ELEMENTI DI GEOMETRIA ANALITICA
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ELEMENTI DI GEOMETRIA ANALITICA
ELEMENTI DI GEOMETRIA ANALITICA SABO COORDINATE CARTESIANE Ascisse dei Punti di una Retta Data una retta orientata (verso di percorrenza positivo da sinistra verso destra per rette orizzontali; dal basso verso l’alto per rette verticali), detto O un suo punto fisso e P un suo punto mobile, il numero x, distanza di P da O misurata rispetto ad un’unità di misura prestabilita, si dice ascissa del punto P. In tali ipotesi il punto fisso O ha ascissa nulla e viene detto origine. -x x P Per definire un punto dotato di ascissa si scrive P(x); O P P O distante tre unità di misura dal punto origine O ed è x così il simbolo P(3) indica che il punto P, di ascissa 3, è -x situato alla sua destra; mentre il simbolo P(-5) indica P che il punto P, di ascissa –5, è distante cinque unità di misura dal punto origine O ed è situato alla sua sinistra. Distanza di Due Punti su una Retta Data una retta orientata e due punti su essa, A(a) e B(b), la loro distanza è data da: AB = AO + OB = OB – OA a b e risultando: AO = -OA ; OB = b ; OA = a A(a) O B(b) La distanza di B da A, misurata nel verso che va da A a B, è: AB = b – a Ciò si traduce nel dire: La distanza di due punti su una retta cartesiana è data dalla differenza tra l’ascissa del secondo punto e quella del primo punto. Ascissa del Punto Medio di un Segmento Considerato su una retta orientata un segmento AB, essendo A(a) e B(b), e detto M(m) il suo punto medio (punto che divide esattamente a metà il segmento) si ha: AM = MB m–a=b–m m a 2m = a + b b 2 ciò si traduce nel dire: L’ascissa del punto medio di un segmento è uguale alla semisomma delle ascisse degli estremi del segmento. Coordinate Cartesiane di un Punto del Piano Date due rette orientate tra loro perpendicolari nel punto origine O, esse definiscono il piano cartesiano. La retta orizzontale si dice asse delle ascisse o delle x, la retta verticale si dice asse delle ordinate o delle y. Nel loro insieme costituiscono un sistema di assi coordinati; il punto di intersezione O è detto origine delle coordinate. Considerato un punto P del piano, non appartenente ad alcuno dei due assi, ed indicato con Px e Py le sue proiezioni sugli assi x e y, il numero x, distanza del segmento Op x, si dice ascissa di P; le sue proiezioni sugli assi x e y, il numero x, distanza del Y segmento OPx, si dice ascissa di P; il numero y, distanza del segmento OPy, si dice ordinata di P. Py P E’ possibile, in tal modo, associare ad un qualunque punto del piano una coppia ordinata di numeri reali (x,y) che definisce in modo univoco la posizione del punto rispetto ad un sistema di assi coordinati e tutto ciò si Px O X scrive simbolicamente P(x,y). il E’ importante sottolineare la priorità di x rispetto ad y; infatti, scrivere P(2,3) non è la stessa cosa che scrivere P(3,2), rappresentando essi punti diversi del Y piano come si nota anche dal grafico. In base alle precedenti definizioni, i punti sull’asse delle 3 ascisse hanno ordinata nulla A(x,0) e i punti sull’asse 2 P(2,3) P(3,2) delle ordinate hanno ascissa nulla B(0,y); il punto origine ha entrambe le coordinate nulle O(0,0). O 2 3 X Gli assi cartesiani dividono il piano in quattro quadranti, convenzionalmente numerati in verso antiorario; il primo quadrante ha entrambe le coordinate positive, il secondo quadrante ha ascisse negative ed ordinate positive, il terzo quadrante ha entrambe le coordinate negative, il quarto quadrante ha ascisse positive ed ordinate negative. Ricordando, poi, che la bisettrice di un angolo è il luogo dei punti equidistanti dai lati dell’angolo, ogni punto sulla bisettrice del primo e terzo quadrante ha ascissa uguale all’ordinata, mentre ogni punto sulla bisettrice del secondo e quarto quadrante ha ascissa uguale ed opposta all’ordinata. Dai teoremi sulla simmetria risulta che due punti P e P’ simmetrici rispetto all’asse delle x, hanno ascisse uguali ed ordinate opposte; due punti Q e Q’ simmetrici rispetto all’asse delle y, hanno ascisse opposte ed ordinate uguali. Distanza di Due Punti nel Piano La distanza di due punti A(x1,y1) e B(x2,y2) si ottiene dal teorema di Pitagora; detto, infatti, C L’intersezione tra la perpendicolare per B all’asse Y delle x e la parallela per A all’asse delle x, si considera il triangolo ABC, retto in C, la cui B y2 ipotenusa AB = d è la distanza cercata. Applicando d il teorema di Pitagora si ha: AB2 = AC2 + CB2 d2 = AC2 + CB2 y1 A AC = x2 – x1 ; CB = y2 – y1 d2 = (x2 – x1)2 + (y2 – y1)2 d x2 x1 2 y2 O y1 x1 C x2 X 2 Ciò si traduce nel dire: La distanza di due punti nel piano è data dalla radice quadrata della somma dei quadrati delle differenze delle coordinate omonime dei due punti, In particolare se il punto A coincide con l’origine degli assi, indicando con x e y le coordinate di B, si ha: d x2 che rappresenta la distanza di un punto dall’origine. y2 Punto Medio di un Segmento Dato un segmento nel piano di estremi A(x1,y1) e B(x2,y2) e detto M(xm,ym) il suo punto medio (punto che divide esattamente a metà il segmento), si indichino con A’, M’, B’ le proiezioni di tali punti sull’asse delle ascisse; dovendo essere AM = MB, per il teorema di Talete (un fascio di rette parallele determina su due trasversali segmenti proporzionali) risulta anche A’M’ = M’B’ cioè: A’M’ = OM’ – OA’ = xm – x1 ; M’B’ = OB’ – OM’ = x2 – xm punti sull’asse delle ascisse; dovendo essere AM = MB, per il Y teorema di Talete (un fascio di rette parallele determina su due B trasversali segmenti proporzionali) risulta anche A’M’ = M’B’ y2 cioè: ym A’M’ = OM’ – OA’ = xm – x1 ; M’B’ = OB’ – OM’ = x2 – xm y1 A O xm – x1 = x2 – xm M x1 2xm = x1 + x2 xm x1 x2 2 In modo analogo si procede per ottenere l’ordinata di M: ym y1 y2 2 ciò si traduce nel dire: Le coordinate del punto medio di un segmento sono date dalla semisomma delle coordinate degli estremi del segmento. xm x2 X FUNZIONI Grandezze Costanti e Grandezze Variabili Grandezza costante: grandezza che mantiene inalterato il suo valore; grandezza variabile: grandezza che può assumere valori diversi; variabile indipendente: variabile a cui si può assegnare un valore arbitrario; variabile dipendente: variabile il cui valore dipende da un altro valore e varia al variare di esso. Concetto di Funzione Matematica Se due o più variabili, presenti in uno stesso problema, si presentano legate tra loro da relazioni matematiche, simbolicamente scritte: y = f(x), così che la variabile y è determinata dai valori assegnati alla variabile x, si parla di funzione matematica. Il simbolo y = f(x) si legge “y è funzione di x” ed indica che x è una variabile indipendente (può assumere qualunque valore), y è una variabile dipendente (assume valori che dipendono dai valori di x). Le funzioni matematiche si dicono algebriche se le operazioni che legano le variabili sono di addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione; ogni funzione non algebrica si dice trascendente. Le funzioni algebriche si dividono in: funzioni razionali: la variabile x non si trova sotto il segno di radice razionale intera: la x non compare al divisore, razionale fratta: la x compare al divisore. Funzioni irrazionali: la variabile x compare sotto il segno di radice