dai dispositivi mobili in mano a miliardi di persone

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dai dispositivi mobili in mano a miliardi di persone
di Patrizia Cortellessa
dividui in preda al panico che cercano di abbandonare un luogo chiuso
in seguito a eventi drammatici come incendi o terremoti, permettendo quindi di pianificare la disposizione ideale delle uscite dei locali,
in modo da favorire la loro evacuazione nella maniera più veloce possibile. Allo stesso modo, se due persone discutono di un argomento da
punti di vista opposti, non si può fare una predizione sul risultato della
loro discussione senza sapere esattamente cosa pensano, il loro carattere, etc. Invece, se un grande numero di persone discutono della
stessa cosa, e possibile capire in
quali condizioni un punto di vista
prevarrà sull'altro, senza conoscere
le personalità di tutti gli individui.
C
ellulari e internet. Oltre 3 miliardi di utenti in un caso,
più di 1 miliardo nell'altro. Straordinari strumenti di comunicazione
per gli individui di tutto il mondo.
Ma anche immenso serbatoio di dati per le scienze sociali. O per la fisica. O per la sociofisca, come alcuni
iniziano a chiamare l'applicazione
di strumenti della statistica all'analisi di fenomeni come gli spostamenti di milioni di vetture di una città, i
movimenti di una folla in eventi di
massa, i flussi di comunicazione di
una metropoli. Sistemi complessi
che i modelli fisici possono descrivere ma la cui interpretazione ha tradizionalmente sofferto di un problema: la mancanza di dati. Una limitazione che oggi viene superata proprio grazie alla rete e ai telefonini,
tecnologie in mano a miliardi di persone da cui si possono inferire indicazioni su comportamenti collettivi
prima difficilmente modellizzabili.
«Non è un'esagerazione dire che
questi strumenti stanno dando vita
a un nuovo tipo di scienza sociale
con applicazioni che vanno molto
oltre i tradizionali confini del ramo», commentava lo scorso giugno
la rivista scientifica Nature. Delle
prospettive che nascono dall'incontro di tecnologie così diffuse e la fisica si è parlato dal 26 al 29 maggio
scorso, presso l’Institute for Scientific Interchange (Isi) di Torino, in occasione del 2˚workshop internazionale avente per titolo «Sociofisica:
stato e prospettive» (la prima Conferenza si era svolta a Bielefeld, in Germania, nel 2002). In attesa del meeting in programma il prossimo anno rivolgiamo qualche domanda a
Santo Fortunato, fisico e ricercatore
dell’Isi e principale organizzatore
del workshop di Torino, per capire
meglio su quali argomenti si è sviluppato il dibattito e a che punto è
arrivata la ricerca. La fisica, oltre alle altre scienze sociali come l’antropologia, la sociologia e l’economia,
studia e analizza da tempo i fenomeni umani. Si può descrivere il
comportamento di grandi masse di
individui con le metodologie e gli
strumenti della fisica statistica, partendo dalla prospettiva dei sistemi
complessi.
La prima domanda però è quasi d’obbligo: cosa si intende
per Sociofisica?
Non ha una definizione esatta, e neanche dei principi precisi. Diciamo
I telefonini
e la rete stanno
cambiando
l’analisi dei sistemi
complessi:
dai dispositivi
mobili in mano
a miliardi
di persone e da siti
come Facebook
arrivano
agli scienziati
informazioni
prima impensabili
sui comportamenti
delle masse.
Intervista
sulla sociofisica
8) ALIAS N. 29 - 19 LUGLIO 2008
che sociofisica è l'etichetta che è stata data a questa attività di ricerca. È
il tentativo di spiegare fenomeni sociali su larga scala attraverso la fisica, in particolare la fisica statistica,
sfruttando la possibilità che c'è ora
di studiare quantitativamente sistemi con molte persone, grazie a internet e alle nuove tecnologie. La fisica
statistica, tra le altre cose, si occupa
di capire come un sistema formato
da tante unità elementari possa generare ordine a partire da una situazione di iniziale disordine.
