prima - Fisco Oggi
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Legislazione e strategie di internazionalizzazione Nella Ue evasione ed elusione si combattono a colpi di…cooperazione (1) L’entrata in vigore del decreto legislativo n. 215 del 2005 segna un passo in avanti nel processo di armonizzazione della legislazione interna alla normativa comunitaria in materia di scambio di informazioni. Nel corso degli ultimi anni, infatti, è avvertita in maniera sempre più marcata l’esigenza di ricorrere a strumenti di cooperazione amministrativa per arginare fenomeni evasivi o elusivi di carattere transnazionale. Il ruolo della cooperazione in materia fiscale La cooperazione amministrativa nasce storicamente con la necessità delle Autorità fiscali di raccogliere, condividere, scambiare, a condizione di reciprocità tra i diversi Stati, informazioni che non è stato possibile reperire attraverso gli ordinari strumenti di controllo, ovvero per verificare la correttezza delle informazioni comunicate dal contribuente. Tali meccanismi tendono sostanzialmente a evitare che gli affari o le relazioni economiche istituite al di fuori dei confini nazionali possano costituire il pretesto per facili aggiramenti delle norme tributarie, utilizzando i confini politici nazionali come limite naturale ai poteri di controllo dell’Amministrazione Finanziaria. Nelle moderne economie, infatti, fattori quali l’integrazione economica, lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’esistenza di paradisi fiscali e finanziari, rendono sempre più netta l’asimmetria esistente tra gli operatori economici, che operano in un contesto internazionale e globalizzato, e gli organi di controllo con competenza territoriale limitata. Tale circostanza induce questi ultimi a sviluppare nuove e più efficaci azioni di contrasto e rende irrinunciabile il ricorso a forme di cooperazione fiscale. È, dunque, l’internazionalizzazione delle economie a generare l’esigenza di internazionalizzare gli strumenti necessari all’accertamento delle imposte. In questa ottica, la cooperazione internazionale rappresenta la strada che consente di oltrepassare i limiti territoriali imposti dalle sovranità nazionali, mentre lo scambio di informazioni rappresenta il principale mezzo attraverso il quale tale cooperazione si concretizza1. Le fonti della cooperazione amministrativa La base giuridica per le attività di assistenza amministrativa possono consistere tanto in accordi bilaterali, che vincolano reciprocamente due Stati, quanto multilaterali, vincolanti nei confronti di più Stati. Tali accordi possono essere realizzati attraverso differenti tipologie di coordinamento: - Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sui redditi; - specifici accordi per i Paesi membri dell’Unione europea, multilaterali e vincolanti, secondo le modalità previste dalla normativa comunitaria; 1 Ulteriori spunti critici in DELLA VOLPE-MARCHETTI-PEZZUTO, La cooperazione tra le Amministrazioni fiscali - in Di Pietro (a cura di), Lo stato della fiscalità nell’Unione Europea, GdF, 2003, che contiene una particolareggiata analisi dello stato dell’arte in materia di assistenza amministrativa e scambio di informazioni. Cfr. anche, CASINI, “La cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni tra le Amministrazioni fiscali”, in FiscoOggi del 3.12.2004, che relaziona in merito al IV seminario sulla fiscalità internazionale; ACIERNO-MASTROENI, “Lo scambio di informazioni tra le Autorità fiscali”, in FiscoOggi del 25.6.2003. - accordi amministrativi, stipulati in esecuzione delle citate Convezioni o delle norme di diritto comunitario, finalizzati all’effettuazione di verifiche fiscali simultanee; Le Convenzioni contro le doppie imposizioni, una volta firmate, sono recepite nel nostro ordinamento attraverso la ratifica da parte del Parlamento, attuata con una legge