Un metodo rapido per trovare equazioni canoniche. Mediante un

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Un metodo rapido per trovare equazioni canoniche. Mediante un
Un metodo rapido per trovare equazioni canoniche.
Mediante un’opportuna rotazione e/o una traslazione è sempre possibile trasformare un’equazione di secondo
grado, in due variabili, in un’equazione di una conica in forma canonica. Se ammettiamo anche le riflessioni
(possiamo dunque usare anche le matrici ortogonali con determinante uguale a −1) e se supponiamo che la conica
non sia degenere, le forma canonica finale sarà del tipo λ1 X 2 + λ2 Y 2 = H oppure 2KY = λX 2 , per certe costanti
H o K, non nulle. Sappiamo infatti che gli autovalori (nel secondo caso uno è nullo e non appare) si riferiscono
alla parte di secondo grado modificata mediante una matrice ortogonale, mentre le traslazioni eliminano entrambi
gli eventuali monomi di primo grado nel primo caso, nel secondo caso eliminano solo l’eventuale monomio di
primo grado relativo alla variabile al quadrato, senza mai interferire con la parte quadratica, in entrambi i casi.
La “fatica” che si fa per arrivare alle forme canoniche (ad es. per trovare autovettori, poi per trovare il
centro o il vertice e quindi effettuare una traslazione) è ben ripagata dalla conoscenza che possiamo avere della
vera posizione della conica, oltre che della sua forma. Abbiamo infatti a disposizione la matrice ortogonale e le
formule di traslazione che ci consentono di trasformare coordinate vecchie in nuove, e viceversa. Se però siamo
interessati soltanto alla “forma geometrica” della conica (codificata semplicemente dagli autovalori e da H oppure
K, nell’equazione finale), esiste un metodo molto più veloce per raggiungere lo scopo. Tutto “ruota” intorno al
seguente risultato.
• Teorema • Il determinante della matrice 3 × 3 relativa a una conica non cambia a seguito di rotazioni,
riflessioni, traslazioni.
Dim. (cenno) L’equazione di una conica può essere efficacemente rappresentata come (x, y, 1)A0 (x, y, 1)t .
Utilizzando tale prodotto non è difficile convincersi che, dopo una rotazione, eventualmente con riflessione, la cui
matrice sia M = (mij ), e una successiva traslazione la cui nuova origine sia (r, s), l’equazione risultante sarà:


 

X
m11 m12 r
m11 m21 0
0
X Y 1  m12 m22 0  A  m21 m22 s   Y  .
1
0
0
1
r
s
1
Ora, i determinanti delle due matrici intorno ad A0 sono uno l’inverso dell’altro (in effetti valgono entrambi
1, oppure −1). Quindi, per il teorema di Binet, il determinante della nuova matrice resta quello iniziale.
Utilizzando questo teorema, per determinare H o K possiamo semplicemente calcolare gli autovalori e poi
imporre che il determinante della matrice finale sia uguale al determinante iniziale. Vediamo
due esempi.
Portiamo
1 3 −1 1 3 = 0 mentre 3 9 2 = −25 6= 0,
in forma canonica l’equazione x2 +6xy+9y 2 −2x+4y = 0. Poiché 3 9
−1 2 0 2
si tratta di una parabola. Gli autovalori sono le radici del polinomio λ −10λ = 0, dunque sono 0 (prevedibilmente)
e 10. Abbiamo:
r
10
0
0 5
2
0
−K = −10K ⇒ K = ±
−25 = 0
.
2
0 −K
0 √
Scegliendo ad esempio K positivo, otteniamo l’equazione Y = 10X 2 . La scelta di K negativo corrisponde a
una rotazione ulteriore di 180o .
1 2 −1 1 2 Studiamo ora l’equazione x2 + 4xy + y 2 − 2x − 7 = 0. Poiché < 0 mentre 2 1 0 = 20 6= 0, si
2 1
−1 0 −7 2
tratta di un’iperbole. Gli autovalori annullano il polinomio λ − 2λ − 3 = 0, dunque sono −1 e 3. Consideriamo 3
come primo autovalore, in modo da avere una forma canonica con coefficiente positivo relativo alla prima variabile,
X (in realtà i calcoli non dipenderanno da questa preferenza). Abbiamo:
3 0
0 20
0 = 3H ⇒ H =
.
20 = 0 −1
3
0 0 −H La nuova equazione è dunque:
3
(3X 2 − Y 2 ) = 1 ⇔
20
X2
20
9
−
Y2
20
3
=1.
Scambiare gli autovalori
nella
matrice corrisponde a riflettere l’iperbole rispetto alla retta Y = X (la relativa
0 1
matrice ortogonale è
).
1 0