ESECUTORIETA atti accertamento e sospensione

Transcript

ESECUTORIETA atti accertamento e sospensione
CORSO ACCERTAMENTO RISCOSSIONE E CONTENZIOSO
ORDINE DI FIRENZE
ESECUTORIETA’ DELL’ACCERTAMENTO E SOSPENSIONE DELL’ATTO
IMPUGNATO
(Elaborato di studio redatto dal Dott. Luca Nannini)
Come noto il legislatore con l’art. 29 del D.L. 78/2010 è intervenuto sul procedimento di
riscossione delle somme derivante da accertamenti relativi ad Iva ed imposte indirette.
Tale intervento nasce dalla percezione segnalata da alcuni osservatori di un problema di
“monetizzazione” degli importi di evasione accertati e delle disfunzioni del sistema di
riscossione.
Il sistema di riscossione tramite iscrizione a ruolo è uno dei più antichi istituti della nostra
legislazione finanziaria. Il ruolo nasce infatti nel 1871 con la legge “Sella” ed ha assolto la
sua funzione di atto principe della riscossione fino ai giorni nostri. Come spesso avviene in
Italia, solo per il fatto che certi procedimenti siano di antica derivazione questi sono
criticati a prescindere e si pensa che debbano essere riformati, magari senza curarsi della
circostanza che gli istituti giuridici nel tempo lasciano negli operatori e nella
giurisprudenza quei segni che costituiscono la certezza del diritto. Se alla vetustà della
procedura si aggiunge che negli altri paesi della Unione Europea esistono altre modalità di
riscossione, tanto è bastato perché l’intervento del legislatore sia diventato
“improcrastinabile”.
La procedura di riscossione dei tributi accertati che abbiamo appreso dai nostri manuali
universitari è quella che si basa sulla separazione tra atti di accertamento ( o rettifica,
liquidazione etc.) e atti della riscossione. Gli atti della riscossione sono quelli che si
formano nel procedimento che inizia con la formazione del ruolo, quale atto generale dove
vengono iscritti gli importi dovuti a seguito degli atti di accertamento, e si conclude con la
produzione dell’estratto di ruolo che viene portato a conoscenza del soggetto passivo
tramite la notifica della cartella di pagamento. Decorsi i termini di pagamento che partono
dalla notifica della cartella, l’atto diventa esecutivo ed all’ Agente della riscossione spetta il
compito di riscuotere coattivamente gli importi dovuti dal soggetto passivo. Le varie fasi
dell’intera procedura, nella quale si sommano i tempi del procedimento di accertamento e
del procedimento di riscossione, impegnano un lasso di tempo che può arrivare anche a
15/18 mesi, compresi fra la data di notifica dell’avviso di accertamento e il momento in cui
si avvia l’azione esecutiva. Secondo alcuni, con un periodo di tempo così ampio gli evasori
hanno il tempo di metter in atto tutte le strategie necessarie a sottrarsi al pagamento degli
1
importi evasi. Senza entrare nel merito di una simile visione dello stato delle cose, tenendo
però presente che la legge già permette agli Uffici di avviare azioni cautelari a garanzia dei
propri crediti a rischio1 prima del decorso dei termini ordinari, alcuni commentatori
hanno sottolineato la contraddizione del nostro sistema che da un lato garantisce allo
Stato una presunzione di correttezza del proprio credito (tramite la riscossione frazionata
ex art. 68 D.P.R. 546/92 versione attenuata del solve et repete) e garantisce poteri
starordinari per le azioni esecutive, dall’altro gli impone di esercitare azioni esecutive con
troppo ritardo2 . Tanto è che il legislatore ha sentito l’esigenza di modernizzare il
procedimento di riscossione ed ha scelto di concentrare in unico atto il potere di accertare
e di riscuotere il tributo.
A mente dell’art. 29 del D.L. 78/2010:
•
per gli avvisi di accertamento notificati a partire dal 1/7/2011 e relativi ai periodi
di imposta in corso alla data del 31/12/2007 e successivi;
•
relativamente alle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto ed il
connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni
l’avviso di accertamento dovrà contenere, oltre alla determinazione delle imposte e delle
sanzioni, anche l’intimazione ad adempiere , entro il termine di presentazione del ricorso,
all’obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati, ovvero, in caso di tempestiva
proposizione del ricorso, ed a titolo provvisorio, degli importi di cui all’art. 15 del
D.P.R.602/73.