ordinaria, che conferisce piena e integrale esecuzione al trattato2. Le norme convenzionali sono, dunque, equiparate alla legislazione interna sul piano della gerarchia delle fonti ed eventuali contrasti tra disciplina interna e convenzionale devono essere risolti attenendosi ai criteri ermeneutici ordinari (norma speciale su norma generale, norma posteriore su norma anteriore). Per quel che concerne, invece, l’ordinamento comunitario, va sottolineato come le Istituzioni europee abbiano approntato e adeguato nel tempo gli strumenti normativi necessari che si sovrappongono ai trattati bilaterali eventualmente stipulati tra gli stessi Paesi membri. Gli strumenti attualmente vigenti sono costituiti da: - direttiva n. 77/799/CEE per la cooperazione nei settori delle imposte dirette e sul patrimonio3; - regolamento n. 1798/2003 del 7 ottobre 2003 in materia di imposta sul valore aggiunto; - regolamento n. 2073/2004 del 16 novembre 2004 relativamente alle accise. Come è noto, i regolamenti sono obbligatori e direttamente applicabili in ciascuno Stato membro senza bisogno di norme nazionali che ne recepiscano espressamente il contenuto, mentre le direttive impongono soltanto un obbligo di risultato e necessitano di una procedura di trasposizione nel diritto interno a discrezione dei singoli Stati membri. A tal fine, per conformare la normativa interna al diritto comunitario, il legislatore nazionale ha recepito la direttiva n. 77/799/CEE attraverso il Dpr n. 506/1982, che ha modificato gli articoli 31 (“Attribuzioni degli uffici”) e 68 (“Segreto d’ufficio”) del Dpr n. 600/1973 e gli articoli 65 (“Obblighi dell’amministrazione finanziaria”) e 66 (“Segreto d’ufficio”) del Dpr n. 633/1972. L’articolo 1 del decreto legislativo n. 215 del 19 settembre 2005, in vigore dall’ 8 novembre 2005, ha sostanzialmente modificato tale impianto normativo, abrogando i commi 2 e 3 dell’articolo 31 del Dpr n. 600/1973 e introducendo gli articoli 31-bis (“Assistenza per lo scambio di informazioni tra le Autorità competenti degli Stati membri dell’Unione Europea”) e 60-bis (“Assistenza per le richieste di notifica”). Lo scambio di informazioni. L’articolo 26 del Modello Ocse Le Convenzioni contro le doppie imposizioni sono accordi internazionali bilaterali con cui gli Stati contraenti regolano l’esercizio della propria potestà impositiva riguardo fattispecie che possono essere rilevanti, a fini fiscali, per entrambi gli ordinamenti. Attraverso le norme convenzionali, i Paesi contraenti intendono prevenire i possibili conflitti di imposizione che sorgono quando la medesima fattispecie è tassata da entrambi gli Stati. Lo scambio di informazioni, effettuato in conformità della Convenzione, assolve alla duplice funzione di salvaguardare l’esercizio del potere di accertamento degli Stati e tutelare l’interesse dei contribuenti, evitando il duplicarsi dell’imposizione. All’interno delle Convenzioni redatte secondo il Modello Ocse, l’articolo 26 detta le regole in base alle quali le Autorità fiscali di due Paesi possono reciprocamente consultarsi per scambiare le informazioni necessarie per: - l’applicazione delle disposizioni convenzionali; - l’applicazione delle leggi interne relative alle imposte previste dalla Convenzione; 2 Le Convenzioni stipulate dal nostro Paese sono sostanzialmente conformi all’articolo 26 del Modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni. L’elenco delle Convenzioni contro le doppie imposizioni attualmente stipulate dall’Italia sono consultabili all’indirizzo: http://www.finanze.it/dipartimentopolitichefiscali/osservatoriointernazionale/convenzioni/index.htm 3 Con la successiva adozione di specifici provvedimenti, la disciplina contenuta nella direttiva n. 77/799/CEE relativa alle imposte dirette è stata progressivamente allargata ad altri settori impositivi quali l’Iva (direttiva n. 79/1070), le