irrazionale intera: la x non compare al divisore, irrazionale fratta: la x compare al divisore. Rappresentazione Grafica di una Funzione Data una funzione y = f(x) e considerato un piano cartesiano, riportando sulle ascisse i valori assegnati alla x e sulle ordinate i corrispondenti valori di y, si ottiene un insieme di punti nel piano che, uniti tra di loro, danno luogo ad una linea (luogo geometrico dei punti del piano) detta Grafico o Diagramma della funzione. Viceversa ad una qualunque linea geometrica corrisponde una funzione che traduce in termini matematici una proprietà comune a tutti i punti della linea ed è espressa in funzione delle coordinate dei punti stessi. In definitiva si può affermare: Il grafico di una funzione y = f(x) rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano le cui coordinate verificano l’equazione y = f(x) Per rappresentare graficamente una funzione si attribuiscono dei valori alla x e si calcolano i corrispondenti valori della y; si ottiene in tal modo un insieme di punti P(x,y) che segnati sul piano permettono di tracciare il grafico voluto. Lo studio dei grafici o delle relative funzioni che li rappresentano in termini matematici costituisce il punto di partenza della Geometria Analitica. FUNZIONI DI PRIMO GRADO Il luogo dei punti del piano le cui coordinate si ottengono da un’equazione di primo grado nelle variabili x e y ax + by + c = 0 rappresenta una retta. Tale funzione si dice implicita perché le due variabili compaiono nello stesso membro dell’equazione; considerando nota la x e risolvendo rispetto all’incognita y si ha: a c x b b che è equivalente a quella data e viene detta esplicita perché le due variabili compaiono una ad y un membro l’altra all’altro membro dell’equazione. Ponendo, poi, nell’equazione –a/b = m e –c/b = p si ottiene: y = mx + p che viene detta equazione parametrica della retta. I coefficienti a, b, c non devono risultare contemporaneamente nulli (si otterrebbe l’identità 0 = 0), possono però esserlo separatamente, dando origine a casi diversi. 1° caso: a=0 b L’equazione assume la forma: 0 c 0 by + c = 0 y = -c/b = p i punti che si ottengono da tale equazione hanno ordinata costante e ciò si traduce graficamente una retta parallela all’asse delle ascisse perché, pur variando la x (si Y ricordi che è a = 0 e non la x), la y mantiene sempre lo stesso valore; è il caso dell’equazione: 2y – 6 = 0 y= 3 y=3 Un caso particolare si ha quando anche C = 0, si ottiene infatti y = 0 X O in che rappresenta l’equazione dell’asse x. 2° caso: a b=0 0 c 0 L’equazione assume la forma: ax + c = 0 x = -c/a i punti che si ottengono da tale equazione hanno ascissa costante e ciò Y si traduce graficamente in una retta parallela all’asse delle ordinate x= 2 perché, pur variando la y (si ricordi che è b = 0 e non la y), la x mantiene sempre lo stesso valore; è il caso dell’equazione: x–2=0 x=2 O Un caso particolare si presenta quando anche c = 0, si ottiene infatti x = 0 che rappresenta l’equazione dell’asse delle y. X 3° caso: a 0 b L’equazione assume la forma: c=0 0 ax + by = 0 y = (-a/b) x = mx per x = 0 si ottiene y = 0, il che indica che la retta passa per l’origine degli assi; per x = 1 si ottiene y = m, ciò significa che il grafico della funzione passa per i punti O(0,0) e A(1,m). Tracciata, allora, la retta OA, si consideri su di essa un punto Y generico P(x,y) così che risulta: P OA’ = 1 ; AA’ = m ; OP’ = x ; PP’ = y dai triangoli simili OAA’ e OPP’, essendo i loro lati in A proporzione si ricava: AA ' OA' PP' OP' m y x X P' A' se m > 0 i punti della retta sono nel primo e nel terzo quadrante, x e y hanno segno concorde e O quindi y/x > 0. Se m < 0 i punti della retta sono nel secondo e nel quarto quadrante, x e y hanno segno discorde e quindi y/x < 0. Da ciò scaturisce che la relazione precedente è sempre valida e può essere scritta nella forma m = y/x da essa si ricava, inoltre, che l’inclinazione della retta rispetto all’asse delle x dipende dal valore di m, che per tale motivo viene detto coefficiente angolare. 4° caso: a 0 L’equazione assume la forma: b 0 c 0 ax + by + c = 0 y = mx + p per x = 0 si ottiene y = p, cioè la retta passa per il punto (0,p); il termine noto p rappresenta, pertanto, l’ordinata del punto di intersezione tra la retta e l’asse delle y. In conclusione i parametri che caratterizzano la retta sono: m: coefficiente angolare, valore che determina l’inclinazione della retta rispetto all’asse delle x e indica, inoltre, se la retta è crescente o decrescente; p: termine noto, valore che determina il punto di intersezione tra la retta e l’asse delle y. Rette Parallele Due rette sono parallele se hanno la stessa inclinazione rispetto all’asse delle ascisse (se formano angoli omologhi con l’asse delle x), il che significa che devono avere lo stesso coefficiente angolare. Quindi se le due rette sono date da: ax + by + c = 0 ; a’x + b’y + c’ = 0 risultando i coefficienti angolari pari a m = -a/b e m’ = -a’/b’ la condizione di parallelismo comporta che sia: m m' - a b a' b' a b a' b' a a' b b' a : a' b : b' Condizione necessaria e sufficiente affinché due rette siano parallele è che abbiano i coefficienti delle incognite in proporzione. Da notare che se due rette sono parallele la differenza tra i termini noti (p – p’) è un valore costante e determina la distanza tra le due rette. Rette Perpendicolari Date due rette generiche: y = mx + p ; y m’x + p’ se esse risultano tra loro perpendicolari, per le relazioni di parallelismo, lo saranno anche le rette passanti per l’origine e ad esse parallele di equazioni: y = mx ; Si considerino sulle due rette passanti per l’origine y = m’x Y due punti P(1,m) e P’(1,m’), dal triangolo OPP’, retto in O, per il teorema di Euclide (in un p 1 media proporzionale tra le proiezioni PP’’ = m e m P'' O y= m' x m' P’’P’ = m’ dei cateti sull’ipotenusa PP’ e quindi è: ' +p sull’ipotenusa) risulta che l’altezza OP’ = 1 è mx m'x è media proporzionale tra le proiezioni dei cateti = P y y= y triangolo rettangolo l’altezza relativa all’ipotenusa x+ =m m : 1 = 1 : m’ m m’ = 1 P' essendo d’altra parte m e m’ di segno contrario per la condizione di perpendicolarità imposta, il loro prodotto deve avere segno negativo e quindi è: m m’ = -1 m’ = -1/m Condizione necessaria e sufficiente affinché due rette siano tra loro perpendicolari è che il prodotto dei loro coefficienti angolari sia pari a –1. X Retta Passante per un Punto Se la retta y = mx + p passa per il punto P(x 1,y1), le coordinate di P devono soddisfare l’equazione della retta, deve cioè risultare: y = mx + p y = m x1 + p sottraendo, allora, membro a membro le due equazioni si ha: y - y1 = mx – mx1 y - y1 = m(x – x1) che rappresenta l’equazione richiesta. E’ bene ricordare che tale equazione non rappresenta una sola retta ma un fascio di rette, tutte passanti per P, ognuna delle quali si ottiene per un diverso valore del coefficiente angolare m. Retta Passante per due Punti Dati due punti P1(x1,y1) e P2(x2,y2) con x1 P1 ha equazione y - y1 = m(x – x1) x2 tenendo presente che la generica retta passante per e dovendo tale retta passare anche per P 2 il coefficiente angolare deve essere scelto in modo che l’equazione sia soddisfatta anche per x 1 = x2 e y1 = y2 cioè P2 deve essere soluzione