il dalmata - Fondazione scientifico culturale Eugenio Dario e Maria

Transcript

il dalmata - Fondazione scientifico culturale Eugenio Dario e Maria
N°.
85 anno
N. 84
Anno XVIII
XVIII delle
delle pubblicazioni
pubblicazioni
dei
dei Dalmati
Dalmati di
diTrieste
Trieste
n°
I - ottobre
n° 3/anno
1 - agosto
2014 2014
Taxe perque Italy
Spedizione
in a.p. art.
20/C legge 622/96
filiale di Trieste
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al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto.
IL DALMATA
LIBERO
GOVERNO, GEOGRAFI CROATI E L’UNIONE EUROPEA DISEGNANO INSIEME
UNA REGIONE “DALMAZIA” QUASI UNITA
CHE NASCERÀ DALLA FUSIONE DI QUATTRO CONTEE
Zara reclama la capitale per essere stata la capitale del Regno di Dalmazia contro Spalato,
già capitale dell’Impero romano. Ragusa ricorda l’indipendenza della sua Repubblica
FALLITA LA POLITICA DI LUXARDO
ABBANDONATO ANCHE DAI “RIMASTI”
Con poche righe pubblicate su Il Piccolo del 7 settembre u.s.,
l’Unione italiana di Tremul annuncia che inizierà presso il
Governo croato l’iter per l’applicazione dell’Accordo DiniGranić per aprire una scuola elementare pubblica di lingua
italiana a Zara… con solo 18 anni di ritardo. Cade così una
delle principali ragioni di scontro tra i dalmati triestini,
in particolare con me, e l’Unione italiana di Tremul che si
era rifiutata finora di chiedere l’applicazione dell’Accordo
italo-croato Dini-Granić del 1996 che ha comportato tra
l’altro, il mancato riconoscimento da parte della Croazia
dell’Asilo di Zara e la necessità di ricorrere ogni anno per
il suo finanziamento alle disponibilità della Regione Veneto,
Continua in ultima pagina
Adriatico mare di petrolio
Servizio a pag. 3
Ripartizione della Croazia come voluta dall’Europa
In clima di revisione della
spesa pubblica, per evitare
che la Repubblica di Croazia scivoli verso una crisi
economico-finanziaria
analoga a quella della Grecia, il
Governo croato ha affidato ad
una commissione di geografi
un progetto per l’accorpamento delle attuali 20 Contee
(Županije) in cinque Regioni o
macro Contee. La competente
commissione europea ha consigliato alcune varianti di non
grande entità e si prevede che,
subito dopo le elezioni per il
rinnovo del Parlamento e del
Presidente della Repubblica, il
provvedimento sarà approvato
dal Sabor ed entrerà in vigore
in tempi brevi, HDZ permettendo. Riportiamo qui accanto
la cartina della nuova ripartizione della Croazia nella
quale notiamo che si va verso
la riunificazione della Dalmazia croata. Ciò significa che,
rispetto al Regno di Dalmazia
asburgico mancano le Bocche di Cattaro ed il resto della
Dalmazia montenegrina che
fanno parte di un altro stato.
Le isole quarnerine di Veglia,
Cherso, Lussino e di Arbe, che
anche ai tempi dell’Arcivescovo Marc’Antonio de’Dominis facevano parte della
Dalmazia, negli ultimi tempi
sono state aggregate in parte
all’Istria ed in parte a Fiume.
Peraltro, prima dellacaduta
della Serenissima, anche nelle
cartine allegate ai Trattati di
Passarowitz e Karlowitz que-
ste isole erano denominate
Dalmazia veneta (vedi Il Dalmata n. 3 dell’aprile 1998 e
succ. in www.dalmaziaeu.it).
La riunificazione della Dalmazia è stata auspicata da
varie parti da molto tempo e lo
testimonia il libro Dalmazia,
Regione d’Europa di Renzo
de’Vidovich, pubblicato nel
1992, che all’argomento dedica un capitolo ritornato d’attualità. Negli ultimi secoli, la
Dalmazia era stata ridotta ad
una striscia di terra tra le Alpi
Dinariche ed il mare Adriatico, perché facente parte della
Civiltà marinara dell’Olio e
del Vino, mentre i territori a
nord del sistema montuoso
venivano considerati territori
continentali influenzati dalla
Civiltà danubiana del Sego e
della Birra. Ma tale distinzione
oggi è meno evidente, perché i
trafori dei monti e le strade che
collegano la Dalmazia marittima con i territori continentali
hanno reso meno stridenti le
differenze che solo 50 anni fa
si coglievano ictu occuli.
Si è aperta subito una vivace
polemica tra le tre città
che maggiormente aspirano
a diventare la capitale della
nuova Regione dalmata. Zara
vanta di essere stata capitale
del Regno di Dalmazia, fin
dai tempi dell’occupazione
ungherese, poco dopo l’inizio
dello scorso millennio, manteDaria Garbin
Continua a pag. 2
ottobre 2014
pag.2
IL DALMATA LIBERO
UNA DECISIONE IMPOSTA DALL’UE, MODIFICABILE SOLO NEI DETTAGLI
LA REVISIONE DELLE SPESE DELLA CROAZIA IN DIFFICOLTÀ
ACCOLTA CON MOLTA DIFFIDENZA E PREOCCUPAZIONE
L’opposizione all’accorpamento in 5 Regioni delle 20 Contee, abituate ad una larga
autonomia, bollata da Zagabria come miope municipalità, non è più consentita dalla crisi
Continua dalla prima pagina
nendo questa prerogativa fino
al 1918, quando cioè esistette
il Regno di Dalmazia incardinato nell’Impero asburgico.
Spalato, d’altra parte, vanta
di essere attualmente la più
grande città della Dalmazia
con oltre 180 mila abitanti,
con il porto più attivo e l’industria più moderna e di essere
erede della vicina Salona,
ricorda l’imponente Palazzo di
Diocleziano, dal quale l’Imperatore governò di fatto per più
anni l’Impero romano. Salona
fu anche centro di diffusione
della Chiesa di Cristo in tutti
i territori attualmente occupati dalla Slavia occidentale
e, in parte, anche dall’Europa
orientale.
Infine Dubrovnik si è ricordata
finalmente di essere nata dalla
fusione delle città di Ragusa e
dal porto di Gravosa, per cui
vanta una notorietà ed una
bellezza internazionale che
la rendono famosa in tutto il
mondo dove è ricordata per
le strutture antiche pervenute
intatte fino a noi. Inoltre, la
Repubblica di Ragusa fu indipendente e staccata dal resto
della Dalmazia per un lungo
periodo: taluni studiosi parlano di cinque secoli, altri
addirittura di un millennio.
Secondo la dirigenza europea
sarà possibile fare degli spostamenti tra i territori asse-
gnati alle cinque regioni, ma
non sarà consentito mantenere
le attuali 20 Contee che pare
costituiscano una spesa non
più sostenibile dall’economia
croata.
Quello della capitale sarà dunque un problema di non facile
soluzione e, con l’esperienza
tratta da quelle regioni italiane
che comprendevano più di
una capitale storica, pensiamo
che la soluzione più probabile
possa trovarsi nella ripartizione degli assessorati – ministeri decentrati e divisi tra le
maggiori città contendenti.
Naturalmente, indifferente a
tutto ciò che riguarda la Dalmazia, l’Unione italiana di
Fiume non ne ha fatto alcun
cenno. Questa volta, però,
è scusabile perché, come
appare dalla carta geografica, all’accorpamento delle
Contee dell’Istria, di Fiume
e delle altre isole del Carnaro si aggiunge la Lika che
non ha nulla in comune con
la tradizione marinara degli
altri territori e che la tradizione storica e geografica
vorrebbe un accorpamento
della Lika alla Croazia
centro-meridionale. In ciò
Il Dalmata libero si schiera
accanto all’Unione italiana
di Fiume ed è pronto a recepire anche le osservazioni
degli italiani delle attuali
varie contee della Dalmazia.
D.G.
GRAZIE AL PERSEVERANTE IMPEGNO DEI TRIESTINI
ZARA AVRÀ NEL PROSSIMO ANNO
UNA SCUOLA PUBBLICA ELEMENTARE ITALIANA?
Con l’applicazione, sia pure solo a Zara, dell’Accordo Dini-Granić
anche l’asilo Pinocchio potrà essere finanziato dal Governo croato
Le pressioni che abbiamo esercitato sull’Unione italiana di
Fiume attraverso Il Dalmata
e che ha indotto il padrone
dell’Associazione
Franco
Luxardo a scippare il giornale, destituire il Presidente
della Delegazione di Trieste
e bloccarne l’attività (voleva
vietare la pubblicazione dei
due articoli sull’Ui ne Il Dalmata n. 80 del settembre 2013)
abbiamo costretto l’Unione
italiana a chiedere al Governo
croato l’apertura di una scuola
elementare a Zara che potrà
partire, come abbiamo scritto
nello scorso numero, da oltre
una dozzina di bambini provenienti dall’asilo. Sicuramente si troveranno anche
altri allievi. Tutto ciò avviene
dopo 18 anni dall’Accordo
Dini-Granić ed anche lo scorso
anno, quando la Vice Ministro
Dassù fece una conferenza a
Trieste per annunciare l’aper-
tura dell’Asilo (omettendo di
dire che era privato e quindi
soggetto a tutte le difficoltà
finanziarie che hanno incontrato gli altri asili privati di
Zara che regolarmente hanno
chiuso in passato per ragioni
finanziarie), chiedemmo, a
nome della Delegazione di
Trieste, che il Governo italiano pretendesse l’applicazione del famoso Accordo. La
Dassù non rispose alle nostre
richieste (che non erano state
avanzate dalla FederEsuli, né
dal Sindaco Luxardo che ne fa
parte) ed oggi prendiamo atto
che presto inizierà l’iter burocratico per aprire una scuola
croata con insegnamento di
lingua italiana a Zara. Nulla ci
viene detto per Spalato, benché il nostro giornale abbia
specificato che una dozzina di
famiglie, all’incirca lo stesso
numero di quelle di Zara, avevano fatto presente ai docenti e
dirigenti del Liceo linguisticoinformatico Leonardo da Vinci
di Spalato, rigorosamente
privato, di essere disposte ad
iscrivere i loro figli, cioè i fratelli minori degli allievi del
Liceo, ad una scuola elementare pubblica croata con insegnamento della lingua italiana.
Aspettiamo con ansia di
vedere quando e come sarà
aperta questa scuola di Zara,
se il Governo italiano compererà i locali per ospitarla, come
avviene per tutte le scuole
elementari e non con l’insegnamento di lingua italiana
in Istria ed a Fiume. Siamo
anche curiosi di sapere qualora l’immobile sia acquistato
con il finanziamento dello
Stato italiano, se diventerà di
proprietà
dell’associazione
privata denominata l’Unione
italiana di Fiume o sarà intestato all’Ambasciata italiana
di Zagabria.
IL DALMATA
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Editore e Direttore
Renzo de’Vidovich
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Simone Bais, Alberto Rutter, Gianna
Duda Marinelli e Marcello Gabrielli
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Daria Garbin
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IL DALMATA LIBERO
ottobre 2014
pag.3
ABBASSAMENTO DELLE COSTE, FUORUSCITA DI GREGGIO, MORIA DI PESCI
ADRIATICO MARE DI PETROLIO
FONTE DI SMOTTAMENTI TERREMOTI E BRADISISMI
Un branco di capodogli fuggono da Sebenico, spiaggiano a Vasto e richiamano
l’attenzione sui danni da trivellazioni italo-croato-montenegrine che spezzano l’ecosistema
Se non fosse stato per un
branco di sette capodogli che
nuotavano spaesati in acque
troppo basse per loro a Sebenico e che, qualche giorno
dopo, spiaggiavano in Abruzzo
a Vasto (i quali hanno avuto
l’onore della prima pagina di
alcuni quotidiani ed in particolare de Il Piccolo dell’11 e 13
settembre u.s.) non si sarebbe
saputo niente. Poi i geologi
hanno fatto sapere che la causa
del disorientamento dei branchi
di pesce era dovuto alle esplosioni sottomarine necessarie
per le ricerche petrolifere e alle
trivellazioni che sono effettuate
da tempo e rimaste ignote alle
popolazioni che gravitano sulla
costa adriatica.