Quale è il confine tra la sociofisica e altre scienze sociali?
La curiosità dei fisici si limita a quello che succede globalmente, e per
capire questo spesso bastano conoscenze minime sul sistema allo studio, anche se è complesso come la
società. Quello che succede localmente, al livello del singolo individuo o di piccoli gruppi di individui,
che non è generale e dipende da dettagli del gruppo considerato, rimane oggetto di studio per le scienze
sociali. I sociofisici non possono
contribuire.
guaggio, il movimento collettivo di individui, la formazione
di comunità sociali monitorata da contatti reali tra persone, attraverso per esempio la
telefonia cellulare o internet,
sono già da alcuni anni oggetto di studio da parte di fisici. A
che punto è arrivata la ricerca
in questi campi?
C'è una grande attività sui processi dinamici, in cui si può seguire
quello che fa la gente nel corso del
tempo. Capire come si formano i
contatti sociali e grandi comunità
di individui è, per la prima volta,
possibile grazie alla grande disponibilità di dati forniti da internet.
Reti di contatti sociali, come Facebook, per esempio, costituiscono
una illimitata fonte di informazioni su come le persone si relazionano con gli altri, come nuove mode
si diffondono nella società, e co-
me la gente coopera per ottenere
dei dati. I primi esperimenti e raccolte dati attraverso Facebook sono appena iniziati e promettono
di aprire una nuova prospettiva
nello studio dei fenomeni sociali.
Parallelamente, la telefonia cellulare, la tecnologia Bluetooth e moderni tracciatori permettono di vedere come gli individui interagiscono tra di loro, quali sono le loro
strategie di comunicazione, e come si muovono nello spazio, sia individualmente, che in presenza di
altri individui. Infine, c'è molto interesse ai processi decisionali di
gruppo, a come le persone fanno
le loro scelte. Dati su elezioni,
marketing e votazioni di prodotti
su internet permetteranno di capire se la decisione della massa è governata da un processo statistico
preciso o se invece è il risultato di
situazioni contingenti.
Fenomeni come la formazione
delle opinioni, l'origine del lin-
Puoi spiegati meglio?
Per esempio, abbassando la temperatura dell'ambiente è possibile
congelare l'acqua, forzando un
gran numero di molecole, che allo
stato liquido sono abbastanza slegate tra di loro, a occupare delle posizioni praticamente fisse in una
struttura reticolare (il ghiaccio). Per
spiegare questo, però, non è necessario conoscere le caratteristiche
precise di ognuna delle molecole,
ma basta assumere poche elementari proprietà.
Ma che c'entra con le persone
in carne e ossa?
Analogamente, se è vero che per descrivere le azioni di un individuo
non si può prescindere dalla sua
complessità, le azioni di gruppi di
molti individui sono spesso semplici e richiedono delle elementari assunzioni sui loro comportamenti.
Per esempio, la formazione di file
di pedoni che marciano in direzioni opposte sui marciapiedi è un fenomeno spontaneo di auto-organizzazione, in cui ogni individuo in linea di principio bada solo a mantenere la sua direzione di movimento
e velocità evitando collisioni con gli
altri. Muoversi in fila è il modo più
efficiente di raggiungere questi
obiettivi, ma non c'è nessuno che
lo impone, questo tipo di ordine
emerge spontaneamente. I fisici assumono solo che ogni individuo
mantenga una certa distanza dai
suoi vicini più prossimi e dagli eventuali ostacoli, quello che osserviamo sui marciapiedi è una semplice
conseguenza di ciò, e non dipende
della psicologia dei singoli o da altri
attributi specifici.
A quali applicazioni pratiche
si presta questo approccio?
