1 TRE LIBRI DELL`ARABISTA EROS BALDISSERA

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1 TRE LIBRI DELL`ARABISTA EROS BALDISSERA
TRE LIBRI DELL’ARABISTA EROS BALDISSERA
ORIENTaleggiando
Assalto sul Nilo
Arabismi
Ho letto tre libri di Eros Baldissera. Orientaleggiando e Arabismi, quasi diari di
viaggio in un Oriente Prossimo che forse ora non esiste più (non posso dirlo io che non
ci sono mai stata, in quelle terre, anche se me le sono immaginate leggendo). E poi
Assalto sul Nilo, che è altra cosa, di cui parlerò per ultimo.
In Orientaleggiando e Arabismi, la storia di un’esplorazione che percorre, ovviamente
con interruzioni, molti anni.
L’autore è all’inizio del viaggio uno studente universitario, approdato agli studi di
arabistica quasi per caso. L’avventura comincia proprio in quel ’68 in cui, in Occidente,
si pretende di cambiare il mondo: un’esplorazione senza protezioni e precauzioni,
animata in fondo da una fiducia curiosa, generosa, giustamente incosciente negli altri,
negli sconosciuti, qualcosa che oggi parrebbe forse impossibile. Inizia dal Maghreb e
approda, attraverso soste, deviazioni, ritorni, in Oman, con qualche nuova incursione in
Siria ecc..
Tra tantissimi fili conduttori che si intrecciano, si annodano, si sciolgono – di fatto non
c’è Arianna a salvare Teseo dal labirinto, oppure sono tante le Arianne ciascuna con un
suo filo o è una sola Arianna che porta tanti fili e li imbroglia fra loro, però Teseo se la
cava lo stesso – salta agli occhi e a volte anche agli altri sensi del lettore quello del
cibo, declinato nei suoi molteplici significati: dotato di una densa e avvolgente
polisemia soprattutto in società in cui vive un mito antico e identitario dell’ospitalità.
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E animano il viaggio le reazioni alle esperienze non solo della mente, ma anche, molto,
del corpo, che si salva miracolosamente – i miracoli della giovenù – da pericoli
micidiali, come l’immersione in acque che facilmente ti contaminano fino a portarti alla
morte.
Il viaggiatore, accompagnato o solo, cammina sul crinale sottile che separa il versante
della curiosità affettuosa da quello dell’autodifesa e del distanziamento, soprattutto dalle
pretese di una ospitalità araba troppo avvolgente e “schiavizzante”: diviso, quindi, fra il
darsi e il ritrarsi, di fronte a questo mondo che va conoscendo con generosità, ironia,
autoironia, ritrosia, allegria scanzonata ecc.
Sicuralmente il discorso generale su società, politica, culture ecc. lascia volentieri il
passo alla narrazione dell’esperienza quodidiana del mangiare, del dormire su una
terrazza, del sole che appena sorge ti lambisce il viso, delle mille relazioni con le
persone che incontri. Manca straordinariamente quasi del tutto la paura, il pensiero che
potrebbe succederti qualcosa di male e persino di mortifero.
Mi sono parse particolarmente intense, fra le altre, le pagine di Arabismi che raccontano
di una notte di smarrimento, alla guida di un macchinone, in un estesissimo wádi: una
specie di punizione per un’ospitalità rifiutata. Un’avventura intensa e molto suggestiva,
con tutto quel buio, i salti del fuoristrada, l’acqua, il lumicino sfocato e lontano.
Sono, questi due, libri densissimi di episodi, personaggi, paesaggi. A tratti il resoconto,
con molta libertà, prende la forma di racconto vero e proprio: per esempio, nella parte
finale di Arabismi, la storia di un ragazzo friulano, che si trova a fare un’allucinante
esperienza di schiavo in Siria (schiavo non dei malvagi arabi, bensì di un’impresa
occidentale). Per lui, inoltre, per un caso bizzarro, l’amore e il desiderio si legano a
catastrofi: un terremoto, un arresto terrorizzante.
Sbuca fuori persino un decalogo – non si sa se serissimo o un poco autoironico – sulle
quotidiane libertà individuali dell’uomo occidentale, contrapposto alla vita dell’Oriente,
incastrata nel controllo, a volte affettuoso, troppo affettuoso, della mitica famiglia e
della vita comunitaria. Per esempio: “Libertà è: svegliarsi la notte senza sonno, farsi
una camomilla e mettersi a leggere finché torna il sonno, senza nessuno che venga a
chiedere cosa succede”.