dell’equazione: y2 - y1 = m(x2 – x1) ricavando m da tale equazione e sostituendolo nella precedente si ha: m y2 x2 y1 x1 y- y1 y2 x2 y1 (x x1 x1 ) y - y1 y 2 y1 x x1 x 2 x1 Da notare che la retta passante per due punti è univocamente definita, poiché per due punti del piano passa una ed una sola retta. Un caso particolare si ha per x1 = x2 , in questo caso infatti la retta passante per i due punti è parallela all’asse delle ordinate ed ha equazione x = x 1 . Punto Comune a due Rette Se due rette hanno in comune un punto, cioè si intersecano nel punto P(x 0,y0), le coordinate di P sono soluzioni di entrambe le rette. Tale punto si ottiene imponendo che le due equazioni formino un sistema di primo grado in due incognite: y mx p y m ' x p' la cui soluzione determina il punto P. FUNZIONI DI SECONDO GRADO Funzioni Simmetriche Una funzione y = f(x) si dice simmetrica rispetto all’asse delle ordinate se risulta f(x) = f(-x), il che è possibile solo se la funzione è di grado pari. Si dice simmetrica rispetto all’origine degli assi se risulta f(-x) = -f(x), il che è possibile quando sia x sia y presentano o solo grado pari o solo grado dispari. Equazione della Parabola La parabola è il luogo dei punti del piano equidistanti da un punto fisso, detto fuoco, e da una retta fissa, detta direttrice, non passante per il fuoco e parallela all’asse delle ascisse. Dato un sistema di assi cartesiani ortogonali, si consideri una retta Y passante per il fuoco F parallela all’asse delle y e perpendicolare alla direttrice d; siano (e,f) le coordinate di F, con f P(x,y) d e sia P(x,y) un generico punto della parabola, indicato con H(x,d) il piede della F(e,f) perpendicolare per P alla direttrice d, per la definizione data, deve V(e, f+d) 2 essere: PF2 = PH2 PF = PH O Applicando la formula della distanza di due punti2si ha: 2 2 2 x e y f y d x 2ex e 2 y a 1 2( f 1 2( f d) d) e x2 f y d e ; b f ax 2 d x e2 ; c 2 fy f 2 X 2dy d f 2 d2 2( f d ) e2 f 2 d2 2( f d ) bx c che rappresenta l’equazione della parabola. Considerando, poi, noti i valori di a, b, c ed incogniti i valori e, f, d si ottiene: a b 1 2( f d ) e f -d f -d f -d - e b 1 2a ; 1 2a - d H e b e - b 2a 2 e2 c f 2 d2 2( f d ) f d (f - d) 1 2c 1 2c ( f 2a b2 d) 2c 2a (f 1 2a f -d f d) d d f- 1 2a - (f - d) e2 2c e2 2c 2c - (f d) (f - d) 2c b2 4a 2 4ac - b 2 2a 2f (f d )( f 2c 2c - (f - b2 (f d) 2c (f - d) 2c - (f d) (f - d) - (f - d) e2 2c e2 2c e2 b2 2a d) 4ac 2a d) - 2a 12a f 14a 2a 14a 1 2a 1- - 2 4a - -1 1 4a 4a d - 1 4a da cui si ricava che il fuoco ha coordinate: b ; yF 2a F xF 14a la direttrice ha equazione: 1 y 4a l’asse di simmetria ha equazione: y b 2a Infine, il punto V, detto vertice della parabola, che è il punto sull’asse di simmetria equidistante tra il fuoco e la direttrice ha coordinate: V xV b ; yV 2a 4a Significato dei Parametri a, b, c Ricordando le coordinate del fuoco e del vertice, i tre parametri a, b, c assumono un preciso significato nell’equazione parametrica della parabola: y = ax2 + bx + c parametro a: Y a > 0 il fuoco è al di sopra del vertice, il valore assunto da y è sempre positivo e si dice che la parabola a>0 volge la concavità verso l’alto; in questo caso il vertice rappresenta il punto più basso (minimo) della curva. O X a < 0 il fuoco è al di sotto del vertice, il valore assunto da y è sempre negativo e si dice che la parabola Y presenta la concavità verso il basso; in questo caso il vertice rappresenta il punto più alto a<0 (massimo) della curva. O X parametro b: ricordando l’equazione dell’asse di simmetria della parabola se è b = 0, risulta x = 0, e ciò significa che l’asse di simmetria coincide con l’asse delle y e il punto di intersezione con l’asse delle ordinate è il vertice della parabola. V b b 2 4ac ; 2a 4a V o; c parametro c: ponendo nell’equazione della parabola a = b = 0, si ottiene y = c; ciò significa che il termine noto c rappresenta il punto in cui la parabola interseca l’asse delle ordinate, per cui se: c = 0 la parabola passa per l’origine; c > 0 la parabola interseca l’asse y in un punto di ordinata positiva; c < 0 la parabola interseca l’asse y in un punto di ordinata negativa. Intersezione della Parabola con l’Asse delle x I punti di intersezione tra la parabola e l’asse delle x si ricercano imponendo il sistema: y ax 2 y 0 bx c e risolvendo l’equazione di secondo grado che si ottiene; i casi che si possono presentare sono: > 0 l’equazione ammette due radici reali e distinte che Y rappresentano i punti di intersezione della parabola con l’asse delle x. Si tenga presente, come si vede anche dalla figura che risulta x1 < x2 >0 x1 O x2 X Y = 0 l’equazione ammette due radici reali e coincidenti (x1=x2); tale valore indica che la parabola è tangente all’asse delle x nel punto di ascissa x = x1 = x2; =0 O X Y < 0 l’equazione non ammette radici reali ma complesse e coniugate; ciò indica che non esistono punti di <0 intersezione tra la parabola e l’asse delle x. O X Equazione dell’Iperbole L’iperbole è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la differenza delle Dati due punti fissi sull’asse delle x, F1(-c,0) e Y F2(c,0), equidistanti dall’origine, detto P(x,y) il P generico punto della curva e indicato con 2a la differenza costante della distanza di P dai fuochi, si ha: P F1 - P F2 = 2° F1 O F2 X E trasormando i segmenti nelle loro misure: distanze da due punti fissi detti fuochi. x c 2 y2 x c 2 y2 2a da cui eliminando le radici e sviluppando i calcoli si ha: (c2 – a2)x2 – a2y2 = a2(c2 – a2) Siccome in un triangolo un lato è sempre minore della somma degli altri due e maggiore della loro differenza (vedi figura) si ha F1 F2 > PF1 – Pf2 equivalente a c2 > a2, cioè c2 – a2 > 0, è lecito porre c2 – a2 = b2 con b numero reale positivo; si ottiene pertanto: x2 a2 b x –a y =a b 2 2 2 2 2 2 y2 b2 1 che rappresenta l’equazione generale dell’iperbole. Il valore c viene detto distanza focale e vale: c a2 b2 Proprietà dell’Iperbole comparendo nell’equazione dell’iperbole x2 e y2, la curva è simmetrica rispetto ad entrambi gli assi cartesiani e di conseguenza rispetto all’origine degli assi, che per tale motivo è detto centro dell’iperbole. Andando a considerare l’intersezione dell’iperbole con Y l’asse delle x si ottiene: x 2 y2 a 2 b2 y 0 y= 1 x1 y1 a ; 0 x1 y1 a 0 (-b /a )x y= A(a,0), che si dicono vertici dell’iperbole. /a )x A(a,0) A'(-a,0) O cioè l’iperbole incontra l’asse delle x nei punti A’(-a,0) e (b X Risolvendo l’equazione dell’iperbole rispetto ad y si ottiene: y b a x2 a2 e siccome quest’espressione è reale solo se è x 2 – a2 > 0, una retta parallela all’asse delle y interseca l’iperbole solo se ha da y una distanza maggiore o uguale ad a, cioè se è x a; in particolare l’intersezione avviene in due punti simmetrici rispetto all’asse delle x se è x > a (retta verticale tratteggiata); è tangente all’iperbole in A se è x = a. Ciò porta a dire che l’iperbole è tutta esterna alla parte di piano delimitata dalle rette: x = -a ; x=a Asintoti dell’Iperbole Si consideri la generica retta y = mx passante per l’origine, imponendo il sistema tra essa e l’iperbole si ha: y mx x 2 y2 a 2 b2 (b2 1 a 2 m2 ) x 2 a 2 b2 volendo sapere se la retta e l’iperbole sono tra loro tangenti bisogna porre nell’equazione risultante =0 b2 - a2m2 = 0 m = b/a andando, però, a