La stessa intimazione ad adempiere dovrà essere contenuta anche nei successivi atti da
notificare al contribuente, notifica che potrà avvenire anche a mezzo raccomandata con
avviso di ricevimento, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti rispetto a
quelli indicati nell’avviso di accertamento. Tali casi sono:
•
quando il contribuente ometta di pagare anche una sola rata nell’ambito
dell’accertamento con adesione. Fino ad ora il contribuente, nel caso in cui non
avesse spontaneamente ottemperato ad un apposito invito, si vedeva iscritte a
ruolo le somme residue, dopo il 1/7/2011 si vedrà recapitare un’ intimazione al
pagamento delle somme residue;
1 A partire dall’entrata in vigore dell’art. 27 del D.L. 185/2008 sono previste a tutela delle ragioni del credito erariale
l’ipoteca ed il sequestro conservativo sui beni del contribuente a partire dalla notifica del PVC.
2
Cfr. C. Attardi in “il fisco” n. 39 del 25/10/2010 pag. 1-6323
2
•
nel caso in cui il pagamento sia frazionato perché pendente il giudizio presso le
Commissioni tributarie, gli importi rideterminati saranno quelli previsti dall’art. 68
del D.P.R. 546/92
•
per la riscossione frazionata delle sanzioni in pendenza di giudizio ai sensi dell’art.
19 D.P.R. 472/97, norma che richiama il citato art. 68 del D.P.R. 546/92.
Gli avvisi di accertamento e le intimazioni ad adempiere divengono esecutivi decorsi
sessanta giorni dalla notifica e devono espressamente recare l’avvertimento che, in deroga
alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, decorsi trenta giorni dal termine ultimo
per il pagamento la riscossione delle somme richieste è affidata in carico agli agenti della
riscossione, anche ai fini della esecuzione forzata. Sulle modalità di affidamento in carico
agli agenti della riscossione interverrà un provvedimento del direttore dell’ Agenzia delle
Entrate di concerto con il Ragioniere generale dello Stato.
Come abbiamo visto, nel caso di avviso di accertamento, il tempo utile per pagare si dilata
fino al termine per la proposizione del ricorso, potrà quindi verificarsi il caso di un atto
che è divenuto esecutivo, per il decorso dei 60 giorni dalla notifica, e per il quale pende il
termine di pagamento. Ciò sembra un paradosso ma questa lettura delle disposizioni è
confermata dalla lett. c) dell’art. 29 del D.L. 78/2010: in presenza di fondato pericolo per il
positivo esito della riscossione, decorsi 60 giorni dalla notifica (quando quindi l’atto è
esecutivo), la riscossione delle somme in essi indicate, nel loro ammontare integrale
comprensivo di interessi e sanzioni, può essere affidata in carico agli agenti anche prima
del decorso del termine di pagamento e dei trenta giorni per l’affidamento nei tempi
ordinari.
Esiste quindi la possibilità per l’Agenzia di avviare l’azione della riscossione mentre è
pendente il termine il termine per la proposizione del ricorso e di conseguenza per il
pagamento. Si noti bene che siamo al di fuori della fattispecie prevista dal comma 6
dell’art. 27 D.L. 185/2008 , cioè l’applicazione delle misure cautelari (ipoteca e sequestro
conservativo) nel caso di pericolo per la riscossione. Quelle previste dal citato art. 27, che
richiama l’art. 22 del D. Lgs. 472/97 sono per l’appunto misure cautelari, nel caso previsto
dalla lett. c) dell’art. 29 D.L. 78/2010 si tratta di attività di riscossione e conseguentemente
di azioni esecutive. In buona sostanza la procedura di riscossione accelerata, in presenza
di fondato pericolo per la riscossione, ricalca la struttura e la funzione dei ruoli
straordinari di cui al combinato disposto degli artt. 11 comma 3 e 15/bis del D.P.R.
602/72.