Mi ha particolarmente coinvolto il resoconto del passaggio in Giordania alla vigilia del
Settembre Nero, in Orientaleggiando. Impressionante e coinvolgente questo sguardo
ravvicinato alla vita di Amman alla vigilia del Settembre Nero, raccontata nelle sue
strade piene di armati, nella sua vita quotidiana. I due ragazzi viaggiatori si vestono
anche loro da fedayn, per solidarietà o semplice allegria o spinta all’identificazione.
Per me, poi, queste pagine sono state particolarmente avvincenti, perché in vita mia ho
potuto vedere solo due paesi arabi: la Palestina, in venti giorni di incontri ed esperienze
martellanti, e, finora poco, il Marocco.
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In Palestina andai nel 1995, prima che fosse ammazzato Rabin dall’ebreo
fondamentalista fascista. Ci andai con un’Associazione per la Pace che di pacifico
aveva assai poco e litigai molto, per venti giorni, con chi aveva la responsabilità di
condurre il gruppo. Anche se, me ne rendevo conto, forse non sarei riuscita a vivere
quell’esperienza se non introdotta da persone che la pensavano così.
Quaranta compagni di gruppo, in buona parte insegnanti come insegnante ero anch’io,
nessuno o quasi nessuno, all’infuori di me – devo dirlo, anche se ciò può apparire
immodesto, non mi importa - aveva letto almeno una storia della regione (io ne avevo
lette tre, più vari altri scritti ecc.). In compenso molti erano armati di poderose macchine
fotografiche per riprendere le nefandezze del sionismo, le colonie sulle colline della
Cisgiordania ecc. ecc.: prevedevo che le avrebbero mostrate agli amici, dopo cena, una
volta tornati in patria (ero e sono convinta del fatto che l’immagine, senza un adeguato
accompagnamento di parole che le dia una profondità temporale, può essere, in certi
casi, strumento di mistificazione). Questi compagni di viaggio erano anche armati di
indignazione senza sfumature e articolazioni interne contro Israele ed ebrei.
Fu comunque per me un’esperienza importante e preziosa, conobbi palestinesi che
indovinai vicini ad Hamas, ma anche tanti altri che davvero speravano, allora, in un
cambio di direzione.
Ho trovato nelle pagine di E.Baldissera – in “Orientaleggiando”, appunto –
osservazioni con cui mi sono trovata in forte consonanza. Nel corso della mia
esperienza in Palestina, avvenuta circa quindici anni dopo le vicende raccontate da
Baldissera, mi resi conto del fatto che nessuno dei miei compagni di viaggio sapeva
delle vicende di Settembre Nero in Giordania e di tante altre cose. Io avevo sperato in
Oslo e tuttora penso che sia stata una grande occasione perduta (un passo assai
interessante del libro, un importante parallelismo ebrei-“gentili”/palestinesi-mondo
arabo si trova nel blog di E.Baldissera
http://venus.unive.it/arabic/arabiyat/doc/ebreidegliarabi.htm ).
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Bellissimo, il romanzo Assalto sul Nilo: Una storia di forti contrasti, soprattutto fra
modernità – una certa modernità rappresentata da una splendida città galleggiante sul
Nilo, naturalmente popolata di turisti occidentali – e una tradizione che non è del tutto
tradizione, perché in gran parte ha il nido nella stessa modernità a cui vuole ribellarsi. Si
tratta del richiamo ai presunti fondamenti dell’Islam, dell’adesione a una Fratellanza
Musulmana allora perseguitata, certamente diversa e più articolata al suo interno da
quella che conosciamo oggi, da parte di Alí, un ragazzo nato in un villaggio egiziano,
che si è riscattato, studiando, dall’angustia della sua origine. Però quest’emancipazione
culturale l’ha reso agitato, incapace di fermarsi, di avere un a vita “normale”. In fondo
mite, in qualche momento persino dubbioso sulla sua fede, quasi agnostico, vuole però
punire l’Occidente e la modernità, riscattando un’identità antica, senza fare davvero
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male a nessuno. La situazione gli sfugge di mano, e d’altra parte i propositi grandiosi e
innocenti sfuggono sempre di mano. Una giovane arabista veneziana, in seguito a fatti
imprevisti e traumatici, vive con lui quell’amore totale, abissale, cantato dalla più
profonda e tragica tradizione araba (e non solo araba). Lei comunque, figlia
dell’Occidente, uscirà, o meglio, sarà portata fuori a forza, dall’avventura struggente e
cupa. Mentre lui....
Maria Laura Bufano, Conil de la Frontera, ottobre 2013
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