accise (direttiva n. 92/12) e l’imposta sui premi assicurativi (direttiva n. 2003/93). Negli ultimi anni, tuttavia, l’evoluzione del processo di armonizzazione che ha investito il settore delle imposte indirette (Iva e accise) ha generato la necessità di stabilire regole più appropriate e coerenti con il profilo comunitario dell’imposizione. - prevenire l’evasione fiscale, nella misura in cui le disposizioni della legislazione interna non siano contrarie alla Convenzione. L’espressione utilizzata fa sì che la portata applicativa della disposizione risulti particolarmente ampia e flessibile, consentendo a uno Stato di attivare una procedura di assistenza anche con riguardo a imposte e tasse di ogni genere, per il perseguimento di scopi nazionali. Inoltre l’esame letterale dell’articolo 26, nell’attuale formulazione, consente di ritenere che lo scambio di informazioni possa essere attuato anche in ordine a ipotesi di elusione fiscale, purché l’ordinamento nazionale contenga una specifica norma antielusiva. Tutti i Paesi convenzionati con l’Italia consentono lo scambio d’informazioni per l’applicazione delle norme interne e di quelle previste dalle Convenzioni. Esistono, tuttavia, alcune eccezioni4, per le quali l’assistenza è limitata soltanto al campo di applicazione delle norme convenzionali. Recentemente l’Ocse ha pubblicato un modello di accordo per lo scambio di informazioni in materia fiscale (Agreement on exchange of information on tax matters), alla cui predisposizione hanno contribuito, oltre ai rappresentanti di numerosi Paesi membri dell’Ocse, anche Stati non aderenti e rientranti fino a pochi mesi fa nella black list dei Paesi non cooperativi. L’accordo è stato predisposto sia come modello per i trattati bilaterali che per quelli multilaterali, laddove la parte che aderisce al trattato multilaterale si obbliga soltanto nei confronti dei soggetti con cui vuole stipulare un accordo specificando, nel documento di ratifica, il soggetto o i soggetti verso cui si vuole obbligare. Va segnalato, infine, che la nuova versione del Modello Ocse (2005) presenta una revisione dell’articolo 26 in materia di scambio di informazioni, che include due nuovi paragrafi. Il paragarafo 4 ribadisce che in nessun caso l’Autorità interpellata potrà rifiutarsi di fornire l’informazione per il solo fatto che queste non sono utili alla propria Amministrazione fiscale. Il paragrafo 5 dispone espressamente che non potranno essere rifiutate informazioni alle omologhe autorità estere soltanto perché detenute da banche, istituti finanziari, agenti o fiduciari. Tale disposizione che, di fatto, sgretola ogni resistenza fondata sulla tutela del segreto bancario, sarà tuttavia efficace soltanto a seguito della revisione dei trattati attualmente vigenti o della stipula di nuove Convenzioni. Peraltro è bene precisare che il contenuto dell’accordo non è affatto vincolante per i Paesi contraenti, ma rappresenta soltanto ciò che l’Ocse raccomanda come standard ideale per realizzare un effettivo scambio di informazioni. La nuova versione dell’articolo 26 del Modello lascia, invece, inalterate le limitazioni già previste in passato, relativamente alla possibilità di rifiutare richieste di cooperazione suscettibili di contravvenire alle leggi dello Stato interpellato (che non può violare la propria legislazione interna al solo scopo di prestare assistenza allo Stato estero), ovvero dello Stato richiedente (il quale non potrebbe utilizzare nel procedimento amministrativo interno le informazioni che non avrebbe potuto legittimamente acquisire sul territorio nazionale). Non possono essere, altresì, fornite informazioni che violerebbero segreti professionali, commerciali o industriali, o informazioni contrarie all’ordine pubblico. Antonio Gay 4 Fanno eccezione, in particolare, i trattati stipulati con Svizzera, Cipro e Malaysia.