sostituire tali valori di m si ottiene l’assurdo 0 = a 2b2; ciò geometricamente significa che sostituendo ad m i due valori trovati si ottengono due rette y b x a ; y b x a che, pur non risultando mai tangenti ai rami dell’iperbole, si avvicinano ad essi sempre di più o, che è lo stesso, sono tangenti all’iperbole all’infinito; tali rette per questa caratteristica vengono dette asintoti dell’iperbole. Eccentricità dell’Iperbole Ricordando che c è l’ascissa del fuoco e che a è l’ascissa del vertice dell’iperbole, si definisce e c a eccentricità il rapporto: e risultando sempre c > a tale valore è sempre maggiore di 1. L’eccentricità è un parametro molto importante perché definisce l’ampiezza dell’iperbole, supponendo infatti che risulti e = 1 ciò comporterebbe c = a e quindi l’iperbole degenererebbe in una retta parallela all’asse delle y; supponendo, invece, che risulti e = si avrebbe il fuoco all’infinito e quindi l’iperbole degenererebbe in una retta coincidente con l’asse delle x. Iperbole Equilatera L’iperbole è una iperbole avente gli asintoti perpendicolari tra di loro, il che si ottiene quando si pone a = b e l’iperbole assume la forma: x 2 y2 1 a2 a2 x2 - y2 a Fuochi: ricordando che è c2 = a2 + b2 , sostituendo si ha: c2 = a2 + a2 = 2a2 c = a 2, per cui i fuochi avranno coordinate F1 = (-a 2 ; 0) e F2 = (a 2 ; 0). Eccentricità: risultando e = c/a sostituendo si ha: e a 2 a 2 (valore costante). Asintoti: dall’equazione y = ±(b/a)x, ponendo a = b, si ha: y = ±x, cioè gli asintoti dell’iperbole equilatera saranno le bisettrici dei quadranti. Iperbole Equilatera riferita agli asintoti Facendo ruotare gli asintoti dell’iperbole equilatera in senso antiorario in modo da sostituirli agli assi, si ottiene un nuovo tipo di iperbole equilatera che si dice riferita agli asintoti; in questo caso i vecchi assi diventeranno le bisettrici dei nuovi quadranti e siccome i fuochi si trovano sui vecchi assi con distanza dall’origine pari ad a 2, in questo nuovo sistema di assi avranno coordinate F(±a ; ±a). Applicando, allora, la formula per il calcolo della distanza di due punti con queste nuove coordinate e sviluppando i calcoli si giunge all’equazione xy = a2/2 e ponendo in essa a2/2 = k si ha: xy k y k x che esprime la proporzionalità inversa tra le due variabili x e y. Y a>0 O X Da quanto detto risulta, quindi, che al diminuire di x fino a farlo avvicinare molto a zero, la y cresce sempre di più fino ad assumere il valore infinito per cui la curva tende a diventare tangente all’asse delle y e, ricordando che significa ciò, si può dire che l’asse delle y è un asintoto dell’iperbole equilatera; d’altra parte lo stesso discorso può essere fatto anche nei confronti dell’asse delle x che, pertanto, risulta essere anch’esso un asintoto Risultando in questa espressione k 0, non può essere né x = 0 né y = 0, cioè la curva non passa per l’origine degli assi. Risultando, infine, f(-x) = -f(x) la curva è simmetrica rispetto all’origine ed è sempre costituita da due rami; in particolare se è k > 0 i due rami sono posizionati nel primo e nel terzo quadrante e la curva presenta un andamento crescente; se è k < 0 i due rami sono situati nel secondo e nel quarto quadrante e la curva presenta un andamento decrescente. Fuochi: ricordando le coordinate attribuite ai fuochi e che si è posto a 2/2 = k, risulta a = ± 2k e quindi: F(± 2k ; ± 2k) Vertici: essendo punti di intersezione tra l’iperbole e le bisettrici dei quadranti si ha: xy k y x x2 k x k A k; 0 Eccentricità: siccome l’eccentricità di un’iperbole equilatera è un valore costante resterà e= 2 Asintoti: ricordando che gli asintoti di questa iperbole sono i vecchi assi cartesiani si ha: x=0 e y=0 Equazione della Circonferenza La circonferenza è il luogo dei punti del piano che hanno distanza costante (raggio r) da un punto fisso (centro C). La condizione affinché un punto P(x,y) appartenga alla circonferenza è: Y CP = r P (x,y) Indicato con C(a,b) il punto fisso, dalla formula della distanza tra due punti si ha: x a 2 y b C(a,b) 2 r x a 2 y b 2 r2 che rappresenta l’equazione della circonferenza. O X Sviluppando ed ordinando si ha: x2 +y2 – 2ax – 2by + a2 + b2 – r2 = 0 e facendo le posizioni m = -2a ; n = -2b ; p = a2 + b2 – r2 si ottiene l’equazione parametrica della circonferenza: x2 + y2 + mx + ny + p = 0 Ne l caso particolare in cui il centro della circonferenza coincide con l’origine degli assi, cioè è a=0 e b=0, l’equazione assume la forma: x2 +y2 = r2 Dall’analisi dell’equazione parametrica, si nota che l’equazione della circonferenza: presenta i coefficienti di x2 e y2 pari da 1 (cosa che si può sempre ottenere dividendo tutto per il loro valore comune), manca del termine in xy, deve risultare sempre m2 + n2 – 4p > 0 o equivalentemente a2 + b2 – p > 0, perché solo in questo caso r 0 (è un numero reale). Infatti se risulta m 2 + n2 – 4p = a2 + b2 – p = 0 si ha r = 0, il che significa che la circonferenza è soddisfatta solo dalle coordinate del centro (si parla in tal caso di circonferenza a raggio nullo). Circonferenza passante per Tre Punti La condizione affinché una circonferenza passi per tre punti assegnati A(x 1,y1), B(x2,y2), C(x3,y3) è che tali punti siano soluzione dell’equazione della circonferenza. Imponendo un sistema formato andando a sostituire le coordinate dei tre punti alle incognite x e y dell’equazione della circonferenza si ha: x 12 x 22 x 32 y12 y 22 y 32 mx1 mx 2 mx 3 ny1 ny 2 ny 3 p 0 p 0 p 0 e risolvendo rispetto alle incognite m, n, p si ottengono i coefficienti dell’equazione cercata. Tangente alla Circonferenza in un Punto Dato il punto P(x1,y1) per avere la tangente alla circonferenza in esso, bisogna cercare l’equazione della retta passante per quel punto: y – y1 = (x – x1) [ = coefficiente angolare] e imporre il sistema tra la retta e la circonferenza: x2 y y2 x mx ny p 0 la cui risoluzione conduce ad un’equazione di secondo grado che, per rispettare la condizione di tangenza, deve avere discriminante nullo (soluzioni reali e coincidenti). D’altra parte, essendo , porre = 0 significa determinare un’equazione presente nel il valore incognito nell’incognita che, risolta, fornisce i valori dei coefficienti angolari (si tenga presente che si tratta di un’equazione di secondo grado e, pertanto, si ottengono due soluzioni) delle rette tangenti alla circonferenza. Equazione dell’Ellisse L’ellisse è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi. Dati due punti fissi, F1(-c,0) e F2(c,0), sull’asse delle ascisse, Y equidistanti dall’origine, detto P(x,y) il generico punto della B' P curva e indicato con 2a la somma costante delle distanze di P A da F1 e F2, si ha: A' F1 O F2 P F1 + PF2 = 2a B E trasformando i segmenti nelle rispettive misure: x c 2 y2 x c 2 y2 2a estraendo le radici e sviluppando i calcoli, la relazione assume la forma: (a2 – c2)x2 + a2y2 = a2(a2 – c2) risultando a > c (nel triangolo F1PF2 il lato F1 F2 è minore della somma degli altri due) è possibile fare la posizione: a 2 – c 2 = b2 con b numero reale positivo e quindi si ottiene: b2 x 2 a 2 y2 x2 a2 a 2 b2 y2 b2 1 che rappresenta l’equazione dell’ellisse di semiassi a e b con a > b. Da notare che per a = b l’equazione si trasforma in quella della circonferenza di centro O(0,0) e raggio r = a. Poiché l’equazione