Negli ambienti specializzati
se ne parlava da tempo e le
estrazioni di petrolio al largo
dell’Istria erano state più volte
sospese perché si era verificato
un abbassamento della costa
a Pola e dintorni (bradisismo
positivo): alcuni studiosi hanno
ipotizzato che fossero responsabili anche di fenomeni di
bradisismo osservati nella zona
di Ravenna e Venezia.
Un Ministro croato ha annunciato trionfalmente che la
Repubblica croata sarebbe
diventata uno dei più grandi
produttori di greggio e ciò ha
allarmato un po’ tutti, anche se
l’espressione usata sembrava
un tantino enfatica.
Più silenziose, ma non meno
pericolose, le ricerche a largo
del Montenegro ed a metà
dell’Adriatico, all’altezza della
Puglia da parte dell’Ina croata e
dell’Eni italiano. I pericoli che
corre l’Adriatico a causa dello
sfruttamento e dall’estrazione
del greggio erano stati analizzati dal dott. Guido Cace, già
Vice Presidente del FederGasAcqua e Presidente dell’Acegas di Trieste, che aveva
rimarcato lo scarso ricambio
Riprendiamo dalla prima pagina de Il Piccolo e da altra
stampa italiana e croata una foto sul disorientamento di un
branco di capodogli, a causa delle esplosioni sottomarine e
delle trivellazioni per la ricerca del petrolio in corso in varie
zone dell’Adriatico, che hanno allarmato gli ecologisti, per la
contaminazione del mare, la stabilità delle coste e la sopravvivenza delle città rivierasche
dell’acqua tra l’Adriatico ed
il Mediterraneo, la troppo frequente moria di pesci, il temuto
abbassamento delle coste che a
Venezia può diventare letale,
vanificando il Mose (infatti
l’abbassamento delle isole
esterne della laguna, collegate
al Mose farebbe filtrare il mare
trattenuto inutilmente dalle
nuove paratie).
L’inquinamento del mare com-
porterebbe la fine del turismo in
tutta la costa orientale d’Italia,
in Istria, Dalmazia e nel Montenegro, oltre che nelle nascenti
marine albanesi. Infatti, pescatori ed operatori turistici sono
preoccupati per l’inquinamento
dovuto alle inevitabili fughe di
greggio durante le trivellazioni
e nelle stazioni di pompaggio
off-shore, senza contare il pericolo di smottamenti di terreni
già oggi all’ordine del giorno, e
l’incremento delle scosse sismiche, ogni anno più frequenti. Se
poi si aggiungono, le stazioni di
rigassificazione in corso d’istallazione nell’Adriatico, ad esempio a Veglia, per la trasformazione del gas liquido, trasportato via mare tramite navi e poi
ritrasformato in gas, il futuro
dell’Adriatico si presenta drammatico e senza vie di scampo.
Ciò avverrà se non sarà convocata rapidamente una conferenza internazionale organizzata
da tutte le regioni che si affacciano sull’Adriatico, per creare
un’Autorità che limiti lo sfruttamento del sottosuolo marino
e che tenga conto dei pericoli
che incombono su tutti noi. Terremoti, tsunami, spandimenti
petroliferi, incendi dolosi (vedi
minacce del Califfato islamico)
o accidentali di rigassificatori
ecc. non badano a nazionalità
o confini, perché colpirebbero
con drammatica uniformità
tutte le popolazioni adriatiche.
Ivana Galasso
COSTANTE INTERESSAMENTO DEL MINISTERO DELLA
PUBBLICA ISTRUZIONE PER LA QUESTIONE ADRIATICA
Nella riunione del Gruppo di
studio sull’Istria, Fiume e Dalmazia istituito presso il Ministero della Pubblica Istruzione
dello scorso 10 settembre è
stato approvato il programma
per il prossimo anno, in cui
si conclude la polemica tra
Interventisti e Neutralisti con
la stipula da parte dell’Italia,
dell’Inghilterra e della Francia degli Accordi di Londra
e l’entrata d’Italia in guerra
contro gli Imperi centrali. Il
sen. Lucio Toth ha presentato un programma che, con
poche integrazioni, è stato approvato all’unanimità. L’on.
de’Vidovich ha sottolineato
l’inspiegabile silenzio della
stampa italiana e della cultura sulla contrapposizione
tra Neutralisti ed Interventisti di cui parliamo a pag. 5 e
sull’importanza per la Dalmazia degli Accordi di Londra. Il dott. Marino Micich
ha chiesto che gli esponenti
delle Associazioni culturali
degli esuli possano prendere
la parola al Seminario del
prossimo anno e allestire una
vetrina con le pubblicazioni
che sono di grande spessore
culturale dimostrando la ricchezza culturale dell’Esodo
che, ha precisato con tono fortemente polemico, lui stesso
aveva ignorato durante tutto il
suo iter scolastico e universi-
tario perché inadeguatamente
pubblicizzata. La dirigente del
Ministero della Pubblica Istruzione, dott. Caterina Spezzano, che ha presieduto la riunione ha assicurato la costante
attenzione del Ministero verso
le problematiche culturali
della “Questione Adriatica” e
delle tesi culturali maturate nel
mondo degli esuli. Sono state
approvate anche le linee guida
dei prossimi temi che verranno
proposti nelle scuole italiane
in occasione del 10 febbraio
e che saranno pubblicizzati
attraverso il sito internet del
Ministero, assiduamente frequentato dalla quasi totalità
dei docenti.
ottobre 2014
pag.4
IL DALMATA LIBERO
AL MONUMENTO CHE RICORDA LA PARTENZA DANNUNZIANA PER FIUME
IL SINDACO DI RONCHI DEI LEGIONARI:
NON SI CHIAMERÀ “DEI PARTIGIANI”
“L’impresa dannunziana a Fiume fu l’ultimo atto dell’unità d’Italia. Poi, scoppiò una
guerra civile che dura tuttora”. Fallita la contromanifestazione antifascista estranea al Pd
I dalmati non sono mai mancati, con Gonfalone di Dalmazia e manti del Patriziato
dalmata, alla cerimonia che
ricorda la partenza del 12 settembre 1919 di 2800 Granatieri di Sardegna e di altri che
disertarono dal Regio esercito
per dar man forte ai Legionari che Gabriele d’Annunzio aveva guidato a Fiume. Il
poeta aveva conquistato militarmente la città che, secondo
gli Accordi di Londra, avrebbe
dovuto diventare città autonoma. Per decenni la nostra
Delegazione è stata guidata da
Ada Ceccoli, venuta a mancare da qualche mese, per cui
alla manifestazione di questi
giorni erano presenti tutti i
dirigenti dalmati di Trieste.
Dopo la pubblicazione su
Elisabetta Pross e Flavia
Bastiancich Senes depongono la corona d’alloro
sotto la colonna romana del
Monumento
Il Giornale e su Il Dalmata
libero dell’intenzione di un
Comitato di modificare il
nome della città da cui partirono i soldati dannunziani
da “Ronchi dei Legionari”
in “Ronchi dei Partigiani”, si
sono quest’anno mobilitate
oltre alla Lega Nazionale, e le
sue sezioni di Fiume e Dalmazia, alla Delegazione di Trieste
dei Dalmati italiani nel Mondo
Foto di una parte delle Autorità presenti. Da sinistra: Adriano Ritossa, Paolo Sardos Albertini,
Roberto Fontanot, Guido Brazzoduro, Rodolfo Ziberna, Renzo de’Vidovich, Fulvio Rocco, il
Presidente dell’Associazione Finanzieri, Giampaolo Dabbeni ed i generali Riccardo Basile e
Francesco Bonaventura.
ed alla Fondazione Rustia
Traine, anche le Associazioni
d’Arma al completo, per cui
la folla quest’anno gremiva
l’intero piazzale antistante il
monumento. Importanti interventi del Presidente della Lega
Nazionale, Paolo Sardos
Albertini e della Presidente
della Lega Nazionale di Fiume
Elda Sorci, del dott. Roberto
Fontanot, Sindaco di Ronchi
dei Legionari, appartenente
ad una lista civica collegata al
Pd, che ha sottolineato di aver
parlato con gran parte dei cittadini di Ronchi, con i quali ha
Elda Sorci, Presidente della
sezione di Fiume della Lega
Nazionale illustra le ragioni
della solennità della manifestazione di quest’anno
un contatto diretto e costante,
e di aver tratto la conclusione
che, se fosse indetto un referendum per cambiare il nome
da Ronchi “dei Legionari” in
Ronchi “dei Partigiani”, la stragrande maggioranza dei cittadini, compresi quelli di sinistra,
avrebbero votato per il mantenimento del nome che ricorda
l’impresa dannunziana.
Hanno parlato, quindi, Adriano
Ritossa, già consigliere regionale eletto nella vicina Monfalcone, che organizza tradizionalmente le manifestazioni
patriottiche ed il prof. Fulvio
Rocco dell’Università di Trieste che ha tenuto un’interessante prolusione a nome della
Società di Studi Fiumani, di cui
fa parte in rappresentanza di
Trieste. Nel discorso ha ricordato come all’Impresa fiumana
abbiano partecipato unitamente
personalità politiche e culturali
di destra e di sinistra, per cui
gli storici considerano l’Impresa di Fiume come l’ultimo
atto unitario conseguente alla
Prima guerra mondiale. Poi,
non pochi dei combattenti dannunziani si troveranno divisi
nella guerra civile che contrappose i militanti che aderirono ai
Accanto alle tre teste di leopardo in marmo del Monumento dannunziano, il Gonfalone del Regno di Dalmazia
Fasci di combattimento a quelli
della Volante rossa.
Poco distante dal Monumento
dannunziano, era stata preannunciata una contro-manifestazione organizzata da un
gruppo di nostalgici comunisti
e di anarchici presso il Monumento dedicato alla resistenza.
Ignorata dalla popolazione
anche di sinistra, invece, presente con il Sindaco in testa
alla commemorazione dannunziana, assunta a simbolo
dell’ultimo evento unitario italiano prima dello scoppio della
guerra civile, la contro-manifestazione è stata sospesa.
Enrico Focardi
IL DALMATA LIBERO
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pag.5
LA CUPOLA ORDINÒ: BISOGNA DIMENTICARE IL CENTENARIO 1914-2014!
L’ITALIA CENSURA LA COMMEMORAZIONE DEL 1914
CENTENARIO DELLA VITTORIA DEGLI INTERVENTISTI
Il pensiero dell’Irredentismo giuliano-dalmata fu determinante nella vittoria degli
Interventisti. Purtroppo si chiamavano: d’Annunzio, Corridoni, Mussolini e Marinetti!
Quando il 28 luglio 1914
scoppiò la guerra tra l’Impero Austro-Ungarico ed il
Regno di Serbia, divampò in
Italia una vivace polemica tra
i Neutralisti e gli Interventisti, che reclamavano l’entrata
in guerra accanto a Francia,
Inghilterra e lo Zar di tutte
le Russie, contro la Lega dei
Quattro Imperatori (Impero
austro-ungarico, Impero tedesco, Impero bulgaro ed Impero
ottomano). Si badi bene che la
guerra era già scoppiata e che
gli Interventisti reclamarono
la liberazione di Trento, Trieste, l’Istria, Fiume e la Dalmazia, sostenendo che era decaduto il Patto di amicizia con
la Germania e l’Austria che
si era annessa l’intera BosniaErzegovina nel 1908, senza
compensare con la cessione
dei suoi territori le alleate
Italia e Germania, come previsto esplicitamente dal Patto
di Alleanza. I Neutralisti ed i
pacifisti sostenevano, invece,
che bisognava stare a guardare, limitandosi ad ottenere
dall’Austria alcune insignificanti rettifiche di frontiera
ed un accordo commerciale
sull’uso del porto di Trieste.