Con questa metodologia, tra le altre
cose, si possono simulare situazioni
realistiche, come i movimenti di in-
■ SCIENZA ■ SOCIOFISICA ■
Il cellulare svela
i segreti delle folle
NEWS
ABITUDINI
Telefonini in movimento
È sempre con noi. E, che lo vogliamo o no, racconta dove andiamo. Se questa
caratteristica del telefonino può essere utilizzata per violare la privacy degli
individui, può anche dire qualcosa di interessante sui comportamenti sociali.
Di questo almeno è convinto il fisico ungherese (ma insegna negli Stati Uniti)
Albert Laszlo Barabasi, coordinatore di un progetto che ha monitorato per sei
mesi i movimenti di centomila utenti europei di cellulare analizzando oltre 16
milioni di dati relativi a data, ora e posizione delle chiamate.
La messe di informazioni sugli spostamenti ha finito per comporre eleganti (e
complesse) formule matematiche che, tradotte nel linguaggio dei comuni mortali, hanno rivelato la natura profondamente abitudinaria dell'homo sapiens.
Gli esseri umani tendono a percorrere per lo più distanze brevi e a ritornare
nello stesso posto con grande regolarità. Bastano tre mesi in un un ambiente
perché gli schemi di spostamento individuali raggiungano una stabilità e le
traiettorie seguite risultino identiche. «Abbiamo scoperto che gli spostamenti
umani hanno un alto grado di regolarità temporale e spaziale», ha spiegato
Barabasi.
«Ogni individuo è caratterizzato da alcune traiettorie caratteristiche e da una
significativa probabilità di ritornare in alcuni posti assai frequentati, come la
casa e l'ufficio». La localizzazione dell'utente è stata stabilita ogni volta che riceveva ed effettuava una chiamata o inviava un sms, grazie alla triangolazione
delle celle che compongono i network mobili.
COMUNICAZIONI
TURBOLENZE
SCAFFALE
Atomi sociali, link e masse critiche
La sociofisica come disciplina muove i primi passi
ma tra gli scaffali troviamo già alcuni testi che ne
spiegano i principi. Come The social atom (2007)
di Mark Buchanan (L’atomo sociale. Il comportamento umano e le leggi della fisica, Mondadori),
che considera l’uomo, lo dice il titolo, un «atomo
sociale» e ci racconta di come i modelli matematici e le intuizioni della fisica classica vengano applicate sulle dinamiche di grandi gruppi di atomi e
molecole.
Altro libro - molto conosciuto - è Critical Mass
(2006) di Philip Ball (Massa critica, William Heinemann), dedicato agli studi sulla complessità
dei sistemi dinamici, dove si spiega il comportamento di fenomeni economici e sociali fondamentali attraverso i moderni modelli matematici.
Quasi un classico, per quanto riguarda lo studio
dei network è Linked: how everything is connected to
everything else and what it means (2003) di AlbertLaszlo Barabasi (Link: la scienza delle reti, Einaudi). Tra le pubblicazioni più tecniche si possono
citare: Biology, sociology, geology by computational
physicists di D.Stauffer, S.Moss de Oliveira, P. de
Oliveira e J. Sa Martins o Driving Forces in Physical,
Biological and Socio-economic Phenomena: A Network
Science Investigation of Social Bonds and Interactions
di B. M. Roehner, che studiano più nel dettaglio
alcuni fenomeni basati su dati quantitativi, e si
soffermano in particolare sull'importanza delle
reti sociali.
La fisica in aiuto dei fedeli
La Mecca, 12 Gennaio 2006. Nella
giornata conclusiva dello Haji (il tradizionale pellegrinaggio dei fedeli), oltre
345 persone vengono travolte dalla
folla e muoiono. Un incidente drammatico che però, grazie all'interesse di un
team di ricercatori tedeschi e sauditi,
non è caduto nell'oblio. Se non altro
per evitare che simili stragi si ripetano
ancora in futuro.
Gli studiosi hanno analizzato i filmati
delle telecamere a circuito chiuso, applicando alcuni modelli teorici che
studiavano da tempo. Si tratta delle
famose (per i fisici) «transizioni di fase
di secondo ordine», che si determinano quando si assiste ad accelerazioni
rapide e improvvise. In questi casi gli
scienziati riconoscono due diversi regimi: uno uniforme, chiamato «laminare», e un altro irregolare, detto «turbolento».
