavia di opporsi alla sua disapplicazione, dando quindi un consenso libero e informato
alla clausola di cui trattasi (v. sentenza Banif Plus Bank, C-472/11, EU:C:2013:88, punto 35).
26. Per quanto attiene, dall'altro lato, alle azioni promosse da persone o organizzazioni che hanno
un legittimo interesse a tutelare i consumatori, di cui all'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13,
occorre sottolineare che quest'ultime non si trovano in una simile situazione di inferiorità rispetto al
professionista (sentenza Asociación de Consumidores Independientes de Castilla y León, C-413/12,
EU:C:2013:800, punto 49).
27. Infatti, senza negare l'importanza del ruolo essenziale che esse devono poter svolgere per
conseguire un livello elevato di tutela dei consumatori all'interno dell'Unione europea, occorre
nondimeno rilevare che un'azione inibitoria che contrapponga una tale associazione a un
professionista non è caratterizzata dallo squilibrio presente nel contesto di un ricorso individuale
che coinvolga un consumatore ed un professionista, sua controparte contrattuale (v. sentenza
Asociación de Consumidores Independientes de Castilla y León, C-413/12, EU:C:2013:800, punto
50).
28. Un simile approccio differenziato trova inoltre conferma nelle disposizioni degli articoli 4,
paragrafo 1, della direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998,
relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GU L 166, pag. 51), e 4,
paragrafo 1, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009,
relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GU L 110, pag. 30), che
ha sostituito la prima, per cui ad essere competenti a conoscere delle azioni inibitorie intentate dalle
associazioni di tutela dei consumatori di altri Stati membri, in caso di violazione intracomunitaria
della normativa dell'Unione in materia di tutela dei consumatori, sono i giudici dello Stato membro
di stabilimento o di domicilio del convenuto (sentenza Asociación de Consumidores Independientes
de Castilla y León, C-413/12, EU:C:2013:800, punto 51).
29. Si deve aggiungere che la natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni inibitorie,
nonché la loro indipendenza nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto, implicano che
dette azioni possano essere esercitate anche quando le clausole delle quali si chiede l'inibitoria non
siano state inserite in contratti determinati (v. sentenza Invitel, C-472/10, EU:C:2012:242, punto
37).
30. Pertanto, le azioni individuali e collettive, nell'ambito della direttiva 93/13, hanno obiettivi ed
effetti giuridici diversi, di modo che la relazione processuale tra lo svolgimento dell'una e dell'altra
può rispondere solamente ad esigenze di natura procedurale riguardanti, in particolare, la corretta
amministrazione della giustizia e volte alla necessità di evitare decisioni giudiziarie contraddittorie,
senza tuttavia che l'articolazione di tali diverse azioni comporti un affievolimento della tutela dei
consumatori, così come prevista dalla direttiva 93/13.
31. Infatti, anche se la direttiva non mira ad armonizzare le sanzioni applicabili nell'ipotesi di
riconoscimento del carattere abusivo di una clausola nell'ambito di tali azioni, il suo articolo 7,
paragrafo 1, obbliga tuttavia gli Stati membri ad assicurare l'esistenza di mezzi adeguati ed efficaci
al fine di far cessare l'utilizzo delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori
(sentenza Invitel, C-472/10, EU:C:2012:242, punto 35).
32. In tale contesto, si deve tuttavia rilevare che, in assenza di armonizzazione degli strumenti
processuali disciplinanti i rapporti tra le azioni collettive e le azioni individuali previste dalla
direttiva 93/13, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del
principio di autonomia processuale, stabilire regole siffatte, a condizione, tuttavia, che dette regole
non siano meno favorevoli rispetto a quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al
diritto interno (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente
difficile l'esercizio dei diritti conferiti alle associazioni di tutela dei consumatori dal diritto
dell'Unione (principio di effettività) (v., per analogia, sentenza Asociación de Consumidores
Independientes de Castilla y León, C-413/12, EU:C:2013:800, punto 30 e giurisprudenza citata).
33. Per quanto concerne, da un lato, il principio di equivalenza, non risulta, tenuto conto di quanto
si evince dalle decisioni di rinvio, che l'articolo 43 del codice di procedura civile sia oggetto di
diversa applicazione in controversie relative a diritti basati sull'ordinamento nazionale e in quelle
relative a diritti basati sull'ordinamento dell'Unione.
34. Dall'altro lato, per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha già avuto modo di
dichiarare che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale renda
impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione del diritto dell'Unione dev'essere esaminato
tenendo conto del ruolo di detta norma nell'insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle
peculiarità dello stesso dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono
considerare i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la certezza del
diritto e il principio del giudicato (v. in tal senso, sentenza BBVA, C-8/14, EU:C:2015:731, punto
26 e giurisprudenza citata).