Come tutti sanno, vinsero gli
Interventisti, che si appoggiavano apertamente sull’Irredentismo trentino-giulianoistriano e dalmata. Ma di
questo, nel centenario degli
avvenimenti, nessun giornale
italiano parla, le mostre si
limitano a documentare le sofferenze dei soldati in trincea,
benché l’Italia nel 1914 non
fosse ancora entrata in guerra.
La nostra dichiarazione di
guerra avverrà appena il 24
maggio 1915, cioè un mese
dopo la sottoscrizione dei
Patti di Londra del 26 aprile
1915 che assegnavano all’Italia la frontiera strategica fino
al Brennero, Trieste, Gorizia, l’Istria e una buona parte
Cartina geografica della ripartizione della Dalmazia secondo i Patti di Londra, traditi da Francia e Inghilterra su istigazione Usa che intervenne solo nella fase finale della Guerra
della Dalmazia. Ma, perché
i mansueti storici e giornalisti italiani non fanno accenno
a ciò che accadde realmente
nel 1914, cioè esattamente
100 anni fa? La risposta si
ritrova nel fatto che a capo
degli interventisti spiccavano
quattro personalità: quella di
Gabriele d’Annunzio, il poeta
soldato, di Filippo Corridoni,
sindacalista rivoluzionario che
morirà sul Carso poco dopo
l’entrata dell’Italia in guerra, il
giornalista e politico, capo dei
socialisti rivoluzionari, Benito
Mussolini, ed il futurista
Filippo Tommaso Marinetti,
morto in seguito alle ferite
sul fronte del Po, in divisa di
tenente della Rsi.
Pensare che qualcuno in Italia riconosca a questi quattro
futuri fascisti di aver vinto la
battaglia contro i “panciafichisti”, come venivano chiamati
i Neutralisti, significherebbe
non conoscere lo scarso coraggio degli intellettuali e dei
giornalisti italiani ed i mezzi
di pressione finanziaria, economica, politica e giudiziaria che i sistemi democratici
usano per silenziare tutto ciò
che non amano sentirsi dire.
Ci pongono una domanda, che
dovrebbe essere analizzata in
un libro che mi impegno a scrivere e che si chiamerà Ucronìa: che cosa sarebbe successo
se i futuri fascisti non avessero
vinto e l’Italia fosse rimasta
neutrale? Molti elementi per
una risposta credibile si possono trovare nel libro di Virginio Gayda L’Italia d’oltre
confine: le provincie italiane
d’Austria, dove sono elencati
morti, feriti, angherie, incendi
di fattorie isolate, distruzione di stalle ed uccisione
del bestiame attuati per conto
del Governo di Vienna, forse
all’insaputa della Corte imperiale, fin dai tempi del terrore
scatenato in Dalmazia dalla
banda irregolare agli ordini
di von Flick. Questo volume,
per la parte che riguarda la
Dalmazia, è stato ripubblicato
dalla Scuola dalmata dei SS.
Giorgio e Trifone nelle edizioni delle Società Dalmata di
Storia Patria, su iniziativa di
Oddone Talpo e dell’indimenticabile Presidente del tempo,
Nico Luxardo de’Franchi
(appartenente al ramo di valorosi combattenti e nobili della
famiglia Luxardo). L’Unione
degli Istriani nel 2009 ha
ripubblicato, sempre di Virginio Gayda, La Jugoslavia
contro l’Italia. Documenti e
rivelazioni: le organizzazioni,
la propaganda dell’odio, il
terrorismo, il boicottaggio,
la preparazione alla guerra.
Sarà opportuno rimarcare che
la scelta dell’Italia avviene
quando la guerra infuriava già
da otto mesi e non riguarda,
quindi, le cause dello scoppio
della guerra. L’intervento del
Regno d’Italia farà pendere la
bilancia dalla parte dell’Intesa
che non ci fu minimamente
grata. Anche il ruolo dell’Italietta, di scarso peso politico
ed internazionale nell’era giolittiana e che oggi addirittura
è a “sovranità limitata”, deve
risultare privo d’importanza
perché non venga in mente
a qualcuno di reclamare una
sovranità piena, sia pure all’interno dell’Unione europea!
Insomma, quando molti amici
sorridono giustamente sul
fatto che noi vogliamo scatenare un’offensiva culturale
devono rendersi conto che
quando si hanno poche armi
Continua a pag. 6
ottobre 2014
pag.6
IL DALMATA LIBERO
GLI SCOMODI PERSONAGGI CHE VINSERO NELL’ITALIA DEL 1914
Che abbiamo autocensurato per non urtare la suscettibilità degli sconfitti di allora
Gabriele d’Annunzio
Filippo Corridoni
Benito Mussolini
I KAISER TEDESCO ED AUSTRIACO CONTRO LA GUERRA
IL COMPLOTTO MASSONICO SERBO
ISPIRATO DA INGLESI E FRANCESI
Il Primo Ministro austriaco fece credere falsamente a Francesco
Giuseppe che i Serbi avessero ucciso soldati austriaci sulla Drina
Per far scoppiare la Prima
guerra mondiale nella quale
morirono 24.402.000 uomini
per attuare il piano della massoneria internazionale e disintegrare l’Europa, e togliere agli
ottomani il petrolio arabo per
darlo agli inglesi si attuò un
complotto. I serbi della Mano
nera, organizzazione massonica ispirata alla carboneria italiana, usarono Gavrilo Princip
per uccidere l’erede al trono
austro-ungarico Francesco Ferdinando (con la moglie Sofia)
che notoriamente voleva rivitalizzare i regni che componevano l’Impero e dare spazio a tutta la dozzina di nazionalità, oppresse dal Governo di Vienna.
L’Imperatore Francesco Giuseppe, nonostante la sua famiglia fosse stata decapitata, rimase contrario ad un intervento
contro la Serbia. Per indurlo a
dichiarare guerra, il suo Primo
Ministro Conte Karl von Stürgkh gli portò la notizia, inventata di sana pianta, di una dozzina di soldati austriaci uccisi
sulla Drina dall’esercito regolare del Regno di Serbia. Il vecchio Imperatore, che riteneva
utile prendere per buone le scuse ufficiali del Regno di Serbia
che si dissociava dall’attentato
e porgeva le sue condoglianze
(è oggi storicamente appurato
che la Mano nera era guidata
dai servizi segreti serbi, ispirati dai servizi segreti inglesi e
francesi) si trovò davanti ad un
fatto nuovo: l’esercito regolare
serbo sparava sull’esercito imperiale, per cui non vi era più
spazio per mediazioni ed accomodamenti. Francesco Giuseppe, nel suo Proclama di guerra
alla Serbia aggiunse all’uccisione del nipote Francesco Ferdinando anche quest’episodio,
che non fu riportato però dalla
stampa austriaca. L’Imperatore
richiamò il Primo Ministro e lo
rimproverò duramente per aver
censurato una parte del Proclama imperiale, e von Stürgkh
si scusò dicendo: “Maestà! La
notizia della morte dei nostri
soldati sulla Drina non è stata
confermata!”. In buona sostanza, la massoneria e l’esercito austriaco che volevano la
guerra, imbrogliarono il vecchio Imperatore con una notizia d’importanza strategica e
politica essenziale, per indurlo
in errore e farlo dichiarare una
guerra non voluta dalla Casa
imperale. Il documento integrale del Proclama imperiale di
guerra è stato ben segretato, ma
vari autori soprattutto austriaci
e tedeschi riportano il grave
episodio. Per quanto riguarda
l’Imperatore tedesco Guglielmo II, quando il suo Primo
Ministro gli chiese di dichiarare guerra allo Zar di tutte le
Russie Nicola II Romanov, che
nel frattempo era stato costretto a dichiarare guerra all’Austria per un accordo segreto
con la Serbia che lo obbligava
ad intervenire, Guglielmo II si
chiuse un giorno intero in to-
tale mutismo e la notte prima
di firmare la dichiarazione di
guerra girò per il suo castello
gridando “Non voglio dichiarare guerra a mio cugino Niki!”.
Perché lo Zar e l’Imperatore tedesco erano uniti da stretti vincoli di sangue che riunivano,
peraltro, quasi tutte le famiglie
regnanti in Europa, costrette ad
eliminarsi tra di loro da astuzie e sotterfugi massonici che
coinvolsero l’intero continente
e determinarono la subalternità dell’Europa rispetto all’Inghilterra ed agli Stati Uniti.
Anche questi episodi, pur noti
agli specialisti, non sono conosciuti dal largo pubblico che
nel Centenario dello scoppio
della Grande guerra avrebbe
avuto forse diritto di conoscere alcune verità che furono
determinanti nel far scattare la
carneficina della Guerra 1914’18. Per la Dalmazia fu l’inizio
della fine della secolare convivenza tra la cultura latina e slava, già minata dal Governo di
Vienna. Per l’Europa, la scomparsa delle quattro monarchie
perdenti (Austria - Ungheria,
Germania, Bulgaria e l’Impero
Ottomano), nonché di quella
dello Zar lasciarono un vuoto
che fu occupato dal Comunismo di Lenin, Trockij e Stalin
e dal di Nazional-socialismo di
Adolf Hitler. Che bel risultato!
Effeti Marinetti
Continua da pag. 5
LA CUPOLA ORDINÒ:
BISOGNA DIMENTICARE
IL CENTENARIO
1914-2014!
L’ITALIA CENSURA LA
COMMEMORAZIONE
DEL 1914 CENTENARIO
DELLA VITTORIA
DEGLI INTERVENTISTI
e pochissime munizioni, è
necessario sparare solo colpi
mirati e dar loro un rilievo esagerato. E forse neanche questo
basterà. Ma, chi appartiene ad
una tradizione dalmata che
sfida l’impossibile o, per dirla
con d’Annunzio, getta il cuore
oltre l’ostacolo prima del resto
del corpo, sa già che noi tenteremo questa testimonianza
storica. Non sarebbe la prima
volta che i dalmati ottengono
l’impossibile. Sicuramente nasconderanno anche i Patti di
Londra che indussero Vittorio
Emanuele III a scegliere l’alleanza con Francia ed Inghilterra, che ci tradirono. Saremo
costretti a parlare anche di
questo tradimento, benché sia
politically correct parlare solo
di presunti tradimenti italiani,
mentre la patente violazione
delle promesse solennemente
sottoscritte per far entrare
l’Italia in guerra non debbono
essere chiamate “tradimento”.
Ma, noi lo faremo lo stesso nel
nostro piccolo anche se ben
sappiamo che gli Stati Uniti
(con Francia ed Inghilterra che
non contano più nulla) hanno
vinto la Seconda Guerra Mondiale, settant’anni fa. Ma noi
scriviamo quel che ci pare,
costi quel che costi.
IL DALMATA LIBERO
ottobre 2014
pag.7
LA LEGA NAZIONALE CON E LA FONDAZIONE DALMATA RUSTIA TRAINE
CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA GRANDE GUERRA
PER TRENTO, TRIESTE, ISTRIA, FIUME E DALMAZIA
Il contributo ad alto livello scientifico rompe il silenzio sulle ragioni che spinsero l’Italia
ad entrare in Guerra dalla parte degli Alleati. Il coordinato dal prof. Stefano Pilotto
L’invito dei Dalmati di Trieste, esporesso in occasione
della presentazione della
Guida del Montenegro (vedi
Il Dalmata. 82 p.7) di rompere la cortina di silenzio sulle
ragioni che spinsero il Regno
d’Italia ad entrare in Guerra
contro l’Austria-Ungheria per
rivendicare le terre italiane
inglobate nell’Impero degli
Asburgo, è stato accolto dalla
Lega Nazionale, presieduta da
Paolo Sardos Albertini, che
ha indetto a Trieste una conferenza internazionale. Vi hanno
partecipato studiosi di varie
nazionalità e tendenze culturali, quali, Željko Bartulović
(Croazia), Željko Cimprič
(Slovenia), Piero Delbello
(Italia), William Klinger (Italia), Diego Redivo (Italia) e
Lorenzo Salimbeni (Italia),
Il prof. Stefano Pilotto è da
tempo noto come un profondo conoscitore della storia europea che ha affrontato anche le tematiche più
scabrose con assoluta indipendenza di giudizio e senza
reticenze, senza risparmiare
neanche gli errori dell’Irredentismo giuliano-dalmata
pali ragioni che spinsero l’Italia a scegliere le infide potenze
occidentali, pronte a promettere tutto e di più pur di farci
entrare in Guerra, ritenendo
magistralmente coordinati dal
prof. Stefano Pilotto, docente
di Storia dei Trattati internazionali dell’Università di Trieste.
