Gabriella Bardaro

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Gabriella Bardaro
RECENSIONE DEL ROMANZO IL PARADOSSO DI PANCRAZIO
DI LUIGI PISTILLO ED.MURSIA
Pancrazio : inno all'assurdità del vivere il quotidiano
Pancrazio è la creatura di un elettrotecnico “meneghino "strampalato e vulcanico, che pur esprimendosi in
dialetto meneghino, si picca di cultura, e sa che il pancrazio era la disciplina più valutata nella Grecia in
quanto sport di combattimento completo.
Purtroppo, e tutto il libro è qui per ricordarlo al lettore, un nome non fa il destino.
Per ironia del destino stesso infatti, in risposta inconscia alla megalomania stravagante del padre, il figlio,
Pancrazio, si rivela un essere molle, senza passione né pensiero, che fa piccoli lavori senza interesse per
vivere, quando può, ma che preferisce nettamente andare su Internet, dove Google tiene il posto della
cultura, e frequentare i siti d’incontri, di compagnia. Oppure guardare trasmissioni di telerealtà e altri
programmi di non molto alto livello fino a tarda notte. Oppure ancora interrogare una veggente sul suo
futuro.
O….. Qualche volta anche a riferire all’amico Franco, un “intellettuale” per modo di dire, le sue esperienze e
i pensieri che ne derivano.
Insomma, Pancrazio è un ragazzo tiepido, non tanto diverso da quelli della sua generazione che nessuno
avrebbe l’idea di fare entrare come protagonista di un romanzo.
Ed ecco questo Pancrazio candidato per incontrare una pornostar famosa. Eccolo dopo a volere trovare una
ragazza via Internet, a comprare dei canarini. Eccolo alle prove con una vicina cattiva, e con il terribile
mondo del condominio.
Potrebbero essere vicende banali, ma non lo sono. Perché ovviamente niente succede come saremmo in
diritto di aspettarcelo. Perché se incontrare una pornostar potrebbe essere una truffa commerciale, e
incontrare ragazze via Internet una delusione, l’ingenuità con la quale si lancia Pancrazio in ogni avventura
fa sì che la situazione degeneri verso l’assurdità, anzi l’incubo piu assoluto.
E non tanto più fortunato è il padre, che all’apice del libro, senza cercare l’avventura (cosa più banale che
prendere un autobus o il tram quando la patente non ce l’hai più per ragioni oscure?), la trova lo stesso...
Questo libro potrebbe essere chiamato “Inno all’assurdità delle situazioni in teoria quotidiane”. In effetti, il
lettore lo legge come una partizione musicale : un crescendo sempre più forte fino al culmine che viene
raggiunto con le sventure del padre nella grande città, che rilancia echi del 1984 di George Orwell, ma con
maggiore leggerezza, fino a un lento decrescendo e un ultimo soprassalto e infine silenzio progressivo.
L’autore dà prova senza dubbio di una maestria da capo orchestra : a uno stile vivace, ricco di punti
esclamativi e onomatopee, si aggiungono numerosi dialoghi, spesso coloriti da un sapere dialettaleinventato, o conversazioni tra i protagonisti, rapidi come il volo, ricchi di malintesi e nonsense comici,
un po’ come nel teatro di strada.
Al di là del fatto che ci si può chiedere che dote particolare l’autore possieda per decollare da un punto A
concreto a un punto Z assolutamente delirante, questo romanzo ha indubitabilmente una profonda
dimensione sociale.
Se la forma (una lingua ricca, degli effetti stilistici vari e ricercati) conduce il lettore a godere questa gioiosa
lettura (esistono ancora scrittori capaci di interessarsi alla lingua, alle lingue, e quindi a giocare con loro), il
fondo (persone “ordinarie”, né simpatiche né antipatiche, né particolarmente intelligenti o stupide,
confrontate a situazioni troppo grandi per loro), ci tende uno specchio cattivo, che per via della luce, ci
farebbe vedere in potenza dieci i nostri difetti e anche i brutti colori attorno a noi.
Un libro ancorato nel presente quindi, non pesante, è per questo ancor più efficiente, che ci porge domande,
ma, non essendo un libro politico o un saggio, evita di fornire le risposte... Magari si può suggerire all’autore
un secondo volume delle “avventure” di Pancrazio in cui quest’ultimo ci mette la stessa energia a portare le
risposte alle domande che ha fatto nascere in noi. Perché no?
Per concludere, se il lettore dovesse leggere un solo capitolo (ma spero che non lo faccia) sarebbe il capitolo
XV intitolato “autobus pericoloso”, nel quale una strana associazione di utenti si impiega a torturare la brava
gente... La quintessenza del libro, quello che lo riassume meglio: creazioni linguistiche, stilistiche, al servizio
della messa in scena della paranoia generale, caricature portate fino all’estremo per il nostro piacere, ma che
trova radici nel mondo che si è costruito e negli esseri umani che l’hanno partorito.
Gabriella Bardaro
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