dell’ellisse è un’equazione di grado pari la curva è simmetrica rispetto agli assi coordinati (che pertanto si dicono assi dell’ellisse) e, quindi, rispetto all’origine degli assi che si dice centro dell’ellisse. Risolvendo l’equazione una volta rispetto alla variabile x e una volta rispetto alla variabile y si ottiene: x a b b2 y2 ; y a b b2 x2 da cui si deduce che l’ellisse è interna al rettangolo delimitato dalle rette: x = -a x=a y = -b y=b X Infatti, ponendo nell’espressione di x il valore y = 0 si ottiene x = a, cioè l’ellisse incontra l’asse delle x nei punti A(-a,0) e A’(a,0); ponendo nell’espressione di y il valore x = 0 si ottiene y = b, cioè l’ellisse incontra l’asse delle y nei punti B(0,-b) e B’(0,b). I punti A, A’, B, B’ si dicono vertici dell’ellisse, mentre i segmenti delimitati da tali punti, cioè: AA’ = 2a e BB’ = 2b Si dicono assi dell’ellisse; in particolare, risultando a > b, il segmento AA’ si dice asse maggiore il segmento BB’ si dice asse minore. Molto importante, per l’ellisse, è il rapporto: e = c/a valore compreso tra 0 e 1, che viene detto eccentricità dell’ellisse e può essere assunto come la misura di quanto l’ellisse, per la sua forma più o meno allungata, differisce dalla circonferenza. In particolare, se risulta e = 1 l’ellisse coincide con l’asse x (tale situazione indica che a tende all’infinito, cioè i due fuochi si trovano a distanza infinita tra loro); se risulta e = 0 l’ellisse coincide con la circonferenza di raggio r = b = a. Tangenti all’Ellisse Per determinare le equazioni delle tangenti all’ellisse in un punto P, si impone il sistema tra l’equazione dell’ellisse e l’equazione della generica retta passante per P, dopo di che si impone che il discriminante ottenuto dal sistema sia nullo. In particolare se il punto P 1(x1,y1) appartiene all’ellisse, l’equazione della tangente in P1 ha equazione: x 1x a2 y1 y b2 1 FUNZIONI TRASCENDENTI Si dicono funzioni trascendenti quelle funzioni per le quali il legame tra la variabile indipendente e la variabile dipendente non è dato da operazioni aritmetiche. Funzione Esponenziale Se a è un numero reale positivo e diverso da 1 la potenza a x sarà definita per ogni valore reale di x, pertanto risulterà definita, per ogni x reale, anche la funzione y = ax avente come esponente la variabile x e come base la costante a; tale funzione è detta funzione y esponenziale e il suo grafico curva esponenziale. Per a > 1 il valore ax è sempre positivo e, quindi, il grafico è posizionato sempre al di sopra dell’asse a>1 0<a<1 delle x; in particolare per x = 0 risulta y = 1, da cui a=1 si deduce che la curva incontra l’asse delle y nel punto (0,1); per x > 0 è ax > 1, per cui al crescere x x di x cresce anche y; per x < 0 è ax < 1, per cui al crescere di |x| la y decresce restando però sempre positiva. Per a = 1 la funzione, qualunque sia il valore di x, assume sempre il valore 1, per cui la curva degenera in una retta parallela all’asse delle x passante per il punto (0,1). Per 0 < a < 1 la funzione risulterà decrescente all’aumentare di x, restando però sempre positiva. Equazione Esponenziale Come si è visto la funzione y = ax, con a > 0, è definita per ogni valore di x ed è sempre positiva. Ponendo, ora, y = b, con b reale e positivo, e lasciando x variabile si ottiene: ax = b [a > 0, b > 0] che rappresenta un nuovo tipo di equazione caratterizzata dal fatto che l’incognita x è all’esponente. Per la risoluzione di tale equazione si possono distinguere, in pratica, quattro casi: a = 1 b = 1 L’equazione assume la forma 1x = 1; qualunque valore di x soddisfa l’equazione, per cui essa ammette infinite soluzioni (equazione indeterminata). a=1 b 1 L’equazione assume la forma 1x = b; nessun valore di x soddisfa l’equazione, per cui essa non ammette soluzioni (equazione impossibile). a 1 b = 1 L’equazione assume la forma ax = 1; esiste un’unica soluzione x = 0. a 1 b 1 L’equazione assume la forma ax = b; sia per a > 1, sia per 0 < a < 1 l’equazione ammette un’unica soluzione. In quest’ultimo caso si possono avere due tipi diversi di equazione: 1° tipo: b è un multiplo di a, b = a n , in questo caso è ax = b = an e la soluzione si ottiene uguagliando gli esponenti, x = n; così ad esempio: 2x = 8 5( x 2 3x 7 ) 52 2 x = 23 x2 3x 7 x=3 2 x1 x2 0 3 2° tipo: b non è multiplo di a; l’equazione ammette ancora un’unica soluzione a cui si dà il nome di logaritmo del numero b in base a e si scrive x = logab, ne segue che le due equazioni: equivalenti. ax = b x = logab sono tra loro LOGARITMI Si dice logaritmo di un numero reale positivo, in una data base positiva e diversa da 1, l’esponente a cui bisogna elevare tale base per ottenere il numero dato: ax = b x = logab da questa definizione segue: a loga b b log a b a loga b x ax 1 sempre dalla definizione di logaritmo segue che due numeri diversi possono avere logaritmi uguali: 25 81 ; log525 = 2 ; log981 = 2 mentre uno stesso numero, variando la base, può avere logaritmi disuguali: log381 = 4 ; log981 = 2 E’ importante notare che il valore del logaritmo di un numero dipende sia dalla base sia dal numero stesso: a 1 b 1 0 b 1 0 a 1 log. positivo log 216 4 0 log. negativo log 21 / 8 3 0 b 1 0 b 1 log. negativo log1/3 27 log. positivo log1/21 / 4 3 0 2 0 Sistemi di Logaritmi Un sistema di logaritmi è l’insieme dei logaritmi di tutti i numeri reali positivi, presi tutti in una stessa base. I logaritmi più utilizzati sono: Logaritmi decimali (volgari o di Briggs), hanno come base il numero 10; il simbolo è log. Logaritmi naturali (neperiani o iperbolici), hanno come base il numero irrazionale e = 2,7182…; il simbolo è ln. Proprietà dei Logaritmi I numeri negativi non hanno logaritmi. Qualunque sia la base a, il logaritmo di 1 è sempre 0: loga1 = 0 (a0 = 1) il logaritmo di un numero che ha per base il numero stesso è sempre 1: (a1 = a) logaa = 1 due numeri uguali hanno logaritmi uguali se la base è la stessa; equivalentemente, due numeri che hanno logaritmi uguali, nella stessa base, sono uguali: x = logab ; y = logab (x = y) Se è a > 1 il logaritmo di un numero cresce al crescere del numero stesso; se è 0 < a < 1 il logaritmo di un numero decresce al crescere del numero. I Teoremi Fondamentali dei Logaritmi I teoremi che regolano le operazioni sui e con i logaritmi sono essenzialmente quattro: 1° teorema: il logaritmo del prodotto di due o più numeri positivi è uguale alla somma dei logaritmi dei singoli fattori: loga(m n) = logam + logan 2° teorema: il logaritmo del quoziente di due numeri positivi è uguale alla differenza tra il logaritmo del dividendo e il logaritmo del divisore: loga(m/n) = logam - logan 3° teorema: il logaritmo della potenza di un numero reale, positivo è uguale al prodotto dell’esponente per il logaritmo della base della potenza: logamn = n logam 4° teorema: il logaritmo di un radicale è uguale al prodotto dell’inverso dell’indice per il logaritmo del radicando: 1 log a m n log a n m Passaggio da un Sistema di Logaritmi ad un Altro Il logaritmo di un numero, in una qualsiasi base b, si ottiene da quello, in un’altra base a, moltiplicandolo per la quantità fissa: m 1 log a b detta modulo di passaggio da una base all’altra: log b x log a x 1 log a b m log a x Logaritmi Decimali Il logaritmo decimale di un numero reale positivo