La tutela delle ragioni del credito erariale è così completa ed in virtù del comma 7 dello
stesso art. 27, poiché l’ipoteca ed il sequestro conservativo, che lo Stato abbia disposto in
3
via cautelare, si trasferiscono automaticamente a favore dell’Agente, se ne deduce che
l’espropriazione dei beni del contribuente possa avvenire anche a pochi giorni dalla
notifica dell’avviso di accertamento.
La novella legislativa rafforza con espressa previsione di legge anche la cooperazione a
livello di intelligence fra Agenzia delle Entrate ed agente della riscossione, la prima è
infatti obbligata a fornire, anche su richiesta del secondo, tutti gli elementi utili ai fini del
potenziamento dell’efficacia della riscossione acquisiti in fase di accertamento.
L’agente della riscossione, sulla base del nuovo titolo esecutivo e senza la preventiva
notifica di cartella di pagamento, procede ad espropriazione forzata. Esistono alcuni
termini di decadenza posti a garanzia del contribuente ed al fine di non esporlo sine die
alle procedure esecutive:
•
decorso un anno dalla notifica dell’avviso di accertamento e della intimazione ad
adempiere, la espropriazione forzata deve essere preceduta dalla notifica
dell’avviso previsto dall’art. 50 del D.P.R. 602/72;
•
l’espropriazione forzata deve essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto
definitivo.
In analogia a quanto previsto ora per le somme iscritte a ruolo, a partire dal giorno
successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme sono maggiorate
degli interessi di mora indicati nella misura di cui all’art. 30 del D.P.R. 602/72 calcolati a
partire dal giorno successivo alla notifica degli atti. Così come spettano all’agente, a spese
del contribuente, l’aggio ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive
previsti dall’art. 17 del D. Lgs. 112/99.
Più in generale, ai fini della procedura di riscossione contemplata dalle nuove
disposizioni, i riferimenti contenuti nelle norme vigenti al ruolo ed alla cartella di
pagamento si intendono effettuati all’avviso di accertamento ed alla intimazione ad
adempiere ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme
affidate agli agenti delle riscossione decorsi trenta giorni dal termine per il pagamento,
come sopra delineato.
Come abbiamo visto, il nuovo procedimento di accertamento e riscossione si pone
l’obiettivo di avvicinare il momento del pagamento, anche frazionato, a quello di notifica
dell’atto di accertamento. In tale nuovo contesto diverrà fondamentale garantire al
4
soggetto passivo di imposta una sua tutela, più nello specifico occorre fare quindi mente
locale agli istituti amministrativi e giudiziari che sono a disposizione del contribuente.
Inizierò con un esame dei richiami presenti nella novella legislativa agli istituti vigenti per
poi fare alcuni accenni agli istituti che derivano dai principi generali dell’ordinamento per
poi parlare della sospensione cautelare giudiziaria.
L’art. 29 del D.L. 78/2010 richiama espressamente la possibilità di dilazione di pagamento
che può essere attualmente concessa dall’agente della riscossione in virtù dell’ art. 19 del
D.P.R. 602/73. Nel nuovo regime la dilazione potrà essere concessa solo nel momento in
cui il credito è stato affidato all’agente della riscossione, pertanto solo successivamente al
momento in cui il titolo è divenuto esecutivo, ed in particolare decorsi trenta giorni dal
termine di pagamento perché solo a partire da tale data l’Agenzia affida all’agente la
riscossione. Quindi la dilazione potrà essere concessa solo dopo che il soggetto passivo si
è reso inadempiente a differenza della situazione attuale in cui la dilazione può essere
concessa a partire dalla notifica della cartella e prima della scadenza dei 60 giorni previsti
quale termine di adempimento.
Per il resto le regole rimangono le stesse ed in particolare:
•
si potranno prevedere fino a 72 rate;
•
non occorrerà la prestazione di alcuna garanzia;
•
la dilazione potrà essere richiesta anche ad esecuzione avviata;
proprio per l’espresso richiamo alla normativa vigente non vi sono ragioni per non
ritenere valide le direttive emanate da Equitalia al riguardo, e quindi valide le istruzioni
relative ai vari parametri, indici di bilancio e situazioni del debitore che consentono la
dilazione.