Questi modelli sono solitamente utilizzati per spiegare le dinamiche dei passaggi di stato, come pure di maremoti
o terremoti, ma si sono rivelati utili per
comprendere le più animate e imprevedibili folle umane. Come nel caso
dei flussi di fedeli che lentamente si
andavano accalcando sul Ponte di Jamarat (luogo dove è avvenuto l'incidente). Dopo una fase di avanzamento
intermittente (con persone che hanno
pensato di tornare indietro), la folla è
entrata in regime turbolento: i sottogruppi hanno iniziato a «pensare» con
logiche diverse e a far pressione l'uno
contro l'altro.
In questo modo, i ricercatori sono riusciti a delineare i livelli critici che hanno generato la «transizione di fase». E
a suggerire alle autorità de La Mecca
alcuni cambiamenti architettonici e
logistici, prontamente recepiti.
La Grande Mela parla con il mondo
Una città che non dorme mai, ma soprattutto che non smette mai di parlare
con il resto del mondo. Un centro pulsante 24 ore su 24, la cui periferia ormai si estende a tutto il cyberspazio. Se
l'età dell'informazione e della globalizzazione ha una capitale, questa è certamente New York.
La conferma arriva da New York Talk
Exchange (www.senseable.mit.edu/
nyte), progetto appena sfornato dal
laboratorio Senseable City del Massachusetts Institute of Technology di Boston e che si è guadagnato anche un
posto d'onore al MoMa (nell'ambito
dell'esposizione Design and the Elastic
Mind). Grazie al traffico voce e internet
fornito dell'operatore At&t, i ricercatori
del Mit hanno potuto monitorare in
forma anonima tutte le chiamate telefoniche, le e-mail e la navigazione web
convergente su New York da oltre 200
città globali.
Per scoprire che il boom di contatti avviene (che sorpresa!) all'apertura della
borsa di Wall Street, ma in generale
lungo tutto l'arco delle 24 ore la metropoli statunitense è bombardata da flussi
di informazione. Rispetto a Londra (molto più in contatto con l'Europa e gli Stati
Uniti), New York è in linea pressoché
diretta con le grandi metropoli asiatiche
(Pechino e Riyadh) e sudamericane
(Bogotà). L'esperimento ha permesso
di comprendere meglio anche le dinamiche tra globalizzazione e contesto urbano. Per esempio, Guyana, repubblica
dell'America del Sud con 750.000 abitanti, si posiziona al 12˚ posto tra le
città che effettuano più telefonate nel
Queens. Il motivo è semplice: la metà
degli oltre 130.000 guyanesi che vivono
all'ombra della Statua della libertà risiede proprio nel quartiere.
Scrittura collettiva
per il romanzo totale
La scrittura collettiva è sempre esistita, e con l’internet,
secondo molti, potrebbe raggiungere la cima più alta.
Ultimo tentativo di scalata in ordine di tempo è quello
proposto dal progetto «Romanzo totale» del collettivo
Kai Zen (www.romanzototale.it/rt2008) che, da luglio
a settembre, permetterà a chiunque di contribuire alla
narrazione di una storia d’amore, ambientata durante
la guerra di Crimea.
Nulla a che vedere con le provocazioni mediatiche del
collettivo Luther Blissett o all’impegno contro il copyright del gruppo derivato Wu Ming; questo romanzo
nasce per dare voce agli autori amatoriali, promettendo un riconoscimento sotto forma di pubblicazione
cartacea. Il progetto del gruppo applica alla letteratura
il modello del bazar dell’open source, ma con un pizzico di controllo in più. Tra tutti i contenuti inviati dagli
utenti, alcuni verranno approvati e pubblicati online,
ma solo un autore – per ciascun capitolo – sarà scelto
dal collettivo Kai Zen e diventerà parte del libro che
sarà stampato e distribuito sotto licenza Creative Commons.