Tutti gli oratori hanno convenuto, con sfaccettature diverse,
e da punti di vista assai lontani tra di loro, che una delle
principali ragioni che spinsero
l’Italia ad entrare in guerra era
rappresentata dalla volontà di
liberare le terre irredente “dal
giogo dell’Impero asburgico”,
per dirla con una delle parole
d’ordine degli Interventisti
italiani, in ciò supportati dagli
Irredentisti trentini e giulianodalmati. La lunga, importante
relazione iniziale del prof.
Stefano Pilotto, impossibile
da riassumere in poche righe
senza grossolane sintesi, ha
lasciato spazio alle interpretazioni più diverse senza perdere di vista il tema principale
del Convegno, che è riassunto
Diego
Redivo,
giovane
studioso diventato ormai
un’autorità sulla questione
adriatica
nel logo, caro agli Irredentisti,
pubblicato qui sopra e che ci
sembra rappresentare compiutamente le tesi da sempre
Lorenzo Salimbeni, ricercatore capace, molto apprezzato dal gruppo di studiosi
della nostra storia per le sue
ardite e comprovate interpretazioni di quanto è avvenuto in quel tempo
l’Italia determinante per la vittoria degli Alleati. Salvo poi
tradirci senza scrupoli e senza
vergogna.
L’avv. Paolo Sardos Albertini costituisce un punto di
riferimento internazionale
della cultura giuliano-dalmata come appare ai giorni
nostri
sostenute in Italia e che nessuno ha la capacità ed il coraggio intellettuale di contestare,
ma che vengono silenziate ed
ignorate.
Invitiamo i lettori a leggere
gli Atti che saranno pubblicati
dalla Lega Nazionale.
Sull’argomento pubblichiamo
a pag. 5 la cartina dei Patti
di Londra del 26 aprile 2015
(firmati meno di un mese
prima dell’entrata dell’Italia in
Guerra, avvenuta, come tutti
sanno, il 24 maggio 1915), che
non lascia dubbi sulle princi-
Piero Delbello dedica da
molto tempo il suo entusiasmo e le migliori energie al
Museo della Civiltà Istriana
Fiumana e Dalmata, gestito
dall’Irci. Tra l’altro ha contagiato con il suo entusiasmo
Simone Cristicchi che si è
appassionato, grazie a lui,
alla nostra storia.
ottobre 2014
pag.8
Giornale fondato a Zara nel 1865, ma
le chiavi del lucchetto sono finite nelle
mani di Maurizio Tremul (Ui), di Renzo
Codarin (FederEsuli), del fido
Franco Luxardo e del docile amico
dei “padroni” Giorgio Varisco
NON FAR EL MONA
PER NON PAGAR EL DAZIO
Siamo venuti inaspettatamente a conoscenza di un
numero consistente di e-mail
in cui alcune belle intelligenze
zaratine hanno finto perfino di
essere stupidotti per non voler
capire che lo scontro non
avviene tra due persone ma tra
due linee politiche: la politica
di Franco Luxardo che forse
non si è neanche reso conto di
aver consegnato, mani e piedi
legati, il nostro libero giornale
ed il nostro Libero Comune
nelle mani dei due personaggi
a noi sempre estranei e spesso
contrari alle nostre iniziative, quali sono il Presidente
dell’Unione italiana di Fiume
Maurizio Tremul (che ha fatto
di tutto e di più per fermare la
nascita degli istituti scolastici
italiani in Dalmazia, Asilo di
Zara compreso, salvo poi tentare di assumersi il merito a
cose inevitabilmente fatte in
gran parte da noi), e il furbo
Presidente della FederEsuli
Renzo Codarin che non trova
più adepti a Trieste dopo
essere passato da Forza Italia agli ambienti del Pd (che
lo avevano nominato Presidente di EstEnergy, in cambio
della consegna dell’Irci e del
rispettivo Museo alla sinistra).
Codarin si è reso conto che la
FederEsuli non riscalda più i
cuori di nessuno, anche perché da anni non dice nulla, per
cui è costretto ad aggrapparsi
ai 4-5 mila rimasti istriani
dell’Ui che hanno votato irregolarmente nelle elezioni del
Friuli Venezia Giulia, pur di
contare qualcosa.
Per rompere il blocco men-
tale di una bella intelligenza
come quella del nostro pittore
Franco Ziliotto (scelto dalla
Fondazione Rustia Traine,
insieme a Secondo Raggi
Karuz, gli unici artisti dalmati
italiani contemporanei viventi
per rappresentare il meglio
degli artisti dalmati), il quale
si chiude nella sua pittura e
vuol dissertare il Consiglio
comunale di Jesolo-Lido,
abbiamo pensato di rappresentare graficamente le catene
che bloccano Il Dalmata, che
nei due numeri finora usciti da
Padova hanno suscitato solo
delusione tra i lettori. Un giornale così mesto costituisce un
autentico flop, perché senza
notizie, senza cultura e senza
anima. Nell’ultima pagina di
questo giornale riportiamo ben
quattro vittorie raggiunte da
Il Dalmata libero che in soli
sei mesi di vita, scrivendo il
nostro punto di vista sulla base
delle tesi elaborate dalla Delegazione di Trieste che invano
le aveva inviate alla Giunta
(che ne ha recepito solo quella
riguardante il rapporto con
i partigiani di Padova. E
nient’altro).
In Consiglio comunale si
voterà sul destino de Il Dalmata: se si deve pubblicare a
Padova, nonostante le sue edizioni flop, o continuare come
da diciott’anni, a pubblicarlo
a Trieste, dove tutti possono
scrivere quello che pensano,
anche le cose che non vanno
bene alla Cupola dei Tre (Tremul, Codarin, Luxardo, oltre
al fido esecutore Varisco),
ma senza subire le censure di
sorta. Insomma, c’è qualcuno
che approva le segrete manovre della politica di Luxardo
che consiste nel silenziare o
addirittura negare quanto la
FederEsuli ha segretamente
proposto al Governo? La politica di Luxardo ha bisogno di
silenziare, censurare, occultare le notizie indecenti e solo
per questo vuole disporre a
piacimento de Il Dalmata, ben
sapendo che nelle sue mani
cesserà ben presto di esistere.
Il suo progetto consiste nel
travasare il nostro giornale in
una paginetta ben controllata
di Difesa Adriatica che ha
nel nostro ambiente una dif-
IL DALMATA LIBERO
fusione minima e, quindi, un
impatto modestissimo rispetto
a Il Dalmata.
In Consiglio comunale si
deciderà il destino de Il Dalmata incatenato e ben censurato e quello de Il Dalmata
libero, testata nuova ma la cui
linea editoriale conoscete da
diciott’anni.
Nessuno faccia finta di non
capire: i vecchi zaratini direbbero de fare el mona per non
pagar el dazio, frase che riportiamo per scandalizzare i quattro snob, cioè alcuni personaggi sine nobiltade, che vorrebbero fare i fini, anzi come
si diceva a Zara con ironia, i
finoti de turno.
L’ASILO DI ZARA IN APNEA
Quando abbiamo ricevuto il
disperato appello della Presidente delle Ci di Zara, prof.
Rina Villani, in difficoltà perché il personale (quello non
pagato dal Comune croato di
Zara) non riceveva lo stipendio da tre mesi ed altri creditori bussavano alla porta, abbiamo immediatamente allertato
gli amici parlamentari a Roma
e pubblicato la notizia attraverso le 1.500 e-mail di amici, il notiziario Facebook e un
articolo su Il Dalmata libero,
inviato a tutti i funzionari del
Ministero degli Affari Esteri.
Il Ministero degli Affari Esteri
ha capito l’urgenza del problema, anche se eravamo in
agosto ed ha mandato subito
gli 8 mila euro che hanno consentito l’apertura dell’Asilo a
settembre. Insomma, missione
compiuta e risultato ottenuto.
Pubblichiamo integralmente le
lettere della Ci di Zara e l’incredibile risposta di Giorgio
Varisco che, da buon burocrate (ben diverso dai bistrattati
burocrati del Ministero degli
Esteri che si sono subito attivati!), ha finto di non poter far
nulla, chiamando in causa le
assenze agostane di parecchi
membri della Giunta. Come se
non sapessimo che la Giunta
non è mai informata di niente
(e non parliamo solo delle cose
segrete, come la Fondazione
del Mercimonio), ma anche
di quelle note ed importanti,
come ad esempio, la scelta del
luogo del Raduno, la scelta del
personaggio cui consegnare il
Premio Tommaseo, per non citare che le ultime cose.
Ma, il fatto più incredibile
è l’invito ad avere “i buoni
rapporti con il padrone”, che
poi sarebbe Maurizio Tremul.
Riportiamo l’indignata risposta della Presidente della Ci
di Zara Villani, che non si era
mai accorta di essere un cane
che deve seguire un padrone.
Da: Rina Villani
23 agosto 2014
A: Franco Luxardo, Giorgio
Continua a pag. 9
IL DALMATA LIBERO
ottobre 2014
pag.9
NON ERANO STATI PAGATI GLI STIPENDI DI GIUGNO-LUGLIO-AGOSTO RICHIESTA D’AIUTO DELLA CI DI ZARA
NON C’ERANO I SOLDI PER APRIRE L’ASILO
Padova: “È preferibile avere i buoni rapporti con il PADRONE”!!! Trieste: “Informa
il Ministero e noi ti appoggeremo con Il Dalmata libero”, con Facebook e 1.500 e-mail
Continua da pag. 8
Varisco, Renzo de’Vidovich
Oggetto: Aiuto!
Carissimi,
credo che quello che vi dirò
interesserà tutti; tutti abbiamo
lavorato per questo asilo e non
certo per poi vederlo chiudere.
La prima a lavorare sono io
che ho lottato contro i mulini
a vento, e voi tutti lo sapete
bene.
Premetto che questo è stato
il primo anno scolastico per
l’asilo Pinocchio che è andato benissimo per quanto riguarda l’insieme, ma l’unico
aiuto puntuale è stato quello
del Comune di Zara (croato,
n.d.r.) che ha fatto con noi un
contratto, l’ha mantenuto e lo
manterrà; loro pagano 2 maestre. Ma abbiamo altri 5 dipendenti ed ora per legge dovremo aggiungere una segretaria, perché una scuola con
un gruppo di allievi o con 10
gruppi, è trattata dalla legge in
modo uguale; quindi l’idea di
Tremul di farci aprire con un
solo gruppo è stata pessima.
Siamo alle solite, dopo le mail
mie di preghiera a Tremul
perché non abbiamo soldi per
l’asilo (mail a conoscenza di
Cianfarani, d’Alessandro, De
Luigi, e dell’UpT) il presidente Tremul fa finta di non
capire. Gli stipendi sono una
cosa seria e lui insinua, prende
tempo, mi offende, ma questo non mi stupisce. In sede
di coordinamento ha fatto approvare 15.000 € invece dei
25.000 € richiesti da noi. Ora
il nodo è arrivato e la Comunità ha dovuto anticipare (prestare) più di 9.000 € all’asilo
per stipendi ed altro, per non
andare incontro a spiacevoli
conseguenze, nell’attesa che la
situazione si sbloccasse. Ora
non ci sono più soldi né per
noi né per l’asilo. Tutti ignorano le mie mail. Quando finirà
questa storia?
Ho scritto a tutti e allertato
tutti: se non arrivano i mezzi,
l’asilo a settembre non apre
per mancanza di mezzi, ma
pare che questa situazione non
interessi nessuno.... tanto la
Villani risolve.
[omissis]
Purtroppo la trappola di Tremul di far fondare l’asilo dalla
Comunità ha funzionato benissimo.