Sempre per analogia ritengo che si possa applicare al diniego di dilazione per le somme
che saranno dovute a seguito di un avviso di accertamento e intimazione ad adempiere
quella giurisprudenza che si è formata in relazione al diniego di rateazione di una cartella
di pagamento.
Come noto si è posto in dottrina il dubbio su quale giudice fosse competente a giudicare il
diniego di rateazione da parte dell’agente della riscossione e finanche se il diniego stesso
fosse impugnabile. Il secondo quesito, a mio parere, è tuzionistico ed infatti solo alcuni
commentatori hanno sostenuto, peraltro a torto, una insindacabilità al pari del potere di
autotutela. Circa il primo dubbio si contrapponeva una dottrina, seguita anche in giudizio
5
da Equitalia, che sosteneva essere competente il giudice amministrativo ed una dottrina
che invece voleva affidato alla piena ed esclusiva giurisdizione delle Commissioni
Tributarie il giudizio a seguito di un diniego di dilazione. I dubbi sono stati risolti dalla
Cassazione anche recentemente con l’ordinanza 20778 del 7/10/2010 che ha sancito la
piena ed esclusiva giurisdizione delle commissioni tributarie a fronte del diniego di
dilazione dell’Agente della riscossione3.
L’ art. 29 del D.L. 78/2010 prevede anche un espresso richiamo all’art. 39 del D.P.R.
602/72. Il rinvio è alla norma che regola la sospensione amministrativa della riscossione.
Come noto si tratta della possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate di sospendere il
ruolo in caso di proposizione di ricorso e fino alla pubblicazione della sentenza della
commissione tributaria provinciale. Il riferimento espresso renderà la disposizione
applicabile anche alla riscossione a seguito degli avvisi di accertamento. Ma proprio
perché il richiamo è di tipo specifico valgono gli stessi limiti che vigono adesso. Trattasi
quindi di una sospensione amministrativa che si configura solo in caso di proposizione di
ricorso e fino alla pubblicazione della sentenza di primo grado.
La mancanza di altre indicazioni di legge ci porta quindi a porci la domanda se esista, per
l’Amministrazione Finanziaria, al di fuori dei casi testé elencati, un potere di sospendere
l’atto di accertamento, quale atto anche della riscossione, in via amministrativa, per
esempio a prescindere dalla proposizione del ricorso, oppure in corso di giudizio di
secondo grado, oppure in presenza di un atto definitivo ma per il quale è pendente il
riesame in sede di autotutela o altri casi limite.
La mia risposta è si. A mio avviso il potere della Amministrazione finanziaria di
sospendere l’esecutorietà degli atti amministrativi è insito nel più ampio potere di
autotutela e quindi di auto-annullamento, quale species del più ampio genus.
In virtù di tale rapporto alla sospensione amministrativa si devono applicare i principi
validi per il potere di autotutela. Tralasciando tutta la antologia sul potere di
annullamento degli atti tributari, sulla esistenza di una discrezionalità tecnica o piena, in
quanto ormai dibattito superato dal diritto, è utile invece fare riferimento ai principi che
regolano l’autotutela e che sono validi anche in materia di sospensione amministrativa:
•
3
ambiti applicativi- la autotutela è limitata per legge agli atti per i quali non sia
intervenuto un giudicato e può essere esercitata solo dall’ufficio che ha emanato
l’atto;
Cfr. in tal senso anche Ord.za 7612 del 30/3/2010 e Ord.za 15647 del 1/7/2010.