è l’esponente a cui bisogna elevare il numero 10 per ottenere il numero dato: 10x = n log n = x dalla definizione di logaritmo risulta: 100 = 1 log 1 = 0 101 = 10 ; log 10 = 1 dal terzo teorema dei logaritmi discende che il logaritmo decimale di una generica potenza di 10 è uguale all’esponente: log 10n = n log 10 = n 1 = n da ciò discende che: il logaritmo decimale di una qualsiasi potenza di 10 è dato dal numero degli zeri di cui è composta la potenza stessa: 10 = 101 log 10 = 1 1000 = 103 ; log 103 = 3 il logaritmo decimale di una qualsiasi unità decimale minore di 1 è quell’intero negativo il cui valore assoluto fornisce il numero degli zeri presenti, compreso quello che precede la virgola: 0,1 = 10-1 log 10-1 = -1 ; 0,01 = 10-2 log 10-2 = -2 In conclusione si può affermare che i logaritmi decimali dei numeri maggiori di 1 sono positivi, quelli dei numeri compresi tra 0 e 1 sono negativi. Analisi dei Logaritmi Il logaritmo di un numero è composto di due parti: caratteristica: parte intera del logaritmo; può essere positiva, nulla, negativa. mantissa: parte decimale del logaritmo; è sempre positiva e minore di 1. log 327 2,14548 2 caratteristica 14548 mantissa In effetti, la caratteristica del logaritmo di un numero maggiore di 1 è pari al numero delle cifre della parte intera del numero diminuito di un’unità; infatti, se N è un numero positivo maggiore di 1 composto da n cifre, si ha: 10n-1 < N < 10n log 10n-1 < log N < log 10n e ciò indica, appunto, che la parte intera del logaritmo di N è (n-1); esempio: il numero 327 è compreso tra 100 e 1000 per cui si ha: (n-1) < log N < n 102 < 327 < 103 log 102 < log 327 < log 103 2 < log 327 < 3 log 327 = 2, …. La caratteristica di un numero positivo minore di 1 è pari a tantante unità negative quanti sono gli zeri che precedono la prima cifra significativa, compreso quello che precede la virgola; infatti se M è un numero compreso tra 0 e 1 ( 0 < M < 1), si ha: 10-n < M < 10-(n-1) log 10-n < log M < log 10-(n-1) -n < log N < -(n-1) e ciò indica, appunto, che la parte intera del logaritmo di M è -n; esempio: il numero 0,00327 è compreso tra 0,001 e 0,01 per cui si ha 10-3 < 0,00327 < 10-2 log 10-3 < log 0,00327 < log 10-2 -3 < log 0,00327 < -2 log 0,00327 = -3, …. In definitiva se il numero è maggiore di 1 il suo logaritmo è dato dalla somma di due numeri positivi (c + m); se il numero è minore di 1 il suo logaritmo è dato dalla somma di un numero negativo e di un numero positivo (-c + m), in quest’ultimo caso però il numero che si ottiene viene detto forma mista e si scrive simbolicamente: _ c, m _ - 3,14548 3,14548 Dall’esempio si evince un’altra importante proprietà dei logaritmi: Moltiplicando o dividendo un qualunque numero per una qualsiasi potenza di 10, la mantissa del suo logaritmo non cambia. Indicato, infatti, con N un numero positivo qualunque e con k un numero intero positivo o negativo, si può scrivere N’ = N 10k , per cui il logaritmo di N’ è: log N’ = log(N 10k ) = log N + log 10k = log N + k log N’ - log N = k cioè i due logaritmi differiscono per il numero k, il che significa che le due mantisse sono uguali; esempio: log 327 2,14548 log 3,27 0,14548 log327 - log3,27 2 Operazioni sui Logaritmi In base ai teoremi sui logaritmi è possibile sommare o sottrarre due logaritmi tra loro; è possibile, invece, fare il prodotto o il rapporto solo tra un logaritmo e un numero e non tra logaritmi. DISEGUAGLIANZE Dati due numeri relativi a e b se la loro differenza è una quantità positiva (maggiore di zero) si dice che a è maggiore di b e si scrive: a–b>0 a > b; se è una quantità negativa (minore di zero) si dice che a è minore di b e si scrive: a–b<0 a < b. Un’espressione del genere si dice diseguaglianza e sarà di verso positivo nel primo caso, di verso negativo nel secondo caso. PROPRIETÀ DELLE DISEGUAGLIANZE Data una diseguaglianza, aggiungendo ad entrambi i membri uno stesso numero si ottiene una diseguaglianza dello stesso verso: a>b a +m>b+m ;a<b a +m<b+m Due diseguaglianza dello stesso verso possono sommarsi membro a membro dando luogo ad una diseguaglianza dello stesso verso (non è lecito effettuare la differenza): a>b ; c>d a+c>b+d Moltiplicando o dividendo entrambi i membri di una diseguaglianza per uno stesso numero positivo, si ottiene una diseguaglianza dello stesso verso a>b ; m>0 a m>b m ; a>b ; m>0 a /m > b/m Se, invece, il numero è negativo si ottiene una diseguaglianza di verso opposto: a>b ; m<0 a m<b m ; a>b ; m<0 a /m < b/m Da questa proprietà si deduce, come caso particolare, che cambiando il segno ai membri di una diseguaglianza si ottiene una diseguaglianza di verso opposto: a > b ; m = -1< 0 -a < -b Moltiplicando membro a membro tra loro due diseguaglianze dello stesso verso, si ottiene una diseguaglianza dello stesso verso: a>b ; c>d a c>b d Facendo il reciproco dei membri di una diseguaglianza si ottiene una diseguaglianza di verso opposto: a>b 1/a < 1/b ; a<b 1/a > 1/b Elevando i due membri di una diseguaglianza a potenza con esponente intero positivo (n > 0), si ottiene una diseguaglianza dello stesso verso se i due membri sono entrambi positivi: a>0 ; b>0 ; n>0 ; a>b a n > bn se i due membri sono entrambi negativi e l’esponente è dispari (n = 2 m+1), si ottiene una diseguaglianza dello stesso verso: a<0 ; b<0 ; n = 2 m+1 ; an > bn a>b se i due membri sono entrambi negativi e l’esponente è pari (n = 2 m), si ottiene una diseguaglianza di verso contrario: a<0 ; b<0 ;n=2m ; a>b a n < bn Se m e n sono due numeri interi positivi ed a è un qualsiasi numero positivo diverso da uno, dalla diseguaglianza m > n segue: a am > a n 1 (a > 1) ; a 1 (a < 1) am < an DISEQUAZIONI Se tra i membri di una diseguaglianza di due espressioni algebriche sono presenti una o più variabili incognite si ottiene una disequazione, che gode delle stesse proprietà delle diseguaglianze: A(x) > B(x) ; A(x) < B(x) I due polinomi A(x) e B(x) si dicono membri della disequazione. Risolvere una disequazione significa trovare quei valori, detti limiti o soluzioni, tra cui devono essere compresi quelli da attribuire alle incognite affinché la disequazione si trasformi in una diseguaglianza numerica. Se la disequazione non è soddisfatta da alcun valore, cioè non ha soluzioni, si dice assurda. Una disequazione si dice ridotta a forma normale se al primo membro è presente un polinomio ordinato secondo le potenze decrescenti dell’incognita e il secondo membro è zero: A(x) > 0 axn + bxn-1 + … + vx + z > 0 A(x) < 0 axn + bxn-1 + … + vx + z < 0 Se in una disequazione compare solo il segno di diseguaglianza, la disequazione si dice forte; se compare anche il segno di eguaglianza, la disequazione si dice debole o mista: A(x) 0 ; A(x) 0 È importante sottolineare che, mentre un’equazione è soddisfatta solo da uno o più valori dell’incognita (dipende dal grado dell’incognita), una disequazione è soddisfatta da infiniti valori dell’incognita. Infatti, mentre l’equazione x – 5 = 0 è soddisfatta dalla soluzione x = 5, la disequazione x – 5 > 0 è soddisfatta dalle soluzioni x > 5, cioè da qualunque valore maggiore di 5. DISEQUAZIONI DI 1° GRADO Disequazioni ad una incognita Una disequazione di primo grado ad una incognita si presenta nella forma a x+b>0 ; a x+b<0 Per la sua risoluzione si procede come per le equazioni