Datemi voi qualche consiglio
io non so cosa fare, l’asilo non
è “un’attività” della Comunità
ma un’istituzione prescolare!
Abbiamo problemi là dove
non dovremmo averli.
Aiutateci a trovare degli sponsor.
Concludo chiedendo un aiuto
economico concreto, se possibile, almeno fino a quando non
ci saremo rimessi in piedi.
In attesa di una risposta vi saluto cordialmente,
Rina Villani
Presidente Comunità degli
Italiani di Zara
Corrispondente Consolare
per la Contea di Zara
Ed ecco l’incredibile risposta
del Libero Comune di Zara in
Esilio alla richiesta d’aiuto:
25 agosto 2014, da Giorgio
Varisco a Rina Villani:
Cara Rina,
Ritorno oggi dopo aver risolto
alcuni non facili problemi di
salute per i quali mi devo nuovamente assentare da casa.
Luxardo arriverà a giorni, in
ogni caso, forse te l’ho già
scritto, avresti dovuto informarci ben prima delle difficoltà per l’apertura dell’asilo per
darci modo d’intervenire nei
modi più opportuni.
Noi siamo un’associazione
che, nel caso, prende decisioni
collettive, vi è una Giunta esecutiva, difficili da intraprendere al volo con uno, due scritti
inviati in fretta vie e mail in
agosto, e l’asilo apre a settembre. Non ti pare?
Non dubito che la situazione
si sbloccherà in tempo anche
se mi chiedo come si possa
giungere a intrattenere rapporti tanto difficili e conflittuali
con Tremul - Unione Italiana
che in qualche modo finanzia
l’asilo, era già accaduto ed
avevamo fatto molta fatica
a rattoppare una situazione
compromessa, credevo che
quell’esempio fosse servito.
Quando si lavora, ad esempio
in una fabbrica o in un’associazione composita, è preferibile avere buoni rapporti
col “padrone” anche se si è
dirigenti molto capaci, molto
importanti.
Forse non hai letto e ricevuto
gli ultimi numeri de Il Dalmata, evita di scrivere a me e a
de’Vidovich lo stesso messaggio e pertanto di mettermi sullo stesso suo piano; gli
amici devi imparare a sceglierteli ed a capire chi sono
le persone, da dove vengono
e soprattutto dove vanno.
Un caro saluto.
Giorgio Varisco
Risposta di Rina Villani a
Giorgio Varisco
25 agosto 2014
Oggetto: Aiuto!
Nemmeno i cani hanno più padroni.
Grazie dei consigli!
Rina Villani
PER PAGARE IL PERSONALE
DELL’ASILO DI ZARA SI MOBILITÒ
IL MIN. ESTERI, NON L’UI
Caro Renzo,
dopo decine di mail telefonate e suppliche infine ieri ho telefonato al ministro plenipotenziario De Luigi. Cortesemente
mi ha ascoltato, ha compreso e risposto che si sarebbe informato a proposito.
Oggi la UpT mi ha assicurato in giornata un bonifico per gli
stipendi di giugno, luglio ed agosto. Credo che la persona che
si sia maggiormente attivata sia stato Fabrizio Somma, che ha
interessato anche Rosato (deputato di Trieste del Pd, n.dr.).
Ti informo di questo per confermarti che Tremul non ha
mosso un dito, anzi stamane l’ultima sua mail, la terza alla
quale non rispondo per ovvi motivi. Comunque chiederò ufficialmente che i nostri contributi per l’asilo vengano finanziati
direttamente dall’UpT, lo hanno fatto oggi, lo potranno fare
ancora.
Grazie per quello che hai scritto sul Dalmata (libero, n.d.r.).
Zara, 27 agosto 2014
Rina Villani
ottobre 2014
pag.10
Lettere al Direttore
HAI VINTO SULL’ACCORDO DINI-GRANIĆ!
Egregio direttore, desidero
congratularmi con te, come
cittadino italiano ed europeo,
pronipote di Dalmati italiani,
per la tua indefessa ed instancabile operosità che quest’anno ha portato all’applicazione
del Trattato Dini-Granić nella
Dalmazia croata (del quale ho
avuto anche l’onore di scrivere su Il Dalmata, prima del
divorzio tra esso ed Il Dalmata libero), a coronamento dei
tuoi sforzi, attraverso i quali ti
sei prodigato a vantaggio della
conservazione e della valorizzazione del nostro patrimonio
culturale sulla costa orientale
dell’Adriatico.
Desidero anche complimentarmi per l’impegno profuso a
fare luce sui problemi che purtroppo hanno diviso anche i
Dalmati italiani, in rapporto ai
giochi politici ed agli interessi
dietrologici inerenti la trasformazione della Federazione degli Esuli in Fondazione…
Sappi che come comunicatoti
per vie brevi, la mia attuale
minor frequentazione degli
eventi e delle attività della
Fondazione è provvisoria e
non è dovuta a disinteresse e
trascuratezza, bensì ai problemi quotidiani di sopravvivenza e di tutela, valorizzazione e
rafforzamento della formazione, della conoscenze e delle
esperienze professionali, messe a dura prova dalla situazione del mercato del lavoro e
della quale sei perfettamente
al corrente.
Ti ringrazio sentitamente per
tutto ciò che hai fatto e continui a fare per la Fondazione,
per la Causa e per le persone
di origine dalmata italiana e
quindi, direttamente e indirettamente, anche per me.
Un caro saluto, un abbraccio
ed a presto.
Alberto Rutter
Caro Alberto,
da molti anni mangiamo insieme a tutti gli amici triestini pane e Accordo di DiniGranić, per cui le tue congratulazioni vanno equamente
ripartite tra me, te e gli altri
numerosi amici della nostra
Delegazione.
Sappiamo tutti che le tue assenze dalla Sede nelle ultime
settimane sono dovute ai gravosi impegni professionali e
accademici. Ho visto recentemente un tuo contributo molto
tecnico nel libro FVG – Europa ultima chiamata tratta dai
tuoi studi con l’Università di
Udine che è stato molto apprezzato da docenti e condiviso da studiosi della materia.
Ne siamo fieri come amici e
come dalmati.
Continua così e non preoccuparti dei lavori dalmatici che
quotidianamente facciamo in
Sede, perché il Dio dei Dalmati vede e provvede.
Ancora vive congratulazioni e
ad maiora!
MI PIACE IL
GIORNALE CON
NOTIZIE DALMATE
NUOVE
Caro on. Renzo, da molto tempo seguo da prima il giornale
Zara, adesso Il Dalmata. Ho
ricevuto sempre ottime informazioni. Ghe xe un detto “Chi
sa fa, chi non sa insegna”. Per
cortesia, continua così.
Treviso, 20/06/2014
El mulo paghesan
Roberto Grasso
Caro amico di Pago, cerchiamo di pescare notizie attuali,
insolite o poco conosciute sulla Dalmazia e mi fa piacere
che tu apprezzi il nostro quotidiano sforzo per rendere interessante il giornale dei Dalmati. “Continueremo a fare”
ignorando i cattivi insegnati.
INDENNIZZI
CROATI TROPPO
MODESTI
Egregio Direttore,
Il Dalmata libero non mi interessa. Vi prego di cancellarmi
dalla lista dei destinatari.
Cordialità.
Caterina Camalich
P.S. Le “ingenti somme” stanziate dal governo croato per
l’indennizzo dei beni “confiscati da Tito” sono destinati
alle cosiddette “nazionalizzazioni”, a confische, cioè, non
nate dai cosiddetti “accordi
internazionali” e quindi per gli
esuli ciccia.
Il termine “ingenti” è ridicolo.
Basta pensare che miei parenti hanno ottenuto, dopo dieci
anni di lotta, per un terreno in
riva al mare a Lussinpiccolo ed
a fronte di un plateale quanto
sfacciatissimo abuso sulle procedure e dimostrate false testimonianze, un indennizzo di
trenta Kune al metro quadrato. Sapete che cosa si compra
con trenta Kune? quattro litri
di latte, o una bottiglia da un
litro di vino (tappo a corona),
o sei rotoli di carta igienica
di media qualità. Inutile dire
che il generoso risarcimento,
liquidato dopo quattro anni, è
stato totalmente assorbito, con
ulteriore danno, da avvocati ed
altre spesucce.
Gentile sig.ra Camalich,
il nostro giornale pubblica
notizie certe, anche se non
condivise. In particolare, mi
pareva che fosse chiaro che
gli stanziamenti “ingenti del
Governo croato per indennizzare gli espropri effettuati
da Tito”, (che non sappiamo
se andranno a tutti gli italiani o solo ad una parte),
entreranno in vigore solo fra
qualche mese e, quindi, non
riguardano l’irrisorio indennizzo che Lei ha ottenuto. La
cancello, comunque, dal nostro indirizzario anche perché non vorrei che la futura
pubblicazione degli importi
per indennizzi milionari degli altri italiani Le facessero
montare la Sua giusta rabbia. Che, però, non va indi-
IL DALMATA LIBERO
rizzata verso di noi cronisti,
ma nei confronti dei voraci
avvocati croati che sono riusciti a spuntare per Lei, anzi
per loro, indennizzi veramente indecorosi.
DIFFIDA AL
GOVERNO DI
INCASSARE I SOLDI
DI OSIMO
Caro Renzo,
Ti invio copia della Diffida
inviata il 25 giugno 2007 ai
rappresentanti del Governo
affinché non ritirino i “dollari
lussemburghesi”. Ti mando
in via riservata anche copia di
una lettera di Note esplicative
della diffida
Come capirai non è stata scritta solo da me ma anche dagli
altri firmatari.
Spero ti siano utili per chiarire
una volta per sempre la situazione.
Buon lavoro!
Istrianamente,
Italo Gabrielli
Caro Italo, sono lieto di sentirti forte e combattivo come
ai tempi delle comuni battaglie per Trieste e per le nostre
terre. La tua mi sembra un’iniziativa positiva che creerà non
pochi problemi al patrio governo se volesse utilizzare il
consenso della FederEsuli per
incassare i fondi di Osimo.
UNA ZARATINA DI
99 ANNI
Faccio partecipi tutti gli amici dalmati della scomparsa
della zia Vilma Novelli nata
Neumayer a Zara nel 1915.
All’età di 99 anni, dopo una
vita intensamente vissuta, attorniata dai nipoti si è spenta a
Padova il 10/07/2014. Le esequie, sono state celebrate martedì 15 luglio, presso la Chiesa
di Santa Croce a Padova alle
ore 10.45. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al
nostro dolore.
Il nipote Ludovico Antonini
IL DALMATA LIBERO
ottobre 2014
pag.11
SCORAGGIATO L’ITALIANO IN DALMAZIA
ALTRI ALTARINI CHE SI SCOPRONO
Era da anni che non facevo una crociera in Dalmazia fra le
meravigliose isole con acque cristalline, ho rigoduto nello spirito e mi sono splendidamente abbronzata. Tutto bellissimo,
anche il tempo, poche barche, molti charter e grandi yachts
con qualche nota stonata dovuta all’accoglienza croata non
sempre fraterna: spesso nelle marine, nei ristoranti, nei caffè
si chiedeva se parlassero in italiano o si ordinava qualche cosa
in italiano. La risposta era “parliamo inglese, tedesco, anche
swahili, ma non l’italiano”, accaduto in un ristorante di Zara
ai miei cugini e a me (senza lo swahili) in una marina di Traù,
dove c’erano molte barche italiane. Nella Dalmazia, un tempo
veneziana, le nuove generazioni non parlano più l’italiano?
Hanno rimosso la storia passata? Alzano gli occhi e vedono
architettura veneziana, leoni di San Marco, una storia sulle
targhe sparse per la città di Traù e non sanno una parola di
italiano? O non la vogliono sapere?
Sono esterrefatta da questo rifiuto quasi fossimo ritornati ai tempi
di Tito quando gli italiani in vacanza erano spesso sopportati!
Eppure molti vanno in vacanza e fanno girare l’economia croata!