6
•
discrezionalità- la decisione di annullare un atto, e quindi di sospenderne la
esecutorietà, è discrezionale e frutto di una valutazione di opportunità da parte
dell’Ufficio, a fronte di tale discrezionalità il contribuente godrebbe di un interesse
di puro fatto4, non di un diritto all’annullamento dell’atto né di un interesse
giuridicamente protetto, anche se parte della dottrina ritiene invece che esista nella
fattispecie un interesse legittimo;
•
tutela giurisdizionale- la Cassazione con la sentenza 26313 del 29/12/2010 ha
ribadito i concetti già espressi dalla precedente sentenza 7388 del 2007 in base ai
quali il giudice tributario ha competenza per sindacare il mancato esercizio
dell’autotutela, in quanto lesivo di un interesse legittimo, senza però avere nella
fattispecie una giurisdizione di merito. In altre parole il giudizio sulla mancata
autotutela è autonomo e distinto dal sindacato sull’atto, tale giudizio non può
costituire un mezzo di tutela sostitutiva dei rimedi giurisdizionali non esperiti
tempestivamente;
I principi che valgono per l’annullamento e quelli espressi dalle citate sentenze mi paiono
pregnanti e pienamente applicabili ove si riconosca il potere di sospendere l’atto in via
amministrativa e la conseguente tutela in caso di diniego.
A sostegno della mia tesi che esista un potere generalizzato in capo alla Amministrazione
finanziaria di sospendere la riscossione esistono anche altri elementi:
4
•
a fronte di un nuovo sistema così improntato alla velocità di riscossione, una tesi
che non riconosca il potere di sospendere un atto così invasivo della sfera giuridica
del contribuente sarebbe difficilmente compatibile con gli artt. 53 e 97 della
Costituzione;
•
in corrispondenza al potere riconosciuto per legge in capo all’ Ufficio di esperire le
azioni cautelari in caso di rischio per la riscossione o di anticipare la riscossione in
caso di fondato pericolo, è illogico negare l’esistenza di un contrapposto potere di
sospensione;
•
nella valutazione dell’opportunità di una sospensione amministrativa non è
secondario ricordare i recenti orientamenti in merito alle azioni risarcitorie proposte
nei confronti dell’ Agenzia delle Entrate da parte del contribuente danneggiato da
una pretesa illegittima.
Cfr. sul punto Pasquale Russo “Manuale di diritto tributario” pagg. 219 e ss.
7
Ci rimane da parlare della sospensione dell’atto da parte del giudice tributario. Il presente
contesto ci impone di limitare l’esposizione a cosa cambia con l’entrata in vigore dell’art.
29 del D.L. 78/2010 rispetto alla prassi vigente e quali sono gli ultimi orientamenti
giudiziari in tema di sospensione. Solo per la cronaca ricordo che nella prima della
conversione il D.L. 78/2010 al comma 9 dell’art. 38 aveva posto un limite temporale alla
efficacia della sospensione disposta dal giudice tributario, fortunatamente tale
aberrazione è stata espunta dal testo convertito in legge.
Come noto la sospensione giudiziale è regolata dall’art. 47 del D.lgs. 546/92 che prevede
la possibilità per il giudice tributario adito di sospendere l’atto impugnato quando
ricorrano le condizioni del fumus boni juris e del periculum in mora. In riferimento al
periculum la norma parla di danno grave ed irreparabile, enfatizzando quindi i caratteri
di attualità ed imminenza della pretesa da parte dell’Erario affinché il danno possa essere
apprezzato “grave ed irreparabile”. Proprio in relazione a tale dettato della norma in
dottrina si continua a tutt’oggi a dissertare se l’avviso di accertamento, a disciplina
vigente atto non esecutivo, sia suscettibile di sospensione o meno, ed in caso contrario
come si possa chiedere la sospensione della cartella di pagamento quando l’ atto
impugnato non è la cartella ma l’avviso preordinato.
La prassi seguita dalle commissioni tributarie è quella di esaminare la richiesta di
sospensione dopo che al contribuente è stata notificata la cartella di pagamento a seguito
della iscrizione a ruolo a titolo provvisorio, momento nel quale il danno diviene attuale,
facendo scaturire dalla notifica della cartella la legittimazione a richiedere la sospensione
degli effetti dell’accertamento che a cascata blocca la esecutorietà della cartella stessa.
Con l’entrata in vigore della nuova disciplina tutta la questione perde di interesse, non
esisterà più il minimo dubbio che l’avviso di accertamento sia un atto suscettibile di
immediata richiesta di sospensione in quanto è atto che diventa esecutivo decorsi sessanta
giorni dalla notifica ed al quale si è obbligati ad adempiere con lo spirare del termine per
la proposizione del ricorso. Il contribuente potrà e per certi versi dovrà presentare istanza
di sospensione unitamente alla proposizione del ricorso, non solo, ma considerati i tempi
per la costituzione in giudizio, tornerà forse di applicazione pratica la previsione del
comma 3 dell’art. 47 del D.P.R. 546/92 circa il decreto presidenziale di provvisoria
sospensione, in caso di eccezionale urgenza, fino alla riunione del collegio.