Una soluzione, dunque, che si pone a metà tra il virtuale con i suoi infiniti collegamenti e il reale – come supporto fisico e immutabile. Eppure, finora, questi compromessi non hanno accontentato nessuno, e sono
semplicemente rimasti sterili ibridi, senza essere in
grado di contaminare l’uno o l’altro mondo.
Troppo poco interessanti per il mercato dei best seller
dell’editoria di massa e troppo poco interattivi per conquistare il web. Insomma, spesso, la vetta della scrittura collettiva via internet si è rivelata poco più di un
dosso.
(Marina Rossi)
Tenori-on, lo show
del pentagramma
Manipolare i suoni e le note per creare una musica
viva: è il sogno di ogni musicista che vuole coinvolgere
ed emozionare il proprio pubblico, cercando di stupire
e affascinare. E la tecnologia digitale, in questo, è sempre stata decisamente abile.
Un esempio è Tenori-on, uno strumento musicale commercializzato da Yamaha, ma ideato dall’artista giapponese Toshio Iwai che ha reinventato l’interazione tra
artista e pentagramma. Delle dimensioni di un palmare, il Tenori-on è composto da uno schermo quadrato
con 256 Led sensibili al tocco, in grado di formare linee una rappresentazione visiva della musica composta dall’artista in tempo reale. Sullo schermo, si delineano forme e punti in movimento; il tutto accade mentre
si scelgono le note e i tipi di suoni presenti tra quelli
campionati digitalmente. La base e la melodia si manipolano e si attivano con un semplice tocco, quasi fosse
un iPhone.
Questa volta, però, non si tratta di un prodotto alla
portata di tutti, visto il prezzo superiore ai mille dollari
e la sensibilità musicale necessaria. Il Tenori-on è un
oggetto particolare che instaura una relazione con
l’utente, perché tre dei cinque sensi (udito, vista e tocco) si armonizzano durante la creazione musicale; una
fase che si trasforma in una performance artistica a
tutti gli effetti, da mostrare al pubblico in una sala teatrale o di fronte alle telecamere connesse al web. E
proprio online, e in particolare su YouTube, il Tenorion ha già ammaliato milioni di utenti.
(m. r.)
La nuova vita del fan
nell’era open source
Nell’immagine
la visualizzazione
del flusso di dati
che viaggiano
giornalmente sul web
tra New York
e le altre principali
città del mondo.
L’intensità
dell’«illuminazione»
è proporzionale al
numero di connessioni
Essere un appassionato, a volte, è dura. Se negli anni
Ottanta e Novanta la sottocultura dei fan si concentrava sulle fanzine e sulle convention, oggi le cose sono
cambiate, diventando sempre più simili al modello
open source. Henry Jenkins (autore già famoso per
Cultura convergente) ripercorre l’evoluzione delle comunità guidate dalla passione nella raccolta di saggi
fan, blogger e videogamers (FrancoAngeli, 2008). Il
fan, per definizione, vive in una sottocultura guardata
spesso con sospetto dalle altre persone, che difficilmente capiscono la sua ossessione. Eppure da Twin
Peaks in poi, l’attività sempre crescente degli appassionati ha di fatto aperto la strada all’evoluzione di linguaggi e di spazi mediali.
Succede che - nel nuovo mondo connesso - le persone
si riappropriano di un ruolo da troppo tempo dimenticato, di creatori di significati, di idee, di storie e non più
quello di semplici fruitori. La logica è quella dell’open
source: ognuno porta le sue esperienze. Video amatoriali, rielaborazioni creative e opere derivate; non si
tratta solo di un omaggio ai grandi professionisti dell’entertainment, ma è anche un modo per riaffermare
la propria voce.
