italian fashion - MCM - La storia delle Cose
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italian fashion - MCM - La storia delle Cose
le Cose ITALIAN FASHION A confronto, abiti di varie epoche e grandi creatori di moda, alla scoperta di ‘differenze e similitudini’ nel fashion made in Italy. Singolare esposizione alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze. naugurata la nuova esposizione delle collezioni della Galleria del Costume di Firenze. Per necessità di conservazione le collezioni del museo vengono esposte a rotazione. La Direttrice della Galleria, Caterina Chiarelli, assistita da esperti, come Roberta Orsi Landini, dal competente e affiatato staff museale, restauratori, promoter, fotografi, ha realizzato una esposizione che segue una nuova linea progettuale distinguendosi dalla impostazione delle precedenti esposizioni, che seguivano una rigorosa scansione cronologica. Il tema scelto è il confronto fra abiti di varie epoche e di diversi creatori, confronto da intendersi to vis-à-vis. Nonostante si pensi che il rispetto della cronologia delle opere sia sempre un valido filo conduttore, nel caso della moda che si snoda nel tempo con un andamento sinusoidale alternato, penso che il criterio adottato, più vivace e dinamico, sia molto valido dal punto di vista dello spettatore indotto, così, ad ammirare e a riflettere sulle diverse soluzioni adottate per un tema. Dal punto di vista didattico, il confronto fa immediatamente capire la storia e porla in rapporto con l’attualità e viceversa, in ogni caso avverte di vivere la moda con la consapevolezza che fare questo lavoro vuol dire apprezzare, amare e conoscere il passato come fonte a cui attingere per come ricerca della similitudine e delle differenze. La moda infatti presuppone una cultura in grado di ispirarsi a quanto in altre epoche è stato realizzato, oppure di differenziarsi. Gli abiti di epoche e stilisti diversi sono dunque posti a confron- progettare e rinnovarsi. Non si può inventare senza conoscere. La qualità degli abiti scelti è di altissimo livello e documenta perfettamente il tema guida incentrato sulla polarità differenza – similitudine: Fashion a world of I Isabella Bigazzi * 24 similarities and differences, come recita la versione inglese del catalogo dell’esposizione, a cura di Caterina Chiarelli, con suoi testi oltre a Roberta Orsi Landini, schede di Alessandro Guasti e Massimiliano Lombardi, edito da Sillabe. Gli abiti “storici” vanno dal XVIII secolo agli anni Quaranta del Novecento, i contemporanei dal Cinquanta al 2000. Importante gli stilisti contemporanei a cominciare da Gian Franco Ferré, Schubert, Chiostri, Nina Ricci, Capucci, Rosita Contreras, Fercioni, Alma Maria Lami, Giulia Carla Cecchi, Roberto Cavalli, Enzo Sguanci, Cesare Guidi, Chanel, Givenchy, Elsa Schiaparelli, Roberta di Camerino, Emilio Pucci, Pino Lancetti, Jean Paul Gaultier, Fendi e Sartoria Magnani. Una parte importante del Gotha della moda con la presenza di fiorentini doc, o d’adozione se pensiamo a Capucci, nella rosa dei primi che sfilarono a Palazzo Torrigiani, e ritornato a Firenze con la sua Fondazione. Di notevole interesse storico i creatori dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Quaranta: Alice Lanot di Parigi, Mariano Fortuny, Maria Monaci Gallenga, Giovanni Salvadori di Firenze, Pillitteri Merlet di Palermo, Sartoria La Ville de Lyon di Napoli, Sartoria Brunelli di Firenze, Hardt di Milano dove lavorò Rosa Genoni, la prima creatrice di moda italiana, Sartoria Zecca di Roma Jeanne Lanvin, sartorie per uomo Antonio Sicolo di Bari e Giuseppe Saporiti di Milano, pellicceria Medardo Billi di Bologna, Ventura di Roma. Degli abiti più antichi non conosciamo i nomi delle sartorie, ma conosciamo i nomi dei donatori che hanno arricchito la Galleria e continuano con generosità a donare, allungando la già lunga lista, per la quale rimandiamo al catalogo. Il primo tema di confronto è il cambiamento d’immagine del corpo. Enfatizzare alcune parti permette di cambiare dimensioni e proporzioni. Aumentare la ampiezza della gonna, oppure aumentare estremizzando la dimensione delle spalle, sono modi di alterare la figura umana per ottenere effetti diversi, che rispondono all’esigenza di allargare la sfera personale oltre i limiti del corpo. E’ una tendenza che si verifica, spesso per reazione, in momenti storici successivi a periodi di crisi. Ecco dunque la similitudine, fra un abito da sera di Ferré e una robe siciliana del 1775-80 con pannello