Che non naviga in buone acque. Impareremo meglio lo swahili,
chissà se non ci risponderanno più gentilmente.
Chiara Motka
L’ondivaga politica del Governo croato nei confronti della lingua
italiana in Dalmazia segna in questo periodo un punto piuttosto
basso. La segnalazione della nostra Chiara Motka non è, purtroppo, singola e ci vengono segnalate analoghe rispostacce di
camerieri, segretari d’albergo e perfino di addetti agli uffici turistici che sono proprio incomprensibili.
Eppure, solo un paio d’anni anni fa, il Ministero degli Interni croato, gestione HDZ, faceva sapere che un terzo degli abitanti della
Dalmazia parlava l’italiano ed un altro terzo lo capiva.
Poi ha vinto le elezioni politiche la coalizione Chicchirichì, nome fantasioso dominato poco palesemente dal Partito
socialdemocratico (in gran parte formato da ex titini) che ha
innescato la retromarcia nei rapporti con i turisti italiani, che
costituiscono la maggioranza delle barche ormeggiate nelle
Marine dalmate, perché hanno ricevuto l’ordine di dimenticare
l’italiano e di rispondere in inglese o in tedesco. Un atteggiamento incomprensibile per una Croazia che si trova in gravissime situazioni finanziarie, per cui l’apporto dei turisti italiani
e soprattutto delle barche italiane nelle marine appare sostanziale ed insostituibile.
Speriamo in un diverso atteggiamento della futura Regione Dalmazia.
Con non poca fatica abbiamo ottenuto e pubblichiamo qui di
seguito i finanziamenti più importanti stanziati a favore delle
Associazioni degli Esuli dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Le
tre associazioni presiedute da Codarin, con revisore dei conti
o amministratore l’immancabile Stefano Nedoh, riceveranno €
144.959,50, pari al 30,39% della complessiva somma stanziata
di 477.000,00 €. Il Cdm incassa 109.900,00 €, il Comitato di Trieste dell’Anvgd 25.042,50 € e la FederEsuli 10.017,00 €. L’Irci
introita 120.013,70 €, l’Associazione delle Comunità istriane e
l’Uni 49.256,00 €, Giuliani nel Mondo 15.741,00 €, le Anvgd di
Udine, Gorizia e Pordenone € 35.059,50 €, il Circolo di Cultura
Istro Veneto “Istria” (che all’atto della sua fondazione a Sistiana
sosteneva di non essere formato da esuli ma da rifugiati politici
scampati dal fascista Tito per rimanere fedeli al comunismo di
Stalin), riceve 19.795,50 € ed il restante è diviso tra varie associazioni, tra le quali la Delegazione dei Dalmati di Trieste e la
Fondazione Rustia Traine che ricevono 5.008,50 €.
Poiché il nostro Libero comune è tra i fondatori del Cdm, per
demerito di Renzo de’Vidovich, rendiamo noto che una giornalista è stata allontanata dal Cdm con una buonuscita di circa 50
mila €, per essere sostituita - pare - dal fido Giorgio Varisco.
FINANZIAMENTO DEL MIN. ESTERI AL
GIORNALE
Nella relazione di Luxardo al Consiglio Comunale di Padova si
fa accenno a 25.000 € annui che il Libero Comune di Zara erogherebbe a Il Dalmata. Le cose stanno così. Nel 2010 è stata
stanziata dal Comitato presso il Ministero degli Affari Esteri la
citata somma a favore de Il Dalmata, da spendere entro il 2011.
La Delegazione di Trieste che pubblicava Il Dalmata ha speso
e rendicontato, con fatture regolarmente intestate alla Delegazione, l’intera somma. Nel 2012 non ci è stata versato a questo titolo niente. Nel 2013 la Delegazione di Trieste ha ottenuto
12.500 € e basta. A tutt’ora, ottobre 2014, non abbiamo ricevuto
il saldo dei soldi stanziati nel 2010. Ripetiamo che questi 12.500
€ del 2011 sono stati stanziati dal MinEsteri e e non dal Libero
Comune. Questo per la verità.
ottobre 2014
pag.12
Non era un pesce d’aprile,
anche
perché
l’intera
stampa croata ha dedicato
molto spazio alla notizia di
cui riportiamo il titolo pubblicato in prima pagina da
La Voce del Popolo del 23
agosto u.s. con un’intera
pagina interna, nella quale il
Premier Milanović spiegava
che la Croazia riforniva
d’armi niente meno che gli
Stati Uniti d’America. Con
grande tempestività alcune
agenzie immobiliari dalmate
hanno invitato i clienti interessati agli acquisti di case in
Dalmazia a concludere rapidamente gli affari, perché
prevedevano un aumento dei
valori degli immobili in Dalmazia di almeno il 10%, per
una previsione assai curiosa.
Mentre l’Italia, che fornisce armi ai Curdi, sarebbe
stata oggetto di ritorsioni
ed attentati islamici, la Croazia e quindi la Dalmazia,
sarebbero rimaste estranee
ad ogni rappresaglia perché
non fornivano armi contro
la Jihad, ma le davano agli
Stati Uniti.
Sono passati pochi giorni dalla
notizia che ha fatto il giro
del mondo ed il Pentagono,
cioè il Ministero della Difesa
degli Stati Uniti, ha emesso un
gelido comunicato pubblicato
da La Voce del Popolo del 28
agosto u.s., di cui riportiamo
il titolo, nel quale precisava
che la Croazia, come l’Italia,
forniva ai Curdi le armi di
fabbricazione sovietica catturate durante la Guerra patriottica. Si precisava che i paesi
interessati ad inviare armi ai
Curdi erano, oltre all’Italia ed
alla Croazia, anche l’Albania,
il Canada, la Danimarca, la
Francia e la Gran Bretagna,
cioè sette paesi appartenenti
ai 21 che compongono l’Ue,
mentre il resto d’Europa, a
cominciare da Germania,
Spagna, Paesi Bassi e paesi
dell’Est restavano fuori. Così
si è ristabilita la verità sui sette
paesi occidentali che mandano
ufficialmente armi ai Curdi e
fra questi non c’è solo l’Italia
ma, ahimè, anche la Croazia e,
quindi, la Dalmazia che sono
uniti a noi nell’essere passibili
di ritorsioni islamiche.
Mal comune, mezzo gaudio?
ORIETTA MAROT,
PRESIDENTE
DELLA CI DI FIUME
Con grande sorpresa, una
delle Comunità italiane più
numerose ed importanti,
quella di Fiume, ha eletto un
Direttivo presieduto da Orietta
Marot che è nota per essere
persona indipendente che non
canta nel coro del Presidente
a vita dell’Ui Maurizio Tremul
e che è notoriamente sensibile
ai problemi degli Italiani di
Dalmazia. Auguri, Orietta! I
Dalmati sanno di poter contare sulla Tua autorevole voce
nell’Ui.
PADOVA CENSURA
PERFINO LE
CORREZIONI AL
VERBALE
In seguito alla pubblicazione su Il Dalmata libero
della lettera con cui Guido
Cace chiedeva che fosse allegato al Verbale della seduta
del Consiglio comunale di
Padova del 14 giugno u.s.,
una sua contestazione alla
verbalizzazione sui Probiviri completamente falsata,
è stata inviata ai consiglieri
comunali e non a tutti.
Anche in questo caso, i censori di Padova non hanno
resistito alla tentazione di
censurare le ultime dieci
righe della lettera di Cace,
nella quale il Vice Presidente
dell’Assemblea ingiungeva
di inviare una lettera di rettifica e completamento del
Verbale falsato e che finiva
con queste parole: “Il dissenso va inviato, in aggiunta
al verbale già spedito a tutti
i consiglieri per evitare che
risulti monco del dissenso del
Vice Presidente del Consiglio
comunale.
Mi spiace tanto dover insistere su tale punto, ma Verità
vuole che io non possa esimermi da questo passo.
Con amari saluti dalmatici,
Guido Cace”.
Insomma, gli innamorati
della Censura perdono il
pelo, ma non il vizio.
ELEGANZA E
IPOCRISIA
Il vecchio Lino Sardos Albertini mi raccontò di essere
rimasto esterrefatto quando
accompagnò la moglie Bianca
Marin, figlia dell’ultimo Podestà italiano di Zlarino o Clarino, isola presso Sebenico,
ad una nostra festosa riunione
dalmatica. Parenti ed amici si
rivolgevano complimenti del
tipo “Che mal che te vedo!”,
“Che invecia che te trovo!”,
“Più vecio che ti diventi e
più mus de s’ciavo te vien
fora!”.... la moglie dalmata
trovava tutto ciò naturale,
perché faceva parte della….
franchezza dalmatica. Non mi
sono, dunque, meravigliato
quando Luxardo mi ha invitato a fare un elegante passo
indietro per evitare di essere
cacciato da Direttore de Il
Dalmata per non aver eseguito
i suoi ordini sbagliati, rifiutandomi di censurare gli articoli
sull’Unione italiana, “perché
non mi meritavo”, a suo dire,
questo trattamento. Quel rozzo
dalmataccio di Roberto Predolin sentenziò: “Che ipocrisia!”
e non sapeva ancora che sarei
stato anche destituito da Pre-
IL DALMATA LIBERO
sidente della Delegazione di
Trieste la quale sarebbe stata
sospesa da ogni attività. Il
tutto senza che Luxardo & C.
avessero il potere di farlo.
Resto, quindi, sorpreso nel
sentire alcuni amici sinceri
che mi consigliano di non
rispondere ad offese sanguinose come “falso e bugiardo”
e ad evitare perfino espressioni
come “il gatto e la volpe” che
non scandalizzavano neppure i bimbi del secolo scorso
quando leggevano Pinocchio.
La verità è che da quando
denunciamo le cose papale
papale tutti capiscono finalmente di essere stati presi per
i fondelli, mentre prima le
nostri eleganti allusioni scivolavano come acqua sugli
ombrelli e venivano classificate come “baruffe personali” mentre erano importanti
distinguo politici. Ma soprattutto abbiamo ottenuto con
la franchezza dalmatica cose
che per anni non avevamo mai
raggiunto.
ORGANIZZAZIONE
SPIRITOSA DEI
RADUNI
Ci vengono segnalati due
curiosi episodi che sono diventati emblematici dell’impegno profuso dal noto Organizzatore dei Raduni. Al
Raduno di Osimo-Numana,
l’Organizzatore decretò che
non potevamo andare dal
Sindaco di Osimo con più di
due o tre macchine perché
aveva accertato che il paese
soprastante l’albergo di
Numana dove eravamo alloggiati non disponeva di spazi
per le autovetture ed era
privo di un Monumento ai
Caduti, per cui non potevamo
portare neppure la tradizionale corona. Cacciati mala-
Errata corrige
Ci sono pervenuti due contributi per Il Dalmata libero da
parte di due persone diverse, ma che sono quasi omonime.
Abbiamo saltato il contributo di € 20 di Sergio Siccari,
che aveva inviato anche un messaggio che è stato erroneamente attribuito a Sergio Siccardi, che nulla aveva scritto
ed al quale avevamo erroneamente attribuito la dedica di
Siccari. Ci scusiamo con i lettori e con gli interessati.
IL DALMATA LIBERO
mente, quelli che volevano
venire addirittura con un
pullman a loro disposizione,
ci siamo recati ad Osimo,
dove siamo rimasti a bocca
aperta: vi era uno spazio che
poteva contenere centinaia di
vetture ed un Monumento ai
Caduti di proporzioni notevoli. Ritornati in albergo,
abbiamo chiesto all’Organizzatore dove avesse attinto
le notizie così sballate: la colpevole era la centralinista.
La malcapitata ci precisò che
non era del luogo, era stata
assunta da due giorni e non
aveva mai visto la pur vicinissima Osimo! Insomma,
una fonte seria ed attendibile che dimostra l’impegno dell’Organizzatore dei
Raduni non andava al di là
di una telefonata fatta a caso.