35. Nel caso di specie, si deve rilevare che, come discende dall'interpretazione offerta dal giudice
del rinvio, in circostanze come quelle di cui trattasi, quest'ultimo deve, ai sensi dell'articolo 43 del
codice di procedura civile, sospendere l'azione individuale per cui è stato adito in pendenza della
sentenza definitiva nel procedimento collettivo la cui soluzione può essere ripresa per l'azione
individuale e, pertanto, il consumatore non può più far valere individualmente diritti riconosciuti
dalla direttiva 93/13, dissociandosi da detta azione collettiva.
36. Orbene, una simile situazione è idonea a pregiudicare l'effettività della tutela promossa da tale
direttiva, tenuto conto delle differenze di oggetto e di natura dei meccanismi di tutela dei
consumatori attuati da dette azioni, per come esse sono descritte ai punti da 21 a 29 della presente
sentenza.
37. Infatti, da un lato il consumatore è obbligatoriamente vincolato all'esito dell'azione collettiva,
ancorché abbia deciso di non prendervi parte, e l'obbligo incombente sul giudice nazionale ai sensi
dell'articolo 43 del codice di procedura civile impedisce quindi al medesimo di procedere all'analisi
delle circostanze del caso sottoposto al suo esame. In particolare, non saranno determinanti ai fini
della risoluzione della controversia la questione della negoziazione individuale della clausola
asseritamente abusiva né la natura dei beni o servizi oggetto del contratto di cui trattasi.
38. Dall'altro lato, il consumatore, in applicazione dell'articolo 43 del codice di procedura civile
come interpretato dal giudice del rinvio, è vincolato dal termine dell'adozione di una decisione
giudiziaria relativa all'azione collettiva, senza che il giudice nazionale possa valutare, sotto tale
profilo, la pertinenza della sospensione dell'azione individuale fino alla pronuncia della decisione
definitiva nell'ambito dell'azione collettiva.
39. Una regola nazionale di tal genere si rivela quindi incompleta e insufficiente e non costituisce
un mezzo né adeguato né efficace per far cessare l'uso delle clausole abusive, contrariamente a
quanto prescrive l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.
40. Ciò vale a fortiori in quanto, nel diritto interno, il consumatore, laddove intenda prender parte
all'azione collettiva, è soggetto, come si evince dalla decisione di rinvio, a limiti legati alla
determinazione del giudice competente e ai motivi che possono essere invocati. Inoltre, perde
necessariamente i diritti che gli verrebbero riconosciuti nell'ambito di un'azione individuale, ossia la
presa in considerazione di tutte le circostanze della sua causa, nonché la possibilità di rinunciare alla
non applicazione di una clausola abusiva, a fortiori se non può dissociarsi dall'azione collettiva.
41. In tale contesto, si deve d'altronde sottolineare che l'esigenza di assicurare la coerenza tra le
decisioni giudiziarie non può giustificare una simile carenza di effettività, dal momento che, come
sottolineato dall'avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, la differenza di natura tra
il controllo giudiziario esercitato nell'ambito di un'azione collettiva e quello esercitato nell'ambito di
un'azione individuale dovrebbe, in linea di principio, prevenire il rischio di decisioni giudiziarie
contraddittorie.
42. Inoltre, per quanto concerne l'esigenza di ridurre il carico giudiziario, l'esercizio effettivo dei
diritti soggettivi riconosciuti dalla direttiva 93/13 ai consumatori non può essere messa in
discussione sulla base di considerazioni legate all'organizzazione giudiziaria di uno Stato membro.
43. Alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni
sottoposte dichiarando che l'articolo 7 della direttiva 93/13 dev'essere interpretato nel senso che
esso osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che
imponga al giudice adito da un consumatore con un'azione individuale volta a far dichiarare il
carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto stipulato con un professionista, di
sospendere automaticamente l'azione fino alla pronuncia della decisione definitiva relativa ad
un'azione collettiva pendente, proposta da un'associazione di consumatori ai sensi del paragrafo 2
dell'articolo medesimo, al fine di inibire l'inserzione, in contratti dello stesso tipo, di clausole
analoghe a quella oggetto dell'azione individuale, senza che possa essere presa in considerazione la
pertinenza di tale sospensione dal punto di vista della tutela del consumatore che abbia adito
individualmente il giudice, e senza che tale consumatore possa decidere di dissociarsi dall'azione
collettiva.
Sulle spese
44. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L'articolo 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole
abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev'essere interpretato nel senso che esso osta ad
una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che imponga al giudice
adito da un consumatore con un'azione individuale volta a far dichiarare il carattere abusivo di una
clausola contenuta in un contratto stipulato con un professionista, di sospendere automaticamente
l'azione fino alla pronuncia della decisione definitiva relativa ad un'azione collettiva pendente,
proposta da un'associazione di consumatori ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo medesimo, al fine
di inibire l'inserzione, in contratti dello stesso tipo, di clausole analoghe a quella oggetto dell'azione
individuale, senza che possa essere presa in considerazione la pertinenza di tale sospensione dal
punto di vista della tutela del consumatore che abbia adito individualmente il giudice, e senza che
tale consumatore possa decidere di dissociarsi dall'azione collettiva.