posteriore a grandi pieghe. La volumetria dei fianchi a panier di questo abito si confronta con la sopragonna di Ferré in tulle ecrù, rivestita di merletto e arricciature di nylon e rose che ne aumentano il volume e la leggerezza. Il contrasto è in questo caso fra la sopragonna, che rimanda al Settecento, e il rigoroso corpetto nero abbinato alla corta gonna sottostante che coniuga la linea moderna col settecentesco merletto. Con l’abito da sposa inglese, neocinquecentesco, a crinolina in seta avorio ricamato in oro, si confrontano due sontuosi modelli da sera di Schubert, ispirati agli abiti da ballo del 1860 e della fine dell’Ottocento. La scenografica enfatizzazione delle spalle si ammira in un abito di velluto porpora di Nina Ricci dalla cui scollatura si ergono piume di struzzo rosa, come fiori da un vaso. Capucci invece gioca sulla geometria di amplissime maniche a corolla. La linea sciolta, venuta di moda tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento, ispirata alla classicità, mette in risalto la naturale linea del corpo tendendo al tempo stesso alla verticalità. Qui il paragone s’istituisce fra un raro abito Impero in mussolina accuratamente pieghettata e un lineare abito da sera di Ferré che nell’orlo ritrova motivi di plissettatura e entre deux tipici del primo Ottocento. Un altro raro modello della fine del Settecento è accostato a un abito da concerto stile Impero creato per Renata Tebaldi. Eccoci poi tra gli abiti di Fortuny e gli imponenti, luminosi abiti pieghettati di Cavalli e di Giulia Carla Cecchi. La moda anni Venti riprende le linee scivolate, semplici, che ritornano geometrizzate negli anni Settanta. Le frange leit-motiv degli abiti Charleston di Chanel, tornano in Cesare Guidi nel 1961-64 e in una “Kalasiris” di Givenchy 1990-92. Pillitteri Merlet (1927) gioca con un intreccio di fasce di tessuto laminato e passa la mano a Roberta di Camerino (1975-76) che risponde con un intreccio trompe l’oeil. Ancora Roberta di Camerino rilancia un abito con rigature bianco nere, una linea ripresa da Roberto Cavalli con fantasie colorate stile animalier. Di Cavalli anche deliziosi abiti fioriti impalpabili come petali e come il vestito a tre balze della collezione Maremma di Emilio Pucci. Sontuosi il teagown di Maria Monaci Gallenga e il completo da sera di Pino Lancetti, entrambi esperti nella geniale elaborazione del tessuto. La sezione seguente è dedicata alle linee che mettono in risalto alcune parti del corpo, con evidente intento seduttivo, nei primi anni del Novecento e negli anni Cinquanta. Tre abiti del primo Novecento creano una silhouette a “S”, e mettono in risalto il seno con taglio alto (Brunelli 1910), o il vitino di vespa con alte cinture e corpetti blusanti (Hardt, 1910). Si può enfatizzare le spalle come negli anni Trenta, con ampie maniche corte e drappeggi, come nel vestito da sera di Zecca (1933), ma dal 1947 al 1960 la moda ritorna a proporre una donna “donna”: è l’epoca delle “maggio- mentre Alma Maria Lami prende ad esempio il Settecento, Fercioni preferisce invece una linea “sirena”, più snella e scattante, costruita sul leggero drappeggio. Nel 1987, Jean Paul Gaultier rivisita in senso ironico questa tendenza, trasferendo in abito la guêpière.. Si può anche accentuare la femminilità indossando abiti ispirati, si potrebbe dire, all’altra metà del cielo, ossia agli uomini, ai loro abiti da sera o sportivi e alle divise militari. L’abito maschile è sempre stato fonte d’ispirazione, fin dalla seconda metà del Cinquecento. Il justaucorp del Settecento, con la sua linea aderente al busto e svasata dalla vita all’orlo, può servire d’esempio e il geniale Ferré realizza una redingote nera svasata come un justaucorp Luigi XV e la cosparge d’intagli come un giubbone cinquecentesco. Alla marsina s’ispira anche il celebre tailleur del primo Novecento usato da Tosi in Morte a Venezia di Luchino Visconti nel 1971. Ma “l’altro” non è sempre l’uomo, può essere l’animale, per assumere un’identità felina e aggressiva, o una rate” e le nostre attrici più famose, ma anche le straniere che spesso si vestono in Italia, esibiscono grandi scollature e fianchi arrotondati. Gli abiti delle Sorelle Chiostri disegnano il corpo della donna come se fosse un’anfora preziosa. E A sinistra, Emilio Schubert, Roma 1955; a destra, Gianfranco Ferré, Milano, primavera/estate 1989. Nella pagina accanto: a sinistra, manifattura siciliana, 1775-1780, Andrienne; accanto, Gianfranco Ferré, Milano, primavera/estate 1989. 25