di primo grado, supponendo a > 0 (cosa che è sempre possibile ottenere, moltiplicando, eventualmente, tutto per -1): a x+b>0 a x > -b x > -b/a a x+b<0 a x < -b x < -b/a la disequazione di verso positivo sarà soddisfatta da tutti i valori (infiniti) maggiori di -b/a; la disequazione di verso negativo sarà soddisfatta da tutti i valori (infiniti) minori di -b/a. È spesso conveniente eseguire la rappresentazione grafica delle soluzioni su di una retta (vedere esempi relativi). Esempi 3 x 2 x 4 0 3x x 2 0 2 21 x 0 4 x -2 x x 2 0 x x 4 -2 -2 (tutti i valori > -2, escluso -2) 0 x -2 0 (tutti i valori > 4, escluso 4) (tutti i valori > -2, compreso -2) Disequazioni a due incognite Una disequazione di primo grado a due incognite si presenta nella forma: ax + by + c > 0 ; ax + by + c < 0 per la sua risoluzione, supposto a > 0, si pone il primo membro uguale a zero ottenendo, in tal modo, l’equazione associata: ax + by + c = 0 indicato, poi, con xo e yo una delle infinite coppie di valori che verificano l’equazione, se la disequazione è di verso positivo si assume un valore y > yo per b > 0, y < yo per b < 0, cosi che le coppie di valori (xo , y) costituiscono le soluzioni della disequazione; se la disequazione è di verso negativo, per ognuno dei valori xo che verificano l’equazione, si assume un valore y < yo per b > 0, y > yo per b < 0, cosi che le coppie di valori (xo , y) costituiscono le soluzioni della disequazione. In conclusione, per decidere a quali limitazioni deve sottostare il valore della y affinché, in coppia con xo, soddisfi la disequazione bisogna confrontare il segno del coefficiente b con quello della disequazione stessa, assumendo: y > yo Se il segno di b è concorde con quello della disequazione; y < yo Se il segno di b è discorde con quello della disequazione; Esempio -3x – 4y – 5 < 0 cambiando segno: 3x + 4y + 5 > 0 x = xo = 0 (0, -5/4) equazione associata: 3x + 4y + 5 = 0 y = -5/4 Coppia di valori, tra gli infiniti, che soddisfano Y l’equazione. b=4>0 Valore di b concorde con il verso della y > -5/4 X -5/3 disequazione. -5/4 Ogni valore di y maggiore di –5/4, accoppiato con xo, costituirà una soluzione della disequazione. Esempio x – 2y + 5 > 0 equazione associata: x - 4y + 5 = 0 x = xo = 1 (1, 3) y=3 Coppia di valori, tra gli infiniti, che Y soddisfano l’equazione. b = -2 < 0 Valore di b discorde con il verso della disequazione. y<3 Ogni valore di y minore di 3, accoppiato con xo, costituirà una soluzione della disequazione. 5/2 -5 X DISEQUAZIONI DI 2° GRADO Disequazioni ad una incognita Una disequazione di secondo grado ad una incognita si presenta nella forma: ax2 + bx + c > 0 ; ax2 + bx + c < 0 per la risoluzione di questa disequazione, supposto a > 0 (cosa che è sempre possibile), bisogna considerare l’equazione associata: ax2 + bx + c = 0 e calcolarne il discriminante = b2 – 4ac. Si hanno tre casi distinti: 1) >0 L’equazione ammette due radici reali e distinte x 1 e x2; l’equazione può essere scritta nella forma: ax2 + bx + c = a(x – x1)(x – x2) Risultando, in tal caso, le due radici una minore dell’altra, x 1 < x2, si nota che per valori di x > x2 le differenze (x – x1) e (x – x2) saranno entrambe positive; per valori di x < x 1 le differenze (x – x1) e (x – x2) saranno entrambe negative. In ogni caso il prodotto delle due differenze sarà positivo, per cui il trinomio (ax2 + bx + c) sarà positivo per tutti i valori x > x 2 e x < x1, cioè quando si attribuiscono alla x valori esterni all’intervallo (x 1, x2). Dando alla x valori interni a tale intervallo, risultando x – x1 > 0 e x – x2 < 0, il prodotto delle due differenze sarà negativo come negativo sarà anche il trinomio (ax2 + bx + c). In conclusione si ha: ax2 + bx + c > 0 x < x1 ; x > x 2 ax2 + bx + c < 0 x1 < x < x2 Y Esempio x2 – 5x + 6 > 0 x2 – 5x + 6 = 0 =1>0 x1 = 2 ; x2 = 3 x<2 ; x>3 O 2) =0 2 3 X L’equazione ammette due radici reali e coincidenti x1 = x2; l’equazione può essere scritta nella forma: ax2 + bx + c = a(x – x0)2 = a(x + b/2a)2 Il trinomio è positivo per qualunque valore di x -b/2a. In conclusione si ha: ax2 + bx + c > 0 x ax2 + bx + c < 0 -b/2a Assurda, perché un valore al quadrato non può essere negativo 3) <0 L’equazione ammette due radici complesse e coniugate, cioè radici non reali. Tuttavia il trinomio può essere scritto nella forma: ax 2 bx c a x b 2a 2 b2 4ac 4a 2 Risultando b2 – 4ac < 0, nella parentesi quadra ci sarà la somma di un numero positivo o nullo (il binomio al quadrato) con un un numero positivo (ottenuto come prodotto di due valori negativi), per cui il trinomio risulterà positivo per ogni valore di x. In conclusione si ha: ax2 + bx + c > 0 Qualunque valore della x ax2 + bx + c < 0 Non ammette alcuna soluzione Y Esempio 4x2 – 4x + 5 > 0 4x2 – 4x + 5 = 0 <0 x1 = (2 – 4i)/4 ; x2 = (2 + 4i)/4 x = qualunque valore X SISTEMI DI DISEQUAZIONI Un insieme di due o più disequazioni, che devono essere soddisfatte contemporaneamente, costituisce un sistema di disequazioni ed ogni soluzione comune a tutte le disequazioni del sistema si dice soluzione del sistema. Per risolvere un sistema di disequazioni, si risolvono singolarmente le disequazioni e, poi, si esamina se vi sono soluzioni comuni; in caso positivo esse costituiscono le soluzioni del sistema; in caso negativo il sistema sarà impossibile, cioè le disequazioni saranno tra loro incompatibili. Esempi si sistemi di disequazioni di 1° grado a due incognite: Esempio 1: 3x + 7y > 21 Y 2x – 3y < 6 x=0 y>3 3 3x + 7y > 21 y=0 x>7 x=0 y > -2 y=0 x<3 -2 X 7 3 2x – 3y < 6 il sistema è soddisfatto dalla parte di piano tratteggiata. Esempio 2: 3x + 2y – 6 < 0 4x + y + 8 > 0 x –y + 4 < 0 Y x=0 y<3 3x + 2y – 6 < 0 y=0 x<2 3 x=0 y > -8 -4 4x + y + 8 > 0 y=0 x > -2 x=0 y<3 y=0 x<2 x-y+4<0 il sistema è soddisfatto dalla parte di piano racchiusa dalle tre rette. 2 -2 -8 X Esempio di sistema di disequazioni di 2° grado ad una incognita: x2 – 8x + 15 > 0 2x2 – 15x + 7 < 0 x2 – 8x + 15 = 0 x=3 ; x=5 x2 – 8x + 15 > 0 x<3 ; x>5 2x2 – 15x + 7 = 0 x = 1/2 ; x = 7 2x2 – 15x + 7 = 0 1/2 < x < 7 il sistema è soddisfatto per i valori di x tale che: 0 3 5 1/2 < x < 7 7 0 0,5 5<x<7 0 0,5 3 5 7 DISEQUAZIONI FRATTE Una disequazione si dice fratta o frazionaria se contiene variabili al denominatore. La sua risoluzione si riconduce a quella dei sistemi di due o più disequazioni. Data la disequazione fratta: A( x ) B( x ) 0 con A(x) e B(x) polinomi nella variabile x, essa sarà soddisfatta dalle soluzioni di uno dei due sistemi: A( x ) B( x ) 0 0 A( x ) 0 B( x ) 0 cioè da tutti i valori di x che rendono concordi numeratore e denominatore. Data la disequazione fratta: A( x ) B( x ) 0 con A(x) e B(x) polinomi nella variabile x, essa sarà soddisfatta dalle soluzioni di uno dei due sistemi: A( x ) 0 B( x ) 0 A( x ) B( x ) 0 0 cioè da tutti i valori di x che rendono discordi numeratore e denominatore. Un altro metodo, molto più veloce, consiste nello studiare singolarmente la funzione numeratore e la funzione denominatore, prese entrambe positive: A( x ) B( x ) 0 0 oppure A(x) 0 La soluzione richiesta sarà data dall’intervallo o dagli intervalli che soddisfano il segno della frazione. Questo metodo, del tutto generale, può essere applicato anche a disequazioni di grado superiore al secondo; è sufficiente, infatti, scomporre i polinomi nei loro fattori primi e considerare il prodotto dei loro segni. Esempio 21x 7 2x 2 x 6 0 21x - 7 > 0 2x2 –x - 6 > 0 -3/2 21x - 7 > 0 x > 1/3 2x2 –x - 6 > 0 x < -3/2 ; x > 2 da cui: 0 1/3 x 2 x>2 21x - 7 < 0 2x2 –x - 6 < 0 21x - 7 < 0 2x2 –x - 6 < 0 da cui : -3/2 x < 1/3 -3/2 < x < 2 x>2 La disequazione fratta è soddisfatta dai valori -3/2 < x < 2 ; x>2 0 1/3 2 x Esempio 12x 2 4x 5 12x 2 13x 3 0 A(x) = 12x2 – 4x – 5 > 0 B(x) = 12x2 – 13x + 3 > 0 12x 2 4x 5 x1 A(x) : 0 2 x 1/ 2 ; x x - 1/2 4 60 12 12x 2 13x 3 0 5/6 ; x x1 5/6 B(x) : 13 x 1/ 3 ; x x 1/3 159 - 144 24 3/4 ; x 3/4 La disequazione fratta è soddisfatta dai valori: 1 2 A(x) - + -1/2 B(x) A(x)/B(x) + + x 1 3 - 3 4 1/3 + ; x 5 6 + 5/6 3/4 - + + - + + PROGRESSIONI ARITMETICHE Si chiama progressione aritmetica una successione di tre o più numeri tali che la differenza tra ognuno di essi ed il precedente sia costante: a1, a2, a3, a4, ……, an, an+1, … ai – ai-1 = d (i = 1,….,n) esempio: 3, 7, 11, 15, 19, 23, …….. 