Non conosco uomo

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Non conosco uomo
estratti da
Non conosco uomo
(like a virgin)
di Michele Vargiu
da un’idea di Patrizio Belloli
© Dicembre 2012 - Tutti i diritti riservati.
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Scena 1 – Aula
L’aula del convento, presumibilmente l’aula di musica. Tutto è disposto
come a voler ricreare un’aula scolastica, con banchi, sedie, una lavagna
con disegnato uno spartito musicale. In un lato c’è un piccolo podio.
Ester, Ego e Alter sono già in scena, ed esattamente come dei bambini in
attesa dell’insegnante, giocano fra loro; lanciano palline di carta, si
inseguono, si rincorrono, si insultano, si ridicolizzano a vicenda. Ogni
tanto, a turno, qualcuno di loro va a controllare verso l’esterno, per
scongiurare il pericolo che l’insegnante possa scoprirli. Questa
situazione accompagna tutta la fase di ingresso del pubblico. Pian piano
la tensione va smorzandosi, si sentono in lontananza dei passi, Ester si
riavvicina verso la porta di ingresso e pone fine ai giochi.
Ester: (urlando, esageratamente) Ragazzi! (sottovoce, come a voler
porre rimedio) Ragazzi! E’ qui!
I ragazzi si dispongono sul podio, ordinatamente ed in silenzio. I passi si
fanno sempre più vicini.
Alter: (a denti stretti) La vecchia si sarà sentita osservata;certo che sei
proprio un genio nel non farti sentire, eh?
Ester: Come altro potevo fare, pezzo d’idiota?
Alter: Potevi scegliere un modo meno rumoroso. Stai pur certa che quella
ce la farà pagare. Cristo.
Ester: Non dire Cristo.
Alter: Dico Cristo tutte le cazzo di volte che voglio.
Ester: Non si può. E non potresti nemmeno dire cazzo.
Alter: Dico pure cazzo.
Ester: Smettila!
(pausa)
Alter: … Cazzo!
Ester: Smetila, Cristo, smettila!
Alter: Oh cazzo, hai detto Cristo!
Ester: Cazzo!
Alter: Evviva, hai detto pure cazzo!
Ester: Ascoltami Alter, se stai facendo questo giochetto solo per
provocarmi, io ti…
Ego: Shh. Eccola.
Entra la Mater. Ha un passo sicuro ed austero, stringe fra le mani il suo
rosario e nell’altra mano ha una piccola valigetta, che ripone su un
banco.
Tutti: Buongiorno, madre!
Mater: Buongiorno, miei cari.
Alter: Sia lodato Gesù Cristo!
Mater: Sempre sia lodato! (Mater nel frattempo apre la sua valigetta, sta
cercando la sua bacchetta, e nel farlo estrae una serie di oggetti
improbabili, tutti di forma equivoca e spesso dannatamente fallica. Una
volta trovata la sua bacchetta, passa in rassegna i ragazzi, sfilando di
fronte a loro, come fosse un generale che controlla i propri soldati)
Mater: Alter, rilassa le spalle. Ester, petto in fuori. Schiena dritta. E
levati quei capelli dagli occhi, signorinella. Ego, alza lo sguardo. E
sorridi. Cosi’. Riprendiamo dal punto in cui ci siamo fermati ieri, miei
cari; il secondo movimento del nostro adagio.
(Mater batte la bacchetta tre volte, e ad un suo gesto il coro attacca una
versione “gregoriana” di Like a Virgin di Madonna. Tutto viene fatto
con assoluta serietà. Durante l’esecuzione del brano, i personaggi si
ritaglieranno dei piccoli attimi di straniamento)
Ego: Non so esattamente che cosa ci faccia io qui. Vi capita mai di avere
questa sensazione? E’ terribile. Voglio dire, è terribile se ci si pensa. E
poi come se non bastasse sono biondo. Sono nato biondo. E con biondo
intendo dire biondo. Più biondo di tutti gli altri bambini della mia età.
Quasi bianco.
Alter: Sai che c’è? Vaffanculo, ecco che c’è. Tu non guardi mai da questa
parte. Tu sei là, e ci sono anch’io. “Là”. Dietro la porta, mentre lavi via le
fatiche di una giornata intera; levighi la tua pelle, ti soppesi il seno; e non
ti passa nemmeno per l’anticamera del cervello che io possa essere dietro
questa porta a sudare per te. Io e lui (facendo risaltare il “pacco” con le
mani) siamo li a fremere dietro ogni tuo gesto, a implorare le tue mani di
sollevare quella vestaglia solo un altro po’, ancora un po’, un poco
ancora… e tu ci ignori. Possibile che tu non lo senta mai, il suono di
questo respiro?
Ester: Ho qualcosa che manca. Come? No, no, per carità! La fede c’è.
Voglio dire, ce l’ho. Ce l’ho tutta. No, è qualcosa… qualcosa che viene
da dentro. Ma che non riesco a spiegare. Ricordo di non essere sempre
stata cosi’. Mi sento vuota. Svuotata. Strizzata, accartocciata, sporca.
Come se un pezzo di me non ci fosse più, come se mi avessero fatto
mangiare del fango. Io non sono cosi’. Non credo di essere cosi’. Non
voglio. No.
Ego: Quando nasci bianco ti senti automaticamente diverso dagli altri. Ti
sembra che tutti quei capelli ti abbandonino da un momento all’altro. Mi
piaceva rincorrere il sole, da piccolo.
Alter: Un po’ più a destra… si, cosi’… Aspetta! Dove scappi!
Ester: …E’ che proprio non saprei da dove incominciare. Voglio dire,
non è una cosa facile da spiegare. Mica voglio tenermi tutto dentro, no!
L’ho detto anche al confessore. Non ho niente da dire. Nulla da
dichiarare. Non ho un cazzo da confessare, chiaro?!
Ego: …E poi ho dovuto farci i conti. Mi fanno male le ossa.
Alter: Tu non sai cosa significhi aspettare. Non ne hai la più pallida idea.
Ester: Aspettare.
Ego: Sono fottuto!
Alter: Fanculo.
(il coro conclude il brano all’unisono).
Mater: (applaudendo, soddisfatta) Eccellente! Siete stati bravissimi, miei
cari. Andate a cambiarvi, è quasi ora di cena. Siate puntuali, o il direttore
si arrabbierà.
(i ragazzi escono. Mater fa per riordinare la sua valigetta, quando ad un
certo punto si sente la voce del Pater Noster)
Pater Noster: ( voce distorta, parla con Mater in modo suadente,
mellifluo) Sei stata bravissima questa sera.
Mater: (Cercando di soffocare una enorme eccitazione) Oh… trovi?
Pater Noster: Insuperabile. I ragazzi non sono mai stati cosi’ bravi. Ed è
tutto merito tuo.
Mater: (nel frattempo non ha finito di riporre i suoi oggetti nella
valigetta, ha fra le mani un vibratore, lo brandisce quasi come una
spada; ogni elogio del Pater Noster risuona nel suo corpo come un micro
orgasmo) Abbiamo lavorato molto. Ancora qualche settimana e saremo
pronti per la recita di Natale.
Pater Noster: Sono sicuro che sarà uno spettacolo… grandioso.
Mater: Siiii! … Grandioso. (Mater si ricompone, chiude la sua valigetta
ed esce).