Il fan diventa perciò parte integrante della cultura legata
a un prodotto di intrattenimento: è di fatto la persona
che riesce ad attribuire un nuovo valore a quel prodotto, a quella cultura, non solo rielaborandolo, ma aggiungendo dettagli e particolari all’interno di storie appena
abbozzate. È il ritorno dell’interattività dimenticata.
(Federico Fasce)
di Bruno Di Marino
TOE JAM
UK, 2008, 3’30”, musica: The BPA (con David Byrne
e Dizze Rascal), regia: Keith Schofield, reperibilità:
www.youtube.com
9
Le classiche «pecette» nere
apposte per censurare i nudi,
diventano nel clip di Toe Jam
un elemento animato per creare giochi
grafici, piccoli disegni, dispettose allusioni, lettering con il titolo della canzone. A
essere «artisticamente» censurati sono
una serie di modelli e modelle nudi che
si muovono, rotolano e danzano - dentro
una stanza - al ritmo della musica concepita da Fat Boy Slim (celato dietro la sigla
Brighton Port Authority) con l’intervento
vocale del grande David Byrne. Un video,
dalla fotografia volutamente decolorata
per fare il verso agli hard-core anni ’70,
che prende in giro la consueta pratica
bacchettona trasformandola in un’ironica
e beffarda orgia di corpi.
YOU KNOW ME BETTER
Irlanda/UK, 2008, 3’45”, musica: Roisin Murphy,
regia: Jaron Albertin, reperibilità: www.youtube.com
7
L’ex vocalist dei Moloko in
questo video si sdoppia in
diverse donne, misteriose e
un po’ inquietanti che si aggirano in interni domestici, con vestiti e acconciature
anni ’60, in un’atmosfera tra Hitchcock e
Lynch. Il vero modello di riferimento sono i Film stills dell’artista Cindy Sherman
che a questo immaginario cinematografico erano a loro volta ispirate. Non c’è
trama, solo una serie di quadri, suggestioni, stereotipi classici che si alternano: la
donna sola in casa in attesa di qualcosa
o di qualcuno, oppure minacciata da un
pericolo imminente. Al gesto di una, corrisponde l’azione di un’altra, in un gioco di
contrapposizioni cui il montaggio infonde continuità concettuale e contiguità
spaziale.
MA FINA
Libano, 2007, 4’42”, musica: Katia Harb, regia:
Nadine Labari, reperibilità: www.youtube.com
7
Nadine Labaki autrice del
lungometraggio Caramel,
dimostra con Mafina di essere anche un’abile regista di video musicali che, pur strizzando l’occhio a modelli Usa, sono di ottima fattura. La
popstar araba canta in diversi ambienti, tra cui un’autorimessa con la pavimentazione bagnata, dove è inseguita
da un’auto sportiva di colore rosso
acceso. Lo stile glamour con l’aggiunta
di una decolorazione e di una serie di
accelerazioni, la rendono una figura
quasi irreale (una sorta di replicante).
La Harb danza in alcune sequenze su
coreografie di Younes Younes. Scenografie di Yehya Saade.
FIND MY BABY
Usa, 2000, 3’, musica: Moby, regia: Barnaby & Scott,
reperibilità: Moby Play (dvd collection),
www.youtube.com
7
I componenti della band ymob sono tutti infanti: Sean
Puff ha 13 mesi, Dr. Tre 16,
Jago Moon solo 12 (i nomi storpiano
quelli di rapper famosi come Dr. Dre o
Puff Daddy). Sottoposti alle riprese di un
video, a riunioni con i discografici, all’assedio di fan e media, i pargoli mandano
il sistema in tilt, spaccando gli strumenti
come capricciose rockstar. Moby nel clip
è il loro manager che prova a parlare con
loro al telefono da una limousine bloccata nel traffico di New York. Lo scopo del
video è quello di polemizzare ironicamente sulla strumentalizzazione a fini commerciali dell’infanzia, anche se forse - a
parte gli ottimi risultati - Find my Baby
rischia di alimentare questa moda. Fotografia di Justin Evans.
ALIAS N. 29 - 19 LUGLIO 2008 (9