Per il resto vale quanto già detto tante volte sui limiti del citato art. 47: in ordine al limite
dell’effetto sospensivo fino alla sentenza di primo grado e alla mancanza nel sistema di
una tutela cautelare per il contribuente nel secondo grado di giudizio, fatta eccezione per
8
il potere di sospendere la esecutività delle sanzioni delle Commissioni tributarie regionali
ex comma 2 dell’art. 16 del D. Lgs. 472/97.
A dire il vero la stortura di una mancanza di tutela cautelare nei gradi di giudizio
superiori al primo comincia a essere raddrizzata da alcuni orientamenti delle giurisdizioni
superiori. La Corte Costituzionale, che si è sempre mostrata ferma nel non censurare l’art.
47 del D. Lgs. 546/92, recentemente ha emesso una sentenza, la n. 217del 16/6/2010 con
la quale ha fornito una soluzione interpretativa con la quale ritiene applicabili anche al
giudizio tributario le norme sulla possibilità del giudice di sospendere la esecutività della
sentenza. A tale orientamento si è uniformata anche la Cassazione che ha previsto il
potere della commissione tributaria regionale di sospendere l’esecutività della sentenza di
appello impugnata per cassazione. Ora tale interpretazione esplica un certo effetto in
tema di sanzioni accessorie, opera male a fronte del meccanismo della riscossione
frazionata prevista dall’art. 68 del D. Lgs. 546/92 il quale prevede l’emissione di atti
amministrativi che possono essere sottratti al controllo del giudice.
Vediamo invece come la novella legislativa va ad impattare su una disfunzione del nostro
sistema, e cioè nel caso, purtroppo non di scuola, in cui il contribuente nonostante la
Commissione tributaria provinciale abbia emesso una ordinanza di sospensione, si veda
ugualmente soggetto alle azioni esecutive dell’ agente della riscossione. In estrema
sintesi: in virtù della prassi sopra ricordata, a seguito della notifica della cartella di
pagamento, si chiede la sospensione dell’atto, se il giudice la dispone è l’Agenzia che deve
comunicarla all’agente della riscossione, in quanto lo stesso non è parte in giudizio
quando l’atto impugnato è l’avviso di accertamento. Al momento in cui il contribuente,
vistosi aggredito, fa presente che esiste la sospensione disposta dalla Commissione
Tributaria, l’agente risponde esortando il poveretto a sollecitare l’Ufficio a comunicare il
provvedimento di sospensione, lo stesso Ufficio già resosi inadempiente. Tale
complicazione nasce dal fatto che l’ agente della riscossione opera su indicazione dell’
ente impositore o per ordine del giudice quando sia parte nel giudizio. Un inciso: alcuni
difensori, nella fase del giudizio della sospensione, hanno chiamato l’ agente in
litisconsorzio, affinché fosse parte e quindi a conoscenza della ordinanza; in questi casi
Equitalia ha eccepito la mancanza di legittimazione passiva e richiesto la condanna alle
spese del contribuente!
Qualcuno ha già sostenuto che il nuovo “accertamento esecutivo” sembra destinato ad
incrementare le istanza di tutela cautelare ex art. 47 D. Lgs. 546/92 e quindi ad amplificare
la lacunosità di tale norma, mancando del tutto di una disciplina relativa agli aspetti
9
attuativi della tutela cautelare5. Il problema rimane sempre quello di far rispettare
l’ordinanza di sospensione emessa dalla Commissione Tributaria all’Ufficio ed all’agente
della riscossione.
Una prima questione, ancora dibattuta, che allo stato attuale non ha visto pronunce
giurisprudenziali è sulla necessità che il contribuente notifichi all’ente impositore prima,
ed all’agente della riscossione poi, l’ordinanza di sospensione a lui favorevole. Tale onere
era riportato nella circolare 98/E del 23/4/2006 ed in dottrina alcuni sostengono che
questa sia l’unica forma per portare l’atto giudiziario a conoscenza dell’Amministrazione
Finanziaria.