7 – 3 = 4 ; 11 – 7 = 4 ; 15 – 11 = 4 ; … tale costante si dice ragione e si indica con la lettera d; i numeri che formano la progressione, a i, si dicono termini della progressione; il pedice i ad essi associato si dice indice della progressione ed indica il posto occupato da quei numeri nella progressione (il termine a 7 indica che il numero occupa il settimo posto nella successione). Una progressione aritmetica si dice limitata se i suoi termini sono in numero finito, in tal caso il primo ed ultimo termine si dicono estremi della progressione; si dice illimitata se i suoi termini sono infiniti (è il caso, questo, dell’insieme dei numeri naturali). Rivolgendo l’attenzione alle sole progressioni aritmetiche limitate e ricordando la definizione si ha: ai – ai-1 = d ai = ai-1 + d ; ai-1 = ai – d In una progressione aritmetica un generico termine si ottiene da quello precedente aumentato della ragione o da quello successivo diminuito della ragione. Da ciò scaturisce che se d > 0 la progressione è crescente; se d = 0 la progressione e formata da termini tutti uguali tra loro; se d < 0 la progressione è decrescente. Teoremi e Proprietà In una progressione aritmetica un termine qualunque è uguale al primo termine aumentato di tante volte la ragione quanti sono i termini che lo precedono: an = a1 + (n-1) d da questo teorema segue che: d a n a1 n 1 ; n an a1 d 1 a1 = an - (n-1) d indicati con ar e as due termini generici di una progressione aritmetica, con r < s, risulta: as = ar + (s-r) d essendo (s-r) il numero dei termini che precedono as a partire da ar. In ogni progressione aritmetica limitata la somma di due termini equidistanti dagli estremi è costante e pari alla somma degli estremi: a1 + an = a2 + an-1 = ….. esempio: 3, 5, 7, 9, 11, 13 3 + 13 = 5 + 11 = 7 + 9 la somma dei primi n termini di una progressione aritmetica limitata è pari al prodotto della semisomma degli estremi per il numero n dei termini: a1 S an 2 n questo teorema permette di calcolare la somma di n termini consecutivi di una progressione aritmetica, conoscendo il numero dei termini da addizionare e il primo e l’ultimo termine; d’altra parte ricordando che l’ultimo termine lo si ottiene conoscendo il primo termine, la ragione ed il numero dei termini si ha anche: S a1 n 1 d 2 n esempio: calcolare la somma dei primi sette termini di una progressione aritmetica il cui primo termine è – 8 e la ragione è 5 a1 = -8 ; d=5 S S ; n=7 ; a7 = -8 + 6 5 = 22 8 22 7 49 2 6 8 5 7 49 2 Un’importante applicazione che discende dal primo teorema è l’inserimento di k medi aritmetici tra due numeri dati a e b, in modo da ottenere una progressione aritmetica. Il problema consiste, in effetti, nel trovare k numeri in modo da ottenere la progressione aritmatica formata da k + 2 termini: a, x1, x2, ……, xk-1, xk, b a tale scopo basta calcolarsi la ragione d, sapendo che è: a 1 = a, an = b, n = k + 2, dalla relazione: d a n a1 n 1 d b a k 1 esempio: inserire 8 medi aritmetici tra 13 e 40 a1 = 13 ; an = 40 d ; 40 13 8 1 n = 8 + 2 = 10 3 13, 16, 19, 22, 25, 28, 31, 34, 37, 40 PROGRESSIONI GEOMETRICHE Una progressione geometrica è costituita da una successione di tre o più numeri in cui costante il rapporto tra uno qualunque di essi e il suo precedente: a1, a2, a3, a4, ……, an, an+1, … ai ai 1 —> q (i 1,......,n) tale costante si dice ragione e si indica con la lettera q. I numeri che costituiscono la progressione (ai) si dicono termini della progressione, il pedice i ad essi associato si dice indice ed indica il posto che essi occupano nella successione. Una progressione geometrica si dice limitata se è formata da un numero limitato di termini, in tal caso il primo e l’ultimo termine si dicono estremi della progressione; si dice illimitata se è formata da un numero infinito di termini. Ricordando la definizione data si ha: ai ai 1 ai = q ai-1 q ; ai-1 = ai/q In una progressione geometrica il generico termine si ottiene dal prodotto del suo precedente per la ragione o dal rapporto tra il suo successivo e la ragione. Da ciò si ricava che per q > 1 la progressione è crescente; per q = 1 la progressione ha tutti i termini uguali; per 0 < q < 1 la progressione è decrescente; per q < 0 i termini risulteranno alternativamente positivi e negativi e la progressione non sarà né crescente né decrescente. Inoltre, nessun termine di una progressione geometrica può essere nullo e, quindi, anche la ragione deve essere diversa da zero. Teoremi e Proprietà In una progressione geometrica il generico termine si ottiene moltiplicando il primo termine per la ragione elevata ad un esponente pari al numero dei termini che precedono il termine generico: an = a1 q n-1 da questo teorema segue che: a1 n an qn 1 log a n ; q a n -1 n a1 log q log a1 log q Detti ar e as due termini generici di una progressione geometrica, con r < s, risulta: as = ar q (s-r) essendo (s - r) il numero dei termini che precedono as a partire da ar. In una progressione geometrica limitata il prodotto di due termini equidistanti dagli estremi è costante ed è uguale al prodotto dei termini estremi: a1 an = a2 an-1 = a2 an-2 = …… il prodotto di n termini consecutivi di una progressione geometrica è uguale alla radice quadrata della potenza che ha per base il prodotto degli estremi e per esponente il numero dei a1 a n n Pn termini: la somma di n termini di una progressione geometrica limitata e crescente (q > 1) è data da: Sn a1 qn 1 q 1 la somma di n termini di una progressione geometrica limitata e decrescente (0 < q < 1) è data da: Sn a1 1 qn 1 q la somma di n termini di una progressione geometrica illimitata e decrescente (0 < q < 1) è Sn data da: a1 1 q Un’importante applicazione del primo teorema è l’inserimento di medi geometrici tra due numeri dati a e b, in modo da ottenere una progressione geometrica. Il problema consiste, in effetti, nel trovare k termini in modo da ottenere la progressione geometrica di k + 2 termini: a, x1, x2, ……, xk-1, xk, b a tale scopo, basta trovare la ragione q sapendo che è: a 1 = a, an = b, n = k + 2, dalla relazione: a n -1 n a1 b a per k pari risulta (k + 1) dispari, per cui si ottiene un solo valore di q; per k dispari risulta (k + 1) q si ha q k 1 pari, per cui si hanno due valori di q tra loro opposti se è (b/a) > 0, nessun valore se (b/a) < 0.