Al Raduno di Parma,
alcuni radunisti volevano
denunciare ai Carabinieri
la scomparsa della Corona
d’alloro che solennemente
avevamo deposto al Monumento ai Caduti. “Ferma
tutto!” ordinò l’Organizzatore! Risultò che ci aveva
fatto deporre la corona su un
Monumento al Commercio
per cui, nottetempo, l’aveva
trasportata sul reale monumento ai Caduti. Fulgido
esempio d’interessamento.
A chi avrà chiesto dove fosse
il Monumento ai Caduti?
Resta la brutta figura der
numerosi dirigenti e radunisti che sull’attenti hanno reso
solenne omaggio agli ingenui
commercianti, scambiati per
i Caduti per la Patria.
REFERENDUM
CONTRO I SERBI
CHE DANNEGGIA
GLI ITALIANI
Come abbiamo scritto da
tempo, in Croazia è molto probabile se non proprio certo,
che sia indetto un Referendum
che consenta la tutela delle
minoranze solo quando raggiungono percentuali che, per
quanto riguarda gli italiani,
non esistono in Dalmazia ma
neppure a Fiume e nell’Istria.
ottobre 2014
III, la quale emette la sua sentenza “El xe inamora’ dela
Dalmazia come Sant’Antonio del porco!”. Non sarà un
Il Referendum è stato indetto
dai croati di Vukovar per
colpire i serbi, ma interessa
ovviamente tutte le minoranze
presenti nella Repubblica croata (tedesche, ungheresi, slovene, italiane, romene, ecc.).
Solo gli italiani si salveranno,
spiegammo ai dirigenti dei
“rimasti” che facevano orecchie da mercante. Se verrà
applicato l’Accordo DiniGranić, la nostra minoranza in
Istria, Fiume ma anche in Dalmazia è dunque ben tutelata,
ancorché l’Ui con al traino i
nostri geni politici di Padova
non se ne siano accorti da 18
anni.
INAMORÀ COME
SANT’ANTONIO
DEL PORCO
Molti mi chiedono perché,
dopo essere stato insultato,
degradato, depredato del giornale che avevo fatto per 18
anni e messo in croce in ogni
modo, io continui ad essere
ogni giorno nella sede di via
Giacinti n. 8, l’unica esistente
al mondo intestata al Libero
Comune di Zara in Esilio –
Dalmati italiani nel Mondo,
con telefono, segreteria, posta
elettronica, ecc.. Mi si chiede
cosa ci guadagno in euro e
quale aspirazione io abbia in
campo politico per sopportare
questa situazione. Quando
preciso che non solo non ne
ricavo un euro, ma ci rimetto
qualcosa e che a ottant’anni
non ho voglia di candidarmi
per qualsivoglia incarico,
gli amici rimangono a bocca
aperta. Segnalo l’interventto
della solita babazza dalmata
che spiega tutta la storia in
termini di amori leciti e non,
dalla contessa Walewska che
salvò la Polonia da Napoleone I alla contessa di Castiglione che salvò l’accordo tra
la nascente Italia e Napoleone
pag.13
grande omaggio alla Dalmazia, ma la franchezza dei suoi
figli è proverbiale e riporto il
verdetto perché mi sembra non
proprio di tutto infondato.
NOSTALGIA PER
OTTAVIO MISSONI
Se fosse ancora vivo, non avrebbero avuto il coraggio
di imporre censure, destituzioni, segreti indecenti, ecc..
Ballata per Ottavio Missoni
Parole e musica di Loris
Buckowsky
Strofe recitate in alternanza
con ritornello cantato due
volte
Ritornello:
Ciao Ottavio, dalmata di gran
cuore.
Ora ti alleni coi master in
Paradiso!...
Questa e la ballata
dedicata ad un grande dalmata,
Ottavio Missoni
Novantenne ex mulo di Zara,
grande atleta,
finalista alle Olimpiadi londinesi nel ’40
Ritornello cantato (due
volte)
Stilista di fama mondiale
pluripremiato con la sua
Rosita.
Ha dato lustro ai dalmati
della diaspora.
Ritornello cantato (due
volte)
Ottavio, sei stato eccezionale
sulla terra
Lo sarai anche in …. Paradiso!!...
Accanto al tuo Vittorio.
Con la tua amata Rosita noi
dalmati de tuto el mondo
Te mandemo un baso….
Groso così!!!!
Finale: Ciao, Vittorio, ciao
Ottavio, splendido mulo zaratin!!!
Oro a 81 anni… 400 SL. Armando Maburzio dedica la sua
vittoria con tutto il cuore al suo caro amico Ottavio Missoni
ottobre 2014
pag.14
IL DALMATA LIBERO
100.000 DUCATI SONO TROPPO POCHI PER ACQUISTARE UN INTERO REGNO
IL DOGE CONQUISTÒ LA DALMAZIA,
E INDENNIZZÒ I BENI ABBANDONATI DAGLI UNGHERESI
Mancano studi sul valore dei castelli costruiti dal re Colomanno a Zara ed a Spalato e
sui palazzi che ospitarono a Zara la Corte del Re d’Ungheria per un tempo considerevole
La storia è suddivisa almeno in
tre grandi branche. La principale è rappresentata dall’elencazione cronologica dei fatti
comunemente chiamata cronaca, le altre due sono la filosofia della storia, cioè la metodologia usata dagli storici e,
infine, l’interpretazione della
storia che è diventata la parte
più importante da quando le
dottrine e le ideologie hanno
interpretato e talvolta stravolto
il senso di quanto ci era stato
tramandato.
I ricercatori della Fondazione
Rustia Traine di Trieste hanno
indirizzato i loro sforzi sull’interpretazione della storia della
Dalmazia, per fare un esempio, sulla lapide che ricorda il
pagamento di 100.000 ducati
da parte del Doge Michel Sten
al Re d’Ungheria Ladislao I
di Napoli. Ancor prima della
lapide correttiva apposta dalla
Società Dalmata di Storia
Patria, tenacemente voluta dal
suo vecchio Presidente Nico
Luxardo, alcuni ricercatori
della Frt hanno ritenuto che la
somma di 100.000 ducati, con
un aggiunta di altri 20.000
in un periodo successivo sia
una somma troppo esigua
per l’acquisto di un Regno
storicamente
importante.
È noto che la Dalmazia ha
svolto una funzione strategica
fin dai tempi dell’Illyricum
Sacrum e dei romani che la
ritenevano un antemurale per
fermare le invasioni barbariche e dagli Ottomani che la
volevano occupare per dominare il Golfo di Venezia, cioè
l’Adriatico.
Usando una terminologia
moderna assai familiare agli
esuli dalmati, si è ritenuto
che, per non lasciare in mano
infide beni immobili di proprietà della nobiltà ungherese e
dello stesso Re d’Ungheria, la
Serenissima abbia pensato di
Un quadro di Andrea Vicentino su una delle sanguinose
battaglie tra la Serenissima
e gli Angiò, Re di Napoli e
d’Ungheria, per il possesso
di Zara e della Dalmazia, che
smentiscono la tesi dell’acquisto della Dalmazia invece
duramente conquistata
acquistarli in blocco versando
un indennizzo globale.
Quando, però, si è andati a
cercare il valore dei beni della
nobiltà e del Re d’Ungheria in
Dalmazia, i ricercatori si sono
trovati davanti ad un muro
invalicabile
rappresentato
dal fatto che mancano negli
archivi veneziani anche una
semplice elencazione o sommaria descrizione di questi
immobili, sono ricorsi a cronache antichissime, risalenti ai
beni appartenenti al Re ungherese Colomanno (1070 circa
– 1116) che occupò la Dalmazia. Il grande storico dalmata
Giovanni
de’Kreglianovich
Albinoni parla di due castelli
costruiti da Colomanno, uno a
Zara ed uno a Spalato, che nessuno sa individuare nelle due
città dove si ricorda, invece,
l’ubicazione di fortificazioni
illiriche, greche e romane
più vecchie di un millennio.
Lascia anche perplessi il fatto
che non si conoscano i palazzi
nei quali ebbe la sua residenza
la corte del Re ungherese a
Zara per tempi non brevi.
Anche gli studiosi ungheresi,
che sostengono addirittura il
trasferimento della capitale del
Regno d’Ungheria a Zara, di
cui non si hanno, però elementi
certi, non fanno il minimo riferimento ai palazzi occupati dal
Re e dalla sua corte. Ci sono
poi vari cenni di Tommaso
Arcidiacono a varie regalie
del Re e della Regina d’Ungheria di terreni e case a molti
conventi e confraternite, dalle
quali si deduce che la famiglia reale ungherese avesse
non poche proprietà terriere ed
immobiliari in gran parte della
Dalmazia.
È significativo che Ladislao
I fosse incoronato Re a Zaravecchia e, benché fosse figlio
legittimo del defunto Re d’Ungheria Leopoldo I d’Angiò, la
sua incoronazione fu contestata da Sigismondo di Lussemburgo.
Da questi scarni e tenui elementi si ricava, però, l’impressione che le proprietà del
Re e della nobiltà ungherese
in Dalmazia fossero di una
consistenza ben superiore al
valore di 100-120.000 ducati,
per cui si rafforza la tesi che
la somma pagata dal Doge
veneziano al Re ungherese
che deteneva militarmente la
Dalmazia non fosse per l’acquisto della Dalmazia, bensì
per l’indennizzo di quelli
che oggi chiameremmo beni
abbandonati.
Vero è che la Serenissima nel
1409 aveva già conquistato
militarmente gran parte della
Dalmazia e che le guarnigioni
ungheresi non avessero nessuna possibilità di rovesciare
la situazione, tenuto conto
che Ladislao non poteva certo
contare sull’esercito continentale perché Sigismondo del
Lussemburgo gli insidiava il
trono. In buona sostanza, per
Ladislao non era pensabile
contare su nuove forze armate
continentali per combattere
Venezia e riconquistare la
Dalmazia. In questo scenario
storico s’inquadrano la pace
siglata nella sagrestia della
Chiesa di San Silvestro, appartenente al Patriarca di Grado
e quindi considerata territorio
neutro, e la lapide che ancora
si vede nella Chiesa, responsabile dell’equivoco della
compravendita di Zara e della
Dalmazia l’eccessiva sinteticità dell’epigrafe ha dato luogo
alla credenza dell’acquisto
della Dalmazia da parte della
Serenissima che se l’era invece
conquistata con sanguinosi
scontri marittimi e di terra.
Gli archivi di Budapest non
sono mai stati esaminati. La
consultazione non presenta
particolari difficoltà, perché
fino al 1918 il Regno d’Ungheria, la cui corona era unita
a quella del Sacro Romano
Impero degli Asburgo, aveva
come lingua ufficiale il latino.
Se l’archivio fosse stato scritto
in magiaro, la ricerca sarebbe
stata confinata ai ricercatori
locali, mentre un qualsiasi
ricercatore che conosca il
latino può accedere agli archivi
e leggere con relativa facilità
quanto vi è scritto anche su
questa materia. L’interpretazione della storia in questo settore potrebbe riservare molte
sorprese ed i soldi versati dal
Doge al Re d’Ungheria potrebbero risultare come un indennizzo per i beni privati ungheresi in Dalmazia e non come
prezzo per l’acquisto di un
intero Regno che le valutazioni
del tempo lasciano intendere
abbia un valore che oscilla tra
le 500 e le 1000 volte quello
pagato dalla Serenissima.
D.G.