Personalmente non sono di questo avviso per almeno due motivi:
•
esiste già la comunicazione del dispositivo dell’ordinanza da parte della segreteria
alle parti costituite, semmai quindi l’onere dovrebbe limitarsi alla notifica a chi non
è parte costituita:
•
non esiste al riguardo alcuna espressa previsione di legge;
Sgombrato il campo da questa considerazione preliminare, vediamo quali tutele possano
soccorrere il contribuente nel fare applicare alla Amministrazione finanziaria l’ordinanza
di sospensione, escludendo a priori i principi e gli istituti validi nella giustizia
amministrativa, in quanto l’unico rimando previsto dal D. Lgs. 546/92 è al codice di
procedura civile:
5
•
i provvedimenti ex art. 669 duodecies c.p.c., cioè quelli con i quali il giudice, sentite
le parti dispone le modalità per attuare la tutela cautelare: mi sembrano di difficile
attuazione;
•
i procedimenti ex art. 700 c.p.c., sono esclusi da giurisprudenza consolidata;
•
il giudizio di ottemperanza ex art. 70 D. Lgs. 546/72: è escluso dalla mancanza di
un “giudicato”;
•
il procedimento ex art. 614-bis del c.p.c., introdotto dalla L. 69/2009 la c.d.
miniriforma del processo civile, che prevede la possibilità per il giudice di
determinare una somma di denaro che l’obbligato è costretto a pagare in caso di
inosservanza del provvedimento emesso: non è un rimedio esperibile;
Cfr. Antonino Russo in “il fisco” 1/2011 pagg. 65 e ss.
10
•
l’opposizione ex art. 615 e l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (sulla
regolarità formale del titolo esecutivo), secondo parte della dottrina tali rimedi
sarebbero esclusi dall’art. 57 del D.P.R. 602/73.
A mio avviso invece i limiti posti dall’art. 57 sono superati dalla circostanza che, in
presenza di un’ordinanza di sospensione, la procedura di riscossione e la conseguente
procedura esecuzione è inficiata ab origine. Vediamo di chiarire la fattispecie: una volta
comunicato ad Equitalia il provvedimento di sospensione, nel caso in quest’ultima non
blocchi la procedura esecutiva, il contribuente propone giudizio di opposizione di fronte
all’ A.G.O. contro gli atti della esecuzione ed all’interno di tale procedimento formula
richiesta di danni ad Equitalia. Il giudice ordinario potrà accogliere l’opposizione,
annullare l’esecuzione e condannare Equitalia al risarcimento di un danno in
considerazione del fatto che, sebbene la cartella di pagamento emessa per la iscrizione a
titolo provvisorio non sia atto annullabile da parte di Equitalia, la stessa ha il dovere di
non procedere ad atti esecutivi in caso della sospensione della efficacia da parte del
giudice tributario. Tutta la procedura esecutiva sarebbe invalida per la mancanza di
valore esecutivo dell’atto preordinato.
Tale orientamento è stato condiviso da alcuni giudici di merito. Forse in virtù di questa
giurisprudenza, Equitalia Spa con la Direttiva n. 10 del 6/5/2010 ha offerto una soluzione
interpretativa che concede al contribuente, destinatario di azioni esecutive, la possibilità
di rilasciare una dichiarazione relativa all’esistenza di un provvedimento di sospensione
cautelare formatosi in un giudizio in assenza dell’Agente della Riscossione. A seguito di
tale autodichiarazione Equitalia dovrebbe sospendere l’azione esecutiva e chiedere
riscontro all’ente impositore di quanto attestato dal contribuente. Voglio far notare che ,
sulla base della citata direttiva, Equitalia sospende l’azione esecutiva, il giudizio di
opposizione invece la annulla, con le diverse conseguenze sulle ipoteche e pignoramenti.
Ad ogni buon conto speriamo che le stesse conclusioni siano valide dopo l’emanazione
del Provvedimento di cui alla lett. g) dell’art. 29 del D.L. 78/2010 che regolerà l’
affidamento della riscossione delle somme accertate all’Agente.