IL DALMATA LIBERO
ottobre 2014
pag.15
LA VERITÀ SULLA STATUA DI TOMMASEO
E SULLE STRAGI INTERETNICHE DEL 1941
GLI ASILI PRIVATI ITALIANI IN DALMAZIA
SI APRONO E SI CHIUDONO CON FACILITÀ
Il Dalmata n. 82 del gennaio scorso ha pubblicato tra l’altro, due
distinti articoli alle pagine 12 e 13, su chi ha voluto infrangere
la lapide che lo ricordava sulla Sua casa natale, e su chi ha fatto
saltare con la dinamite il suo gran monumento a Sebenico. Effettivamente, dalla parte anteriore della chiesa di S. Francesco, con
annesso convento francescano dove il Tommaseo compì i suoi
primi studi, di rimpetto nella relativa piazzetta era ubicata la Sua
casa natale, sulla quale, in alto a destra del relativo portone di
ingresso, era apposta la lapide commemorativa a ricordo della
Sua nascita. Tale lapide venne prima imbrattata e poi smantellata
contemporaneamente all’abbattimento del Suo monumento. La
statua fu eretta nel primo giardino cittadino, cui si accede dalla
parte del porto, verso al quale essa era rivolta, risalendo una
duplice breve scalinata, posta di fronte alla parte posteriore della precitata chiesa di S. Francesco. Il monumento fu semplicemente abbattuto nell’inverno – primavera del 1946, e il relativo
basamento, con annessa
statua della musa ispiratrice, seduta alla base
dello stesso basamento,
smantellati e completamente rimossi. Provvisoriamente, in attesa
della progettata fusione
della statua del Tommaseo, questa venne deposta e distesa ai margini
di un campo, usato da
calciatori
dilettanti,
adiacente alla fabbrica
“La Dalmatinka”, dove
dovevano fonderla, ubicata nel sobborgo cittadino nord-occidentale,
denominato “Cernizza
(Crnica)”. Mentre resta ignota la destinazione del basamento e
dell’annessa statua della musa. I semianalfabeti morlacchi e i boduli che vi transitavano ravvisavano nella statua della musa un uomo destinatario del
monumento, interpretando lo scritto posto sul basamento Niccolò Tommaseo come “Toma seo”, cioè Tomaso seduto, dal verbo
croato “sjesti” o “sjediti”, cioè sedere, ma nella loro versione
dialettale (il seo o sio, invece del sjeo).
Per quanto riguarda “le stragi interetniche verificatesi
soprattutto dopo l’8 settembre 1943”, di cui alla pagina 13, esse
invece iniziarono subito, già nella primavera del 1941 con la costituzione dello stato croato comprendente la Bosna-Hercegovina
e parte della Dalmazia, la N.D.H. – Nezavisna Država Hrvatska
(Stato indipendente della Croazia) di Ante Pavelić, compiute dagli ustaša croati scatenati soprattutto contro i serbi, come reazione
alle angherie, soprusi ed oppressioni subiti dai croati durante il
Regno jugoslavo (sic!). Gli eccidi arrivavano a tal punto da suscitare sdegno ed immediati interventi da parte dell’Esercito Italiano
nelle zone da esso presidiate, allo scopo di bloccare e stroncare le
stragi compiute dagli ustaša croati.
Tanto, quanto allora constatato.
Distinti, cordiali saluti
Fraternamente, Il Sebenicense Sebenzan per i detrattori
Il Sebenican – Šibenčanac
Dr. Luigi Battigelli
Quando la Delegazione di Trieste che curava per conto dell’intero
Libero Comune le relazioni con la Dalmazia, era riuscita a trasformare da Vice Consolato il Consolato di Spalato che speravamo
facesse un passo avanti e diventasse Consolato generale d’Italia
per la Dalmazia, avemmo una sfacciata ed inaspettata fortuna di
avere per Console il dott. Marco Nobili, Premio Tommaseo per gli
sforzi personali e di funzionario del Ministero in difesa della Cultura italiana in Dalmazia. Si riuscì ad aprire quattro o cinque asili
per iniziative personali di singoli. Cominciò a Lesina la famiglia
Fio che tentò un esperimento nella piccola isola. Poi, nel 2003,
si aprì un interessante sperimento durato un paio d’anni a Spalato. Infine, a Zara vi furono tre asili privati di lingua italiana nel
2005, ai quali con il Console Nobili portammo giocatoli, libri per
la prima infanzia e qualche altro strumento didattico. L’Unione
italiana non ritenne mai d’intervenire e nel 2004, su iniziativa del
Presidente della Ci di Spalato, Mladen Čulić Dalbello e del Presidente della Fondazione Rustia Traine Renzo de’Vidovich furono
fondati il Centro Ricerche Culturali Dalmate e il Liceo Leonardo
da Vinci di Spalato per pungolare, ahimè inutilmente, l’Unione
italiana di Fiume.
ASILO PRIVATO ITALIANO DI SPALATO DEL 2003
Con la bella e brava maestra Nicolina, i bambini imparano
giocando l’italiano. Vuoi vedere che i giochi dei piccoli riescono
a riportare nell’Adriatico la concordia rovinata dai grandi?
Da Il Dalmata n. 29/2003, p. 11
UNO DEI TRE ASILI PRIVATI DI ZARA DEL 2005
Alla festa pasquale degli asili di Zara hanno partecipato i
bambini dell’asilo privato dove si insegna la lingua italiana.
Indossavano una maglietta con la scritta “anch’io parlo
italiano” accolti con simpatia da coetanei, genitori e dalle
autorità scolastiche croate.
Da Il Dalmata n. 41/2005, p. 1
ottobre 2014
pag.16
IL DALMATA LIBERO
FALLITA LA POLITICA DI LUXARDO ABBANDONATO ANCHE DAI “RIMASTI”
SENZA CENSURA, I DALMATI HANNO OTTENUTO BEN QUATTRO VITTORIE
Continua dalla prima pagina
del nostro Ministero degli
Esteri, della Fondazione Rustia
Traine di Trieste, degli Esuli
dalmati, nonché dell’Unione
italiana che così potrà condizionare la Comunità italiana di
Zara. La politica dei Quattro
di Padova, tra i quali Luxardo,
di subire acriticamente le tesi
dell’Unione italiana di Fiume
è, quindi, fallita, perché anche
quest’ultima si è resa conto che
avevamo ragione da vendere
e che l’Accordo Dini-Granić
sarebbe tornato utile anche
agli istriani ed ai fiumani.
Quando tutti hanno capito
che per superare il Referendum sulle minoranze c’era
solo l’Accordo Dini-Granić,
hanno mollato Luxardo & C.
e noi abbiamo una ragione in
meno di scontro con l’Unione
italiana, anche perché tra me,
Maurizio Tremul e soprattutto
Furio Radin non vi è stato mai
niente di personale, ma solo
un sostanzioso scontro politico.
In questi mesi in cui non
abbiamo ricevuto censure ne
ammonizioni, pur subendo
sopraffazione di vario tenore,
abbiamo registrato ben quattro successi.
Il Ministero degli Esteri, su
richiesta della Presidente
della Comunità italiana di
Zara, Rina Villani di cui diamo
notizia a pag. 9, ha inviato 8
mila euro per pagare gli stipendi arretrati di una parte del
personale che non aveva ricevuto un soldo da tre mesi. Il
nostro giornale è stato inviato
a tutti i funzionari e politici
del Ministero degli Esteri ed
ho speso i pochi centesimi di
credibilità che mi restano per
sollecitare l’intervento diretto
del Ministero che è stato
effettuato, si badi bene, senza
passare attraverso il finanziamento all’Unione italiana,
ma in via diretta attraverso
l’UpT. Per chi non lo sapesse,
i fondi erogati dallo Stato ita-
liano avvengono con il controllo dell’Università popolare di Trieste che trattiene
una percentuale per il proprio
lavoro e l’Unione italiana di
Fiume e di Capodistria, che
trattiene a sua volta un’altra
percentuale, anche quando i
fondi servono per restaurare
ed abbellire gli immobili che
sono intestati all’Unione italiana che è, incredibili dictu,
un’associazione privata! Questa nostra seconda vittoria,
che riguarda il versamento di
8 mila euro (cioè di un millesimo degli 8 milioni di euro
destinati annualmente dallo
Stato italiano all’Unione italiana), costituisce, secondo i
soliti ben informati, una prova
per vedere se le cose funzionerebbero ugualmente – come
noi sosteniamo da tempo – se
i versamenti fossero fatti direttamente dall’Ambasciata e
dai Consolati italiani in Croazia alle singole scuole ed
alle varie Comunità, senza
passare attraverso i costosi
filtri dell’Unione italiana e
dell’Università popolare. È un
argomento da tempo allo studio dei Ministeri degli Esteri e
dell’Economia ma soprattutto
degli addetti alla spending
review che tagliano costi inutili. Sull’argomento siamo stati
spesso chiari, anche se cauti
perché non vorremmo che,
l’eliminazione di spese superflue finisse col danneggiare i
finanziamenti per il mantenimento degli edifici scolastici,
delle sedi delle Comunità italiane, dei Circoli e dei Centri
di studio e, soprattutto, delle
attività delle nostre Comunità.
Anche in questo primo passo,
da sempre ignorato e avversato dal gruppetto dei padovani di Luxardo, vantiamo di
avere la primogenitura senza
pretendere, però, di essere
stati gli unici a spingere verso
questa soluzione.
La terza vittoria realizzata
da quando parliamo chiaro,
magari senza troppa eleganza,
ma anche senza ipocrisia, è
rappresentata dal fatto che è
stata definitivamente abbandonata dalla FederEsuli di
Codarin, segretamente appoggiato dai Quattro di Padova
di Luxardo, la famosa Fondazione del Mercimonio dove i
dalmati possono menar vanto
di essere stati gli unici a iniziare questa battaglia per far
conoscere i fatti, anche se
molti amici istriani e fiumani
si sono battuti insieme a noi
per far emergere dalle nebbie
lo Statuto della Fondazione,
finora rimasto segreto(!), e
le proposte indecenti che il
sen. Lucio Toth ha creduto
necessario svelare con una
lettera letta nello scorso Consiglio comunale. Non possiamo nascondere la nostra
soddisfazione, anche perché
tutto era stato tenuto segreto:
l’indizione di un Consiglio
federale della FederEsuli di
Codarin, dell’Esecutivo Federale, dell’incontro FederEsuli
– Governo Letta e della commissione attribuita all’avvocato de Vergottini di stendere
lo Statuto ancora segreto. Il
tutto, ricevendo insulti quali
“falso e bugiardo” che i consiglieri comunali hanno potuto
sentire ripetere, per la quarta
volta, da Giorgio Varisco nei
miei confronti al Consiglio
comunale di Padova.
Infine, la quarta vittoria consiste nell’aver portato alla
luce le manovre, formalmente riguardanti il diritto
della Delegazione di Trieste
di continuare a pubblicare,
con generale soddisfazione, Il
Dalmata; esse erano in realtà,
un modo per bloccare la diffusione di queste ed altre notizie.
Infatti, non le troverete minimamente accennate nei due
numeri de Il Dalmata edito a
Padova, dove non si parla di
niente e che, secondo molti
lettori che ci hanno contattato,
sono di una noia mortale.
Con la nomina dei Revisori
dei Conti (che, oltretutto sono
illegali perché non appartengono alla nostra Associazione ma sono stati “prestati”
da un’altra Associazione con
Bilancio, Statuto, principi
e politica assai diversi dai
nostri), verranno alla luce
finalmente i Bilanci approvati in fretta ed in furia, senza
neanche distribuirli tra i consiglieri. Forse perché un personaggio che materialmente
predispone questi Bilanci
riceve con le solite manovrette le spese per il proprio
mantenimento? Se così fosse,
come si sussurra a Padova,
la sua nomina sarebbe irregolare perché un sostanziale
dipendente del nostro Libero
Comune e di altre associazioni facenti capo alla FederEsuli non può far parte dei
dirigenti per l’evidente conflitto d’interessi.
Da quando tutti hanno capito
che Luxardo non ha più il
diritto di censura e di veto,
perché le notizie segrete ed
indecenti vengono ugualmente conosciute, siamo
stati presi sul serio da vari
organismi deputati a trattare
sulla cultura italiana in Dalmazia ed anche in Italia e si
è diffusa la voce che Codarin
e Luxardo faranno un passo
indietro, lasciando ad altri il
compito di guidare la FederEsuli, (Codarin è interessato a gestire solo se ci sono
abbondanti
finanziamenti
destinati presto ad essere
ridimensionati o a cessare)
e di Franco Luxardo, la cui
politica consiste nel prestare acquiescenza a quanto
deciso da Codarin, che pensa
ai fatti propri e da Tremul,
che pensa agli interessi prevalentemente degli istriani
della sua Associazione.
Per questo Codarin e Luxardo
debbono fare un passo indietro.
Dir