La normativa introdotta dall’art. 29 D.L. 78/2010 presenta aspetti critici e la regolazione
del nuovo “accertamento esecutivo” presenta alcuni punti oscuri:
•
La disciplina prevista dall’art. 29 del D.L. 78/2010 si applica agli avvisi di
accertamento relativi ad imposte dirette ed iva, rientra fra le imposte dirette anche
l’IRAP? Una soluzione interpretativa ispirata più dalla logica che dalla lettera legis
dovrebbe ricomprendere tale imposta, non è però scontato.
11
•
Sulla forma della notifica della intimazione di pagamento. La lett. a) del citato art.
29 prevede la possibilità della notifica della intimazione di pagamento, per gli
importi rideterminati, anche mediante semplice raccomandata con avviso di
ricevimento. E questo con buona pace di tutta la giurisprudenza che si è occupata
della modalità di notifica degli atti. Non voglio nemmeno pensare a cosa non potrà
scaturirne a livello di contestazioni, in quanto non si tratta di semplici
comunicazioni da parte della A.F., ma di atti esecutivi e ricettizi e pertanto validi
ed efficaci solo se portati a conoscenza del destinatario, per i quali rimane a carico
di chi esegue la notifica dare la prova della avvenuta ricezione dell’atto da parte
del soggetto passivo.
•
In caso di fondato pericolo per la riscossione, dell’affidamento ad Equitalia, prima
dei trenta giorni, del compito di riscuotere gli interi importi deve essere dato conto
nell’avviso di accertamento al fine di consentire al contribuente di richiedere al
giudice tributario la sospensione dell’atto che coinvolga anche tali aspetti? Il
giudice potrebbe non essere incline a sospendere la riscossione della metà dell’
imposta ma giudicare l’esistenza del danno grave ed irreparabile per l’intera
somma. In considerazione della necessità di una piena tutela del contribuente
questa interpretazione, per la quale l’avviso di accertamento debba contenere tutte
queste indicazione, mi sembra la più corretta.
•
E se le condizioni di fondato pericolo vengono ravvisate dopo l’emanazione
dell’atto di accertamento quale sarà l’atto che deve essere portato a conoscenza del
soggetto passivo? La intimazione ad adempiere? La norma non la prevede, se però
l’Agenzia si limitasse ad una comunicazione “interna” all’agente della riscossione
quale sarà l’atto di cui si potrà chiedere la sospensione al giudice tributario?
Altri dubbi ed osservazioni apparsi sulla stampa mi sembrano invece aver soluzione
interpretativa:
•
L’intimazione ad adempiere è atto autonomamente impugnabile di fronte alle
Commissioni tributarie? Mi pare scontato e che non si debba nemmeno porre un
simile dubbio.
•
Il mancato pagamento delle somme indicate nelle intimazioni ad adempiere sarà
oggetto di sanzione? Affermare genericamente tale assunto mi pare difficile, il
mancato pagamento è all’origine e riguarda l’imposta accertata, a cui
corrispondono già le sanzioni, pensare di applicarne altre mi sembra non corretto.
12
Una breve conclusione. Come possiamo notare siamo ancora lontani da una parità di
posizioni fra il Fisco ed il contribuente, una visione più liberale dovrebbe farci sognare un
procedimento ed un giudizio tributario nel quale il soggetto attivo non è garantito dalla
possibilità di riscuotere in anticipo. Purtroppo allo stato dell’arte la riscossione frazionata
e gli istituti premiali sono il bastone e la carota con i quali la nostra Amministrazione sta
conducendo la lotta all’evasione. La soluzione ideale dovrebbe invece vedere affidati al
giudice, come nei giudizi di fronte all’ A.G.O. fra due parti dotate degli stessi diritti, i
poteri di valutare i rischi per la riscossione di entrambi gli attori. Per raggiungere un
simile traguardo occorrerebbe un riordino intelligente del sistema, magari affrontare una
volta per tutte il nodo di una magistratura tributaria a tempo pieno, al legislatore attuale
sembra proprio mancare però il coraggio di tali scelte.
Dott. Luca Nannini
13